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Patrizia Longobardi
Mercede Maj
Chiara Nicotera
Matematica discreta
McGraw-Hill
web
si te
collana di istruzione scientifica
serie di matematica
Costantino Delizia
Patrizia Longobardi
Mercede Maj
Chiara Nicotera
Matematica discreta
McGraw-Hill
Milano • New York • San Francisco • Washington D.C. • Auckland
Bogota • Lisboa • London • Madrid • Mexico City • Montreal
New Delhi • San Juan • Singapore • Sydney • Tokyo • Toronto
Copyright© 2009 The McGraw-Hill Companies, srl
Publishing Group Italia
via Ripamonti, 89- 20139 Milano
McGraw-Hill tZ
A Division of The McGraw-HjJ[ Companies
ISBN 978-88-386-6512-7
Printed in Italy
123456789AGMLIL32109
Indice
Prefazione ix
Bibliografia 435
Questo testo nasce dalla nostra esperienza nei corsi di Matematica discreta per il Cor-
so di laurea in Informatica e illustra gli argomenti che di solito vengono presentati in
tali corsi o in corsi analoghi. In realtà esso si presta bene a essere utilizzato per qua-
lunque corso che si ponga come obiettivo quello di fornire agli studenti conoscenze
matematiche di base, abituandoli ad adottare un'impostazione rigorosa nell'approccio
ai problemi.
I contenuti del libro sono per lo più di carattere elementare e spaziano da ar-
gomenti da sempre peculiari della Matematica discreta (insiemi, insiemi numerici,
induzione, operazioni tra insiemi, corrispondenze, applicazioni, relazioni d'equiva-
lenza, relazioni d'ordine, aritmetica, congruenze, aritmetica modulo m, reticoli, alge-
bre di Boole, grafi, alberi), ad argomenti di Combinatmia (principi di addizione, di
inclusione-esclusione e di moltiplicazione, permutazioni, disposizioni e combinazio-
ni, con e senza ripetizioni), di Algebra (strutture algebriche con una o più operazioni,
semigruppi, monoidi, gruppi, anelli, corpi, campi, anelli di polinomi), di Algebra
Lineare (matrici, sistemi di equazioni lineari, spazi vettoriali, diagonalizzazione), di
Geometria (equazioni vettori ali, par·ametriche e cartesiane di rette e piani, equazione
cartesiana della circonferenza, spazi met:Iici).
La trattazione è sempre rigorosa ma non eccessivamente formale: per evitare di
appesantire la presentazione, a volte abbiamo preferito illusu·are solo l'idea fonda-
mentale rinunciando a fornire tutti i dettagli. Per aiutare ulteriormente lo studente,
abbiamo accompagnato la trattazione con esempi, numerosi e particolarmente curati,
completando ciascun capitolo con un ricchissimo apparato di esercizi che ammontano
a quasi 900: di alcuni esercizi inoltre viene presentato lo svolgimento completo, per
altri viene fornito un suggerimento. In questo modo lo studente è guidato passo pas-
so nella comprensione degli argomenti attraverso l'applicazione dei concetti appena
studiati.
li libro termina con un'appendice contenente cenni di logica proposizionale e
predicativa. Anch'essa si chiude con una sezione di esercizi.
Con piacere ringraziamo i colleghi Francesco Bottacin e Luca Esposito: oltre a
interessanti discussioni sui contenuti del testo, ci hanno fornito preziosi consigli su
come risolvere numerosi problemi tecnici incontrati nella stesura del libro. Ringra-
ziamo inoltre la collega Brunella Gerla, che con amicizia ha visionato l'Appendice A.
Un grazie di cuore va poi ai giovani dottori Diana Imperatore, Carmela Sica, Antonio
Tortora e Maria Tota, che con scrupolo, maturità e affetto hanno attentamente riletto
tutti i capitoli, evitandoci tante imprecisioni e incongruenze.
Ovviamente il testo non sarà esente da imperfezioni, di cui ci scusiamo preven-
tivamente; saremo sinceramente grati a chi vorrà segnalarcele.
x Prefazione
Desideriamo infine ringraziare l'Editore per aver voluto fortemente questo progetto e
il suo ufficio editoriale, in particolare Filippo Aroffo che, con simpatia e precisione,
ci ha pazientemente assistito durante la preparazione del volume.
Costantino Delizia
Patrizia Longobardi
Mercede Ma)
Chiara Nicotera
Informazioni per il Lettore. All ' interno di ciascun capitolo, i paragrafi sono nume-
rati progressivamente: 2.5 indica al solito il quinto paragrafo del secondo capitolo.
Per i risultati e gli esempi si è utilizzata una numerazione tripla: 2.5.3 indica il terzo
risultato che compare nel quinto paragrafo del secondo capitolo. L' introduzione di
esempi è sempre preceduta dalla scritta "Esempio" (talvolta "Esempi"). Un 'analoga
numerazione tripla è stata usata per le formule matematiche nel testo, quando queste
devono essere successivamente richiamate. In tal caso però essa è racchiu sa tra paren-
tesi tonde: (2.5.3) indica pertanto una formula che compare nel quinto paragrafo del
secondo capitolo, dopo (2.5.2), ed è quindi cosa ben distinta da 2.5.3. Infine, un ' ul-
teriore numerazione tripla utilizzata per gli esercizi: questa si distingue facilmente
dalle precedenti in quanto i numeri sono sempre preceduti dalla dicitura "Esercizio".
Ringraziamenti dell'Editore
L'Editore tingrazia i revisori che con le loro preziose indicazioni hanno conttibuito
alla realizzazione di Matematica discreta:
E appartiene 1.1
c incluso 1.1
c incluso strettamente 1.1
l. tale che 1.1
0 insieme vuoto 1.1
===} implica 1.1, A
--+
OA vettore applicato nel punto O 9.1
v2
o insieme dei vettori applicati nel punto o di 9.1
[2
v3
o insieme dei vettori applicati nel punto o di 9.1
[3
In questo capitolo vengono presentati elementi della cosiddetta "teoria ingenua "
degli insiemi, in cui si danno per intuitivi i concetti principali, evitando di ricor-
rere ad assiomi (come si fa invece nella cosiddetta "teoria assiomatica" degli
insiemi) per i quali si rimanda a testi e a corsi più indicati. Per gli scopi che ci si
prefigge tale teoria ingenua non preclude alcuno sviluppo e permette di evitare al
Lettore difficoltà formali al momento non essenziali.
Pertanto u E V in quanto vocale dell ' alfabeto italiano, s tj_ V non essendo vocale
dell'alfabeto italiano. L'espressione "tale che" è di solito denotata con uno dei
simboli":" oppure "1".
Se l' insieme S è assegnato mediante la proprietà P, ossia
S = {x : x gode di P} ,
gli elementi di S sono tutti e soli quelli che godono di P. In particolare:
No {x : x numero naturale},
N {x : x numero naturale, x i- O} ,
Z {x : x numero intero relativo},
Q {x : x numero razionale} ,
IR {x : x numero reale} ,
C {x : x numero complesso} ,
e, per esempio: -6 tj_ No in quanto -6 non è un numero naturale, -15 E Z in
quanto -15 è un numero intero.
È facile osservare che una tale proprietà P non è univocamente determinata;
per esempio si ha:
*'·
Qualora si stia dando una definizione, il simbolo {::::=:} viene preceduto da ":",
dando luogo al simbolo
:~
Qs T
E, per esempio:
g: N,
(30 : O E No e O rf:. N) ===? No
(3 -4 : -4 E Z e -4 1- No) ===? Z g: N0 .
A volte interviene l'espressione "esiste uno e un solo"; per questa si usa il simbolo
:3!.
Si osservi inoltre che, con S e T insiemi, si ha:
S = T {::::=:::} S ç T e T ç S, (1.1.4)
S -/= T {::::=:::} S g: T o T g: S.
Con S, T e V insiemi, sussiste:
(S ç T , T ç V)===? S ç V
( 1.1.5)
(proprietà transitiva del! 'inclusione).
Infatti, se x ES, si ha x E T in quanto S ç T, e da T ç V segue poi x E V.
Per esempio N ç Q in quanto N ç N0 , No ç Z, Z ç Q.
Come immediata conseguenza di (1.1.4) e (1.1.5) si ha, con S, T e V insiemi:
(S = T , T = V) ===? S =V
(proprietà transitiva dell'uguaglianza) .
Se S e T sono insiemi, si dice che S è contenuto strettamente (o incluso stret-
tamente) in T, e si scrive S C T o anche T :J S, se S è contenuto in T ma è
distinto da T:
S c T : {::::=:::} ( S ç T e S -/= T) .
Di conseguenza:
S r.t T {::::=:::} ( S g: T oS = T) .
È immediato verificare che:
S c T {::::=:::} (S ç T e Tg: S).
Pertanto:
S c T {::::=:::} ('v'x E S , x E T) e (3y : y E T e y rf:. S).
(S c T , T ç V) ===? S c V,
(S ç T , T c V) ===? S c V.
6 Capito lo 1
Dimostrazione. Da S c T e T ç V o da S ç T e T C V segue S ç T, T ç V,
sicché S ç V per la (1.1.5). Si supponga ora S C T. Allora esiste y tale che
y E T e y ~ S; da T ç V segue y E V sicché esiste y tale che y E V e y ~ S.
Pertanto V Cf:_ Se dunque S c V. Nell'ipotesi T c V si ha che esiste w tale che
w E V e w ~ T . Ovviamente w ~ S altrimenti da w E S e S ç T seguirebbe
w E T contro le ipotesi. Pertanto esiste w tale che w E V e w ~ S e quindi
V Cl S come volevasi. D
Sia S un insieme. L'insieme delle patti di S, denotato con P(S), è l'insieme
costituito da tutti e soli i sottoinsiemi di S:
P(S) :={X: X ç S}.
Tale insieme viene anche detto l'insieme potenza di Se denotato con 2 8 . Ciò per
evidenziare che, se S è un insieme finito, l'insieme P(S), ovviamente finito, ha
ordine 21 8 1, come verrà successivamente provato nel Capitolo 3. Quindi:
X E P(S) {=::} X ç S.
Per esempio, per ogni insieme S, da (1.1.1), (1.1.2) e (1.1.3) segue:
0 P(S),
E (1.1.6)
SE P(S), (1.1.7)
{x}EP(S) , perognixES. (1.1.8)
Si noti in pmticolare che si ha P(S) i- 0, per ogni insieme S.
Esercizi
Esercizio 1.1.1. Siano A = {a}, B = {a, b}, C = {a , b, c}. Si determinino gli
insiemi P(A), P(B), P( C).
Svolgimento. Si ha:
P(A) = {0, A},
P(B) = {0, {a}, {b} , B},
P(C) = {0, {a},{b} , {c} , {a, b},{a,c} , {b,c} ,C}.
Esercizio 1.1.2. Si verifichi che:
P(0) = {0} ,
P(P(0)) = {0, {0} } ,
P(P(P(0))) = {0, {0} , { {0} } , {0, {0}} } .
. Esercizio 1.1.3. Si provi che, con S e T insiemi, si ha:
S çT {=::} P(S) ç P(T). (1 .1.9)
Se ne deduca che:
S =T {=::} P(S) = P(T). (1.1.10)
Teoria deg li insiemi 7
C {x : x intero : x 2 = l} ,
D {x: x intero : x 2 =-l} ,
E { x : x numero complesso : x 2 =-l} ,
F {x : x lettera di "nonno"}.
cE A, l E A, {6.} E A, {12} E A,
12 E A , 0EA, {0} E A , {12} ç A ,
{ {12}} ç A, {c,l2}çA, 0çA, {0} ç A ,
{{0}} ç A, cE B , l E B, {d,5} E B,
{d} E B , f EB, 0E B , {0} E B,
{l} ç B, {{d}} ç B, {c, 12} ç B , 0çB,
{0} ç B , {{0}}çB, {1 , {d , 5}} ç B , {{f}}çB,
{{1} ,0} ç B, {f, {0}} ç B, {f, 0}çB, {!, d} ç B.
Si richiameranno ora alcune proprietà dei numeri naturali, certamente ben fami-
liari al Lettore.
In No sono definite una somma e un prodotto, denotate rispettivamente con i
simboli+ e ·, che godono delle seguenti notevoli proprietà:
da a + c = b + c segue a = b (1.2.5)
(cancellabilità a destra rispetto alla somma) ,
da a + b = a + c segue b = c (1.2.6)
(cancellabilità a sinistra rispetto alla somma) ,
a · b = O se e solo se a = O o b = O (1.2.11)
(legge di annullamento del prodotto),
a · b = l se e solo se a = b = l, (1.2.12)
10 Capitolo 1
da a, bE N segue a+ bE N, (1.2.19)
da a, b E N segue a · b E N. (1.2.20)
e
(1.2.22)
Di solito, nel seguito, si preferirà scrivere ab in luogo di a · b e, per esempio,
ab + ac in luogo di (a · b) + (a · c) .
Teoria degli insiemi 11
a~ b: ~ 3t E No: b =a+ t.
Si scrive anche b 2: a. Si noti che, per la (1.2.6), un tale t, quando esiste, è unico.
È facile verificare che valgono le seguenti proprietà:
da a ~ b, c ~ d segue a + c ~ b + d, (1.2.28)
da a ~ b, c ~ d segue ac ~ bd. (1.2.29)
1.2.1. Proprietà di tricotomia. Per ogni a, b E No sussiste una e una sola delle
seguenti: a < b, b < a, a = b.
e che
b- O = b, per ogni b E No. (1.2.33)
Dimostrazione. Per la (1.2.31) risulta ac ::::; be e ca ::::; cb, sicché hanno senso
be-ace cb- ca. Posto poi b = a+ t, si ha che be= (a+ t)c = ac +te per la
(1.2.16) e cb = c(a+t) = ca+ et per la (1.2.15), pertanto be - ac = te = (b- a)c
e cb- ca= et= c(b- a). D
Se a, b E N0 , si dice che a divide bse esiste k E No tale che b = ak. In tal caso si
scrive a lb, e si dice anche che a è un divisore di b, o che b è un multiplo di a in
No. Si osservi in primo luogo che:
Dimostrazione. Esercizio. D
Un numero naturale positivo p è detto un numero primo se è p =/= l e gli unici di-
visori di p sono l e p. Un numero naturale non primo è detto composto. L'insieme
dei numeri naturali primi viene di solito denotato col simbolo lP'.
Notevoli proprietà relative ai primi, ben note al Lettore, e che saranno provate
nel Capitolo 5, sono le seguenti:
b-a:= b + (-a),
an:=a·a · . .. ·a .
~
n
a < b:~ 3 t E No : b = a + t.
In tal caso si scrive anche b ~ a.
Teoria degli insiemi 15
Dimostrazione. Esercizio. D
sicché
a < b {:::::::::} 3 k EN: b = a+ k.
In tal caso si scrive anche b > a. Si osservi che per ogni a E Z si ha:
Perciò in Z non esiste un elemento "minimo", non vale cioè l'analoga di (1.2.26).
Continua però a valere la proprietà analoga di 1.2.1. Ciò comporta in particolare
che l'ordine usuale di Z è un ordine totale (vedi Paragrafo 2.4).
Da notare che in Z non vale l'analoga di (1.2.29): per esempio si ha l :S 3,
-4 :S -3 e l( -4) i 3( -3); né l'analoga di (1.2.31), per esempio 2 :S 3 ma
3( -5) < 2( -5). Più precisamente si ha:
1.2.9. Con a, b, c E Z, risulta:
a :S b, O :S c ===? ac :S be,
a :S b, c < O ===? be :S ac,
a < b, O < c ===? ac < be,
a < b, c < O ===? be < ac.
Ne segue che:
O ~ a {:::::::::} -a :S O,
e quindi anche:
a :S O {:::::::::} O :S - a,
e che:
O :S a, O :S b ===? O :S ab,
O< a, O < b ===? O < ab,
O :S a, b :S O ===? ab :S O,
O< a, b < O ===? ab < O,
a :S O, b :S O ===? O :S ab,
a< O, b < O ===? O < ab.
16 Capitolo 1
Dimostrazione. Esercizio. D
se a 2: O
lal := { - a
- a se a < O
alb: ~ 3k E Z : b = ak.
Dimostrazione. Esercizio. D
insieme dei numeri naturali dispari ed è denotato con il simbolo Nd. Pertanto si
ha:
Np = { 2n : n E No}, Nd = {2n +l :n E No}.
Da 1.2.9 e dalla definizione di potenza di un numero intero segue subito che la
potenza n-esima di un numero intero negativo è positiva se n è pari, negativa se n
è dispari.
Q = { : : m , n E Z, n f= O} ,
con l'usuale convenzione di identificare ogni intero m con il numero razionale 7.
Nel Paragrafo 5.8 sarà illustrata una costruzione di tale insieme a partire da Z. Per
il momento ci si limita a evidenziare che:
m a
n
b se e solo se mb = na,
Esercizi
Esercizio 1.2.1. Si verifichi che, con a, b, c, d E No, risulta:
b - a = b - c ====? a = c,
b - a = d - a ====? b = d.
Esercizio 1.2.4. Si provi che in Z la cancellabilità rispetto alla somma può essere
derivata dalla (1 .2.45).
b - a = b - c ====? a = c,
b - a = c - a ====? b = c.
sNo ç tNo
hZ ç kZ
e si deduca che:
n + ~t = ~t + ?::Il
?::Il n'
per ogni ?::Il
n' t
~ E flll
....,,
(proprietà commutativa della somma);
( ?::Il+ ~) + :!!: = ?::Il+(~ + :!!:) per ogni m 8
u E flll
n t v n t v ' n ' t:> v ....,,
(proprietà associativa della somma);
?::Il ~ = ~ ?::Il per ogni ?::Il ~ E flll
n t t n' n' t ....,,
(proprietà commutativa del prodotto);
( ?::Il~):!!:
n t v
= ?:I!o(~Y:) per ogni ?::Il ~ :!!: E flll
n t v ' n ' t' v ....,,
(proprietà associativa del prodotto) ;
( ?::ll+~)Y:=?::Il:!!:+~:!!:
n t v n v
perogni ?::Il~
t v'
:!!:Eflll
n ' t' v ...., ,
(proprietà distributiva a destra del prodotto rispetto alla somma);
?::ll(~+:!!:)=?::ll~+?::ll:!!:
perogni ?::Il~ :!!:Eflll
n t v n t n v' n ' t' v ....,,
(proprietà distributiva a sinistra del prodotto rispetto alla somma).
Esercizio 1.2.15. Si provi che:
*= %= O, per ogni n, t E Z, n, t # O,
~=~=l, perognim,s E Z,m,s #O,
e che:
n + O = ?::Il
?::Il n ' per ogni ?::Il
n E '\l,
flll
?::Ili=
n
?::Il
n'
per ogni ?::Il
n
E Q.
Esercizio 1.2.16. Si provi che:
?::Il
n
+ -m
n
= O' per ogni ?::Il
n
E '\l'
flll
?::IlE:.=
n m
l ' per ogni ?::Il
n
E flll ?::Il
'\!' n
_j_
l
O.
20 Capitolo 1
(i) 0 E X }
(ii) sE X===? s +l E X ===?X= No.
(i) n E Y } -
(ii) t E Y , t ~ n ===? t + l EY ===? n E Y , \::In ~ n . (1.3.1)
Tale proprietà dei naturali, nota come "principio d'induzione", si applica in parti-
colare nella dimostrazione di enunciati relativi ai numeri naturali.
1.3.1. Prima forma del principio d'induzione. Sia n un numero naturale e sia
P una proprietà relativa ai numeri naturali n ~ n. La proprietà P è vera per ogni
naturale n ~ n se P è vera per n e P è vera per t + l ogniqualvolta è vera per t
(con t ~ n). Si ha cioè:
Dimostrazione. Posto:
t(t +l)
1+2+ .. ·+t= .
2
(t + l) (t + l + l)
l + 2 + .. . + t + (t + l) = -'-----------'----'---------"--
2 .
Si ha
l+ 2 + ... +t+ (t+ l) = (l+ 2 + ... +t)+ (t+ 1) ,
sicché, utilizzando l'ipotesi d'induzione,
t( t+ l)
l+ 2 + ... +t+ (t+ l) = 2 +(t+ l)
t(t +l)+ 2(t +l)
2
(t+l)(t+2)
2
Si noti che la condizione (jj) può anche essere scritta nel seguente modo:
con h > n,
P vera per h- l ===>P vera per h.
Ciò dipende dall'ovvia uguaglianza:
{t E No : t 2: n} = {h- l : h E N, h> n}
n( n+ l) .
l + 2+ ···+ n = + 3, per ogm n ;::::: l.
2
Tale uguaglianza è falsa per ogni n. Si verifica però facilmente che se si sup-
pone P vera per h, allora si ottiene P vera per h + l. Ma non sussiste la base
dell'induzione: infatti per n = l l'uguaglianza non è soddisfatta.
Per ben visualizzare la situazione, si può pensare a (infiniti) tasselli di un domino
dtti uno davanti l'altro in modo tale che la caduta di ciascuno provochi la caduta
del successivo. Questa condizione "rappresenta" la proprietà (jj). Facendo cade-
re il primo tassello, e solo allora (il che ha il significato della base d'induzione),
si provoca la caduta di tutti i tasselli.
1.3.6. Esempio. Per ogni n ;: : : l, si ha:
Esercizi
Esercizio 1.3.1. Si dimostri, per induzione su n, che:
n 2 (n +l?
1 3 + 23 + · · · + n 3 =
4 ' per ogni n >
- l.
Svolgimento. È soddisfatta la base dell ' induzione in quanto, per n = l , si ha
12 1 1 2
13 = 1 e ( : ) = ~ = l. Si supponga ora la proprietà vera per t, si assuma
2 12
quindi l'ipotesi induttiva che: 13 + · · · + t 3 = t (tt ) • Si vuole dimostrare che
2
13 + ... + t 3 +(t+ 1) 3 = (t+ 1 ) (~+1+ 1 ) = (t+ 1) 1t+ 2) • Risulta ovviamente
2 2 2
2 2
·13 + ... + t3 +(t+ 1) 3 = t (tt 1) +(t+ 1) 3 per l'ipotesi induttiva, e inoltre
t2(t+1)
4
2
+ (t+ 1)3 -- t 2(t+1) 2+4(t+1) 3 -- (t+1)2 (t 2+4t+4) -- (t+1) 2 (t+2) 2 , pert an to
42 2 4 4
13 + ... + t 3 +(t+ 1) 3 = (t+ 1) 1t+ 2) , come volevasi. Per il principio d'induzione
la proprietà considerata è vera per ogni n 2:: l.
Esercizio 1.3.2. Si dimostri, per induzione su n, che:
n(n+l)(2n+l)
l2 + 22 + · · · +n2 = 6 ) per ogni n >
- l.
Esercizio 1.3.6. Si dimostri, per induzione su n, che:
l l l l
-- + -- + · · · + = l - - - , per ogni n > l.
l· 2 2 · 3 n· (n+ l) n+ l -
l+ 3 + 5 + · · · + (2n- l)= n 2 .
2 + 4 + 6 + 8 + · · · + 2n =n( n+ l).
3(3n - l)
3 + 32 + 33 + · · · + 3n = , per ogni n 2: l.
2
Teoria degli insiemi 25
l+ 3 + 5 + .... + (2n- l) = n 2 - 3
s T
26 Capitolo 1
SUT=TUS (1.4.2)
(proprietà commutativa dell'unione),
SU0=S=0US (1.4.4)
(0 elemento neutro per l'unione) ,
SUS=S (1.4.5)
(proprietà iterativa dell'unione).
n
usi= {x: 3j E {1, ... ,n}: x E Sj}.
i=l
Teoria degli insiemi 27
Pertanto:
n
x~ usi ~ x~Sj,'ll'jE {1 , ... ,n}.
i=l
Si ha cioè
xE U X:~ :JYEF:xEY,
XE:F
x~ UX ~ x~ X, \IX E F.
XE:F
Si noti che se F = {S, T} , 1isulta
U X=SUT;
XE:F
U X = S1U···USn= usi.
n
XE:F i= l
Yç U X.
XE:F
TçS ~ SUT=S.
S ç T, V ç W ===>- SU V ç TU W,
quindi:
Dimostrazione. Esercizio. D
S c T, V c W -==/=? S U V c T U ~V,
ScT -==/=? SUVCTUV,
S c T, V c T -==/=? S U V c T .
Dimostrazione. Per provare che un'inclusione non vale, basta esibire un contro-
esempio, cioè descrivere un caso in cui valgono le ipotesi ma non la tesi. Per
esempio, con A = {1, 2}, B = {1, 2, 3}, C = {1, 3, 4}, D = {1 , 2, 3, 4}, si ha
A C B , C C D , ma A U C= {1 , 2, 3, 4} = B U D , pertanto non vale la prima
implicazione. ll Lettore individui controesempi per le altre due implicazioni. D
s T
Teoria degli insiemi 29
8nT ç 8,
(1.4.6)
8nTçT.
8nT=Tn8
(proprietà commutativa del! 'intersezione), (1.4.7)
(8 n T) n v = 8 n (T n V)
(proprietà associativa del! 'intersezione), (1.4.8)
8n8=8
(proprietà iterativa dell'intersezione). (1.4.9)
8 n T n V= {x: x E 8 e x E T e x E V}.
n8i
n
i=1
=={x: x E 8j,Vj E {l, ... , n}}.
30 Capitolo 1
Pertanto:
x~ nn
i= l
Si ~ 3j E {1 , ... ,n}: x~ Sj.
Si ha cioè
xE n
XE:F
X:~ xEX,VXEF,
x ~ n
XE:F
X ~ 3Y E F : x ~ Y.
n
XE:F
X=SnT;
XE:F i= l
n
XE:F
xçY.
TçS ~ SnT=T.
S ç T, V ç W ===} S nV ç T n W,
quindi:
Dimostrazione. Esercizio. D
x ESU(TnV) ~ x E(SUT)n(SUV).
Si ha infatti:
x E S U (T n V) ~ x E S o (x E T n V)
~ x E So (x E T e x E V)
~ (x E S o x E T) e (x E S o x E V)
~ (x E SU T) e (x E SU V)
~ x E (SU T) n (SU V) .
x ESn(TUV) ~ xE (SnT)U(SnV).
32 Capitolo 1
Si ha infatti:
x E S n (TU V) {::::==} x E Se (x E TU V)
{::::==} x E Se (x E T o x E V)
{::::==} (x E S e x E T) o (x E S e x E V)
{::::==} xESnT o xESnV
{::::==} x E (S n T) U (S n V).
Dimostrazione. Esercizio. D
Dimostrazione. Esercizio. D
Su ( n x) = n
XEF XEF
(Su X)
sn ( U x)
XEF
= U (S n X)
XEF
(proprietà distributiva dell'intersezione rispetto all'unione).
Teoria degli insiemi 33
Dimostrazione. Esercizio. D
S \T:= {x : x ES e x rt T} .
Si ha cioè:
x E S \ T : ~ x E Se x rt T.
Pertanto:
x rt S \ T ~ x rt S o x E T.
Utilizzando i diagrammi di Venn si ha la seguente rappresentazione di S \T:
s T
S\T c s, (1.4.12)
S\0 S, (1.4.13)
0 \S 0, (1.4.14)
S \S 0, (1.4.15)
S n (T\ S) 0. (1.4.16)
S \T = S ~ S n T= 0 ,
S\T=0 ~ SçT.
x E (SU T) \ V ~ x E SU T e x ~ V
~ (x E So x E T) e x ~ V
~ (x E Se x ~ V) o (x E T e x ~ V)
~ xES\VoxET\V
~ x E (S \V) U (T\ V).
Teoria degli insiemi 35
Dimostrazione. Si ha:
x E S \ (TU V) ~ x E Se x ~ TU V
~ x E Se (x ~ T e x ~ V)
~ (x E S e x ~ T) e (x E S e x ~ V)
~ xES\ Te xES\V
~ x E ( S \ T) n (S \ V).
·. Pertanto S \(Tu V) = (S \T) n (S \V). Si ha poi:
x E S \ (T n V) ~ x E S ex ~ T nV
~ x E Se (x ~ T o x ~ V)
~ (x E S e x ~ T) o (x E S e x ~ V)
~ xES\ To xES\V
~ x E (S \T) u (S \V).
Pertanto S \(T n V) = (S \T) U (S \V) . D
Con Se T insiemi si definisce unione disgiunta o differenza simmetrica di Se T ,
e si denota con il simbolo S ù T (o S 6 T), l'insieme costituito dagli elementi
che appartengono all'unione di Se T ma non alla loro intersezione:
SU T := ( S U T) \ (S n T).
Si noti subito che:
Sl.JT = (S \T) U (T\ S). (1.4.19)
Infatti:
xESUT ~ x E ( S U T) \ (S n T)
~ x E SUTex ~ SnT
~ (x E So x E T) e (x ~ So x ~ T)
~ (x E S e x ~ T) o (x E T e x ~ S)
~ xES\T o xET\S
~ x E ( S \ T) U (T \ S).
Pertanto SU T è l'insieme degli elementi che appartengono a uno solo degli
insiemi S e T. Graficamente:
36 Capitolo 1
s T
SUT=SUT ~ SnT=0
Valgono le seguenti proprietà:
SUT=TUS (1.4.21 )
(proprietà commutativa dell'unione disgiunta);
SU0=S (1.4.23)
(0 elemento neutro rispetto all'unione disgiunta);
sus = 0. (1.4.24)
Sn(TUV) = (SnT)u(SnV)
(SuT)nV= (SnV)u(TnV)
(distributività dell'intersezione rispetto all'unione disgiunta).
S UV ç T UV ===? S ç T.
s nv ç T nv ===? s ç T.
Esercizio 1.4.5. Con S, T, V e W insiemi, si ha:
s c T ,v c w =/::=} s n v c T n w,
ScT =/::=} SnVcTnV,
S c T , S c W =/::=} S c T n W.
S ç V, T ç W ==> S \ W ç V\ T ,
o equivalentemente
S ç V ==> S \ T ç V \T,
Sç;V ==> T\S;;:?T\V.
S c V, T c W =/:=;- S \ W c V \ T ,
ScV,TcW =/:=;- W\S::JT\V,
da cui
S c V =/:=;- S \ T c V \ T,
ScV =/:=;- T\S::JT\V.
S \ (S \T) = S n T ,
x ~ S uT <====> x ~ S ox ~ T; x ~ S nT <====> x ~ S ox ~ T;
x ~ S UT <====> x ~ S ex ~ T; x ~ S nT <====> x ~ S ex ~ T;
x ~ S\T <====> x ~ S ox E T; x ~S\ T <====> x ~ S ex ~ T;
x ~ S\T <====> x ~ S ex E T; x ~ S\T <====> x ~ S ox ~ T.
Esercizio 1.4.20. Si provi con un esempio che l'uguaglianza AUB = AU(B\ C),
con A, B, C insiemi, non è sempre soddisfatta.
Esercizio 1.4.21. Si provi con un esempio che l'uguaglianza A nE = An(B\ C),
con A, B , C insiemi, non è sempre soddisfatta.
Esercizio 1.4.22. Si provi con un esempio che l 'uguaglianza S \T = S \(T n V),
con S, T, V insiemi, non è sempre soddisfatta.
Esercizio 1.4.23. Si dimostri che, con S, T, V insiemi, si ha:
(S \T) n V = (S n V) \T.
Teoria degli insiemi 41
L \ (M n N) =L\ (L n M n N).
Esercizio 1.4.32. Si dimostri che, con L, M e N insiemi, si ha:
L \ (N\ (L n M)) = L ~ L nN ç M.
Esercizio 1.4.33. Si dimostri che, con L , Jl/[ e N insiemi, si ha:
(L\ M) U (L n N) =L ~ (L n M)\ N= 0.
Esercizio 1.4.34. Si provi che, con Se T insiemi, si ha S = (S \T) U (S n T), e
(S \T) n (S n T) = 0.
Esercizio 1.4.35. Si provi che, con S e T insiemi, si ha:
SU T= (S \T) U (T \ S) U (S n T) ,
dove gli insiemi S \ T, T\ S e S n T sono a due a due disgiunti.
Esercizio 1.4.36. Si ritrovi l'uguaglianza SU T= (S \ T) U (T\ S) utilizzando
le formule di De Morgan.
Esercizio 1.4.37. Si provi con un esempio che non sempre vale l'uguaglianza
SU (TUV) = (SUT)U(SUV).
Si provi però che riesce sempre SU (TU V) ;2 (SU T) U (SU V) .
Esercizio 1.4.38. Siano S un insieme e F un insieme di insiemi. Si provi che:
(U
XE:F
x)\ S= U (X \ S)
XE:F
(proprietà distributiva a destra del complemento rispetto all'unione) ,
(nx)\ n
XE:F
S=
XE:F
(X \ S)
n
XEF
(S\X)
U (S\X).
XEF
A x B {(a , 1), (a , 2), (b , 1), (b, 2), (c, 1), (c, 2)} ,
B x A {(1,a) , (1,b),(1,c),(2,a),(2,b) , (2,c)},
A x A {(a , a) , (a, b) , (a , c), (b ,a) , (b ,b), (b ,c), (c, a) , (c, b) , (c, c)},
B x B {(1, 1), (1, 2) , (2, 1) , (2, 2)},
con
lA x BI = 6 = IB x Al, lA x Al = 9, IB x BI = 4.
Per ogni insieme S si ha:
0 x s= 0 = s x 0. (1.5.2)
S ç V, T ç W ===? S x T ç V x W. (1.5.3)
Supposto S, T i= 0, si ha anche:
S x TçV x W ===? SçV,T ç W. (1.5.4)
Quindi:
Ne segue che:
S x T =T x S {::=:} S = 0 o T = 0 o S = T.
Dimostrazione. Esercizio D
Si noti che un sottoinsieme di un prodotto cartesiano può non essere un prodotto
cartesiano; si ha cioè, con S e T insiemi:
U ç S x T =/=? (3X ç S, Y ç T : U = X x Y).
Come esempio si possono considerare gli insiemi:
S = {a , b, c}, T = {1 , 2} , U ={(a, 1) , (b , 2)}.
È facile verificare che:
Inoltre:
n volte
Esercizi
Esercizio 1.5.1. Si verifichi che nella (1.5.4) è essenziale l 'ipotesi S , T i= 0.
Esercizio 1.5.2. Si provi 1.5.2.
Svolgimento. Si ha:
e la (ii) è dimostrata.
Teoria degli insiemi 47
(x, y) E (S x T)\ (V x W) ~ (x , y) ES x T e (x , y) ~ V x W
~ (x E Se y E T) e (x ~ V o y ~ W)
~ (x E 8 e x ~ V e y E T) o
(x ES e y E T e y ~W)
~ (x E 8 \ V e y E T) o
(x E S e y E T \ W)
~ (x ,y) E (S\ V) x T o
(x,y) ES x (T\ W)
~ (x,y) E ((S\ V) x T) U (S x (T\ W)).
6(n+1) - l
6° + 61 + 62 + · · · + 6 71
=
5 ' per ogni n >
- O.
48 Capitolo 1
5(n2 +n- 2)
lO + 15 + · · · + 5n = , per ogni n 2: 2.
2
Esercizio 1.6.12. Si dimostri per induzione su n che:
9n2 + lln
10+19+28+···+(9n+l)= , perognin 2: 1.
2
Esercizio 1.6.13. Si dimostri per induzione su n che:
n(n+l)(2n+l)
42 +5 2 + · · · +n 2 = 6 - 14 , per ogni n >
- 4.
l l l 1071 - l
l + -10 + -100 + .. · + - -=
10n-1 9 · 10n-1'
per ogni n > l.
-
L\ (M UN) = L \ M ~ L n N ç M.
Esercizio 1.6.24. Si provi che, con S e T insiemi, si ha S U T = S U (T \ S), e
Sn (T\ S) = 0.
Esercizio 1.6.25. Si provi che, con S e T insiemi, si ha:
Sç T ~ T = Su (T\ S).
50 Capitolo 1
x ny ç=} x n' y.
Assegnare una relazione tra insiemi S e T significa quindi individuare un sot-
toinsieme di S x T, cioè "privilegiare" particolari coppie di elementi di S x T.
52 Capitolo 2
x ~o y , per ogni x E S , y E T .
Spesso, per assegnare una relazione n tra insiemi Se T, si precisa una proprietà
che individua tale sottoinsieme di S x T , si evidenzia cioè quando una coppia,
elemento di S x T, appa1tiene a n. Per esempio, ponendo: ·
x n1 y : ~ x = y2 ,
Si noti che tale relazione n 1 è ben distinta dalla relazione n 2 definita ponendo:
x n 2 y : ~ x 2 = y)
Relazioni tra insiemi 53
con x E Z e y E No.
Sen è una relazione tra insiemi S e T, si definisce relazione opposta (o
inversa di n) e si indica con R o p, la relazione tra T e S definita ponendo:
Ovviamente:
e
n ç n'==::::}- nop ç (n') 0
P.
Si noti per esempio che le relazioni n 1 e n 2 plima definite sono l'una l'opposta
dell'altra. Se Se T sono insiemi non vuoti e n
è una relazione tra Se T , può
aversi n= nop solo se S =T.
Se S, T, V e W sono insiemi, con V ç Se W ç T, considerata una qua-
lunque relazione n n
tra S e T, la relazione n (V x W) tra V e W viene detta
la relazione indotta dan su V x W e denotata con nw
x w. Si ha pertanto, con
xEV eyEW:
x(nwxw )y: {::::::::} x ny.
Una relazione tra insiemi S e T con S = T viene detta anche una relazione
binaria in S. Un esempio notevole di relazione binaria in un insieme S è la
diagonale b.s; tale relazione è detta l'identità di S o l' uguaglianza in S ed è
denotata anche con ids o ls. Pertanto, con x, y E S, si ha:
x(ids)y:{:::::=} x=y.
xn1Y : {::::::::} x +y = 3;
xn2Y : {::::::::} x+ 4 = y;
xn3y : {::::::::} x= y3;
xn4y : {::::::::} y = -x2;
xnsy : {::::::::} x= IYI;
xn6Y : {::::::::} x+ 4 > y;
xn7y : {::::::::} y + 11 =x.
La relazione n 1 è tale che ogni x E No ha corrispondente e ne ha uno solo, pre-
cisamente y = 3- x; dell ' analoga proplietà gode n2 in quanto ogni x E No è in
relazione con il solo intero y = x + 4. Nella relazione n3 hanno corrispondenti
solo i numeri naturali x che sono cubi di un intero, per esempio On3 O, l n3 l,
8 n3 2, mentre 2 Jt 3 y, qualunque sia y E Z; è facile però osservare che se x
54 Capitolo 2
R: x ES f--+ R(x) E T.
Una relazione tra Se T che sia un ' applicazione viene di solito indicata con una
lettera minuscola: f (da "funzione"), g, h, .. . e si usa la scrittura: f : S ----t T.
Per esempio, delle relazioni R 1, . .. , R 7 di No in Z esaminate in 2.1.1, sono
applicazioni R1 , R2 , R 4, R7 e si ha:
R1: x E No f--+ 3- x E Z,
R 2 : x E No f--+ x+ 4 E Z,
R4: x E No f--+ -x 2 E Z
'
R7: x E No f--+ x- 11 E Z.
n concetto di applicazione tra insiemi, di fondamentale importanza, verrà ripreso
e approfondito nel successivo Paragrafo 2.2.
Le relazioni binarie in un insieme possono ovviamente soddisfare la proprietà
che definisce le applicazioni, ma possono anche soddisfare altre proprietà di note-
vole interesse. Queste verranno ora introdotte e analizzate e porteranno a concetti
che saranno poi approfonditi nei Paragrafi 2.3 e 2.4.
Sia S un insieme. Una relazione binaria R in S è detta riflessiva se ogni
x E S è in relazione con se stesso:
e quindi:
n riflessiva {=::=:} b.s ç n o
Si noti che:
R non riflessiva {=::=:} (3 y E 8 : y 1J_ y).
Relazioni tra insiem i 55
Equivalentemente:
Si ha cioè:
nl {(a,b)} ,
n2 {(a,b),(b,a),(a,a)} ,
n3 {(a,b),(b,a),(a,a),(b,b)} ,
n4 {(a,a),(b,b) ,(c,c),(a,b)},
ns {(a,a),(b,b),(c,c),(a,b),(b,a)}
nell'insieme A. La relazione n 1 non è riflessiva perché, per esempio, b ~ 1 b, né
n
simmetrica in quanto a 1 b e b ~ 1 a. Inoltre essa è asimmetrica non esistendo
elementi distinti x , y E A tali che x n l y e y n l X, ed è banalmente transitiva.
n
La relazione 2 non è riflessiva; è simmetrica e non è asimmetrica. È poi non
transitiva in quanto, per esempio, bn2 a e a n2 b ma b ~ 2 b. La relazione n3
è simmetrica e transitiva, la n 4 è riflessiva, asimmetrica e transitiva, la n 5 è
riflessiva, simmetrica e transitiva.
Ne segue che:
Dimostrazione. Esercizio. o
Esercizi
Esercizio 2.1.1. Si studi la relazione tra No e Z definita ponendo:
x n1 y : {::::::::? x = y 2,
e la relazione tra ZeNo definita ponendo:
x n 2y : {::::::::? x
2= y o
x R y : ç::::::} 3 + 4x = 4 + 3y ,
l R4, - 1 R3 , 4R3, -4 R - l , l Rl , -6 R5 ,
-lR-1, 4Rl, 9R - l , -2 R4, 11 R5 , OR-2.
x R y : <=? x 2 - 5x + 6 = y 2 + 7y + 12,
si precisi se le seguenti affermazioni sono esatte:
x R1y : {::::::::} 5x = 6y ;
x R 2y : {::::::::} x 2 = 16y 2 ;
x R 3y : {::::::::} x= y3;
x R 4y : {::::::::} x3 = 8y3.
x R1 y : {::::::::} 2x = 3y ;
x R 2y : {::::::::} 2x 2 = 3y;
x R 3y : {::::::::} 2x = 3y 2 ;
x R 4y : {::::::::} 2x = 3IYI·
R4 {(l , m) , (n , m)} ,
R5 {(l , m) , (m, n) , (n , l)} ,
R6 {(l , l) , (m, n) , (l , n)}.
x R1 y : {::::::::} x + y = 3;
x R 2y : {::::::::} x + 4 = y;
x R 3y : {::::::::} x + y > 3.
60 Capitolo 2
2.2 Applicazioni
Come osservato nel paragrafo precedente, di particolare interesse nell'ambi-
to delle relazioni tra insiemi sono le applicazioni, che verranno ora esaminate
attentamente, partendo dalle notazioni già introdotte.
S= s1
f = g {:::=> T= T1 (2.2.1)
{
f(x) = g(x) , per ogni x E S.
h: x EZ f-------7 4 E No
se x :::; O
se x> O
-2x se x :::; O
x f-------7 { 2x - l se x> O
ids : x E S ~ x E S,
immx : x E X ~ x E S,
f(X) = 0 ~ X = 0.
Inoltre, se X ç S, si ha:
lXI =l=* lf(X)I =l
in quanto, se X = {x}, si ha f(X) = {!(x )}. Ma chiaramente
Si ha poi:
Dimostrazione. Esercizio. o
Sia f : S -----7 T un'applicazione. Se Y è un sottoinsieme di T , l'insieme costitui-
to dagli elementi di S la cui immagine appartiene a Y è detto la controimmagine
di Y in f e denotato con_t - 1 ("t:):
f- 1 (0) = 0.
Si noti che:
Y -/= 0 * f-
(Y) -/= 0.
1
1
Per esempio, con le notazioni di 2.2.1, f1 ( {6, 7}) = 0, in quanto non esistono
interi il cui quadrato sia 6 o 7. Così:
Y1 ç Y2 ~ f- 1(Y1) ç f - 1(Y2),
f- (Y1) ç f- 1(Y2)
1 * Y1 ç Y2.
e
f- 1(Yi U Y2) f- 1(YI) U f - 1(Y2) ,
J- 1 (Yi n Y2) f- 1(Y1) n f- 1(Y2) ,
f- 1(Y1 \ Y2) f- 1 (YI) \ f- 1 (Y2).
Dimostrazione. Esercizio. D
Dimostrazione. Esercizio. o
Come osservato in 2.2.1, per alcune applicazioni esistono elementi distinti che
hanno la stessa immagine, oppure esistono elementi del codominio dell ' appli-
cazione che non sono corrispondenti di alcun elemento del dominio. Queste
considerazioni motivano le definizioni seguenti.
