Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
2 Ottimizzazione 35
2.1 Massimi e minimi liberi. Punti critici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
2.2 Forme quadratiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38
2.3 Studio della natura dei punti critici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42
2.4 Funzioni definite implicitamente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46
2.5 Massimi e minimi vincolati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51
2.6 Soluzioni degli esercizi proposti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57
3 Campi vettoriali 63
3.1 Linee integrali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63
3.2 Campi conservativi e potenziali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65
3.3 Operatori differenziali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72
3.4 Lavoro di un campo vettoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75
3.5 Il linguaggio delle forme differenziali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80
3.6 Esercizi di ricapitolazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81
3.7 Soluzioni degli esercizi proposti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82
4 Funzioni f : Rn → Rm 85
4.1 Esempi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85
4.2 Superfici regolari parametrizzate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87
4.3 Trasformazioni regolari di coordinate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93
4.4 Trasformazioni dell’elemento di volume . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 94
4.5 Trasformazioni di operatori differenziali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95
4.6 Soluzioni degli esercizi proposti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96
i
INDICE 1
Lo scopo di queste note non è quello di essere studiate, ma solo quello di dare un quadro generale del programma svolto durante le
lezioni. Per lo studio è caldamente consigliato l’utilizzo dei libri disponibili nelle biblioteche universitarie e di seguito elencati.
• E. Stein, R. Shakarchi: Real Analysis: Measure Theory, Integration, and Hilbert Spaces (Princeton University Press)
Parte II
2
3
Lo scopo della seconda parte è quello di studiare due strumenti fondamentali del calcolo differenziale ed integrale per i campi
vettoriali, ovvero per funzioni ~F di più variabili ed a valori vettoriali: il teorema della divergenza
ZZZ ZZ
div ~F dx dy dz = ~F ·~n dS
Ω ∂Ω
• il teorema della divergenza ci dice quando l’integrale della divergenza di un campo vettoriale div ~F in un volume Ω ⊂ R3 uguaglia il
flusso del campo vettoriale ~F attraverso la superficie del volume stesso ∂ Ω;
• il teorema del rotore ci dice quando il flusso del rotore di un campo vettoriale rot ~F attraverso una superficie S uguaglia il lavoro del
campo ~F lungo il bordo della superficie stessa ∂ S.
Per farlo dovremo prima introdurre concetti come curva, superficie, orientazione di una curva, orientazione coerente di una superficie o
del bordo di una superficie, integrale di un campo vettoriale lungo una curva o su una superficie, lavoro compiuto da un campo vettoriale
lungo una curva, flusso di un campo vettoriale attraverso una superficie, divergenza e rotore di un campo vettoriale.
Mostreremo infine come dedurre il teorema di Gauss dell’elettrostatica e l’equazione della continuità dal teorema della divergenza.
Capitolo 1
Curve
E SEMPIO .
~f : R → R3 . z(t) ~f (t)
~f : R → R3 x(t) y(t) y
7→ ~f (t) = x(t), y(t), z(t) = x(t)~e1 + y(t)~e2 + z(t)~e3 ,
t
x
dove
~e1 = (1, 0, 0), ~e2 = (0, 1, 0), ~e3 = (0, 0, 1).
Se ~f è definita in I = [t1 ,t2 ], allora l’immagine di I tramite ~f è
n o n o
~f (I) = ~f (t) ∈ R3 : t ∈ I = ~x ∈ R3 : ∃t ∈ I tale che ~x = ~f (t)
4
CAPITOLO 1. CURVE 5
D EFINIZIONE .
Una curva (continua) in Rm è una funzione
~f = ( f1 , . . . , fm ) : I → Rm
E SEMPIO .
E SEMPIO .
~f : I → R2
~f (t) = x(t), y(t) = x(t)~e1 + y(t)~e2 ,
t 7 →
dove
~e1 = (1, 0), ~e2 = (0, 1).
L’immagine di ~f è
~f (t) ∈ R2 : t ∈ I
t, ~f (t) ∈ R3 : t ∈ I
e ci dà non solo il cammino della particella ma anche l’istante in cui la particella si trovava in una determinata posizione del
cammino.
D EFINIZIONE .
~f : [t1 ,t2 ] → R e ~g : [s1 , s2 ] → R sono due curve curve equivalenti se esiste ϕ : [s1 , s2 ] → [t1 ,t2 ] derivabile e strettamente crescente
tale che
~g = ~f ◦ ϕ.
Se invece ϕ è strettamente decrescente allora ~g è un cambio di orientazione di ~f .
O SSERVAZIONE .
O SSERVAZIONE .
Se ~f : [t1 ,t2 ] → R e ~g : [s1 , s2 ] → R sono equivalenti o l’una è un cambio di orientamento dell’altra, allora esse hanno la stessa
immagine
O SSERVAZIONE .
Se le posizioni di due particelle sono descritte da due curve ~f e ~g che sono equivalenti, allora le due particelle percorrono lo
stesso cammino nella stessa direzione, anche se magari in tempi e velocità diverse.
~f ~g
Se invece le posizioni di due particelle sono descritte da due curve ~f e ~g che sono l’una un cambio di direzione dell’altra, allora
le due particelle percorrono lo stesso cammino nella direzione opposta, magari in tempi e velocità diverse.
~f ~g
O SSERVAZIONE .
t1 t2 s1 s2
t s
~f ~g
Se invece ~f e ~g sono un cambio di orientamento allora abbiamo ϕ(s1 ) = t2 e ϕ(s2 ) = t1 e, ad esempio, il seguente disegno:
ϕ
t1 t2 s1 s2
t s
~f ~g
D EFINIZIONE .
~f : I → Rm è una curva regolare se
~f 0 (t)
6= 0 per ogni t ∈ I; in tal caso possiamo introdurre il versore tangente
~f 0 (t)
~t(t) =
, t ∈ I.
~f 0 (t)
O SSERVAZIONE .
O SSERVAZIONE .
Se ~f descrive la posizione di una particella, allora ~f 0 è il vettore velocità istantanea e k~f 0 k è la velocità scalare istantanea. Se ~f
è regolare allora la particella non si ferma mai.
P ROPOSIZIONE .
• Se ~f , ~g : R → Rm e c ∈ R, allora
0 0 0
~f +~g = ~f 0 +~g 0 , ~f ·~g = ~f ·~g 0 + ~f 0 ·~g, c ~f = c ~f 0 .
• Se ~f : R → Rm e g : R → R, allora 0
~f ◦ g = g0 · ~f 0 (g).
E SEMPIO .
Per a e b costanti fissate non nulle, abbiamo che
~f (t) = a cos(t), a sin(t), b t , t ∈ [t1 ,t2 ],
è una curva perché è chiaramente una funzione continua. Osserviamo che l’immagine
della curva è un arco di elica cilindrica
~f (t) = a cos(t), a sin(t), b t ∈ R3 : t ∈ [t1 ,t2 ] .
√
ed una velocità scalare k~f 0 k = a2 + b2 . In accordo con la teoria, nel disegno è evi-
dente che il vettore ~f 0 è tangente all’immagine di ~f , ovvero al cammino della particella.
Se b > 0 allora la particella si muove nella direzione delle z crescenti, altrimenti nella
direzione opposta. Questo ci dà l’orientamento della curva. Visto che ~f assume valori
in R3 il suo grafico
non può essere rappresentato con un disegno. Osserviamo che la curva non è chiusa,
~f (t1 ) 6= ~f (t2 ), ovvero la posizione finale non coincide con quella iniziale. Infine, si
√
tratta di una curva regolare in quanto k~f 0 k = a2 + b2 6= 0 visto che a e b non sono
nulle. Possiamo pertanto introdurre il versore tangente
1
~t(t) = √ −a sin(t), a cos(t), b .
2
a +b2
E SEMPIO .
La funzione
~f (t) = t, 2t,t 2 , t ∈ [−1, 1],
ha norma q p
k~f 0 k = 12 + 22 + (2t)2 = 5 + 4t 2 .
Visto che la derivata non ha mai norma annulla, la curva è regolare. Possiamo
quindi introdurre il versore tangente
1
~t 0 (t) = √
1, 2, 2t .
5 + 4t 2
E SEMPIO .
L’immagine della curva
→
f (t1) x
→
f (t2)
→
f (t)
Essa descrive la posizione di una particella che nell’intervallo di tempo [t1 ,t2 ] percorre y →
l’intera circonferenza in senso antiorario muovendosi quindi di moto circolare uniforme. f '(t)
Visto che k~f k è costante e vale r, sappiamo che ~f ed ~f 0 sono ortogonali. Questo trova
riscontro con la figura a fianco.
Chiaramente è una curva chiusa. Inoltre la curva è regolare in quanto la derivata →
f (t)
~f 0 (t) = 2 π r − sin 2 π (t − t1 ) , cos 2 π (t − t1 )
t2 − t1 t2 − t1 t2 − t1
x
ha norma k~f 0 k costante pari a 2π r
t2 −t1 . Il versore tangente è
2 π (t − t ) 2 π (t − t )
1 1
~t(t) = − sin , cos .
t2 − t1 t2 − t1
Chiaramente la curva 2 π (s − s ) 2 π (s − s )
1 1
~g(s) = r cos , r sin , t ∈ [s1 , s2 ],
s2 − s1 s2 − s1
è equivalente alla curva ~f mentre la curva
• ~g descrive la posizione di una particella che nell’intervallo di tempo [s1 , s2 ] percorre l’intera circonferenza in senso antiorario
muovendosi con velocità scalare costante s22 −s
πr
1
;
• ~h descrive la posizione di una particella che nell’intervallo di tempo [s1 , s2 ] percorre l’intera circonferenza in senso orario
muovendosi con velocità scalare costante s22 −s
πr
1
.
Concludiamo osservando che la curva
non è equivalente alla curva ~f . Infatti~i descrive la posizione di una particella che nell’intervallo di tempo [s1 , s2 ] percorre l’intera
circonferenza due volte in senso antiorario muovendosi con velocità scalare costante s42 −s πr
1
.
CAPITOLO 1. CURVE 10
Ricordiamo che a volte per curva non si intende una funzione ma un sottoinsieme di Rm . Nel caso m = 2 abbiamo quanto segue.
O SSERVAZIONE .
• in forma implicita da f : R2 → R se n o
C = (x, y) ∈ R2 : f (x, y) = 0 .
E SEMPIO .
Una semicirconferenza è descritta:
• in forma parametrica da p
~f (t) = t, 1 − t 2 , t ∈ [−1, 1],
oppure da
~f (θ ) = cos(θ ), sin(θ ) , θ ∈ [0, π];
• in maniera implicita da n p o
(x, y) ∈ [−1, 1] × R : y = 1 − x2 .
E SEMPIO .
Una circonferenza è descritta:
• in forma parametrica da
~f (θ ) = cos(θ ), sin(θ ) , θ ∈ [0, 2 π);
E SEMPIO .
L’immagine della curva y
~f (π/2)
~f (t) = 3 cos(t), 2 sin(t) ,
t ∈ [0, π], ~f (3π/4) ~f (π/4)
è la semiellisse superiore. Si tratta di una curva non chiusa ed è
orientata in senso antiorario. ~f (π) ~f (0)
x
CAPITOLO 1. CURVE 11
E SEMPIO .
L’immagine della curva y
~f (t) = 3 cos(t), 2 sin(t) ,
t ∈ [0, 2 π], 2 ~f (π/2)
~f (3π/4) ~f (π/4)
Chiaramente la curva
~g(s) = 3 cos(−s), 2 sin(−s) = 3 cos(s), −2 sin(s) , s ∈ [0, 2 π], y
2 ~g(3π/2)
è un cambio di orientazione di ~g in quanto si tratta della stessa ellisse, percorsa ~g(5π/4) ~g(7π/4)
una volta ma in senso orario.
~g(π) ~g(0) = ~g(2π)
x
−3 3
~g(3π/4) ~g(π/4)
~g(π/2) −2
E SEMPIO .
L’immagine della curva y
~f (t) = cos(t)3 , sin(t)3 , t ∈ [0, 2 π]
è l’astroide. Non si tratta di una curva regolare perché la norma della derivata →
f (t)
~f 0 (t) = 3 − sin(t) cos(t)2 , cos(t) sin(t)2
è q x
k~f 0 (t)k = 3 sin(t)2 cos(t)4 + cos(t)2 sin(t)4 = 3 | sin(t) cos(t)|
e si annulla per ogni t ∈ π2 Z. In effetti la curva presenta delle cuspidi nei punti corrispon- →
f '(t)
denti. Osserviamo che k~f k non è costante ed ~f · ~f 0 6≡ 0, come è chiaro dalla figura. Si
osservi che ~f (t) · ~f 0 (t) = 0 se e solo se t ∈ π4 + π2 Z.
CAPITOLO 1. CURVE 12
E SEMPIO .
L’immagine della curva y
~f (t) = t (t − 1),t (t − 1) (2t − 1) , t ∈ R,
è il Folium di Cartesio. Si tratta di una curva piana e non chiusa. Inoltre è una curva regolare
→
perché la norma della derivata → f (1.1)
f (0.2)
~f 0 (t) = 2t − 1, 1 − 6 t + 6 t 2 →
f (0.4)
→
f (0.)
non si annulla mai. Infatti, la sua prima componente si annulla solo per t = 1/2 e per tale valore x
la seconda componente vale 1 − 6 21 + 6 14 = 29 . La regolarità di ~f la si può dimostrare anche →
f (0.6)
studiando la norma della sua derivata:
→
r r √ f (0.8) →
f (-0.1)
~f (t)
= 2 1 − 8t + 26t 2 − 36t 3 + 18t 4 = 2 + 4 2 + 9(t − 1)t 2 ≥ 2 .
0
9 9 3
Osserviamo che l’immagine della curva
~f (t) = t (t − 1),t (t − 1) (2t − 1) , t ∈ [0, 1],
→
f (0.2)
→
f (0.3) y
è un arco del Folium di Cartesio. Si tratta di una curva piana e chiusa. →
f (0.4)
→ →
→ f (0) f (1)
f (0.5)
x
→
f (0.6)
→
→
f (0.9)
f (0.7) →
f (0.8)
0.4
0.2
−0.2
−0.4
−0.4 −0.2
~f (0.2)
~f (0.4) 0 0.2 0.4
~f (0.6) ~f (0) = ~f (1)
(1.2)
(−0.2)
~f (0.8)
CAPITOLO 1. CURVE 13
E SEMPIO .
Fissati a, b > 0, la curva →
y f (1.5)
s s
0
et − e−t 2 et + e−t 2
~f (t)
= a2 sinh(t)2 + b2 cosh(t)2 = a2 + b2
2 2
r
a2 + b2 2t b2 − a2
= e + e−2t + .
4 2
Osserviamo che y
e2t + e−2t
d 2t
e + e−2t = 2 e2t − e−2t = 0 ⇐⇒ t = 0
dt
e quindi e2t + e−2t > 2. Di conseguenza la curva è regolare perché
r
0 a2 + b2 b2 − a2
k~f (t)k > ·2+ = b.
4 2
t
L’altro ramo di iperbole →
f (1.5)
y
x2 y2
− = 1 con x < 0,
a2 b2 →
f (1.)
è descritto da →
f (0.5)
~g(t) = −a cosh(t), b sinh(t) , t ∈ R.
→
Ciascuno dei due è una curva non chiusa. f (0.)
→
f (-0.5)
x
→
f (-1.)
→
f (-1.5)
(x, y)
ρ sin(θ ) •
ρ
−ρ cos(θ ) θ
x
ρ cos(θ )
−ρ
• −ρ sin(θ )
(−x, −y)
Osserviamo che
~f 0 (θ ) = r0 (θ ) cos(θ ) − r(θ ) sin(θ ), r0 (θ ) sin(θ ) + r(θ ) cos(θ )
e quindi
~ 0
p
f (θ )
= r(θ )2 + r0 (θ )2 .
E SEMPIO .
La spirale di Archimede ha equazione polare
y
ρ = Aθ, θ ≥ 0,
ed equazione cartesiana
~f (θ ) = A θ cos(θ ), A θ sin(θ )
θ ≥ 0,
ha norma
q 2 2
~ 0
f (θ )
= A cos(θ ) − θ sin(θ ) + sin(θ ) + θ cos(θ )
p
= A 1 + θ 2 ≥ A.
E SEMPIO .
Le coniche (parabole, ellissi, iperboli) possono essere scritte in forma polare. Ricordiamo che fissati l’eccentricità ε > 0, la retta
direttrice d di equazione x = −p, p ∈ R, e scelto l’origine come fuoco, la conica corrispondente è il luogo dei punti P tali che
[distanza di P dall’origine]
= ε.
[distanza di P dalla retta d]
Più precisamente si tratta di:
y y y
P P
ρ P
ρ
ρ
θ x θ x θ x
d d d
[distanza di P dall’origine] = ρ,
[distanza di P dalla retta d] = p + ρ cos(θ ),
Osserviamo che se ε > 1, gli asintoti dell’iperbole sono le rette passanti per l’origine con pendenza θ tale da annullare il
denominatore 1 − ε cos(θ ).
Ponendo p = R/ε e mandando poi ε a zero, si trova l’equazione di una circonferenza
ρ = R.
ε p cos(θ ) x
x = ρ cos(θ ) = 1 − ε cos(θ ) ε cos(θ ) = p + x
⇒ 2 + y2 =
εp 2 ε p 2
y = ρ sin(θ ) =
ε p sin(θ ) x = x = ε 2 (p + x)2 ,
1 − ε cos(θ ) 1 − p+x
1 − ε cos(θ )
ovvero
(1 − ε 2 ) x2 + y2 − 2 ε 2 p x − ε 2 p2 = 0.
Per ottenere la classica equazione delle coniche in coordinate cartesiane
a x2 + b x y + c y2 + d x + e y + f = 0
basta prendere
a = 1 − ε 2, b = 0, c = 1, d = −2 ε 2 p, e = 0, f = −ε 2 p2 .
Posto ∆ = b2 − 4 a c, abbiamo
y
~f (t2 )
•
•
~f (t1 )
Utilizziamo questo caso particolarmente semplice per calcolare la lunghezza di una curva generale
~f (t) = x(t), y(t)
t ∈ [t1 ,t2 ].
y
•
•
•
•
•
• •
x
t1 = s0 s1 s2 s3 s4 s5 s6 t2 = s8
Fissato n ∈ N, poniamo
t2 − t1
`=
n
e dividiamo l’intervallo [t1 ,t2 ] in n intervalli [si , si+1 ] ciascuno di lunghezza ` ponendo
si = t1 + ` i, i ∈ {0, 1, . . . , n}.
D EFINIZIONE .
La lunghezza della curva è
L = lim Ln .
n→+∞
CAPITOLO 1. CURVE 17
P ROPOSIZIONE .
O SSERVAZIONE .
Si osservi che la lunghezza di arco elementare q
ds = x0 (t)2 + y0 (t)2 dt
è lo spazio percorso dalla particella in un intervallo di tempo “infinitesimo” dt, visto che
q
x0 (t)2 + y0 (t)2
E SEMPIO .
Per un arco di circonferenza
~f (θ ) = R cos(θ ), R sin(θ ) ,
θ ∈ [θ1 , θ2 ],
si ha
~f 0 (t) = −R sin(θ ), R cos(θ ) ,
0
~f (t)
= R,
ds = R dθ ,
Z θ2
L= R dθ = (θ2 − θ1 ) R.
θ1
CAPITOLO 1. CURVE 18
E SEMPIO .
Per un arco di elica cilindrica
~f (t) = a cos(t), a sin(t), b t , t ∈ [0, 2 π]
si ha
0
p
~f 0 (t) = −a sin(θ ), a cos(θ ), b ,
~f (t)
= a2 + b2 ,
Z 2π p p
L= a2 + b2 dt = 2 π a2 + b2 .
0
E SERCIZIO .
Calcolare la lunghezza dell’astroide
y
~f (t) = cos(t)3 , sin(t)3 , t ∈ [0, 2 π].
soluzione
E SERCIZIO .
Calcolare la lunghezza dell’arco di elica conica
~f (t) = t cos(t),t sin(t),t ,
t ∈ [0, 6 π].
soluzione
E SERCIZIO .
Calcolare la lunghezza dell’arco di cicloide y
~f (t) = R t − sin(t) , R 1 − cos(t) , t ∈ [0, 2 π].
soluzione 2π x
CAPITOLO 1. CURVE 19
E SERCIZIO .
Fissati a, b > 0 t.c. a b = 1, calcolare la lunghezza dell’arco di catenaria
y
y = a cosh(b x) x ∈ [0, T ].
cosh(T )
soluzione
T x
E SERCIZIO .
Calcolare la lunghezza dell’arco di curva
y
y = ln(x), x ∈ [1, 2].
soluzione
1 2 x
E SERCIZIO .
Calcolare la lunghezza della curva y
~f (t) = ln(t 2 − 1), −t ,
t ∈ [2, 3]. x
−2 •
soluzione
−3 •
P ROPOSIZIONE .
La lunghezza di una curva data come grafico di una funzione f : [t1 ,t2 ] → R di classe C1 è
Z t2 q
L= 1 + f 0 (t)2 dt.
t1
abbiamo che
~f 0 (θ ) = 1, f 0 (t) ,
q
~ 0
f (θ )
= 1 + f 0 (t)2 ,
Z t2
Z t2 q
~f 0 (t)
dt =
L= 1 + f 0 (t)2 dt.
t1 t1
E SEMPIO .
La lunghezza della curva data come grafico di
1 p 2 p
f (x) = x x − 1 − ln x + x2 − 1 , x ∈ [−1, 1],
2
CAPITOLO 1. CURVE 20
è
Z 1q Z 1√ Z 1
L= f 0 (x)2 + 1 dx = x2 dx = |x| dx
−1 −1 −1
Z 0 Z 1
1 h 2 ix=0 1 h ix=1
= (−x) dx + x dx = − x + x2 = 1.
−1 0 2 x=−1 2 x=0
E SERCIZIO .
Calcolare la lunghezza della curva data come grafico di
2
f (x) = (x − 1)3/2 , x ∈ [1, 4]. soluzione
3
E SERCIZIO .
Calcolare la lunghezza della curva data come grafico di
1
f (x) = (x2 − 2)3/2 + 1, x ∈ [−1, 1]. soluzione
3
P ROPOSIZIONE .
La lunghezza di una curva piana data in coordinate polari
ρ = r(θ ), θ ∈ [θ1 , θ2 ],
è Z θ2 q
L= r(θ )2 + r0 (θ )2 dθ .