Un'applicazione j_ : S ---t T è detta inietti va (o più brevemente in se è tale
che elementi distinti di S hanno immagini distinte in T:
Equivalentemente:
cioè f è inietti a s e solo S(} el~mtmti d" S che h anno 4t stessa immagine in f
neces_sariamente · ·do o.
Ovviamente l'identità ids di Se l'immersione immx di X ç S sono inietti-
ve.
Le applicazioni fi , h , h e !4 di 2.2.1 non sono iniettive, perché, per esem-
pio: !1(1) = !I( - 1) , h(1) = h( -1) , /3(0) = /3(1) , /4(1) = /4(2).
L'applicazione fs è invece iniettiva. Infatti, se x e x' sono elementi distinti di
Z, entrambi non positivi, si ha j 5 (x ) = - 2x =!= -2x' = f s(x'); se sono entrambi
66 Capitolo 2
g3 : x E No r------t x +l E No,
g4 : x E No r------t x+ l E N,
gs : x E No r------t 3x + 4 E No,
g6 : No -----; No
x f-------7 { ~ - 4
se x ::; 6
se x> 6,
g7 : No -----; No
~+4
se x ::; 6
x f-------7 { se x> 6,
g8 : x E No r------t 6 E No,
gg : No -----; z
- x/2 se x E 2No
(x+ 1) /2 se x E No \ 2No,
Dimostrazione. Esercizio. D
La 2.2.8 non vale per insiemi infiniti. Nell ' Esempio 2.2.6, l'applicazione 91 è
iniettiva, e il suo codominio è un sottoinsieme proprio del dominio. Invece la 9 9 è
sutiettiva, e il suo dominio è un sottoinsieme proprio del codominio.
Un'applicazione f : S -----t T è detta biettiva (o biezione, o corrispondenza
biunivoca) se è sia iniettiva che suriettiva:
h2 : No~ No
x+ l se x E 2No
X~-----t { x- 1 se x E No \ 2No.
k4 : x E No ~ x 3 E No,
ks : n E No ~ 3n + 2 E No,
si ha:
ks o k4: x E No~ 3x 3 + 2 E No,
k4 o ks :n E No ~ (3n + 2) 3 E No,
con ks o k4 i= k4 o ks (per esempio, (ks o k4)(l) = 5 i= 53 = (k4 o ks)(l)).
Non vale dunque per il prodotto operativo la proprietà commutativa. Si ha
però:
h o (g o f) = (h o g) o f.
idr of = f, f o ids = f.
Più precisamente:
72 Capitolo 2
Si noti che, con la verifica appena fatta , si prova che, con f : S ~ T applicazio-
ne, se esistono f* , f* * : T ~ S tali chef o f* = idre f* * o f = ids, allora
f* = f* *.
Da 2.2.16 segue subito:
cioè
f iniettiva {====> lf- 1 ( {y} )l = l , ìfy E f(S).
Relazioni tra insiemi 73
h : x E No ~----t 4x E No,
-n se n E 2No
-3 se n E No \ 2No,
l3: Z --7 2No
lzl se z E 2Z
z ~----t { 4lzl se z E Z \ 2Z,
sicché
e dunque
Inoltre:
j(X1 n X2) = j(X1) n j(X2),
j(X1 \ X2) = j(X1) \ j(X2).
Re lazioni tra insiem i 75
f1x :X E X f---> j( x ) E T.
91 : x E No f---> 3x - 5 E Z,
92 : x E No ------> Z
3x- 5 se x E N
43 se x= O,
Se ne deduca che:
Esercizio 2.2.20. Sia f : S ----> T un'applicazione, con S e T non vuoti. Un' ap-
plicazione h : T ----> S è detta un 'inversa sinistra di f se h o f = ids, un 'inversa
destra di f se f o h = id r. Si provi che:
f :x EN f------t x - l E Z,
k : t E 5Z t 2 E 25Z,
f-------t
z
h : z E 25Z f-------t S E 5Z.
(i) Si calcolino: g( {0, 3, 6, 12} ), g- 1 ( {6, 12, 24} ), g(3N), k( {6 , 12, 18, 24} ),
k- 1 ( {0, 6, 72} ), k- 1 (6N).
(ii) Si stabilisca se g e k sono iniettive o suriettive.
(iii) Qualora una delle applicazioni (o entrambe) sia biettiva, se ne precisi l'in-
versa.
(iv) Si determini la composta k o g e la si studi.
Esercizio 2.2.27. Si considerino le applicazioni:
g: m E N f-----t -(m - l) E Z,
k: x E Z f-----t 2lxl E 2No .
k : t E No f-----t -t E Z,
h: z E Z f-----t 6l z l + 6 E 6N.
j :t E Z f-----t 2t - 16 E 2Z
l 3
g:sEQ f-----t Ss + 2 E Q
è biettiva. Si determini l'inversa g- 1, e si calcolino: g- 1 ( -!), g- 1 (!), g- 1 (0).
Relazioni tra insiemi 79
f: x --------. y
i f--------7 13
m f--------7 l
n f--------7 21
v f--------7 7.
l) X =f 0 , V X E F ;
d' S 2) X , Y E F , X =f Y =? X n Y = 0;
r
J
. .
partlZlone 1 : {:::::=:}
{ 3) U X = S.
X EF
:Ft = {S} ,
la partizione totale, e
Fid = { {x} :x E S} ,
la partizione identica. Ovviamente esse coincidono se e solo se S è un singleton,
e sono le sole se ISI S 2.
Considerato l'insieme A = {a , b, c} , le partizioni di A sono:
:Ft, fid , :F3 = {{a} , {b,c}}, :F4 = {{b} , {a,c}} , :F5 = {{c}, {a, b}}.
Partizioni di No sono per esempio:
Si ha cioè:
x R x, \lx ES;
R relazione d'equivalenza in S <==::::? x Ry ====? yRx, \fx, y ES;
{
x Ry , yR z ====? x R z, \fx , y ,z E S.
2.3.2. Esempio. Qualunque sia l'insieme S l'identità di S è una relazione d'e-
quivalenza in S, e così la relazione totale Rt . La relazione vuota invece non è mai
una relazione d'equivalenza in un insieme non vuoto S, non essendo tiflessiva.
La relazione R in No definita ponendo x R y : <==::::? x + y E Np è una
relazione d'equivalenza in No. Infatti: x R x, per ogni x E No poiché x+ x = 2x
è sempre pari; da xRy segue x+ y E Np, sicché y +x = x+ y E Np e
dunque yRx; infine, se x Ry e yR z , risulta x+ y E Np e y + z E Np, da cui
(x+ y) + (y + z) =x+ 2y + z E Np e x+ z E Np, il che comporta x R z, come
volevasi.
Siano ora S un insieme non vuoto e R una relazione d'equivalenza in S. Se x E S
si dice classe d'equivalenza di x modulo R , e si denota con il simbolo [x]n. (o
più semplicemente con il simbolo [x], se non c'è ambiguità) il sottoinsieme di S
costituito da tutti e soli gli elementi di S che sono in relazione con x:
[x]n := {s E S : s'Rx} .
Si parla anche di classe d'equivalenza "rappresentata da x".
L'insieme delle classi d'equivalenza di S modulo R viene detto l'insieme
quoziente di S modulo R (o l'insieme "S su R"):
n
Dimostrazione. Per ogni x E S si ha x x per la proprietà riflessiva di n,sicché
x E [x]n, pertanto vale la (2.3.2).
Per provare la (2.3.3) si supponga in primo luogo x ny. Se z E [x]n, allora
z n x e da x ny segue z ny per la proprietà transitiva, sicché z E [Y]n; vice-
versa sia z E [y]n, allora z n y, le ipotesi assicurano che y n x per la proprietà
n
simmetrica, sicché z x per la proprietà transitiva e dunque z E [x]n. Pertanto
[x]n = [y]n. Viceversa, sia [x]n = [Y]n, allora da x E [x]n segue x E [Y]n e
x n y, come volevasi. Pertanto vale la (2.3.3).
Si supponga ora x Jt y e, per assurdo, esista z E [x]n n [y]n; allora z E [x]n
e z E [y]n, sicché z n x e z n y, da cui x n z , per la proprieta simmetrica, e
x n y, per la proprietà transitiva, contro le ipotesi. Viceversa, se [x]n n [Y]n = 0,
non può aversi x n y, altrimenti risulterebbe x E [y]n e x E [x]n per la (2.3.2)
sicché x E [x]n n [y]n, contro le ipotesi. Resta così provata la (2.3.4). D
Si noti che la (2.3.3) ovviamente equivale a:
[x]n = [y]n <===? x E [y]n , (2.3.5)
il che assicura che ogni elemento di una classe d'equivalenza è capace di rappre-
sentarla.
2.3.4. Esempi. Sia S un insieme non vuoto. Considerata la relazione identica ids
in S, si ha [x]ids = {x} per ogni x E S, perché ogni elemento di S è in relazione
solo con se stesso. Pertanto S / ids = { {x } : x E S} = Fid. Considerata la
relazione totale nt. si ha [x]n = S per ogni x ES e dunque S/ nt = {S} = Ft.
In No si consideri la relazione d'equivalenza x ny <===? x + y E Np, già
definita nell'Esempio 2.3.2. Si vede subito che [O]n ={n E No: n+ OE Np} =
{n E No : n E Np} = Np. Si ha poi [l]n = {n E No : n+ l E Np} = Nd .
Per ogni n E Np, da n E [O]n segue allora [n]n = [O]n = Np; analogamente, per
ogni n E Nd si ha n E [l]n e quindi [n]n = [l]n = Nd. Quanto provato assicura
che: No/ n= {Np, Nd}·
Dimostrazione. Ovviamente da (i) segue (ii) in quanto l'ipotesi (i) assicura che,
con x, y E S, si ha x R 1 y se e solo se x R 2 y. Supposto (ii), si ha subito (iii) per
definizione di insieme quoziente. Si assuma ora S l R1 = S l R 2 e sia x E S. Si
ha [x]n 1 E SIR1 = SIR2 sicché esiste x' E Staleche [x]n 1 = [x']n 2 • Perla
(2.3.2) riesce x E [x]n1 e dunque x E [x']n 2 da cui [x]n2 = [x']n2 per la (2.3.5).
Pertanto [x]n 1 = [x]n2 • Ciò prova la (ii). Si ottiene subito anche la (i) in quanto,
con x, y E S, si ha: x R1 y se e solo se, per (2.3.3), [x]n 1 = [y]n 1 , ciò equivale,
per quanto appena provato, a [x]n2 = [Y]n 2 , cioè a x R 2 y , sempre per la (2.3 .3).
Pertanto R 1 = R 2. D
[xJn.r = Vx .
Infatti, sia y E [x]nP sia cioè y Ry: x . Allora esiste Y E :F tale che x, y E Y e
si ha Y = Vx per l'unicità dell'elemento di :F cui x appartiene. Pertanto y E Vx.
Relazioni tra insiemi 83
Dimostrazione. Esercizio. D
Esercizi
Esercizio 2.3.1. Si consideri in Z la relazione binaria definita da:
aRb: {=} (a= b) o (a,b E No).
(i) Si provi che R è una relazione d'equivalenza in Z.
(ii) Si precisi se le seguenti affermazioni sono esatte: 17 R 151, -3 R 123,
-41 R-41, -60R-20, 34R34, 6RO.
(iii) Si determini l'insieme quoziente Z/ R.
Svolgimento. Si è già provato che R è una relazione d'equivalenza in Z (vedi
Esercizio 2.1.3). Si ha 17 R 151, poiché 17 e 151 E No, analogamente 6 R O;
inoltre ovviamente -41 R -41 e 34 R 34. Invece -3 Jt 123, infatti -3 -=/= 123 e
-3 tj. No, analogamente -60 Jt -20. Si ha:
Z/ R = {No, {x} : x E Z \ N0 }.
Relazioni tra insiemi 85
è d'equivalenza. Si determinino poi: [l]n, [2]n, [3]n, [4]n, [12]n. Si verifichi che
la relazione R * definita ponendo:
2n3m R * 28 3t : ~ n+ s = m+ t
non è d'equivalenza.
Svolgimento. Si ha ovviamente 2n3mn2n3m, per ogni 2n3m E A, sicché R
è riflessiva; se 2n3m R 2s3t, risulta n + m = s + t, da cui s + t = n + m e
2s3t R 2n3m, pertanto R è simmetrica; infine se 2n3m R 28 3t e 2s3t R 2u3v si ha
n + m = s + t e s + t = u + v, da cui n + m = u + v e dunque 2n3m R 2u3v,
sicché R è transitiva. Quindi R è una relazione d'equivalenza in A.
Risulta poi:
In particolare:
:Fi= {{i,m,v,w},{n}},
F2 = { {i} , {m} , {v}, {w}} ,
F 3 = {{i ,m,n,v,w}} ,
jél = {{4},{6},{8},{10}} ,
jé2 = {{4, 8} , 0,{10,6}} ,
jé3 = { { 4, 6, 10, 8}} ,
Esercizio 2.3.14. Si consideri l'insieme V costituito dai numeri interi della forma
4h + l, con h E Z:
V={4h+l:hEZ}.
Si verifichi che la relazione R definita in V ponendo:
Esercizio 2.3.15. Sia lP' l'insieme dei numeri primi in No e si consideri l 'insieme
W costituito dai numeri naturali della forma PIP2, con PI,P2 E lP', Pl :S: p2:
A= {4, 15,21,22,26,34,35}
è d'equivalenza, se ne determinino le classi d'equivalenza e l'insieme quoziente.
Relazioni tra insiemi 89
Esercizio 2.3.16. Sia lP' l'insieme dei numeri primi in No e si consideri l'insieme
W costituito dai numeri naturali della forma P1P2, con Pl, P2 E lP', Pl :::; P2:
è d'equivalenza.
(ii) Si precisi se le seguenti affermazioni sono esatte: 14 n 10, 33 n 39, 21 n 6,
9 n 77, 15 n 35, 6 n 21, 4 n 4, 10 n 14, [51]n = [49]n, [49]n = [4]n,
[15]n = [35]n, [39]n = [91]n, [15]n = [14]n.
(iii) Si descrivano: [4]n, [6]n, [9]n, [25]n, [49]n.
(i) Si precisi se le seguenti affermazioni sono esatte: 115 n 1000, 100 n 1001,
4oo n 4, 123 n 134.
(ii) Si calcoli: [3]n, [21]n, [100]n.
(iii) Quanti e quali sono gli elementi dell'insieme quoziente Njn?
(iv) Si spieghi per quale motivo l'applicazione
xnx , Vx ES;
xny, ynx ==}x= y, Vx,y ES;
xny, yn z ==} xn z, Vx,y, z E S.
· 90 Capitolo 2
XRY <====> X ç Y
x:::; y: <====> x Ry
e si dice "x minore o uguale di y" piuttosto che "x in relazione con y". Le
proprietà riflessiva, asimmetrica e transitiva quindi si scrivono:
x ::; x, Vx E S ;
x::; y , y ::; x=====> x = y , Vx ,y E S;
x::; y , y ::; z =====> x::; z, Vx, y , z E S .
e si legge "x minore strettamente di y". Si noti che anche questa notazione esten-
de quella ben nota tra numeri interi, e che in (P(T) , ç ) il minore stretto coincide
con l'inclusione stretta. Si dice anche che "y è maggiore strettamente di x" e si
scrive y > x, per indicare che x < y. Per esempio x f_ x , per ogni x E S, 2 < 6
in (No , divide) , e 0 < T in (P(T) , ç ), per ogni insieme T f= 0.
Relazioni tra insiemi 91
Dimostrazione. Esercizio. D
Un insieme ordinato finito non vuoto (S, ::; ) può essere rappresentato efficace-
mente con un diagramma, detto diagramma di Basse, in cui gli elementi sono
indicati da punti e questi, se confrontabili, sono legati da segmenti secondo il se-
guente criterio. Sia, per esempio x < y, si disegna allora x più in basso rispetto a
y; si collegano poi i due punti con un tratto continuo se non esiste alcun elemento
z E S tale che x < z < y e si dice che y copre x o x è coperto day; così conti-
nuando si ragiona in maniera analoga con x e z e con z e y . La finitezza di S dà
senso a questa costruzione.
3
2
l
l
92 Capitolo 2
Come sarà ancora più chiaro nel seguito, i diagrammi di Hasse permettono di
visualizzare efficacemente proprietà dell'insieme ordinato finito.
Si noti che la relazione opposta R 0 P di una relazione d'ordine R è anch'essa
d' ordine, ha senso cioè considerare ::;op di una relazione d'ordine ::=:; . Se (S, ::=:;)
è un insieme finito , il diagramma di Hasse di (S, ::;op) si ottiene "capovolgendo"
quello di (S, ::=:;) . Così, per esempio, il diagramma di Hasse di (A, divide 0 P), con
A= {l , 2, 3, 4, 5, 6}, è il seguente:
4 6
2.4.5. Sia (S, ::=:;) un insieme ordinato, e siano a, a', b, b' E S. Si ha:
Ovviamente:
a= min(S, :S) {=::} a= max(S, :S 0 P) ,
b = max(S, :S) {=::} b = min(S, :S 0 P).
Un elemento c di un insieme ordinato (S, :S) è detto minimale se non esistono in
S elementi strettamente minori di c:
Ovviamente si ha:
a= mi n S ===} a minima/e in S,
a= min S, c minima/e in S ==::} a = c,
b= max S ==::} b massimale in S,
b= max S, d massimale in S ==::} b = d.
4T A6
2V ~3 • 5
L'insieme D = {2 71 : n E N} U {3} ordinato ponendo x ::; y : {:::=} ylx
(cioè con la relazione indotta dalla opposta del "divide" in No ) è tale che 3 è
l' unico elemento minimale, ma D è privo di minimo. Infatti, con s E D, s :S: 3
implica 3ls e dunque s = 3. Pettanto 3 è minimale, ma non minimo in quanto,
per esempio, 3 1:. 2 poiché 2 non divide 3. Ogni altro elemento 271 di D non è
minimale poiché esiste 2n+ 1 E D tale che 2n+ 1 -:/= 271 e 271 12n+ 1 , cioè tale che
2n+l < 2n.
L' insieme ordinato (D, divide) ha come unico elemento massimale 3 ed è
privo di massimo.
L' insieme (Z, usuale) è privo sia di elementi minimali che di elementi massi-
mali.
2.4.9. Sia (S, ::;) un insieme ordinato finito e non vuoto. Allora S ha elementi
minimali e elementi massimali.
2.4.10. Sia (S, :S:) un insieme totalmente ordinato finito e non vuoto. Allora S ha
minimo e massimo.
Relazioni tra insiemi 95
l
l
I
il che giustifica il termine "catena" utilizzato per gli insiemi totalmente ordinati.
Se (S, ~)è un insieme ordinato e X ç S, ha senso parlare di minimo di X,
massimo di X, elementi mini mali di X, elementi massimali di X. Precisamente:
v := min X {::::::::} v E X e v ~ x, Vx E X ,
v := maxX {::::::::} v E X e x~ v, \lx E X,
v minimale in X : {::::::::} v E X e ~ x E X : x < v,
v mini male in X {::::::::} v E X e (y ~ v, y E X ==? y = v),
v massimale in X : {::::::::} v E X e ~ x E X : v < x,
v massimale in X {::::::::} v E X e (v ~ y, y E X ==? v = y).
L'insieme (Z, usuale) mostra che esistono insiemi totalmente ordinati ma non ben
ordinati.
Se (S, ~) è un insieme ordinato e X è un sottoinsieme non vuoto di S, ha
ovviamente senso cercare di "correlare" gli elementi di X con quelli di S. Ciò
po1ta alla seguente definizione.
Sia (S, ~) un insieme ordinato e sia X un sottoinsieme non vuoto di S. Un
elemento w di S è detto un minorante di X in S se è confrontabile con ogni
elemento di X e risulta minore o uguale di ogni x E X:
M= {w ES : w minorante di X}.
Ordinato questo insieme con la relazione indotta, questo può avere o meno mas-
simo. Se tale massimo esiste, esso è ovviamente unico per 2.4.5 e viene detto
Relazioni tra insiemi 97
N= {w E S : w maggiorante di X},
se tale insieme ha minimo, tale minimo è detto l'estremo superiore di X in S, e
denotato con sup 8 X (o semplicemente con sup X). Pertanto, con h E S, si ha:
2.4.14. Esempio. Per ogni x E N, si indichi con 1(x) il numero delle cifre di x:
se x = atat-1 ... ao, con t 2: O, ao, ... , at E {0, l , .. . , 9} e at i- O è l'usuale
scrittura decimale di x, si pone 1 (x) =t+ l. Per esempio 1 (30) = 2, 1(5) = l.
Se in N si pone:
dove il ::::; è l'ordine usuale in N, si ottiene una relazione d'ordine. È facile al-
lora osservare che il sottoinsieme {10 , 14, 47} ha come minoranti l , 2, ... , 9, ma
non ammette estremo inferiore; così tutti i numeri naturali di tre o più cifre sono
maggioranti, ma non esiste estremo superiore.
In (P(T), ç), con T insieme, ogni sottoinsieme non vuoto X ha estremo inferiore
e estremo superiore. Precisamente:
inf X =
YEX
n Y, sup X = UY ,
YEX
98 Capitolo 2
in quanto valgono le proprietà (i) e (ii) di (2.4.3) e (2.4.4) che definiscono tali
elementi.
In (No , divide) ogni sottoinsieme finito e non vuoto X ha estremo inferiore e
estremo superiore. Precisamente, se X = { x 1, ... , X n}, si ha:
Esercizi
Esercizio 2.4.1. Si provi 2.4.2.
Esercizio 2.4.2. Si consideri l'insieme W costituito dai numeri naturali della
forma 2n3m, con n, m E No:
vV = {2n3m: n, m E No}.
e si provi chef è un omomorfismo tra gli insiemi ordinati (W, R) e (No ,.,:::; ).
(v) Considerati i seguenti sotto insiemi di W:
F = {2 , 4 , 12, 16} , G = {1 , 3, 9, 81 } ,
H= {2 , 8 , 18, 72}, K = {3, 16 , 27, 32} ,
si studino gli insiemi ordinati (F, R), (G , R), (H, R), (K, R), disegnando-
ne anche il relativo diagramma di Hasse.
Relazioni tra insiemi 99
Svolgimento. (i) Da n :::; n e m :::; m segue subito che 211 3111 n 211 3111 , per ogni
211 3111 E W. Pertanto n è riflessiva. Si supponga ora 211 3111 n 2s3t e 2s3t n 211 3111 ,
sia cioè n :::; s e m :::; t e anche s :::; n e t :::; m; per l'asimmetria dell 'ordine usua-
le in No si ha n= se m= t, sicché 211 3111 = 28 3t. Quindi n è asimmetrica. Si
supponga infine 211 3111 n 28 3t e 28 3t n 2h3k' si abbia cioè n :::; se m :::; t, s :::; h
e t :::; k. La transitività dell'ordine usuale in No comporta n :::; h e m :::; k da
cui 211 3111 n 2h3k. Ciò assicura che n è anche transitiva e quindi è una relazione
d'ordine in W.
(ii) La relazione d'ordine n non è totale perché, per esempio, 2 7/.- 3 e 3 7/.- 2 in
quanto 2 = 2 13° e 3 = 2°3 1. Pertanto n non è un buon ordine (vedi 2.4.12). Ri-
sulta l = min W essendo O :::; s, O :::; t per ogni s, t E No da cui l = 2°3° n 2s3t,
per ogni 2s3t E W. Quindi l è l' unico elemento minimale di W. Non esistono
elementi massimali, e quindi non esiste il massimo di vV: infatti, per esempio,
per ogni 211 3111 E W esiste 2n+ 13m+l E W tale che 211 3111 2n+ 13m+1 con n
2n3m of. 2n+13m+1.
(iii) Considerati 211 3111 , 2s3t E W, si ha
81
9 32
3 1 16
l 2
w= {14 , 32 , 42 , 66 , 8 1, 125} ,
T = {24 , 50 , 135 ,2 10, 220 , 242} ,
l)= {55 , 154, 169 , 210 , 30030,36960}.
Infatti non esistono elementi m di M tali che (J(m) < l e quindi se p è primo e
i E N non esistono elementi m di M tali che m i- pi e m R pi . Esistendo infiniti
elementi minimali non esiste minimo di l\11. Non esistono elementi massimali in
l\11 e dunque non esiste massimo di M. Infatti, considerato un qualunque n E l\11
esiste un numero naturale primo q che non divide n. Posto allora k = nq, si ha
che k E M, k i- n e (3 (k) = (3 (n) +l sicché n R k con k i- n. Pertanto n non è
Relazioni tra insiemi 101
massimale in M.
(ii) Si ha ovviamente:
e
/3 (26) = 2 = /3 (33) = /3 (34) = /3 (46), /3 (121) = l , /3 (70) = 3,
sicché i diagrammi di Hasse di V e di Z sono i seguenti:
30 70
M
11 25 27
26
121
46
42 66 210 36960
~
210
154
32 81 125 24 50 135 242 55
169
È allora immediato riscontrare che W ha 42 e 66 come elementi massimali e
81, 32, 125 rninimali; T ha massimo 210 e rninimali 24, 50, 242, 135; D è una
catena di massimo 30030 e minimo 169. Riguardati come sottoinsiemi di M , si
102 Capitolo 2
(x, y)n(x' , y'): <===? (x, y) = (x' , y') o (x < x') o (x = x' ey < y').
(i) Si verifichi che n è d'ordine.
(ii) Si provi ch e se ~ e ~* sono totali, tale risulta R.
(iii) Si verifichi che:
(a , a') = min(S x S* ) <===? a = min S e a' = min S*,
(b , b') = max(S x S*) <===? b = max S e b' = max S* .
Si noti che tale ordine è analogo a quello di un qualunque vocabolario.
Esercizio 2.4.5. Sia (S, ~ ) un insieme ordinato. Si verifichi che la relazione <
definita in S, come al solito, dalla posizione:
x< y: <===? ( x~ y) e (x =l y)
gode della proprietà antirifiessiva e della proprietà transitiva.
Esercizio 2.4.6. Sia S un insieme e sia definita in S una relazione n * antirifles-
siva e transitiva. Si provi che, ponendo:
xny: <===? (x n * y) o (x = y)
si ottiene una relazione d'ordine in S.
Esercizio 2.4.7. Si consideri l 'insieme lV costituito dai numeri naturali della
forma 271 3711 , con n , m E No:
f :W -----> P(No)
definita ponendo:
f(2n3rn) = {x E No : x > n} se m= O,
{ f(2n3rn) ={n+ l , . . . ,n+m} se m f. O.
f : 4h +l E V f-------7 h 2 E No,
e si provi chef è un omomorfismo tra gli insiemi ordinati (V, n) e (No, :S).
Esercizio 2.4.10. Si consideri l'insieme W = {3h +l : h E No}.
(i) Si verifichi che è d'ordine la relazione n definita in W ponendo:
(3h +l) n(3k +l) : ~ (h= k) o (hlk),
f : 2n7m E vV ~-----?n+ 2m E No ,
g: 2n7m E W~-----? n+ m E No.
(iv) Si provi che f è un omomorfismo tra gli insiemi ordinati (W, R) e (No , ~ ),
e che g non lo è.
(v) Considerati i sottoinsiemi F = { 4 , 7, 8, 14} e G = {32, 56, 64, 98} di W, si
studino gli insiemi ordinati (F, R) e (G , R), disegnandone anche il relativo
diagramma di Hasse.
Relazioni tra insiemi 105
Esercizio 2.4.13. Sia lP' l'insieme dei numeri primi in No, e si consideri l'insieme
Si disegnino i diagrammi di H asse degli insiemi ordinati: (A, divide), (B, divide),
(C,divide), (D,divide), (E,divide), (F,divide).
15
f :x EZ 1---t x4 + 2 E Z, g : x EZ 1---t 2 E Q.
106 Capitolo 2
(i) Si calcolino: f( -3), j(O), j(2), f( -l), g( -3), g( -4), g(91), g(O), g('ll),
f( {l, 2, 3} ), f( {l, -l}), g( {1 , 2, 3} ), g( {l, -l, -4} ), j- 1 ( {2, -2, 9, 18} ),
g-1 ( {8, -8, à, 125} ), g - 1 ( {8} ).
(ii) Si stabilisca se f e g sono iniettive o suriettive.
Esercizio 2.5.2. Si considerino le applicazioni:
x R y : .ç:::::::> x 2 + 5x - 6 = y 2 - y - 12,
x R1y :~ 5x 2 = 4y;
x R 2y :~ 5x = 4lyl ;
x R 3y : ~ 5x = 4y;
x R4y : ~ 5x = 4y 2 .
nR1z :~ n+ z = 3;
nR2z :~ n+4 = z;
nR3z :~ n = z 3·
'
nR4 z :~ z = -n2 ;
nR5 z :~ n= lzl;
nR6z :~ z + 11 =n;
nR7z :~ n+4 > z .
W= {3h +l : h E N0 }.
Esercizio 2.5.15. Sia lP' l'insieme dei numeri primi in No, e si consideri l'insieme
e si provi chef è un omomorfismo tra gli insiemi ordinati (W, n) e (No , :::;),
g non lo è.
(v) Considerati i sottoinsiemi F = {27, 45 , 75 , 225} e G = {9, 27,375 , 15625}
di W, si studino gli insiemi ordinati (F, n) e (G, n), disegnandone anche
il relativo diagramma di Hasse.
Esercizio 2.5.18. Nell'insieme A = {O, l , 2, . .. , 11} dei numeri naturali mi-
nori di 12 si consideri la relazione n definita ponendo
k k
Dimostrazione. Esercizio. D
3.1.5. Esempio. I numeri naturali positivi minori di 31 e divisibili per 2 o per 3
sono 20 . Infatti, posto
S :={x E N: x :S 30},
A:= {x ES: 2dividex} ,
B :={x ES: 3 divide x },
sihaAUB = {x ES: 2dividexo3dividex}eAnB ={x ES: 6dividex}.
° ° °
Risulta poi /A/ = 32 = 15, /B/ = 33 = 10 e /A n B/ = 36 = 5; dalla 3.1.3 segue
allora
/A u B/ = 15 + 10- 5 = 20.
3.1.6. Esempio. I numeri naturali positivi minori di 31 e divisibili per almeno
uno tra 2, 3 e 5 sono 22. Infatti, con S, A e B come nell 'esempio precedente e
con
C:= {x ES : 5dividex},
°
si ha /C/= 35 = 6, /An C/= i~ = 3, /BnC/ = i~ = 2, /AnBnC/ = ~~ =l;
dalla 3 .1.4 segue allora
/AUBUC/ =/A/+ /B/ + /C/ -/An B/-/AnC/-/BnC/ + /AnBnC/
= 15 + 10 + 6 - 5 - 3 - 2 + l = 22.
Elementi di calcolo combinatorio 113
Esercizi
Esercizio 3.1.1. Con k > 2 siano A1, A2 , ... , Ak insiemi finiti a due a due
disgiunti. Si provi che:
k k
l UAi l = l:IAil·
i=l i=l
lA U
Esercizio 3.1.2. Siano A, B e C insiemi finiti. Si provi che B U Cl
lA l+ lEI+ ICI- lA n BI- lA n CI-IB n Cl+ lA n B n Cl·
Esercizio 3.1.3. Quanti sono i numeri naturali tra l e 1250 divisibili per almeno
uno tra 17 e 31?
Esercizio 3.1.4. Si provi 3.1.4.
Esercizio 3.1.5. Alla discoteca "Furore" la consumazione è obbligatoria e ogni
bibita costa 5 euro. All'interno ci sono 21 giovani, ognuno dei quali consuma al
più due bibite e comunque di tipo diverso, e sono state servite 12 aranciate e 15
chinotti. Quanti scontrini da lO euro deve preparare il cassiere?
Esercizio 3.1.6. Quanti sono i numeri tra l e 101 divisibili per almeno uno tra 2
e 5? E quanti quelli divisibili per almeno uno tra 2, 5 e 7?
Esercizio 3.1.7. Quanti sono i numeri tra l e 1000 che non sono divisibili né per
5, né per 6 né per 8?
Esercizio 3.1.8. Un parallelepipedo di legno misura 5 x 7 x 7 centimetri ed è
dipinto di blu sulla superficie esterna. Se viene suddiviso in 245 cubetti di l
centimetro di lato ciascuno, quanti di questi avranno almeno una faccia dipinta
di blu?
IS x TI = ISI ITI. o
Dimostrazione. Siano S = {x1 , ... , Xn} eT = {y1 , ... , Ym} , con ISI = n e
ITI = m. Risulta
S X T= {(xl,Yl), . .. , (xl ,Ym) , (x2 ,Yl) , ...
. . . , (x2, Ym) , ... , (xn, yl) , .. . , (xn , Ym)},
114 Capito lo 3
dove gli elementi descritti sono a due a due distinti (vedi (1.5.1)). Pertanto
IS x TI = 'm+···+
-,...-"
m= n· m= ISI·ITI.
n v olte
Dimostrazione. Esercizio. D
3.2.3. Sia S un insieme finito. L'insieme P(S) delle parti di S ha ordine 213 1.
Dimostrazione. Sia S = { x 1, ... , xn} , con lSI = n . Per individuare tutti i sot-
toinsiemi X di S vanno considerati gli n eventi E i , i E {l , ... , n} , ciascuno
determinato dali' appartenere o non appartenere X i a X. Per ciascun evento E i ci
sono 2 possibilità, sicché IP(S)I = 2 · ... · 2 = 2n = 213 1. D
'-v-"'
n v olte
'-v--'
n volte
Esercizi
Esercizio 3.2.1. Si dimostri 3.2.2.
Esercizio 3.2.2. Quante parole di 3 lettere, non necessariamente di senso com-
piuto, si possono scrivere con le lettere dell'alfabeto italiano?
Esercizio 3.2.3. Quanti numeri naturali (informa decimale) sono composti da 3
cifre, tutte distinte da O, l , 3 e 5?
Esercizio 3.2.4. Avendo a disposizione 7 colori distinti, e volendo dipinge.re una
stellina e un .fiorellino, il piccolo Marco quante possibilità ha?
Esercizio 3.2.5. Matilde vuole abbinare i suoi nuovi pantaloni con uno dei suoi
maglioni e con una delle sue camicette. Ha maglioni uno nero, uno turchese, uno
viola, uno verde, uno giallo, uno bianco, e camicette una bianca, una giallina,
una azzurra, una lilla. In quanti modi può fare l'abbinamento?
Esercizio 3.2.6. Nel ristorante di Betty viene proposto un menu turistico compo-
sto di primo, secondo e contorno, con 4 scelte per il primo, 2 per il secondo e 5
per il contorno. I componenti un gruppo di giapponesi sono riusciti a ordinare
ciascuno un pranzo diverso. Da quante persone al più è composto il gruppo?
3.3.1. Principio dei cassetti. Siano m e n numeri naturali positivi, con m > n.
Se si vogliono riporre m oggetti in n scatole, almeno una scatola deve contenere
più di un oggetto.
3.3.4. Esempio. Considerati 101 numeri naturali positivi distinti a 1, ... , a 101 tra
l e 200, esistono tra questi b e c distinti tali che b divide c o c divide b. Infatti, se
x è un numero naturale qualsiasi, si può scrivere, e in unico modo, x come 2k h,
con k ~ O e h dispari. Se l ::::; x ::=:; 200, ovviamente h appartiene all'insieme
T = {l , 3, 5, . .. , 199}, e ITI = 100. Considerato allora l'insieme V costituito
dai 101 elementi a1 , ... , aw1. si ha che esistono b, c E V, b i- c, con b = 2iw,
c = 21w, con i , j ~ O e w opportuno elemento di T. Se i ::::; j, allora b divide c;
supposto invece i ~ j, si ha che c divide b.
Volendo essere un po' più formali, il principio dei cassetti afferma che se A e B
sono insiemi finiti con IAI > lEI, allora non esistono applicazioni iniettive di A
in B. Più in generale sussiste:
3.3.6. Principio dei cassetti (forma forte). Sia n un numero naturale positivo e si
considerino numeri naturali ql, . .. , qn ~ 2. Si ponga k := q1 + · · · + qn- n+ L
Se k oggetti sono ripartitì in n scatole, allora o la prima contiene almeno q1
oggetti, o la seconda almeno q2 oggetti, ... , o la n-ma almeno qn oggetti.
oggetti riposti nella n-ma scatola. Per assurdo si abbia a1 < q1, a2 < q2, ... ,
an < qn, cioè a1 :S: q1 - l, a2 :S: q2 - l , ... , an :S: qn - l. Allora si ottiene
k = a 1 + · · · + an :S: (q l - l) + (q2 - l) + · · · + (q n - l) = ql + q2 + · · · + qn - n,
assurdo. D
Esercizi
Esercizio 3.3.1. In una foresta ci sono un milione di alberi, ogni albero ha al
più 600000 foglie. Si provi che in ogni istante ci sono due alberi che hanno
esattamente lo stesso numero di foglie.
Esercizio 3.3.5. Sia n un numero naturale positivo e si .fissino a1, a2, ... , an E N,
a due a due distinti. Si provi che esiste un sottoinsieme di {a1, .. . , an} in cui la
somma degli elementi è divisibile per n.
Esercizio 3.3.6. Considerati 30 numeri naturali, si provi che almeno due di essi
hanno la differenza multiplo di 12.
Si pone inoltre O! := l.
Si noti che ciò equivale a porre, con n E N0 , O! = l e, induttivamente,
(n+ l)!= n!(n + 1).
3.4.1. Esempio. Si ha: l!= l , 2! = 2, 3! = 6, 4! = 24, 5! = 120.
Dimostrazione. Esercizio. D
La proprietà precedente giustifica il simbolo §n che a volte è usato per denotare
l'insieme delle permutazioni di un qualunque insieme finito di ordine n.
Si considerino ora k oggetti a1, a2, .. . , ak a due a due distinti (k ~ 1), sia
n = n1 + n2 + · · · + nk, con ogni n i ~ l , e siano b1 , ... , bn tali che n1 di essi
coincidono con a1, n2 coincidono con a2, . .. , nk coincidono con ak. Una n-upla
(b1, ... , bn) in cui a1 compare n1 volte, a2 compare n2 volte, ... , ak compare
nk volte, è denotata anche col simbolo b1 ... bn e detta una permutazione con
ripetizioni dei k oggetti a1, ... , ak, in cui a1 si ripete n1 volte, ... , ak si ripete nk
volte.
3.4.6. Esempio. 1131733739 è una permutazione con ripetizioni dei 4 numeri
l , 3, 7, 9, in cui l si ripete 3 volte, 3 si ripete 4 volte, 7 si ripete 2 volte, 9 si ripete
l volta.
n!
3.4.10. Esempio. Si vogliano disporre dal basso verso l'alto 13 dischi di cui 5
rossi, 6 azzurri e 2 bianchi. Il numero dei possibili modi distinti in cui farlo è:
13!
5!6!2 ! = 36.036.
Esercizi
Esercizio 3.4.1. Si dimostri 3.4.5.
Suggerimento. Si consideri l'applicazione
~(n- l) .. . (n- (h -
se h > n
dn,h := { l )) se h :S n
dn, h = n (n- l ) . . . (n - h+ l)
è ottenuto moltiplicando tra loro i primi h numeri, presi in ordine decrescente, a
partire da n . Si noti che, se h :S n, si ha:
n!
dn,h = (n _ h)!
e infatti ogni applicazione iniettiva tra insiemi finiti dello stesso ordine è biettiva.
Si noti anche che, come è logico che sia,
3.5.6. Esempio. Il numero dei naturali positivi costituiti da 4 cifre dispari non
necessariamente distinte è dato da 5 4 = 625.
Esercizi
Esercizio 3.5.1. Lora ha 5 palline colorate; una rossa, una bianca, una ve rde,
una azzurra, una gialla, e vuole darne una ciascuna a Bian ca, Clorinda, Si/vana
e Claudia. In quanti modi può farlo?
Esercizio 3.5.2. Il giovane cameriere Salvo è alle prese con i bicchieri: ha da van-
ti a sé 6 bicchieri diversi e sa solo che ne deve porre 4 sul tavolo, ma non ricorda
quali, e in che posizion e. Procedendo a caso, ha una probabilità su quante di
apparecchiare bene la tavola ?
Esercizio 3.5.3. Nella borsa di Giovanna ci sono 3 tasche, una sul davanti, una
interna e una sul retro, e in ciascuna c'è spazio solo per un oggetto. Giovanna
vorrebbe riporre il rossetto, le chiavi, l 'agendina, il cellulare, il portcifoglio, il
portamonete e la penna. In quanti modi distinti può riporre 3 di questi oggetti?
Esercizio 3.5.4. Quanti numeri naturali (in forma decimale) sono composti da 3
cifre, tutte distinte da O, l , 3 e 5?
Esercizio 3.5.5. Stefano ricorda solo che il suo numero di Ban comat è formato
da 5 cifre, e che tra esse non compaiono né Oné 5 né 9. Digitando a caso, ha una
probabilità su quante di indovinare il numero giusto?
Elementi di calcolo combinatorio 123
Cn,O := l.
Per esempio:
C7,0 = l= C7,7 ,
7
C7 l = - = 7 = C7 6,
' l.1 '
7 ·6
C72 = - - = 21 = C75,
' 2.1 '
7·6·5
C7 ,3 = = 35 = C74·
3! '
Si noti che
n!
Cn,n = 1 = l = Cn ,O,
n.
e che, con O < h :::; n,
n!
dn,h (n-h) ! n!
Cn ,h = hl = ----,;:! = h!(n- h)! '
e dunque
Cn,h = Cn,n-h·
3.6.1. Se n e h sono numeri interi, con O :::; h ::; n, il numero dei sottoinsiemi di
ordine h di un insieme di ordine n è Cn ,h·
A volte, invece di utilizzare il simbolo c11 ,h, si usa il simbolo G) detto coefficiente
binomiale n su h. Pertanto:
n) = n( n- l) ... (n - h+ l) = n!
(h h! h!(n - h)! .
Per esempio:
e, più in generale,
Dimostrazione. Esercizio. D
(a+b)rn = f
t=O
(7) am-ibi
come richiesto. D
3.6.6. Esempio.
2 20
(a+ b) = G)a b +G) a1b1+G)a b2 a+2ab +b2,0
=
2
Si osservi che i coefficienti binomiali che compaiono nello sviluppo di (a+ b)n
costituiscono l'n-esima riga del ben noto Triangolo di Tartaglia, le cui prime
righe sono:
l l
l 2 l
l 3 3 l
l 4 6 4 l
m m
@ m m
@ (i) m (~)
(~) (i) (i) m (!)
ottenute utilizzando 3.6.4.
ossia la somma degli elementi sulla n-esima riga del triangolo di Tartaglia è 2n.
Tra l'altro, 3.6.1 e 3.6.7 permettono di ritrovare 3.2.3. È poi interessante eviden-
ziare che:
3.6.8. Sia p un primo. Allora p divide (~),per ogni i tale che O < i <p.
Dimostrazione. Basta osservare che p divide p(p - l) ... (p- i+ l) e non divide
i!. D
Si vuole ora contare in quanti modi è possibile scegliere n oggetti, non necessa-
riamente distinti, tra k possibilità.
A tal fine può essere utile rappresentare tali oggetti con stelline e suddividere
le possibilità in settori, utilizzando k - l sbarrette:
Allora ogni scelta determina una sequenza di stelline e sbarrette e, viceversa, ogni
siffatta sequenza individua una scelta.
Per esempio, volendo comprare 3 frutti non necessariamente di tipo diverso,
e potendo scegliere tra mele, pere, banane, arance e kiwi, si devono collocare 3
stelline nei 5 settori
le sequenze
l* l** l l,
l l l* * *,
individuano, rispettivamente, la scelta di una pera e due banane, e la scelta di tre
kiwi.
Vanno quindi contate le permutazioni con ripetizioni degli n + k - l oggetti,
n dei quali sono uguali a una stellina, mentre i restanti k - l sono sbarrette. Come
osservato in 3.4.7 tale numero è
(n+ k - l)!
n!(k - l)!
ed è detto il numero delle combinazioni con ripetizioni di n oggetti tra k.
Si è così provato che:
(n+k-1)!
n!(k _l)! = Cn+k-1,n = Cn.+k-l,k-1·
3.6.10. Esempio. Al mercato sono disponibili mele, pere, banane, arance e kiwi.
Volendo acquistare 2 frutti, non necessariamente di diverso tipo, si hanno tante
possibili scelte quante sono le combinazioni con ripetizioni di 2 oggetti tra 5,
ossia
(2 + 5- l)!
2!4! = 15
(5 + 6- l)!
l l = 252
5.5.
Esercizi
Esercizio 3.6.1. Si provi 3.6.4.
Esercizio 3.6.3. Giovanni vuole giocare al Lotto 2 numeri dispari; quante scelte
possibili ha?
Esercizio 3.6.4. Renato vuole portare in gita con la sua auto Carlo, Franco, Gigi,
Enzo, Antonio e Giovanni. In auto c'è posto solo per 4 persone, oltre ovviamente
il conducente. In quanti modi può scegliere i suoi amici?
Esercizio 3.6.6. Tony vuole regalare all'amico Paolo 4 dei suoi giornaletti: ne
ha uno di Paperino, uno di Topolino, uno di Tex, uno di Diabolik, uno di Man-
drake, uno di Nembo Kid. In quanti modi diversi può scegliere i 4 giornaletti da
regalare?
Esercizio 3.6.7. Rosa sta preparando la borsa per il mare: vuole portare con sé 3
costumi, e può sceglier/i tra i 9 che ha nel cassetto. In quanti modi può effettuare
la sua scelta?
Esercizio 3.6.8. Gloria può cogliere 4fiori, eventualmente dello stesso tipo, nel
giardino del vicino, che è ricco di garden ie, rose, lilium, margherite, garofani e
ortensie. Quante scelte diverse può fare?
Esercizio 3.6.9. Lo/a sta preparando delle coppe di gelato per i suoi amici. In
ciascuna colloca 4 palline di gelato. Avendo a disposizione solo i gusti cioccolato,
caffè e nocciola, quante coppe distinte può preparare?
Elementi di calcolo combinatorio 129
Dal teorema fondamentale sulle relazioni d'equivalenza (vedi 2.3.6) segue quindi
che il numero delle relazioni d'equivalenza di un insieme di ordine n è Bn.
È immediato riscontrare che, per ogni n :;::: l, si ha:
n\k l 2 3 4
l 8(1 , l)
2 8(2 , l) 8(2 , 2)
3 8(3 , l) 8(3 , 2) 8(3 , 3)
4 8(4, 1) 8( 4, 2) 8(4, 3) 8(4, 4)
3.7.4. Esempio. Alberto ha 2 borse identiche in cui vuole collocare gli 8 fascicoli
relativi alle cause a cui sta lavorando. Ogni borsa contiene al più 7 di essi. In
quanti modi può ripartirli? Alberto deve utilizzare entrambe le borse, sicché va
calcolato
k!8(n, k).
3.7.6. Esempio. Al parco giochi ci sono uno scivolo, una giostra, una costruzione
da scalare e un tiro a segno. Luca, Andrea, Marco, Piero, Michele e Gaetano si
distribuiscono tra i vari giochi, e nessuno di questi resta deserto. In quanti modi
possono essersi distribuiti? I 6 bimbi possono scegliere tra 4 giochi diversi. Visto
che nessuno di questi resta deserto, bisogna contare le applicazioni suriettive di
un insieme di ordine 6 in un insieme di ordine 4. Il numero cercato è quindi
4!8(6 , 4) = 24. 65 = 1560.
3.7.8. Siano Se T insiemi finiti, 151 = n, lTI = k, con l ::; k ::; n. li numero
delle applicazioni suriettive di 8 in T è dato da:
si ha ovviamente V= T 5 \ l1V, da cui lVI = IT5 1-I11VI (vedi (i) di 3.1.2). Si de-
terminerà ora lWl utilizzando il principio di inclusione-esclusione. Si considerino
gli insiemi:
C1 := {f E T5 : Y1 ~ f(8)} ,
C2 := {f ET
5
: Y2 ~ f(8)} ,
5
Ck := {f E T : Yk ~ f(8)}.
Ovviamente risulta
e, per ogni i E {1, ... , k}, si ha che gli elementi di Ci sono tanti quante sono le
applicazioni di 8 in T \ {Yi}, sicché (vedi 3.2.4)
Elementi di calcolo combinatorio 133
segue che
e così
k
IWI = IC1 u · · · u Ckl =L ICi l - L ICi n Cjl+
i=l l ~i<j~k
Da IT8 = k =
1
71
(~) (k- 0) 71 segue dunque che
come volevasi. D
134 Capitolo 3
Bn =I: n
k=l
[ 1I:( -l)~ (k)
k!
t=O
k .
i (k- i r . l
3.7.10. Esempio. Le applicazioni suriettive di un insieme di ordine 8 in un
insieme di ordine 5 sono 126000. Infatti risulta:
5
~(-l)iG)(5-i)8=58- G)48+ G)38- G)28+ (!)18
= 58 - 5 . 48 + 10 . 38 - 10 . 28 + 5 . l
= 390.625 - 5 . 65536 + 10 . 6561 - 10 . 256 + 5
= 390625 - 327680 + 65610 - 2560 + 5
= 126000.
~(19683- 1536 + 3) =
18 50
= ~ = 3025.
Esercizi
Esercizio 3.7.1. Si verifichi che la sesta e la settima riga del triangolo di Stirling
sono, rispettivamente,
l 31 90 65 15 l ,
l 63 301 350 140 21 l.
Esercizio 3.7.2. Vanna sta riponendo la biancheria da cucina nei due ripiani
identici a sua disposizione. Deve collocare i grembiuli, gli asciugamani, gli stro-
finacci, le presine, il guanto da forno, le tovaglie, i tovaglioli. In quanti modi può
ripartir/i, utilizzando entrambi i ripiani?
Elementi di calcolo combinatorio 135
Esercizio 3.7.4. La piccola Susy vuole utilizzare tutti e tre i suoi astucci iden-
tici per riporre i suoi pastelli: ne ha uno rosso, uno giallo, uno azzurro, uno
arancione, uno verde, uno marrone e uno lilla. In quanti modi può ripartirli?
Esercizio 3.7.6. Romeo ha due scatoloni, uno di base quadrata e uno di base
triangolare. Utilizzandoli entrambi, vuole conservare in essi i suoi modellini di
auto: ha una Ferrari, una Porsche, una Jaguar, una Mercedes, una Maserati,
un 'Alfa e una Ford. In quanti modi può ripartirli?
Esercizio 3.7.7. Rosaria ha 3 guardaroba, uno in camera da letto, uno nel corri-
doio, uno nella camera dei bambini. Volendo utilizzarli tutti per riporre il plaid,
la coperta matrimoniale, il piumone, le lenzuola di flanella e il copertino estivo,
in quanti modi può ripartirli?
Esercizio 3.7.8. Rodolfo ha 2 piccoli amici, Goffredo e Vittorio, cui vuole regalare
i suoi oggetti per il mare: la paletta, il secchiello, il rastrello, l'innaffiatoio, la
formetta a forma di pesce, quella a forma di sole, quella a forma di stella e quella
a forma di barca. Donando a ciascuno almeno un oggetto, in quanti modi può
distribuirli?
Esercizio 3.7.10. Zaira ha 4 astucci identici, che vuole tutti utilizzare per riporre
i suoi 5 anelli preziosi: uno ha una pietra di zaffiro, uno un rubino, uno un topazio,
uno un opale e uno un diamante. In quanti modi diversi può ripartire gli anelli?
si rappresentino le 6 persone con 6 punti e si uniscano due di essi con una linea
continua se le relative persone si conoscono, con una linea tratteggiata nel caso
contrario.
•·· ........... •
.....-~ .· ·.· .... .··: ..... .
L •
!, .. ·······
··· ...•.·.. .. .·
.
':·:· ..................:. _···
•·· · ......
_:
• ..-· · •
A • •• ......... •
. . .
almeno 3 dei quali dello stesso tipo (come si ottiene anche applicando la forma
forte del principio dei cassetti (vedi 3.3.6) con n = 2: "conosce A" o " non cono-
sce A" e con q1 = 3 = q2, q1 + q2- n+ l = 5). Si supponga, per esempio, che i
segmenti AB , AC, AD siano tutti continui:
A-
Le •D
cioè a conosce sia b che c che cl, persone rappresentate dai punti B , C, D rispet-
tivamente. Si considerino ora i punti B , C e D. Se i 3 seg menti BC, BD e CD
sono tutti tratteggiati:
\
c
' ' \
' '\
A D
Elementi di calcolo combinatorio 137
Si noti che 6 è minimo per tale proprietà, come illustrato dalla figura che segue:
l \
Siano ora k e h interi positivi, con k < h. n minimo intero positivo r > h tale
che, se S è un insieme di ordine r e [S]k = ~l U ~2 . esiste un sottoinsieme
proprio T di S, di ordine h, tale che [T]k ç ~ 1 o [T]k ç ~ 2 • è detto il numero
di Ramsey relativo a k e h. li fatto rimarchevole, e per nulla evidente, è che per
ogni scelta dei parametri k e h esiste il numero di Ramsey relativo a k e h. Que-
sto risultato è noto come teorema di Ramsey; il Lettore interessato potrà trovarne
la dimostrazione su un qualunque testo di Combinatoria. Sebbene il teorema di
Ramsey ne assicuri l'esistenza, è incredibilmente arduo calcolare il valore espli-
cito dei numeri di Ramsey. Nella maggior parte dei casi ci si deve accontentare di
limitazioni inferiori e superiori, spesso notevolmente larghe.
138 Capitolo 3
Esistono svariate versioni del teorema di Ramsey. Per esempio, è possibile sosti-
tuire il numero 2 con un numero arbitrario m di colori utilizzabili per la colora-
zione. La teoria di Ramsey riguarda anche insiemi infiniti.
Esercizio 3.9.2. Quanti sono i numeri tra l e 101 divisibili per almeno uno tra 5
e 7? E quanti quelli divisibili per almeno uno tra 5, 7 e 11?
Esercizio 3.9.3. Si calcoli il numero dei naturali tra l e 10.000 che non sono
divisibili né per 4, né per 5, né per 6.
Esercizio 3.9.4. Si provi che in ogni gruppo di person e ve ne sono due che hanno
lo stesso numero di amici nel gruppo.
Elementi di calcolo combinatorio 139
Esercizio 3.9.20. L'anziano Valeria sta facendo testamento: ora deve decidere a
chi lasciare la sua villa al mare, la casa di campagna, l'attico di Parigi, il negozio
di New York e l'appartamento di Roma. Ha 5figli, Romano, Ruggero, Romualdo,
Renato e Carlo, e a ciascuno andrà qualcosa. In quanti modi diversi può fare il
lascito?
Esercizio 3.9.21. Volendo giocare al Lotto 5 numeri multipli di 11, quante scelte
ci sono? Volendo giocare al Lotto 4 numeri maggiori di 75, quante scelte ci sono?
Esercizio 3.9.22. Susanna, Titty, Doriana, Valentina e Giovanna si sono sfidate a
una corsa, e ora propongono a Walter di indovinare l'ordine di arrivo. Walter ha
una probabilità su quante di non fare alcun errore?
Esercizio 3.9.23. Catello ha bisogno di un giardiniere, un manovale, un camerie-
re e un autista. Si presentano Simone, Vincen zo, Corrado, Diego, Pino e Pierino, e
ciascuno afferma di saper far tutto. In quanti modi distinti può Catello assumere?
Esercizio 3.9.24. Rosa è stata invitata a una festa , ma non conosce nessuno.
Le vengono presentati Antonio, Bruno, Cesare, Dario, Emilio e Federico, e poi,
in ordine casuale, le loro mogli Assunta, Barbara, Caterina, Donatella, Enza e
Floriana. Viene poi sfidata a indovinare le giuste coppie marito-moglie. Ha una
probabilità su quante di non commettere errori?
Esercizio 3.9.25. Quanti sottoinsiemi di ordine 4 ha l'insieme {a , c, f , k , z, w}?
Esercizio 3.9.26. Stefania ha una scatola tonda, una quadrata, una triangola-
re, una rettangolare e una ovale, e deve riporre un anellino, un braccialetto, un
orologio, una collanina e una medaglia. In quanti modi diversi può collocare gli
oggetti, uno in ogni scatola?
Esercizio 3.9.27. Stefano sta giocando alla guerra con i suoi amici Renato, Mar-
cello, Marco, Giovanni, Roberto e Andrea, e deve nominare tra loro "il coman-
dante", il "capitano" e il "tenente". In quanti modi diversi può farlo?
Esercizio 3.9.28. Simona ha deciso di chiamare Pupo, Billy, Zorro e Bobby i suoi
pupazzi: sono un cane, un orso, un coniglio e un gatto. In quanti modi diversi
potrà farlo?
Esercizio 3.9.29. Vittorio ha 6 fratelli: Rosario, Maurizio, Aldo, Luca, Sossio
e Aristide. La sua cagna Stella ha avuto 4 cagnolini: Roby, Placida, Saetta e
?isolo, e Vittorio vuole farne dono a 4 dei suoi fratelli. In quanti modi diversi può
farlo?
Esercizio 3.9.30. La piccola Lari vuole colorare i disegni appena fatti: una bar-
chetta, una casetta, una stellina, un fiorellino, ognuno con un colore diverso. Ha
a disposizione il verde, il giallo, il rosso e il viola. In quanti modi diversi può
farlo?
Esercizio 3.9.31. Vanni ha 3 posti-macchina per le sue 3 auto: una Seicento, una
Panda e una Clio. In quanti modi diverse può parcheggiarle?
Elementi di calcolo combinatorio 141
Esercizio 3.9.33. Valeria deve comprare un disco, un libro, una penna e un oro-
logio. Non ha ancora deciso se acquistare un disco di musica classica, lirica o
moderna, se un libro di avventura, di narrativa, di satira o poliziesco, se una pen-
na stilografica o biro, se un orologio da polso, da tavolo o da taschino. Quante
scelte diverse può fare?
Esercizio 3.9.34. Volendo giocare al Lotto 4 numeri multipli di 10, quante scelte
ci sono?
Esercizio 3.9.36. Vanni ha ordinato una coppa gelato gigante: sarà formata da
5 dosi di gelato. È incerto perché non sa di che gusti ordinaria, se uguali o
differenti. Può scegliere tra cioccolato, caffè, nocciola, fragola, vaniglia, crema e
pistacchio. Quante scelte diverse può fare?
Esercizio 3.9.40. Quanti sono i numeri naturali di 4 cifre, con la prima uguale a
3, 4, 5o 6, e la seconda uguale a O, 2, 4, 6 o 8?
Esercizio 3.9.41. Quante sono le parole, non necessariamente di senso compiuto,
che si ottengono utilizzando le lettere della parola "PULLULA"? E della parola
"PALERMO"?
Esercizio 3.9.46. Pina vuole fare una bella insalata mista, e può scegliere tra
lattuga, radicchio bianco, radicchio rosso, indivia, finocchi. Volendo comprare 3
varietà diverse, quante scelte può fare ?
Esercizio 3.9.48. Stefano deve telefonare all'amico Rino, alla mamma, alla non-
na e al cugino Vanni, ma non sa in che ordine farlo. In quanti modi diversi può
effettuare le chiamate?
Esercizio 3.9.50. Maria ha preparato per il buffet della sua festa 30 coppe di
gelato, 25 fette di torta e 20 tramezzini. I suoi amici prendono tutti qualcosa ma
nessuno di loro mangia sia la torta che il tramezzino, 15 scelgono torta e gelato,
12 gelato e tramezzino. Quando Maria si avvicina al buffet, è tutto finito. Quanti
amici erano presenti?
4
Strutture algebriche
4.1 Generalità
Sia S un insieme. Un'applicazione
_l: s x s ------+ s
è detta un'operazione interna diSo legge interna in S. L'immagine mediante l_
della coppia (x, y) è di solito denotata col simbolo x _L y e detta composto di x e
y in l_. Si userà il simbolo ( S, _L) per indicare l'insieme S dotato dell'operazione
interna _l.
· : (j,g) E VV f--------+ go f E VV
144 Capito lo 4
j_
Xl X l j_ Xl X l j_ X2
X2 X2 j_ Xl X2 j_ X2
Xn j_ Xn
m
Con V = {a , b}, le tavole di moltiplicazione di (P(V), u), (P(V), n), (P(V) , \),
(P(V) , u), sono rispettivamente:
Si noti che, considerato un insieme finito S, è possibile definire in esso un ' opera-
146 Capitolo 4
.l a b c
a b c a
b b b c
c b a c
Gli esempi precedenti evidenziano che possono esistere più elementi neutri solo
da un lato. Si ha però:
4.1.7. Sia S un insieme dotato dell'operazione interna ..l e siano e1, ez E S con
e1 neutro a sinistra, ez neutro a destra rispetto a ..l. Allora si ha: e1 = ez.
Da 4.1. 7 segue che se esistono più elementi neutri da un lato allora non esiste
elemento neutro. Si ritrova così, per esempio, che non esiste elemento neutro in
(Z, ..l2). Sempre da 4.1.7 segue che, individuato un elemento neutro da un lato,
esiste elemento neutro se e solo se tale elemento lo è anche dali' altro lato. Per
esempio non esiste elemento neutro in (Z,- ) né in (Z, ..l3), come già osservato.
Sia (S, ..l) dotato di elemento neutro e e sia x E S. Un elemento x' E S
è detto simmetrico di x se si ha: x ..l x' = e = x' ..l x . L'elemento x è detto
simmetrizzabile se è dotato di simmetrico.
Ovviamente se x è simmetrizzabile e ha simmetrico x', allora x' è anch' esso
simmetrizzabile avendo come simmetrico x. L' elemento neutro è sempre simme-
trizzabile, avendo come unico simmetrico se stesso.
..l: (x , y) E Q x Q t--------7 x + y + [x y[ E Q,
4.1.10. Sia S un insieme dotato del/' operazione interna associatim j_ con ele-
mento neutro e. Siano x, x', x " E S con x' e x" simmetrici di x . Allora si ha
x' = :r".
e, analogamente,
da cui l'asserto. D
Sia S un insieme dotato dell 'operazione interna j_ con elemento neutro e. L' ele-
mento x' è detto simmetrico a sinistra (rispettivamente simmetrico a destra) di x
se si ha x' j_ x = e (risp. x j_ x' = e). L'elemento x è detto simmetrizzabile a
sinistra (risp. simmetrizzabile a destra) se è dotato di simmetrico a sinistra (risp.
a destra).
4.1.12. Esempio. In (V v,·), con V insieme non vuoto, un ' applicazione è sim-
metrizzabile a sinistra (a destra) se e solo se è suriettiva (rispettivamente iniettiva)
(vedi Esercizio 2.2.20).
l_ a b c d
a a b c d
b b c a d
c c b b c
d d a c d
4.1.14. Esempi. In (N,+), (No , +), (Z, + ), (Q,+ ), (IR, +) ogni elemento è
regolare, così in (N, ·).
In (No,·), (Z, ·),(Q, ·), (IR, ·)ogni elemento diverso da zero è regolare, lo O
non lo è, avendosi, per esempio, O · l = O · 2 con l -1- 2.
Considerate le operazioni in Z introdotte in 4.1.1, si ha che nessun elemento
è regolare rispetto a l_ l; ogni elemento è cancellabile a sinistra, nessuno a destra
rispetto a 1_2; rispetto a 1_3 ogni elemento diverso da O è cancellabile a destra,
mentre ogni elemento diverso da - l è cancellabile a sinistra, il che assicura che è
regolare ogni elemento diverso da O e da -l. Quanto detto si ottiene osservando
che, per esempio, per ogni x, y , z E Z risulta x l_l l = x l_l (- l), e che da
x 1_2 y = x 1_ 2 z segue x 2 + y - l = x 2 + z - l, da cui y = z . Si ha poi
11_2 y = (-1) 1_2 y, 11_3 O= 21_3 O, (-1) 1_3 2 = (-1) 1_3 3. Perogni
x, y, z E Z, se y -1- O da xy + y = z y + y segue (x- z )y = O, da cui x = z ; se
invece x -1- - l da xy + y = xz + z segue (x+ l)y =(x+ l) z, da cui y = z. In
1_4 ogni elemento diverso da -l è regolare.
l.. ab c cl
a a b c cl
b b a a cl
c c a b a
d d b b b
Qui l'elemento a è neutro, l'elemento b ha per simmetrici be c, l'elemento c ha
simmetrico be simmetrico a destra d (che non è simmetrico a sinistra), l' elemento
cl ha simmetrico a sinistra c, ma non ha simmetrico a destra. In particolare, b è
simmetrizzabile ma non regolare, in quanto per esempio b .l b = a = b .l c.
In (No ,+ ) ogni numero diverso da Oè regolare ma non simmetrizzabile, per-
tanto la proprietà enunciata nella 4.1.15 non si inverte, neppure se l' operazione è
associativa. Se l'insieme S è finito e l'operazione .l è associativa si ha però che
un elemento è regolare se e solo se è simmetrizzabile (vedi Esercizio 4.1.15).
Spesso l'operazione .l viene denotata col simbolo + o col simbolo ·, adottan-
do rispettivamente la cosiddetta notazione additiva o moltiplicativa. Nel primo
caso l'elemento neutro, se esiste, è indicato col simbolo O, nel secondo col sim-
bolo l. Così, se l'operazione in S è associativa e l'elemento x è simmetrizzabile,
il suo unico simmetrico è indicato col simbolo -x, detto l'opposto di x , in nota-
zione additiva, col simbolo x- 1 , detto l 'inverso di x, in notazione moltiplicati va.
Pertanto, in tali casi, con x, y E S si ha:
- (x +y) = (- y) + (-x ),
- (-x ) = x ,
(x- 1) - 1 =x,
(xy) - 1 = y - 1x- 1.
x se n= l ,
n x := { (n- l) x +x ', se n > l.
...
Strutture algebriche 151
n { X, se n= l ,
x := xn-1. x, se n > l.
x n = ( x -1)-n '
definendo così x 71 per ogni n E Z. Per ogni x E S e n, m E N valgono le
proprietà:
(4.1.3)
(4.1.4)
Le (4.1.3) e (4.1.4) valgono per ogni n, m E Z se x è invertibile, quindi se esiste
x- 1 . Se in più l'operazione+ (rispettivamente·) è commutativa, si ha, per ogni
x, y E Se per ogni n E N (per ogni n E Z se esistono i simmetrici di x e y),
n(x+y)=nx+ny, (4.1.5)
Si supponga che nell'insieme S siano definite operazioni interne l_ e T. Si dice
che l'operazione T è distributiva a sinistra (rispettivamente distributiva a destra)
rispetto a l_ se x T(y l_ z ) = (x T y) l_ (x T z ) per ogni x, y, z E S (risp.
(x l_ y) T z = (x T z ) l_ (y T z )). L'operazione T è detta distributiva rispetto a
l_ se lo è a destra e a sinistra.
*1 : (a, x ) E Q X IR ~--------t a · X E IR
*2 : (a , x) E IR x IR ~--------t a· x E IR
*4 : (J , x) E V \i x V ~--------t j(x) E V
(a b) = (a' b')
c d c' d' :~ a =a, ' b= b' , c = c', d=d'.
Nell'insieme delle matrici 2 x 2 su IR, indicato col simbolo M2(IR), si introducono
le seguenti operazioni interne:
Siano (S, .l1) e (T, .l2) strutture sempli ci con operazioni interne e si consideri,
nel prodotto cartesiano S x T, la seguente operazione:
Dimostrazione. Esercizio. D
La proposizione precedente assicura che (S x T , .l) è un semigruppo (monoide,
gruppo) se (S, .li) e (T, .l2) sono entrambi semigruppi (rispettivamente monoidi,
gruppi) .
Esercizi
Esercizio 4.1.1. Si provi l 'associatività dell'opera zione .l 4 in Z definita in 4.1.1.
Svolgimento. Per ogni x, y , z E Z si ha: (x .l4 y) .l4 z = (x+ y + xy) .l4 z =
x+ y + xy + z + xz + y z + xyz, e x .l4 (y .l4 z ) = x .l4 (y + z + yz ) =
x+ y + z + yz + xy + x z + xy z, pertanto (x .l4 y) .l4 z =x .l4 (y .l4 z ).
Esercizio 4.1.2. Si consideri, nell'insieme Z, l 'operazione l_ definita ponendo
n l_ m= n+ m- l per ogni n, m E Z. Si studi la struttura (Z, .l).
Esercizio 4.1.3. Si consideri, nell 'insieme Z, l 'operazione .l defin ita ponendo
n .l m= nm- 5n- 5m + 30 per ogni n, m E Z. Si studi la struttura (Z, .l).
Esercizio 4.1.4. Si consideri, nell'insieme Q, l 'operazione .l definita ponendo
x l_ y = ~Y per ogni x, y E Q. Si studi la struttura (Q, .l).
3
T; : x E S ~----t a l. x E S ,
T: : x E S 1----t x l_ a E S,
Suggerimento. Per provare che (iii) implica (i) si osservi innanzi tutto che esiste
un elemento u E S tale che u l. a = a. Scritto ogni elemento s E S come a l. s',
si verifichi che u è elemento neutro a sinistra per l.. Ragionando in modo analogo
si provi l'esistenza di un elemento neutro a destra. Si deduca che esiste elemento
neutro. Si individuino poi elementi a' e a" tali che u = a l. a' = a" l. a e si
concluda che a è simmetrizzabile.
Esercizio 4.1.15. Sia (S , l.) una struttura algebrica, con Sfinito e l. associativa.
Si provi che un elemento a E S è simmetrizzabile se e solo se è regolare.
per ogni n , m E No. Si studi la stru ttura (No , _l , T ), e in particolare si provi che
T è distributiva rispetto a _l .
Esercizio 4.1.17. Siano S = {x1 , ... ,xn} un insieme finito e _l un 'operazione
interna in S, e si rappresenti _l mediante una tabella.
(i) Si mostri che _l è commutativa se, e solo se, la tabella che la rappresenta è
simmetrica rispetto alla diagonale principale.
(ii) Si dimostri che l 'elemento e E S è neutro a sinistra (destra) se, e solo se,
nella riga (nella colonna) corrispondente a e ricompaiono, nell 'o rdin e, gli
elementi X1, .. . , X 11 •
(iii) Si dimostri che l 'elemento X i ha simmetrico a sinistra (a destra) se, e solo se,
nella colonna (nella riga) co rrispondente a X i compare l 'elemento neutro e.
(iv) Si dimostri che l'elemen to X i è cancellabile a sinistra (a destra) se, e solo se,
nella riga (nella colonna) corrispondente a Xi non compaiono ripetizioni.
_l ': (x , y) E X x X ~ x _l y E X.
Dimostrazione. Esercizio. D
Spesso nel seguito l'operazione indotta su una parte stabile X da un ' operazione
interna l. di S sarà denotata ancora con il simbolo ..l.
Di notevole interesse è la seguente:
Allora U(S) è una parte stabile di (S, .l.) e, con la legge indotta, è un gruppo,
detto il gruppo degli elementi simmetrizzabili del monoide (S, l.).
L' unione di parti stabili non è di solito una parte stabile: si considerino per esem-
pio 3N e 4N in (N, +). Vale però la notevole:
4.2.6. Sia (S, _l) una struttura algebrica semplice e sia (Ti)iEI una famiglia di
pw1i stabili di S. Allora n iEJ Ti è stabile.
4.2.7. Sia (S, _l) una struttura algebrica semplice e sia X una parte di S. La
parte W di S coincide con X se e solo se valgono le seguenti proprietà:
(i) W è stabile;
(ii) W 2 X;
(iii) T ç S, T stabile, T 2 X===> T 2 W.
Dimostrazione. Esercizio. D
4.2.8. Sia (S, _l) una struttura algebrica semplice, con _l interna e associativa,
e sia X una parte non vuota di S. Allora:
cioè
[x]nl[y]n := [x l_ Y]n.
Infatti, se ([x]n, [y]n) = ([x1]n, [YI]n), cioè se [x]n = [xi]n e [y]n = [YI]n, si
ha x n XI e y nyl, sicché, per la compatibilità di n, riesce (x l_ y) n(xl l_ yi),
da cui [x l_ Y]n = [x1 l_ YI]n.
+ [Oln [lln
[Oln [Oln [lln
[l]n [l]n [Oln
Sussiste la seguente:
Dimostrazione. Esercizio. o
160 Capito lo 4
Spesso nel seguito l' operazione quoziente individuata da una congruenza nin
(S, _i) sarà denotata ancora con il simbolo l_.
Dalla 4.2.10 segue subito che se (S, _i) è un semigruppo, anche (SI n , _i)
è un semigruppo, se ( S, l_) è un monoide, anche (Sl n , l_) è un monoide, e se
(S, l_) è un gruppo, anche (S l n,
l_) è un gruppo.
Se in S è definita l' operazione esterna * con operatori in n, una relazione
d'equivalenza n
in S è detta compatibile con*· o una congruenza in (S, *),se,
con a E n e x, y ES, da xny segue (a*x) n(a*y).
In tal caso si definisce l'operazione quoziente * di S l n
con dominio di
n
operatori ponendo:
Ciò è lecito in quanto da (o: , [x]n) =(a, [Y]n), cioè da [x]n = [Yln segue x ny
e (a*x)n(a*y), da cui [o:*xln = [o:*Yln·
Ancora si userà spesso il simbolo* per denotare anche l'operazione quoziente
n
individuata da una congruenza in (S, *) .
Se in S sono definite più operazioni, una parte X è detta stabile (o chiusa) nella
strutturaSse è stabile rispetto a ogni operazione di S. Una relazione d 'equivalen-
za nè poi una congruenza nella struttura S se è una congruenza rispetto a ogni
operazione di S. Da 4.2.1O segue allora che s~ ~ è una congruenza nell 'anello
(S, l_, T), anche la struttura quoziente (SI n , l_ , T) è un anello, commutativo se
lo è (S, l_, T), unitario se lo è (S, l_, T).
Esercizi
Esercizio 4.2.1. Si dimostri 4.2.2.
Esercizio 4.2.4. Si consideri l'insieme 11V costituito dai numeri naturali della
forma 3h + l, con h E No:
W= {3h + l : h E N0 }.
(i) Si dimostri che W è una parte stabile di (No , ·), non di (No,+).
Strutture algebriche 161
(i) Si dimostri che W è una parte stabile di (No, ·), non di (No , +).
(ii) Si verifichi che la relazione R definita in W ponendo:
3n7m R 38 7t : ç:=::> In- mi = ls - ti
è d'equivalenza e non è una congruenza in (W,·).
Esercizio 4.2.7. Si consideri l 'insieme
W= {2n5m: n, m E No}.
(i) Si dimostri che W è una parte stabile di (No,·), non di (No,+).
(ii) Si verifichi che la relazione R definita in W ponendo:
2n5m R 28 5t : ç:=::> In- si E 2No
Si ha:
4.3.2. Siano (S, l_) , (T, T) e (V. 0 ) strutture semplici, con l_ , T , 0 operazioni
interne. Siano f : S ------7 T e g : T ------7 V omomorfismi. Allora g o f è un
omomorfismo di (S, l_) in (V, 0 ).
Dimostrazione. Esercizio. D
4.3.3. Siano (S, l_) e (T, T) strutture semplici, con l_ e T operazioni interne. Se
f :S ------7 T è un isomorfismo di (S, l_) in (T, T), allora l'inversa f-
1
di f è un
isomorfismo di (T, T) in (S, l_).
Dimostrazione. Esercizio. D
Strutture algebriche 163
Strutture (S, ..l) e (T, T ) tali che esiste un isomorfismo f :S ----) T sono dette
4.3.9. Siano (S, *) e (T, \l ) strutture con un 'operazione esterna con operatori in
n e sia f : S ______, T un omomorfismo. Se X è una parte stabile di S allora f(X )
è una parte stabile di T.
Dimostrazione. Esercizio. D
In analogia a quanto accade per le operazioni interne (vedi 4.3.7), si ha:
Dimostrazione. Esercizio. D
Si parla di omomorfismo anche tra strutture non semplici; è necessario però che
tali strutture siano omologhe, cioè abbiano lo stesso numero di operazioni interne
e/o esterne, quest'ultime con conispondenti domini di operatori. Siano pertanto
(S, _l l, . .. , l_n, *1, ... , *m) e (T, T 1, ... , T n, \?1, . .. , V'm) strutture algebriche
con l_ 1, . .. , l_ n, T 1, ... , T n operazioni interne, *1 e \?1 operazioni esterne con
operatori in D1, ... , *m e V'm operazioni esterne con operatori in Dm. Un'ap-
plicazione f : S ~ T è detta un omomorfismo di (S, l_ 1, ... , l_n , *1, ... , *m)
in (T, T1, ... , Tn, \?1, ... , V'm) se è un omomorfismo di (S, _li) in (T, T i) e di
(S, *j) in (T, \l j ), per ogni i E {1, ... , n}, j E {1 , ... , m}.
Continua a valere la nomenclatura usata in precedenza per strutture semplici,
e sussistono risultati analoghi a quelli precedentemente illustrati.
4.3.11. Esempio. L'applicazioneg: (x , y) E JR 2 f--------+ x+ y E !Rèunepimorfismo
di (IR 2, +,*3) su (IR, +, *2), con *2 e *3 operazioni esterne con operatori in IR
definite in 4.1.17.
Esercizi
Esercizio 4.3.1. Si dimostri 4.3.2.
Svolgimento. Per ogni x, y E S si ha (go !)(x l_ y) = g(f(x l_ y))
g(f(x) T f(y)) = g(f(x)) O g(f(y)) = (go !)(x) O(g o f)(y).
Esercizio 4.3.2. Si dimostri 4.3.3.
Svolgimento. Siccome f è biettiva, per ogni a, b E T esistono elementi x, y E S
tali che a= f(x), b = f(y), da cui x = f- 1(a), y = f- 1(b), e f- 1(a T b)
f- 1 (f(x) T f(y)) = f - 1 (f(x l_ y)) =x l_ y = f- 1 (a) l_ f- 1 (b).
Esercizio 4.3.3. Si dimostri 4.3.4.
Esercizio 4.3.4. Si dimostrino 4.3.6 e 4.3.9.
Esercizio 4.3.5. Si dimostri 4.3.10.
Esercizio 4.3.6. Con V insieme, si provi che l'applicazione
g: X E P(V) f--------+ V\ X E P(V)
è un isomor.fismo di (P(V) , u) in (P(V), n).
Esercizio 4.3.7. Si enunci e si dimostri un teorema di omomorfismo analogo
a 4.3. 7 e a 4.3.10 per strutture (S, _i ,*) e (T, T, V'), con l_ e T operazioni interne
e* e \l operazioni esterne con operatori in n.
Esercizio 4.3.8. Si consideri, nell'insieme Z, l'operazione interna l_ definita po-
nendo n l_ m = n+ m- 5, per ogni n , m E Z. Si studi la struttura (Z, l.). Si
dimostri poi che l'applicazione f : x E Z f--------+ 5 - x E Z è un isomorfismo di
(Z, +) in (Z, _i).
166 Capitolo 4
Esercizio 4.4.3. Si studi la struttura (2Z, _l) dove _l è l'operazione interna nel-
l'insieme 2/f. definita ponendo, con n, m E 2/f.:
mn
n _l m = 4n + 4m - - - 24.
2
Si dimostri che l 'applicazione f : x E Z 1-----t 8 - 2x E 2Z è biettiva, se ne
determini l 'inversa, e si provi che f è un omomotfismo di (Z, ·) in (2Z, _l).
se i= l,
se i= 2,
se i= 3,
se i= 4.
Esercizio 4.4.9. Nell'insieme W = {PlP2 : Pl,P2 E lP, Pl :::; JJ2}, dove lP' de-
nota l'insiem e dei primi di No, si consideri l 'operazione *definita mediante la
posizion ep1P2*q1q2 = kp2, con k = min{p1 , ql} .
(i) Si studi la struttura (W,*).
(ii) Si provi che la parte H= {35 , 34} non è stabile in (W,*), che le parti T=
{3q: 3 :::; q} e J( = {15 , 21, 33} sono stabili, e si studino le strutture (T ,*)
e (K, *), scrivendo di quest 'ultima anche una tavola di moltiplicazione.
(iii) Infin e si studin o le applicazioni
f : 3q E T f----) q E Z, g : 3q E T f----) (- l )q E Z,
f(n) =n+ l.
La proprietà (3) coincide così con la prima forma del principio d'induzione,
enunciata nel Capitolo l (vedi (1.3.1)).
170 Capitolo 5
Inoltre è poss ibile defi nire un ' operazione di prodotto che verifica le proprietà
elencate nel Capitolo l (vedi (1. 2.7) - ( 1.2.1 6)). Si ottiene così la nota struttura
(No,+, ·).
Come fatto sempre nel Capitolo l , si può introdurre in No la cosiddetta "relazione
d'ordi ne usuale" ponendo:
x 'S y : ~ 3t E No : y = x + t,
e si può provare che questo è un buon ordine in N0 .
Così si definisce in No la relazione d'ordine del "divide", ponendo , con x, y E No ,
xl y: ~ 3k E No : y = xk.
Sussiste la seguente proprietà che, come si potrebbe provare, è equivalente alla
prima forma del principio d' induzione. Sia X ç No tale che:
(j) O E X ,
(jj) da t > O e k E X per ogni k E No, k < t, segue che t E X.
Allora si ha X = No.
Più in generale, sia n E No e sia Y ç No tale che:
(j) n E Y,
(jj) con t > n, si ha t E Y se si ha k E Y, per ogni k soddisfacente n -:::; k < t .
Allora n E Y, per ogni n 2 n.
Tale proprietà viene detta la seconda forma del principio d'induzione e, co-
me la prima forma, si applica nella dimostrazione di enunciati relativi ai numeri
naturali. Precisamente:
Come prima applicazione della seconda forma del principio d ' induzione si può
fornire un 'altra dimostrazione della seguente proposizione, già parzialmente pro-
vata nel Capitolo l (vedi 1.3.4):
5.1.2. Algoritmo della divisione in No. Sia b un numero naturale non nullo. Al-
lora, per ogni n E No, esistono, e sono univocamente indil'iduati, numeri naturali
q e T tali che:
n= bq +T, con T < b.
Tali numeri sono detti, rispettil'amente, il quoziente e il resto della di1•isione di n
per b.
Dimostrazione. Si indichi con lP' l'insieme dei numeri primi e si supponga per
assurdo lP' finito, llP' l = l 2: l, lP' = {Pl , ... , Pl}. Ha senso considerare il numero
naturale
n = PlP2 · · · Pl ,
e il suo successivo
n + l = P1P2 . .. Pl + l > 2.
Per la 5.1.3 esiste almeno un primo q che divide n+ l. Da q E lP' segue allora che
q divide anche n , pertanto q divide l (vedi (1.2.42)), il che è assurdo perché q è
primo. D
172 Capitolo 5
Esistono ancora molti problemi aperti relativi ai numeri primi, alla loro individua-
zione e alla loro distribuzione. Metodi per "setacciare" i primi tra i numeri naturali
vengono detti "crivelli". Ovviamente un numero naturale n 2: 2 è plimo se non
ha alcun divisore d tale che l < d < n. In più si ha il famoso e antichissimo:
Esercizi
Esercizio 5.1.1. Si determinino tutti i numeri primi ~ 100.
con q8 , C5 E No e C 5 < b.
Si osservi che si ha q0 = O, oppure riesce qo > q1 > ... , sicché esiste uno e un
solo s > O tale che q5 = O e q5 _ 1 i= O. Restano così univocamente individuati i
numeri s 2 O, co, ... , C5 E {0 , . .. , b - l} e si ha:
n= co+ bqo
=co+ b(bq1 + cl)
2
= co + bc1 + b q1
2
= co+ bc1 + b (bq2 + c2 )
2 3
= co+ bc1 + b c2 + b q2
2 5 1
=co + bc1 + b c2 + · · · + b - (bqs-l + Cs-1)
=Co + bc1 + b2c2 + · · · + bs-lCs- 1 + b5 qs-l
1
=CO + bc1 + b2c2 + · · · + b5 - Cs- l + b5 (bqs + Cs )
=Co+ bq + b2c2 + · · · + b5 - 1Cs- l + b5 Cs,
174 Capitolo 5
e ciò prova l'esistenza di una scrittura del tipo richiesto. Sia ora
n = Co + Cl b + ···+ C5 b
s= Co
1
+ 1
c1
b+ ···+ CL
l bL ,
con s,t E No, co, ... ,c 5 ,c~, .. . ,c~ E {0, 1, . .. ,b- 1}, c 5 -::f. O, c~ -::f. O, e si
assuma s :S t. Allora risulta
n = co + bq = c~ + bq' , con O :S co, c~ < b,
dove q = c1 + c2b + · · · + c5 bs- l , q' = c~ + c; b + · · · + c~bt - l. Per l'unicità
del quoziente e del resto della divisione euclidea di n per b (vedi 5.1.2) si ottiene
co = c~ e q = q'. Procedendo in modo analogo si ottiene anche Ci = per ogni <
i. = l , ... , s. Se per assurdo fosse s < t si avrebbe poi O = c~ + l bs+l + · · · + c~bt,
il che non è possibile in quanto c~ > O e c~+ l , ... , c~ - l 2: O. Dunque s = t, e le
due espressioni coincidono. Ciò prova l' asserto. D
5.2.2. Esempi. Il numero naturale che, in base 10, è 133, in base 2 si scrive
(10000101)2, in quanto:
133 = 2 . 66 + l
66 = 2. 33 + o
33 = 2. 16 + l
16 = 2 . 8 + o
8=2·4+ 0
4=2·2+0
2=2·1+0
1 =2· 0 + 1.
Il numero naturale che, in base 3, si scrive (21012)3, in base 10 è 194, poiché:
2 . 3° + l . 3 1 + o . 32 + l . 33 + 2 . 34 = 2 + 3 + o + 27 + 162 = 194.
La rappresentazione in base 2, particolarmente utile in Informatica, è detta anche
binaria.
Esercizi
Esercizio 5.2.1. Si determini la rappresentazione decimale dei seguenti numeri:
(11011011)2, (12210)3, (12310) 4 , (34024)5, (25401) 6 , (3456)7, (277) 8, (881) 9 .
Esercizio 5.2.2. Si determinino le rappresentazioni in base 3, 6, 8 e 9 dei seguenti
numeri, dati in rappresentazione decimale: 324, 14, 662, 201, 55, 1200.
Esercizio 5.2.3. Si determini prima la rappresentazion e binaria, poi quella in
base 7, dei numeri seguenti: (245)s, (54)g, (2001)4, (22222)3, (2020) s.
Esercizio 5.2.4. Si fornisca la rappresentazion e decimale del più grande numero
naturale che si rappresenta in base 6 con 4 cifre tutte distinte.
Esercizio 5.2.5. Si fornisca la rappresentazion e decimale del più piccolo numero
naturale che si rappresenta in base 7 con 5 cifre tutte distinte.
Elementi di aritmetica 175
è un monoide commutativo, con [(0, O)] ~ elemento neutro. In più ogni elemento
è dotato di opposto, in quanto, per ogni [(x, y)J ~ E Z, esiste [(y, x)]~ E Z tale
che:
[(x, y)J~ + [(y, x)]~= [(x+ y, y +x)]~= [(O, O)] ~.
Pertanto (Z, +)è un gruppo abeliano. Ponendo poi, con [(x, y)J ~, [(z, t)]~ E Z,
e si ha [(n, O)] ~ -=f. [(0, m)]~, per ogni n E No, m E N. Inoltre [(n, O)] ~
[(t, O)] ~ con n, t E No implica n= t, e così [(0, m)] ~ = [(0, s)J ~ con m , s E N
implica m= s. L' applicazione <p : n E No f----7 [(n, 0)] ,. ,_, E Z è dunque iniettiva e
si verifica (vedi Esercizio 5.3.5) che è un omomorfismo di (No,+,·) in (Z, + , ·).
Identificato ogni n E No con l'elemento [(n, 0)] ,. ,., E Z si ha N0 ç Z e le operazioni
di No coincidono con quelle indotte dalle operazioni di Z.
176 Capitolo 5
Z = {n : n E No} U {- m : m E N}.
È possibile verificare che si ritrovano tutte le proprietà degli interi descritte nel
Capitolo l. In particolare, il fatto che (Z, +, ·) è un dominio d'integrità (vedi
Esercizio 5.3.6).
Come già ricordato nel Capitolo l e nel Capitolo 2, in Z è definita la relazione
d ' ordine "usuale" ponendo, con a, b E Z,
a ::::; b : -{:::::::} 3t E No : b = a + t.
Tale relazione è un ordine totale e gode delle proprietà elencate nel Capitolo l.