θ1
e quindi
~f 0 (θ ) = r0 (θ ) cos(θ ) − r(θ ) sin(θ ), r0 (θ ) sin(θ ) + r(θ ) cos(θ ) ,
q
~ 0
f (θ )
= r(θ )2 + r0 (θ )2 .
E SEMPIO .
0 1 x
CAPITOLO 1. CURVE 21
E SEMPIO .
et − e−t
Z 2π p θ = sinh(t) =
2√
L= 1 + θ 2 dθ = t = arcsinh(x) = ln x + x 2 +1
0
dθ = cosh(t) dt
Z arcsinh(2 π) Z arcsinh(2 π)
1
= cosh(t)2 dt = cosh(2t) + 1 dt
0 2 0
1h1 it=arcsinh(2 π)
= sinh(2t) + t
2 2 t=0
1 p
2
= 2 π 1 + 4 π + arcsinh(2 π) .
2
s : [t0 , +∞) → R Z t
~f 0 (τ)
dτ.
t 7→ s(t) =
t0
s(t(s)) = s e t(s(t)) = t,
allora si può riparametrizzare la curva con ~g(s) = ~f t(s) , utilizzando cioè il parametro arco s. Osserviamo che il corrispondente versore
~f 0 t(s)
~g 0 (s) = ~f 0 t(s) t 0 (s) =
0
~ 0
=⇒ g
~ (s)
= 1.
f t(s)
E SEMPIO .
Per l’elica cilindrica
~f (t) = R cos(t), R sin(t), p t , t ∈ [0, 2 π],
si ha
~f 0 (t) = −R sin(t), R cos(t), p ,
0
p
~f (t)
= R2 + p2 ,
Z tp p s
s(t) = R2 + p2 dt = R2 + p2 t ⇐⇒ t(s) = p .
0 R + p2
2
ha norma s
1 s 2 s 2
~0
k f (s)k = p R2 sin p + R2 cos p + p2 = 1.
R2 + p2 R2 + p2 R2 + p2
E SEMPIO .
La spirale logaritmica ha equazione polare
y
ρ = eb θ , θ ∈ R,
√
b2 + 1 b θ 1 bs
Z θp
s(θ ) = b2 + 1 eb φ dφ = e − 1 =⇒ θ (s) = ln 1 + √ .
0 b b b2 + 1
dove ~f : [t1 ,t2 ] → Rm è una curva regolare. Sia f : A → R con A ⊇ Γ. L’integrale di linea di prima specie di f lungo la curva Γ
l’integrale è Z Z t2
f ~f (t)
~f 0 (t)
dt.
f dγ =
Γ t1
O SSERVAZIONE .
P ROPOSIZIONE .
La lunghezza di una curva e l’integrale di linea di prima specie sono invarianti sia per curve equivalenti che per cambiamenti di
orientazione.
O SSERVAZIONE .
La proposizione ci dice che se ~f : [t1 ,t2 ] → Rm e ~g : [s1 , s2 ] → Rm sono due curve equivalenti, allora
Z t2 Z Z s2
f ~f (t)
~f 0 (t)
dt = f dγ = f ~g(s)
~g 0 (s)
ds
t1 Γ s1
dove
~f (t) : t ∈ [t1 ,t2 ] = Γ = ~g(s) : s ∈ [s1 , s2 ] .
R
È ora evidente perché per indicare l’integrale di linea di prima specie Γ f dγ non si fa riferimento alla parametrizzazione di Γ.
E SEMPIO .
Calcoliamo l’integrale di linea di prima specie Z
f dγ
Γ
√
dove f (x) = x3 e Γ è l’arco di spirale di Archimede dato in coordinate polari da ρ = θ , θ ∈ [0, 4 π]. Visto che k~f 0 (θ )k = 1+θ2
abbiamo
√
ξ = p1 + θ 2
Z Z 4π p 2
f dγ = θ 3 1 + θ 2 dθ = θ = ξ − 1
Γ 0 dθ = √ 2 dξ
ξ
ξ −1
√
Z 1+16π 2
√
Z 1+16π 2
2 3/2 ξ
= (ξ − 1) ξ p dξ = (ξ 2 − 1) ξ 2 dξ
1 ξ2 −1 1
√
h ξ 5 ξ 3 iξ = 1+16π 2 (1 + 16π 2 )5/2 (1 + 16π 2 )3/2 1 1
= − = − − +
5 3 ξ =1 5 3 5 3
2
= 1 + (1 + 16π 2 )3/2 24 π 2 − 1 .
15
CAPITOLO 1. CURVE 24
E SEMPIO .
Calcolare l’integrale di linea di prima specie
y
Z
f dγ
Γ
Consideriamo un filo non omogeneo descritto dalla curva ~f (t), t ∈ [a, b]. Se ρ(t) è la sua densità lineare in ~f (t) allora, visto che
ρ ha la dimensione di una massa su una lunghezza, la massa totale del filo è
Z b
ρ(t)
~f 0 (t)
dt.
M=
a
y(t)
ρ(t) Γ
x(t)
Più in generale, se ρ = ρ(x, y) e la densità lineare del filo in (x, y), allora la massa totale del filo è l’integrale di linea di prima
specie della densità lungo il filo, cioè
Z Z b
ρ ~f (t)
~f 0 (t)
dt.
M = ρ dγ =
Γ a
y
ρ(x, y) Γ
x
D EFINIZIONE .
Il baricentro di Γ è il punto B definito da
Z b
1 ~f ρ dγ = 1
Z
~f (t) ρ ~f (t)
~f 0 (t)
dt.
B=
M Γ M a
E SEMPIO .
Consideriamo una semicirconferenza omogenea Γ, cioè con densità costante y
ρ. Utilizziamo la parametrizzazione
~f (θ ) = R cos(θ ), R sin(θ ) , θ ∈ [0, π].
E SEMPIO .
Un filo non omogeneo è disposto a forma di spirale di Archimede
x = θ cos(θ )
ρ = r(θ ) = θ ⇐⇒ θ ∈ [0, 4 π].
y = θ sin(θ ),
E SERCIZIO .
Si calcoli il momento di inerzia di una circonferenza omogenea Γ di centro l’origine, raggio R e massa totale M rispetto all’asse
y. soluzione
E SERCIZIO .
Determinare il baricentro dell’arco di ellisse omogeneo
~f (t) = 2 cos(t), sin(t) ,
t ∈ [0, π/2],
E SERCIZIO .
Determinare il momento di inerzia di un filo omogeneo disposto lungo l’arco di parabola y = x2 , x ∈ [−1, 1], che ruota attorno
all’asse y. soluzione
E SEMPIO .
La cardioide è una curva piana descritta in coordinate polari da y
1) La curva è chiusa?
2) Si calcoli il vettore tangente.
3) La curva è regolare?
4) Si calcoli la lunghezza della curva. x
5) Si calcoli il parametro arco. p
6) Si calcoli l’integrale di linea di prima specie di f (ρ, θ ) = 1 + cos(θ ) lungo l’immagine
della cardioide. soluzione
CAPITOLO 1. CURVE 27
Z 2π
L=3 sin(t) cos(t) dt
0
Z π/2 h 1 it=π/2
= 12 sin(t) cos(t) dt = 12 − cos(t)2 = 6. indietro
0 2 t=0
E SERCIZIO .
Calcolare la lunghezza dell’arco di elica conica
~f (t) = t cos(t),t sin(t),t ,
t ∈ [0, 6 π].
√
è
~f 0 (t)
= 2 + t 2 ≥ 2. La sua lunghezza è
Z 6π p √
t =√ 2 sinh(s)
L= 2 + t 2 dt =
0 dt = 2 cosh(s) ds
Z arcsinh(6 π) s=√2 arcsinh(6 π)
cosh(s)2 ds = sinh(s) cosh(s) + s s=0
=2
0
q s=√2 arcsinh(6 π)
= sinh(s) 1 + sinh(s)2 + s s=0
ht p t it=6π p √
= 2 + t 2 + arcsinh √ = 3π 2 + 36π 2 + arcsinh(3 2π). indietro
2 2 t=0
E SERCIZIO .
Calcolare la lunghezza dell’arco di cicloide
~f (t) = R t − sin(t) , R 1 − cos(t) ,
t ∈ [0, 2 π].
(πR, 2R)
R x = R (t − sint)
y t y = R (1 − cost)
x
x Rt 2πR
CAPITOLO 1. CURVE 28
è k~f 0 (x)k =
p
2(1 − cos(t)) R e si annulla per ogni t ∈ 2 π Z. La sua lunghezza è
Z 2π q Z 2π r t
sin2
L=R 2 1 − cos(t) dt = 2 R dt
0 0 2
Z 2π t h t it=2 π
= 2R sin dt = −4 R cos = 8 R. indietro
0 2 2 t=0
E SERCIZIO .
Calcolare la lunghezza dell’arco di catenaria
y = a cosh(b x) x ∈ [0, T ].
è k~f 0 (x)k =
p
1 + sinh(b x)2 ≥ 1. La sua lunghezza è
Z Tq Z Tq
L= 1 + sinh(b x)2 dx = cosh(b x)2 dx
0 0
Z T h sinh(b x) it=T sinh(b T )
= cosh(b x) dx = = . indietro
0 b t=0 b
E SERCIZIO .
Calcolare la lunghezza dell’arco di curva
y = ln(x), x ∈ [1, 2].
√
Si tratta di una curva regolare perché la norma della sua derivata è k~f 0 (t)k = 1 + x−2 ≥ 0. La sua lunghezza è
ex − e−x
Z 2r √ x = sinh(y) =
1 + x2
Z 2
1 2√
L= 1 + 2 dx = dx = y = arcsinh(x) = ln x + x 2 +1
1 x 1 x
dx = cosh(y) dy
√
cosh(y)2 1 + sinh(y)2
Z ln 2+ 5 Z ... Z ...
1
= √ dy = dy = + sinh(y) dy
ln 1+ 2 sinh(y) ... sinh(y) ... sinh(y)
√
ey − e−y 1 − e−2y y
Z ... Z ...
2 2 z = ey = x + x2 + 1
= + dy = + e dy =
... ey − e−y 2 ... e2y − 1 2 dz = ey dy
√ √
1 − z−2
Z 2+ 5 Z ... h z−1 z
2 1 1 1 1 1 i2+ 5
= + dz = − + − dz = ln + +
√ √
z2 − 1 2 z − 1 z + 1 2 2z2 z+1 2 2z 1+ 2
1+ 2 ...
√ √ √ √ √
1+ 5 2 1+ 5− 2 1
1 1 5−1 √ √
= ln √ · √ + + √ − √ = ln √ + 5 − 2.
indietro
3+ 5 2+ 2 2 2 2+ 5 1+ 2 2( 2 − 1)
CAPITOLO 1. CURVE 29
E SERCIZIO .
Calcolare la lunghezza della curva y
~f (t) = ln(t 2 − 1), −t ,
t ∈ [2, 3]. x
−2 •
−3 •
Si tratta di una curva regolare perché la sua derivata
2t
~f 0 (t) = , −1
t2 − 1
ha norma r s s
0
~f (t)
= 2t 2 4t 2 + (t 4 − 2t 2 + 1) (t 2 + 1)2 t 2 + 1
+ 1 = = = .
t2 − 1 (t 2 − 1)2 (t 2 − 1)2 t 2 − 1
Sottolineiamo che nell’ultimo passaggio abbiamo utilizzato il fatto che t ∈ [2, 3] =⇒ t − 1 > 0. Dunque abbiamo che
Z 3 2 Z 3 Z 3
t + 1−2 + 2 2 1 1
L= dt =
1 + dt = 1+ − dt
2 t2 − 1 2 t2 − 1 2 t −1 t +1
h t − 1 it=3 3
= t + ln = 1 + ln .
indietro
t + 1 t=2 2
E SERCIZIO .
Calcolare la lunghezza della curva data come grafico di
2
f (x) = (x − 1)3/2 , x ∈ [1, 4].
3
La lunghezza è
Z 4q Z 4 r 2 Z 4
2 h 3/2 ix=4 2 14
L= f 0 (x)2 + 1 dx = (x − 1)1/2 + 1 dx = x1/2 dx = x = (8 − 1) = . indietro
1 1 1 3 x=1 3 3
E SERCIZIO .
Calcolare la lunghezza della curva data come grafico di
1
f (x) = (x2 − 2)3/2 + 1, x ∈ [−1, 1].
3
La lunghezza della curva è
x3 ix=1
Z 1q Z 1q Z 1 h 4
L= f 0 (x)2 + 1dx = (x2 − 1)2 dx = (1 − x2 ) dx = x − = . indietro
−1 −1 −1 3 x=−1 3
E SERCIZIO .
Si calcoli il momento di inerzia di una circonferenza omogenea Γ di centro l’origine, raggio R e massa totale M rispetto all’asse
y.
Visto che Γ è omogenea la sua densità ρ è costante. Osserviamo che 2π ρ R = M. La distanza del punto ~f (θ ) di Γ dall’asse y è
r(θ ) = |R cos(θ )|. Ricordiamo che k~f 0 k = R. Il momento di inerzia è pertanto
Z Z π
I= r2 ρ dγ = r(θ )2 ρ
~f 0 (θ )
dθ
Γ 0
Z 2π 2 Z 2π
= R cos(θ ) ρ R dθ = ρ R3 cos(θ )2 dθ =
0 0
CAPITOLO 1. CURVE 30
ρ R3
Z 2π
1 sin(2θ ) θ =2 π
= ρ R3
1 + cos(2θ ) dθ = θ+ θ =0
0 2 2 2
MR 2
= ρ R3 π = . indietro
2
E SERCIZIO .
Determinare il baricentro dell’arco di ellisse omogeneo
~f (t) = 2 cos(t), sin(t) ,
t ∈ [0, π/2],
1 ~f ρ dγ = 1
Z Z π/2
~f (t) ρ
~f 0 (t)
dt
B=
M Γ M 0
ρ π/2
Z q
= 2 cos(t), sin(t) 1 + 3 sin(t)2 dt.
M 0
Osserviamo che
Z π/2 √
x =√ 3 sin(t)
q
2
2 cos(t) 1 + 3 sin(t) dt =
0 dx = 3 cos(t) dt
√
√
Z 3p x = sinh(y) ⇔ y = ln x + 1 + x2
2
=√ 1 + x2 dx = √dx = cosh(y) dy
3 0 2
1 + x = cosh(y)
Z ln(√3+2)
e + e−y 2
Z ... y
2 2
=√ cosh(y)2 dy = √ dy
3 0 3 0 2
1
Z ... 1 h e2y e−2y iln(√3+2)
2y −2y
= √ e + e + 2 dy = √ − + 2y
2 3 0 2 3 2 2 0
√
1 ( 3 + 2) 2 1 √
= √ − √ + 2 ln( 3 + 2)
2 3 2 2( 3 + 2)2
√
3 √
= 2+ ln( 3 + 2).
3
dy y
+ 2n−1
R
Inoltre, visto che In+1 = (1+y2 )n+1
= 2n(1+y2 )n 2n In−1 con I0 = arctan(y), abbiamo
√
x= 3 sin(t)
√x
Z π/2 q
t = arcsin
sin(t) 1 + 3 sin(t)2 dt =
3
0 q 1 dx
dt = √ = √ dx
2 3 3−x2
1− x3
Z √3 √
2
q 2
3y −1
x 1 + x2 y2 = 1+x
3−x 2 ⇔ x = y2 +1
= √ √ dx = 4y√
0 3 3−x 2 dx = dy
(y2 +1)3/2 3y2 −1
!
y2
y2 A B
Z +∞
4 2 )2 = 1+y2 + (1+y2 )2
=√ √ dy = (1+y
3 1/ 3 (1 + y2 )2 ⇐⇒ A = 1, B = −1
CAPITOLO 1. CURVE 31
Z +∞
4 1 1
=√ √ − dy
3 1/ 3 1 + y2 (1 + y2 )2
i+∞ √
4 h y 1 4 3 π
= √ arctan(y) − − arctan(y) √ = √ + .
3 2(1 + y2 ) 2 1/ 3 3 8 6
E SERCIZIO .
Determinare il momento di inerzia di un filo omogeneo disposto lungo l’arco di parabola y = x2 , x ∈ [−1, 1], che ruota attorno
all’asse y. √
Visto che il filo è omogenea la sua densità ρ è costante. Siccome k~f 0 (t)k = 1 + 4x2 e la distanza di un punto (x, x2 ) della
parabola dall’asse y è r(x, y) = |x| si ha
t −t
x = 12 sinh(t) = e −e
Z pZ 1 4 √
I = r2 ρ dγ = x2 ρ 1 + 4x2 dx = t = arcsinh(2x) = ln(2x + 4x2 + 1)
Γ −1
dx = 12 cosh(t) dt
Z ln(√5+2) √
ρ ln( 5+2) sinh(2t)2
Z
ρ 2 2
= √ sinh(t) cosh(t) dt = √ dt
8 ln( 5−2) 8 ln( 5−2) 4
Z √ it=ln(√5+2)
ρ ln( 5+2) cosh(4t) − 1 ρ h1
= √ dt = sinh(4t) − t √
8 ln( 5−2) 8 64 4 t=ln( 5−2)
√ √
√ √
ρ h sinh 4 ln( 5 + 2) − sinh 4 ln( 5 − 2) i
= − ln( 5 + 2) + ln( 5 − 2)
64 h i4
ρ √ √
= 18 5 − ln( 5 + 2) . indietro
32
E SERCIZIO .
p
Fissato a 6= 0, si consideri la curva piana Γ descritta in coordinate polari da ρ = a cos(2 θ ), θ ∈ [−π/4, π/4]. 1) La curva è
chiusa?
2) La curva è regolare?
3) Si calcoli il vettore tangente.
4) Si calcoli la lunghezza della curva in termini della costante
Z 1
dt
ϖ =2 √
0 1 − t4
senza calcolarla. R
5) Si calcoli l’integrale di linea di prima specie Γ f dγ con
p
f (ρ, θ ) = cos(θ )2 cos(2 θ ).
1) Si tratta di una curva chiusa in quanto
p p
r(−π/4) = a cos(−π/2) = 0 e r(π/4) = a cos(π/2) = 0,
ovvero la curva parte e termina nell’origine.
2) La curva è descritta in coordinate cartesiane da
~f (θ ) = r(θ ) cos(θ ), r(θ ) sin(θ )
CAPITOLO 1. CURVE 32
p p
= a cos(2 θ ) cos(θ ), a cos(2 θ ) sin(θ ) .
5) Per definizione
|a|
Z Z π/4 p Z π/4
f ds = cos(θ )2 cos(2 θ ) p dθ = |a| cos(θ )2 dθ
γ −π/4 cos(2 θ ) −π/4
0.5
-0.5
-1.0
CAPITOLO 1. CURVE 33
E SERCIZIO .
1) Visto che 1 − cos(0) = 0 = 1 − cos(2π), si ha che la cardioide parte e finisce nell’origine; in particolare è una curva chiusa.
2) La forma cartesiana della cardioide è
~f (θ ) = 1 − cos(θ ) cos(θ ), 1 − cos(θ ) sin(θ ) , θ ∈ [0, 2π].
3) Visto che
~ 0
2
2 2
f (θ )
= 2 cos(θ ) − 1 sin(θ )2 + 1 + cos(θ ) − 2 cos(θ )2
= 2 1 − cos(θ ) ,
abbiamo che la cardioide è regolare ovunque tranne che nell’origine, che corrisponde a θ ∈ {0, 2π}.
4) Visto che la cardioide è simmetrica rispetto all’asse x, si ha che
Z π
~ 0
√ Z πp
L=2
f (θ )
dθ = 2 2 1 − cos(θ ) dθ
0 0
Z π θ h θ iθ =π
=4 sin dθ = 8 − cos = 8.
0 2 2 θ =0
5) Per definizione il parametro arco t soddisfa
Z t
~ 0
√ Z tp
s(t) =
f (θ )
dθ = 2 1 − cos(θ ) dθ
0 0
Z t θ h θ it t
= 2 sin dθ = 4 − cos = 4 1 − cos
0 2 2 0 2
e quindi s
t(s) = 2 arccos 1 − .
4
6) Per definizione
Z Z 2π p
~ 0
√ Z 2π p p
f dγ = 1 + cos(θ )
f (θ )
dθ = 2 1 + cos(θ ) 1 − cos(θ ) dθ
γ 0 0
√ Z 2π √ Zπ √ h iθ =π √
= 2 sin(θ ) dθ = 2 2 sin(θ ) dθ = 2 2 − cos(θ ) = 4 2.
0 0 θ =0
CAPITOLO 1. CURVE 34
Ottimizzazione
In questo capitolo considereremo due tipi di problemi di ottimizzazione: quelli liberi e quelli vincolati. Infatti, data una funzione
f : R2 → R possiamo chiederci quali siano i suoi punti di massimo e minimo locali e calcolare quindi
max f (x, y) e min f (x, y),
(x,y)∈R2 (x,y)∈R2
oppure possiamo considerare una curva Γ di R2 e cercare i massimi ed i minimi di f : Γ → R e calcolare quindi
max f (x, y) e min f (x, y).
(x,y)∈Γ (x,y)∈Γ
35
CAPITOLO 2. OTTIMIZZAZIONE 36
Se x 0 è un punto di massimo (o minimo) assoluto (o locale) di f , allora il valore f (xx0 ) è un massimo (o minimo) assoluto (o
locale) di f .
Per definizione un punto di massimo (o minimo) assoluto è un punto di massimo (o minimo) locale.
Una condizione necessaria utile per la ricerca dei punti di massimo e minimo locali è data nel seguente
T EOREMA DI F ERMAT.
Sia A ⊆ Rn aperto ed f : A → R derivabile in x 0 ∈ A. Se x 0 è un punto di massimo o minimo locale, allora x 0 è un punto critico
di f , ovvero grad f (xx0 ) = 0 .
Il teorema di Fermat ci dice che per trovare i punti di massimo e minimo per una funzione f derivabile bisogna prima trovare i suoi
punti critici, ovvero risolvere il sistema di n equazioni ed n incognite
fx1 (x01 , x02 , . . . , x0n ) = 0
1 2 n
grad f (xx0 ) = ~0 ⇐⇒ fx2 (x0 , x0 , . . . , x0 ) = 0
...
fxn (x01 , x02 , . . . , x0n ) = 0,
e poi capire se tali punti sono di massimo (o minimo) assoluto (o locale), oppure dei punti di sella.
D EFINIZIONE .
Un punto di sella è un punto critico che non è né di massimo né di minimo.
E SEMPIO .
Per trovare l’insieme dei punti critici C di f (x, y) = ey x2 (3x + y2 ), dobbiamo risolvere il sistema
e x(9x + 2y2 ) = 0,
y
grad f (x, y) = ~0 ⇐⇒
ey x2 (3x + 2y + y2 ) = 0.
9x + 2y2 = 0,
3x + 2y + y2 = 0.
Moltiplicando la seconda per 3 e sottraendo la prima si ottiene y2 + 6y = 0; dunque o y = 0, ma in tal caso dalla prima anche
x = 0, altrimenti y = −6 ed in tal caso dalla prima x = −8. In conclusione
n o n o
C = (x, y) ∈ R2 : x = 0 ∪ (−8, −6) .
CAPITOLO 2. OTTIMIZZAZIONE 37
E SEMPIO .
Per il teorema di Fermat gli unici punti candidati ad essere punti di massimo o di minimo di f (x, y) = 3 x2 + y2 − x3 y sono i punti
critici, ovvero le soluzioni del sistema
(
3 x 2 − x y =0
grad f (x, y) = ~0 ⇐⇒
3
2 y − x = 0,
n √ √ √ √ o
⇐⇒ (x, y) ∈ (0, 0), 2, 2 , − 2, − 2 .
Dimostriamo che l’origine è un punto di minimo locale mostrando che f (x, y) ≥ f (0, 0) ∀(x, y) ∈ B (0, 0), 1 :
2 x2
0 ≤ x − y = x 2 − 2 x y + y2 ⇒ 2 x y ≤ x 2 + y2 < 1 ⇒ x 3 y ≤
2
x 2 5
⇒ f (x, y) ≥ 3 x2 + y2 − = x2 + y2 ≥ 0 = f (0, 0).
2 2
√ √
Per dimostrare che (± 2, ± 2) sono dei punti di sella basta
osservare che le funzioni
√ √
x 7→ f (x, ± 2) = 3 x2 + 2 ∓ 2x3 ,
√ √
y 7→ f (± 2, y) = 6 + y2 ∓ 2 2 y
√
hanno un punto di massimo e di minimo locali in ± 2, rispetti-
vamente. I loro grafici sono rappresentati in rosso nella figura a
fianco.
E SERCIZIO .
Trovare l’insieme dei punti critici C della funzione f (x, y) = ey x2 (x + y). soluzione
E SERCIZIO .
Trovare l’insieme dei punti critici C della funzione f (x, y) = ex y3 (x + 3y). soluzione
Il teorema di Fermat ci dice che i punti di massimo o minimo locali sono dei punti critici. Abbiamo visto però che ci sono punti
critici che non sono né di massimo né di minimo locali, ma punti di sella.
Come facciamo a capire se un punto critico è di massimo locale, oppure di minimo locale o di sella?
Per le funzioni f : R → R, dopo aver risolto l’equazione f 0 (x) = 0 e trovato i punti critici, studiavamo la derivata seconda:
Un’idea potrebbe essere quella di generalizzare la derivata seconda a funzioni f : Rn → R. Vedremo che la generalizzazione della
derivata seconda è la matrice hessiana, che è una forma quadratica. Per questo motivo andiamo ad introdurre le forme quadratiche ed
alcune loro proprietà utili ai nostri fini.
CAPITOLO 2. OTTIMIZZAZIONE 38
dove ai j ∈ R sono i coefficienti della f.q., che corrispondono alla matrice quadrata simmetrica (cioè ai j = a ji )
a11 a12 . . . a1n
A = (ai j )ni, j=1 = . . . . . . . . . . . . ∈ Rn×n .
an1 an2 . . . ann
Osserviamo che
q(hh) = h T A h ,
dove h è un vettore colonna, h T il suo trasposto ed è un vettore riga ed h T A h è il prodotto righe per colonne.
E SEMPIO .
Ad esempio
ed
1 5 6
A = 5 2 3
6 3 7
Siamo interessati al segno delle forme quadratiche. Osserviamo che q 0 = 0 e q t h = t 2 q(hh). Se quindi h 6= 0 allora il segno di
q t h non dipende da t 6= 0. Abbiamo la seguente classificazione delle forme quadratiche.∗
D EFINIZIONE .
Una forma quadratica q : Rn → R si dice:
• definita positiva se q(hh) > 0 ∀hh 6= 0 ;
• definita negativa se q(hh) < 0 ∀hh 6= 0 ;
• semidefinita positiva se q(hh)≥ 0 ∀hh 6= 0 ed ∃hh0 6= 0 tale che q h 0 = 0;
• semidefinita negativa se q(hh)≤ 0 ∀hh 6= 0 ed ∃hh0 6= 0 tale che q h 0 = 0;
∗ Analoga classificazione vale per le matrici simmetriche A ∈ Rn×n (basta considerare la f.q. associata).
CAPITOLO 2. OTTIMIZZAZIONE 39
E SEMPIO .
Non è sempre semplice capire la natura di una forma quadratica utilizzando la definizione. Per questo introduciamo il seguente
T EOREMA .
Sia A = (ai j )ni, j=1 una matrice simmetrica e λ1 , λ2 , . . . , λn i suoi autovalori. La forma quadratica q associata ad A è:
Dimostrazione. Visto che A è una matrice simmetrica, essa è diagonalizzabile, ovvero esiste una matrice ortogonale M tale che
A = M ∆M MT
dove ∆ è la matrice diagonale diag λ1 , λ2 , . . . , λn . Quindi la f.q. associata ad A si scrive
q(hh) = h T A h = h T M ∆M
MT h
T n
= M T h ∆ M T h = k T ∆kk = ∑ λi ki2 ,
i=1
Se abbiamo una matrice simmetrica 2 × 2, allora si può evitare di calcolare i suoi autovalori ed applicare il seguente
C OROLLARIO .
Dimostrazione. Ricordiamo che il determinante di una matrice n × n è pari al prodotto dei suoi autovalori e la sua traccia è pari alla
somma dei suoi autovalori. Nel nostro caso gli autovalori λ1 e λ2 di A ∈ R2×2 soddisfano
A ) = a c − b2 ,
λ1 λ2 = det(A A) = a + c.
λ1 + λ2 = tr(A
Non è limitativo assumere che λ1 ≤ λ2 . Se det(AA) < 0, allora λ1 < 0 < λ2 ed A è indefinita. Se det(A A) ≤ 0, allora λ1 ≤ 0 = λ2
A) = 0 e tr(A
ed A è semidefinita negativa. Se det(A A) ≥ 0, allora λ1 = 0 ≤ λ2 ed A è semidefinita positiva. Se det(A
A) = 0 e tr(A A) > 0 e tr(A
A) < 0, allora
λ1 ≤ λ2 < 0 ed A è definita positiva. Se det(A A) > 0, allora 0 < λ1 ≤ λ2 ed A è definita positiva.
A) > 0 e tr(A
O SSERVAZIONE .
a b
Se A = A) = a c − b2 e tr(A
, allora det(A A) = a + c, pertanto
b c
E SEMPIO .
q h1 , h2 = −2 h21 + 2 h1 h2 − 3 h22 è una f.q. definita negativa perché
−2 1
A= ,
1 −3
A) = −2 −3 − 1 · 1 = 5 > 0,
det(A
A) = −5 < 0.
tr(A
C OROLLARIO .
Sia A = (ai j )ni, j=1 una matrice simmetrica e consideriamo le sue sottomatrici principali di nord-ovest
a11 a12 a13
a a12
A 1 = a11 , A 2 = 11 , A 3 = a21 a22 a23 , . . . , A n = A .
a21 a22
a31 a32 a33
Osserviamo che il corollario non ci dice quando la forma quadratica è semidefinita o indefinita.
E SEMPIO .
La forma quadratica q h1 , h2 , h3 = 5 h21 − 8 h1 h3 + 3 h22 + 4 h23 è associata alla matrice simmetrica
5 0 −4
A= 0 3 0 .
−4 0 4
sono positivi. In alternativa, invece di calcolare gli autovalori, basta osservare che
5 0
A1 ) = a11 = 5 > 0, det(A
det(A A2 ) = det A) = 60 − 48 = 12 > 0.
= 15 > 0, det(A
0 3
T EOREMA .
Sia q una f.q. su Rn .
• Se q è definita positiva, allora esiste una costante c > 0 tale che
n o n o
Dimostrazione. Se λmin = min λ1 , λ2 , . . . , λn e λmax = max λ1 , λ2 , . . . , λn , allora ∀hh ∈ Rn si ha
n n
q(hh) = ∑ λi ki2 ≥ λmin ∑ ki2 = λmin kkk k2 = λmin khhk2 ,
i=1 i=1
n n
q(hh) = ∑ λi ki2 ≤ λmax ∑ ki2 = λmax kkk k2 = λmax khhk2 ,
i=1 i=1
E SERCIZIO .
E SERCIZIO .
E SERCIZIO .
Classificare al variare del parametro reale a la forma quadratica associata alla matrice
1+a a
.
1 2a
CAPITOLO 2. OTTIMIZZAZIONE 42
T EOREMA .
Per il corollario per le forme quadratiche in due variabili, nel caso n = 2 il precedente teorema diventa il seguente
C OROLLARIO .
E SEMPIO .
Visto che
fx (x, y) = 6x − 3 x2 y, fy (x, y) = 2 y − x3 ,
la matrice hessiana di f è !
6 1−xy −3 x2
H f (x, y) = .
−3 x2 2
Calcoliamo la matrice hessiana nei punti critici
6 0 −6 −6
H f (O) = , H f (P1 ) = = H f (P2 ).
0 2 −6 2
√ √ √ √
L’origine O è un punto di minimo locale perché λ1 (O) = 2 e λ2 (O) = 6. P1 = ( 2, 2) e P2 = (− 2, − 2) sono di sella perché
det H f (P1,2 ) = −48 < 0.
E SEMPIO .
• L’unico punto stazionario di f (x, y) = x2 + y2 è l’origine ed è un punto di minimo perché det H f (0, 0) = 4 ed fxx (0, 0) = 2.
CAPITOLO 2. OTTIMIZZAZIONE 43
• L’unico punto stazionario di f (x, y) = − x2 +y2 è l’origine ed è un punto di massimo perché det H f (0, 0) = 4 e fxx (0, 0) =
−2.
• L’unico punto stazionario di f (x, y) = x2 − y2 è l’origine ed è un punto di sella perché det H f (0, 0) = −4.
E SEMPIO .
E SEMPIO .
Cerchiamo i massimi e minimi locali di
f (x, y) = x4 − 6x2 y2 + y4 .
Per prima cosa cerchiamo i suoi punti critici risolvendo il sistema
3
4x − 12x y2 = 0
2
x(x − 12y2 ) = 0
grad f (x, y) = 0 ⇐⇒ 2 3 ⇐⇒
−12x y + 4y = 0 y(−3x2 + y2 ) = 0.
Se x = 0, allora la prima equazione è soddisfatta e dalla seconda abbiamo che anche y = 0. Quindi l’origine è un punto critico.
Se x 6= 0, allora dalla prima equazione ricaviamo che 0 6= x2 = 12 y2 , e sostituendo nella seconda ci dà un assurdo:
0 = y −36y2 + y2 = 35y3 ⇐⇒ y = 0 =⇒ 0 6= x2 = 12 · 02 = 0.
CAPITOLO 2. OTTIMIZZAZIONE 44
si annulla nell’origine e quindi non ci dà informazioni. Osserviamo però che la restrizione di f lungo la retta y = 0
x 7→ f x, 0 = x4
E SEMPIO .
Fissati i punti
P1 = (x1 , y1 ), P2 = (x2 , y2 ), . . . , Pn = (xn , yn ),
vogliamo trovare il punto B = (x, y) che minimizza la somma dei quadrati delle distanze dai punti P1 , P2 , . . . , Pn , ovvero la
funzione
n h 2 2 i
f (x, y) = ∑ x − xi + y − yi .
i=1
P8 B P7
P4
P1 P2
E SERCIZIO .
E SEMPIO .
Consideriamo una campione di popolazione di Ferrara di n soggetti.
200
Misuriamo il peso e l’altezza di ciascuno di essi. In questo modo
otteniamo n punti
P1 = (x1 , y1 ), . . . , Pn = (xn , yn ),
Altezza (cm)
che rappresentiamo in un grafico. Vogliamo ricavare una legge 180
lineare che leghi peso ed altezza.
Per farlo possiamo usare il metodo dei minimi quadratici che per-
mette di ottenere la retta di regressione y = a x + b, che minimizza la
somma dei quadrati delle distanze tra ciascun punto Pi ed il punto del-
la retta avente la stessa ascissa xi , a xi + b , cioè l’errore quadratico
160
medio n
2
E a, b = ∑ a xi + b − yi . 40 60 80 100
i=1
Peso (kg)
n 2
I punti critici di E = ∑ a xi + b − yi sono le soluzioni del sistema
i=1
n
Ea a, b = ∑ 2 xi a xi + b − yi = 0
Pa+Qb = S
i=1 ⇐⇒
n
Q a + n b = R,
Eb a, b = ∑ 2 a xi + b − yi = 0
i=1
dove
n n n n
P = ∑ xi2 , Q = ∑ xi , R = ∑ yi , S = ∑ xi yi .
i=1 i=1 i=1 i=1
n 2 n
Visto che n P − Q2 > 0 (usare la stima ∑ xi < n ∑ xi2 che dimostreremo), l’unico punto stazionario è
i=1 i=1
200
nS −RQ PR−SQ
a0 = , b0 = .
n P − Q2 n P − Q2 0.60 · Peso + 130.2
Altezza (cm)
E SEMPIO .
Studiamo i massimi e minimi della funzione
f x, y, z = 3 x2 + 2 y2 + z2 − 2 x z + 2 x + 2 y + 1.
Risolvendo il sistema
2z = 6x + 2
fx (x, y, z) = 6x − 2z + 2 = 0 z = −1/2
fy (x, y, z) = 4y + 2 = 0 ⇐⇒ y = −1/2
⇐⇒ y = −1/2
fz (x, y, z) = 2z − 2 x = 0 6x + 2 − 2 x = 0 x = −1/2,
CAPITOLO 2. OTTIMIZZAZIONE 46
si ricava che P0 = (−1/2, −1/2, −1/2) è l’unico punto critico. La matrice hessiana
fxx fxy fxz 6 0 −2
H f = fxy fyy fyz = 0 4 0
fxz fyz fzz −2 0 2
√ √
è costante. I suoi autovalori λ1 = 2(2 − 2), λ2 = 4, λ3 = 2(2 + 2) sono positivi, quindi H f è definita positiva e P0 è un
minimo locale.
E SERCIZIO .
Studiare i punti di massimo e minimo delle seguenti funzioni:
f1 (x, y) = x y exp −x2 − y2 , f2 (x, y) = x y2 exp −x4 − y2 ,
2
f3 (x, y) = x4 + y4 − 3 x − y , f4 (x, y) = x3 − x2 y,
f5 (x, y) = x2 + y2 + x3 y, f6 (x, y) = ln 1 + x2 + y2 − 3 x y,
f7 (x, y) = exp −2 x2 + y2 + x2 + y2 , f8 (x, y) = sin(x)2 + cos(y),
f9 x, y, z = y2 + z2 − 2 x2 + 2 x y − 2 x z − 4 x, f10 x, y, z = x y z exp −x2 − 2 y2 − 3 z2 .
E SERCIZIO .
Determinare la natura dell’origine per la funzione
f (x, y) = ln 1 + x2 − x2 + x y2 + y3 + 2.
E SERCIZIO .
Le soluzioni dell’equazione di Laplace non hanno massimi e minimi locali. Verificarlo per le seguenti funzioni
E SERCIZIO .
Dimostrare la disuguaglianza
n 2 n
∑ xi < n ∑ xi2
i=1 i=1
osservando che
n 2 n n 2
∑ xi = ∑ xi2 + 2 ∑ x j xs e n − 1 ∑ xi2 − 2 ∑ x j xs = x −
∑ j s > 0.
x
i=1 i=1 j<s i=1 j<s j<s
∂
0= f x1 , . . . , xn−1 , g(x1 , . . . , xn−1 ) = fxi x1 , . . . , xn−1 , g(x1 , . . . , xn−1 )
∂ xi
+ fxn x1 , . . . , xn−1 , g(x1 , . . . , xn−1 ) gxi (x1 , . . . , xn−1 ).
T EOREMA DI D INI .
O SSERVAZIONE .
Il teorema di Dini può essere utilizzato per capire se le linee di livello di una f : R2 → R sono delle curve o meno.
Non sempre infatti le linee di livello f (xx) = k sono delle curve. Ad esempio in R2 abbiamo che:
Se però f : A → R è di classe C1 in A ⊆ R2 aperto, (x0 , y0 ) ∈ A, f (x0 , y0 ) = 0 ed fy (x0 , y0 ) 6= 0, allora per il teorema di Dini esiste I ⊆ R
intorno di x0 ed un’unica funzione g : I → R tali che
f x, g(x) = 0 ∀x ∈ I;
inoltre g è di classe C1 in I e
0 fx x, g(x)
g (x) = − ∀x ∈ I.
fy x, g(x)
CAPITOLO 2. OTTIMIZZAZIONE 48
In un intorno di (x0 , y0 ) la linea di livello f (x, y) = 0 corrisponde quindi alla curva grafico r (t) = t, g(t) , t ∈ I, dove r è di classe C1 in
inoltre h è di classe C1 in J e
fy h(y), y
h0 (y) = − ∀y ∈ J.
fx h(y), y
Dunque in un intorno di (x0 , y0 ) la linea di livello f (x, y) = 0 corrisponde alla curva regolare r (t) = h(t),t , t ∈ J, dove r è di classe C1
in J.
In particolare abbiamo che
n o
se la linea di livello Ec = (x, y) ∈ A : f (x, y) = c non contiene punti critici di f ,
ovvero k grad f (x, y)k 6= 0 ∀(x, y) ∈ Ec , allora Ec è una curva regolare.
O SSERVAZIONE .
Data f : R2 → R di classe C1 in A ⊆ R2 aperto, possiamo utilizzare il teorema di Dini per capire se una linea di livello
n o
Ec = (x, y) ∈ A : f (x, y) = c
è una curva grafico di funzione e quindi è una curva regolare. Per prima cosa bisogna individuare i punti critici di f risolvendo
l’equazione k grad f (x, y)k = 0. Se P 0 ∈ Ec non è un punto critico di f , allora per il teorema di Dini esiste un suo intorno
P0 , r) per cui Ec ∩ B(P P0 , r) è il grafico di una funzione 1
B(P C della forma y = g(x) oppure x = h(y), e corrisponde quindi alla
curva r : (x0 − r, x0 , r) → R definita da r (t) = t, g(t) oppure alla curva r : (y0 − r, y0 + r) → R2 definita da r (t) = h(t),t .
2
Visto che le curve grafico sono regolari, krr 0 k > 1, se Ec non contiene punti critici di f , allora essa è una curva regolare. Se invece
Ec contiene dei punti critici di f , allora c è detto valore critico di f .
E SEMPIO .
Sia f (x, y) = x2 − y2 − 1. Osserviamo che (x0 , y0 ) = (1, 0) appartiene ad f = 0. Visto che fx (x, y) = 2 x ⇒fx (1, 0) = 2 6= 0, per
il teorema di Dini esiste un intorno J di y0 = 0 ed una funzione h : J → R di classe C1 tale che f h(y), y = 0 per ogni y ∈ J;
inoltre
0 fy h(y), y −2 y y
h (y) = − =− = .
fx h(y), y 2 h(y) h(y)
In questo caso possiamo calcolare h esplicitamente:
p
f h(y), y = h(y)2 − y2 − 1 = 0 ⇐⇒ h(y) = y2 + 1.
p
Si noti che non abbiamo considerato il ramo della curva x = − y2 + 1 perché non passa per (1, 0).
E SEMPIO .
quindi non vale l’unicità della funzione implicita. Inoltre E0 non è una curva ma l’unione delle curve
E SEMPIO .
f (x, y) = x2 + y2 .
Dunque non possiamo applicare il teorema di Dini. In effetti E0 è solo un punto e non è una curva grafico di alcuna funzione in
un intorno di x0 = 0.
E SEMPIO .
f (x, y) = ex y + x − y − 1.
fy (x, y) = x ex y − 1 =⇒ fy (0, 0) = −1 6= 0,
per il teorema di Dini esiste un intorno I di y0 = 0 ed una funzione g : I → R di classe C1 tale che f x, g(x) = 0 ∀x ∈ I; inoltre
fx (x, y) = y ex y + 1 g(x) ex g(x) + 1
0 fx x, g(x)
⇒ g (x) = − = − .
fy (x, y) = x ex y − 1
fy x, g(x) x ex g(x) − 1
In questo caso non è possibile scrivere esplicitamente la funzione g ma possiamo approssimarla costruendo suoi polinomi di
Taylor. Infatti, visto che l’origine appartiene ad E0 abbiamo che g(0) = 0 e
g(x) ex g(x) + 1
g0 (x) = − ,
x ex g(x) − 1
abbiamo che g0 (0) = 1. Inoltre, se deriviamo due volte l’uguaglianza
ricaviamo che
e, visto che g(0) = 0 ed g0 (0) = 1, si ha g00 (0) = 2. Dunque il polinomio di Taylor (o di Maclaurin) del secondo ordine per g è
1
T2 (0, x) = g(0) + g0 (0) x + g00 (0) x2 = x + x2 .
2
Iterando il procedimento possiamo calcolare le derivate successive di g (che non conosciamo esplicitamente) in x = 0 ed avere
una buona approssimazione di g vicino ad x = 0 mediante la sua serie di Taylor.
CAPITOLO 2. OTTIMIZZAZIONE 50
E SERCIZIO .
Verificare quali delle seguenti linee di livello sono curve regolari.
n o n xy+1 o
• (x, y) ∈ R2 : ey x2 (x + y) = 1 • (x, y) ∈ R2 : =1
y+1
n o n x+y+1 o
• (x, y) ∈ R2 : |x| + |y| = 1 • (x, y) ∈ R2 : 2 = 1
x + y2 + 1
n o n x2 + 1 o
• (x, y) ∈ R2 : arctan(x + y + 1) = 1 • (x, y) ∈ R2 : 2 =1
y +1
n o n o
• (x, y) ∈ R2 : arctan(xy) = 1 + xy • (x, y) ∈ R2 : arctan(xy) = xy
n o
• (x, y) ∈ R2 : xy2 + x2 y = 1
E SERCIZIO .