Si ricorda inoltre che il simbolo lal , con a E Z, denota il valore assoluto di a,
definito uguale ad a, se a 2': O, uguale a - a, se a < O.
Anche in Z vale:
Osservazione. Si noti che dalla precedente dimostrazione segue subito che, con
Elementi di aritmetica 177
a, b E Z, a, b > O, si ha:
Esercizi
Esercizio 5.3.1. Si provi che la relazione rv definita in (5.3.1) è d'equivalenza in
No x No, e che essa è una congruenza nella struttura prodotto (No x No,+).
Esercizio 5.3.3. Con le notazioni dell'Esercizio 5.3.1 si provi che (x, y) rv (x', y')
e (z, t) rv (z' , t') implicano (x z + yt, xt + yz ) rv (x' z' + y't'' x' t' + y' z').
Esercizio 5.3.4. Con le notazioni dell'Esercizio 5.3.1 si provi che il prodotto defi-
nito in Z =No x No/rv ponendo [(x, y)] ~ · [(z, t)] ~ := [(xz +yt, xt +yz )]~ è as-
sociativo, commutativo e distributivo rispetto alla somma quoziente della somma
di No x No, e che [(1, O)] ~ ne è elemento neutro.
Esercizio 5.3.5. Con le notazioni degli Esercizi 5.3.1 e 5.3.4 si provi che l'appli-
cazione
cp: n E No ~---t [(n, O)] ~ E Z
è un omomorfismo di (No , +,·) in (Z, +, ·).
D(a) := {z E Z : zia}.
Si ha l, - l , a, -a E D( a) (vedi 1.2.10); inoltre ovviamente:
D( a) = D( - a) ,
D(l) = D( - l) = {1 , - l} ,
D(O) = Z.
Dimostrazione. Esercizio. o
Un intero p E: Z è detto primo se p i- ± l e D(p) = {1 , - l , p, - p}, cioè le
uniche fattorizzazioni in Z di p sono, a meno del!' ordine, p = l ·p = (-l) · (-p).
Ovviamente p è primo se e solo se tale risulta -p .
Siano a, b E Z. Un intero cl E Z è detto un massimo comune divisore di a e
b, se risulta:
(l) ella , cl!b,
(2) t!a, t!b ===? t!cl.
Ovviamente se a = O = b, O è l'unico massimo comune divisore di a e b. Se
a!b, allora dalla definizione segue subito che a è un massimo comune divisore di
a e b. In particolare a è un massimo comune divisore di a e O, per ogni a E Z.
Si osservi inoltre che:
Si osservi che:
5.4.6. Siano a e b interi non nulli, e sia d= ~ICD(a. b). Allora si ha a= da' e
b = db', con ~ICD(a' , b') =l.
Dimostrazione. Esercizio. D
L'algoritmo euclideo fornisce anche una dimostrazione del celebre:
e, così, per ogni i, continuando, Ti = asi + bli per opportuni interi si , li. In
particolare d= Tt = av + bw per opportuni v, w E Z. D
Come caso particolare si ottiene la seguente proprietà dei numeri primi, già enun-
ciata nel Capitolo l, relativamente ai numeri naturali primi:
z = Pl· · ·Pk·
Supposto poi z = ql . . . q8 , con s 2:: l e q1 , ... , q8 interi primi, si ha k = se si
possono riordinare i fattori q1 , ... , qs in modo che sia IP1I = lq1l, ... , IPkl = lqki·
Dimostrazione. Esercizio. D
5.4.12. Siano a e b interi non nulli e sia d= MCD(a, b). Allora posto a= da',
b = db' si ha:
(i) m= da'b' è un minimo comune multiplo di a e b;
(ii) m'è un minimo comune multiplo di a e bse e solo se m'= ±m.
182 Capitolo 5
La 5.4.12 assicura che per ogni a, b E Z esiste sempre un minimo comune multi-
plo di a e b; in più, se a e b sono non nulli, allora ne esistono precisamente due,
l'uno l ' opposto dell'altro. In tal caso, quello positivo viene denotato col simbolo
mcm(a, b). Ovviamente poi è mcm(a , b) =O se almeno uno tra a e b è nullo.
Da 5.4.12 segue subito che con a , b E Z non entrambi nulli vale
la bi (5.4.1)
mcm(a, b)= MCD( a, b)
Esercizi
Esercizio 5.4.1. Si dimostri 5.4.1.
Si ha dunque:
a(mZ )b ~ 3k E Z: a - b= mk.
5.5.3. Per ogni intero rn, la struttura (Zm, +,·)è un anello commutativo unitario.
Supposto m i= O, si ha poi:
[x]m = [rest(x, m)]m·
Dimostrazione. Day E [x]m segue che mly -x e quindi esiste k E Z tale che
y - x = mk, cioè y = x + mk. Viceversa ovviamente ogni x + mk è tale che
mlx- (x+ mk).
Sia ora m i= O. Dall'algoritmo della divisione segue x= mq+ rest(x, m),
sicché mlx- rest(x, m), quindi ovviamente x =
rest(x, m) (m.od m) e dunque
[x]m = [rest(x, m)]rn· D
Dalla 5.5.4 si ritrova che [x]o {x } e si ottiene che [x]m è infinita, per ogni
m i= O e x E Z. Si noti che:
a= b (mod m) {=:::;> a= b.
5.5.6. Sia m> O. Allora Zm = {[0] 711 , [1] 711 , ••• , [m -l]m} e IZml =m.
Elementi dì aritmetica 185
Dimostrazione. Da 5.5 .5 segue che [O]m, [l]m, ... , [m- l] m sono a due a due
distinte, sicché {[O]m, [l]m, .. . , [m- l]m} è un sottoinsieme di ordine m di Zm.
Per ogni x E Z si ha poi [x]m = [rest(x , m)]m E {[O]m , [l]m , ... , [m- l]m}·
Ciò prova l'asserto. O
5.5.11. Sia m un intero. Si ha Zm = {[a]m, [a+ l]m, ... , [a+ (m- l)]m}, per
ogni a E Z, e Zm ={[a · O]m, [a · l]m , ... , [a · (m- l)]m}, per ogni a E Z tale
che MCD (a, m)= l.
In particolare risulta:
z:n = {[a]m E Zm: (a, m)= l}= {[a]m: O < a < m , (a , m)= l}.
Si ha quindi che l'ordine di Z~l coincide col numero degli interi positivi mino-
ri di m e coprimi con m. Tale numero è di solito indicato con <p(m) e detto
l'indicatore di Gauss-Eulero.
<p(p) =p- l ,
<p (p2) = p2 -p,
e più in generale
<p(pn) = pn _ pn-1,
per ogni n 2: l, in quanto gli unici naturali positivi minori di pn e non coprimi con
pn sono i multipli di p. Proprietà di <p( n), n 2: l, saranno studiate nel paragrafo
successivo.
Elementi di aritmetica 187
Esercizi
Esercizio 5.5.1. Si precisi se le seguenti affermazioni sono esatte:
- 7 =- 7 (mod 11) , 22 =4 (mod 11) , 23 =45 (mod 11) , 5 =38 (mod 11) ,
- 7 =29 (mod 12) , 22 =2 (mod 12) , 21 =21 (mod 12) , 5 =29 (mod 12) .
Esercizio 5.5.2. Siano x , y e m interi, con m > l , e si supponga x = y (mod m).
Si provi che m divide x se e solo se m divide y.
Esercizio 5.5.3. Si determini il valore delle seguenti espressioni modulo 9, espri-
mendo il risultato con un numero non negativo minore di 9:
6 + 3, 4 + 8, 6 . 3, 4 . 8, 4 + 6, 2 + 2, 2 . 6, 2 . 2,
6 + 6, - 4, 6. 6, 5 - l , 3- 4, -2 , l - 2, 2- l.
da cui n =
ao + a1lO + · · · + ai- doi-l (mod lOi), cioè n ai-l ... a1ao
(mod lOi). Per provare la (4) si osservi che lOJ = l (mod 9) per ogni j 2: O,
=
come segue subito da 10 = l (mod 9) e dalla compatibilità rispetto al pro-
dotto della congruenza modulo m. Pertanto lOJaj = aj (mod 9) , per ogni
j E {0, ... , k}, da cui, per la compatibilità rispetto alla somma della congruenza
modulo m, segue che ao + lOa 1 + · · · + lOkak = ao +cq + · · · +ak (mod 9), cioè
n= ao + a1 + · · · + ak (mod 9). L'osservazione iniziale assicura la (4). Infine,
da 10 =- 1 (mod 11) segue lOJ =
(-l)J (mod 11) perognij E {O , ... ,k}.
Ragionando come per la (4), si ottiene la (5).
Esercizio 5.5.8. Utilizzando le considerazioni fatte per la (4) dell'Esercizio 5.5. 7,
si dimostri la ben nota prova del nove per la somma e per il prodotto di interi.
cp (l) := l ,
{ cp(n ) := l{i E N : i< n,MCD(n,i) = 1}1 se n > l ,
per ogni numero naturale primo p e ogni s 2: l. Tale risultato permette di calcolare
cp( n ) per ogni n > l in quanto vale la seguente notevole proposizione:
cp(hk) = cp(h)cp(k) .
5.6.2. Piccolo teorema di Fermat. Sia p un numero naturale primo. Allora per
ogni a E Z si ha: aP =a (mod p).
(rr h)
h El
a<p(m) = rr h
h El
(mod m).
Esercizi
Esercizio 5.6.1. Si provi che, con n E N, si ha r.p( n) dispari se e solo se n :::; 2.
Esercizio 5.6.2. Si verifichi che r.p(n) = 4 se e solo se n E {5 , 8, 10, 12}.
Esercizio 5.6.3. Con n, k E N, si provi che se k divide n allora r.p( k) divide r.p( n).
Elementi di aritmetica 191
ax = b (mod m).
Se a e m sono coprimi, esiste s E Z tale che as = b (mod m). Inoltre risulta
{z E Z: az= b (mod m)}= [s]m ·
ha soluzione s.
192 Capitolo 5
Dimostrazione. Se as
viceversa è analogo.
=b (mod m), da 5.5.10 segue ~s = ys = % (mod ![).Il
O
Si ha:
Dimostrazione. La (i) segue da 5.7.3. Per la (ii) si osservi che, con s soluzione di
ax = ~ (mod '!!})si ha: S = [s] 7 = [s]mU[s+'!!}]mU· · ·U[s+(cl- 1)'!!}]m· O
5.7.6. Esempio. Si consideri l'equazione 36x = 24 (mod 105). Siccome risulta
(36 , 105) = 3 e 3 divide 24, si può considerare l'equazione 12x = 8 (mod 35).
Coine osservato nell'Esempio 5.7.2, 24 ne è soluzione, sicché l'insieme delle
soluzioni dell'equazione 36x = 24 (mod 105) è:
5.7.7. Teorema cinese del resto. Siano mi, ... , mk interi positivi a due a due
coprimi (k 2:: 2) e siano bi , . .. , bk interi. Allora il sistema
x= bi (mod mi)
{
x~ bk (mod mk)
ha una soluzione s, e l'insieme delle soluzioni del sistema coincide con la classe
[s]ml···mk·
Elementi di aritmetica 193
{
x~ bk- 1 (mod mk - 1)-
Per ipotesi d'induzione esiste una soluzione w di tale sistema e l'insieme delle
soluzioni è [w]m 1 ... mk_ 1 • Considerata ora la generica soluzione w+m1 ... mk-1Y·
con y E Z, come prima si impone che tale intero sia soluzione anche della k-esima
equazione, cioè che si abbia w+ m1 ... mk_ 1y = bk (mod mk)· Interpretando y
come indeterminata, si ottiene l'equazione congruenziale m1 ... mk_ 1y = bk -w
(mod mk), che ha soluzione in quanto (m1 ... mk-1. mk) =l (vedi 5.7.1). Detta
l una tale soluzione, si ottiene che l'intero v :=w+ m1 ... mk_ 1l è soluzione del
sistema. La dimostrazione si completa poi facilmente (vedi Esercizio 5.7.4). D
Si osservi che anche la dimostrazione del Teorema 5.7.7 è costruttiva, fomendo
un metodo risolutivo.
5.7.8. Esempio. Si consideri il sistema:
x= 4 (mod 5)
{ x= 3 (mod 4).
La generica soluzione della prima equazione è un intero del tipo 4 + 5y, con
y E Z. Si impone allora che sia soluzione della seconda, ottenendo un'equazio-
ne congruenziale nell'indeterminata y: 4 + 5y = 3 (mod 4), cioè 5y = 3 - 4
(mod 4). Da 5 =l (mod 4) e -l= 3 (mod 4) si ottiene y = 3 (mod 4). Per-
tanto l'intero 4 + 5 · 3 = 19 è soluzione del sistema, e l'insieme delle soluzioni è
[19]2o = {19 + 20z : z E Z} .
194 Capitolo 5
x= 2 (mod 3)
x= 3 (mod 4)
{
x= 4 (mod 5) .
x= 4 (mod 5)
x= 3 (mod 4)
{
x= 2 (mod 3).
Come visto nell'Esempio 5.7.8, la generica soluzione del sistema costituito dalle
ptime due equazioni è del tipo 19 + 20z , con z E Z. Imponendo che tale nu-
mero sia soluzione anche della terza equazione si ottiene la seguente equazione
congruenziale in z : 19 + 20z = 2 (mod 3), cioè 20z = 2 - 19 (mod 3). Da
20 = 2 (mod 3) e - l 7 = l (mod 3) segue che l' equazione da studiare diventa
2z = l (mod 3), che, banalmente, ha come soluzione 2. Infatti 3 = 2 · l + l
da cui l = 3 - 2 · l = 3 + 2 (-l) sicché 2 (-l) = l (mod 3), cioè 2 · 2 = l
(mod 3). Pertanto l'intero 19 + 20 · 2 = 59 è soluzione del sistema, e l'insieme
delle soluzioni del sistema è [59]6o = {59 + 60v : v E Z}.
Il sistema
x = b1 (mod m1)
{
x ~ bk (mod mk)
con k 2: 2 e (mi, mj) = l per ogni i =/= j, può essere risolto anche nel seguente
modo.
Si calcola innanzitutto m := m 1 ... mk e, per ogni i E {l , . .. , k } , si de-
terminano gli interi m~ = :;: . Per le ipotesi ovviamente si ha che, per ogni
i E {l , . .. , k }, tisulta (m~, mi) = l; inoltre mi è divisore di mj, per ogni j =!= i.
Si studiano allora le equazioni congruenziali
{
akx ~ bk (mod mk),
con a1, .. . , ak, b1, ... , bk interi e m1, ... , mk interi positivi a due a due copri-
mi. Tale sistema ha soluzioni se e solo se ciascuna delle equazioni ha soluzioni.
Precisamente, se Si è soluzione di aix = bi (mod mi), il sistema considerato è
equivalente al sistema:
x= s1 (mod m1)
{
x ~ Sk (mod mk)·
Dimostrazione. Esercizio. D
2x = l (mod 5)
3x = 2 (mod 7)
{
4x = 3 (mod 11)
ha soluzioni ed è equivalente al sistema
x= 3 (mod 5)
x= 3 (mod 7)
{
x= 9 (mod 11) ,
Si noti infine che il richiedere che i moduli delle equazioni di un sistema siano a
due a due coprimi non è condizione necessaria perché il sistema abbia soluzione.
Per esempio il sistema
x =
l (mod 10)
{ x= 9 (mod 12)
ha soluzione 81. Ciò dipende dal fatto che MCD(lO, 12) = 2 e 2 divide l - 9. Si
potrebbe infatti dimostrare che:
{
x~ bk (mod mk),
con k ~ 2, b1, . .. , bk interi e m1, . .. , mk interi positivi. Tale sistema ha soluzioni
se e solo se MCD(mi, mj) divide bi - bj, per ogni i,j E {l, ... , k }"con i f:. j .
Esercizi
Esercizio 5.7.1. Si precisi se l'equazione congruenziale 9x = 5 (mod 14) ha
soluzioni e, in caso affermativo, le si determinino.
Esercizio 5.7.2. Si precisi se la seguente equazione congruenziale 11x = 6
(mod 15) ha soluzioni e, in caso affermativo, le si determinino.
Esercizio 5.7.3. Si ridimostri la 5.7.1 utilizzando la 5.5.11.
Svolgimento. Da (a, m) = l e da 5.5.11 si ha Zm = {Oa , la, ... , (m- l)a}.
Esiste quindi i E {0, ... , m- l} tale che b = ia, da cui ai= b (mod m).
Esercizio 5.7.4. Si completi la dimostrazione di 5. 7. 7.
Esercizio 5.7.5. Si determini, in entrambi i modi illustrati (vedi Esempi 5. 7.9 e
5. 7.1 O), la generica soluzione dei seguenti sistemi di equazioni congruenziali:
x= l (mod 2)
x= 2 (mod 3) x= l (mod 2)
x= 3 (mod 5) x= 9 (mod 11)
{
x= 4 (mod 7) x= 51 (mod 75).
x= 5 (mod 11) ,
Esercizio 5.7.6. Si determini il generico intero a tale che si abbia simultanea-
mente:
(i) rest(a, 3) = 2,rest(a,4) = 3,rest(a, 7) = 6;
(ii) rest(a,18) = 15,rest(a, 19) = 16.
Elementi di aritmetica 197
Esercizio 5.7.7. Si determini l'unico numero naturale a compreso tra 103 e 159
tale che simultaneamente si abbia: a= 3 (mod 7) e a= 5 (mod 6).
Esercizio 5.7.8. Un cesto contiene n uova. Se si prova a svuotare il cesto pren-
dendo le uova a 2 a 2 ne resta 1, così se le si prendono a 3 a 3 o a 5 a 5. Pren-
dendole invece a 7 a 7 non ne resta nessuna. Si determini il minimo n perché ciò
accada.
Esercizio 5.7.9. Sette ladri devono dividere il bottino di una rapina. Hanno ru-
bato n lingotti d'oro. Provano a dividerli in parti uguali, ma ne avanzano 6. Ne
nasce un litigio cui segue una sparatoria. Uno dei ladri muore. Provano allora
nuovamente a dividere il bottino ma restano 2 lingotti, il che provoca un nuovo
litigio e una nuova sparatoria che causa la morte di un altro ladro. I restanti si
dividono il bottino e .finalmente non avanza alcun lingotto. Si determini il minimo
numero n di lingotti che possono aver rubato.
Esercizio 5.7.10. Si dimostri 5. 7.II.
Q := { : : m, n E Z, n ::/= O} .
Tale stmttura può essere costmita a partire dall 'anello Z degli interi, col procedi-
mento che ora sarà illustrato.
Si consideri l'insieme A := Z x (Z \ {O}) e si introduca in A la seguente
relazione:
(a, b) R(c, d) : {=:::::} ad= be. (5.8.1)
Si verifica facilmente (vedi Esercizio 5.8.1) che n è una relazione d'equivalenza.
Si ha poi (vedi Esercizio 5.8.2), per ogni bE Z \{O} e per ogni a E Z:
O O b y a ay ab ay
b y' b y' b by ' b y
Si ha poi:
Esercizi
Esercizio 5.8.1. Si dimostri che la relazione R definita in (5.8.1) è una relazione
d'equivalenza.
a c
bç d:~ (ad - be )bd ~ O,
a=a se p= l ,
a= a, cl· .. cp-1 se p> l.
a+ l se a~ O
a,9 = { a-l
se a< O,
(5.9.1)
r
se-~ O,
s
r
se- < O.
s
Elementi di aritmetica 201
r1 := lOr,
J,
Cn+l :=
l
r n +1
8
i;
5.9.1. Esempi. Si consideri il numero razionale si ha r1 = 10, q = 15 J = 2, l°
r2 = 10(10 - 2 · 5) =O, c2 =O, Cn =O per ogni n~ 2. Dunque f(i) =O, 2. Se
ora si considera 120 = i·
si scopre facilmente che anche fC20 ) =O, 2.
Si consideri ora il numero razionale ~; allora si ha q = 10, q = 0J = l , l\
l°
7'2 = 10(10 - l · 7) = 30, C2 = 37 j = 4, 7'~ = 20, C3 = 27 j = 2, 1'4 = 60 , l°
C4 = 8, 1'5 = 40, C5 = 5, 7'6 = 50, C6 = 7, 7'7 = 10 = rl, quindi C7 = Cl = l ,
es = c2 = 4 e così via. Dunque f( ~) = O, 142857 è un decimale periodico.
f (~) := l~J ,
C1C2C3 ....
a, /3 E lR si pone:
[a,/3] := {x E lR : a :S x :S /3},
[a,,B[ :={x E lR : a :S x< /3},
]a,/3] :={x E lR : a< x :S /3},
]a,,B[ :={x E lR: a< x< /3}.
Gli intevalli precedenti hanno estremi a e {3 ; il primo è detto chiuso , il secondo e il
terzo semiaperti, l'ultimo aperto. Ovviamente, se a > {3, si ha [a, /3] = 0; e così,
se a 2:: /3, si ha [a, /3[ =]a, /3] =]a, /3 [ = 0. In maniera analoga si definiscono gli
intervalli reali illimitati. Con a E lR si pone:
(5.9.4)
dove O :S b~:': 1 < .l per ogni n 2:: 2. La parte intera e la parte frazionaria di
ba sono quindi rispettivamente a1 e ba- a1; inoltre a1 E {0, l , . . . , b- 1}.
204 Capitolo 5
(5.9.5)
basta porre
Allora
a2 a3 .
5a = 4, 2 = a1 + + + ... , da cm a1 = 4;
5 25
a2 a3
5a - a1 = O, 2 =
5 + 25 + ... ;
5(5a- ai)= l= a2 + a3 + ... , da cui a2 =l;
5
5(5a - ai) - a2 = O.
Dunque a= (0 , 41)5.
si ponga
Allora
a2 a3 .
+
5a = 4, 25 = a1
5 + 25 + ... , da cm a1 = 4;
a2 a3
5a- a1 =O, 25 =
5 + 25 + ... ;
Elementi di aritmetica 205
5.9.5. Esempio. Si voglia determinare, fino alle prime 3 cifre decimali, la rap-
presentazione in base 5 del numero reale irrazionale 1r = 3, 14159 .... La parte
frazionmia di 1r è a = O, 14159 ..-.. Si scriva
a1
a = O 14159 · · · = -
, 5
+ -a2
25
a3
+ -125 + 00 00
Allora
. a2 a3
5a = O, 70795 · · · = a 1 + + 25 + ... , da CUI. a1 = O;
5
a2
5a- a 1 =O, 70795 · · · = + a3 + ... ;
5 25
5(5a -ai) = 3, 53975 · · · = a2 + 5a3 + a4
25
+ ... , .
da CUI a2 = 3;
5
(0, 10011111 o o o )2 = (0, 101)2 = 8'
Inoltre si può dimostrm·e che esiste un'applicazione biettiva tra l'intervallo reale
[0, l [ e l'insieme delle successioni a valori interi compresi tra O e b - l e non
definitivamente uguali a b - l.
Esercizi
Esercizio 5.9.1. Di ciascuno dei seguenti numeri reali si individui la parte intera,
la parte frazionaria, l'eventuale periodo, l'eventuale antiperiodo e, per quelli
206 Capito lo 5
9
a = -= 1,8.
5
Esercizio 5.9.3. Si determini la rappresentazione in base 9 del numero razionale
288
a=-= 2 88.
100 '
Esercizio 5.9.4. Si determini, fino alle prime 4 cifre decimali, la rappresentazione
in base 6 del numero irrazionale 1r 2 .
(a,b)+(c,d) := (a+c,b+d),
(a, b) · (c, d) := (ac- bd, ad+ be) .
Si ha inoltre:
Dimostrazione. Esercizio. D
La 5.10.2 permette di identificare ogni numero reale con la coppia (r , 0). Pertanto
si ha IR ç C e la somma e il prodotto di C "estendono" la somma e il prodotto di
R La coppia (0 , l) E C è tale che
Pertanto
C = {a + bi : a , b E IR}.
Gli elementi di C si dicono numeri complessi. Si ha a + bi = c + di se e solo
se a = c e b = d, e le operazioni di somma e prodotto tra numeri complessi
acquistano l'usuale espressione:
per ogni a, b, c, d E R
Sia a = a + bi un numero complesso. Il numero complesso
a:= a+ (-b)i
5.10.3. Si ha:
(i) N(a) è un numero reale non negativo, per ogni a E C;
(ii) N( a)= Ose e solo se a= O;
(iii) aa =N( a), per ogni a E C;
(iv) N(af3) = N(a)N(f3),perogni a,{3 E C;
a
(v) a-
1
= N(a)' per ogni a E C\ {0}.
Dimostrazione. Esercizio. D
ll campo complesso C, come osservato, è tale che in esso esistono elementi il cui
quadrato è -l, cioè esistono soluzioni dell'equazione x 2 +l =O. Più in gene-
rale, il cosiddetto teorema fondamentale dell'algebra , di cui non si fornisce la
dimostrazione, assicura che una qualunque equazione di grado n > O a coeffi-
cienti complessi ha soluzioni c1 , ... , Cn (non necessariamente distinte) in C. Ciò
si esprime dicendo che C è algebricamente chiuso.
Si noti infine che non è possibile definire in C una relazione d'ordine totale
~ tale che da a ~ {3 segua a+ 1 ~ {3 + 'Y· per ogni 1 E C, e a6 ~ (36, per ogni
6 E C, 6 > O (vedi Esercizio 5.10.4).
Esercizi
Esercizio 5.10.1. Si dimostri che il prodotto di numeri complessi è associativo,
commutativo e distributivo rispetto alla somma.
Esercizio 5.10.4. Si dimostri che non è possibile definire in C una relazione d'or-
dine totale ~ tale che da a ~ (3 segua a+ 1 ~ {3 +/.per ogni 1 E C, e a6 ~ (36,
con 6 E C, 6 > O.
Il metodo "standard"
Si tratta in sostanza della formalizzazione del metodo di fattorizzazione in primi
che tutti conoscono fin dalle scuole medie. Nella sua descrizione si farà uso del
crivello di Eratostene (vedi 5.1.5), nella seguente versione equivalente, di cui si
preferisce fornire anche la dimostrazione:
mente terminare dopo un numero finito di passi, dando luogo alla fattorizzazione
richiesta.
5.11.2. Esempio. Per fattorizzare n = 462 utilizzando il metodo "standard", si
procede nel modo seguente:
462
lv462J = 21 h= Nn [2 ,21] kl = 2 n1 = - = 231
2
231
lv23lj = 15 h= N n [2 , 15] k2 = 3 n2 = - = 77
3
77
lv'77J =8 h= Nn [3 ,8] k3 = 7 n3 = - = 11
7
lVilJ = 3 !4 = 0.
Pertanto n = 2 · 3 · 7 · 11 è la fattorizzazione richiesta.
5.11.3. Esempio. Per fattorizzare n = 860 utilizzando il metodo "standard", si
procede come segue:
860
lJ860J = 29 h = Nn [2,29] kl = 2 n1 = - = 430
2
430
lV4WJ = 20 ! 2 = N n [2 , 20] k2 = 2 n2 = - = 215
2
215
lV2i5J = 14 h= N n [2 , 14] k3 = 5 n3 = - = 43
5
lv'43J = 6 !4 =N n [5, 6] ~ k4.
Pertanto n = 2 · 2 · 5 · 43 è la fattorizzazione richiesta.
Il metodo di Fermat
Il metodo di Fermat consente di scompone un naturale dispari non primo nel pro-
dotto di due fattori, non necessariamente primi, ma più piccoli e quindi più agevoli
da fattorizzare . li metodo si basa su un'idea molto semplice, che è essenzialmente
contenuta nel seguente lemma.
Il metodo p- 1 di Pollard
Si consideri un numero naturale n > 2 e si fissi un numero naturale a tale che
l < a < n e MCD( a, n) = l. Si costruisca una sequenza a1 , a2 , ... , ai, ... di
numeri naturali ponendo:
5.11.7. Sia n un numero naturale, n > 2, e sia a > l tale che MCD( a, n) = l.
Se p è un primo divisore di n e p - l divide c!, con c E N, allora p divide
MCD(é1 - l n).
Esercizi
Esercizio 5.11.1. Si fattorizzi, utilizzando prima il metodo "standard" e poi il
metodo di Fermat, il numero intero n= 548.
e se è vero che:
Esercizio 5.12.6. Si determini l 'unico numero naturale a compreso tra 103 e 600
tale che simultaneamente si abbia: a =
4 (mod 9), a =
5 (mod 8), a 3 =
(mod 7).
Esercizio 5.12.7. Considerati l 'anello (Z6, + , ·)e l'intero positivo t, si dimostri
che la parte tZ6 = {t[z]6: [z]6 E Z5 } = {[tz]6: z E Z} è stabile. Si determini
poi (2Z6 , +, ·) e se ne studino le proprietà.
Esercizio 5.12.8. Si verifichi che le seguenti sono applicazioni di Z5 in Z15, se
ne studi l'iniettività e la suriettività, si stabilisca infine se sono omomorfismi di
(Z5, + , ·)in (Z15 , + , ·):
6.1 Semigruppi
Sia S un insieme dotato di un'operazione interna associativa, denotata come al
solito con ·; allora la struttura algebrica semplice (S, ·) è un sernigruppo. Oltre
agli esempi notevoli già considerati nel Capitolo 4, molto interessante risulta il
seguente:
6.1.1. Esempio. Sia A un insieme, detto alfabeto, si consideri l'insieme A+
costituito dalle sequenze w = a1 ... an, con n 2: l e a1 , ... , an E A, e si ponga
a1 ... an = a~ ... a~ se e solo se n = m e a1 = a~, ... , an = a;1 • Una siffatta
sequenza è detta una parola sull'alfabeto A e l'intero n è detto la lunghezza della
parola w. Si scrive l( w) =n o anche lwl =n.
Nell'insieme A+ si introduce l'operazione di "concatenazione" o "giustap-
posizione" ponendo
Quanto provato nel Capitolo 4 assicura che, considerato un semigruppo (S, ·),
l'intersezione di una famiglia di suoi sottosemigruppi è un sottosemigruppo, e
che, se X è una parte di S, resta definito il sottosemigruppo generato da X,
coincidente con X. Pertanto 0 = 0, X= {x l ... Xn: n E N, x1, ... , Xn E X},
e se X= {x}, allora {x}= {xn: n E N}.
6.1.3. Esempi. In (N,+) si ha {l} =N, {2} = Np, {2, 3} =N\ {l}.
Se A è un alfabeto, come nell'Esempio 6.1.1, allora A+ =A.
Sia (S, ·)un semigruppo. Una parte X di S è detta una base diSse S =X e da
Xl ... Xn-- r'l, x1, ... , Xn, x.l1, ... , Xl171 E X , segue
x l1 ... Xl171 , con n, m E"''
l l
n= 1n , Xl = Xl , ... , Xn = X n. (6.1.1)
Un semigruppo (S, ·)è detto libero (e di base X) se ammette una base (e X ne è
una base).
6.1.4. Esempi. Ovviamente il semigruppo vuoto è libero di base l'insieme 0.
(N,+) è libero di base {l}.
Il sernigruppo delle parole A+ sull'alfabeto A è libero di base A.
Per la (6.1.1 ), il sottoinsieme { 2, 3} non è una base di (N\ {l} , +), in quanto
6 = 2 + 2 + 2 = 3 + 3 o anche 5 = 2 + 3 = 3 + 2.
Se (S, ·) è un semigruppo commutativo non vuoto, libero di base X, allora ne-
cessariamente lXI = l, in quanto, supposto per assurdo lXI > l , e considerati
x, y E X con x f:. y, si ha xy = yx, contro la (6.1.1). Si osservi inoltre che, se
X è una base non vuota di un sernigruppo libero S, allora S è infinito, in quanto,
supposto x E X, la (6.1.1) assicura che xn f:. x 171 , per ogni n, m E N con n f:. m.
6.1.5. Esempi. (N\ {l} ,+) non è libero, poiché nessun singleton genera N\ {l},
e nessun X ç N\ {1}, con lXI > l soddisfa la (6.1.1).
Ogni sernigruppo finito non vuoto non è libero.
Per i sernigruppi liberi sussiste la notevole:
Dimostrazione. Esercizio. D
Esercizi
Esercizio 6.1.1. Sia (S, ·) un semigruppo e si consideri in P(S) la seguente ope-
razione: X · Y := { xy : x E X , y E Y}, con X , Y E P(S). Si provi che
(P(S) , ·)è un semigruppo.
Esercizio 6.1.2. Si provi che se (S , ·) è un semigruppo libero di base X e si ha
S = Y, con Y ç S, allora Y ::2 X . Se ne deduca che un semigruppo libero ha
un 'unica base.
6.2 Monoidi
Sia M un insieme dotato di un'operazione interna · associativa con elemento neu-
tro l, che talvolta è per comodità indicato con 1M. Allora la stmttura algebrica
semplice (M, ·) è un monoide.
Dimostrazione. Esercizio. o
Alcune strutture algebriche notevoli 219
Dimostrazione. Esercizio. D
6.2.5. Esempi. Con A alfabeto si ha A*= [A].
In (No,+) si ha [2] = 2No, in (Z12,·) si ha [4Zl2] = 4Z 12 U {[lh2} .
Attenzione va posta anche nella definizione di omomorfismo tra monoidi. Se
(M,·) e (N, ·) sono monoidi, un'applicazione f : M -----+ N è detta un omo-
mor.fismo (di monoidi) se f(xy) = f( x) f(y) , per ogni x, y E M, e inoltre
f(lM) = lN.
Si noti quindi che, se (M,·) e (N,·) sono monoidi, un omomorfismo di mo-
noidi f : M -----+ N è sempre un omomorfismo tra i sernigruppi (M,·) e (N,·),
ma non vale il viceversa.
6.2.6. Esempi. L'applicazione g : x E No f--------7 O E No è un endomorfismo del
semigruppo (N 0 , ·),ma non è un omomorfismo del monoide (No,·) in sé.
Con m intero, l'applicazione h : x E Z -----+ [x ]m E Zm è un omomorfismo
tra i monoidi (Z, ·)e (Z711 , ·).
Anche per i monoidi sussiste il concetto di base di un monoide e di monoide
libero. Una parte X di un monoide (M,·) è detta una base di M se M = [X] e
se da Xl ... Xn = x l1 ... X 711
l 1M l l
, con n, m E l'l O, x1, ... , x 11 , x , .. . , x 711 E
X , segue
1
n=m, (6.2.1)
Esercizi
Esercizio 6.2.1. Si dimostri 6.2.3.
Esercizio 6.2.2. Si dimostri 6.2.4.
Esercizio 6.2.3. Si enunci e si dimostri per i monoidi liberi una proprietà univer-
sale analoga a 6.1.6.
220 Capitolo 6
6.3 Gruppi
Come già definito nel Capitolo 4, un gruppo (G, ·) è un monoide in cui tutti gli
elementi sono dotati di inverso. Nel seguito talvolta si indicherà un tale gruppo
semplicemente col simbolo G.
Si osservi che in un gruppo ogni elemento è regolare in quanto simmetrizza-
bile (vedi 4.1.15).
Nel gruppo (G, ·) ha senso considerare le potenze x n di ogni elemento x E G,
per ogni n E Z, e valgono le note proprietà (4.1.3) e (4.1.4) e, se· è commutativa,
anche (4.1.5). Ovviamente, se si utilizza la notazione additiva, in (G, +)si pos-
sono considerare i multipli nx, al variare di x in G e di n in Z e ancora valgono le
usuali proprietà (4.1.1) e (4.1.2) e, se+ è commutativa, anche (4.1.5).
Un gruppo commutativo è detto anche gruppo abeliano, dal nome del mate-
matico norvegese Abel.
6.3.1. Esempi. Sono gruppi abeliani: (Z, + ), (Zm, +)con m intero 2: O, (Q, +),
(IR, + ), (C, +), (P(V), U) con V insieme, e, per la 4.2.3, ({-l , l} , ·) , (z:n, ·),
(Q\ {0} , ·) , (IR \ {0} , ·) , (C\ {0} , ·).
Se V è un insieme non vuoto, il gruppo U'i>v, ·) definito in 4.2.4 è non abeliano
se e solo se lVI > 2.
Se (G, ·) e (H,·) sono gruppi (abeliani), la struttura prodotto (G x H , ·)
definita nel Paragrafo 4.1 è l!n gruppo (abeliano).
Sia (G, ·)un gruppo. Una parte H di G è detta un sottogruppo di G , e si scrive
H ::; G , se è stabile e la struttura indotta (H, ·) è un gruppo. Ovviamente riesce
sempre {l} ~ G e G ~ G, e questi sono detti i sottogruppi banali di G.
Le seguenti caratterizzazioni dei sottogruppi sono notevoli.
Se si utilizza la notazione additiva per l' operazione del gruppo G, le 6.3.2, 6.3.3,
6.3.4 diventano: ·
Dimostrazione. Esercizio. D
Dimostrazione. Esercizio. D
Dimostrazione. Esercizio. D
Dimostrazione. Esercizio. D
In particolare si ha:
6.3.14. Esempi. In (Z, +)si ha (1) = (-1 ) = Z, più in generale (t)= (-t)=
t Z , per ogni t ;::: O.
In (Zm, +)si ha (I) = Zm = (m- 1). In (Z12, + ), (4, 6) = 2Z l2·
6.3.15. Esempi. I gruppi (Z, +) e (Zm , +) per ogni m 2:: Osono gruppi ciclici. Si
proverà (vedi 6.3.26) che essi sono gli unici gruppi ciclici, a meno di isomorfìsrni.
ll gruppo (V4 , ·) dell 'Esercizio 6.3.3 non è ciclico, in quanto: (1) = {1},
(a)= {1 , a}, (b)= {1, b}, (c)= {1 , c}.
Si noti che un gruppo ciclico è abeliano a causa della (4.1.3), ma non sussiste il
viceversa, come prova il gruppo v4.
Siano (G, ·)e (I<, ·) gruppi. Si ricorda che un 'applicazione f : G ----> K è
detta un omomorfìsmo se per ogni x, y E G risulta f(xy) = j(x)f(y). Per gli
omomorfìsrni tra gruppi sussistono le seguenti interessanti proprietà:
6.3.16. Sia f: G-----> I< un omomorfismo tra i gruppi (G, ·)e (I<, ·). Allora:
(i) f(le) =li<;
(ii) f(x - 1 ) = f(x)- 1,perognix E G;
(iii) j(xn) = f(xt\ per ogni x E G e ogni n E Z;
(iv) da H :::; G segue f(H) :::; I<;
(v) daL:::; K segue j- 1 (L):::; G;
(vi) j((X)) = (f(X)),perogniX ç G .
6.3.17. Sia f: G----> I< un omomorfismo tra i gruppi (G, ·)e (I<,·). L'insieme
cp(xH) := H x- 1 ,
come volevasi. D
1r : x EG f---t x H E G /H
Da 6.3.26 e dalla (iii) del teorema di omomorfismo (vedi 6.3.24) si ottiene che se
G = (x) è infinito allora l'applicazione f : n E Z f---t xn E G è un isomorfismo,
e che se G = (x) ha ordine m allora l'applicazione g : [n]m E Zm f---t xn E G è
un isomorfismo. Se ne deducono facilmente le seguenti interessanti proprietà:
Dimostrazione. Esercizio. D
6.3.28. Sia (G, ·)un gruppo ciclico finito di ordine m, G = (x). Allora:
(i) xn = xt se e solo se n= t (mod m);
(ii) x n = l se e solo se m divide n; .
(iii) G = {l, x, . . . , x m-l} ed m è il minimo intero positivo i tale che xz = l.
228 Capitolo 6
Dimostrazione. Esercizio. D
Come immediata applicazione delle proprietà dei gruppi ciclici finiti si ha il se-
guente interessante risultato.
Esercizi
Esercizio 6.3.1. Sia G un gruppo, con IGI = 2, G = {l , a}. Si verifichi che la
tavola di moltiplicazione di G è la seguente:
Esercizio 6.3.4. Si verifichi che il gruppo (V4, ·) dell'Esercizio 6.3.3 non è iso-
mmfo al gruppo (Z4, +). Si dimostri poi che un gruppo (G, ·) di ordine 4 è
isomoifo a (Z4, +)o a (V4, ·).
Suggerimento. Si dimostri che l'applicazione 'ljJ definita nell ' Esercizio 3.4.1 è un
isomorfìsmo di gruppi.
c= Gi n. d= (~ ~ n. f = (; i ~) .
dove le applicazioni sono state rappresentate scrivendo nel primo rigo gli ele-
menti di X e, in corrispondenza, nel secondo rigo, le loro immagini.
l a b c d f
l l a b c d f
a a l f d c b
b b d l f a c
c c f d l b a
d d b c a f l
f f c a b l d
230 Capitolo 6
Esercizio 6.3.11. Si verifichi che, con le notazioni dell 'Esercizio 6.3. 9, i sotto-
gruppidelgruppo(§3,·)sono: {1}, {l , a}, {l , b}, {l ,c}, {l ,d, f}.
Esercizio 6.3.20. Sia (G, ·)un gruppo ciclico finito, di ordine m, G = (x). Si
provi che G = (xt) se e solo se (t , m) = l.
f =
l 2 . ..
( f(l) f(2) . . . f(n) ·
n) (6.4.1)
Si osservi che:
. !2(tl
f( ti.) = t2, · ) = '1.,3, ... ) fk-1( 7.1· ) = 2k,
. fk( '/,I
·) =ti.
.
Dimostrazione. Esercizio. D
Dimostrazione. Esercizio. D
Alcune strutture algebriche notevoli 233
g= G~ ~ ! ~ ~) E § 6, g' = c :~ ~ ~ ~ ~ ~ ~) E § g.
6.4.10. Sia n 2 2 e sia f E §n. con f = r1 ... r 8 = /-L l ... J-Lt. con s, t 2 l e
r1, . .. , r 8 , J-Ll. ... , J-Lt trasposizioni. Allora se t sono o entrambi pari o entrambi
dispari.
Dimostrazione. Esercizio. D
Esercizi
Esercizio 6.4.1. Si dimostri 6.4.3.
Esercizio 6.4.5. Supposto n 2 2, senza fare uso di 6.4.11 si verifichi che l'inversa
di una permutazione pari (dispari) è pari (rispettivamente dispari).
!I=
G
2 3 4
2 5 3 ~)) h= o 2 3 4
3 4 l ~))
h=
G
2 3 4
l 2 3 ~)) !4 =
G
2 3 4
4 2 3 n.
!5 =
G
2 3 4
4 3 2 n. o !6 =
2 3 4
l 2 5 ~))
h=G
2 3 4
2 3 4 n. G fs= 2 3 4
l 2 4 ~).
Si precisi se esse appartengono o no ad A5.
Esercizio 6.4.8. Di ciascuna delle seguenti permutazioni di §g si scriva la decom-
posizione in cicli disgiunti e si precisi la parità; si determini poi l'inversa e se ne
individui una decomposizione in trasposizioni:
f= G 2 3 4 5 6 7 8
4 7 6 3 8 5 2 ~) ) g= o 2 3 4 5 6 7 8
4 6· 7 2 9 l 5 ~).
6.5 Anelli, corpi e campi
Sia (R, +, ·) un anello, sia cioè l'insieme R dotato di due operazioni interne tali
che (R, +)è un gruppo abeliano, ·è associativa e distributiva rispetto alla somma.
Si ricordi che ( R, +, ·) è detto commutativo se · è commutativa, unitario se esiste
elemento neutro l rispetto a ·. L'anello unitario (R, +, ·) è poi un corpo se R ha
più di un elemento e ogni elemento diR\ {O} è invertibile; è un campo se è un
corpo commutativo.
6.5.1. Esempi. Oltre agli esempi già citati nel Capitolo 4, una classe interessante
di anelli commutativi unitari è quella degli (Zm, +, ·) , con m intero > O (vedi
5.5.3). In particolare si ha che Zm è un campo se e solo se m è un numero primo
(vedi 5.5.13).
Ogni gruppo abeliano (G, +) può essere strutturato ad anello mediante la
posizione xy :=O, per ogni x, y E G. Tale anello è ovviamente commutativo, ed
è unitario se e solo se ICI = l.
In analogia a quanto fatto nell' Esempio 4.1.19, per ogni m > O si costruisce
l'anello (M2(Zm), +, ·) . Ciò fornisce un ' ulteriore classe di anelli non commuta-
tivi; altri esempi sono descritti nel Capitolo 10.
Se (R, +, ·) e (S, +, ·) sono anelli, la struttura prodotto (R x S, +, ·) è un
anello, che risulta commutativo (rispettivamente unitario) se e solo se (R, +, ·) e
(S, +, ·) sono entrambi commutativi (risp. unitari).