Verificare che l’equazione
x e y + y ex = 0
definisce implicitamente una funzione y = g(x) in un intorno di x = 0. Calcolare g0 (0), g00 (0) e scrivere lo sviluppo di MacLaurin
al secondo ordine per g.
E SERCIZIO .
Si provi che per tutti i valori di c tranne due, la linea di livello Ec della funzione
f (x, y) = x3 + y3 − 3 x y
E SERCIZIO .
Verificare che l’equazione
ex−y + x2 − y2 − e x + 1 − 1 = 0
definisce implicitamente y = f (x) in un intorno di x = 0 con f (0) = −1. Provare che x = 0 è un punto di minimo per f .
O SSERVAZIONE .
Il teorema di Dini in R3 può essere riscritto come segue. Se f : R3 → R è C1 , si annulla in P0 = x0 , y0 , z0 ed fz P0 6= 0,
allora esiste r > 0 ed un’unica funzione
tali che
f x, y, g(x, y) = 0 ∀(x, y) ∈ B (x0 , y0 ), r ;
in tal caso in B((x0 , y0 ), r) la g risulta essere di classe C1 e le sue derivate parziali soddisfano
fx x, y, g(x, y) fy x, y, g(x, y)
gx (x, y) = − , gy (x, y) = − .
fz x, y, g(x, y) fz x, y, g(x, y)
CAPITOLO 2. OTTIMIZZAZIONE 51
E SERCIZIO .
Verificare che l’equazione
arctan(z) + x y2 + x z − y3 − 1 = 0
definisce implicitamente z = g(x, y) in un intorno di 0, −1, 0 . Scrivere l’equazione del piano tangente al grafico di z = g(x, y)
in tale punto.
E SEMPIO .
Consideriamo una forza piana ~F ∈ R2 applicata ad un punto vincolato a muoversi senza attrito lungo la linea di livello g(x, y) = 0.
Assumiamo che ~F sia una forza conservativa, ovvero che esista un potenziale V : R2 → R tale che ~F = gradV . Per determinare
i punti di equilibrio stabile bisogna calcolare i punti di minimo dell’energia potenziale E = −V , soggetti al vincolo g(x, y) = 0
min E(x, y) = min E(x, y) : g(x, y) = 0 .
g(x,y)=0
g(x, y) = 0 ~F
E SEMPIO .
Se un’azienda vuole ottimizzare la produzione Y = Q(K, L), dove K ed L sono il capitale ed il lavoro, rispettivamente, allora
lo si deve fare rispettando il budget b > 0. Quindi, se pK e pL sono il costo di un’unità di capitale e di lavoro, rispettivamente,
allora bisogna calcolare i punti di massimo di Y = Q K, L soggetti al vincolo K pK + L pL = b
max Q K, L = max Q K, L : K pK + L pL = b
K pK +L pL =b
La situazione più semplice è quella in cui il vincolo è della forma (x, y) ∈ r I dove r è una curva di classe C1 in I ⊆ R, perché in
tal caso basta studiare la funzione scalare di una variabile f ◦rr : I → R.
E SEMPIO .
Per calcolare i massimi della funzione produzione di Cobb-Douglas
Y K, L = a K α L1−α , a > 0, α ∈ 0, 1 ,
b − LpL
K pK + LpL = b ⇐⇒ K = ,
pK
e quindi basta ottimizzare la funzione
b − Lp b − Lp α a b α
L L
h(L) = Y ,L = a L1−α = α − pL L
pK pK pK L
CAPITOLO 2. OTTIMIZZAZIONE 52
nell’intervallo L ∈ 0, b/pL . Calcoliamo i punti critici di h, ovvero dove h0 L = 0:
h0 (L) = 0
d b α αb b α−1 b α
⇐⇒ 0 = − pL L = − − pL + − pL
dL L L L L
b α−1 h 1 − α b i
0= − pL − pL = 0
L L
e quindi i punti critici di h sono
1−α b b
L1 = ed L2 = .
pL pL
Osserviamo che h(L2 ) = 0. Per vedere se L1 è un punto massimo calcoliamo h00 (L1 ):
ab2 1 b α−2
h00 L = −α 1 − α α 3
− pL
pK L L
apL
α pL α
=⇒ h00 (L1 ) = − <0
αb 1−α p K
Andiamo a considerare un metodo che vale più in generale quando il vincolo non è esplicitabile in una delle due variabili come
nell’esempio precedente. Il teorema di Fermat ci dà una condizione necessaria per la ricerca dei punti di massimo e di minimo in tutto
Rn . L’analogo per il caso in cui i punti di massimo e di minimo devono soddisfare dei vincoli è dato dal
Dimostrazione. Assumiamo che x 0 ∈ Rn sia un punto di estremo vincolato per f sotto il vincolo g(xx) = b e grad g(xx0 ) 6= 0 . Per il
teorema di Dini l’equazione di vincolo definisce implicitamente un arco di curva regolare Γ passante per x 0 . Visto che questo punto è
un estremo vincolato per f , la derivata direzionale di f nella direzione del versore tangente t 0 a Γ in x 0 deve annullarsi, ovvero, per il
teorema del gradiente
0 = Dt 0 f (xx0 ) = grad f (xx0 ) ·tt 0 .
Dunque grad f (xx0 ) è ortogonale al versore tangente t 0 , che è a sua volta ortogonale a grad g(xx0 ). Pertanto grad f (xx0 ) è parallelo a
grad g(xx0 ), ovvero esiste λ0 ∈ R tale che grad f (xx0 ) = λ0 grad g(xx0 ).
Il teorema dei moltiplicatori di Lagrange ci dice che se x 0 ∈ Rn è un punto estremo vincolato per f sotto il vincolo g(xx) = b e
di
grad g(xx0 ) 6= 0 , allora esiste un moltiplicatore di Lagrange λ0 ∈ R tale che x 0 , λ0 sia un punto critico della funzione Lagrangiana
h i
L x , λ = f (xx) + λ b − g(xx) ,
ovvero
grad L x 0 , λ0 = 0
CAPITOLO 2. OTTIMIZZAZIONE 53
Lx1 x0 , λ0 = fx1 (xx0 ) − λ0 gx1 (xx0 ) = 0
L
x , = fx2 (xx0 ) − λ0 gx2 (xx0 ) = 0
x
2
0 λ0
⇐⇒ ...
L
x 0 0 = f xn (x
, x0 ) − λ0 gxn (xx0 ) = 0
xn λ
Lλ x 0 , λ0 = b − g(xx0 ) = 0
• Si individuano i punti x 0 che risolvono il sistema grad f (xx0 ) = λ0 grad g(xx0 ) e si calcola f (xx0 ).
• Si confrontano i valori di f calcolati nei due passi precedenti: i maggiori sono di massimo
vincolati ed i minori sono di minimo vincolati.
E SEMPIO .
Applichiamo il metodo dei moltiplicatori di Lagrange per determinare gli estremi di f : R2 → R soggetti al vincolo g(x, y) = 0,
dove
f (x, y) = x y, g(x, y) = x2 − x y + y2 − 1.
Le funzioni f e g sono C1 in tutto R2 . Essendo g(x, y) = 0 chiuso e limitato ed f continua, per il teorema di Weierstrass i punti
di massimo e minimo esistono. L’origine è l’unico punto critico di f perché
Osserviamo che l’origine non soddisfa il vincolo g(x, y) = 0. I punti critici della Lagrangiana
come segue:
3λ −1
y + 2x − 3λ y = 0 ⇒ x = 2 y
(a) + 2(b)
2(a) + (b) 2y + x − 3λ x = 0 2y + (1 − 3λ ) 3λ2−1 y = 0
−(c) x2 − x y + y2 − 1 = 0 3λ −1 2 3λ −1
− 2 + 1 y2 = 1
2
x = 3λ2−1 y
⇔ x = 3λ2−1 y
2
2 − (3λ −1)
⇔ 2 y = 0 ⇔ (3λ − 1)2 = 4 oppure y = 0
2
9λ −12λ +7 y2 = 1 ⇔ y2 =
4
4 2
(3λ −2) +3
dall’ultima eq. abbiamo che y 6= 0 e quindi dalla seconda eq. ricaviamo che o λ = 1 oppure λ = −1/3 a cui corrispondono
√ √ √ √
P1 = (1, 1), P2 = (−1, −1), P3 = (1/ 3, −1/ 3), P4 = (−1/ 3, 1/ 3).
Visto che f (P1 ) = f (P2 ) = 1 e f (P3 ) = f (P4 ) = −1/3, si ha che P1 e P2 sono punti di massimo vincolati, mentre P3 e P4 sono di
minimo vincolati.
Si studi come esercizio per casa lo stesso problema esplicitando il vincolo g(x, y) = 0.
CAPITOLO 2. OTTIMIZZAZIONE 54
E SERCIZIO .
Determinare i punti di massimo e minimo vincolati sia esplicitando il vincolo che usando il metodo dei moltiplicatori di Lagrange
per la funzione f (x, y) = x y ed il vincolo ρ 2 = cos(2 θ ), θ ∈ [−π/4, π/4], dove (x, y) sono le coordinate cartesiane e (ρ, θ ) sono
quelle polari.
Osserviamo che il vincolo è ben definito perché cos(2 θ ) > 0 per ogni θ ∈ [−π/4, π/4]. Esplicitando il vincolo in coordinate
cartesiane otteniamo
p p
x+ (θ ) = cos(θ )p cos(2 θ ) x− (θ ) = − cos(θ )p cos(2 θ )
h π πi
oppure per θ ∈ − ,
y+ (θ ) = sin(θ ) cos(2 θ ) y− (θ ) = − sin(θ ) cos(2 θ ) 4 4
e quindi basta studiare i massimi e minimi in [−π/4, π/4] di
1
h(θ ) = f x± (θ ), y± (θ ) = cos(θ ) sin(θ ) cos(2 θ ) = sin(4θ ).
4
Visto che
1 d n π πo
h0 (θ ) =
sin(4θ ) = cos(4θ ) = 0 ⇐⇒ θ ∈ − ,
4 dθ 8 8
ed inoltre h(±π/8) = ±1/4, abbiamo che
π π π r π π r π
P1 = x+ , y+ = cos cos , sin cos ,
8 8 8 4 8 4
π π π r π π r π
P2 = x− , y− = − cos cos , − sin cos ,
8 8 8 4 8 4
sono punti di massimo mentre
π π π r π π r π
P3 = x+ − , y+ − = cos cos , − sin cos ,
8 8 8 4 8 4
π π π r π π r π
P4 = x− − , y− − = − cos cos , sin cos ,
8 8 8 4 8 4
sono punti di minimo.
Utilizziamo ora il metodo dei moltiplicatori di Lagrange. Riscriviamo il vincolo in coordinate cartesiane. Se ρ 6= 0, allora il
vincolo
ρ 2 = cos(2 θ ) = cos(θ )2 − sin(θ )2 ⇐⇒ ρ 4 = ρ 2 cos(θ )2 − sin(θ )2
Se x = 0, allora da (a) ricaviamo che anche y = 0. Viceversa, se y = 0, allora da (b) ricaviamo che anche x = 0. Se λ = 0
allora da (a) e (b) ricaviamo che (x, y) = (0, 0). Osserviamo che l’origine soddisfa (c) e quindi tutto il sistema. Se λ 6= 0 ed
(x, y) 6= (0, 0) allora ( (
y (a) y2 = 2 λ x y 2 (x2 + y2 ) − 1
y (a)+x (b)
2 2 1 = 8λ xy
⇔ x +y
x (b) x2 = 2 λ x y 2 (x2 + y2 ) + 1 x (b) − y (a) x2 − y2 = 4 λ x y.
√
Dunque x2 − y2 = 1/2 e quindi per la (c) abbiamo x2 + y2 = 2/2. Sommando o sottraendo tali uguaglianze otteniamo
√ p√ √ p√
2 2 1 2+1 2 2 1 2−1
2x = + ⇒x=± , 2y = − ⇒y=± .
2 2 2 2 2 2
Abbiamo così ottenuto i punti
p√ p√ ! p√ p√ !
2+1 2−1 2+1 2−1
P1 = , , P2 = − ,− ,
2 2 2 2
p√ p√ ! p√ p√ !
2+1 2−1 2+1 2−1
P3 = ,− , P4 = − , .
2 2 2 2
In conclusione, i punti che per il metodo dei moltiplicatori di Lagrange dobbiamo considerare sono P1 , . . ., P4 e l’origine. Visto
che
√ √
2+1 2+1
f (P1 ) = f (P2 ) = , f (00) = 0, f (P3 ) = f (P4 ) = − ,
4 4
abbiamo che i punti di massimo vincolati sono P1 e P2 mentre quelli di minimo vincolati sono P3 e P4 .
Osserviamo che il vincolo corrisponde ad una lemniscàta di Bernoulli.
P4 P1
P2 P3
E SERCIZIO .
Determinare i punti di massimo e minimo vincolati sia esplicitando il vincolo che usando il metodo dei moltiplicatori di Lagrange
per la funzione f (x, y) = x2 + y2 ed il vincolo ρ = sin(2 θ ), θ ∈ [0, 2π], dove (x, y) sono le coordinate cartesiane e (ρ, θ ) sono
quelle polari.
La funzione riscritta in coordinate polari diventa
f ρ cos(θ ), ρ sin(θ ) = ρ 2
CAPITOLO 2. OTTIMIZZAZIONE 56
P2 1 P1
2
-1 2
1
2
-1 2
P3 P4
CAPITOLO 2. OTTIMIZZAZIONE 57
E SERCIZIO .
Determinare i punti di massimo e minimo della funzione f soggetti al vincolo g(x, y) = 0 per
f (x, y) = 3 x2/3 + y2/3 ,
(
2 f (x, y) = 32 x2/3 + y2/3 ,
g(x, y) = 3 √ √
3
x + 3 y − 1, g(x, y) = x2 + y2 − 1,
E SERCIZIO .
Determinare i punti di massimo e minimo della funzione f soggetti al vincolo g(x, y) = 0 per
(
f (x, y) = x2 + 3 y, f (x, y) = x2 + y2 , f (x, y) = x2 y + 15 y5 ,
2 2
g(x, y) = x4 + y9 − 1, g(x, y) = x3/2 + y3/2 − 1, g(x, y) = x2 + y4 − 1,
Cerchiamo i punti critici di f (x, y) = ey x2 (x + y). I punti della retta x = 0 soddisfano il sistema
fy (x, y) = ey x2 (1 + x + y) = 0.
Dunque anche (2, −3) è un punto critico. Infine abbiamo che si tratta di una curva grafico di funzione perché i punti critici di f non
appartengono ad E1 in quanto
f (0, y) = 0 6= 1 e f (2, −3) = −4/e3 6= 1.
Dunque è una curva regolare. indietro
E SERCIZIO .
Verificare se la seguente linea di livello è una curva regolare.
n xy+1 o
E1 = (x, y) ∈ R2 : =1
y+1
x y+1
Cerchiamo i punti critici di f (x, y) = y+1 . Visto che
y
fx (x, y) = y+1 =0
⇐⇒ (x, y) = (1, 0),
f (x, y) = x(y+1)−(x y+1) x−1
y (y+1)2
= (y+1)2
=0
CAPITOLO 2. OTTIMIZZAZIONE 58
l’unico punto critico è (1, 0). Siccome f (1, 0) = 1 non possiamo applicare il teorema di Dini. In effetti E1 non è una curva ma l’unione
delle curve
{(x, y) ∈ R2 : y = 0} e {(x, y) ∈ R2 : x = 1}. indietro
E SERCIZIO . 1.0
-0.5
Poniamo f (x, y) = |x| + |y| ed osservo che essa non è C1 nei punti (±1, 0), (0, ±1) che
appartengono alla curva f (x, y) = 1, dunque non possiamo applicare il teorema di Dini. -1.0
Osserviamo che E1 non è una curva regolare in quanto si tratta di un rombo. indietro
-1.0 -0.5 0.0 0.5 1.0
E SERCIZIO .
Verificare se la seguente linea di livello è una curva regolare.
n o
(x, y) ∈ R2 : arctan(xy) = 1 + xy
e quindi i punti critici sono tutti e soli i punti degli assi x = 0 ed y = 0. Osserviamo che per ogni ogni punto P = (0, p) dell’asse x = 0 e
Q = (q, 0) dell’asse y = 0 risulta f (P) = 0 ed f (Q) = 0. Quindi la linea di livello non interseca gli assi e di conseguenza è regolare per
il teorema di Dini. indietro
E SERCIZIO .
Verificare se la seguente linea di livello è una curva regolare.
n o
(x, y) ∈ R2 : arctan(xy) = xy
e quindi i punti critici sono tutti e soli i punti degli assi x = 0 ed y = 0. Osserviamo che per ogni ogni punto P = (0, p) dell’asse x = 0
e Q = (q, 0) dell’asse y = 0 risulta f (P) = 0 ed f (Q) = 0. Quindi tutti i punti critici appartengono alle linea di livello e non possiamo
applicare il teorema di Dini. In realtà si vede subito che la linea di livello non è una curva ma è data dall’unione dei due assi. Infatti
E SERCIZIO .
Verificare se la seguente linea di livello è una curva regolare.
n o
(x, y) ∈ R2 : xy2 + x2 y = 1
e quindi l’unico punto critico è l’origine. Visto che f (0, 0) = −1 6= 0, la linea di livello non passa per l’origine e quindi è regolare per
teorema di Dini. indietro
E SERCIZIO .
Verificare se la seguente linea di livello è una curva regolare.
n x+y+1 o
(x, y) ∈ R2 : 2 = 1
x + y2 + 1
x+y+1
Cerchiamo i punti critici di f (x, y) = x2 +y2 +1
:
fx (x, y) = (x2 +y2 +1)−2x(x+y+1) y2 −2xy−x2 −2x+1
(x2 +y2 +1)2
==0 (x2 +y2 +1)2
fy (x, y) = x2 −2xy−y2 −2y+1
(x2 +y2 +1)2
=0
2
y − 2xy − x2 − 2x + 1 = 0
sommando e
⇐⇒ ⇐⇒
x2 − 2xy − y2 − 2y + 1 = 0 sottraendo
(
−2xy − x − y + 1 = 0 √
⇐⇒ 2 +4x
y2 − x2 − x + y = 0 ⇐⇒ y = −1± 1+4x
2 = −1±(2x+1)
2
y1 = −x − 1 e y2 = x.
Sostituendo la prima scelta nella prima equazione del precedente sistema otteniamo un assurdo:
Sostituendo la seconda scelta nella prima equazione del precedente sistema otteniamo
√
2 1± 3
0 = −2xy2 − x − y2 + 1 = −2x − 2x + 1 =⇒ x = .
2
In conclusione i punti critici di f sono
−1 − √3 −1 − √3 −1 + √3 −1 + √3
, , , .
2 2 2 2
x+y+1
Visto che f (x, y) = x2 +y2 +1
, abbiamo che
−1 − √3 −1 − √3 √
−1 − 3 + 1
√
− 3
f , = √ = √ 6= 1,
2 2 2(−1 − 3)2 + 1 9 + 4 3
−1 + √3 −1 + √3 √
−1 + 3 + 1
√
3
f , = √ = √ =6 1.
2 2 2
2(−1 + 3) + 1 9 − 4 3
Dunque i punti critici non appartengono alla linea di livello che pertanto è una curva regolare per il teorema di Dini. indietro
CAPITOLO 2. OTTIMIZZAZIONE 60
E SERCIZIO .
Verificare se la seguente linea di livello è una curva regolare.
n o
(x, y) ∈ R2 : arctan(x + y + 1) = 1
E SERCIZIO .
Verificare se la seguente linea di livello è una curva regolare.
n x2 + 1 o
(x, y) ∈ R2 : 2 =1
y +1
x2 +1
Cerchiamo i punti critici di f (x, y) = y2 +1
:
2x
fx (x, y) =
1+y2
=0 ⇐⇒ x = 0
2y 1+x2 ⇐⇒ (x, y) = (0, 0)
fy (x, y) = − 2 = 0
1+y2
e quindi l’origine è l’unico punto critico. Siccome f (0, 0) = 1, la linea di livello passa per l’origine e non possiamo applicare il teorema
di Dini. Osserviamo che
x2 + 1
= 1 ⇐⇒ x2 + 1 = y2 + 1 ⇐⇒ y = x oppure y = −x
y2 + 1
e quindi la linea di livello non è una curva ma l’unione di due rette y = x ed y = −x. indietro
E SERCIZIO .
Determinare i punti di massimo e minimo della funzione f soggetti al vincolo g(x, y) = 0 per
3 2/3 √ √
f (x, y) = x + y2/3 , g(x, y) = 3 3
x + 3 y − 1,
2
sia esplicitando il vincolo, che usando il metodo dei moltiplicatori di Lagrange.
Esplicitando il vincolo
1 √ 3
g(x, y) = 0 ⇐⇒ y = − 3x ,
3
basta studiare i massimi ed i minimi di
3 2
1 √ 1 √ 18 x2/3 − 6 x1/3 + 1
3 2/3
x 7→ f x, − 3x = x + − 3x = .
3 2 3 6
z = 1/6 ⇐⇒ x = 1/63 ,
CAPITOLO 2. OTTIMIZZAZIONE 61
1 1 r 1 3 1
3
g 3 , y = 0 ⇐⇒ y = − 3
= 3.
6 3 6 6
Questo significa che il minimo di f vincolato a g = 0 è f (1/63 , 1/63 ) = h(1/6)/6 = 1/12, mentre
non ha massimo.
Utilizziamo ora il metodo dei moltiplicatori di Lagrange. Osserviamo che grad g(x, y) = x−2/3 , y−2/3 6= 0 in R2 \ {00} e che
g(00) 6= 0. Risolviamo il sistema associato
−1/3
= λ x−2/3
x x = λ 3 x = 1/63
grad f (x, y) = λ grad g(x, y) 3
⇔ y −1/3 =λy −2/3 ⇔ y=λ ⇔ y = 1/63
g(x, y) = 0 √ √
3
x + 3 y = 1/3 2 λ = 1/3 λ = 1/6
e quindi (x, y) = (1/63 , 1/63 ) è un punto candidato ad essere di massimo o di minimo vincolato. Altri punti da considerare sono quelli
in cui grad f non è definito, ovvero (x, y) = (0, 1/27) e (x, y) = (1/27, 0). Visto che
E SERCIZIO .