Se (R, +, ·) è un anello, esiste in (R, +) elemento neutro Oe ogni elemento a E R
è dotato di opposto -a, sono definiti i multipli na, con n E Z e a E Re sussistono
236 Capitolo 6
ab = O -<==> a = O o b = O.
Un anello commutativo in cui valga la legge di annullamento del prodotto è detto
un dominio d'integrità .
6.5.3. Esempi. (Z, +,·),(Q,+,·), (IR, + ,·),(C,+, ·) sono domini d' integrità, Z 6
non lo è.
Con V insieme, (P(V), ù, n) è un dominio d'integrità se e solo se lVI ::; l,
in quanto X n (V \ X) = 0 per ogni X E P(V).
In un corpo (R, +,·)vale la legge di annullamento del prodotto, in quanto, sup-
posto ab= O, con a, b E Re a i= O, si ha l'esistenza di a- 1 in R , e quindi, per la
o
(i) di 6.5.2, O= a- 1 = a- 1 (ab) = (a - 1 a)b = lb = b. Pertanto un campo è un
dominio d'integrità. Si noti che (Z, +, ·)è un dominio d' integrità unitario ma non
è un campo.
Sia (R, +, ·) un anello. Un elemento a E R è detto un divisore sinistro
(rispettivamente divisore destro) dello O se a i= O ed esiste b i= O tale che ab = O
(risp. ba = 0). L'elemento a è detto un divisore dello O se è divisore sinistro o
destro dello O.
Alcune strutture algebriche notevoli 237
Dimostrazione. La (i) discende da (i) di 6.5.2. Per la (ii) si osservi che, ovvia-
mente, se a è regolare, a non è un divisore dello O, per la (i) di 6.5.2. Viceversa
sia a non un divisore dello O, con a #- O. Supposto per esempio ab = ac, si ha
O= ab- ac = a(b- c), da cui b- c= O, cioè b =c. D
Dimostrazione. Esercizio. D
6.5.6. Un anello (R , +, ·) è un corpo se, e solo se, R \ {O} è stabile per il prodotto
e (R \ {0}, ·)è un gruppo.
6.5.8; Esempi. Qualunque sia l'anello R, {O} e R sono sottoanelli di (R, +, ·),
detti i sottoanelli banali.
L'anello (Z, +,·)è un sottoanello di (Q,+ , ·).
238 Capitolo 6
Dimostrazione. Esercizio. D
Da 6.3.5 si ottiene facilmente che:
Dimostrazione. Esercizio. D
Dimostrazione. Esercizio. D
G~).
Da 6.5.9 segue subito che:
6.5.13. Sia (R , +,·)un anello e sia (Hi)iEI una famiglia non vuota di sottoanelli
di R Allora niEI Hi è un sottoanello di R
Alcune strutture algebriche notevoli 239
6.5.14. Sia I una parte non vuota di un anello (R, +, ·). Allora I è un ideale
sinistro (destro) di R se e solo se valgono le seguenti proprietà:
(i) x- y E I, per ogni x, y E I,
(ii) ax E I (rispettivamente xa E I), per ogni a E Re x E I .
Dimostrazione. Esercizio. D
Si noti che:
Dimostrazione. Esercizio. D
6.5.16. Esempi. Tutti e soli gli ideali di (Z, +, ·) sono i sottoinsiemi mZ, con
m20.
Con V insieme {0, X} è un ideale di (P(V) , U, n) se e solo se lXI :::;: l. Si
noti che, se lXI > l, {0, X} è un sottoanello ma non un ideale di P(V).
L'insieme
Sia (R, +, ·)un anello. Da 6.3.21 segue che tutte e sole le congruenze di (R , +)
sono le relazioni RH = R~ = R'i.J , con H sottogruppo di (R , +),dove si ricorda
che x RH y : {:::::::::} x- y E H e [x]nH = {x+ h : h E H} =x+ H, per ogni
x, y E R. Sussiste il seguente notevole risultato:
Dimostrazione. Esercizio. D
R j I = {x+ I : x E R} ,
Siano ora (R, +,·)e (S , +,·)anelli. Si ricorda che un ' applicazione f: R ---+ S
è detta un omomorfismo (di anelli) se, per ogni x, y E R, si ha
f( x + y) = f( x ) + f(y) ,
{ f( xy) = f( x )f(y).
6.5.19. Esempi. L'applicazione f : x E R 1------7 Os E S è un omomorfismo,
qualunque siano gli anelli Re S, detto l'omomorfismo nullo.
L' applicazione 1r : x E R 1------7 x+ I E R/ I , con R anello e I ideale bilatero
diR, è un epimorfismo, detto l'epimorfismo canonico di (R , +,·)in (R / I ,+, ·) .
L'applicazione i : x E H 1------7 x E R , con R anello e H sottoanello di R , è
un monomorfismo di (H , + ,·) in (R, +,·),detto l'immersione di H in R.
seguono immediatamente da 6.3.27 e 6.3.28. Per la (iii) basta osservare che, per
ogni a E R , da 6.5.2 segue ca = c(lRa) = (clR)a = Oa =O. D
6.5.23. Esempi. La caratteristica dell ' anello unitario (R , +, ·) è l se e solo se
R = {0} .
Con V insieme non vuoto, l'anello (P(V) , U, n ) ha caratteristica 2: infatti
2X = XUX = 0, per ogni X E P(V).
L'esempio precedente mostra che esistono anelli infiniti con caratteristica diversa
da O. Si ha poi:
65.24. Sia (R , +, ·) un anello unitario non nullo e privo di divisori dello zero.
Allora la caratteristica diR è Ooppure un numero primo.
Esercizi
Esercizio 6.5.1. Si dimostrino (iv ), (v ), (vi) di 6.5.2.
Esercizio 6.5.2. Si dimostri 6.5.5.
Esercizio 6.5.3. Si provi che se R è un anello unitario si ha l = O se e solo se
R = {0}.
Esercizio 6.5.4. Sia (R , +, ·) un anello finito non nullo. Si provi che (R , +, ·) è
un campo se e solo se è privo di divisori dello O.
Esercizio 6.5.5. Si dimostrino 6.5.9, 6.5.10 e 6.5.11.
Esercizio 6.5.6. Si dimostrino 6.5.14 e 6.5.15.
Esercizio 6.5.7. Si dimostri 6.5.17.
Esercizio 6.5.8. Sia R = lR x Zs l'anello prodotto del campo (IR, + , ·)dei numeri
reali e dell'anello (Zs, + , ·)degli interi modulo 8.
(i) Si provi che l'anello (R , +, ·) è commutativo e unitario e si stabilisca se esso
è un dominio d'integrità.
(ii) Si dimostri che le parti {O} x Zs e lR x {O} sono ideali di R.
Esercizio 6.5.9. Si consideri l'anello A = Z6 x Z3.
(i ) Si determinino l'ordine di A, la sua caratteristica, il sottoanello fondamen-
tale E , i divisori dello zero in A, e si dica se E è un campo.
(ii) Posto a = (4, 2) E A si determinino il sottogruppo generato da a in A(+),
l 'ideale K generato da a in A(+ , ) e si studi l 'anello quoziente A j K.
Alcune strutture algebriche notevoli 243
(a + b)P = aP + bP .
Esercizio 6.5.15. Sia (R , +, ·) un anello unitario, di unità l R. Si provi che
l'applicazione
f :n E Z f--------+ nlR E R
f( x ) = ao + a1x + · · · + anxn,
con n intero non negativo, ao, ... , an E R, an i- O, viene detto un polinomio
non nullo nell'indeterminata x a coefficienti in R. L'intero n viene detto il grado
di f(x) e denotato con v(f(x)) o anche con 8(f(x)). Gli elementi ao, ... , an
sono detti i coefficienti di f (x ), in particolare an è detto il coefficiente 'direttivo o
parametro direttore di f(x). Con ao + a1x + · · · + anxn, bo+ b1 x + · · · + bmxm
polinorni non nulli a coefficienti in R, si pone
n=m,
ao =bo,
Si pone poi
1 polinomi di grado O sono tutti e soli gli elementi non nulli di R, e, con lo O, sono
detti ipolinomi costanti di R[x] .
A volte per denotare il polinomio j(x ) = ao+a1x+ · · ·+anxn è conveniente
utilizzare la scrittura
j(x) = L aixi,
i E No
con r( x ) = Oo v(r(x)) < v(g( x)) . Tali polinomi q(x) e r( x) sono detti, rispetti-
vamente, il quoziente e il resto della divisione di f( x) per g(x).
g(x )ql(x) = bob; 1a711 Xrn-s + b1b_;- 1a711 X711 -s+1 + · · · + b8 b_;- 1a711 X 711 ,
sicché g(x )ql (x) ha grado m e coefficiente direttivo a711 • Pertanto il polinomio
f(x) - g(x )ql (x) o è nullo o è di grado < m, sicché esistono, per l' ipotesi d'in-
duzione, polinomi q* (x),r* (x) tali che f( x) - g( x)q1(x) = g(x )q* (x ) + r *(x),
cioè f( x) = g(x )(ql(x ) + q* (x )) + r* (x ), con r * (x ) = Oo v(r* (x )) < v(g( x)).
Per provare l'unicità si osservi che, supposto
con r(x) -r(x) = O o v(r(x)- r(x)) ::; max{v(r(x)), v(r(x) )} < v(9(x)). Dal
teorema di addizione dei gradi segue allora r(x)- r(x) = O = 9(x) (q(x)- q(x) ),
sicché q(x) = q(x), r(x) = r(x) . D
6.6.3. Esempi. La prima parte della dimostrazione del precedente risultato for-
nisce anche un metodo per individuare quoziente e resto di una divisione, come
mostrano gli esempi seguenti. In !R[x] si considerino i polinorni:
f (x) = 3 + 5x - 4x 2 + 7x 3,
9(x) =x- 2,
91(x) = 6x 2 - x+ 3,
92(x) = 5x 3 + 9x + 11 ,
93(x) 4 2
= 2x + 7x + 20 .
Si ha:
7x 3 -4x 2 +5x +3 x-2
7x 3 - 14x 2 7x 2 + lOx + 25
10x 2 +5x +3
10x 2 -20x
25x +3
25x - 50
53
7x 3 -4x 2 +5x +3 6x 2 - x+ 3
7x 3 _Zx2
6 +Zx
2
Zx- 17
6 36
_17 x2 +.:lx +3
6 2
_17 x2 +17 x -1217
6 36
37 x +53
36 12
7x 3 -4x 2 +5x +3 5x 3 + 9x + 11
7x 3 +63x + 77 7
5 5 5
-4x 2 _38x 62
5 -5
Si noti che, come mostrato dalla dimostrazione di 6.6.2, continua a valere l'algo-
ritmo della divisione per polinorni f( x) e g( x) a coefficienti in un anello commu-
tativo unitario R purché il coefficiente direttivo di g(x) sia un elemento inverti bile
di R. In particolare, ciò è sempre vero quando g(x) è monico.
Se il resto della divisione di f (x) per g( x) è il polinornio nullo, si dice anche,
come al solito, che g(x) divide f( x) in R[x] (o che f(x) è multiplo in R[x] di
g(x)).
Sia (R, +, ·) un anello commutativo unitario. Dati un qualsiasi polinornio
f(x) = ao + a1x + · · · + amxm E R [x] e un elemento c E R, si pone:
f( c) := ao + a1c + · · · + amcm.
Se f(x) è il polinornio nullo, è f(c) = O. Si osservi che, se f( x),g(x) E R[x] e
c E R, allora:
(f + g)( c) f( c) + g(c),
=
(fg)(c) = f( c)g(c) .
L'elemento c è detto radice del polinornio f( x) se si ha f( c) =O.
6.6.4. Esempi. Il polinornio nullo ha per radici tutti gli elementi di R.
Un polinornio costante non nullo non ha radici, in quanto, se f( x) = ao, si
ha f(c) = ao, per ogni c E R (ciò giustifica anche il termine "costante").
Un polinornio f( x ) = a1x + a0 di grado l ha sempre una (e una sola) radice
c= -aoa;- 1 se a 1 è invertibile in R. Pertanto, se R è un campo, ogni polinornio
di primo grado ha una e una sola radice in R. Il polinornio f( x) = 3x + 2 non ha
radici in Z.
In IR[x] il polinornio x 2 - 5x + 6 ha radici 2 e 3, il polinornio x 2 - 4x + 4 ha
radice il solo 2, il polinornio x 2 + l non ha radici in !R.
Dall'algoritmo della divisione segue subito il fondamentale, ben noto:
6.6.5. Teorema di Ruffini. Sia (R, +,·)un anello commutativo unitario e siano
f(x) E R[x] e c E R. Allora c è radice di f(x) se e solo se il polinomio x- c
divide f(x).
Si noti che (vedi Esercizio 6.6.2) nel risultato precedente è essenziale l'ipotesi che
non esistano in R divisori dello O.
Siano (R , +, ·) un anello commutativo unitario, f (x) un polinornio non nullo
di R[x] e c E R una radice di f( x) . Dal teorema di Ruffini segue che x- c divide
f(x ). Si dice che c è radice semplice di f( x ) se (x- c) 2 non divide f(x ), in caso
contrario c è detta radice multipla. li massimo intero positivo k tale che (x- c)k
divide f( x) è detto la molteplicità della radice c di f( x ). Se k = 2 (k = 3), c è
detta radice doppia (rispettivamente tripla) di f (x).
Esercizi
Esercizio 6.6.1. Si provi che (R[x], +, ·) è un anello commutativo unitario.
Esercizio 6.6.5. Sia (R , + , ·)un anello commutativo unitario. Per ogni polinomio
f( x ) = I:iENo ai xi E R[x ], è detto polinomio derivato di f( x ) il polinomio
k(x) = x 5 + x4 + x 3 + x2 + 3x + 3 E Z5[x],
l(x ) = x 5 + 2x E Z3[x].
per opportuni 11-1 , ... , f.Lr, Zll, ... , llr 2: l. Si provi che /L l = Zll, ... , f.Lr = llr.
con Zll - p, 1 > O, sicché per il teorema di Ruffini il polinornio (x- À2)f.L 2 ha per
radice À1 . Pertanto (>.1 - À2)f.L2 = O, con À1 - À2 -=F O, contro l'essere F un
campo. La dimostrazione si completa poi facilmente.
6. 7 Esercizi di riepilogo
Esercizio 6.7.1. Si consideri, nell'insieme Z 5 , l'operazione interna * definita
ponendo, con [x]5, [y]5 E Z5,
H ={ (g ~) :a,b z;}.E
H = { (~ ~) : a E Z6, c E Z6 } .
(i) Si provi che H è un sottogruppo abeliano di G e se ne determini l'ordine.
(ii) Posto
Esercizio 6.7.4. Sia (Q,+) il gruppo additivo dei numeri razionali. Si consideri
l'anello (Q,+ , *), dove* è l'operazione in Q definita ponendo x* y := ixy, per
ogni x, y E Q.
(i) Si provi che la struttura (Q, +,*) è un anello commutativo e unitario e se
ne determini l'unità.
(ii) Si calcoli la caratteristica di (Q,+,*) e se ne determini il sottoanello fon-
damentale.
(iii) Considerate le parti No, Z e T = { -:;;. : m E Z, n E No}, si stabilisca se
esse sono sottoanelli o ideali di (Q,+,*).
(iv) Si provi che (Q,+,*) è isomorfo all'anello (Q, + , ·) dei numeri razionali,
dove· denota l'ordinario prodotto di numeri razionali.
Esercizio 6.7.5. Si dimostri che l'insieme
A= { m : m E Z, n E No}
2n+ l
f:aERf----7(~ ~)ES
è un monomorfismo di anelli e se ne determini l'immagine W, evidenzian-
done i legami con R.
(iii) Si verifichi se W è un ideale destro, sinistro o bilatero di S.
(iv) Infine, dopo aver provato che
e si ponga A = Z x Z.
(i) Si provi che A è un anello commutativo e unitario.
(ii) Si determinino la caratteristica di A e gli eventuali divisori dello zero in A,
e si dica se A è un campo.
(iii) Si verifichi che l 'insieme degli elementi invertibili di A coincide con
U = { (a , E) : a E Z, E E {l , -l}} ,
l 2 3 4 5) (l 2 3 4 5) (l 2 3 4 5)
f= ( l 3 5 4 2 ' g= 4 2 3 l 5 ' h = l 5 3 4 2 .
Si provi che f e g sono biettive e si determinino (f) e (g) nel gruppo simmetrico
§JR.
Esercizio 6.7.15. Nell'anello Z7[x] dei polinomi nell'indeterminata x a coeffi-
cienti in Z7 si considerino gli elementi:
(~ ~) + J
coincidono nel gruppo quoziente (S / J, +).
(iii) Posto
cp : ( ~ ~) + J E SjJ ~a+ c E Z,
si stabilisca se cp è ben posta e se è un omomoifìsmo di anelli.
(iv) Si provi che la matrice
7.1 Generalità
Una matrice n x m a coefficienti in un anello R è una tabella costituita da nm
elementi di R disposti secondo n righe e m colonne. Per esempio la tabella
o -1 3 5 )
B =
( -4o 22
o
7 15
32 -17
è una matrice 3 x 4 a coefficienti nell'anello Z dei numeri interi.
Date una matrice A con n righe e m colonne su un anello Re una coppia (i, j)
di numeri interi tali che i E {l, ... , n} e j E {l , ... , m}, si definisce termine, o
anche entrata, di posto (i, j) di A, e si denota con aij· quell'unico elemento diR
che appartiene alla riga i-esima e alla colonna j -esima della tabella considerata.
Con questa notazione la matrice A viene indicata con
A= ( ~~~ ~~~
an~ an;
o, più brevemente, con A = ( aij). Per esempio b22 = 22 è il termine di posto
(2, 2) della matrice B considerata prima; il termine di posto (3 , 4) è b34 = -17.
Le n righe della matrice A vengono denotate con A (l), A (2), ... , A (n); per
ogni i E {l, ... , n}, la i-esima riga della matrice A è quindi la matrice l x m
Così le m colonne della matrice A vengono denotate con A( l), A( 2), .. . , A( m);
per ogni j E {l , ... , m}, la j -esima colonna della matrice A è quindi la matrice
n xl
A=
( -~ ~ -~
2 -2 4
)
3 o -2
è la matrice
-~
AT = (
3 -1
~ _;
4 -2
~) .
n non è un'applicazione: nella quarta e nella quinta riga non ci sono termini
uguali a l perché appunto a 4 e a5 sono privi di cotTispondenti.
n
Invece la conispondenza 1 tra A e B la cui matrice è
Esercizi
Esercizio 7.1.1. Si determinino le trasposte delle seguenti matrici:
A= ( J =n ). ~i
4 4 7
B = (
15
Il,
2
o
c= (
o
-2
l
-2 l)
3
-50
-50
42
.
con n, m E S.
EserCizio 7.1.3. Si considerino l'insieme S = {xl,x2,X3,X4,xs , x6 } e le rela-
zioni binarie R1 , R 2, R 3, R 4 in S le cui matrici sono rispettivamente
l l o l o o l o o o o o
l l o l o o o l o o o o
l l o l o o o o l o o o
o o o l o o o o o l o o
o o o o l o o o o o l o
o o o o o l o o o o o l
l o l o o o l o o o o l
l l l o o o o l o o l o
o o l l o o l o l o o o
o o o l o o o o o l o l
o o l l l o o l o o l o
o o o o o l l o o o o l
Esercizio 7.1.4. Tra gli insiemi A = {a1, a2, a3, a4} e B = {b1 , b2, b3, b4, bs, b5},
si considerino le corrispondenze:
nl ={(al , bl) , (al, b4), (a3 , b6)},
n 2 = {(al , bl) , (a2, b2) , (a3, b3), (a4 , b4)},
n 3 = {(a2, bl) , (a3, bl) , (a4, b6)},
n 4 = {(al ' bs)' (a2, b6) ' (a3 , bs), (a4 , b2)}.
Dopo aver determinato le matrici delle corrispondenze considerate si dica quali
di esse sono applicazioni, e di queste ultime si studi l'iniettività e la suriettività.
l o o
o l o oo oo )
M= O O O l o .
(
o o o o l
Si stabilisca se n è un 'applicazione e, in caso affermativo, se ne studino iniettività
e suriettività. Si individui inoltre la corrispondenza tra T e S la cui matrice è la
trasposta Mt di M e si stabilisca se essa è un 'applicazione.
In altre parole, si definisce somma della matrice A e della matrice B quella matrice
n x m su R il cui termine di posto (i, j), per ogni i E {1 , ... ,n} e per ogni
j E {l , ... , m}, è la somma, secondo l'addizione di R, dei termini di posto (i, j)
di A e di B .
Per ogni n E N si denota con Mn(R) l'insieme delle matrici quadrate di ordine
n sull'anello R. Siccome si può effettuare il prodotto righe per colonne di ogni
coppia di matrici quadrate di ordine n ottenendo ancora una matrice quadrata di
ordine n, il prodotto righe per colonne è un'operazione interna in Mn(R).
7.2.3. Rispetto alla somma di matrici e al prodotto righe per colonne, Mn(R) è
un anello. Inoltre se R è unitario, anche Mn(R) lo è.
l se i= j
Oij := { O se i f= j.
La matrice scalare In i cui termini della diagonale principale sono tutti l, cioè
In := ( Oij), è detta la matrice identica di ordine n su R, ed è elemento neutro
rispetto al prodotto righe per colonne in Mn(R). Per verificare ciò basta con-
siderare una qualsiasi matrice A = (aij) E M n ( R) e osservare che per ogni
i, j E {1 , .... n} risulta
n
L aihDhj = aijOjj = aij
h= l
e
n
L oikakj = Oiiaij = aij,
k=l
cioè Ain = A = InA. D
264 Capitolo 7
A, se r =l ,
Ar :=
{ ·
Ar- IA, se r > l.
Esercizi
Esercizio 7.2.1. Si dimostri che per ogni A E Mm(R) la matrice A + AT è
simmetrica.
Esercizio 7.2.2. Si considerino le seguenti matrici in M4,3 (Z):
2 3 4)
A=
o
(5
o
l
O O 2
l 9
' B-(~ 7oo 5)
- l
4
3 l
l
l
.
A= ( ~ -~ -! ) , B = ( ~ =i -~ ) , C= ( ~ -i =i ) ·
Si determinino le matrici 3A + 4B- 2C e AT + 2BT- eT.
Esercizio 7 .2.4. Siano
Si calcolino A 2 e A 3 .
Esercizio 7.2.8. Siano A e B matrici quadrate. Si dice che A e B sono permuta-
bili se AB = BA. Si determinino tutte le matrici
A= ( !~
-1 7
o o
Si calcolino i prodotti righe per colonne AB e BA.
Esercizio 7.2.11. Si considerino le seguenti matrici in 1113,2 (1R):
A=
(
o2 l )
4 , B =
-2
3 l
( -7 5
o) ,
-2 l
per ogni n 2: O.
An=
u T) 2n
l
o
A~u ~)
3
l E M,(Z).
o
Si dimostri per induzione su n che
per ogni n 2: O.
per ogni n 2: l.
• per ogni i E {l , . .. , m}, da aij = O per ogni j E {l , ... , n} segue che anche
ai+l ,j = O per ogni j E {l , ... , n};
• se aij f= O e aih =O per ogni h < j, allora a i+ l ,h =O per ogni h :::; j.
L: algebra delle matrici 267
è a scala; il pivot della prima riga è l, il pivot della seconda riga è 3. Invece la
matrice
• si sono moltiplicati tutti i termini di una riga A (i) di A per un elemento non
nullo À E F; per denotare questa circostanza si usa la notazione Ri ---. ÀRi;
• si sono scambiate di posto le due righe A (i) e A (j) di A; in tal caso si utilizza la
notazione Ri +-> RJ;
• si è sostituita la riga A (i) con la riga A (i)+ ÀA (j) = (ai l+ Àajl, .. . , ai n+ Àajn)
dove À E F e i =/= j; questa circostanza si indica con Ri ---. Ri + ÀRj.
7.3.1. Sia F un campo. Per ogni matrice A E Mm ,n(F) esiste una matrice a
scala T E Mm ,n(F) tale che A"' T.
Se m = l , allora !v'h ,n (F) è costituito da matrici a una riga che sono ov-
viamente a scala; sia quindi m > l e si supponga per ipotesi induttiva che ogni
matrice con h < m righe (ed un numero qualsiasi di colonne) sia equivalente a
una matrice a scala. Data una matrice non nulla A E Mm ,n(F) , si può consi-
derare il minimo indice j tale che la j-esima colonna di A non ha tutti i termini
nulli e il minimo indice i tale che a ij ::/:. O. In altre parole si può considerare il
primo termine diverso da O della prima colonna non nulla di A; sia questo a i j.
Se i ::/:. l si scambiano la prima riga e la riga i-esima, cioè si esegue l'operazione
elementare R i ~ R 1 , ottenendo la matrice equivalente
o o *
a ij
*
o o * * *
B=
o o * * *
o o * * *
L'elemento aij è un elemento non nullo di F e quindi esiste ai/ E F ; posto
Àh = -(ai/ )bhj per ogni h E {2, ... , m}, se si eseguono le m - l operazioni
elementari Rh --+ Rh + ÀhR 1 al variare di h E {2 , .. . , m}, si ottiene la matrice
o o
o ** *
a ij
o o *
C=
o o o
o o o ** *
*
Si consideri la matrice D = (dhk) E l~tfm- l ,n -j con dhk c h+l,k+j per ogni
h E {l , . .. , m - l} e per ogni k E {l , . .. , n - j}. Per ipotesi di induzione,
eseguendo sulle righe di D un numero finito di operazioni elementari si ottiene
una matrice a scala
Sl ,n -J )
S2,n-J
Sm-~, n -J .
Se h 1 , ... , ht sono gli indici delle righe di D coinvolte in tali operazioni allora
eseguendo le stesse operazioni sulle righe di C di indici h1 + l , ... , ht + l si
ottiene la matrice a scala
o o a ij
* *
o o o sn Sl,n- j
T =
o o o
o o o Sm-1 ,1 Sm - l ,n - j
equivalente ad A. D
L: algebra delle matrici 269
7.3.2. Esempio. Si voglia determinare una mattice a scala equivalente alla matri-
ce
A_
oO oO l )
2
- ( o -5 -3
o l l
Si noti che la prima colonna non nulla di A è la seconda e il primo elemento
non nullo della prima colonna non nulla è quello di posto (3, 2). Occorre quindi
scambiare la terza riga di A con la prima, cioè eseguire l' operazione elementare
R 1 ~ R 3 , ottenendo:
o -5
o o
C= ( O O
o o
Di qui, eseguendo le operazioni R 3 ---t R3 - !R2 e R4 ---t R4 - ~ R 2 , si ottiene
la matrice a scala
o -5 -3 )
o o 2
T= ( O O O '
o o o
che è equivalente ad A perché ottenuta da A con un numero finito di operazioni
elementari sulle tighe.
7.3.4. Sia F un campo. Per ogni matrice A E A1m,n(F) esiste un 'unica matrice
a scala ridotta U E M m,n(F ) tale che A rv U.
Dimostrazione. In primo luogo, in virtù di 7 .3.1 si può assumere che A sia una
matrice a scala. Detti al}!, a 2}2, .. . , akjk i suoi pivot, mediante le operazioni
elementari
A questo punto per annullare tutti i termini sopra i pivot basta eseguire le opera-
zioni elementari seguenti:
L: algebra delle matrici 271
R k -1 ---> Rk - 1 _ bk-1Jk. Rk .
7.3.6. Esempio. Per ottenere la matrice a scala ridotta equivalente alla matrice a
scala
T~ o-~ -D E M,,,(Q)
R1---> -~R1
5
R2---> ~R2
2
R1---> R1- ~R2
5 l
ottenendo la matrice
oo o o)
l
l
U =
(o O O O
o o
E M4,3(Q)l
Esercizi
Esercizio 7.3.1. Sia F un campo. Si dimostri che ponendo A"' Bse e solo se B
si ottiene da A effettuando un numero finito di operazioni elementari sulle righe,
si definisce in Mm ,n (F) una relazione d'equivalenza.
272 Capitolo 7
l 5)
o o
l l
B=( 2 o o l )
A=
( 2 O l
3 o 2
' 3 l o l o
A= ( ~ ~ =~ ~
3 6 -4 3
),B = ( ~
3
=i ~ -~ ),
l 2 3
C= ( -~l 2~ =: ).
-5
Esercizio 7.3.4. Si riducano a scala le matrici
A=(i l
~; ~ ~),B=(~o 9~~),c=(~
2 8 4 12 4
~ ~
l -4 -2
!).
-2
Esercizio 7.3.5. Si determinino le seguenti matrici elementari di ordine 3 su Q:
l
E 13' E 22 ' E-5
32 '
E3 E-7
21' 3 o
Esercizio 7.3.6. Dopo aver individuato una matrice a scala T equivalente alla
matrice
-~ ~ -i-5 )
A=
( o
o o
4
-2
si determini la matrice E prodotto di un numero finito di matrici elementari tale
che EA =T.
Esercizio 7.3.7. Si riducano a scala le seguenti matrici su Z7:
A~ ~-n),
l 1/3 1/5
-4 -2 l
( o B= 2
5 2 2 3
(
-t/6 o
L.: algebra delle matrici 273
l 2 3 5 )
A= 2 O 7 4
( 5 9 o o
l 2 5 )
A 23 = ( 5 9 O , A24 = ( 5l . 92 O
3 )
.
se n > l. (7 .4.1)
A= ( an a1 2 )
a21 a 22 '
a12 a13 )
azz az3 ,
a32 a33
basta eseguire la somma dei prodotti degli elementi situati sulla diagonale princi-
pale di A e di quelli situati ai vertici dei due triangoli isosceli che hanno un lato
parallelo a tale diagonale, ossia anazza33 + a12a23a31 + az1a32a13
azv··
a13
• •
• a32 •
e aggiungervi la somma degli opposti dei prodotti degli elementi situati sulla dia-
gonale secondaria di A e di quelli situati ai vertici dei due triangoli isosceli che
hanno un lato parallelo a quest'ultima, ossia -a13a22a31- a12a21 a33- an az3a32
Si vede subito che così facendo si ottiene lo stesso risultato che si era ottenuto in
precedenza sviluppando il determinante rispetto alla prima riga.
In alternativa, si può scrivere la matrice 3 x 5 che si ottiene da A aggiungen-
dovi una quarta colonna identica alla prima, e una quinta identica alla seconda:
an a12 a13 an
a21 azz az3 a21
(
a31 a32 a33 a31
ed eseguire la somma dei prodotti degli elementi situati sulle tre diagonali "prin-
cipali" (quelle che, partendo dall'alto, vanno da sinistra a destra), e sottrarvi la
L: algebra delle matrici 275
somma dei prodotti degli elementi situati sulle tre diagonali "secondarie" (quelle
che, sempre partendo dall' alto, vanno da destra a sinistra): infatti così facendo si
ottiene au a22a33 + a12a23a31 + a13a21a32- a13a 22a31 - au a23a32- a1 2a21a33,
che è ancora il medesimo risultato ottenuto in precedenza.
Ovviamente la regola di Sarrus è valida soltanto per i determinanti delle
matrici di ordine 3.
Si può dimostrare che, per ogni matrice A E M n (R) e per ogni i E {l , . .. , n},
n n
(7.4.2)
j= l j= l
Sia R un anello unitario. Una matrice quadrata A E Pvfn(R) è detta non sin-
golare (o anche non degenere) se de t A è un elemento inverti bile nell 'anello R,
singolare (o degenere) in caso contrario.
In particolare, se F è un campo, una matrice A E Mn(F) è non singolare se
e solo se de t A -l O. Per (iv), (v) e (vi) di 7 .4.1, se A è non singolare allora ogni
matrice che si ottiene da A eseguendo un'operazione elementare sulle righe di A
è non singolare. Questo comporta che se A , B E lVIn(F) sono tali che A rv B,
allora det A-# O se e solo se det B-# O (vedi Esercizio 7.4.11).
Si può poi dimostrare il seguente:
Esercizi
Esercizio 7.4.1. Siano F un campo, (al, a2, ... , an) E Fn. Il determinante
l l l
al a2 an
V(a1,a2 , . .. ,an ) :=det
a2l a22 an2
n-1 n- l
al a2 ann- l
A= ( i -~ ~ ) ,
2 3 3
-4
o
o H:).
5 2 2 3
A=
(
l 7 3 5
2 4 l o
3 l O 2
l o 7 4
!) E M,,s(Z),
A=
( l 73)
2 O 5
l o 3
, B=
2 l l )
O 3 7
( 4 2 l
.
o 2 7 ) ( -2 l -2 ) ( l l l
A= ( O O 1r , B = l -2 l , C= ~ ~ ~
3 o o -2 l -3 5 6 7
o! D
Esercizio 7.4.8. Utiliz~ando la regola di Sarrus, si calcoli il determinante della
matrice
A= EM,(Zg).
A= (-t 3/5
o
-2
l
-1/2
-1
o3
o o
1/5 )
3
O E M4(Q),
si determinino i complementi algebrici degli elementi di posto (2, 2), (l, 4), (3, 2),
(2, 4).
Esercizio 7.4.10. Utilizzando la 7.4.1 si provi che
o o
~ 2~o ~~7 ~~~66 ) ,
A=
(oo o o - 1
B=
( l~~
3/2
10
-100
-21
o
2
72 -3
~) ,
u
o o
J).
o 2
10~
- 14
37 -43 -6 o 26
C= o o -5 ) , D= 75 o -101
2 15/4 73
( -77 4 - 1/ 90 32
5 l -3 201 7 21
7)
E=
( 21 76 -32
-5 - 1 3
28
54 65 -99 -89
7 , F=
(
78
l -15
-6
l
-6 -6 -12
- 15
17
14 )
-3~ ,
-10 4 13 - 1~ -4 - 14
G=
( -8
2 -4 7
27
o 20
l 6
l),
-9
H=
( -8
27
-4 -2
o -8
l 28 -9
l).
7.5 Matrici invertibili
Sia R un anello unitario, e sia n un intero positivo. Come già provato in 7.2.3,
Mn(R) è un anello unitario. Un elemento A E Mn(R) si dice matrice inverti-
bile se A è simmetrizzabile rispetto al prodotto righe per colonne in Mn(R), e
quindi se esiste una matrice B E Mn(R) tale che AB = In = BA. Se A è
invertibile una tale matrice B è unica (vedi 4.1.10); essa viene detta la matrice
inversa di A e denotata col simbolo A - l . il risultato che segue fomisce un'utile
caratterizzazione delle matrici invertibili.
1
Pij = taihbhj = ( t a ih(-l)h+jdetAjh ) (detA)- . (7.5.1)
h=1 h=1
Se i = j allora
n
'""'
D ai h (-l) h+i d et Aih = d et A
h=1
per (7.4.2), e quindi la (7.5.1) comporta pii= l. Se invece i i= j, si assuma i< j
e si consideri la matrice C = ( Cij) che si ottiene da A sostituendo la riga j -esima
con la riga i-esima. Tale matrice C ha allora due righe uguali, la i-esima e la
j -esima, dunque d et C = O per la (i) di 7 .4.1. Inoltre, per ogni h E {l, .. . , n},
risulta banalmente Cjh = aih e cjh = Ajh· Pertanto per la (7.4.3) si ha
n n
O=detC= '""'
Dcjh(-1) h+JdetCjh=
. '""'
Daih(-1) h+ JcietAjh,
.
h=1 h=1
e dalla (7.5.1) segue che Pij = O. Pertanto P = In . Analogamente si prova che
BA= In. Ne segue che A è invertibile, e B è la matrice inversa di A. D
Nel caso delle matrici non singolari di ordine 2, il calcolo della matrice inversa
risulta particolarmente semplice.
A= ( ~ ~) E Mz(R)
Dimostrazione. Esercizio. D
Si noti che nella prima parte della dimostrazione di 7.5 .l si è in realtà provato
quanto segue:
(7.5.2)
3
A= · 2 O l
(
l o) E M3(Z).
4 l l
A*= ( =i l
~
-3
i),
-2
-2
-2
l l
-3
-1
-1)
3
2
.
AB=In ~ BA=In.
R2 - t R2- ~Rl
. 3
Rl - t ~Rl
3
R2 -t 3R2
R3 -t -~R3
2
Rl - t Rl + ~R2
3
Rl - t R l - R3
R2 -t R2 - 3R3 .
Dunque
o l 1/2
A-1 = E-3E-1E3
23 13 12 3
l
E-2E3E3E-3
2 l
l
21 = ( -1 3 3/2
o o -1/2
l l
)
Esercizi
Esercizio 7.5.1. Si dimostri il Corollario 7.5.2.
282 Capitolo 7
A= c4 4 5
3 l - 2
~) , B=(~l
6
5
l D·C=U
-11
2
-36
-l
-5
8
7
o -9
li)
Esercizio 7.5.3. Si stabilisca se la matrice
oo
A =
un 7 o
o4
oo
E M4(Zg)
o! oEM,(~)
Esercizio 7.5.4. Si stabilisca se la matrice
B=
è invertibile e, in caso affermativo, si determini B- 1 e si calcoli det(B- 1 ).
Esercizio 7.5.5. Si stabilisca quali delle seguenti matrici su Zg sono invertibili, e
di ciscuna di esse si determini la matrice inversa:
i cui elementi sono tutti e soli gli elementi di A che apprutengono simultanea-
mente a una delle righe A (i l), .. . , A (ip ) e a una delle colonne A(h), . .. , A(jp). Il
determinante di una tale sottomatrice di A è detto minore di ordine p della matrice
considerata.
L: algebra delle matrici 283
o
l
-2 3 )
l - 5
A= 4 7 11 E M 4,3(«Jl).
(
- 1 o o
Le sottomatrici quadrate di ordine 3 di A sono:
A1 ,2,3 _
1,2,3 -
n -2
l
7
-~)
11
, A 1,2,4 _
1,2,3 - (
o
l
- l
-2
o
l
-n.
-5)
A1 ,3,4 _
1,2,3 -
(J -2
7
o l~). A 2,3,4 _
1,2 ,3 - (
l l
4 7
-l o
l~ .
7.6.2. Sia A E Mm,n(F), e sia O < h < min{ m, n}. Allora p( A) = h se e solo
se A possiede un minore non nullo di ordine h e tutti i minori di ordine h + l di
A sono nulli.
Osservazione. Si potrebbe dimostrare che se un minore det Aj~ ·,·.·.·. ·,Y;, di A è non
nullo, per poter dire che A ha rango h non è necessario verificare che sono nulli
284 Capitolo 7
det ( -3
0 1
o) = -3,
det
( -3 o 4)
O l l , det
( -3 o 7)
O l O ,
o o o o o o
sono nulli.
Si potrebbe anche dimostrare che:
7.6.4. Il rango di una matrice a scala coincide con il numero dei suoi pivot.
E inoltre:
Le 7 .6.4 e 7 .6.5 forniscono un ulteriore metodo per calcolare il rango di una ma-
trice. Basta infatti individuare una matrice a scala equivalente alla matrice data e
poi contarne i pivot.
Esercizi
Esercizio 7.6.1. Si riducano a scala le seguenti matrici su Q :
A=(i l
~; ~ ~),B=(~o 9~~)
2 8 4 12 4
, c=(~l .-4~ -26 -2!),
e se ne determini il rango.
L: algebra delle matrici 285
l o
A=
(
o
2 O
3 o
l
B= ( 2 o o l)
3 l O l '
e se ne determini il rango.
5l o
3 2l ) l 2 3 2 )
C= 2 9 O ' D = O l O l .
( ( 2 4 6 4
2 6 4
A= (
a
l c)
lb l E M2,3(F).
auxl + · · · + alnXn = Yl
a21 X 1 + · · · + a2nXn = Y2
(7.7.1)
286 Capitolo 7
A'=
(
au
a21 ~~~: ;~: )E Mm,n+l(F),
a1:1l amn Ym
che prende invece il nome di matrice completa del sistema. Denotate con
Yl )
Y= E Mm,l(F)
(
:,:
la matrice dei termini noti, per il sistema (7.7.1) si può utilizzare la notazione
compatta
AX=Y,
dove il prodotto è, ovviamente, righe per colonne. Se Y è la matrice nulla allora
il sistema è detto omogeneo. Il sistema lineare (7.7.1) è detto compatibile se
ammette almeno una soluzione, cioè se esistono elementi c1, ... , c71 E F tali che
anc1 + · · · + alnCn = Yl
a21c1 + · · · + a2nCn = Y2
C = ( : ) E Mn,l( F)
L: algebra delle matrici 287
tale che
AC = Y.
Un sistema lineare omogeneo è sempre compatibile perché ammette sempre al-
meno una soluzione, ovvero la matrice nulla. Un sistema lineare che non sia com-
patibile è detto incompatibile. Sistemi lineari che ammettono le stesse soluzioni
sono detti equivalenti.
Metodo di Cramer
In questa sezione si considerano sistemi di equazioni lineari in cui il numero delle
equazioni coincide con quello delle incognite e quindi sistemi del tipo
AX=Y
dove la matrice incompleta A E M n (F) è quadrata di ordine n.
come volevasi. L'altra implicazione venà dimostrata nel Paragrafo 8.7 (vedi
Esercizio 8.7.1). D
Nella pratica, l'unica soluzione del sistema lineare (7.7.1) con n = m e det A i- O
viene spesso determinata utilizzando la seguente:
detB 1 (~etA) -
1
_ ( )
C- : '
det Bn(detA)- 1
dove, per ogni i E {l , ... , n}, Bi è la matrice che si ottiene da A sostituendo alla
colonna i-esima la colonna Y dei termini noti.
288 Capitolo 7
Dù:nostrazione. Sia
Ci = d et Bi (d et A) -l,
come volevasi. D
7.7.3. Esempio. Il sistema lineare di 3 equazioni in 3 incognite a coefficienti in Q
4xl + x2 - Sx3 = O
-2x2 + 3x3 = -4
{
-6x1 + 7x3 = 5
ha matrice incompleta
A= ( ~ _; -~).
-6 o 7
Poiché detA = - 14 i= O, per il teorema di Cramer (vedi 7 .7 .1) il sistema
ammette un' unica soluzione, data da A - l Y. L' inversa di A è la matrice
l 1/2 1/2 )
A- 1 = 9/7 1/7 6/7 ,
( 6/7 3/7 4/7
1/2 )
C=A- 1Y= 26/7 .
(
8/7
I tre termini c1, c2, c3 di C possono essere agevolmente calcolati utilizzando la
regola di Cramer (vedi 7.7.2), ottenendo:
c1 = det ( -: -~ -~ ) (detA) - 1
= ~
L algebra delle matrici 289
o
-~ ~
4
c2 ~ det ( o -4
7
) (detA)- 1
26
7
-6 5
c,~ det ( ~
l
-2 -4 o) 8
(detA)- 1 = -.
-6 o 5 7
Metodo di Gauss-Jordan
In questa sezione si illustrerà un metodo per stabilire la compatibilità, e quindi
risolvere, un sistema
AX=Y (7.7.2)
di m equazioni lineari in n incognite a coefficienti in un campo F. Indicata con A'
la matrice completa del sistema (7.7.2), la 7.3.1 assicura che esiste una matrice a
scala Q E Mm ,n+l (F) tale che A' rv Q. Denotata con P E Mrn,n (F) la matrice
le cui colonne sono le prime n colonne di Q, e con
PX=D (7.7.3)
Plj1 X)l + Pl)2X)2 + ·' ' + PljtXJt + Pljt+ l Xjt+l + ''' + PljnXJn
P2j2XJ2 + ' '' + P2jtXJt + P2jt + l Xjt +l + ''' + P2jnXJn
{
PtjtXJt + Ptjt+l Xjt+! + ''' + Ptjn XJn dt
(7.7.4)
dove Pl]l , P2j 2 , . . . , Ptjt sono i pivot. Se si pone
290 Capitolo 7
Xl + 3X2 - X3 = 0
-6x2 + 2x3 = l (7.7.6)
{
2x1 + 6x2 - 2x3 = -l
ha matrice completa
-1 o
A'~U
3
-6
6
2
-2
l
-l
),
che è equivalente alla matrice a scala
-1 o
Q~o
3
-6
o
2
o
l
-l
)
Il sistema (7 .7 .6) è pertanto equivalente al sistema
Xl + 3X2 - X3 = 0
-6x2 + 2x3 = l
{
o= -1.
L: algebra delle matrici 291
P= o-~ -n,
risulta 2 = p(P) < p( Q)= 3.
7.7.5. Esempio. Il sistema di 3 equazioni lineari in 4 incognite su Q
Xl + 2X2 + X4 = 2
2x1 + 3x2 + 4x3 - x4 = l (7.7.7)
{
-xl + Sx2 - X3 + 2x4 = 2
ha matrice completa
Q= ( ~ - ~ ~ -~ -~ )
o o 27 -18 -17
(7.7.8)
18t- 17
C3 = - - -
27
è soluzione dell'ultima equazione di (7.7.8). Sostituendo tale valore al posto di X3
nell'ultima equazione si ricava
13 - 9t
C2 =
27
e quindi dalla prima equazione si ottiene
28- 9t
Cl = _2_7_
292 Capitolo 7
Per ogni t E <Ql il sistema (7.7.8), e quindi il sistema (7.7.7), ammette l'unica
soluzione
c
t
= ( ~~~ =~~~j~; ) .
(18t-/7)/27
c,~ ( y~~y)
Esercizi
Esercizio 7.7.1. Si risolva con la regola di Cramer il seguente sistema lineare su
<Ql:
x-y+ z =l
2x + z =O
{
3x +y = 2.
Esercizio 7.7.2. Si risolva con la regola di Cramer il seguente sistema lineare su
Z13:
x-y+ z =O
{
_x+ :z = ~
2x + 3y =l.
Esercizio 7.7.3. Si risolvano con il metodo di Cramer i seguenti sistemi di equa-
zioni lineari su Zn:
{ ~x++ ~y = ~2,
4x 3y
=
2x + ~y + z= ~ 3x + 2y + ~z = ~
x+ 2y + z = 4 x+ 4z = 2
{ {
2x + y + z = 3, x+y + z = 3.
7x - 2y + 5t = O
x-z=O
4y + z =o
7x- 2y + 5z =O
{ 2x - 2y + lO z = O, { z + 2t =o
x+ 3y + z =o.
x + 2y - z + t = 2
y + 3z + 2t =-l
{ x-z+t=O
x + y + 2z + 3t = - l.
2y - 4z +t= l 5x + 3y - 2z = l
x- 3y- z +t= o y- 2z = -2
{ {
x - y + 4z - 2t = -l , y + 2z =l.
294 Capitolo 7
l 2x + ~y - ~z
2x - 6z
2z + 3t = 4
+ ~t = ~
+ 9t = 7.
Esercizio 7.7.17. Si risolva il seguente sistema lineare su Q:
x+ 7y + 3z = 2
-x+ 2z =-l
{
3x + y + z =l.
Esercizio 7.7.18. Si risolva il seguente sistema lineare su Z5:
x + 2y + 3z = -I
y + 2z = -2
{
2x + 3y + 4z = O.
Esercizio 7.7.19. Si risolva il seguente sistema lineare su Z7:
-3: - 3~ - 3z = =-3
-2x + 2y + z =O
{
x- 3y + 3z =O.
L algebra delle matrici 295
risulta
AV=ÀV.
Se ciò accade, V (o anche (v1, . .. , vn )) è detto autovettore di A relativo al-
l'autovalore À. Si comincerà illustrando le propdetà elementari di autovalod e
autovettati.
il che comporta che()..- p,) vi = Oper ogni i E {l , .. . , n}. Per ipotesi v1, ... , Vn
non sono tutti nulli, ovvero esiste j E {l , ... , n} tale che Vj i- O. Allora da
().. - p,) vj = Oe Vj i- O segue().. - p,) =O, cioè)..= p,. D
Dimostrazione. Per definizione, ).. è autovalore per A se e solo se esiste una ma-
trice non nulla V E Mn ,l(F) tale che AV = ÀV, cioè tale che AV = (Àln )V,
ossia AV - (Àln)V = (A - Àln)V = O. Pertanto).. è un autovalore per A se e
solo se il sistema lineare omogeneo
ammette un ' unica soluzione (e quindi solo la soluzione nulla) se e solo se risulta
det(A - Àln ) i- O. Ciò comporta che À è un autovalore per A se e solo se
det(A - Àln ) =O. D
Lo sviluppo del determinante
det(A - x l n )
produce un polinomio PA(x) E F[x] di grado n (vedi Esercizio 7.8 .1), detto
polinomio caratteristico della matrice A. Pertanto:
~ det c-x ~
3- x
o
o
8
o
-2
- 1- x
-4
o
o
o
- 1- x
)
= (3 - x )2 (1 + x )2 .
Le radici di PA (x ) in ((Jl, e quindi gli autovalori di A , sono À 1 = 3 e À2 = - 1.
Gli autovettori di A relativi all'autovalore À 1 = 3 sono le soluzioni non nulle
(v1, v2, v3, V4) E ((Jl 4 del sistema lineare
di M4,l(Q).
Esercizi
Esercizio 7.8.1. Si provi, ragionando per induzione su n, che il polinomio carat-
teristico di una matrice A E Mn(F) ha grado n, e che il suo coefficiente direttivo
(ossia il coefficiente di x n) è (-l )n.
Esercizio 7.8.2. Si determinino gli autovalori reali delle seguenti matrici:
A=
l( l)
o 4o
O 3
o
-2 o
-1 O ' B=
(
4
o
3
o
2
-2
o
O -l j)
o o o l o -1 o
Esercizio 7.8.3. Si determinino i polinomi caratteristici e gli autovalori delle
seguenti matrici su ffi.:·
3 -2 o ) o l o)
A= -2 3 O , B= O O l .
( o o 5 ( 4 -17 8
l -3 3 ) -3 l -1 )
A= 3 -5 3 · , B = -7 5 -1 .
( 6 -6 4 ( -6 6 -2
A=
o l 2)
( oO oO o3 , B = ( -i3 ~2 -2~), c= (
2 -2
o
3 )
3 -2 .
o
-1 2
298 Capitolo 7
A= ( l~ -~ -~ ) , B = ( ~ -~~ ~ ) , C= ( -~ ~ 6) .
o - l 5 - 2 o 3 o 23 -4
42I)
4I)
(~~- (- ----)
o 3 2 l
"4257 ;
----
(4 2 o 6) . i(2 ~ .
~o ~ ] )
l
H =
-2
O '
J( = ( 2/~ - 1/! - 1~ ) .
(
-7 - 3 - 5
o -1 2/3
L: algebra delle matrici 299
-4 7)
- 3 6
o o) .
- 3 7
-9 15 ' 2 5
A=(~ 6
-1
-5)
7 ' C=(
-3
7 - 1
3 - 2
4 -6) ~ .
Eser~izio 7.9.8. Sia K un campo. Nel gruppo GL(3, K) delle matrici 3 x 3 non
singolari su K, con il prodotto righe per colonne, si considerino il sotto gruppo
e le parti:
v ~ { (~ ~ D K}
cE
per ogni n 2: l.
Esercizio 7.9.10. Si consideri la matrice
A= Gi) E M2(Z).
per ogni n 2: l.
L: algebra delle matrici 301
l
A = (O 1/2)
l E M2 (Q).
A 2n (l n)
-_ o l .
A= ( ;l =~ ~
-9 15
), B = ( ;
8
-~2 ~5 ) .
302 Capitolo 7
A=
l
-2
o
2
o ol o
3 4
-3 )
-2 '
B =
(
2/5
7/2
- 1/3
5
o )
- 10 .
(
-7 o -3 -5
o -1 2/3
2 -l 2
8 lO
6
A= -2 o -2
4 -9 2
(iii) Siano
o -1 5 )
J( = 3 - 12 8 E M3(1R) ,
( o o o
e T = H - K . Si determinino il polinomio caratteristico e gli autovalori
della matrice T .
Esercizio 7.9.19. Si considerino le matrici
l
Esercizio 7.9.20. Si considerino le seguenti matrici su Q:
A= ( - l
o1 oo
- l
1
3
l
ol o)
l
o
l '
B = ~
O -1 6 ~ =i
2 2 .
o l o l o ( l o o - 1
o - 1 o -1
l
Esercizio 7.9.21. Si considerino le seguenti matrici su Q:
A= ( -1 - 1 l
o1 oo 1 o
3 l
l
o)
o
l '
B = ~
O -1 6 ~ =i
2 2
o l o l o ( l o o -1
o -1 o -1
B=
(
5
o 25
o o
o o
o -35
-5
10
o
C= ( ~
11
-H -n
-3 4
Bt = ( i!
2 2 6 -t
~ 2t L)
t
t -2 -7 11 2)
- o 2- t -2t - 6 /
Bt- O O t 3 .
(
o 3 3 t
8.1 Generalità
Sia F un campo. Una struttura algebrica (V,+ , ·), dove
+:VxV------tV
(x,y)~-+x+y
è un'operazione interna in V e
·:F xV------tV
(a, x )~--+ ax
un' operazione esterna con dominio di operatori F, viene detta uno spazio vetto-
riale su F (o anche un F -spazio vettoriale) se valgono le seguenti proprietà:
(i) x+ (y + z ) =(x+ y) + z, per ogni x, y , z E V,
(ii) x+ y=y+ x, perogni x,yEV,
(iii) :3 O E V : x + O = x, per ogni x E V,
(iv) Vx E V, :3- x E V: x+ (- x)= O,
(v) (a{3)x = a({3x), per ogni a, {3 E F , x E V,
(vi) a(x + y) = ax + ay, per ogni a E F , x,y E V,
(vii) (a+ {3 )x = ax + {3x, per ogni a, {3 E F , x E V,
(viii) l x= x, per ogni x E V,
306 Capito lo 8
dove ovviamente l denota l' unità del campo F. Con la terminologia introdotta
nel Capitolo 4, le proprietà (i) - (iv ) esprimono il fatto che (V,+) è un gmppo
abeliano. Gli elementi di V sono detti vettori e denotati con lettere dell ' alfabeto
latino, quelli di F vengono detti scalari e denotati usualmente con lettere dell'al-
fabeto greco. L'elemento neutro del gruppo abeliano (V,+), denotato al solito
con O, è detto il vettore nullo.
(>,1 , À2, · · · , Àn) + (J.L1, J.L2, · · ·, J.L n) := (>.1 + J.L1, À2 + J.L2, · · ·, Àn + J.L n),
Q (À1 , À2, ... , Àn) := (QÀ1, QÀ2, ... , QÀ11 )
A+ B ·=(a
. ··+ b ·) ,
~J ~J
>.A := (Àaij ),
(f + g)( x ) := f( x ) + g( x ),
dove l' operazione+ che compare a destra nella precedente uguaglianza è ovvia-
mente la somma del campo F. Si vede facilmente che la struttura (F 8 , +) è un
gruppo abeliano. Si definisca poi in F 8 un ' operazione esterna con operatori in F,
ponendo, per ogni a E F , per ogni f E F 8 e per ogni x E S:
(a f)( x ) := a f( x),
(af)( x ) := af(x),
Le principali regole di calcolo valide negli spazi vettoriali sono sintetizzate nella
proposizione che segue:
8.1.7. Sia V uno spazio vettoriale su un campo F. Per ogni a, {3 E F e per ogni
x, y E V si ha:
(i) aO =O= Ox;
(ii) a( -x)= -(ax) = ( -a)x;
(iii) a(x- y) = ax- ay;
(iv) (a- {3)x = ax- {3x;
(v) ax = O {::::::::} a = O oppure x = O.
308 Capito lo 8
Esercizi
Esercizio 8.1.1. Si provi 8.1.2.
Esercizio 8.1.2. Come generalizzazione dell 'Esempio 8.1.2, si provi che se A è
un anello e n un intero positivo, l'insieme
A n = { (Xl, X2, . . . , X n ) : X l , X2, .. . , X n E A}
delle n-uple ordinate di elementi di A può essere strutturato in maniera naturale
a spazio vettoriale su un qualunque sottoanello F di A che sia un campo. In tale
modo, per esempio, lR11 può essere visto come spazio vettoriale su Ql, C 11 come
spazio vettoriale su lR o su Ql.
Esercizio 8.1.3. Si provi 8.1.4.
Esercizio 8.1.4. Si provi 8.1.5.
Esercizio 8.1.5. Si provi 8.1.6.
Esercizio 8.1.6. Sia R il gruppo additivo di un anello di caratteristica prima p.
Si dimostri che R può essere strutturato a spazio vettoriale sul campo '1Lp.
Suggerimento. L'applicazione
· : '1Lp x R ---7 R
([n]p, x) f--------> nx
è ben posta, in quanto da [n]p = [m]p segue pln - m, dunque nx - mx
(n- m) x = O essendo p la caratteristica di R (vedi (iii) di 6.5 .22); ne segue
che nx = m x. Allora · è un ' operazione esterna in R con dominio di operatori
'1Lp . Ora (R, +) è un gruppo abeliano, e le leggi di calcolo nell'anello R, tenendo
conto del fatto che la caratteristica di R è p, consentono di verificare agevolmente
le proprietà (v) - (viii) della definizione di spazio vettoriale.
Spazi vettoriali 309
Dimostrazione. Esercizio. D
8.2.3. Esempio. Sia F un campo. I sottospazi di F visto come F -spazio vettori aie
(vedi Esempio 8.1.2 con n = l) sono solo quelli banali. Infatti se W i= {O} è
un sottospazio di F, allora esiste x E W con x i= O. Ciò significa che x- 1 E F ,
pertanto l= x- 1 x E W . Di qui, per ogni a E F risulta a= a l E W, e W= F.
8.2.4. Esempio. Sia F un campo. Nello P-spazio vettoriale pn (vedi Esem-
pio 8.1.2) il sottoinsieme D = {(x, x, ... , x) : x E F} è un sottospazio, detto il
sottospazio diagonale. Infatti D i= 0, e da (x, x, ... , x ), (y, y, ... , y) E D segue
(x, x, .. . , x )- (y , y , .. . , y) = (x- y , x- y, ... , x- y) E D. Inoltre, per ogni
a E F risulta ovviamente a(x, x, ... , x ) = (ax, ax, ... , ax) E D.
8.2.5. Esempio. Sia F[x]lo spazio vettoriale dei polinorni nell'indeterminata
x a coefficienti in un campo F (vedi Esempio 8.1.4). Con n E No, sia F[x; n]
l'insieme costituito dal polinornio nullo e da tutti i polinorni di F[x] aventi grado al
310 Capitolo 8
è un sottospazio di V.
Dimostrazione. Esercizio. D
Dimostrazione. Si ponga
8.2.12. Siano ~V1 , . .. , ~Vn sotto spazi di uno spazio vettori a/e V. L'insieme
Dimostrazione. Esercizio. o
Esercizi
Esercizio 8.2.1. Si provi 8.2.2.
Esercizio 8.2.2. Sia V uno spazio vettoriale su un campo F. Si provi che un
sottoinsiem e W di V è un sottospazio di V se e solo se O E lV e ax + (Jy E l1V,
per ogn i x, y E lV e per ogni a, (3 E F.
Esercizio 8.2.3. Si provi che un sottogruppo additivo di uno spazio vettoriale non 1
ne è necessa riamente un sottospazio.
Suggerimento. Si utilizzi l'Esempio 8.2.3.
Esercizio 8.2.4. Si consideri .i\12(1R) strutturato a JR -spazio vettoriale nel modo
usuale. Si stabilisca se i sottoinsiemi lV1 e lV2 costituiti rispettivam ente da lle
matrici singolari e da quelle non singolari sono sottospa zi di .i\;f2(1R).
Esercizio 8.2.5. Per ciascuno dei sottoinsiem i seguenti si stabilisca se esso è un
sottospazio di «i, strutturato a spazio vettoriale su Q nel modo usuale:
wl= {(x,y): x= y},
w2 = {(x,y): x= 2y},
W3 = { (x, y) : x + y = 1} ,
w,l = {(x, y): x= 0} .
Spazi vettoriali 313
W1 = { (a, b, c, d) : a+ b + c+ d = O},
W2 = { (a, b, c, d) : a+ b + c = O} ,
W 3 = {(a , b, c, d) : a + b = O},
W4 = { (a, b, c, d) : a = O}.
Esercizio 8.2.13. Si consideri l'insieme V = { (2, O, 0), (0, -3, O)} nello spazio
vettoriale reale IR 3 e, dopo aver descritto (V), si stabilisca se il vettore (5,- 2, O)
ne è un elemento.
8.3.1. Sia V uno spazio vettoriale su un campo F, e sia X un insieme finito non
vuoto di vettori di V. Allora il sottospazio di V generato da X è L'insieme di tutte
le combinazioni lineari dei vettori di X con scalari in F.
cioè se l'unica combinazione lineare dei vettori di X che risulti uguale al vettore
nullo è quella con scalari tutti nulli. Talvolta tale circostanza si esprime anche
dicendo che gli n vettori x 1, x 2, ... , X n di V sono linearmente indipendenti. Per
convenzione, l'insieme vuoto è sempre linearmente indipendente. L'insieme di
vettori X = { x 1, x2, . .. , Xn }, con lX l = n, si dice linearmente dipendente
se non è linearmente indipendente, cioè se esiste una combinazione lineare dei
vettori di X con scalari non tutti nulli che risulti uguale al vettore nullo. In tal
caso si dice anche che gli n vettori x 1, x 2, ... , X n sono linearmente dipendenti.
8.3.2. Esempio. Sia V uno spazio vettoriale su un campo F. Allora per ogni
x E V \ {O} il singleton {x } è linearmente indipendente, come si ottiene subito
applicando (v) di 8.1.7.
8.3.3. Esempio. Sia F un campo. Per ogni n 2: l , il sottoinsieme { e1, ... , en}
di pn (vedi Esempio 8.2.10) è linearmente indipendente: da a1e1 + a2e2 + · · · +
anen = O segue (al, O, O, ... , O)+ (0 , a2, O, ... , O)+··· + (0 , O, ... , O, an) =
(a1 ,a2, .. . ,an ) = (O,O, .. . , O) ,cioèa1 = a2 =·· · =an= O.
Spazi vettoriali 315
8.3.4. Esempio. In «i, strutturato a Q-spazio vettoriale nel modo usuale, i vettori
(1 , 2, 0) , (~,O,~), (4, 4, 2) sono linearmente dipendenti. Infatti si ha: 1(1 , 2, O)+
3(~,0,~)- !(4,4,2) =o.
8.3.5. Esempio. Siano F un campo ed F[x]lo spazio vettoriale dei polinorni
nell'indeterminata x a coefficienti in F. Per ogni n E N0 , i polinorni l = x 0, x,
x 2, ... , xn sono linearmente indipendenti: se f( x) = ao+a1x 1+· · ·+anxn =O
allora f (x ) è il polinornio nullo, pertanto ao = a1 = · · · = an = O.
Si dice che un vettore v E V dipende linearmente dagli n vettori x1, x2, . .. , Xn
di V (o dall'insieme X = {x 1, x2, . .. , xn } di vettori di V) se v E (X), ossia se
esistono scalari a1, a2, . .. , an E Ftaliche v= a1x1 + a2x2 + · · · + anXn.
8.3.6. Sia V uno spazio vettoriale su un campo F, e sia X = { x1, x2, ... , Xn}
un insieme non vuoto di vettori di V, con lXI =n. Allora: ·
(i) il vettore nullo dipende linearmente da X;
(ii) ogni Xi E X dipende linearmente da X;
(iii) X è un insieme di generatori di V se e solo se ogni vettore di V dipende
linearmente da X;
(iv) se v E V dipende linearmente da X, e ogni vettore di X dipende linear-
mente da Y = {Yl , Y2 , ... , Ym }, allora v dipende linearmente da Y .
Dimostrazione. (i) e (ii ) sono del tutto ovvie, essendo O = Ox 1 + Ox2 + · · · + Oxn
e Xi = Ox 1 + · · · + Oxi- 1 +lxi+ Oxi+l + · · · + Oxn. La (iii) è una immediata
conseguenza di 8.3.1. Per provare la (iv), sia v= a 1x1 + a2x2 + · · · + anXn, e si
abbia Xi = f3i 1Yl + f3i2 Y2 + · · · + f3imYm per ogni i= l , 2, .. . , n. Allora risulta:
n
v= L aiXi
i= l
e v dipende linearmente da Y. D
0 = L: ayy+ L Ox
yEY xEX\Y
è una combinazione lineare dei vettori di X uguale al vettore nullo, e con scalari
non tutti nulli. Questo è impossibile in quanto X è linearmente indipendente per
ipotesi.
(ii)===? (iii). Per assurdo, esista un j E {1 ,2, ... ,n} tale che Xj dipende
linearmente da X \ {x j}. Allora risulta
Xj = L CXiXi,
#j
da cui
0 = - Xj + LCXiXi,
i=IJ
una combinazione lineare dei vettori di X in cui almeno uno scalare (il primo)
è non nullo (essendo uguale a - l). Ciò è assurdo in quanto X è linearmente
indipendente.
(iii) ===? (ii): Per assurdo, sia X linearmente dipendente. Allora esiste una
combinazione lineare del tipo
(8.3.1(
con gli scalari ()i in F. Dunque Xrn+I dipende linearmente da X\ { Xm+d e quindi
X è linearmente dipendente per 8.3.7, la contraddizione voluta. Pertanto n :S m
e l'asserto è provato. D
8.3.12. Esempio. L'insieme vuoto è una base per lo spazio vettoriale nullo
(vedi Esercizio 8.3.3). 1
8.3.14. Esempio. Sia F un campo. Per ogni n 2: l, l'insieme { e 1, e2, ... , en}
(vedi Esempio 8.2.10) è una base di F 11 , come si ottiene subito dagli Esem-
pi 8.2.10 e da 8.3.3. Tale base è detta la base canonica di F 11 •
8.3.15. Esempio. Sia F[x] lo F-spazio vettoriale dei polinomi nell ' indetermi-
nata x a coefficienti in un campo F. Per ogni numero intero non negativo n,
l'insieme {l = x 0 , x, x 2 , ... , x 11 } è una base del sottospazio F[x; n] costitui-
to dal polinomio nullo e dai polinomi di grado al più n (vedi Esempio 8.2.5 ed
Esercizio 8.3.4).
Spazi vettoriali 319
ossia la matrice di Mn,m (F) che ha al posto (i, j) esattamente l'elemento aij ·
Quindi l'insieme B = { E ij : l ~ i ~ n, l ~ j ~ m} genera Mn,m (F) . Inoltre
B è linearmente indipendente, in quanto da
n m
L: L: CYij E i j = o
i= l j= l
segue subito per (8.3.5) che ( aij ) è la matrice nulla, ossia aij = O per ogni
i = l , 2, ... , n e per ogni j = l , 2, . .. , m . Pertanto B è una base per Mn,m (F).
Tale base è detta la base canonica di Mn,m (F) .
ll risultato che segue assicura che ogni spazio vettoriale finitamente generato
possiede una base, che può essere "estratta" da un qualunque insieme finito di
generatori dello spazio.
Quella che segue è la proprietà fondamentale delle basi di uno spazio vettoriale.
Dimostrazione. Esercizio. D
Le seguenti caratterizzazioni delle basi sono spesso molto utili.
Dimostrazione. (i) ===? (ii). Per ipotesi B è una base, quindi è un insieme di ge-
neratori di V. Bisogna perciò solo provarne la minimalità (rispetto all'inclusione)
tra gli insiemi di generatori di V . In altre parole, bisogna dimostrare che se Y c B
allora (Y) :f. V. Sia per assurdo (Y) = V. Certamente esiste b E B \ Y. Allora b
dipende linearmente dai vettori di Y, quindi per 8.3.7l'insieme Y U {b} è linear-
mente dipendente. Ma quest'ultimo è un sottoinsieme di B, che è linearmente
indipendente per ipotesi: un assurdo ancora per 8.3. 7.
(ii)===? (i). Siccome B è un insieme rninimale di generatori di V, allora 8.3.17
assicura che B contiene una base B1 di V. Per la rninimalità di B tra gli insiemi
di generatori di V si ha B 1 = B, cioè B è una base di V.
(i) ===? (iii). Per ipotesi B è linearmente indipendente. Se poi X è un sottoinsie-
me di V che contiene propriamente B allora ogni elemento x E X \ B dipende
linearmente da B, in quanto (B) = V. Pertanto B U {x} è linearmente dipendente
per 8.3.7, e anche X, contenendo B U {x}, risulta linearmente dipendente. Ciò
significa che B è un insieme linearmente indipendente massimale di V.
(iii) ===? (i). Sia B = {x1,x2, ... ,x11 } , con IBI = n. Occorre provare che
(B) = V. Sia x E V. Se x E B allora x E (B) per la (ii) di 8.3.6. Se invece
x ti B allora B U {x} contiene propriamente B. Siccome B è massimale come
insieme linearmente indipendente di V, necessariamente B U {x} è linearmente
dipendente. Ne segue che esistono scalari a, a 1 , ... , a 11 E F non tutti nulli tali
che
ax + a1x1 + · · · + a 11 Xn = O. (8.3.6)
Se fosse a = O dalla (8.3.6) seguirebbe a1x1 + · · · + a 11 x 11 = O, e ciò è assur-
do perché gli ai non possono essere tutti nulli e B è linearmente indipendente.
Pertanto a :f. O, quindi esiste a- 1 E F. Allora dalla (8.3.6) si ottiene
x= (-a- 1a1)x1 + · · · + (-a - 1an)Xn ,
cioè x E (B), come volevasi. D
In uno spazio vettoriale finitamente generato ogni insieme di vettori linearmente
indipendente può essere ampliato fino a ottenere una base.
Osservazione. Una qualunque n-upla (xl, ... ' Xn) E vn tale che {xl, ... ' Xn }
sia una base di V è detta una base ordinata di V. L'esigenza di fissare un ordine
tra gli elementi di una base B scaturisce dalla frequente necessità di rappresentare
le componenti in B di ogni vettore x di V mediante un vettore di F 11 , il cosiddetto
vettore coordinato di x relativo alla base B. Per evitare di appesantire la tratta-
zione, nel seguito del presente capitolo e in tutto il Capitolo 9, ogni volta che si
parlerà del vettore ( a1, ... , a 11 ) delle componenti di un vettore x di V nella base
B = { x1, .. . , X n} si suppotTà tacitamente che i vettori di B siano ordinati nel
modo in cui appaiono scritti, cioè si continuerà a denotare con B = {x 1 , ... , X n}
la base ordinata (Xl, ... , X n).
Esercizi
Esercizio 8.3.1. Siano x, y , z vettori linearmente indipendenti in uno spazio vet-
toriale V. Si dimostri che l'insieme { x+y, x-y, x-2y+z} è ancora linearmente
indipendente.
(~ ~ i ), ( i -~ ~ ) , ( -i ~ ~)
sono linearmente indipendenti, e se costituiscono una base.
Esercizio 8.3.15. Dopo aver provato che l'insieme
B = {(-l, -l , -l) , (1 , -l, 0) , (-l , O, O)}
è una base dell'usuale spazio vettoriale reale ~ 3 , si determinino le componenti in
tale base dei vettori v= ( - 3, l , 2) e w = (0 , l , 1).
Esercizio 8.3.16. Sia F un campo e sia A= (aij ) E Mn(F) una matrice qua-
drata. Si definisce traccia di A l'elemento tr(A) := au + a 22 + · · · + ann E F .
Si dimostri che il sottoinsieme {A E Mn(F) : tr(A) = O} è un sottospazio dello
F-spazio vettoriale Mn(F), e se ne determini la dimensione.
324 Capitolo 8
f(x + y) = j( x) + J(y) ,
{ (8.4.1)
j(cxx) = cx f( x).
x E V f--------7 0 E V
x E V f--------7 x E V
x Rw y : {::::::::? x - y E W.
e l'opposto di un elemento x +W è
e
cp(a(x + Ker f)) = cp((ax) + Ker f)
= f(ax)
= af(x)
= acp(x + Ker f).
Infine x E Ker1rw se e solo se 1rw(x) =W, che per (8.4.3) è lo zero additivo di
Vi/W. D
Y = f({31Xl + · · · + f3nxn)
= fJ1f(x1) + · · · + f3rf(xr) + f3r+lf(x1"+ 1) + · · · + f3nf(xn)
= f3r+ d( xr+l) + · · · + f3n f( xn)
in quanto j(x1) = ··· = f( xr) = O essendo x1, ... ,xr E Kerf. Dunque
{f (Xr+l) , ... , f (X n)} è una base di lm f, e l'asserto segue subito. D
8.4.8. Sia f : vl ---+ v2 un 'applicazione lineare. Se (xl , ... ) Xn) = Vl, allora
(f(x1), ... , f(xn)) = Imf.
Ora si può provare facilmente che spazi vettori ali finitamente generati su uno
stesso campo sono isomorfi se e solo se banno la stessa dimensione.
Esercizi
Esercizio 8.4.1. Si dimostri che per ogn i intero positivo n gli F-spazi vettoriali
F't, Ml,n(F) e ]Vfn, l (F) sono a due a due isomorfi. In virtù di ciò, nel segu ito si
parlerà indifferentemente di vettori di Fn, o di vettori riga, o di vettori colonna.
Esercizio 8.4.2. Si provi 8.4.1.
Esercizio 8.4.3. Siano V1, Vz e V3 spazi vettori ali su uno stesso campo F , e siano
f : V1 ------) Vz e g : Vz ------) V3 applica zioni lin eari. Si provi che l 'applicazione
composta g o f : vl ------) v 3 è lin eare.
Esercizio 8.4.4. Sia f : V1 ------) Vz un 'applicazione lin eare. Si provi chef (nx) =
nf(x), per ogni x E V1 e per ogni n E Z.
Esercizio 8.4.5. Sia f : V1 ------) Vz un isomorfismo di F -spazi vettoriali. Si
dimostri che l 'applicazione inversa f - 1 : Vz ------) V1 è lineare.
Esercizio 8.4.6. Si consideri IR 2 strutturato a spazio vettoriale reale nel modo
usuale. Si stabilisca se l 'applicazione f: (x, y) E IR 2 f------7 (x + 1, y + l) E IR 2 è
lineare.
Esercizio 8.4.7. Con JR 3 strutturato a spazio vettoriale reale ne/modo usua le, si
stabilisca quali tra le seguenti applicazioni f : JR 3 ------) JR 3 sono lin eari:
f( x, y, z) = (3 , x- z, y);
f( x , y, z) = (x, y - z, z2 );
f( x, y , z) = (2y - z, x+ 4z, O).
Spazi vettoriali 331
Esercizio 8.4.8. Si dimostri, con particolare riguardo alle proprietà (v) - (viii)
della definizione di spazio vettoriale, che se V è uno spazio vettoriale sul campo
F e W un sottospazio di V, allora il quoziente V /W, con le operazioni quoziente,
è uno spazio vettoriale su F.
Esercizio 8.4.9. Siano V uno spazio vettoriale su un campo F, e W un sottospa-
zio di V. Si dia una condizione necessaria e sufficiente su W affinché l' epimorfi-
smo canonico di V in V/W (vedi Teorema 8.4.3 (iv)) sia un isomor.fismo.
Esercizio 8.4.10. Siano V uno spazio vettoriale di dimensione finita n su un
campo F, e B = {Xl, ... , Xn} una base di V. Si dimostri che l'applicazione
<I> :X E V f----t (al, ... , an) E Fn
che a ogni vettore di V associa la n-upla delle sue componenti nella base B è un
isomorfismo di spazi vettoriali, detto isomor.fismo coordinato rispetto alla base
B.
Esercizio 8.4.11. Sia f : V1 - - - t V2 un'applicazione lineare, e sia B1 una base
di V1. Si provi chef è un isomorfismo se e solo se j(B1) è una base di V2.
Esercizio 8.4.12. Considerati gli insiemi JR 3 e JR 4 , strutturati a spazio vettoriale
su JR, si stabilisca quali delle seguenti applicazioni sono lineari, e per ciascuna di
queste si determinino il nucleo, l'immagine e le rispettive dimensioni:
!l : (x , y , z ) f----t (x+ y , x+ z, x, y),
h : (x, y, z ) f----t (x+ l, x, 2x + 3y, x- y),
h : (x, y, z) f----t (l, l, O, y),
!4: (x, y, z) f----t (x , z, 2, y),
f5 : (x,y, z ) f----t (x 2 ,y 2 , z 2 ,1).
Esercizio 8.4.13. Si stabilisca per quali valori del parametro razionale k l'appli-
cazione f: (x, y) E Q 2 f----t (x+ ky, l - k 2 , (2 + k)y) E Q 3 è un isomor.fismo
di Q-spazi vettoriali.
Esercizio 8.4.14. Si consideri l'applicazione f : JR 4 - - - t JR 3 definita ponendo
f(x, y, z, t) = (t - 2z, y + z, x - 3t), per ogni (x, y, z, t) E JR 4 . Si dimostri
che f è lineare. Si determinino poi il nucleo e l'immagine di f, e le rispettive
dimensioni.
Esercizio 8.4.15. Si determini informa esplicita un omomor.fismo di Q-spazi vet-
toriali f : Q3 - - - t Q2 tale che f((l, 2, 3)) = (2, l) e f((l, O, l)) = (1, 2). Si
calcoli poi la dimensione di Im f.
Esercizio 8.4.16. Sia f : JR 4 ---t JR 3 l'applicazione lineare definita ponendo
f(x , y, z, w) = (x-2y+3 z, x-y+(k+3)z+2w, 2x-3y+(k+6) z + (k+l)w)
per ogni (x, y, z, w) E JR4 , con k parametro reale. Si stabilisca se esistono va-
lori di k per cui f è un monomor.fismo, e se esistono valori di k per cui è un
epimorfismo.
332 Capitolo 8
con a1, ... , et n, fJ1, ... , (31., l'l , ... , ì's E F. Allora risulta
Analogamente, siccome { x 1, ... , Xn, z1, . . . , z 8 } è una base di TiVz , esistono sca-
lari À1, . . . , Àn , f-tl , .. . , f..ts E Ftaliche
Di conseguenza
Dimostrazione. Siano V uno spazio vettori ale finitam ente generato su un campo
F, e sia TV1 un sottospazio di V. Per 8.3.23, W1 ha una base B1 = {x1, ... ,xn }.
Allora B1 è un sottoin sieme linearmente indipendente di V , pertanto per 8.3. 20
esso è contenuto in una base B = {x1, ... ,xn,Xn+l , ... ,xm} di V. Si ponga
11V2 := (xn+ l , ... , Xm) . Si osservi che B2 = {Xn+l , . . . , Xm } è un insieme
linearmente indipendente di generatori di H12 , quindi ne è un a base. Si proverà
che TV2 è un supplementare di TV1, ossia che V = 1V1E9 Hf2. Il fatto che B sia una
base di V garantisce che, per ogni x E V, esistano scalar i a 1 , ... , a m E F tali
che x= a 1x1 + · · · + anXn + an+lXn+ l + · · · + a 111 X111 • Pertanto X= Wl+ w2
con Wl =al Xl + ... + anXn E TVl e W2 = an+l Xn+ l + . .. + amXm E TV2. Ciò
dimostra che V = Hf1 + Hf2. Sia ora x E TV1 n TV2. Allora, siccome B 1 è una
base di l1V1 e B2 una base di Hf2, es istono scalari fJ1, ... , f3n, f3n+ l , . . . , f3m E F
tali che x = fJ1x1 + · · · + f3nXn = f3n+1Xn+l + · · · + f3mxm. Da ciò si ottiene
fJ1x1 + · · · + f3nxn - f3n+ l Xn+l - · · · - f3,n Xm = O. Poiché B è linearmente
indipendente, ciò comporta che fJ1 = · · · = f3n = f3n+l = · · · = f3m = O, quindi
x = O. Pertanto W1 n W2 = {0}, e l'asserto è provato. D
8.5.5. Siano V uno spazio 1'e fforiale finitamente generato su un campo F, lF1 un
sottospazio di V, lV2 un supplementare di TV1, B1 una base di lV1 e B 2 una base
di T·F2. A llora B1 n B 2 = 0, e l 'insieme B := B 1 U B 2 è una base di F.
Dimostrazione. Per 8.3.23 i sottospazi TV1 e TiV2 sono finitamente generati, quindi
si può assumere B1 = {x1 , ... , Xn } e B2 = {YI , ... , Ym} · Si osservi innanzitutto
che B1 n B2 <;;;; W1 n W2 = {0} , quindi B1 n B2 = 0 per il Corollario 8.3.8. Ne
segue che IB1 U B2l = n+ m. Per ogni x E V esistono w1 E TV1 e w2 E TV2
tali che x = w1 + w2 . Inoltre per le ipotesi risulta w1 E (BI) , w2 E (B2 ). Quindi
x E (B ). Pertanto 11 = (B ). Resta da provare che B è linearmente indipendente.
Ciò segue subito dal fatto che se risulta O = a 1x1 + · · ·+anXn + fJ1Yl + · · ·+ f3mYm
per certi scalari a 1, ... , an , fJ1, .. . , f3m E F, allora
Dimostrazione. La (i) segue subito dalla formula di Grassmann (vedi 8.5.1). Per
l'Esercizio 8.5.3 le ipotesi implicano VjW1 ~ W2. Allora per 8.4.11 e per la
(i) già provata si ha dimp VjW1 = dimp W 2 = dimp V- dimp W1, cioè la
(ii). D
Esercizi
Esercizio 8.5.1. Nello spazio vettoriale reale JR 3 , si considerino i sottospazi
wl = { (a, b, c, d) : a + b = o, c = 2d}'
w2 = {( x, y, z, t): x- 4y = 0,3z - 6y = 0}.
Esercizio 8.5.6. Si provi la (i) del Teorema 8.5.6 senza utilizzare la formula di
Grassmann (vedi 8.5.1).
Esercizio 8.5.7. Siano V uno spazio vettoriale e O" un endomorfismo di V tale che
u o O" = O". Si provi che V = Ker O" EB ImO".
Esercizio 8.5.9. Nell 'usuale spazio vettoriale reale J\;f2(1R) si consideri il sotto-
spazio
o
) , (i~))·
3
- 1 l
(1) V= W1 + · · · + Wn ,
(2) Wi n (Hl1 : j -f. i)= {0} , per ogni i= l , ... ,n.
La matrice (O:ij) E J\1m ,n (F) viene detta la matrice associata a f rispetto alle basi
B 1 di V1 e B 2 di V2 . Ovviamente qui, come del resto verrà fatto nel seguito senza
ulteriori annotazioni, si intende che B 1 e B2 siano basi ordinate (si tenga ben
presente l'osservazione che conclude il Paragrafo 8.3). Viceversa, ogni matrice
(o:ij) E Mm,n(F) dà luogo, mediante le (8.6.1), a un 'applicazione B1 -----+ V2
che, in virtù del Teorema 8.4.9, si estende per linearità a un unico omomorfismo
f : vl ----7 v2. Quest'ultimo ammette ovviamente proprio (O:ij) come matrice
associata rispetto alle basi B1 di V1 e B2 di V2.
Siano ora v3 uno spazio vettoriale di dimensione T su F, e g : v2 ----7 v3
un'applicazione lineare. Fissata una base B3 = {z1, .. . , Zr } di V3, la matrice
Spazi vettoriali 337
m m T
(8.6.2)
i= l i= l h= l
Con F, V1 e V2 come nel Teorema 8.6.1, si denoti con Homp(V1, V2) l'insieme
delle applicazioni lineari di V1 in V2. Si ponga, per ogni J,g E Homp(V1 , V2),
x E V1, a E F:
(! + g)(x ) := f( x ) + g(x ),
(a· f)(x) := a(f(x )).
Si verifica facilmente che f + g , a · f E Homp(V1 , V2), e che quindi restano
definite in Homp(V1 , V2) un'operazione interna+ e un'operazione esterna· con
dominio di operatori F. Con tali operazioni, Horn p (V1, V2) resta strutturato a
spazio vettoriale su F .
Dimostrazione. Esercizio. D
338 Capitolo 8
Pertanto se x E V1 ha componenti ({31, ... , f3n ) nella base E1, il vettore y = f (x)
ha componenti
(t j=l
{JjO' l j' · · · ' t
j= l
{Jj O' mj )
~
1
~
1
X: = ( ) E Mn,l(F) , Y := ( ) E Mm,l(F) ,
f3n 'Y;n
con 'Yi = "L.j = l {Jj O'ij
1
per ogni i = l , . . . , m , si ottiene
AX = Y. (8.6.4)
8.6.3. Esempio. Sia 11 uno spazio vettoriale di dimensione n sul campo F , e sia
X = {x l> ... , x 11 } una base di V. Denotata con idv l'applicazione identica di V,
la matrice associata a id v rispetto alla base X di V è la matrice ( O'ij ) E M 11 (F)
Spazi vettoriali 339
n
dove, per (8.6.1), per ogni j = l , ... , n si ha: Xj = id v (xj ) LO:ijXi.
i=1
Per 8.3.18 da ciò segue subito che per ogni i, j = l ... , n risulta
se i = j,
O:ij = Òij = { ol . -1- .
se z r J.
Si osservi che la dimostrazione del corollario precedente illustra anche come co-
struire la matrice C del cambiamento di base da B a B': le colonne di C sono
ordinatamente le componenti dei vettori di B' nella base B.
Nello scrivere la matrice associata a un endomorfismo, come osservato in
precedenza, è possibile scegliere la stessa base sia per il dominio che per il co-
dominio. Sebbene ovviamente anche in questo caso la matrice associata dipenda
dalla base scelta, la formula di cambiamento delle basi 8.6.5 consente di stabilire
un legame particolare tra matrici associate rispetto a basi diverse. Matrici A e
A' E 111n(F) si dicono simili se esiste una matrice invertibile C E Mn(F) tale
che A' = c-1
AC. Si ha:
Come venà evidenziato anche nel seguito (vedi 8.8.3 ed Esercizio 8.8.7), matrici
simili hanno molte caratteristiche in comune. In particolare, esse hanno lo stesso
determinante.
8.6.8. Siano A e A' E M n (F) matrici simili. Allora det A = det A'.
Dimostrazione. Per ipotesi, esiste una matrice invertibile C E Mn(F) tale che
A' = c- 1 AC. Allora il teorema di Binet (vedi 7.4.2), insieme con 7.5.3, assicura
che det A' = det c- 1 det A det C = (det C)- 1 det A det C = det A, come
richiesto. D
8.6.11. Teorema. Per ogni matrice A E Mrn,n (F) , il rango di A coincide col
massimo numero di colonne di A lin earmente indipendenti come vettori di F m.
Dimostrazione. Sia \jì : V -----) p n l' isomorfismo coordinato rispetto alla base
B (vedi Esercizio 8.4.10). La restrizione W1w di w a W (vedi Esercizio 2.2.1 5)
è ancora iniettiva, pertanto W -:: :-. w(W), quindi dimp W = dimp w(li\I) per
8.4.11. Inoltre, per 8.4.8, \jì (W) è generato dai vettori \jì ( w1) , . .. , \jì ( wrn) E p n.
In virtù di 8.3.17 e 8.3.19, una base di w(W) è un insieme massimale di vettori
linearmente indipendenti in {w( wl) , ... , w(wrn )}. Siccome le righe della matri-
ce A sono precisamente w( wl) , ... , w(wrn ). l' asserto segue subito dal Teorema
8.6. 10. o
8.6.13. Esempio. Sia <Ql [x; 3] il sottospazio di <Ql[x] costituito dal polinornio nullo
e da tutti i polinomi a coefficienti razionali nell'indeterminata x aventi grado al
più 3. Si consideri poi il seguente sottospazio W di <Ql[x; 3]:
La matrice le cui righe sono le componenti dei generatori di vV nella base canonica
B = {l , x, x 2, x 3} di <Ql [x; 3] è
~
- l
o - 4201 ) E M 4,4 (<Ql).
l
o
Spazi vettoriali 343
Dimostrazione. Siano A
Allora per (8.6.1) risulta
rn
f(xj) = l:aijYi ,
i= l
l o o
o l o
el= o ez = o ... ' ern =
o
o o l
la base canonica di 111m,1 (F) (vedi Esempio 8.3.14). Per il Teorema 8.4.9 esiste
un ' unica applicazione lineare(} : Mm,l(F) ~ Vz tale che (J"(ei) = Yi per
ogni i = l , ... , m. Siccome Bz è una base di Vz, (} è un isomorfismo (vedi
Esercizio 8.4.11). Indicate con A( l), ... , A( n) le colonne di A, risulta
m
A(j) = L aijei
i= l
(8.6.5)
La restrizione (A(l)> ... , A(n)) ---) (f(x1) , ... , f(xn)) di J è iniettiva in quanto
tale è J, ed è suriettiva per la linearità di J e per (8.6.5). Pertanto essa è un isomor-
fismo, e 8.4.11 assicura che dimp (A(l) >... , A (n)) = dimp(f( x l), ... , f( xn )).