Determinare i punti di massimo e minimo della funzione f soggetti al vincolo g(x, y) = 0 per
(
f (x, y) = 32 x2/3 + y2/3 ,
g(x, y) = x2 + y2 − 1,
Esplicitando il vincolo
g(x, y) = 0 ⇐⇒ (x, y) = cos(θ ), sin(θ ) , θ ∈ [0, 2 π)
basta studiare i massimi ed i minimi di
3 3 1/3
f cos(θ ), sin(θ ) = cos(θ )2/3 + sin(θ )2/3 = cos(θ )2/3 + 1 − cos(θ )2
2 2
per θ ∈ [0, 2 π). Poniamo z = cos(θ ) e studiamo
3 2/3
z + (1 − z2 )1/3 ,
h(z) = z ∈ [−1, 1].
2
Studiamo 1/3
3 2/3
h(z) = z + 1 − z2 , z ∈ [−1, 1].
2
Osserviamo che se z 6= 0, allora
1 z 2 1
h0 (z) = − 2/3 = 0 ⇔ 1 − z
2
= z4 ⇔ z = ± √ .
z1/3 2
1 − z2
√ √
Visto che h(0) = 3/2 = h(±1) < h(1/ 2) = 3/ 3 2, abbiamo che
3 1 3
max h = h(0) = h(±1) = , min h = h √ = √3
.
[−1,1] 2 [−1,1] 2 2
Tornando alla coordinata θ e poi alle coordinate originali (x, y), abbiamo che i punti di massimo per f vincolati a g = 0 sono
1 1 1 1
(x, y) = ± √ , ± √ , (x, y) = ± √ , ∓ √ ,
2 2 2 2
e quelli di minimo sono
(x, y) = 0, ±1 , (x, y) = ±1, 0 .
CAPITOLO 2. OTTIMIZZAZIONE 62
Utilizziamo ora il metodo dei moltiplicatori di Lagrange. Osserviamo che grad g(x, y) = 2 x, 2 y 6= 0 in R2 \ {00} e che g(00) 6= 0.
Le soluzioni del sistema
−1/3 4 4
x = 2λ x x = 1/(2 λ )3 x = 1/4
grad f (x, y) = λ grad g(x, y)
⇔ y−1/3 = 2 λ y ⇔ y4 = 1/(2 λ )3 ⇔ y4 = 1/4 √
g(x, y) = 0
2/(2 λ )3/2 = 1 λ = 1/ 3 2
2
x + y2 = 1
√ √ √ √
sono (x, y) = (±1/ 2, ±1/ 2) e (x, y) = (±1/ 2, ∓1/ 2). Altri punti da considerare sono quelli in cui grad f non è definito, ovvero
(x, y) = (0, ±1) e (x, y) = (±1, 0). Visto che
1 1 1 1 3 3
f ±√ ,±√ = f ±√ ,∓√ =√3
, f 0, ±1 = f ±1, 0 = ,
2 2 2 2 2 2
E SERCIZIO .
Dunque anche (2, −3) è un punto critico e C = ({0} × R) ∪ {(2, −3)}. indietro
E SERCIZIO .
Campi vettoriali
D EFINIZIONE .
La linea integrale di un campo vettoriale ~F : R3 → R3 è una curva regolare tangente in ogni punto al campo vettoriale.
E SEMPIO .
O SSERVAZIONE .
Ad una curva regolare r : R → R3 possiamo associare un vettore ~F(t) = r 0 (t) che è tangente alla curva in r (t). Ora siamo
interessati al problema inverso: dato il vettore tangente ~F(t), cerchiamo la curva regolare associata.
Se la curva parametrizzata da r = (x, y, z) : R → R3 è una linea integrale del campo vettoriale ~F = (F1 , F2 , F3 ), allora sia ~F(rr (t)) che
r 0 (t) sono tangenti alla curva in r (t) e quindi esiste λ (t) tale che
0
x (t) = λ (t) F1 x(t), y(t), z(t)
r 0 (t) = λ (t) ~F r (t) ⇐⇒ y0 (t) = λ (t) F2 x(t), y(t), z(t)
0
z (t) = λ (t) F3 x(t), y(t), z(t) .
Siamo così giunti ad un sistema di equazioni differenziali ordinarie a cui possiamo applicare il teorema di esistenza ed unicità locali.
Se ~F non è singolare in x, allora il teorema di esistenza ed unicità locali per i problemi di Cauchy garantisce, almeno localmente,
l’esistenza di un’unica linea integrale.
Se ~F è sufficientemente regolare e non nullo in tutto R3 , allora per ogni punto dello spazio R3 passa una ed una sola linea integrale
di ~F; quindi le linee integrali del campo sono linee a due a due disgiunte e coprono tutto R3 .
63
CAPITOLO 3. CAMPI VETTORIALI 64
D EFINIZIONE .
Un punto singolare da cui le linee integrali nascono è detto sorgente.
Un punto singolare in cui le linee integrali terminano è detto pozzo.
E SEMPIO .
Nella figura a fianco le linee di forza del campo elettrico
~E generato da un dipolo elettrico. Il dipolo consiste di due
cariche puntiformi di polarità opposta poste vicine. Si noti
che la posizione della carica elettrica negativa corrisponde
ad un pozzo mentre la posizione della carica elettrica po-
sitiva corrisponde ad una sorgente per le linee di forza del
campo elettrico.
E SEMPIO .
Le linee di forza del campo gravitazionale generato da una massa puntiforme posta
nell’origine
~F(xx) = −k x , ρ = kxxk = x2 + y2 + z2 ,
p
ρ 3
E SEMPIO .
Per determinare le linee di flusso del campo di velocità ~v : R2 → R2 dato da ~v(x, y) = (−y, x) si deve risolvere il sistema
x0 y0
0
x = −λ y
r 0 = λ ~v(rr ) ⇐⇒ 0 ⇐⇒ − = λ = .
y =λx y x
∗ Si ricordi che i punti singolari sono isolati gli uni dagli altri.
CAPITOLO 3. CAMPI VETTORIALI 65
Si osservi che
dx dy x2 y2
− = ⇔ x dx = −y dy ⇔ = − + c ⇔ x2 + y2 = 2c
y x 2 2
per una costante c > 0. Le linee di flusso sono pertanto delle circonferenze di centro l’origine; per ogni punto ne passa una ed
una sola, ad eccezione dell’origine in cui la “linea di velocità” degenera in un punto. In effetti il campo si annulla nell’origine
che quindi è un punto singolare di ~v. Inoltre l’origine non è né un pozzo né una sorgente.
O SSERVAZIONE .
Un potenziale è dato a meno di una costante additiva in quanto grad(U + c) = gradU per ogni costante c ∈ R.
Visto che le linee integrali di ~F sono tangenti ad ~F e gradU è ortogonale alle linee di livello di U, abbiamo la seguente
P ROPOSIZIONE .
Le linee integrali di un campo vettoriale conservativo sono ortogonali alle linee di livello del suo potenziale.
E SEMPIO .
k p
U(xx) = , ρ = kxxk = x2 + y2 + z2 ,
ρ
in quanto
∂x (x2 + y2 + z2 )−1/2
2 −1/2 = −k x = ~
gradU(xx) = k 2 2 F(xx).
∂y (x + y + z ) ρ3
∂z (x2 + y2 + z2 )−1/2
Per capire se un campo è conservativo possiamo utilizzare il seguente teorema che si applica ad insiemi semplicemente connessi.
D EFINIZIONE .
Un sottoinsieme A di Rn è connesso (per archi) se, presi due punti in A, esiste una curva continua interamente contenuta in A
che li congiunge. Invece, A è semplicemente connesso se è connesso ed ogni curva chiusa interamente contenuta in A può essere
ridotta mediante una deformazione continua ad un unico punto, senza mai farla uscire da A.
CAPITOLO 3. CAMPI VETTORIALI 66
E SEMPIO .
Sia Rn che l’insieme vuoto 0/ sono semplicemente connessi.
y y
Q R2 Γ1 R2
Γ2
Γ3
Γ4
x x
P
E SEMPIO .
P Γ1
Γ2
Γ3
E SEMPIO .
La “sfera bucata” {~x ∈ R3 : 0 < k~xk ≤ 1} è sia connessa che semplicemente connessa.
Γ3
P Γ2 Γ4
Γ1
E SEMPIO .
1
L’insieme di definizione della funzione (x, y) 7→ ln(x+y) y
D
D = {(x, y) ∈ R2 : x + y > 0} ∩ {(x, y) ∈ R2 : x + y 6= 1}
y = 1−x
= {(x, y) ∈ R2 : 0 < x + y 6= 1} P
y = −x
non è connesso e quindi non è nemmeno semplicemente connesso. Se prendia-
mo infatti due punti P e Q come in figura, allora non esiste una curva che li
connette senza uscire da D. ??? x
Q
CAPITOLO 3. CAMPI VETTORIALI 67
E SEMPIO .
p p
L’insieme di definizione di (x, y) 7→ y − x2 + 1 − x2 − y2 y
D = {(x, y) ∈ R2 : y − x2 > 0} ∩ {(x, y) ∈ R2 : 1 − x2 − y2 ≥ 0}
= {(x, y) ∈ R2 : x2 6 y, x2 + y2 ≤ 1} D
E SEMPIO .
E SEMPIO .
E SEMPIO .
In R2 : un cerchio è semplicemente connesso; una corona circolare è connessa ma non è semplicemente connessa; l’unione di
due cerchi disgiunti non è connessa e quindi nemmeno semplicemente connessa; il piano privato dell’origine è connesso ma
non è semplicemente connesso; il piano privato di una semiretta è semplicemente connesso; il piano privato di una retta non è
connesso e quindi nemmeno semplicemente connesso.
In R3 : l’interno di una sfera è semplicemente connesso; la regione interna alla superficie di un toro è connessa ma non è
semplicemente connessa; lo spazio privato di un punto è semplicemente connesso; lo spazio privato di una retta è connesso ma
CAPITOLO 3. CAMPI VETTORIALI 68
non è semplicemente connesso; lo spazio privato di un piano non è connesso e quindi non è semplicemente connesso.
∂ Fi ∂ Fj
= , i 6= j. (∗)
∂xj ∂ xi
“⇐” Viceversa, se le condizioni in (∗) sono soddisfatte in A, allora ~F è localmente conservativo. Se inoltre A è semplicemente
connesso, allora ~F è conservativo.
Dimostrazione. “⇒” Per ipotesi in A esiste un potenziale U di classe C2 tale che ~F = gradU, ovvero Fi = ∂xi U. Visto che U è di classe
C2 , per il teorema di Schwarz abbiamo che
∂x j Fi = ∂x j ∂xi U = ∂xi ∂x j U = ∂xi Fj .
O SSERVAZIONE .
Se (∗) non è soddisfatta, allora il campo non è conservativo e quindi è inutile cercare un potenziale.
E SEMPIO .
Consideriamo il campo vettoriale
~F(x, y) = −y~e1 + x~e2 , (x, y) ∈ R2 .
R2 è semplicemente connesso ma
∂ ∂
−y = −1 6= 1 = x .
∂y ∂x
Dunque, per il teorema della conservatività di un campo abbiamo che ~F non è conservativo.
E SEMPIO .
Consideriamo il campo vettoriale
x y
~F(x, y) = ~e1 + 2 ~e2 , (x, y) ∈ R2 \ {00}.
x2 + y2 x + y2
Visto che
∂ x 2xy ∂ y
= − =
∂ y x 2 + y2 (x2 + y2 )2 ∂ x x 2 + y2
per il teorema della conservatività di un campo abbiamo che il campo è localmente conservativo. Dato che R2 \ {00} non è
semplicemente connesso il teorema non ci assicura che ~F sia conservativo. Vediamo se ~F è conservativo direttamente cercando
un potenziale U. Se U è un potenziale di ~F allora deve essere
x
∂U
(a)
= 2 ,
∂x x + y2
gradU = ~F ⇐⇒
(b) ∂U y
= 2 .
∂y x + y2
CAPITOLO 3. CAMPI VETTORIALI 69
Osserviamo che
x 1
Z Z
(a) dx =⇒ U = ln(x2 + y2 ) + c(y)
dx =
x2 + y2
2
y ∂U ∂ 1 y
=⇒ 2 = = ln(x 2
+ y 2
) + c(y) = 2 + c0 (y)
x + y2 (b) ∂ y ∂y 2 x + y2
=⇒ c0 (y) = 0.
1
U(x, y) = ln(x2 + y2 ).
2
Chiaramente in R2 \ {00} abbiamo che gradU = ~F, ovvero ~F è un campo conservativo ed U è un suo potenziale.
E SEMPIO .
Consideriamo il campo vettoriale
y x
~F(x, y) = − ~e1 + 2 ~e2 , (x, y) ∈ R2 \ {00}.
x2 + y2 x + y2
Visto che
∂ y y2 − x2 ∂ x
− 2 2
= 2 2 2
=
∂y x +y (x + y ) ∂ x x 2 + y2
per il teorema della conservatività di un campo abbiamo che il campo è localmente conservativo. Dato che R2 \ {00} non è
semplicemente connesso il teorema non ci assicura che ~F sia conservativo. Vediamo se ~F è conservativo direttamente cercando
un potenziale U. Se U è un potenziale di ~F allora deve essere
∂U = − y ,
(a)
∂x x2 + y2
gradU = ~F ⇐⇒
(b) ∂U x
= 2 .
∂y x + y2
Osserviamo che
y x
Z Z
(a) dx =⇒ U = − dx = − arctan + c(y)
x2 + y2 y
x ∂U ∂ x x
=⇒ 2 2
= = − arctan + c(y) = 2 + c0 (y)
x + y (b) ∂ y ∂y y x + y2
=⇒ c0 (y) = 0.
Chiaramente in {(x, y) ∈ R2 : y 6= 0} abbiamo che gradU1 = ~F, ovvero ~F è un campo conservativo ed U1 è un suo potenziale.
In realtà vorremmo un potenziale su R2 \ {00}. Osserviamo che se invece di partire integrando (a) partiamo integrando (b)
otteniamo
x y
Z Z
(b) dy =⇒ U = dy = arctan + c(x)
x2 + y2 x
y ∂U ∂ y y
=⇒ − 2 2
= = arctan + c(x) = − 2 + c0 (x)
x + y (a) ∂ x ∂x x x + y2
=⇒ c0 (x) = 0.
Chiaramente in {(x, y) ∈ R2 : x 6= 0} abbiamo che gradU2 = ~F, ovvero ~F è un campo conservativo ed U2 è un suo potenziale.
Siamo così riusciti a calcolare un altro potenziale con un dominio di definizione diverso dal precedente. Tuttavia non esiste un
potenziale definito su tutto R2 \ {00}, ovvero ~F non è conservativo in R2 \ {00}.
Concludiamo l’esempio confrontando i due potenziali
x y
U1 (x, y) = − arctan e U2 (x, y) = arctan .
y x
Osserviamo che dove sono entrambe definiti, ovvero in {(x, y) ∈ R2 : x y 6= 0}, i due potenziali coincidono a meno di una costante
additiva.
z
z = − arctan(x/y)
z = arctan(y/x)
x
π y
x/y x y < 0 : − arctan y+ 2 = arctan x
y
x y > 0 : − arctan xy − π2 = arctan
x
E SEMPIO .
Consideriamo il campo vettoriale
2 y y
~F(x, y, z) = x y − sin(z) ~e1 + x − e ~e2 + e − x cos(z) ~e3 , z 6= 0.
2 z z2
Visto che
∂ ∂ x2 ey
x y − sin(z) = x = − ,
∂y ∂x 2 z
∂ ∂ ey
x y − sin(z) = − cos(z) = 2
− x cos(z) ,
∂z ∂x z
∂ ey ey ∂ x 2 ey
− x cos(z) = = − .
∂ y z2 z2 ∂z 2 z
per il teorema della conservatività di un campo abbiamo che il campo è localmente conservativo. Dato che z 6= 0 non è sem-
plicemente connesso il teorema non ci assicura che ~F sia conservativo. Vediamo se ~F è conservativo direttamente cercando un
potenziale U. Se U è un potenziale di ~F allora deve essere
∂U = x y − sin(z)
(a)
∂x
x 2 ey
∂U
gradU = ~F ⇐⇒ (b) = −
∂y 2 z
∂U
e y
(c)
= 2 − x cos(z).
∂z z
Osserviamo che
x2 y
Z Z
(a) dx =⇒ U = x y − sin(z) dx = − x sin(z) + c1 (y, z)
2
x2 ey ∂U ∂ x2 y x2 ∂ c
1
=⇒ − = = − x sin(z) + c1 (y, z) = + (y, z)
2 z (b) ∂ y ∂y 2 2 ∂y
Z y
e ey
=⇒ c1 (y, z) = − dy = − + c2 (z)
z z
e y ∂U ∂ x2 y ey ey
=⇒ 2 − x cos(z) = = − x sin(z) − + c2 (z) = −x cos(z) + 2 + c02 (z)
z (c) ∂ z ∂z 2 z z
CAPITOLO 3. CAMPI VETTORIALI 71
=⇒ c02 (z) = 0.
E SEMPIO .
Il campo vettoriale √
y
~F(x, y) = 3 y e ~e1 + 3 ey (y + 1) arctan(x) + 3 a ~e2
a + 2 x2 2 2
è conservativo su R2 se e solo se a = 2 in quanto
3 y ey 3 ey (y + 1)
∂y =
a + 2 x2 a + 2 x2
√
3 3 3 ey (y + 1)
= ∂x ey (y + 1) arctan(x) + a = ⇐⇒ a = 2.
2 2 2(1 + x2 )
E SERCIZIO .
sin(y)
• ~e1 + cos(y) arctan(x)~e2 • sin(x)~e1 + cos(y)~e2
x2 + 1
2 +y2 2 +y2
• ex ~e1 + ex
~e2 • 2(x + 1) arctan x (x + 2) + y ~e1 + arctan x (x + 2) + y ~e2
2 2
2 2
• sin(x) + ex +y ~e1 + sin(y) + ex +y ~e2
• 2(y + 1)~e1 + arctan x + y (y + 2) ~e2
x2 + 1 x y (x2 + 3)
• x2 + 2 x + y2 ~e1 + y2 + 2y + x2 ~e2 • p ~e1 − ~e2
y2 + 1 3 (y2 + 1)3/2
E SERCIZIO .
E SERCIZIO .
Verificare per quali valori di a in R i seguenti campi vettoriali sono conservativi nel loro dominio di definizione.
ay x+2
• ln (x + 2)2 + y2 + 1 ~e1 + p arctan p ~e2
y2 + 1 y2 + 1
a x2 arcsin y2 y arcsin x3
• √ ~e1 + p ~e2
1 − x6 1 − y4
D EFINIZIONE .
D EFINIZIONE .
O SSERVAZIONE .
Nelle definizioni di divergenza e rotore il prodotto scalare ·, il prodotto vettoriale ∧ ed il determinante det sono solo operazioni
simboliche visto che ∇ = (∂x , ∂y , ∂z ) non è un vettore in R3 e
~e1 ~e2 ~e3
∂x ∂y ∂z
F1 F2 F3
non è una matrice in R3×3 . Si tratta di una convenzione di notazioni utile per ricordare la definizione di rotore. Osserviamo
inoltre che il rotore di un campo piano è perpendicolare al piano in cui “vive” il campo.
CAPITOLO 3. CAMPI VETTORIALI 73
E SEMPIO .
Per il campo vettoriale
~F(x, y, z) = (x2 + 1)~e1 + √y~e2 + 5 x z~e3
si ha
√ 1
div ~F = ∂x (x2 + 1) + ∂y y + ∂z (5 x z) = 7x + √ ,
2 y
~e1 ~e2 ~e3
rot ~F = det ∂x ∂ ∂z
2 √y
x +1 y 5xz
√ √
= ∂y (5 x z) − ∂z ( y) ~e1 − ∂x (5 x z) − ∂z (x2 + 1) ~e2 + ∂x ( y) − ∂y (x2 + 1) ~e3
= − 5 z~e2 .
E SEMPIO .
Il campo gravitazionale generato da una massa puntiforme posta nell’origine
E SEMPIO .
a/7
Per quali valori di a 6= 0 il gradiente di U(x, y, z) = x2 + y2 + z2 è solenoidale nel suo dominio di definizione?
Visto che
2a 2 a
gradU = (x + y2 + z2 ) 7 −1 (x~e1 + y~e2 + z~e3 ),
7
2a h a a a
i
∂x2U1 = − 1 (x2 + y2 + z2 ) 7 −2 2x2 + (x2 + y2 + z2 ) 7 −1
7 7
2a 2 a
h a i
= (x + y2 + z2 ) 7 −2 2 − 1 x2 + (x2 + y2 + z2 )
7 7
2a 2 a
h 2a i
= (x + y2 + z2 ) 7 −2 − 1 x 2 + y2 + z2
7 7
2a 2a a
div gradU = ∂x2U1 + ∂y2U2 + ∂z2U3 = + 1 (x2 + y2 + z2 ) 7 −1 ,
7 7
abbiamo che gradU è un campo solenoidale nel suo dominio di definizione R2 \ {00} se e solo se a = −7/2.
O SSERVAZIONE .
Vogliamo ora osservare alcune proprietà che legano gli operatori differenziali gradiente, rotore e divergenza. Si noti anzitutto
che:
CAPITOLO 3. CAMPI VETTORIALI 74
div rot ~F, rot grad u, div grad u, grad div ~F,
mentre non hanno senso, ad esempio, le scritture rot div ~F, grad rot ~F, etc.
P ROPOSIZIONE .
Osserviamo che dalla prima uguaglianza nella precedente proposizione segue che ~F = gradU ⇒ rot ~F = rot gradU = 0 , quindi
i campi conservativi sono irrotazionali.
Viceversa, per il teorema della conservatività di un campo, un campo irrotazionale è conservativo se l’insieme in cui esso è definito è un
insieme semplicemente connesso.
E SEMPIO .
Se ~F è un campo vettoriale conservativo ed U = arctan xezy è un suo potenziale allora
ez x y e2z − 2 y2 − x2 2 + y2
div ~F = div gradU = ∆U = 2 .
e2z + x2 y2
E SERCIZIO .
Dimostrare che
E SERCIZIO .
Il potenziale gravitazionale generato da una sfera omogenea di raggio R è
43 π R3 ρr se r ≥ R p
U(x, y, z) = 2
r= x2 + y2 + z2 ,
2π ρ R2 − r se r < R,
3
dove ρ > 0 è la densità (costante) della sfera. Si calcoli il campo gravitazionale ~F = gradU e si verifichi che la divergenza del
campo è nulla nei punti dello spazio privi di materia ed è costante nella regione dello spazio in cui vi è materia.
E SERCIZIO .
Il potenziale gravitazionale generato da uno strato sferico di raggio interno R1 > 0 e raggio esterno R2 è
R3 −R3
34 π ρ 2 r 1
se r > R2
2
3
U(x, y, x) = 2π ρ R22 − r3 − 34 π ρ Rr1 se R1 < r ≤ R2
2π ρ R2 − R2
se r ≤ R1 ,
2 1
dove ρ > 0 è la densità (costante) della sfera. Si calcoli il campo gravitazionale ~F = gradU e si verifichi che la divergenza del
campo è nulla nei punti dello spazio privi di materia ed è costante nella regione dello spazio in cui vi è materia.
D EFINIZIONE .
O SSERVAZIONE .
E SERCIZIO .
Dato il campo vettoriale piano ~F = x~e1 − y~e2 , verificare che è solenoidale in tutto il piano; cercare un potenziale vettore di ~F.
Suggerimento: cercare un potenziale G~ indipendente da z.
Il lavoro elementare compiuto da un campo (di forze) ~F : Rn → Rn per muovere un punto materiale di uno spostamento
infinitesimo d~s = dx~e1 + dy~e2 + dz~e3 è
dL = ~F · d~s = F1 dx + F2 dy + F3 dz.
CAPITOLO 3. CAMPI VETTORIALI 76
Il lavoro compiuto da ~F per muovere un punto materiale lungo una curva Γ parametrizzata
da r : (a, b) → Rn è l’integrale del lavoro elementare, ovvero l’integrale di linea di seconda
specie di ~F lungo Γ Γ ~F
Z Z Z b
~F · d~s = ~F r (t) ·rr 0 (t) dt.
L= dL =
Γ Γ a
O SSERVAZIONE .
Si osservi che dL = ~F · d~s = ~F ·~t ds, dove ~t è il versore tangente alla curva e ds è l’elemento di arco.
Z bh i
F1 r (t) x0 (t) + F2 r (t) y0 (t) + F3 r (t) z0 (t) dt.
L=
a
E SEMPIO .
Consideriamo il campo di velocità piano
~v = −y~e1 + x~e2 .
Calcoliamo il lavoro di ~v lungo la circonferenza Γ di raggio 1 e centro l’origine, percorsa in senso antiorario. Parametrizziamo
Γ con
r (t) = cos(t), sin(t) , t ∈ [0, 2π].
Visto che r 0 (t) = − sin(t), cos(t) , il lavoro è
Z 2π 2π
Z 2π
− sin(t) − sin(t)
Z
~v r (t) ·rr 0 (t) dt =
L= · dt = dt = 2π.
0 0 cos(t) cos(t) 0
E SEMPIO .
Consideriamo il campo di velocità piano
~v = −y~e1 + x~e2 .
Calcoliamo il lavoro di ~v lungo la circonferenza Γ di raggio 1 e centro l’origine, percorsa in senso orario. Parametrizziamo Γ
con h i
r (t) = cos(t), − sin(t) , t ∈ 0, 2π .
Visto che r 0 (t) = − sin(t), − cos(t) , il lavoro è
Z 2π 2π
Z 2π
sin(t) − sin(t)
Z
~v r (t) ·rr 0 (t) dt =
L= · dt = − dt = −2π.
0 0 cos(t) − cos(t) 0
E SEMPIO .
Consideriamo il campo di velocità piano
~v = −y~e1 + x~e2 .
Calcoliamo il lavoro di ~v lungo la spirale Γ parametrizzata da
h i
r (θ ) = θ cos(θ ), θ sin(θ ) , θ ∈ 0, 2π .
CAPITOLO 3. CAMPI VETTORIALI 77
Visto che r 0 (θ ) = cos(θ ) − θ sin(θ ), sin(θ ) + θ cos(θ ) , il lavoro è
Z 2π 2π
−θ sin(θ ) cos(θ ) − θ sin(θ )
Z
~v r (t) ·rr 0 (t) dt =
L= · dθ
0 0 θ cos(θ ) sin(θ ) + θ cos(θ )
Z 2π h θ 3 i2π 8 3
= θ 2 dθ = = π .
0 3 0 3
O SSERVAZIONE .
Evidenziamo le differenze tra gli integrali di linea di prima e seconda specie: dati una curva Γ parametrizzata da r : (a, b) → Rn ,
f : Rn → R ed ~F : Rn → Rn , sia ha
Z b
integrale di linea di prima specie di f lungo Γ f (rr (t)) krr 0 (t)k dt,
a
Z b
integrale di linea di seconda specie di ~F lungo Γ ~F r (t) ·rr 0 (t) dt.
a
Il diverso modo in cui il vettore r 0 tangente alla curva è coinvolto implica che
• l’integrale di linea di prima specie è invariante per cambiamenti di parametrizzazione della curva, anche quando la nuova
parametrizzazione ne cambia l’orientazione: il risultato cioè non cambia cambiando il verso di percorrenza della curva;
• l’integrale di linea di seconda specie è invariante per cambiamenti di parametrizzazione della curva con la stessa orientazione,
mentre cambia di segno se si cambia l’orientazione sulla curva: cambiando l’orientazione il lavoro ha segno opposto.
Il lavoro di un campo conservativo ~F = gradU in un aperto A ⊆ Rn lungo una curva Γ ⊂ A parametrizzata da r : [a, b] → A è
P2 ) −U(P
L = U(P P1 ), P 1 = r (a), P 2 = r (b).
Dal precedente teorema segue che il lavoro di un campo conservativo dipende solo dagli estremi P 1 e P 2 della curva, e non dalla
forma della medesima. Si ha quindi immediatamente che
P ROPOSIZIONE .
P1 =P
Il lavoro di un campo conservativo lungo una curva chiusa (P P2 ) è nullo.
CAPITOLO 3. CAMPI VETTORIALI 78
P ROPOSIZIONE .
Supponiamo che: P2
• la curva Γ1 ha P 1 come punto iniziale e P 2 come punto finale;
E SEMPIO .
y
Il campo conservativo ~F(x, y) = x
x2 +y2
~e1 + x2 +y e2 ha come potenziale U(x, y) = 21 ln x2 + y2 .
2~
• Il lavoro di ~F lungo una circonferenza di centro l’origine e raggio 1 percorsa in senso antiorario è nullo.
• Il lavoro di ~F lungo un qualsiasi arco di una qualsiasi circonferenza di centro l’origine è nullo perché qualsiasi punto di una
circonferenza di centro l’origine e raggio R ha lo stesso potenziale 12 ln(R2 ) = ln(R).
• Il lavoro di ~F lungo l’arco di parabola y = 1 + x2 , x ∈ (0, 2), è L = U(2, 5) −U(0, 1) = 12 ln(29) perché gli estremi dell’arco
di parabola sono P 1 = (0, 1) e P 2 = (2, 5).
E SEMPIO .
Il campo di velocità piano ~v = −y~e1 + x~e2 non è conservativo perché ∂y −y = −1 6= 1 = ∂x x e quindi non soddisfa la
condizione del teorema della conservatività di un campo. Per calcolare il suo lavoro lungo l’ellisse
r (t) = a cos(t), b sin(t) , t ∈ (0, 2π)
E SEMPIO .
Abbiamo visto in un esempio precedente che il campo di velocità piano
y x
~F(x, y) = − ~e1 + 2 ~e2 , (x, y) ∈ R2 \ {00}.
x2 + y2 x + y2
• Il lavoro del campo ~F lungo la circonferenza unitaria di centro (1, 2) e percorsa in senso antiorario è nullo perché è contenuta
nel semipiano x > 0 che è semplicemente connesso contenuto in R2 \ {00}.
• Il calcolo del lavoro del campo ~F lungo la circonferenza unitaria di centro l’origine e percorsa in senso antiorario non è
così semplice visto che non è contenuta in nessuna regione semplicemente
connessa
contenuta in R2 \ {00}. Bisogna quindi
applicare la definizione. Utilizzando la parametrizzazione r (t) = cos(t), sin(t) , t ∈ [0, 2π), si ha che
~F r (t) = −
sin(t) cos(t)
~e1 + ~e2 = − sin(t)~e1 + cos(t)~e2
cos(t)2 + sin(t)2 cos(t)2 + sin(t)2
CAPITOLO 3. CAMPI VETTORIALI 79
e quindi
Z 2π 2π
Z 2π
− sin(t) − sin(t)
Z
~F r (t) ·rr 0 (t) dt =
L= · dt = dt = 2π.
0 0 cos(t) cos(t) 0
E SEMPIO .
Sia A l’insieme di definizione del campo vettoriale
~F(x, y, z) = z ey sin(x)~e1 − z ey cos(x)~e2 − ey cos(x)~e3 .
• Si calcoli il lavoro del campo lungo la semicirconferenza che giace sul semipiano y = 0, x > 0 e ha per estremi i punti (0, 0, 0)
ed (1, 0, ln(2)).
L’insieme di definizione di ~F è A = R3 .
• Visto che A = R3 è semplicemente connesso ed ~F è irrotazionale, per il teorema della conservatività di un campo abbiamo
che ~F è conservativo in R3 . Si vede facilmente che U(x, y, z) = −z ey cos(x) è un suo potenziale.
• Visto che ~F è conservativo in R3 abbiamo che il suo lavoro lungo la semicirconferenza che giace sul semipiano z = 0, y > 0
e ha per estremi i punti (0, 0, 0) ed (1, 0, ln(2)) è
E SERCIZIO .
Calcolare il lavoro di ~F = −y~e1 + x2~e2 lungo il triangolo di vertici (0, 0), (1, 0), (0, 1) percorso in senso antiorario.
E SERCIZIO .
Sia ~F = y~e1 + x~e2 . Determinare le linee integrali del campo e disegnarne alcune. Verificare che il campo è conservativo in Rn e
calcolarne il potenziale. Determinare le linee equipotenziali e disegnarne alcune. Calcolare il lavoro lungo il segmento y = 2 x,
x ∈ (−1, 3).
E SERCIZIO .
Stabilire se il campo ~F = yz ~e1 + xz ~e2 − xz2y ~e3 è conservativo nel semispazio z > 0, determinando in caso affermativo un potenziale.
Il campo è solenoidale nel semispazio z > 0?
E SERCIZIO .
E SERCIZIO .
Sia A l’insieme di definizione del campo vettoriale
~F = ey ~e1 + x ey + z cos(y z) ~e2 + y cos(y z)~e3 .
~F è conservativo se ω è esatta se
∃U t.c. ~F = gradU. ∃ f t.c. ω = d f = fx dx + fy dy + fz dz.
~F è irrotazionale se ω è chiusa se
rot ~F = 0 . rot ~F = 0 .
t=2
2t 6 t 4
Z Z 2 Z 2
~F · d~s = 2 0 5 3
L= x(t) x (t) + x(t) y(t) dt = 2t + t dt = + = 0.
Γ −2 −2 6 4 t=−2
E SERCIZIO .
Si calcoli il lavoro del campo piano
~F(x, y) = (x2 + y2 )~e1 + (x2 + y2 )~e2
lungo l’arco Γ della circonferenza unitaria di centro l’origine contenuta nel secondo e terzo quadrante, percorsa in senso
antiorario.
Parametrizzando Γ con r (t) = cos(t), sin(t) , t ∈ [π/2, 3π/2], otteniamo
Z Z 3π/2
~F · d~s = x(t)2 + y(t)2 x0 (t) + x(t)2 + y(t)2 y0 (t) dt
L=
Γ π/2
Z 3π/2
cos(t)2 + sin(t)2 − sin(t) + cos(t)2 + sin(t)2 cos(t) dt
=
π/2
h it=3π/2
= cos(t) + sin(t) = −2.
t=π/2
E SERCIZIO .
Si calcoli il lavoro del campo piano
~F(x, y) = y x
~e1 − 2 ~e2
x2 + y2 x + y2
√
lungo l’arco Γ della circonferenza di centro l’origine e di estremi (2, 0) e ( 3, 1), percorsa in senso antiorario.
Parametrizzando Γ con r (t) = 2 cos(t), 2 sin(t) , t ∈ [0, π/6], otteniamo
y(t) x(t)
Z Z π/6
~F · d~s = 0 0
L= x (t) − y (t) dt
Γ 0 x(t)2 + y(t)2 x(t)2 + y(t)2
2 sin(t) 2 cos(t)
Z π/6
= −2 sin(t) − 2 cos(t) dt
0 4 4
Z π/6
π
=− dt = − .
0 6
Un altro modo per risolvere l’esercizio è quello di notare che nei semipiani ±x > 0 il campo vettoriale ~F ha come potenziale U(x, y) =
− arctan(y/x) e quindi per il teorema del lavoro di un campo conservativo
2 sin(π/6) 2 sin(0)
L = U 2 −U 1 = U (π/6) −U (0) = − arctan
P P r r + arctan
2 cos(π/6) 2 cos(0)
π π
= − arctan tan + arctan tan(0) = − .
6 6
CAPITOLO 3. CAMPI VETTORIALI 82
sin(y)
~e1 + cos(y) arctan(x)~e2
x2 + 1
E SERCIZIO .
sin(x)~e1 + cos(y)~e2
E SERCIZIO .
Siccome 2 2 2 2
2 2 2 2
∂y ex +y = 2 y ex +y 6= ∂x ex +y = 2 x ex +y ,
per il teorema della conservatività di un campo abbiamo che il campo non è conservativo. indietro
E SERCIZIO .
per il teorema della conservatività di un campo abbiamo che il campo è conservativo. indietro
CAPITOLO 3. CAMPI VETTORIALI 83
E SERCIZIO .
Siccome
1
∂y 2(y + 1) = 2 = 2 = ∂x arctan x + y (y + 2)
1 + x + y (y + 2)
per il teorema della conservatività di un campo abbiamo che il campo non è conservativo. indietro
E SERCIZIO .
Siccome
2 2 2 2 2 2 2 2
∂y sin(x) + ex +y = 2 y ex +y 6= 2 x ex +y = ∂x sin(y) + ex +y
per il teorema della conservatività di un campo abbiamo che il campo non è conservativo. indietro
E SERCIZIO .
Siccome
∂y x2 + 2 x + y2 = 2 y 6= 2 x = ∂x y2 + 2y + x2
per il teorema della conservatività di un campo abbiamo che il campo non è conservativo. indietro
E SERCIZIO .
per il teorema della conservatività di un campo abbiamo che il campo è conservativo su R2 se e solo se a = 2. indietro
CAPITOLO 3. CAMPI VETTORIALI 84
E SERCIZIO .
Indicare per quali valori di a ∈ R il seguente campo vettoriale è conservativo nel suo dominio di definizione.
a x2 arcsin y2 y arcsin x3
~F(x, y) = √ ~e1 + p ~e2
1 − x6 1 − y4
Il dominio di definizione di ~F è il quadrato Q = (−1, 1) × (−1, 1). Visto che Q è semplicemente connesso e
2 a x2 y
∂y F1 (x, y) = √ p ,
1 − x6 1 − y4
3 x2 y
∂x F2 (x, y) = √ p
1 − x6 1 − y4
per il teorema della conservatività di un campo abbiamo che il campo è conservativo su R2 se e solo se a = 3/2. indietro
Capitolo 4
Funzioni f : Rn → Rm
In questo capitolo consideriamo funzioni di più variabili ed avalori vettoriali ~f : Rn → Rm . Il loro studio è analogo a quello fatto per le
funzioni f : Rn → R in quanto ciascuna componente di ~f = f1 , . . . , fm è una funzione fi : Rn → R.
4.1 Esempi
Le funzioni di più variabili a valori vettoriali ~f : Rn → Rm che andiamo a considerare sono solo di due tipi:
~r : A ⊆ R2 → R3
(t, u) 7 → ~r(t, u) = x(t, u), y(t, u), z(t, u)
E SEMPIO .
E SEMPIO .
Per n = 2 il cambio di coordinate polari nel piano è dato dalla funzione y
f: A →R 2 (x, y)
ρ sin(θ ) •
−ρ cos(θ )
dove A = [0, +∞) × [0, 2 π). θ
x
ρ cos(θ )
−ρ
• −ρ sin(θ )
(−x, −y)
85
CAPITOLO 4. FUNZIONI F : RN → RM 86
E SERCIZIO .
Rappresentare in coordinate polari e cartesiane lo “spicchio” del cerchio di raggio unitario definito in coordinate polari da
{(ρ, θ ) ∈ [0, +∞) × [0, 2π) : ρ < 1, π/4 < θ < π/2}.
y
θ θ
π/2
π/4 x
ρ
1
E SEMPIO .
E SEMPIO .
sferiche→cartesiane:
partire dal polo (0, 0, ρ0 )
spostarsi alla latitudine ϕ0
spostarsi alla longitudine θ0
cartesiane→sferiche:
calcolare ρ0 = kP0 k
calcolare ϕ0
calcolare θ0
CAPITOLO 4. FUNZIONI F : RN → RM 87
E SERCIZIO .
Rappresentare in coordinate polari e cartesiane l’intersezione del settore circolare {(ρ, θ ) ∈ [0, +∞) × [0, 2π) : ρ ≤ 2, 0 ≤ θ ≤
π/2}, con la corona circolare concentrica {(ρ, θ ) ∈ [0, +∞) × [0, 2π) : 1 ≤ ρ ≤ 3}, ovvero {1 ≤ ρ ≤ 2, 0 ≤ θ ≤ π/2}.
E SERCIZIO .
Rappresentare in coordinate polari e cartesiane {(ρ, θ ) ∈ [0, +∞) × [0, 2π) : 1 < ρ < 2, 0 < θ < π/2}.
E SERCIZIO .
Rappresentare in coordinate sferiche e cilindriche un cilindro pieno di raggio 2 ed altezza 3.
E SERCIZIO .
Rappresentare in coordinate sferiche e cartesiane {(ρ, ϕ, θ ) ∈ [0, +∞) × [0, π] × [0, 2π) : 2 ≤ ρ ≤ 3, 0 ≤ θ ≤ π, 0 ≤ ϕ ≤ π/2}.
Una superficie parametrizzata da~r : R2 → R3 si dice regolare in A ⊆ R2 se~r è differenziabile in A e la matrice jacobiana di~r
∂t r1 (t, u) ∂u r1 (t, u)
J~r (t, u) = ∂t r2 (t, u) ∂u r2 (t, u)
∂t r3 (t, u) ∂u r3 (t, u)
ha rango (o caratteristica) due (cioè massimo) in A. Se le condizioni sono soddisfatte con l’eccezione di qualche punto isolato,
questi punti si dicono punti singolari della superficie parametrizzata.
O SSERVAZIONE .
Per definizione, una superficie parametrizzata da ~r : R2 → R3 è regolare se e solo se vale una delle seguenti condizioni
equivalenti:
E SEMPIO .
La sfera di raggio R e centro l’origine è parametrizzata da
~r(ϕ, θ ) = R sin(ϕ) cos(θ ), R sin(ϕ) sin(θ ), R cos(ϕ) , (ϕ, θ ) ∈ [0, π] × [0, 2 π).
In (0, π) × [0, 2 π) la matrice jacobiana
R cos(ϕ) cos(θ ) −R sin(ϕ) sin(θ )
J~r (ϕ, θ ) = R cos(ϕ) sin(θ ) R sin(ϕ) cos(θ )
−R sin(ϕ) 0
ha rango due perché almeno uno dei tre determinanti delle sue sottomatrici 2 × 2
R cos(ϕ) cos(θ ) −R sin(ϕ) sin(θ )
d1 = det = R2 sin(ϕ) cos(ϕ),
R cos(ϕ) sin(θ ) R sin(ϕ) cos(θ )
CAPITOLO 4. FUNZIONI F : RN → RM 88
R cos(ϕ) cos(θ ) −R sin(ϕ) sin(θ )
d2 = det = −R2 sin(ϕ)2 sin(θ ),
−R sin(ϕ) 0
R cos(ϕ) sin(θ ) R sin(ϕ) cos(θ )
d3 = det = R2 sin(ϕ)2 cos(θ )
−R sin(ϕ) 0
Invece per ogni (ϕ, θ ) ∈ {0, π} × [0, 2 π) tutti e tre i determinanti si annullano. Dunque i poli PN =~r(0, θ ) = (0, 0, R) e PN =
~r(π, θ ) = (0, 0, −R) sono dei punti singolari.
In realtà, i poli PN e PS non sono punti tanto diversi dagli altri punti della sfera: semplicemente essi risultano singolari rispetto
alla parametrizzazione scelta. Se consideriamo infatti una parametrizzazione diversa, i poli potrebbero non essere singolari. Si
dimostra però che non esiste una parametrizzazione della sfera per la quale tutti i punti sono regolari.
un suo punto. Se P0 =~r(t0 , u0 ) è un punto regolare, allora J~r (P P0 ) ha rango due, ovvero ~rt (P
P0 ) ed ~ru (P
P0 ) non sono paralleli. Poiché
P P P P
inoltre~rt (P 0 ) ed~ru (P 0 ) sono tangenti ad S in 0 , il piano tangente ad S in 0 è il piano ortogonale al vettore
P0 ) ∧~ru (P
~rt (P P0 )
P0 ) = det ∂t r1 (P P0 )
∂t r2 (P P0 )
∂t r3 (P
P0 ) ∂u r2 (P
∂u r1 (P P0 ) ∂u r3 (P
P0 ) ~rt
P0 ) ∧~ru (P
Chiaramente~rt (P P0 ) è ortogonale sia ad S che al suo piano tangente. A
volte conviene considerare il versore ortogonale S
P0 ) ∧~ru (P
~rt (P P0 )
P0 ) =
~n(P .
k~rt (P
P0 ) ∧~ru (P
P0 )k
Ricordiamo che k~rt (P
P0 ) ∧~ru (P
P0 )k è l’area del parallelogramma individuato dai vettori~rt (P
P0 ) ed~ru (P
P0 ). L’elemento di area infinitesimo
2 3 ∗
su una superficie parametrizzata da~r : R → R è
dS =
~rt (t, u) ∧~ru (t, u)
dt du.