Inoltre per il Teorema 8.6.11 si ha p( A) = di m p (A (l) , ... , A (n )) , mentre da 8.4.8
segue (f(x 1 ) , ... , f( xn )) = Im f. L' asserto è dunque provato. D
Esercizi
Esercizio 8.6.1. Si provi 8.6.2.
Esercizio 8.6.2. Siano F un campo, n ed m interi positivi, e si considerino gli
insiemi p n ed F m strutturati a spazi vettoriali su F nel modo usuale. Si provi
che, fissati elementi CXij E F per ogni i = l , ... , m e per ogni j = l ... , n , la
posizione
j( x 1, x 2, ... ,xn) =
= (an Xl+···+ CXln Xn, CX21 X 1 + · · · + CX2nXn , · · ·, CXml Xl +. ·. + CXmn Xn)
definisce un'applicazione lineare di Fn in Fm, la cui matrice associata rispetto
alle basi canoniche di Fn ed Fm è ( CXij ) E ]\lfm,n (F).
E1 = {2 , x, 3x 2 , x 3 }
E2 = {l , x , x 2 + x,x 3 + 2x 2 +l}
AX=Y, (8.7.1)
ossia se e solo se la (n+ l )-esima colonna di A' dipende linearmente dali 'insieme
costituito dalle rimanenti, cioè se e solo se p( A) = p( A') (per il Teorema 8.6.11 ).
D
Dimostrazione. Fissate una base B 1 di 111n,l (F) e una base B2 di 111m,l (F), per il
Teorema 8.6.1la matrice A è associata rispetto a B1 e B2 a un ' unica applicazione
lineare f : M11 , 1 (F) ____, Mm,1 (F). In virtù della (8.6.1), una matrice colonna
X E 111n,l (F) è soluzione del sistema lineare omogeneo associato se e solo se
f(X) = O. Ne segue che S = Ker f è un sottospazio di Mn ,l (F) per la (i)
del teorema di omomorfìsmo (vedi 8.4.3). Inoltre 8.4.5 e 8.6.14 comportano che
dimp S = dimp Mn ,l (F) - dimp Im f =n- p(f) = n- p( A).
Infine, sia X E lVIn,1 (F) una fissata soluzione del sistema lineare (8.7.1).
Allora per la (8.6.1) risulta f(X) = Y. Ancora, X1 E Mn, l(F) è un elemento di
T se e solo se j(X1) = Y, cioè se e solo se j(X1 -X) = O, ossia se e solo se
X1 - X E S = Ker f. D
Spazi vettoriali 347
In definitiva si ha:
anx1 + · · · + a1nXn = Yl
a21X1 + · · · + a2nXn = Y2
(8.7.3)
alk )
a~k .
akk
lineare
aux1 + · · · + alkXk + al ,k+lXk+l + · · · + O:!nXn = Yl
0:21X1 + · · · + a2kXk + a2,k+1Xk+l + · · · + 0:2nXn = Y2
ovvero
aux1 + · · · + 0:1kXk = Yl - al,k+lXk+l - ···- O:!nXn
0:21Xl + ... + 0:2kXk = Y2- a2 ,k+1Xk+l - .. . - 0:2nXn
(8.7.5)
ammette un ' unica soluzione ancora per il teorema di Cramer (vedi 7.7.1), eque-
st'ultima può essere determinata mediante la regola di Cramer (vedi 7.7.2). Se
x2 )
x1
E Mk,l(F)
(
Xk
Xk E Mn,l(F)
Xk+l
Esercizi
Esercizio 8.7.1. Si completi la dimostrazione del teorema di Cramer (vedi 7. 7.1),
provando che se n = m e det A = Oallora il sistema lineare (8. 7.1) è incompati-
bile oppure ammette più soluzioni.
Spazi vettoriali 349
Svolgimento. Sia det A = O. Allora p(A) < n. Fissata una base di pn, il
Teorema 8.6.1 assicura che la matrice A è associata, rispetto alla base fissata, a
un unico endomorfismo f di Fn. Inoltre per il Teorema 8.6.14 risulta p(f) =
p(A) < n, cosicché 8.4.5 garantisce che Ker f i- {0}. Per la (8.6.4) si ha poi
che un elemento X E pn è soluzione di (8.7.1) se e solo se f(X) = Y. Pertanto
certamente se Y ~ f(F 11 ) il sistema (8.7.1) non ammette soluzioni. Se invece
Y E f(Fn) il sistema (8.7.1) ammette almeno una soluzione X E Fn. Inoltre
in tal caso per ogni X' E Ker f risulta X +X' ancora soluzione di (8.7.1), in
quanto f(X +X') = f(X) + f(X') = Y +O= Y, dove Oè la matrice nulla di
M n ,l (F). L'asserto segue quindi dall 'essere Ker f i- {O}.
Esercizio 8.7.2. Utilizzando il teorema di Rouché-Capelli (vedi 8. 7.1), si stabili-
sca se il seguente sistema di equazioni lineari su~ è compatibile:
x+ 3z =l
2x + y = 2
{ x+y+ z =O
3y + z =l.
Esercizio 8.7.3. Si risolva il seguente sistema lineare su~:
x+ 2y + 3z = l
2x+ y + 4z = 2
{
3x- 3y + z =l.
Esercizio 8.7.4. Utilizzando il Teorema 8. 7.3 si determini la dimensione dello
spazio vettoriale delle soluzioni del seguente sistema di equazioni lineari su Q:
x-y- z +t =2
x-y+t= O
{
3x - 2y + z + t = 3.
Si risolva poi il sistema lineare assegnato.
Esercizio 8.7.5. Utilizzando il Teorema 8. 7.3 si determini la dimensione dello
spazio vettoriale delle soluzioni del seguente sistema di equazioni lineari su Z7 :
3x - 2y + ~t = ~
x - 2t =o
{
y + z +t= 3.
Si risolva poi il sistema lineare assegnato.
Esercizio 8.7.6. Si risolva il seguente sistema lineare su~:
x+ 2y + 3z = l
2x + y
+ 4z = 2
{
3x- 3y + z = l.
350 Capitolo 8
z + 2t = 3
2x + 4y- 2z = 4
{
2x + 4y - z + 2t = 7.
y -z=- 1
x+z= l
{
2x + y + z = 2.
Esercizio 8.7.9. Si determinino i valori del param etro reale k p er i quali il sistema
di equazioni lin ea ri
kx+y+z = l
x+ ky + z = l
{
x+ y + k z = l
amm ette un 'unica soluzion e, nessuna soluzion e, più soluzioni.
x+ 2y + k z = l
{ 2x + ky + 8z = 3
8.8.1. Sia À un autovalore di una matrice A E Mn(F). Allora l'insieme W>. costi-
tuito dal vettore nullo di Mn ,l (F) e dagli autovettori di A relativi all'autovalore
À è un sottospazio di Mn,l(F), detto l'autospazio di A relativo all'autovalore À.
Dimostrazione. Esercizio. D
Dimostrazione. Per ipotesi esiste una matrice invertibile C E Nin(F) tale che
A' = c- 1 AC. Allora A' - xin = c- 1 AC - xC - 1 InC = c- 1 (A - x i n)C ,
quindi det(A' - xi 11 ) = (det C) - 1 det(A - xi n) det C = det(A - x l n) per il
teorema di Binet (vedi 7.4.2) e per 7.5.3. Ne segue l'asserto. D
Dimostrazion e. Si osservi innanzi tutto che l{V1 , ... , v;.} l = T per 7 .8.1.
Per assurdo, sia {V1 , ... , v;.} linearmente dipendente. Siccome V1 è un au-
tovettore di A, e quindi non è il vettore nullo di F 11 , il singleton {VI} è linear-
mente indipendente. Allora esiste un intero positivo i < T tale che l'insieme
{V1 , ... , Vi} è linearmente indipendente, ma {V1 , ... , v; , Vi+d è linearmente di-
pendente. Ciò significa che esistono scalari fh , ... , f3i, !3i+ l E F , non tutti nulli,
tali che
(8.8.1)
dove ovviamente O è la matrice nulla di Mn ,l (F). Moltiplicando (righe per co-
lonne) entrambi i membri di tale uguaglianza per la matrice A , e utilizzando le
uguaglianze A Vj = Àj i'} valide per ogni j = l , . .. , n in quanto Vj è autovettore
di A relativo ali' autovalore Àj , si ottiene
(8.8.2)
(8.8.3)
Dimostrazione. Esercizio. o
Una matrice A E Mn(F) si dice diagonalizzabile su F se essa è simile a una
matrice diagonale, ossia se esistono una matrice diagonale D E M 11 (F) e una
matrice invertibile C E M 11 (F) tali che A = c- 1 DC. In tal caso si dice anche
che la matrice C diagonalizza A. Il risultato che segue evidenzia il legame tra
matrici diagonalizzabili e autovalori.
o
354 Capitolo 8
o
tale che c - 1 AC = D , cioè AC = CD. Da ciò segue che, per ogni i= l , ... , n,
se C(i) è la i-esima colonna di C, allora AC(i) coincide con la i-esima colonna di
CD , che è diC(i) · Inoltre C (i) non è il vettore nullo di Mn, l(F) in quanto C è
invertibile. Pertanto C (l ) , . . . , C (n) sono autovettori di A relativi rispettivamente
agli autovalori d 1 , ... , d 71 • Infine, C( l ), ... , C (n ) sono linearmente indipendenti
in M11 , 1 (F) per il Teorema 8.6.11 e per 7.5.1 , in quanto colonne di una matrice
invertibile. O
In particolare:
8.8.9. Corollario. Una matrice A E .!1111 (F) che possiede n autovalori distinti in
F è diagonalizzabile su F.
Per ogni i = l , ... , r, siano Vi1, ... , Vis; gli elementi di B che appartengono
all'autospazio WÀ;· Allora ovviamente s1 + · · · + sr =n. Inoltre, essendo Buna
base, risulta dimp liVÀ; 2 Si, per ogni i = l , ... , r. Da ciò segue facilmente che
dimp WÀ 1 + · · · + dimp WÀr = n, come volevasi. D
A=
l -3 3 )
3 -5 3 ,
( 6 -6 4 A'= ( =~
-6
; =~ ).
6 -2
Svolgendo i calcoli si trova inoltre che una base dell ' autospazio Hl~_ 2 di A' relativo
all 'autovalore - 2 è {(1 , l , 0)}, e che una base di W~ è {(0 , l , 1)}. Pertanto, per il
Teorema 8.8.11 , la matrice A' non è diagonalizzabile su Q. Per l' Esercizio 8.6.3,
da ciò si deduce facilmente che A e A' non so no simili. Pertanto 8.8.3 non si
inverte.
Essendo À1 , ... , Àr a due a due distinti , da (8.8.4) segue che ~i Vi per ogm
i= l , ... , T (vedi Esercizio 6.6 .1 5), quindi vale la (ii). D
Spazi vettoriali 357
~
1
A ( ) E Mn,l(F)
Vn
Si conclude questo capitolo enunciando uno dei risultati più importanti del-
l'algebra lineare, per la cui dimostrazione si rimanda a testi più specialistici (per
esempio [12]). Siano F un campo, e sia
p(x) = CttX
1
+ · · · + a1x + ao
un polinomio a coef-ficienti in F neU' indeterminata x. Assegnata una matrice
A E Mn(F), si pone
A - 3A - 4 =
2 (
3l 22 )
2
- 3 (
3l 22 ) - 4 ( O
l l o) (o o)
= O O '
quindi A è radice del suo polinomio caratteristico, come garantito dal teorema di
Cayley-Hamilton (vedi 8.8.15).
8.8.17. Sia A E Jvfn(F) una matrice quadrata su un campo F. Allora per ogni
intero m 2: O la potenza m-esima A 111 è combinazione lineare, con coefficienti in
F, degli elementi In, A, A2, ... , An-l di Mn(F).
Dimostrazione. Esercizio. D
Esercizi
Esercizio 8.8.1. Si provi 8.8.1.
A=(~~)
è diagonalizzabile su Q, ed in caso affermativo la si diagonalizzi.
3 -1 ) B= l -1 )
A= ( l l ' ( 2 -1
A=(~ i).
sono diagonalizzabili su Z5, su Z7 e su Zn, e in caso affermativo le si diagona-
lizzi.
360 Capitolo 8
Esercizio 8.9.2. Si considerino IR; 3 ed JR; 4 strutturati a spazio vettoriale su JR; nel
modo usuale.
(i) Si dimostri che B = {(l , O, l) , (0 , O, 2) , (3, - l , O)} è una base di IR; 3 .
Spazi vettorial i 361
j(l , o, l) = (l, o, o, 0) ,
!(0, 0,2) = (- l , l , k-1 , 0) ,
!(3,- 1, 0) = (l , l ,k, O) ,
v = {(x) y) z) t) : x + 3y - z = o} )
w= (( 1, o, o, 1) , (0, l , l, 0) , (1, 2, 2, 1)) .
cp : (a , b, c, d) E F 4 ~---t (a+3c,4b+d) EF 2
F4 = W EB V, F 4 =W +L.
Spazi vettoriali 363
V2 = (3, 4, 5),
V3 = (7, 8, 15)
è lineare.
(ii) Si determinino, in fun zione della caratteristica di F, il nucleo Ker <p e l 'im-
magine Im <p, precisando di ciascuno la dimensione, due basi (se esistono),
un supplementare.
(iii) Si provi poi che la posizione
cp: (a , b) E F 2 f-----t 2a + 3b E F
è un epimorfismo di F-spazi vettoriali, e che il sottospazio D= {(c, c) :c E F}
è un supplementare di Ker cp se e solo se car F =/= 5. Si dimostri poi che cp è un
omomorfismo di anelli se e solo se car F = 2.
Esercizio 8.9.16. Si consideri l'usuale spazio vettoriale JR4 sul campo lR dei
numeri reali e si ponga
si stabilisca per quali valori di À l'applicazione f>... è ben posta, per quali
f>... è un IR-omomorfismo, per quali è un IR -monomorfismo, per quali è un
IR -isomorfismo.
9
Elementi di geometria analitica
In questo capitolo verranno presentati alcuni dei concetti fondamentali della geo-
metria analitica nel piano e nello spazio. La trattazione è volutamente di carattere
molto intuitivo, talvolta anche a discapito della rigorosità. Inoltre il Lettore è ri-
tenuto senz'altro in possesso delle conoscenze elementari di geometria euclidea
fornite abitualmente dalle scuole medie superiori, che nel seguito verranno utiliz-
zate spesso senza ulteriori riferimenti. Durante l'intero capitolo, diversamente da
quanto fatto finora, si adopererà per i vettori la notazione con la sottolineatura.
o ·---------------
L'insieme dei vettori di 1r applicati in O si denota con V&, si pone cioè
2 {-->
V0 :=OA : A EE 2}.
Come si vedrà, tale insieme può essere dotato di struttura di spazio vettoriale sul
-->
-----+
campo IR dei numeri reali. Vettori O A e 0 1B, applicati in O e in 0 1 rispettiva-
mente, si dicono congruenti se i segmenti O A e 0 1B hanno la stessa lunghezza.
Nel seguito la lunghezza di un segmento OA sarà spesso indicata con il simbolo
-->
IOAI. Considerati ora OA , OB E
----t
V5, -->
----t ----t
si pone OA + OB := OC dove C è
il quarto vertice del parallelogramrna individuato dai punti O, A e B, ovvero il
secondo estremo del vettore applicato in A parallelo, congruente e con lo stesso
368 Capitolo 9
-----7
verso del vettore OB:
A C
/ _~··~··~---
O/ --- · B
C ····················· '"' E
-----7 _____,. _____,. -----7
Occorre dimostrare che OD + OC = OA + OE e a tale scopo, posto
-----7 -----7 _____,.
OD + OC = OF ,
------)
/
A ·············~··~··~· ;;;YLCA ___ --;r D
- -- - -- .··
.. ···
O B O ----- / B
------) --t --t --t --t ------)
Pertanto OA + OB = OC =OD= OB +O A.
' --t
E immediato osservare che il vettore 00 (vettore nullo) è elemento neutro
------)
_.o~ A
A'~ -
D
------) --t --t
Per ogni t E lR e per ogni vettore applicato OA E V~, si pone t OA := OC,
dove C è il punto della retta OA tale che il rapporto tra le lunghezze IOCI e IO Al
dei segmenti OC e OA sia il valore assoluto ltl di t , e che si trova sulla serniretta
orientata OA se t > O, su quella opposta se t < O. In questo modo si definisce
un'operazione esterna in V~ con dominio di operatori il campo lR dei numeri reali,
e si può verificare che:
------) - - t
Dimostrazione. Per provare per esempio che per ogni OA, OB E V~ e per ogni
------) --t ------) --t ------) --t --t
À E !RconÀ :2 OriesceÀ(OA+OB) = À0A+À0B,siponga0A+OB = OC,
------) ----) --t ----) ----) ----) ------) .
ÀOA =OH, ÀOB = OKeOH +OK = OT.
H T
/
/
/
/
A // c ---
370 Capitolo 9
----+ ----+
La tema costituita da un punto O E E2 e da due vettori i = OA1, j = DA 2
non proporzionali applicati in O (ovvero linearmente indipendenti e cioè non ap-
partenenti alla stessa retta) è detta riferimento affine del piano e si denota con
'R.A( O, i, j) o anche con RA( O, A 1 , A 2 ). n punto O è detto origine del rife-
rimento affine; le rette OA 1 e OA 2, generate rispettivamente dai vettori i e j, sono
dette gli assi del riferimento. Se P è un punto del piano allora le sue coordinate
cartesiane rispetto al riferimento affine considerato sono le componenti (x 1 , x 2 )
-----+
di O P rispetto alla base B = {i, D.
Analogamente a quanto fatto per (Vs, +, ·),si può introdurre l'insieme Vb
costituito dai vettori applicati in un punto O dello spazio euclideo E 3 . E si prova
agevolmente (vedi anche Esercizio 9.1.3) che (V~,+,·) è uno spazio vettoriale.
siccome P1 E r1, P2 E r 2 e P3 E r3, esistono x1, x2, X3 E lR tali che OP1 =xli,,
---) ---) ------)
Traslazioni
Nel costruire lo spazio vettoriale V3 (rispettivamente Vb ) è stato privilegiato un
punto O di E 2 (risp. di E3 ). Fissando un diverso punto O', si ottiene lo spazio
vettoriale v3, (risp. Vb,) che è diverso da V3 (risp. Vb), ma isomorfo a tale
spazio vettoriale perché ancora spazio vettoriale di dimensione 2 (risp. 3) sul
campo lR dei numeri reali (vedi 8.4.11).
Sia Vo lo spazio V3 oppure Vb e sia Vo' lo spazio che si ottiene scegliendo
un diverso punto O' di E 2 nel primo caso e di E3 nel secondo. Denotato con 12.
---) ---)
vettore O' P' applicato in O' parallelo e concorde a OP, e tale che i segmenti
OP e 0' P' siano congruenti. In altre parole Tv è l'applicazione definita ponen-
------> ------) ----)
do, per ogni OP E Vo, Tv(OP) := O' P' dove P' è quell'unico punto tale che
---) ------) ---)
OP' = OP + 00':
p P'
~ ········· // //~v (QP)
O• <- ·· -~- ·-->.-O'
12_ =00'
Elementi di geometria analitica 373
9.1.5. Siano O e O' punti del piano (rispettivamente dello spazio). La traslazione
~
--t --t
Dimostrazione. Per provare che Tv è un omomorfismo si considerino OP e OQ
--t --t ------) --t ----t --t ----t
in Vo, e si ponga OP
------) ------?
+ OQ = OT, Tv( OP) = O' P', Tv(OQ) = O' Q' e
Tv(OT) = O'T':
p\t2Q
T T'
.· :;(··.·· """""::' :;(·..
P' l
o · · · · · ·~Q'
Per definizione di traslazione si ha che i vettori O' P' , O' Q', O'T' rispettivamente
- - t - - t ------) - - -
sono paralleli e concordi a OP , OQ , OT, e inoltre i segmenti OP, OQ e OT sono
O'
----t ----t ------?
rispettivamente congruenti a 0' P', 0' Q' e O' T'. Da ciò segue che i triangoli
OQT e O' Q'T' sono congruenti (perché hanno congruenti due lati omologhi e
----t ----t ------?
l'angolo tra essi compreso), e questo comporta che O' P' + O' Q' = O' T'. Ne
--t --t --t --t
segue che Tv(OP + OQ) = Tv(OP) + Tv(OQ).
Per quanto poi riguarda la legge esterna è un facile esercizio verificare che
--t --t --t
Tv(À OP) = ÀTv(OP) per ogni À E IR e per ogni OP E Vo (vedi (i) di
Esercizio 9.1.4).
Resta infine da provare che Tv è biettiva. A tale scopo basta osservare che la
~
Esercizi
Esercizio 9.1.1. Si completi la dimostrazione di 9.1.1, provando che, considerati
--t --t --t ------) --t --t ------) --t --t
i vettori OA, OB e OC E Vb,
riesce (OA + OB) + OC = OA + (OB + OC)
nei seguenti casi:
(i) O , A , B sono tre punti del piano appartenenti a una stessa retta T e C è un
punto non appartenente a T;
(ii) O , A, B, C sono quattro punti allineati del piano.
Esercizio 9.1.2. Si completi la dimostrazione di 9.1 .2, provando che fissato un
------) ------)
Esercizio 9.1.3. Si dim ostri che (ViS, + , ·)è uno spazio vettoriale su IR.
Esercizio 9.1.4. Si completi la dimostra zione di 9.1.5, verificando che:
------7
('i) indica ta con Tv la trcts!azion e relativa al vettore 1!_ = 00' E Vo , si ha che
------7 ------7 ------7
Tv(À OP) = ÀTv(OP) per ogni À EIRe p er ogni OP E Vo;
------7 -----;
(ii) indicate con Tv e Tv' le traslazioni relative ai vettori 1!. = 00' e 1!_1 = 0'0
rispettivamente, risulta Tv' =Tv-l·
(9 .2.2)
----7
Fissato un qualsiasi punto Qo E r, posto 1!. OQo e detta Tv la traslazione
------7 ----7
relativa a 1!_, si ha che Tv({OP : P E To}) {QoQ : Q E T}. Si ha cioè
che l'immagine mediante Tv del sottospazio di Vo costituito dai vettori di ro è il
sottospazio di VQ o dei vettori di T. Pertanto un punto Q appartiene alla retta T se e
----7 ------7
solo se QoQ E Tv( {OP : P E To} ), e quindi se e solo se esiste un punto P E ro
----7 ------7
tale che QoQ = Tv (O P). Ciò equivale a richiedere che esista un punto P E ro
Elementi di geometria anal itica 375
l
l
·············· f ............ .
l
l
______. -----t
Allora Tv ({O P : P E 7ro}) { QoQ : Q E 1r}, cioè l'immagine mediante
la traslazione Tv del sottospazio costituito dai vettori di 7ro è il sottospazio dei
vettori di 1r. Ciò comporta che un punto Q appartiene al piano 1r se e solo se
-----t ______.
QoQ
-----t
E Tv ({O P : P E 1ro}), ovvero se e solo se esiste un punto P E 1ro tale che
______. ______. ______. -----t
QoQ = Tv(OP), e quindi se e solo se esiste P E 7ro tale che OQ = OP + OQo .
376 Capitolo 9
coppia di vettori di giacitura per 7T. Il vettore 1!. = OQ 0 è detto ancora vettore di
traslazione.
Se un piano 7T è assegnato mediante tre suoi punti non allineati Q o, Q 1 , Q 2 ,
---) ---) ---) ---)
Esercizi
Esercizio 9.2.1. Fissato nel piano un riferimento affine RA( O , i., j_), e considerati
i punti A e B di coo rdinate ( -5, 7) e (3, 2) rispettivamente, si determinino le
componenti nella base {i., ,i} di Vs dei vettori direttori delle rette OA, OB, AB.
Esercizio 9.2.2. Fissato nello spazio un riferimento affine RA( O, i., j_, li;_) e con -
siderati i punti non allineati P, Q e J( di coordinate (0 , 3, -2), (1, 5, -7) e
( - 2, O, O) rispettivamente, si determinino le componenti nella base {i., j_, li;_} di
Vb dei vettori delle coppie di giacitura dei piani 1T1 passante per P, Q, K, 7T2
passante per O, P e Q, e 1T3 passante per O, P e K.
Esercizio 9.2.3. Fissato nello spazio un riferimento affine RA( O , i., j_, li;_) e con-
siderati i punti H di coordinate ( -3, -1 , 2) e J( di coordinate (11 , - 3, 7), si
determinino le componenti nella base {i., j , li;_} di Vb del vettore direttore della
retta HK. -
da cui
x= xo + tl
y = Yo +tm (9.3.2)
{
z = zo + tn.
Le equazioni (9.3.2) si dicono equazioni parametriche della retta r, e i numeri
reali l, m, n ne sono parametri direttori. Appartengono alla retta r tutti e soli i
punti Q di E 3 le cui coordinate sono date dalle (9.3.2) al variare di t in R
Si noti che se r è individuata da due suoi punti distinti Qo di coordinate
(x o, Yo, zo) e QI di coordinate (XI , YI, ZI) allora si può considerare come vettore
--) --)
9.3.2. Criterio di parallelismo tra rette nello spazio. Due rette di E3, aventi
parametri direttori (l ,m , n) e (h,mbni) rispettivamente, sono parallele se e
solo se la matrice
l m n ) E M 2 3(JR)
( h m1 n1 •
ha rango l.
l m n ) M 2 3(JR)
( h mi ni E •
abbia rango l. D
378 Capitolo 9
(9.3.4)
x = :ro + ah + f3 l2
Y = Yo + mn 1 + (3m2 (9.3.5)
{
z = zo + an1 + f3n2.
deve avere rango 2: ciò per il fatto che w 1 e w 2 sono linearmente indipendenti.
Come rilevato in precedenza, se il piano 1r è individuato da tre punti non
allineati Qo di coordinate (xo , Yo , zo), Q l di coordinate (xl , Yl, zl) e Q2 di coor-
---7 ---7 ---7 ---7
dinate (x2, Y2 , z2), allora i vettori 1!d. 1 = OQ1 - OQo e w 2 = OQ2 - OQo, di
coordinate ( x1 - x o, Yl - Yo , z1 - zo) e ( x2 - x o, Y2 - Yo , z2 - zo) rispettivamen-
te, sono un a coppia di vettori di giacitura per 1r, e pertanto le (9.3.5) diventano
facilmente
x= xo + a(x1 - xo ) + (3(x2 - xo)
Y = Yo + a(yl - Yo) + f3( Y2 - Yo)
{
z = zo + a( z1 - zo) + (3(z2- zo).
x= 3- 3a- (3
y = - 1 + Sa + 6(3
{
z = 9(3.
Elementi di geometria analitica 379
9.3.4. Criterio di parallelismo tra retta e piano nello spazio. Siano 7' una retta
e 1r un piano di E 3 , di equazioni parametriche
x= x?+ tl x = xo + ah + f3l2
y = Yo +tm e Y = Yo + am1 + {3m2
{ {
z = zb + tn z = zo + an1 + f3n2
è singolare.
Dimostrazione. Siano
----7 -----+
OP = OPo +tw
----7 --;
OQ = OQo + aw 1 + {3w 2
le equazioni vettoriali di r e di 1r rispettivamente. La retta r è parallela al piano
1r se e solo se il piano 1ro per O parallelo a 1r contiene la retta ro per O parallela
a r, ossia se e solo se il vettore direttore w di r appartiene al piano generato
dai vettori di giacitura w 1 e w 2 di 1r. Ciò equivale a richiedere che {w ,w 1 ,w 2 }
sia linearmente dipendente, ovvero che la matrice che compare nell'enunciato sia
singolare. O
9.3.5. Criterio di parallelismo tra piani nello spazio. Due piani di E3 , aventi
equazioni parametriche
x = xo + ah + f3l2 x = xb + a l~ + {3 l~
1 1
ha rango 2.
380 Capitolo 9
Dimostrazion e. Esercizio. D
Sia ora RA( O , i, j) un riferimento affine del piano E 2 , e si consideri la retta T di
equazione vettoria1e
-----7 ----)
OQ = OQo + tw;
se Qo ha coordinate (xo , Yo) e w ha coordinate (l , m) i- (0 , 0), allora le equazioni
parametriche di T sono
x =xo + tl
{ y =yo + tm . (9.3.6)
9.3.6. Criterio di parallelismo tra rette nel piano. Due rette di E2 , aventi
parametri direttori (l , m) e (h , m1) rispettivamente, sono parallele se e solo se
lm1 = l1m.
Siano T e T 1 rette non parallele del piano o dello spazio, di equazioni vettoriali
-----7 ___..... -----7
OP = OP0 + tOQ ,
___..... ___..... ___.....
OP' = OP6 +t' OQ'
-----7 ___.....
rispettivamente. Allora i vettori direttori OQ e OQ' non sono proporzionali, e
dunque generano un piano. Le rette T e T 1 sono incidenti, ossia si intersecano in
un (unico) punto X (detto punto di incidenza) , se e solo se esistono t, t' E lR tali
che
___..... -----7 -----7 i l i
OPo +tOQ = OX = OP0 + t OQ ,
Elementi di geometria analitica 381
9.3.7. Criterio di incidenza tra rette nel piano. Due rette di E2, aventi pa-
rametri direttori (l, m) e (h, m1) rispettivamente, sono incidenti se e solo se
Zm1 -Z1m =/=O.
Dimostrazione. Siano r ed r' rette del piano aventi equazioni vettoriali (9 .3.8) ed
equazioni parametriche (9.3.6) e (9.3.7) rispettivamente. Esiste allora un unico
punto P E r n r' se e solo se esiste un'unica coppia (t , t') E IR x IR tale che
x o + t l = x~ + t'h
{ Yo + tm = Yol + t l m1 ,
9.3.8. Criterio di incidenza tra rette nello spazio. Siano r ed r' rette non
parallele di E3 , aventi equazioni parametriche date da (9.3.2) e da (9.3.3) rispet-
tivamente. Allora r e r' sono incidenti se e solo se il sistema lineare
tl -t'h = x~ - xo
tm- t'm1 = Yo- Yo (9.3.10)
{
tn-t'n1=z0-zo
Dimostrazione. Esercizio. D
Se le rette non parallele T e T 1 sono incidenti, ossia se il sistema lineare (9 .3.1 O)
ammette una (e quindi una sola) soluzione (to, t~), le coordinate del punto di
incidenza sono date da
(xo + tol , Yo + tom, zo +ton)= (x~+ t~h , y~ + t~m1 , zb + tbn1).
9.3.9. Esempio. Si considerino le rette T ed T 1 di equazioni parametriche
x=l+t x= O
y =-2+ 3t e y =- l + t'
{ {
z= O z = 5t 1
1
rispettivamente. Le rette T ed T sono sghembe. Infatti non sono parallele perché
la matrice
l 3 o)
( o l 5
ha rango 2, e non sono incidenti perché il sistema
t = -1
3t- t'= l
{
5t' = o
non è compatibile.
Esercizi
Esercizio 9.3.1. Si dimostri 9.3.5.
Esercizio 9.3.2. Si dimostri 9.3.8.
Esercizio 9.3.3. In un un riferim en to affine dello spazio euclideo E 3 si dimo-
stri che i punti A, B, C e D , di coordinate rispettivamente (1 , l , 5), (2 , 2, 1),
(1, -2, 2) e ( -2, l, 2), non appartengono a uno stesso piano. Considerate poi le
rette AB e C D si stabilisca se esse sono parallele, in cidenti o sghembe.
Esercizio 9.3.4. Sia RA( O, i_ , j, li) un riferimento affine dello spazio euclideo E 3 .
(i) Si determinino le equazio;;i parametriche dei seguenti piani:
il piano 1r1 passante per il punto A di coordinate (1, l , O) e parallelo ai
vettori :g_ di componenti (-l, O, - l) e Q di componenti (0, 6, 9);
il piano 1r2 passante per i punti Be C di rispettive coordinate (0 , l , - l) e
(3, 2, 1), e parallelo al vettore w di componenti (0, - 3, 0).
(ii) Si stabilisca se sono complanari le rette aventi le seguenti equazioni para-
metriche
x= l - 2t x= -3 + 5t 1
y = 3 + 5t
1
y = l- 6t
{ {
z = 4 + 2t, z = 5t 1 .
Elementi di geometria analitica 383
x= l+ 2t x = t'
y =- l+ t y = 2 + 4t'
{ {
z = 2 + 3t, z= 2+3t'.
(i) Si stabilisca se tali rette sono complanari e, in caso affermativo, si determi-
nino le equazioni parametriche del piano 1r che le contiene.
(ii) Siano A, B, C i punti di coordinate (- l , O, 3), (2, l, l) e (7, O, 9) rispetti-
vamente. Dopo aver provato che tali punti non sono allineati, si scrivano le
equazioni parametriche del piano 1r1 che li contiene.
(iii) l piani 1r e 1r1 sono paralleli?
Esercizio 9.3.6. In un un riferimento affine dello spazio euclideo E3 si consideri-
no le rette di equazioni parametriche
x=2+t x= 2 +t'
y =l+ 3t y = 3 +t'
{ {
z =l- t, z =-l+ t'.
Si stabilisca se tali rette sono complanari e, in caso affermativo, se esse sono
parallele o incidenti, e si scrivano le equazioni parametriche del piano che le
contiene.
Esercizio 9.3.7. Sia RA( O, i, j_, !f) un riferimento affine dello spazio euclideo E3 .
(i) Si determinino le equazioni parametriche dei seguenti piani:
il piano 1r1 passante per il punto A di coordinate (l, l, O) e parallelo ai
vettori 3J di componenti (l, O, l) e~ di componenti (0, 2, 3);
il piano 1r2 passante per i punti Be C di rispettive coordinate (0 , l , -l) e
(3, 2, 1), e parallelo al vettore w di componenti (0, O, 5);
il piano 1r3 passante per i punti E, F e G di rispettive coordinate (0, l, 0),
(2, -l , O) e (l , 2, 2).
(ii) Si stabilisca se le rette di equazioni parametriche
x=l+t x= -l+ t'
y =l+ 3t y =l+ t'
{ z = 4- t , {
z =t' ,
sono complanari e, in caso affermativo, se esse sono parallele o incidenti.
Esercizio 9.3.8. In un riferimento affine RA( O, i, j, !f) dello spazio euclideo E3
si considerino le rette r e sh di equazioni parametr!Che
x=3-t x= l-t'
y = 15 y = 9 +(h+ 2)t'
{ z =-l+ t , {
z = -5 +t'.
384 Capitolo 9
Esercizio 9.3.11. Fissato un riferimento affine RA( O , 'L, :j_) del piano, si conside-
rino le rette T ed 1.1 di rispettive equazioni parametriche
x = l+ 3t x = - l + t'
{ y = 2 +t, { y =- l + 2t' .
Esercizio 9.3.12. Sia Ta la retta del piano avente, in un fissato riferimento affine
RA( O , 'L, :j_), equazioni parametriche
x=2+t
{ y=-l+cd ,
dove a E !R. Si stabilisca per quali valori di a l 'o rigin e O è un punto diTa.
Esercizio 9.3.13. Fissa to un sistema di riferimento affine RA( O , 'L, :j_) nel piano,
siano T1 la retta passante per i punti di coordinate (- l , l) e (0, l) e sia T2 la retta
per i punti di coo rdinate (2 , 2) e (l, 0). Si provi che r1 e T2 si intersecano e si
determini il punto di intersezione.
Esercizio 9.3.14. Fissato un sistema di riferim en to affine RA( O , 'L , j) nel piano,
si consideri la retta T di equazioni parametriche -
x= l+ 3t
{ y = 2 +t.
Sia poi Sa la retta passante per i punti di coo rdinate (0 , a) e (2 , -l), dove a E R
S i stabilisca per quali valori di a le rette T e Sa si intersecano, e si determinino le
coordinate dell 'eventuale punto di intersezione.
Elementi di geometria analitica 385
Esercizio 9.3.15. Fissato un sistema di riferimento affine RA( O , i., j_, ]s_) nello
spazio, si considerino la retta r passante per i punti di coordinate (3 , O, 4) e
(-l , 2, -2) e la retta r1 passante per i punti di coordinate (2 , 2, 5) e (O , O, - 3).
Si dimostri che r1 e r si intersecano, e si individui il punto di intersezione.
Esercizio 9.3.16. Fissato un sistema di riferimento affine RA( O, i., j, !s.) nello
spazio, si considerino le rette r e Sa di equazioni parametriche -
ax +by+ c= O. (9.4.2)
La (9.4.2) è l'equazione cartesiana della retta r. Si noti che ( -b, a) sono parame-
tri direttori dir, pertanto se a' x+ b1y +c' = Oè l'equazione cartesiana di un'altra
retta r', allora 9.3.6 assicura che r ed r' sono parallele se e solo se
ab'- ba'= O.
386 Capitolo 9
x - 3 y -5
-5 --=9 '
da cui si ricava l' equ azione cartes iana 9x - 5y - 2 = O della retta AB .
Sia ora RA ( O ,i., j_ , li) un riferimento affine dello spazio e siano Q0 , Q1 e Q2 tre
punti non allineati di coordinate (xo , Yo , zo), (x1, Yl , zl) e (x2, y2 , z2 ) ri spettiva-
--? --7 --7 --7
mente. I vettori w 1 = OQ1 - OQo e w 2 = OQ2 - OQo , rispettivamente di
compone nti (x l - xo, Yl - Yo , z1 - zo) e (x2 - xo, Y2 - Yo , z2 - zo) , costitui-
scono una coppia di vettori di giacitura del pi ano n individuato da Qo, Q1 e Q2 .
Pertanto un punto P di coordinate (x , y , z ) appartie ne a n se e solo se il vettore
----t --7
w = O P - OQo dipende linearme nte da { w 1 , w 2 } , e quindi se e solo se la matrice
x - xo y - Yo z - zo )
x 1 - xo Yl - Yo z1 - zo E M3,3 ( ~ )
(
x2 - xo Y2 - Yo z2 - zo
ax + ùy + cz + cl = O. (9.4.3)
Appmtengono dunque al piano n tutti e soli i punti dello spazio le cui coordina-
te (x , y , z), nel riferimento affine considerato , soddi sfano l' equazione di primo
grado (9.4.3) nelle incognite x, y , z , detta equazione cartesiana del piano n.
9.4.2. Esempio. Si considerino i tre punti dello spazio che in un fi ssato rife rimen-
to affine hanno coordinate (0 , 3 , -2) , (- l , 7 , 0 ), (5 , - 2, l ). L' equazione cartesia-
na del piano n che contie ne tali punti si ottiene uguagliando a zero il determinante
della matrice
x y- 3
z+2 )
~
- l 4
( 5 -5 '
ed è quindi 22x + 13y - 15z - 69 = O.
x - x0 y - y0 z - z0 )
( x 1 - xo Yl - Yo z1 - zo
Elementi di geometria analitica 387
Esercizi
Esercizio 9.4.1. Siano A, B, C e D i punti che in un fissato riferimento affine
delpianohannocoordinate (-1,15), (7,2), (-2,7) e (5 , -38) rispettivamente.
Dopo aver scritto le equazioni cartesiane delle rette AB e C D, si stabilisca se
esse sono parallele o incidenti, e in quest'ultimo caso si determinino le coordinate
del punto di intersezione.
Esercizio 9.4.8. Sia RA( O , i_, j_, k) un riferimento affine dello spazio euclideo.
(i) Si scriva l 'equazione cartesiana della retta T per il punto A di coordinate
(l , 2, 3) parallela alla retta congiungente i punti B di coordinate ( -2, 2, O)
e C di coordinate ( 4, -l, 7).
(ii) Si scriva l'equazione cartesiana della retta s congiungente i punti E di
coordinate (l , -l, 8) e F di coordinate (lO , -l, 11 ).
(iii) Si dimostri che le rette T e s sono incidenti e si determinino le coordinate
del punto di intersezione.
Sia RA( O , i_, j) un riferimento affine orto normale del piano E 2 , ossia tale che i
vettori i_ e j_ abbiano lunghezza unitaria e siano ortogonali (cioè formino un angolo
Elementi di geometria analitica 389
di ~ radianti).
/.
/ J
h ..__ -
.. ..... / ..... ..__
l
l x xo
l /
l / ----t
.,.è.1 / / -OP
2
Se P è un punto di [ di coordinate (xo, Yo), il teorema di Pitagora assicura che
(9.5.1)
da cui
(9.5.2)
La (9 .5 .2), di secondo grado nelle incognite x e y, è l'equazione cartesiana della
circonferenza r (P, r).
390 Capitolo 9
9.5.1. Esempio. Sia P il punto del piano di coordinate ( -3, 5). La circonferenza
di centro P e raggio v'2 è costituita da tutti e soli i punti del piano le cui coordinate
(x , y) soddisfano la relazione (x+ 3) 2 + (y- 5) 2 = 2, ovvero
2
x + y 2 + 6x - lOy + 32 = O.
x
2
+ y 2 + clx + ey + f = O
Esercizi
Esercizio 9.5.1. Considerato il punto P che in un fissato riferimento ortonormale
del piano ha coordinate (1, -5), si scriva l 'equazione cartesiana della circonfe-
ren za di centro P e raggio 3, e si stabilisca se l'origine del riferim ento appartiene
a tale circonferenza.
~~~·
} •p'
• 1/J • •
................ .............. ..... ........ ················>
0 X2 Xl
Indicato con 1/J l'angolo che 12_1 forma con l'asse x, si ha che 12_2 forma con l'asse
x l'angolo()+ 1/J, e risulta:
Xl Yl
cos 1/J = ll12.1ll ' sen 1/J = ll12.1ll '
X2 Y2
cos(V;+()) = ll12.2ll' sen( 1/J + ()) = ll12.2ll '
Pertanto il sistema ha un'unica soluzione, che si può calcolare per esempio con la
regola di Cramer, ottenendo:
si ha che
Analoghi discorsi posso no essere fatti in JR 3 (una volta che si sia identificato ogni
vettore di vg con il vettore numerico delle sue componenti in una base {i., j , .6;_} or-
tonormale, cioè costituita da vettori di lunghezza unitaria a due a due ortogonali),
o più in generale in IR 11 •
Sia IR 71 l'usuale spazio vettoriale di dimensione n sul campo reale IR; si dice
prodotto scalare canonico in IR 11 l'applicazione
( ' ) : !Rn X !Rn ---+ JR
definita ponendo
Si noti che per ogni y_ E IR 11 risulta (y_, y_) 2: O, quindi la norma di un vettore è un
numero reale non negativo.
Due rette dello spazio o del piano euclideo sono perpendicolari se e solo se
lo sono i rispettivi vettori direttori. Da ciò segue subito che:
9.6.1. Criterio di ortogonalità tra rette nello spazio. Due rette aventi, m
un assegnato riferimento ortogonale dello spazio, parametri direttori (l , m. n)
e (h. m1 , n1) rispettivamente, sono ortogonali se e solo se
9.6.2. Criterio di ortogonalità tra rette nel piano. Due rette aventi, in un as-
segnato riferimento ortogonale del piano, parametri direttori (l, m) e (h, m 1 )
rispettivamente, sono ortogonali se e solo se
9.6.4. Per ogni :y_, :y_1, :y_2, w, w1, w2 E ~n e per ogni a E IR risulta:
(i) (:y_l + 1!.2, w) = (:y_l , w) + (1!.2) w);
(ii) (a:y_, w) = a(:y_, w);
(iii) (:y_, w1 + w2) = (:y_, w1) + (:y_, w2);
(iv) (:y_, aw) = a(:y_, w);
(v) (:y_,w)=(w,:y_).
Inoltre:
(vi) per ogni:!!. E ~n \ {Q} esiste un vettore w E !R71 tale che (:y_, w) i= O;
(vii) per ogni :y_ E JR 71 \ {Q} risulta (:y_, :y_) > O.
Dimostrazione. Esercizio. D
Le proprietà (i) - (iv) esprimono il fatto che il prodotto scalare canonico in !R71 è
bilineare, la (v) che esso è simmetrico, la (vi) che è non degenere, la (vii) che è
definito positivo. Semplicemente utilizzando queste proprietà si può provare che
la distanza tra due punti P e Q di !R71 , definita ponendo
------) ------)
godono delle usuali note proprietà. Tale approccio consente di ricostruire la geo-
metria euclidea in !R71 usando il prodotto scalare canonico. In realtà quest'ultimo
394 Capitolo 9
può essere sostituito da una qualunque applicazione JR 71 x JR" ------> lR che verifi-
chi le proprietà elencate in 9 .6.4. Ciò suggerisce di introdurre le definizioni che
seguono.