E SEMPIO .
Abbiamo visto nell’esempio precedente che la sfera parametrizzata da
~r(ϕ, θ ) = R sin(ϕ) cos(θ ), R sin(ϕ) sin(θ ), R cos(ϕ) , (ϕ, θ ) ∈ [0, π] × [0, 2π)
è una superficie regolare ad eccezione dei poli PN =~r(0, θ ) = (0, 0, R) e PS =~r(π, θ ) = (0, 0, −R). I vettori tangenti
~rϕ (ϕ, θ ) = R cos(ϕ) cos(θ ), R cos(ϕ) sin(θ ), −R sin(ϕ) ,
~rθ (ϕ, θ ) = −R sin(ϕ) sin(θ ), R sin(ϕ) cos(θ ), 0 ,
non sono pertanto paralleli per ogni ϕ ∈ (0, π). Se (ϕ0 , θ0 ) ∈ (0, π) × [0, 2π), allora
il vettore ortogonale alla sfera in P 0 =~r(ϕ0 , θ0 ) è
P0 ) ∧~ru (P
~rt (P P0 ) = det R cos(ϕ0 ) cos(θ0 ) R cos(ϕ0 ) sin(θ0 ) −R sin(ϕ0 )
P −P
(P P0 ) ·~n(P
P0 ) = 0
x − R sin(ϕ0 ) cos(θ0 ) sin(ϕ0 ) cos(θ0 )
⇐⇒ y − R sin(ϕ0 ) sin(θ0 ) · sin(ϕ0 ) sin(θ0 ) = 0
z − R cos(ϕ0 ) cos(ϕ0 )
⇐⇒ sin(ϕ0 ) cos(θ0 ) x + sin(ϕ0 ) sin(θ0 ) y + cos(ϕ0 ) z
− R sin(ϕ0 )2 cos(θ0 )2 + sin(ϕ0 )2 sin(θ0 )2 + cos(ϕ0 )2 = 0
Possiamo riscrivere l’equazione del piano tangente in maniera più compatta molti-
plicandola per R ed utilizzando il fatto che P 0 = (x0 , y0 , z0 ) =~r(ϕ0 , θ0 ); infatti così
P0
facendo otteniamo
P
sin(ϕ0 ) cos(θ0 ) x + sin(ϕ0 ) sin(θ0 ) y + cos(ϕ0 ) z − R = 0
⇐⇒ R sin(ϕ0 ) cos(θ0 ) x + R sin(ϕ0 ) sin(θ0 ) y + R cos(ϕ0 ) z − R2 = 0
⇐⇒ x0 x + y0 y + z0 z = R2 0
⇐⇒ ~P0 · ~P = R2 .
E SERCIZIO .
Calcolare la matrice jacobiana di un ellissoide parametrizzato da
h π π
~r(ϕ, θ ) = a cos(ϕ) cos(θ ), b cos(ϕ) sin(θ ), c sin(ϕ) , (ϕ, θ ) ∈ − , × [−π, π].
2 2
Verificare che i poli sono i suoi unici punti singolari; scrivere il versore ortogonale, il suo elemento di area ed il piano tangente
alla superficie. soluzione
Una superficie, oltre ad essere data direttamente con una sua parametrizzazione~r, potrebbe essere data come grafico di una funzione
oppure ottenuta dalla rotazione di una curva. Nelle seguenti due osservazioni consideriamo separatamente questi due casi speciali.∗
∗ Lo scopo di tali osservazioni non è quello di dare ulteriori formule da memorizzare ma piuttosto quello di fornire l’approccio da utilizzare in questi due casi speciali.
CAPITOLO 4. FUNZIONI F : RN → RM 90
O SSERVAZIONE .
~rx (x0 , y0 ) ∧~ry (x0 , y0 ) = det 1 0 fx (x0 , y0 ) = − fx (x0 , y0 )~e1 − fy (x0 , y0 )~e2 +~e3 .
0 1 fy (x0 , y0 )
P −P
(P P0 ) ·~rx (x0 , y0 ) ∧~ry (x0 , y0 ) = 0
x − x0 − fx (x0 , y0 )
x − x0
⇐⇒ y − y0 · − fy (x0 , y0 ) = 0 ⇐⇒
· grad f (x0 , y0 ) − z + z0 = 0
y − y0
z − z0 1
⇐⇒ fx (x0 , y0 ) x + fy (x0 , y0 ) y − z − x0 fx (x0 , y0 ) − y0 fy (x0 , y0 ) + f (x0 , y0 ) = 0.
E SEMPIO .
Il vettore ed il versore ortogonali al paraboloide ellittico z = x2 + y2 in un suo punto generico P 0 = (x0 , y0 , x02 + y20 ) sono
0 1 2 y0
−2 x0 ~e1 − 2 y0 ~e2 + ~e3
~n(x0 , y0 ) = q .
1 + 4(x02 + y20 )
E SEMPIO .
Se vogliamo calcolare il pano tangente al paraboloide iperbolico z = x y senza dover passare per il calcolo del vettore ortogonale
basta procedre come segue: posto~r(x, y) = (x, y, x y) l’equazione del piano tangente in P 0 = (x0 , y0 , x0 y0 ) è
P −P P0 x − x0 y − y0 z − x0 y0
P −PP0 · ~rx (P
P0 ) ∧~ry (P P0 ) = det 1
P0 ) = det ~rx (P 0 y0 = 0
P0 )
~ry (P 0 1 x0
⇐⇒ − y0 (x − x0 ) − x0 (y − y0 ) + (z − x0 y0 ) = 0 ⇐⇒ y0 x + x0 y + z − x0 y0 = 0.
CAPITOLO 4. FUNZIONI F : RN → RM 91
E SERCIZIO .
Scrivere la matrice jacobiana, il versore normale ed il piano tangente per la superficie grafico di f (x, y) = x2 y3 .
O SSERVAZIONE .
La superficie di rotazione S ottenuta ruotando una curva Γ asse- Γ
gnata sul piano {y = 0} e parametrizzata da x(t), 0, z(t) , t ∈ I, z
intorno all’asse z ha per equazioni
~r(t, θ ) = x(t) cos(θ ), x(t) sin(θ ), z(t) , (t, θ ) ∈ A = I × [0, 2 π).
x(t0 ), 0, z(t0 )
θ0 x
Facendo infatti ruotare intorno all’asse z un punto x(t0 ), 0, z(t0 )
di Γ si ottiene la circonferenza x(t0 ) cos(θ0 ), x(t0 ) sin(θ0 ), z(t0 )
y
x(t0 ) cos(θ ), x(t0 ) sin(θ ), z(t0 ) , θ ∈ [0, 2 π).
Il vettore ortogonale ad S in P 0 =~r(t0 , θ0 ) è
~rt (t0 , θ0 ) ∧~rθ (t0 , θ0 ) = det x0 (t0 ) cos(θ0 ) x0 (t0 ) sin(θ0 ) z0 (t0 )
E SEMPIO .
Ruotando attorno all’asse z la semicirconferenza di raggio R e centrata nell’origine ottengo la sfera di raggio R e centrata
nell’origine. Infatti la semicirconferenza possiamo parametrizzarla con
R sin(ϕ), 0, R cos(ϕ) , ϕ ∈ [0, π],
la cui rotazione mi da
~r(ϕ, θ ) = R sin(ϕ) cos(θ ), R sin(ϕ) sin(θ ), R cos(ϕ) , (ϕ, θ ) ∈ [0, π] × [0, 2 π).
z
ϕ
R cos(ϕ)
R
R sin(ϕ) x
E SEMPIO .
Ruotando attorno all’asse z la circonferenza di raggio r e centro (R, 0) con R > r ottengo il toro. Infatti la circonferenza possiamo
parametrizzarla con
R + r cos(ϕ), 0, r sin(ϕ) , ϕ ∈ [0, 2 π),
e facendola ruotare attorno all’asse z otteniamo
~r(t, θ ) = (R + r cos(ϕ)) cos(θ ), (R + r cos(ϕ)) sin(θ ), r sin(ϕ) , (ϕ, θ ) ∈ A
CAPITOLO 4. FUNZIONI F : RN → RM 92
z
r ϕ
r sin(ϕ)
−r Γ
E SEMPIO .
Ruotando attorno all’asse z la retta (x, 0, mx), x ∈ R, con m 6= 0 ottengo il cono a due falde
~r(t, θ ) = t cos(θ ),t sin(θ ), mt , (t, θ ) ∈ R × [0, 2 π).
Ruotando attorno all’asse z la retta (r, 0,t), t ∈ R, con r > 0 ottengo il cilindro
~r(t, θ ) = r cos(θ ), r sin(θ ),t , t ∈ R, θ ∈ [0, 2 π).
Ruotando attorno all’asse z una semiellisse a sin(ϕ), 0, b cos(ϕ) , ϕ ∈ [0, π), con a, b > 0 ottengo l’ellissoide di rotazione
~r(ϕ, θ ) = a sin(ϕ) cos(θ ), a sin(ϕ) sin(θ ), b cos(ϕ) , (ϕ, θ ) ∈ [0, π) × [0, 2 π).
E SERCIZIO .
Calcolare la matrice jacobiana, il versore normale, l’elemento d’area infinitesimo ed individuare eventuali punti signolari della
sfera, del toro, del cono a due falde, del cilindro e dell’ellissoide di rotazione.
E SERCIZIO .
Scrivere la rappresentazione parametrica delle seguenti porzioni di superfici:
a) La superficie laterale di un cilindro di raggio r ed altezza h.
b) La porzione di superficie sferica di raggio 4 compresa tra un piano equatoriale ed un piano parallelo a questo posto a distanza
2.
c) La superficie laterale di un cono di altezza h e raggio di base r.
CAPITOLO 4. FUNZIONI F : RN → RM 93
d) La superficie laterale di un tronco di cono avente il raggio della base maggiore 2, il raggio della base minore l, le basi poste
a distanza 1.
E SERCIZIO .
Scrivere le equazioni parametriche della superficie ottenuta facendo ruotare attorno all’asse z la curva x = exp(−|z|), z ∈ R,
posta nel piano {y = 0}. Scriverne la matrice jacobiana e determinare gli eventuali punti singolari. Fare poi lo stesso per la curva
z = exp(−|x|), x ∈ R.
E SERCIZIO .
Scrivere le equazioni parametriche della superficie ottenuta facendo ruotare attorno all’asse z la curva x = z(1 − z), z ∈ [0, 1],
posta nel piano {y = 0}. Scriverne la matrice jacobiana e determinare gli eventuali punti singolari.
E SERCIZIO .
Scrivere le equazioni parametriche della superficie che si ottiene facendo ruotare attorno all’asse y la curva grafico della funzione
y = exp(−x2 ), x ∈ [0, 2]. Calcolarne poi la matrice jacobiana, determinando gli eventuali punti singolari.
E SERCIZIO .
Nel piano xz si consideri l’arco di curva parametrizzato da~r(t) = t(1 + t), sin(πt) , t ∈ [0, 1]. Si scrivano le equazioni parame-
triche della superficie generata dalla rotazione della curva attorno all’asse z. Si scriva la matrice jacobiana della superficie e s i
dica se questa è regolare, specificando in caso contrario quali e quanti sono i suoi punti singolari.
E SERCIZIO .
Scrivere la matrice jacobiana per la superficie
~r(t) = sin(ϕ)2 cos(θ ), sin(ϕ)2 sin(θ ), cos(ϕ)2 , ϕ ∈ [0, π], θ ∈ [0, 2 π].
Una trasformazione di coordinate ~f : Rn → Rn è regolare in un aperto A se ~f è di classe C1 in A e det J~f (xx) 6= 0 ∀xx ∈ A. Se tali
condizioni sono soddisfatte con l’eccezione di qualche punto isolato, questi punti si dicono punti singolari della trasformazione.
Sia ~f : Rn → Rn una trasformazione di coordinate di classe C1 . Se x 0 è tale che det J~f (xx0 ) 6= 0, allora esiste un intorno U di x 0
ed un intorno V di ~f (xx0 ) tali che ~f : U → V è biunivoca, inoltre la sua inversa ~f −1 : V → U è anch’essa di classe C1 .
Dal precedente teorema segue che una trasformazione di coordinate regolare è localmente invertibile.
CAPITOLO 4. FUNZIONI F : RN → RM 94
E SEMPIO .
Ad una matrice A ∈ Rn×n si può associare la trasformazione di coordinate lineare ~f : Rn → Rn data da ~f (xx) = A xx. Poiché
A 6= 0. Dunque ~f
J~f (xx) = A ∀xx ∈ Rn , le ipotesi del teorema di locale invertibilità coincidono con l’invertibilità di A , ovvero detA
è localmente invertibile se e solo se lo è globalmente.
E SEMPIO .
Il cambio di coordinate polari nel piano
~f (ρ, θ ) = ρ cos(θ ), ρ sin(θ ) , (ρ, θ ) ∈ A = [0, +∞) × [0, 2 π)
E SEMPIO .
In effetti ~f non è iniettiva lungo l’asse z, in quanto ~f (0, θ ,t) = 0 per ogni (θ ,t) ∈ [0, 2 π) × R.
E SEMPIO .
è una trasformazione regolare ad eccezione di ρ = 0 e di ϕ ∈ {0, π}, ovvero dell’origine e dei due semiassi z, perché
sin(ϕ) cos(θ ) ρ cos(ϕ) cos(θ ) −ρ sin(ϕ) sin(θ )
det J~f (xx) = det sin(ϕ) sin(θ ) ρ cos(ϕ) sin(θ ) ρ sin(ϕ) cos(θ ) = ρ 2 sin(ϕ).
cos(ϕ) −ρ sin(ϕ) 0
In effetti ~f non è biunivoca nell’origine e lungo l’asse z, in quanto ~f (0, ϕ, θ ) = 0 ed ~f (ρ, 0, θ ) = ~f (ρ, π, θ ) ∀(ρ, ϕ, θ ) ∈ A.
E SEMPIO .
Consideriamo la trasformazione di coordinate
x = u v, y = u2 − v2 .
In questo caso
~f (u, v) = (u v, u2 − v2 ) =⇒ J~ (u, v) = v u
=⇒ det J~f (u, v) = −2(u2 + v2 ).
f 2u −2v
Poiché det J~f (u, v) = 0 ⇐⇒ (u, v) = (0, 0), abbiamo che solo l’origine è un punto singolare del cambio di coordinate. Per
il teorema di locale invertibilità abbiamo che ~f è localmente invertibile in R2 \ {(0, 0)}. Osserviamo in effetti che ~f non è
(globalmente) invertibile in R2 in quanto
~f (u, v) = ~f (−u, −v).
Abbiamo però che per ogni (u0 , v0 ) ∈ R2 \ {(0, 0)} la restrizione ~f : Bε (u0 , v0 ) → ~f Bε (u0 , v0 ) è invertibile per ε > 0 sufficien-
temente piccolo (basta prendere ε < k(u0 , v0 )k in modo che l’origine non appartenga alla palla Bε (u0 , v0 )). Al contrario ∀ε > 0
la restrizione ~f : Bε (u0 , v0 ) → ~f Bε (u0 , v0 ) non è invertibile. Infine, l’elemento d’area dx dy nelle coordinate u e v è
dx dy = 2(u2 + v2 ) du dv.
E SERCIZIO .
Si consideri la trasformazione di coordinate lineare affine nel piano:
x = a u + b v + c, y = d u+ev+ f
con a, b, c, d, e, f costanti. Scrivere sotto quali condizioni sui coefficienti la trasformazione è regolare. Scrivere l’elemento
d’area dx dy rispetto alle nuove variabili u e v.
~f : Rn → Rn
u 7 → ~f (uu) = v,
∂h n
∂ g ~ ∂ f j ∂ ~f
(uu) = ∑ ∂vj f (uu) (uu) = (uu) · gradv g ~f (uu) .
∂ ui j=1 ∂ ui ∂ ui
∂ n
∂ fj ∂ ∂ ~f
= ∑ ∂ ui = · gradv , i = 1, 2, . . . , n.
∂ ui j=1 ∂vj ∂ ui
CAPITOLO 4. FUNZIONI F : RN → RM 96
E SEMPIO .
Sia c > 0 e consideriamo l’equazione della corda vibrante
utt − c2 uxx = 0.
abbiamo
0 = utt − c2 uxx = −4c2 vαβ ⇐⇒ vαβ = 0.
La soluzione generale dell’ultima equazione alle derivate parziali è v(α, β ) = f (α) + g(β ) dove f e g sono funzioni arbitrarie.
Tornando alle variabili (x, y) abbiamo che
E SERCIZIO .
Dedurre l’espressione dell’operatore Laplaciano ∆ in coordinate cilindriche e verificare che in coordinate polari diventa
fρρ + ρ −2 fθ θ + ρ −1 fρ .
Verificare che i poli sono i suoi unici punti singolari; scrivere il versore ortogonale, il suo elemento di area ed il piano tangente
alla superficie.
Cerchiamo i punti singolari. I determinanti delle tre sottomatrici 2 × 2 della matrice jacobiana
−a sin(ϕ) cos(θ ) −a cos(ϕ) sin(θ )
J~r (ϕ, θ ) = −b sin(ϕ) sin(θ ) b cos(ϕ) cos(θ )
c cos(ϕ) 0
sono
−a sin(ϕ) cos(θ ) −a cos(ϕ) sin(θ )
det = −a b sin(ϕ) cos(ϕ),
−b sin(ϕ) sin(θ ) b cos(ϕ) cos(θ )
CAPITOLO 4. FUNZIONI F : RN → RM 97
−a sin(ϕ) cos(θ ) −a cos(ϕ) sin(θ )
det = a c cos(ϕ)2 sin(θ ),
c cos(ϕ) 0
−b sin(ϕ) sin(θ ) b cos(ϕ) cos(θ )
det = −b c cos(ϕ)2 cos(θ ).
c cos(ϕ) 0
Un punto P = ~r(ϕ, θ ) è singolare rispetto alla parametrizzazione se J~r (ϕ, θ ) non ha rango massimo, ossia i tre determinanti sono
contemporaneamente nulli
sin(ϕ) cos(ϕ) = 0,
cos(ϕ)2 sin(θ ) = 0,
cos(ϕ)2 cos(θ ) = 0.
È evidente che il sistema è soddisfatto se cos(ϕ) = 0, cioè ϕ = ±π/2. Di sicuro quindi i poli PN = ~r(π/2, θ ) = (0, 0, c) e PS =
~r(−π/2, θ ) = (0, 0, −c) sono singolari rispetto a tale parametrizzazione. Dimostriamo che non ce ne sono altri: se cos(ϕ) 6= 0, allora
dalle ultime due equazioni del sistema dovrei avere sin(θ ) = 0 = cos(θ ), cosa che non può mai accadere (basti pensare che sin(θ )2 +
cos(θ )2 = 1 ∀θ ), ossia il sistema non ha altre soluzioni e quindi non ci sono altri punti singolari.
Un vettore ortogonale in un punto non singolare può essere trovato con il prodotto vettoriale
~e1 ~e2 ~e3
~rϕ (ϕ, θ ) ∧~rθ (ϕ, θ ) = det −a sin(ϕ) cos(θ ) −b sin(ϕ) sin(θ ) c cos(ϕ)
−a cos(ϕ) sin(θ ) b cos(ϕ) cos(θ ) 0
= −b c cos(ϕ)2 cos(θ ) ~e1 − a c cos(ϕ)2 sin(θ ) ~e2 + −a b sin(ϕ) cos(ϕ) ~e3 .
Osserviamo che
q
~rϕ (ϕ, θ ) ∧~rθ (ϕ, θ )
= cos(ϕ) b2 c2 cos(ϕ)2 cos(θ )2 + a2 c2 cos(ϕ)2 sin(θ )2 + a2 b2 sin(ϕ)2
−b c cos(ϕ0 )2 cos(θ0 )
x − x0 x − x0 b c cos(ϕ0 ) cos(θ0 )
P − P0 · ~rϕ (ϕ0 , θ0 ) ∧~rθ (ϕ0 , θ0 ) = 0 ⇐⇒ y − y0 · −a c cos(ϕ0 )2 sin(θ0 ) = 0 ⇐⇒ y − y0 · a c cos(ϕ0 ) sin(θ0 ) = 0.
dove nell’ultimo passaggio abbiamo utilizzato il fatto che l’ellissoide è dato implicitamente dall’equazione
x2 y2 z2
+ + = 1.
a2 b2 c2
In effetti, dato che l’ellissoide è dato in forma implicita da f (x, y, z) = 1 con
x2 y2 z2
f (x, y, z) = + + ,
a2 b2 c2
un suo vettore ortogonale è dato dal gradiente
2x/a2
D EFINIZIONE .
dove
• f è la funzione integranda;
• l’integrale a destra è un integrale doppio in un dominio del piano.
Se f : S → R è direttamente nella forma f (t, u), allora
ZZ ZZ
f dS = f (t, u) k~rt (t, u) ∧~ru (t, u)k dt du.
S A
E SEMPIO .
La massa totale di una superficie materiale (non piana) è l’integrale sulla superficie della funzione densità superficiale di massa.
E SEMPIO .
La carica elettrica totale su una superficie metallica è l’integrale sulla superficie della funzione densità superficiale di carica.
E SEMPIO .
L’integrale della funzione costante 1 sulla superficie è l’area della superficie stessa.
99
CAPITOLO 5. CALCOLO INTEGRALE PER FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI 100
E SEMPIO .
L’area della superficie del toro S è il prodotto delle lunghezze di due circonferenze di raggio r ed R: |S| = (2 π r) (2 π R). Presa
infatti la parametrizzazione del toro
~r(ϕ, θ ) = R + r cos(ϕ) cos(θ ), R + r cos(ϕ) sin(θ ), r sin(ϕ) , (ϕ, θ ) ∈ [0, 2 π) × [0, 2 π),
risulta
~e1 ~e2 ~e3
~rϕ (ϕ, θ ) ∧~rθ (ϕ, θ )
=
det xϕ (ϕ, θ ) yϕ (ϕ, θ ) zϕ (ϕ, θ )
xθ (ϕ, θ ) yθ (ϕ, θ ) zθ (ϕ, θ )
~e1 ~e2 ~e3
=
det −r sin(ϕ) cos(θ ) −r sin(ϕ) sin(θ ) r cos(ϕ)
− R + r cos(ϕ) sin(θ ) R + r cos(ϕ) cos(θ ) 0
~e1 ~e2 ~e3
= r R + r cos(ϕ)
det sin(ϕ) cos(θ ) sin(ϕ) sin(θ ) − cos(ϕ)
− sin(θ ) cos(θ ) 0
= r R + r cos(ϕ)
cos(ϕ) cos(θ ), cos(ϕ) sin(θ ), sin(ϕ)
= r R + r cos(ϕ) .