Sia V uno spazio vettoriale sul campo reale lR. Unaforma bilineare su V è
un ' applicazione 9 : V x V ------> lR tale che:
(i ) 9(12.1 + 12.2 , w) = 9(12_ 1 ,w ) + 9(12_2 , w) perogni 12_1 ,12_2 , w E V ;
(ii) 9(12., w 1 + w2 ) = 9(12., w1 ) + 9(12., w2 ) per ogni 12_, w 1 , w2 E V ;
(iii ) 9( a12_, w) = a 9(12., w) per ogni 12_, w E V e per ogni a E JR;
(iv ) 9(12., aw ) = a 9(12., w) per ogni 12_, w E V e per ogni a E lR.
Una forma bilineare 9 su V che sia simmetrica, ossia tale che 9(12., w) = 9( w, 12.)
per ogni 12_, w E V , è detta prodotto scalare su V. In tal caso il numero reale
9(y_, w) viene di solito denotato col simbolo (12., w), e 9 col simbolo (, ).
11 12.1 1 : =~.
La distanza tra due vettori 12. e w di V è poi il numero reale
Si noti che
cl(1!_, 12.) = o
Elementi di geometria analitica 395
Infine la (vi) si dimostra osservando che Il~+ wll 2 = 11~11 + llwiJ2 + 2(~, w)
2
e I l~- wW = II~W + llwll 2 - 2(~, w), pertanto Il~ +wll -Il~- wl l = 4(~, w)
2
Esercizi
Esercizio 9.6.1. Fissato un riferimento ortonormale del piano, si provi che le rette
aventi equazioni cartesian e 3x - 2y + 7 = O e 4x + 6y + l = O sono ortogonali.
x= l+ 3t x= kt'
y = -4 + 2t y=3+(2-k)t'
{ {
z = -5t, z =o.
Per quali valori di k le due rette sono perpendicolari? Esistono valori di k per i
quali le due rette sono parallele?
x= -l+ 7t
y = -2t
{
z = 5 +t.
(i) Si determinino le coordinate del punto di intersezione P del piano 7r con la
retta r.
(ii) Si scrivano le equazion i parametriche della retta OP e si stabilisca se essa
è ortogonale a r.
Elementi di geometria analitica 397
(iii) Nel riferimento RA( O, i., j_) indotto sul piano xy, si scriva l'equazione car-
tesiana della circonferenza r di centro il punto Q di coordinate (-l, O) e
------;
raggio [[OP[[.
(iv) Si studi l 'intersezione della circonferenza r con la retta S, dove s è l 'inter-
sezione del piano 1r con il piano xy.
x2 + y 2 + 2ax - 4y + 3a = O,
Esercizio 9. 7 .4. Sia RA( O ,i., j, k) un riferimento affine dello spazio euclideo
E3 e siano A, B, Chi punti di coordinate (1,-1,2), (0,3,-1) e (-2,h,-7)
rispettivamente, dove h è un parametro reale.
(i) Si stabilisca per quali valori di h i punti A, B e Ch sono allineati.
(ii) Posto h = O, si scrivano le equazioni parametriche del piano 1r per i punti
A, Be Co.
(iii) Si consideri il piano 1r1 di equazioni parametriche
x=2-a
y = l + 4a - 11,6
{ z = 3- 3a
Esercizio 9.7.5. In un riferimento affine RA( O, i., j, !5.) dello spazio euclideo E3
si considerino le rette rk ed s di rispettive equazioni parametriche
x= l+ kt x= 5- 2t'
y = -7t y =l+ 14t'
{ {
z = -2 + (1- k)t z = 3,
398 Capitolo 9
x = l + 3a - 2/3
y = -2 + f3
{
z = 5 - a+ 5/3.
Si determinino gli eventuali valori del parametro k per i quali la retta rk è
parallela al piano 1r.
Esercizio 9.7.6. In un riferimento affine RA(O ,i., j , Js.) dello spazio euclideo E 3
si considerino le rette rk ed s di rispettive equazioni parametri che
x = -l+ kt x= 3 + 4t'
y = -lOt y =l+ 20t1
{ {
z = 3 + (k + 2)t z =o,
x=l+a
y = -2 +a+ f3
{ z = 3- a+ 2/3.
10.1 Reticoli
Siano L un insieme non vuoto e :S una relazione d'ordine in L. L'insieme ordina-
to (L , :S) è detto reticolo se per ogni x, y E L esistono su p L {x, y} e infL{ x, y }.
In tal caso, ponendo x V y := supdx,y} e x 1\ y := infL{ x, y} , restano defi-
nite due operazioni interne V e 1\ in L, dette rispettivamente unione reticolare e
intersezione reticolare. Si verifica agevolmente che per ogni x, y , z E L si ha:
xVx=x=xl\x, (10.1.1)
x V y = y V x,
(10.1.2)
x(\ y = y (\x,
x V (y V z) = (x V y) V z,
(10.1.3)
xl\ (y l\z ) = (xl\ y) l\z,
x V (x 1\ y) = x= x 1\ (x V y). (10.1.4)
10.1.1. Sia L un insieme non vuoto dotato di operazioni interne V e 1\ che veri-
fichino (10.1.1)- (10.1.4). Allora y = x V y se e solo se x = x 1\ y. Inoltre la
posizione
x :S y :{=:::> x =x 1\ y
definisce una relazione d'ordine in L, e la coppia (L, :S) è un reticolo in cui
x Vy = supL {x,y} e x 1\ y = infL{x,y} per ogni x,y E L.
Dimostrazione. Basta tener presente che nella definizione di reticolo come strut-
tura algebrica le operazioni V e 1\ si comportano in maniera simmetrica rispetto
alle proprietà (10.1.1)- (10.1.4). O
Dimostrazione. Per provare l'equivalenza tra (i) e (ii) basta osservare che se
su p d x, y} = y allora y è un maggiorante dell'insieme {x , y}, quindi x ::;:
y. Viceversa, se x ::;: y, allora y è il massimo dell'insieme {x , y }, pertanto
supL{x,y} = y (vedi 2.4.15).
L'equivalenza tra (ii) e (iii) è del tutto analoga. O
Dimostrazione. Sia (L, :S: ) un insieme totalmente ordinato. Allora due elementi
di L sono sempre confrontabili, e l'asserto segue da 10.1.3. O
10.1.7. Esempio. Sia G un gruppo, e si denoti con L( G) l'insieme dei sotto gruppi
di G. Denotata con ç: l'usuale inclusione, l'insieme ordinato (L( G), ç:) è un
reticolo, detto il reticolo dei sottogruppi di G. Esso ha G come massimo e {l}
come minimo. Per ogni H, K E L( G) risulta H VK = (H, K) e H 1\ K = HnK.
Se il gruppo G è infinito, l'insieme dei sottogruppi finiti di G non è, in generale,
un sottoreticolo di L( G). Invece l'insieme dei sottogruppi normali di G è sempre
un sottoreticolo di L (G) .
Esercizi
Esercizio 10.1.1. Si dimostri quànto affermato in 10.1.5 -10.1.8.
402 Capitolo 1O
Esercizio 10.1.7. Si dimostri che un reticolo non può possedere più di un elem en to
minima/e. Se questo esiste, esso coin cide col minimo del reticolo.
Esercizio 10.1.8. Si consideri la relazione ç; definita nell 'insieme No ponendo
Esercizio 10.1.11. Si dimostri che per ogni insieme S il reticolo P(S) delle parti
di S (vedi Esempio 10.1.5) è completo, mentre il sottoreticolo di P(S) costituito
dai sotto insiemi finiti di S è completo se e solo se S è finito.
Esercizio 10.1.12. Si dimostri che il reticolo dei numeri naturali (vedi Esem-
pio 10.1.6) è completo.
Esercizio 10.1.13. Si dimostri che il reticolo dei sottogruppi di un gruppo e quello
dei suoi sottogruppi normali (vedi Esempio 10.1.7) sono completi.
Esercizio 10.1.14. Si dimostri che il reticolo dei sottospazi di uno spazio vetto-
riale (vedi Esempio 10.1.8) è completo.
Esercizio 10.1.15. Sia L il reticolo dei sottospazi di uno spazio vettoriale S su un
campo F (vedi Esempio 10.1.8). Si dimostri che i sottospazi di S di dimensione
finita su F costituiscono un sottoreticolo di L, che risulta completo se e solo se la
dimensione di S su F è finita.
Esercizio 10.1.16. Si dimostri che ogni reticolo completo possiede massimo e
minimo.
Esercizio 10.1.17. Sia (L , :S) un insieme ordinato dotato di massimo l. Si provi
che se per ogni sottoinsieme non vuoto X di L esiste infL X, allora L è un reticolo
completo.
Svolgimento. Siano x, y E L. Allora per ipotesi esiste infL{ x, y }. Inoltre certa-
mente l'insieme Y dei maggioranti di {x , y} in L è non vuoto, contenendo almeno
l'elemento l. Per ipotesi esiste allora infL Y. Ma per definizione tale elemento è
proprio su p L {x , y}. Quindi L è un reticolo. Per provarne la completezza resta da
mostrare che per ogni sottoinsieme non vuoto X di L esiste su p L X. Sia X un
sottoinsieme non vuoto di L. Per ipotesi, l'insieme T dei maggioranti di X in L è
non vuoto, contenendo almeno l'elemento l. Per ipotesi esiste allora infL T. Ma
per definizione tale elemento è proprio su p L X.
Esercizio 10.1.18. Sia (L , :S) un insieme ordinato dotato di minimo O. Si provi
che se per ogni sottoinsieme non vuoto X di L esiste su p L X, allora L è un
reticolo completo.
Esercizio 10.1.19. Si dimostri che se a, b, c e d sono elementi di un reticolo L tali
che a :::; b e c :::; d allora a V c :::; b V d. Si utilizzi poi il principio di dualità dei
reticoli (vedi 10.1.2) per dimostrare che se a 2: be c 2: d allora a A c 2: b A d.
Dimostrazione. (i) Per ogni f( x), f(y) E f(L), essendo f( xVy) = f( x) V f(y)
e f(x 1\ y) = f(x) 1\ J(y), si ha che f(x) V J(y) , f(x) 1\ J(y) E f(L).
(ii) Se m ax L = l allora per ogni x E L risulta x ~ l , cioè x V l = l , da
cui f(x) V f(l) = f(x V l) = f(l). Ma ciò implica f(x) ç f(l) per ogni
f( x) E f(L) , pertanto maxf(L) = f(l).
(iii) Se min L = O allora per ogni x E L risulta O ~ x, cioè x 1\ O = O, da
cui f( x) 1\ f(O) = f( x 1\ O) = f(O). Ma ciò implica f(O) ç f( x) per ogni
f( x ) E f(L), pertanto minf(L) = f(O).
(iv) Se x ~ y allora x = x 1\ y per la 10.1.3, da cui f(x) = f( x 1\ y)
f( x ) 1\ f(y), quindi f(x) ~ f(y).
(v) Ovvia. D
La (iv) di l 0.2.1 non si inverte: esistono infatti reticoli (L, ~ ) e (M, ç) e omo-
morfismi di insiemi ordinati f : L -----> 1\II che non sono omomorfismi di reticoli.
10.2.2. Esempio. Sia S = {a , b, c} un insieme con 3 elementi. Si consideri poi il
sottoinsieme L = {0 , {a} , { b} , S} di P (S), ordinato per inclusione. Ovviamente
(L,<;:) è un reticolo, e {a} V {b} = S. L'applicazione f : X E L ~-----t X E P(S)
è un omomorfismo di insiemi ordinati, in quanto se X, Y E L e X ç Y allora
f(X) = X ç Y = f(Y). Ma f non è un omomorfismo di reticoli, giacché
f({a}V{b}) = f(S) = Smentref({a})v f({b}) = f({a})Uf({b}) = {a,b}.
Esercizi
Esercizio 10.2.1. Si dimostri che un 'applicazione tra reticoli è un isomorfismo di
reticoli se e solo se essa è un isomorfismo di insiemi ordinati.
Esercizio 10.2.2. Si dimostri che reticoli isomorfi hanno lo stesso diagramma di
Hasse.
Esercizio 10.2.3. Con S = {1 , 2, 3, 4}, si consideri il reticolo (P(S) , <;:) deffe
parti di S (vedi Esempio 10.1.5). Sia poi W l'insieme dei numeri naturali da O a
10, ordinato con l'ordinamento naturale ~ di No. Si dimostri che l'applicazione
f: P(S) ---t No definita ponendo
O se A= 0
f(A) :=
{
L n se A# 0
nE A
Retico li, grafi, alberi 405
è un omomor.fismo tra gli insiemi ordinati (P(S) , ç ) e (W, s ). Si provi poi che j
non è un omomorfismo di reticoli.
x V (y 1\ z ) = (x V y) 1\ (x V z ), (10.3.1)
x 1\ (y V z ) = (x 1\ y) V (x 1\ z ). (10.3 .2)
n risultato che segue mostra che nella precedente definizione è sufficiente richie-
dere che valga una sola tra (10.3.1) e (10.3.2).
10.3.1. In un qualunque reticolo (L, :S) la (10.3.1) e la (10.3 .2) sono equivalenti.
:0 3 l
406 Capitolo 1 O
z<}Ys
Un reticolo che abbia per diagramma eli Hasse quello dell' Esempio 10.3.2 viene
detto pentagonale ; un reticolo che abbia per diagramma di Hasse quell o dell'E-
sem pio 10.3.3 viene detto trirettangolo. Risulta quindi evide nte che ogni reticolo
che possegga un sottoreticolo pentagonale o trirettangolo è non di stributivo. Di
più, si potrebbe provare che :
Esercizi
Esercizio 10.3.1. Si dim ostri che il reticolo delle parti di un insieme (vedi Esem-
pio 10.1. 5) è distributivo.
Esercizio 10.3.2. Si dimostri che il reticolo dei naturali (vedi Esempio 10.1.6) è
distributivo.
Esercizio 10.3.3. Utilizzando 10.3.4, si dimostri che il reticolo dei sottospazi di
uno spazio vettoriale (vedi Esempio 10.1.8) è distributivo se e solo se la dimen-
sione dello spazio è minore di 2.
Esercizio 10.3.4. Si dimostri che in un qualunque reticolo L risulta:
x V (y 1\ z) ::; (x V y) 1\ (x V z),
xl\ (y Vz ) ~ (xl\ y) V (xl\z ),
per ogni x, y , z E L.
Svolgimento. Per provare la prima di suguaglianza si osservi che innanzitutto da
x ::; x V y e x ::; x V z segue x ::; (x V y) 1\ (x V z ). Inoltre y 1\ z ::; y ::; x V y
e y 1\ z ::; z ::; x V z , da cui y 1\ z ::; (x V y) 1\ (x V z ). Pertanto x V (y 1\ z ) ::;
(x V y) 1\ (x V z), come volevasi.
La seconda disuguaglianza può essere verificata in mani era analoga, oppure
dedotta dalla prima utili zzando il principio di dualità dei reticoli (vedi 10.1.2).
Reticol i, grafi, alberi 407
xV(yl\z)::; (xVy)l\ z,
per ogni x, y , z E L tali che x ::; z.
=Xl V X2 in quanto x 1 V x2 :S l.
Esercizi
Esercizio 10.4.1. Sia L un reticolo distributivo dotato di massimo l e di minimo O.
Si dimostri che gli elementi di L dotati di complemento formano un sotto reticolo
che è un'algebra di Boole.
Reticoli, grafi, alberi 409
2x = (2x )
2
= 4x 2 = 2x
2
+ 2x 2 = 2x + 2x,
da cui 2x =O. Quindi A ha caratteristica 2. Siano ora x, y E A. Si ha:
Il risultato che segue mostra che i concetti di anello booleano e di algebra eli Boole
sono logicamente equivalenti.
:c V y := :c + y - x y ,
x 1\ y := :cy.
allora la struttura algebrica (L, +,· ) è un anello booleano. Inoltre per ogni
;c, y E L risulta ~r. V y = J.: + y- x y.
e, analogamente,
(y + z ) + x = (y Az' A x') V (y' Az 1\ x') V (z 1\ y A x ) V (y' 1\ z' A x ).
Da ciò segue subito che (x +y)+ z = (y+ z )+ x = x +(y+ z ), quindi l' addizione
sopra definita è associativa.
Per ogni x E L si ha x+ O = (x A l) V (x' 1\ O) = x V O = x, quindi O
è l'elemento neutro in (L , +). Inoltre per ogni x E L si ha x + x = (x A x') V
(x' A x )= OV O= O, per cui x è il simmetrico di x in (L ,+). Tutto ciò prova che
(L , +) è un gruppo abeliano.
Si ponga ora xy := x A y, per ogni x, y E L. Per (10.1.2) e (10.1.3), la mol-
tiplicazione così definita è un ' operazione associativa e commutativa in L. Infine
da 10.4.2, (10.3.1), (10.3.2) e 10.1.3 segue che per ogni x, y , z E L si ha:
xz + yz = ((x Az) 1\ (y 1\ z )') V ((x Az )' A (y Az ))
= (( x Az) 1\ (y' V z')) V (( x' V z') 1\ (y Az))
= (( x 1\ z A y') V (x Az 1\ z')) V ( (y Az 1\ x') V (y Az 1\ z'))
= (x Az 1\ y') V (y 1\ z A x')
= ( (x 1\ y') V (x' A y)) 1\ z
= (x + y) z.
Tutto ciò assicura che (L , + , ·) è un anello. Inoltre xl = x A l = x per ogni
x E L, per cui L è unitario di unità l; e x 2 = x 1\ x = x , quindi L è un anello
booleano.
412 Capitolo 1O
Esercizi
Esercizio 10.5.1. Si dimostri che in un anello booleano ogni elemento diverso da
O e da l è un divisore dello O. Ne segue che un anello booleano con più di due
elementi non è un dominio d 'integrità.
Esercizio 10.5.3. Si consideri l'insieme L dei divisori positivi di 30, ordinato con
la relazione l del divide.
(i) Si descriva l 'insieme L, precisandone l 'ordine.
Reticoli , grafi, alberi 413
6 15
2 5
10.6 Grafi
Si dice grafo una qualunque coppia r = (V, E), dove V = V(r) è un insieme
non vuoto, e E = E(r) è un sottoinsieme dell'insieme [Vj2 delle parti di V aventi
ordine 2. Gli elementi di V si dicono vertici del grafo, mentre gli elementi di E
sono i lati del grafo. Se l = {v, w} E E è un lato allora i vertici v e w si dicono
anche gli estremi di l. Due vertici v, w sono adiacenti se {v, w} è un lato, e due
lati l, h E E sono incidenti se l'insieme l n h ha ordine l. Un grafo i cui vertici
siano a due a due adiacenti è detto completo; è invece vuoto se tale è l'insieme
dei suoi lati. In altre parole r = (V, E) è completo se E = [V] 2 ed è vuoto se
E = 0. L'ordine di un grafo è poi, per definizione, quello dell ' insieme dei suoi
vertici. Un grafo finito è un grafo di ordine finito, e quindi con un numero finito
di vertici.
414 Capitolo 1 O
10.6.2. Esempio. Il grafo (V1 = {a, b, c, cl} , E1 = { { b, c}}) è un sotto grafo del
grafo r dell 'Esempio 10.6.1. Il sottografo dir generato da V1 è invece il grafo
(V1, {{a , d}, {b , c}}).
Reticoli, grafi, alberi 415
l
lEI= 2 2.: d( v).
vE V
Si noti che 10.6.3 comporta che in ogni grafo finito r = (V, E) la somma dei gradi
dei vertici è pari, cioè L:vEV d( v) = O (mod 2). Inolh·e è immediato osservare
che un grafo di ordine n regolare di grado t ha !tn lati. Dunque per esempio Kn
ha -(n-l)n
-
lai.
t.
2
Se v e w sono vertici di un grafo r, un cammino da v a w è una sequenza
finita h = {Xl, x2}, l2 = { X2, x3}, ... , ln = { Xn, Xn+I} di lati distinti tale che
lati consecutivi siano incidenti, v = x1 sia estremo del primo lato e w = Xn+l sia
estremo dell'ultimo lato. n numero n 2: O dei lati che costituiscono il cammino
è detto lunghezza del cammino. Per ogni vertice v esiste un unico cammino di
lunghezza Oda v a v. Un cammino di lunghezza positiva da un vertice v a v stesso
è detto circuito. Si definisce foresta un grafo privo di circuiti.
Un grafo è connesso se considerati comunque due dei suoi vertici v e w esiste
un cammino da v a w. n grafo dell'Esempio 10.6.1 non è connesso perché per
esempio non vi è alcun cammino da a a b. Una foresta connessa è detta albero.
Agli alberi è dedicato il Paragrafo 10.7.
Nell'insieme V dei vertici di un grafo r si può considerare la relazione ,. ._,
definita ponendo, per ogni v, w E V, v rv w se e solo se esiste un cammino da v
a w. La relazione ,. ._, è d'equivalenza in V: infatti essa è banalmente riflessiva e
simmetrica, inoltre è transitiva perché se v, w, u E V sono tali che v ,. ._, w e w ,. ._, u,
416 Capitolo 1O
allora indicati con l1 , l2, ... , ln un cammino da v a w e con e1, e2, ... , e m un
cammino da w a u , si ha che h , . .. , l 11 , e1 . . . , e m è un cammino da v a u per cui
v rv 'U. Le classi d' equivalenza modulo rv vengono dette le componenti COilllesse
del grafo. Più precisamente per ogni vertice v la classe [v]~ d' equivalenza di v
modulo"' è detta componente connessa di v.
È immediato osservare che un grafo è connesso se e solo se "' è la relazione
totale, ed è vuoto se e solo se "' è la relazione identica. Nel primo caso c ' è una
sola componente connessa, nel secondo le componenti connesse sono tante quanti
sono i vertici.
Si noti poi che non vi è alcun lato che abbia estremj appartenenti a componen-
ti connesse distinte. Si osservi inoltre che le componenti connesse di una foresta
sono alberi.
Sia ora Y = (V, E , 'ljJ ) un multigrafo finito. Si definisce cammino una se-
quenza finita di lati h , l2, . .. , lt E E a due a due distinti, tali che per ogni
i E {1 , .. . , t} si abbia '1/J (li ) = {zi, Zi+l }, dove z1, ... , Zt+l E V. Se z1 = Zt+l
il cammino è detto circuito. Un multigrafo è connesso se scelti arbitrariamente
due suoi vertici CL e b esiste un cammino l1 , ... , lt tale che h abbia CL come estremo
e lt abbia come estremo b, cioè CL E 'ljJ (l1) e b E '1/J (lt).
Un cammino h , .. . , l t tale che E = {h , ... , l t} è detto cammino euleriano.
Un cammino euleriano che sia un circuito è detto circuito euleriano . Richiede-
re che un multigrafo finito possegga un cammino euleriano equivale a richiedere
che si possano disegnare tutti i suoi lati senza staccare la penna dal foglio e sen-
za ripassare per uno stesso lato. Si parla di cammini e circuiti euleriani perché
queste definizioni sono legate al famosissimo problema dei ponti di Konigsberg
risolto appunto da Eulero nel 1736 utilizzando la Teoria dei Grafi. Konigsberg,
città natale del filosofo Immanuel Kant, era una città della Prussia situata su due
isole e su entrambe le sponde del fiume Pregel collegate da sette ponti, come sche-
maticamente rappresentato nella figura seguente, dove le sponde del fiume (linea
ondulata), le isole (linea tratteggiata) e i ponti (linea semplice) sono indicati dalle
rispettive iniziali S, I e P, e numerati progressivamente:
s2
Ps p6
lp~
/
' /
'
l
/
' \ p4 /
'\
l I1 ,---------.l I2 l
\ l \ l
' /
' /
pl p2 p3
s1
Ps
I 1 111------=------:;. I 2
pl
dove i vertici sono i territori urbani sulle sponde del fiume e sulle isole, e i lati
sono i 7 ponti che li collegano. n problema posto, che equivale a chiedere se tale
multigrafo possiede o meno un circuito euleriano, ha tisposta negativa in virtù del
seguente risultato dovuto appunto a Eulero.
10.6.4. Teorema. Sia Y = (V, E , 1/J) un multigrafo finito privo di punti isolati.
Y ha un circuito euleriano se e solo se è connesso e tutti i suoi vertici sono pari.
Sia dunque lEI > 2 e sia v1 E V; poiché Y è privo di punti isolati esiste
h E Etalechev1 E '1/J( h). Sia 'l/J (h) := {v1,v2 };esistealmenounlatol2 =J- h
avente v2 come estremo perché v2 ha grado pari. Posto 'ljJ (l2) := {v2,v3 }, se
v3 = v1 allora {h , l2} è un circuito da v1 a v1 altrimenti, poiché v3 ha grado pari,
esiste almeno un lato l3 =J- l2 avente v3 come estremo. Indicato con v4 l' estremo
di l3 diverso da v3, se v4 = v 1 allora {l1 , l2, l3} è un circuito altrimenti si prosegue
in modo analogo. Naturalmente, essendo Y finito , questo ragionamento conduce
necessariamente alla costruzione di un circuito L1 da v1 a v1. Se L1 = E, allora
L1 è un circuito euleriano. Altrimenti si consideri il multigrafo che si ottiene da
Y cancellando i lati di L1 e i vertici che sono estremi solo di lati di L 1 ovvero il
multigrafo Y1 = (Vl ,El ,'l/Jl ) con V1 := {v E V: 3l E E\ L 1 : v E '1/J (l)},
E1 = E \ L1 e 'l/J1 = 'l/J1E1 . li multigrafo Y 1 è nelle stesse ipotesi di Y ma possiede
meno lati e quindi, per ipotesi di induzione ha un circuito euleriano; sia questo L 2.
Banalmente E = L1 U L 2 è un circuito perché il fatto che Y sia connesso e ogni
suo vertice sia pari garantisce l'esistenza di un lato e E L1 e di un lato f E L2
con un estremo w in comune. Non è restrittivo assumere che L1 = {h , . .. , lt} e
L2 = {e1, .. . ,ek}sianocircuitidawaw. AlloraL= {h , .. . , lt,e l ,· ·· ·ek }è
un circuito da w a w, ed è ovviamente euleriano. D
10.6.5. Corollario. Sia Y = (V, E , 'ljJ ) un multigrafo finito privo di punti isolati.
Y ha un cammino euleriano se e solo se è connesso e il numero dei suoi vertici
dispari è O oppure 2.
Esercizi
Esercizio 10.6.1. Si disegni il grafo r = (V, E) avente come insieme di vertici
V = {a , b, c, cl, e, !} e lati {{ a, b}, {a , c}, {b , e}, {b , !} }, e si stabilisca se tale
grafo è connesso. Si determinino poi i gradi dei vertici e gli eventuali punti isolati.
Esercizio 10.6.2. Si consideri il grafo r = (V, E) dove V = {l , 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8}
ed E = { {1 , 2}, {l , 3}, {1 , 4}, {5, 6} , {5, 7}, {5, 8} }. Si determinino le compo-
nenti connesse di r e si stabilisca se r è una foresta e se è un albero.
Esercizio 10.6.3. Si consideri il multigrafo T= (V, E, '1/J ), con V= {a, b, c, cl, e},
E= {h , l2, l3, l4, ls, l5, h , ls} e '1/J :E ----t [V] 2 definita dalle posizioni
10.7 Alberi
Nel Paragrafo 10.6 è stato definito foresta un grafo privo di circuiti e albero una
foresta che sia anche un grafo connesso. In particolare quindi, come del resto già
osservato in precedenza, le componenti connesse di una foresta sono alberi.
Come si vedrà nel seguito, ogni grafo finito connesso r = (V, E) possiede un
cosiddetto albero di supporto, cioè un sotto grafo r' = (V' , E') che è un albero
ed è tale che V' = V. Di qui l' interesse particolare per lo studio degli alberi. Una
prima caratterizzazione degli alberi è la seguente.
Per stabilire se un grafo finito connesso è un albero basta contarne i lati. Vale
infatti il seguente risultato:
Dimostrazione. Per provare che dalla (i) segue la (ii) occone dimostrare che un
albero r di ordine n ha n - l lati e a tale scopo si può procedere per induzione su
n. Se n= l, allora E= 0 e l'asserto è banalmente verificato. Sia dunque n > l
e si supponga, per ipotesi di induzione, che ogni albero di ordine n- l abbia n- 2
lati. Per 10.7.2l'albero r ha almeno una foglia v. Detto l quell'unico lato avente
v come estremo, il grafo r 1 = (V\ {v}, E\ {l}) è ancora un albero e ha ordine
n- l. Dunque lE\ {l} l =n- 2 e quindi lEI =n- l come si voleva.
Per dimostrare che dalla (ii) segue la (iii) occone verificare che una foresta
r = (V, E) con n vertici e n - l lati è necessariamente connessa. Sia t il numero
delle componenti connesse di r e siano V1 , ... , Vt tali componenti connesse. In-
dicato con r i il sottografo generato da Vi per ogni i E {l , ... , t}, si ha che r i è un
albero di ordine lVi l e quindi ha lVi l - l lati. Inoltre IV l = n = IV1I + · · · + lVt l
e lEI= n- l= (IV1I- l)+ + (lvtl- l)= IV1I + + lvtl- t= n- t;
00
•
00
Esercizi
Esercizio 10.7.1. Si stabilisca quanti sono, a meno di isomorfismi, gli alberi di
ordin e 3 e quelli di ordin e 4.
Esercizio 10.7.5. Quanti lati ha una foresta di ordine lO con 3 componenti con-
nesse di cui una priva di foglie?
2a3b .-_
'- 2c3d :T--7'"
_.L-----'. <c
a_ e bld ,
b)·={
<7( 2a 3
·
{xEN:x >a}
{a+l,a+2 , .. . ,a+ b}
seb=O
sem>O.
Un enunciato che abbia un ben preciso valore di verità, cioè che sia vero oppure
falso, è detto proposizione. Per esempio le affermazioni
sono entrambe proposizioni (la prima vera e la seconda falsa), mentre l'enunciato
è
·A : Riccardo non è il miglior scolaro,
ed è vera esattamente quando A è falsa. Precisamente, utilizzando la notazione V
per vero e F per falso si ha:
*
F
v
Tale tabella è detta tavola di verità per la negazione.
Due proposizioni possono poi essere combinate tra loro mediante la congiun-
zione "e". Per esempio considerate le proposizioni
426 Appendice A
A B A /\ B
v v v
v F F
F v F
F F F
Tale tabella mostra che A 1\ B è vera quando sia A che B sono vere, mentre è falsa
in tutti gli altri casi.
Un altro modo in cui possono essere legate tra loro due proposizioni consiste
ne Il' utilizzare il connettivo "o", detto disgiunzione.
A B A VB
v v v
v F v
F v v
F F F
Un modo per combinare due proposizioni è anche quello di utilizzare l'implica-
zione. Il modo in cui questa viene usata in matematica è leggermente diverso
Cenni di logica proposizionale e predicativa 427
dall'uso comune. La proposizione "A implica B", oppure "se A allora B", si
denota con A :==::::? B, significa che A è falsa oppure B è vera, ed è descritta dalla
seguente tavola di verità:
A B A====:>B
v v v
v F F
F v v
F F v
Si osservi che A ====> B è vera per ogni valore di verità di B ogni volta che A
è falsa. Dunque un enunciato falso implica ogni enunciato. Si può poi notare
che l'implicazione può essere definita usando i connettivi già introdotti: infatti
A ====> B equivale a -.A V B.
Un ulteriore connettivo di uso frequente è la doppia implicazione o equiva-
lenza, indicata con A {:::::::::} B. Questa viene definita come (A ====> B) 1\ (B ====>
A) ed è vera esattamente quando A e B sono entrambe vere o entrambe false:
A B A<==:::> B
v v v
v F F
F v F
F F v
Si noti che anche la doppia implicazione A <==:::> B può essere definita utilizzando
solo i connettivi già introdotti: infatti essa equivale a (-.A V B) 1\ ( -.B V A).
I simboli -., 1\ , V, ====:>, <===> si chiamano anche connettivi proposizionali.
Ogni proposizione formata con l'applicazione di tali connettivi ha un valore di
verità che dipende dai valori di verità delle proposizioni che la compongono.
Per esempio il valore di verità della proposizione (-.A V B) ====> C dipende
da quello di A, B e C, come espresso dalla tavola di verità seguente:
Se gli Stati Uniti sono un paese ricco, allora l'Africa è un paese povero.
e B è la proposizione atomica
Una forma enunciativa che sia vera indipendentemente dai valori di verità delle
proposizioni che la costituiscono è detta tautologia. Per esempio
A V (B A C) {:=:::} (A V B) A (A V C),
A A (B V C) {:=:::} (A A B) V (A A C).
A B A A B (A A B)===? A
v v v v
v F F v
F v F v
F F F v
Una forma enunciativa che sia falsa per tutti i valori di verità delle proposizioni
che la costituiscono è detta contraddizione. Per esempio la forma enunciativa
A A ·A è una contraddizione infatti ha la seguente tavola di verità:
A ·A A A•A
V F F
F V F
Si noti che una forma enunciativa P è una tautologia se e solo se ---,p è una
contraddizione, e viceversa.
Una forma enunciativa è una forma normale disgiuntiva (rispettivamente
congiuntiva) se è una disgiunzione (risp. congiunzione) di una o più proposi-
zioni ciascuna delle quali è una congiunzione (risp. disgiunzione) di una o più
proposizioni atomiche. Per esempio, con A, B e C proposizioni atomiche, la for-
ma enunciativa (A A B) V (·A A C) è una forma normale disgiuntiva, mentre
(C V •B) A (A V •C) è una forma normale congiuntiva.
Si può dimostrare che ogni forma enunciativa è logicamente equivalente a
una forma normale disgiuntiva e a una forma normale congiuntiva. Per esempio
la forma enunciativa (A ===? B) V (·A A C) è equivalente alla forma normale
disgiuntiva •(A A •B) V (·A A C) ed anche alla forma normale congiuntiva
(•A V B) A •(A V •C).
Gli enunciati semplici fin qui descritti non bastano al ragionamento mate-
matico. È necessario infatti introdurre le funzioni proposizionali, anche dette
predicati, che sono asserzioni in cui compaiono delle variabili. A differenza delle
proposizioni, i predicati non sono sempre veri o falsi, ma lo diventano quando
430 Appendice A
vengono specificati i valori assunti dalle variabili. Per esempio il seguente asserto
relativo ai numeri naturali
('v'x) P(x),
che si legge "per ogni x è vera P (x )". n simbolo V è detto quantificatore univer-
sale. Per esprimere invece che P (x) vale per qualche x, si sclive
(:::lx) P(x),
che si legge "esiste x tale che è vera P (x )". n simbolo :3 è detto quantificatore
esistenziale.
Un predicato può coinvolgere anche più di una variabile: per esempio gli
asserti
Q(x, y): xy = yx
R(x, y): x::; y
sono come si suoi dire predicati a due posti.
Naturalmente, una volta che tutte le variabili che compaiono in una funzione
proposizionale sono state limitate da un quantificatore universale o esistenziale,
si ottiene una proposizione del tipo considerato prima. Per esempio nell'universo
dei numeri naturali
('v'x)('v'y)(xy = yx )
esprime il fatto che il prodotto di ogni coppia di numeri naturali non dipende
dali' ordine dei fattori. Analogamente
(Vx)(:::Jy)(x. < y)
vuoi dire che per ogni x vi è un y maggiore di x e quindi che non esiste massimo.
Si osservi inoltre che se nell'ultima proposizione si inverte l'uso dei quantificatori
si ottiene la proposizione
(:::Jy)(Vx)(x < y)
che vuoi dire che esiste un y maggiore di ogni x , cioè y è il massimo. Quest'ultima
proposizione è falsa se la precedente è vera come succede appunto se si tratta di
numeri naturali. Pertanto occorre fare attenzione all' ordine in cui si adoperano i
quantificat01i.
I quantificatori universale ed esistenziale sono legati dalle seguenti equiva-
lenze che consentono di definire ciascuno dei due in termini dell'altro, per cui si
può scegliere uno dei due come primitivo e definire l'altro in termini di questo:
•(:::lx)•P(x) ~ ('v'x)P(x),
Cenni di logica proposizionale e predicativa 431
--,--,A {::::::} A,
in simboli:
(3x)(3y)(x +y = O);
la sua negazione è
(\:fx)(\:fy)--,(x + y = 0) ,
ossia
e quindi m 2 = 2n2 , il che comporta che m 2 è pari, ovvero che m è pari, per quanto
sopra dimostrato. Pertanto m= 2t con t opportuno intero. Dunque n 2 = 2t 2 per
cui n è pari. Allora m e n hanno in comune il divisore primo 2 e questa è una
contraddizione.
Il ragionamento precedente mostra che, supponendo vera -.A si perviene a
una contraddizione, per cui -.A è fal sa e quindi A è vera.
A volte poi nelle dimostrazioni si esibiscono dei controesempi. Alcuni enun-
ciati sono infatti del tipo
('v'x)P(x),
Cenni di logica proposizionale e predicativa 433
e se si vuol dimostrare che tale enunciato è falso occorre provare che è vera la sua
negazione, cioè che
(:::Jx)---,P(x);
ciò può essere fatto individuando un ben preciso c tale che ,p (c). Per esempio si
supponga di voler provare che nell ' universo dei numeri interi l'enunciato
(\lx) (:::Jy) (xy = l)
è falso, e quindi che è vera la sua negazione:
(:::Jx)(\fy)---,(xy = 1).
A tale scopo basta osservare che se si considera il numero intero 3 si ha che
Esercizi
Esercizio A.l. Si verifichi che le seguenti form e enunciative sono tautologie:
A V (B !\C) <===> (A v B) !\ (A v C),
A!\ (B v C) <===> (A !\ B) V (A!\ C).
Esercizio A.2. Si scrivano le tavole di verità delle seguenti proposizioni:
(A ====? B) !\ A ;
(A V •C) <===> B.
Esercizio A.3. Si verifichi che le seguenti forme enunciative sono tautologie:
A !\ A <===> A,
A v A <===> A,
A V B <===> B V A,
A !\ B <===> B !\ A,
(A V B) V C<===> A V (B V C),
(A!\ B) !\ C<===> A !\ (B !\C ).
434 Append ice A
A 1\ B ~ 'A V -,B ,
A VB ~ -,A 1\ -,B .
3 è un numero dispari
può essere dimostrata come segue: "Ogni numero primo diverso da 2 è dispari, 3
è primo ed è diverso da 2, quindi 3 è dispari". Che tipo di ragionamento è stato
utilizzato?
A identico, 324
albero, 415 autospazio, 351
di supporto, 420 autovalore
alfabeto, 215 di un endomorfismo, 357
algebra di Boole, 408 di una matrice, 295
algoritmo autovettore
della divisione, 22, 170, 246 di un endomorfismo, 357
euclideo, 180 di una matrice, 295
anello, 152
booleano, 409
B
commutativo, 152
idempotente, 409 base
canonica, 318, 319
quoziente, 240
d'induzione, 20
unitario, 152
di un monoide, 219
angolo, 393, 395
di un semigruppo, 216
antiperiodo, 200
di una rappresentazione, 173
appartenenza, l
di uno spazio vettmiale, 318
applicazione, 54
ordinata, 322
biettiva, 67
ortonmmale, 392
cancellabile a destra, 76
biezione, 67
cancellabile a sinistra, 76
composta, 69
costante, 61 c
crescente, 91 cammino, 415, 416
identica, 62 euleriano, 416
iniettiva, 65 campo, 153
inversa, 68 algebricamente chiuso, 208
invertibile, 72 completo, 202
lineare, 324 ordinato, 202
smiettiva, 66 carattetistica di un anello unjtario , 241
vuota, 62 catena, 90
aritmetica circonferenza, 389
dell'orologio, 185 circuito, 415, 416
modulo m, 185 euleriano, 416
asse di un riferimento affine, 371, 372 classe d'equivalenza, 80
assioma, 431 codice
della scelta, 76 a cillave pubblica, 190
assiomi di Peano, 169 RSA, 190
automorfismo, 162, 164 codominio, 54
di spazi vettoriali, 324 coefficiente
438 Indice analitico
F
fattmiale, 118 I
foglia, 421 ideale
foresta, 415 banale, 239
forma bilatero, 239
bilineare, 394 destro, 239
simmetrica, 394 sinistt·o, 239
enunciativa, 427 immagine
normale di un elemento, 54
congiuntiva, 429 di un sottoinsieme, 62
disgiuntiva, 429 di un'applicazione lineare, 326
fmmula immersione, 62, 240, 324
contronominale, 431 implicazione, 426
del binomio, 124 doppia, 427
di cambiamento delle basi, 339 logica, 429
di De Morgan, 35, 42 inclusione, 3
di Grassmann, 332 stretta, 5
di Newton, 124 indicatore di Gauss-Eulero, 186
frazione, 197 indice di un sottogruppo, 225
generatrice, 201 insieme, l
funzione, 54 ben ordinato, 95
di Eulero, 188 dei resti modulo m, 185
proposizionale, 429 delle parti, 6
di generatori, 311
disgiunto, 29
G finito , 2
generatore, 311 infinito, 3
grado linearmente dipendente, 314
di un polinomio, 244 linearmente indipendente, 314
di un vertice, 415 minimale di generatori, 311
grafo, 413 ordinato, 90
completo, 413 parzialmente ordinato, 90
connesso, 415 potenza, 6
finito, 413 quoziente, 80
isomotfo, 414 totalmente ordinato, 90
440 Ind ice analitico
di Wedderburn , 237 v
di Wilson, 189 valore
fondamentale assoluto, 16
del! ' algebra, 208 di verità, 425
dell 'aritmeti ca, 13, 171 , 18 1 verti ce
sulle relazioni d' equivalenza, 82 adi acente, 4 13
piccolo di Fermat, 189 di un grafo, 4 13
termine noto, 286 di un multigrafo, 4 14
traccia, 323 di spari , 4 15
traslazione, 372 isolato, 4 l 5
destra, 155 pari , 41 5
sinistra, 155 vettore, 306
trasposizione, 232 applicato, 367
triangolo congruente, 367
di Stirling, 130 coordinato, 322
di Tartagli a, 126 di giacitura, 376
di traslazione, 375, 376
direttore, 375
u nullo,306
unione, 25 ortogonale, 392, 396
disgiunta, 35
reticolare, 399
unità immaginaria, 207
Finito di stampare
nel mese di gennaio 2009
Costantino De li zia
Patrizia Longobardi
Mercede Maj
C h ~a r a N i c o t e r a
Matematica discreta
Il testo, che nasce dalla lunga esperienza didattica degli Auto-
ri, si rivolge a tutti i corsi di Matematica discreta delle lauree
triennali, ma si presta bene a essere utilizzato per qualunque
corso che si ponga come obiettivo quello di fornire agli stu-
denti conoscenze matematiche di base, abituandoli ad adot-
tare un'impostazione rigorosa nell'approccio ai problemi.
I contenuti del libro spaziano dagli argomenti da sempre
Costantino Delizia è ricercatore
peculiari della Matematica discreta a quelli più tipici di Com-
confermato di Algebra e insegna
Matematica discreta presso
binatoria, di Algebra, di Algebra lineare e di Geometria. Il vo-
l'Università degli Studi di Salerno. lume termina con un'Appendice contenente cenni di logica
Patrizia Longobardi è professo- proposizionale e predicativa.
re ordinario di Algebra e insegna La trattazione è sempre rigorosa ma non eccessivamente
Matematica discreta presso
formale ed è accompagnata da esempi, numerosi e particolar-
l'Università degli Studi di Salerno.
Mercede Maj è professore ordi- mente curati, e da un ricchissimo apparato di esercizi che am-
nario di Algebra presso montano a quasi 900, parte dei quali svolti nel testo e tutti
l'Università degli Studi di Salerno. con soluzione sul sito internet dedicato.
Chiara Nicotera è ricercatore
confermato di Algebra
e insegna Matematica discreta
All'indirizw web www.ateneon line.it/delizia sono disponibi-
presso l'Università degli Studi li materiali di supporto: per i docenti i lucidi in formato PDF,
di Salerno. per gli studenti le soluzioni di tutti gli esercizi del testo.
ISBN 978-88-386-6512-7