E SEMPIO .
Sia S la semisfera superiore di raggio 2 e centro l’origine. Calcoliamo l’integrale di superficie
ZZ
I= x2 z dS.
S
O SSERVAZIONE .
e l’integrale di superficie di F : R3 → R su S è
ZZ ZZ q
F dS = F x, y, f (x, y) 1 + k grad f (x, y)k2 dx dy.
S A
E SEMPIO .
L’integrale
p dell’esempio precedente può essere calcolato come segue: la semisfera superiore ha equazione cartesiana z =
4 − (x2 + y2 ), quindi l’elemento d’area è
x y
grad f (x, y) = − p ,−p
4 − (x2 + y2 ) 4 − (x2 + y2 )
s
x 2 + y2 2
=⇒ dS = 1 + 2 2
dx dy = p dx dy
4 − (x + y ) 4 − (x2 + y2 )
e l’integrale di superficie è
2
Z ZZ q
x2 z dS = x2 4 − (x2 + y2 ) p dx dy
S x2 +y2 <4 4 − (x2 + y2 )
ZZ hZ 2 π ihZ 2 i
=2 x2 dx dy = 2 cos(θ )2 dθ ρ 3 dρ = 8 π.
x2 +y2 <4 0 0
E SEMPIO .
Calcoliamo l’area della porzione S del paraboloide z = x2 + y2 per x2 + y2 < r2 . In questo caso
q q
dS = 1 + k grad(x2 + y2 )k2 dx dy = 1 + 4 (x2 + y2 ) dx dy
π 3/2
= 1 + 4 r2 −1 .
6
E SEMPIO .
Sia S la porzione del grafico della funzione f (x, y) = x2 − y2 per (x, y) ∈ T = {(x, y) ∈ R2 : x2 + 4 y2 ≤ 4} e calcoliamo l’integrale
di superficie
x2 − z
ZZ
p dS = (∗).
S 1 + 4(x2 + y2 )
p p
In questo caso dS = 1 + k grad f (x, y)k2 dx dy = 4x2 + 4 y2 + 1 dx dy e quindi
Z 1 Z 2√1−y2
x2 − f (x, y) p 2
(∗) = √ p 4x + 4 y2 + 1 dx dy
−1 −2 1−y2 1 + 4(x2 + y2 )
CAPITOLO 5. CALCOLO INTEGRALE PER FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI 102
Z 1 Z 2√1−y2 Z 1 p Z 1 p
2 2
= √ y dx dy = 4 y 1 − y2 dy =8 y2 1 − y2 dy
−1 −2 1−y2 −1 0
Z π/2 Z π/2
y = sin(θ )
= =8 sin(θ )2 cos(θ )2 dθ = 2 sin(2θ )2 dθ
dy = cos(θ ) dθ 0 0
cos(2α) = 1 − 2 sin(α)2
Z π/2
= 2 = 1 − cos(4θ ) dθ
⇒ 2 sin(α) = 1 − cos(2α) 0
h sin(4θ ) iθ =π/2 π
= θ− = .
4 θ =0 2
O SSERVAZIONE .
La superficie ottenuta ruotando attorno all’asse z una curva nel piano y = 0 parametrizzata da
~r(t) = x(t), 0, z(t) , t ∈ (a, b),
ha equazioni parametriche
~r(t, θ ) = x(t) cos(θ ), x(t) sin(θ ), z(t) , (t, θ ) ∈ A = (a, b) × [0, 2 π)
ed elemento d’area q
dS = |x(t)| x0 (t)2 + z0 (t)2 dt dθ (∗)
E SEMPIO .
Calcoliamo√l’area della superficie ottenuta ruotando attorno all’asse z la curva x = z3 , z ∈ [0, 1]. Ponendo x(t) = t 3 , z(t) = t, si
ha dS = t 3 1 + 9t 4 dt dθ e l’area di superficie è
Z 2 π Z 1 p t=1 √
3 4
1 2 4 3/2 10 10 − 1
t 1 + 9t dt dθ = 2 π (1 + 9t ) =π .
0 0 36 3 t=0 27
E SEMPIO .
Calcoliamo l’area della superficie S generata dalla rotazione attorno all’asse z della curva z = x2 , x ∈ [1, 2]:
q
(∗)
p
dS = t (2t)2 + 1 dt dθ = t 4t 2 + 1 dt dθ ⇒
ZZ Z 2π Z 2 p
|S| = dS = t 4t 2 + 1 dt dθ
S 0 1
h2 1 it=2 π
= 2π (4t 2 + 1)3/2 = 173/2 − 53/2 .
38 t=1 6
E SEMPIO .
Sia S la semisfera superiore di centro l’origine e raggio 1. Calcoliamo
ZZ
(x2 + z) dS = (♠).
S
CAPITOLO 5. CALCOLO INTEGRALE PER FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI 103
In questo caso
~r(θ , ϕ) = cos(θ ) cos(ϕ), sin(θ ) cos(ϕ), sin(ϕ) , θ ∈ [0, 2 π), ϕ ∈ [0, π/2],
(∗)
dS = cos(ϕ) dθ dϕ
e quindi
Z 2 π Z π/2
(♠) = cos(θ )2 cos(ϕ)2 + sin(ϕ) cos(ϕ) dθ dϕ
0 0
Z 2 π Z π/2 Z π/2
5
= cos(θ )2 dθ cos(ϕ)3 dϕ + 2 π sin(ϕ) cos(ϕ) dϕ = π
0 0 0 3
perché
cos(2θ ) = 2 cos(θ )2 − 1
Z 2π
1 2π
Z
cos(θ )2 dθ =
2 1+cos(2θ ) = 1 + cos(2θ ) dθ
0 ⇒ cos(θ ) = 2 2 0
1 h 1 iθ =2 π 1
= θ + sin(2θ ) = 2 π = π,
2 2 θ =0 2
1 1 2
Z π/2 Z π/2 h iϕ=π/2
cos(ϕ)3 dϕ = 1 − sin(ϕ)2 cos(ϕ) dϕ = sin(ϕ) − sin(ϕ)3
= 1− = ,
0 0 3 ϕ=0 3 3
Z π/2 h1 iϕ=π/2 1
sin(ϕ) cos(ϕ) dϕ = sin(ϕ)2 = .
0 2 ϕ=0 2
E SERCIZIO .
Calcolare l’area della porzione di superficie di equazioni parametriche
~r(u,t) = u cos(t), u sin(t),t , u ∈ [0, 1], t ∈ [0, 2 π].
Se S rappresenta una lamina materiale piana di densità superficiale ρ(x, y), allora:
ZZ
la sua massa totale è M= ρ(x, y) dx dy;
S
1 1
ZZ ZZ
il suo baricentro ha coordinate x̄ = x ρ(x, y) dx dy, ȳ = y ρ(x, y) dx dy;
M S M S
il suo momento di inerzia rispetto ad un asse
ZZ
I= d(x, y)2 ρ(x, y) dx dy.
perpendicolare al piano z = 0 è S
Osserviamo che il centroide dipende dalla forma della lamina e non dalla sua densità.
CAPITOLO 5. CALCOLO INTEGRALE PER FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI 104
E SEMPIO .
Se S è il triangolo di vertici (0, 0), (1, 0), (0, 1), allora |S| = 1/2. Se è omogeneo, allora le coordinate del suo centroide
2 x=1
x3
Z 1 Z 1−x
Z 1 Z 1
1 x 1
ZZ
x̄ = x dx dy = 2 x dy dx = 2 [x y]y=1−x
y=0 dx = 2 x(1 − x)dx = 2 − = ,
|S| S 0 0 0 0 2 3 x=0 3
Z 1 2 y=1−x x=1
(1 − x)3
Z 1 Z 1−x Z 1
1 y 1
ZZ
ȳ = y dx dy = 2 y dy dx = 2 dx = (1 − x)2 dx = − = ,
|S| S 0 0 0 2 y=0 0 3 x=0 3
coincidono, come era lecito aspettarsi. Se invece la densità superficiale del triangolo è ρ(x, y) = c(x + 1), c > 0, allora la sua
massa è x=1
x3
Z 1 Z 1−x Z 1 Z 1
2c
M=c (x + 1) dy dx = c [(x + 1) y]y=1−x
y=0 dx = c (1 − x 2
) dx = c x − = ,
0 0 0 0 3 x=0 3
mentre le coordinate del suo baricentro sono
x=1
c 1 3 x2 x4
Z Z 1−x Z 1 Z 1
3 3 3
x̄ = x(x + 1) dy dx = [x(x + 1)y]y=1−x
y=0 dx = x(1 − x2 ) dx = − = ,
M 0 0 2 0 2 0 2 2 4 x=0 8
y=1−x
y2
Z 1 Z 1−x
3 1
Z Z 1
c 3
ȳ = y(x + 1) dy dx = (x + 1) dx = (x + 1) (1 − x)2 dx
M 0 0 2 0 2 y=0 4 0
x=1
3 x4 x3 x2
5
= − − +x = .
4 4 3 2 x=0 16
E SEMPIO .
Calcoliamo la massa totale di una superficie sferica unitaria parametrizzata da
~r(ϕ, θ ) = cos(ϕ) cos(θ ), cos(ϕ) sin(θ ), sin(ϕ) , (ϕ, θ ) ∈ [−π/2, π/2] × 0, 2 π),
la cui densità è f (ϕ, θ ) = k(π/2 + ϕ)(π/2 − ϕ), con k costante. Visto che la sfera è ottenuta dalla rotazione di (x(t), 0, z(t)) =
(cos(ϕ), 0, sin(ϕ)), si ha q
(∗)
dS = |x(ϕ)| x0 (ϕ)2 + z0 (ϕ)2 dϕ dθ = cos(ϕ) dϕ dθ
e quindi la massa della sfera è
ZZ Z 2 π Z π/2 Z π/2 2
π π π
f dS = k +ϕ − ϕ cos(ϕ) dϕ dθ = 2 π k − ϕ 2 cos(ϕ) dϕ
S 0 −π/2 2 2 −π/2 4
π2
R 0
f g dϕ = − f g0 dϕ + f g
R Z π/2 h iϕ=π/2
2
= = 2π k 2 ϕ sin(ϕ) dϕ + − ϕ sin(ϕ)
f = sin(ϕ), g = π 2 /4 − ϕ 2 −π/2 4 ϕ=−π/2
Z π/2
f = − cos(ϕ) ϕ=π/2
= = 2π k 2 cos(ϕ) dϕ + −2 ϕ cos(ϕ) ϕ=−π/2
g = 2ϕ −π/2
h iϕ=π/2
= 2 π k 2 sin(ϕ) = 8π k.
ϕ=−π/2
E SERCIZIO .
Calcolare il baricentro ed il momento d’inerzia della superficie laterale di un cono omogeneo di massa M, raggio R ed altezza h.
Fare lo stesso poi per la superficie completa del cono (aggiungere cioè anche la base).
E SERCIZIO .
Calcolare il momento d’inerzia di una superficie sferica omogenea di raggio R e massa M, rispetto ad un asse passante per il
centro.
CAPITOLO 5. CALCOLO INTEGRALE PER FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI 105
D EFINIZIONE .
Una superficie S si dice orientabile se per ogni curva continua e chiusa γ : [a, b] → S si ha che ~n γ(a) = ~n γ(b) , dove ~n è il
versore ortogonale alla superficie.
E SEMPIO .
Per una superficie chiusa S, come la sfera, il versore ~n è coerente se punta sempre verso l’interno, o sempre verso l’esterno della
superficie. Se S è una superficie regolare parametrizzata da~r =~r(t, u), (t, u) ∈ A, allora possiamo prendere
~rt ∧~ru
~n = .
k~rt ∧~ru k
Osserviamo che ~n punta sempre verso l’interno, o sempre verso l’esterno di S a seconda della scelta dei parametri t ed u: questo
è naturalmente arbitrario. Siamo quindi noi a scegliere un’orientazione sulla superficie. Per una superficie chiusa si parla di
normale esterna o interna, o anche entrante o uscente.
E SEMPIO .
Se S è la superficie grafico della funzione f (x, y), un versore normale è coerente se è rivolto sempre verso l’alto o sempre verso
il basso. Se scegliamo il versore che rivolto vero l’alto allora possimao prendere
( fx , fy , 1)
~n = q .
1 + fx2 + fy2
O SSERVAZIONE .
Non sempre una scelta coerente di un’orientazione su tutta la superficie è possibile: esistono superfici non orientabili, come il
nastro di Moebius, su cui, comunque scegliamo l’orientazione del versore ~n in un punto, muovendolo con continuità possiamo
ritrovarci nello stesso punto con orientazione opposta.
Questa “patologia” non si verifica mai per una superficie chiusa (come la sfera, il toro ed il cilindro illimitato): si dimostra che
una superficie chiusa divide sempre lo spazio in due regioni disgiunte (interna ed esterna), e risulta pertanto orientabile (normale
entrante o uscente).
Una superficie chiusa ma regolare solo “a pezzi”, come un parallelepipedo, non ammette un versore normale lungo gli spigoli.
In tal caso è sufficiente parlare di normale “entrante” o “uscente”, per individuare una orientazione coerente sulle varie “facce”.
Non entriamo nella discussione generale di come si potrebbero orientare coerentemente le facce di una superficie regolare a
pezzi, non chiusa.
E SEMPIO .
Se S è il nastro di Moebius, ∂ S e costituito da un’unica curva regolare; tuttavia S non può essere orientata e quindi non è una
superficie regolare con bordo, orientata.
Questo è evidente dalla figura a fianco se si immagina un versore sulla schiena delle formiche che dopo un “giro” sul nastro di
Moebius si ritrovano nello stesso punto ma con la schiena rivolta nel verso opposto.
CAPITOLO 5. CALCOLO INTEGRALE PER FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI 106
D EFINIZIONE .
Notiamo che se si cambia l’orientazione sulla superficie (ovvero il segno del vettore ~rt ∧~ru ) il flusso cambia di segno. Se S è in forma
cartesiana z = f (x, y), (x, y) ∈ A, e si sceglie la normale verso l’alto, si ha
(− f ,− f ,1)
~n = √ x y 2 ZZ
1+k grad f k
=⇒ Φ = ~v x, y, f (x, y) · − fx (x, y), − fy (x, y), 1 dx dy.
(∗) p
A
dS = 1 + k grad f k2 dx dy
E SEMPIO .
Calcoliamo il flusso uscente dalla superficie sferica S di raggio R e centro l’origine, per il campo vettoriale~v(x, y, z) = x~e1 + y~e3 .
I Metodo. Scriviamo la superficie in forma cartesiana, come unione della semisfera superiore S+ ed inferiore S− , ovvero
n q o
S± = (x, y, z) ∈ R3 : x2 + y2 6 R2 , z = ± R2 − (x2 + y2 ) .
Per avere un versore ~n coerente, scegliamo la direzione uscente. Il versore uscente su S+ è quello che punta verso l’alto e quindi
è parallelo a !
x y
(− fx , − fy , 1) = p ,p ,1 ;
R2 − (x2 + y2 ) R2 − (x2 + y2 )
pertanto
x2
ZZ ZZ
Φ+ =
~v x, y, f (x, y) · − fx (x, y), − fy (x, y), 1 dx dy = p + y dx dy
x2 +y2 <R2 x2 +y2 <R2 R2 − (x2 + y2 )
CAPITOLO 5. CALCOLO INTEGRALE PER FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI 107
x2 2π R ρ3
Z Z
2
ZZ
2
= p dx dy = cos(θ ) dθ p dρ = π R3 ,
x2 +y2 <R2 R2 − (x2 + y2 ) 0 0 R2 − ρ 2 3
perché
ZZ
y dx dy = 0,
x2 +y2 <R2
Z 2π
1 2π 1h 1 iθ =2 π 1
Z
2
cos(θ ) dθ = 1 + cos(2θ ) dθ = θ + sin(2θ ) = 2 π = π,
0 2 0 2 2 θ =0 2
0 0
Z R R R Z R q ρ=R
f gp=− fg + fg
q
2 ρ 2 2 2 2 2
ρ p dρ = =2 ρ R − ρ dρ + −ρ R −ρ
0 R2 − ρ 2 f = − R2 − ρ 2 , g = ρ 2 0 ρ=0
ρ=R
2 3/2 2
= − R2 − ρ 2 = R3 .
3 ρ=0 3
x2
2
ZZ ZZ
Φ− = ~v x, y, f (x, y) · fx (x, y), fy (x, y), −1 dx dy = p − y dx dy = π R3 .
x2 +y2 <R2 x2 +y2 <R2 R2 − (x2 + y2 ) 3
e quindi
Z π Z 2π
Φ= ~v ~r(ϕ, θ ) · ~rϕ (ϕ, θ ) ∧~rθ (ϕ, θ ) dθ dϕ
0 0
Z π Z 2 π
= R sin(ϕ) cos(θ ) R2 sin(ϕ)2 cos(θ ) + R sin(ϕ) sin(θ ) R2 sin(ϕ) cos(ϕ) dθ dϕ
0
Z0 π Z 2 π Z π Z 2 π
3 3 2 3 2
=R sin(ϕ) dϕ cos(θ ) dθ + R sin(ϕ) cos(ϕ) dϕ sin(θ ) dθ
0
|0 {z } 0
|0 {z }
π 0
cos(ϕ)3 iϕ=π 4
Z π h
= π R3 sin(ϕ) 1 − cos(ϕ)2 dϕ = π R3 − cos(ϕ) + = π R3 .
0 3 ϕ=0 3
E SEMPIO .
Consideriamo dell’acqua in un canale descritta dal campo di velocità ~v. Calcoliamo la sua portata attraverso una certa superficie
ideale S, ovvero il volume d’acqua che attraversa S nell’unità di tempo. Se ~n è il versore normale di un elemento infinitesimo di
superficie dS, allora ~v ·~n misura l’avanzamento istantaneo dell’acqua in quel punto, rispetto alla superficie. Moltiplicando ~v ·~n
CAPITOLO 5. CALCOLO INTEGRALE PER FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI 108
per l’area infinitesima dS, otteniamo il volume infinitesimo d’acqua che fluisce attraverso dS nell’unità di tempo
dV
~v ·~n dS = .
dt
Sommando/integrando questi flussi elementari su tutta la superficie, otteniamo che Φ è la portata attraverso S.
Quindi in meccanica dei fluidi, se ~v è la velocità del fluido, il suo flusso attraverso S è la portata; analogamente, in elettrodina-
mica: se ~e2 è il vettore densità di corrente elettrica, il suo flusso attraverso S dà la corrente che transita per quella sezione; in
termodinamica: se ~e2 è il vettore densità di flusso di calore, il suo flusso attraverso S da la quantità di calore che attraversa S
nell’unità di tempo.
E SEMPIO .
~r
Il campo elettrostatico generato da una carica puntiforme q posta nell’origine è ~E = k q k~rk 3 , con ~
r = (x, y, z) e k costante.
Calcoliamo il flusso di ~E uscente dalla sfera di centro l’origine e raggio R. La normale esterna alla sfera è ~n =~r/k~rk, perciò il
flusso è dato da
~r ~r k~rk2
ZZ ZZ
Φ= kq · dS = k q dS
k~rk=R k~rk3 k~rk k~rk=R k~rk4
kq kq
ZZ
= 2 dS = 2 4 π R2 = (4 π k) q.
R k~rk=R R
Il flusso è quindi proporzionale alla carica q, e la costante di proporzionalità non dipende dal raggio della sfera. Abbiamo
dimostrato in un caso molto semplice il teorema di Gauss dell’elettrostatica, che vale molto più generale: data nello spazio una
distribuzione continua di carica, il flusso del campo elettrico uscente da una qualsiasi sfera chiusa S è pari a (4 π k)qtot , dove qtot
è la carica totale racchiusa nella regione delimitata da S.
E SEMPIO .
~r
Sia ~E = k q k~rk r = (x, y, z) e k, q costanti. Sia S il disco di centro (0, a, 0) e raggio R, disposto perpendicolarmente all’asse y.
3 con~
Calcoliamo il flusso di ~E attraverso S orientata nel verso delle y crescenti. Osserviamo che ~n = (0, 1, 0) e che S è parametrizzata
da
~r(ρ, θ ) = ρ cos(θ ), a, ρ sin(θ ) , ρ ∈ [0, R], θ ∈ [0, 2 π).
Quindi
~e1 ~e2 ~e3
dS = k~rρ ∧~rθ k dρ dθ =
det cos(θ ) 0 sin(θ )
dρ dθ
−ρ sin(θ ) 0 ρ cos(θ )
q
= ρ cos(θ )2 + sin(θ )2 dρ dθ = ρ dρ dθ ,
ρ cos(θ ), a, ρ sin(θ )
~E ρ cos(θ ), a, ρ sin(θ ) = k q
,
(ρ 2 + a2 )3/2
Z R Z 2π Z R
kqa
Φ= ρ dθ dρ = 2 π k q a ρ(ρ 2 + a2 )−3/2 dρ
0 0 (ρ 2 + a2 )3/2 0
h1 iρ=R 1 1
= 2 π k q a (−2) (ρ 2 + a2 )−1/2 = 2π kqa 2 − √ > 0.
2 ρ=0 a R2 + a2
CAPITOLO 5. CALCOLO INTEGRALE PER FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI 109
si dice insieme x-semplice. Un insieme è semplice se è x-semplice o y-semplice; si dice regolare se è unione di un numero finito
di insiemi semplici.
D EFINIZIONE . y y
h1 h2
Sia D ⊆ R2 un dominio semplice. Il bordo di D, ∂ D, è g2(x) d
orientato positivamente se su di esso è fissato il verso g2
di percorrenza antiorario ed in tal caso si scrive ∂ + D. y
Nel caso opposto, ∂ D è orientato negativamente e si
scrive ∂ − D.
h1(y) h2(y) x
g1(x)
g1
c
a x b x
L EMMA .
ZZ Z
∂y F1 (x, y) dx dy = − F1 (x, y) dx. (∗)
D ∂ +D
• Se D = (x, y) ∈ R2 : y ∈ [c, d], h1 (y) ≤ x ≤ h2 (y) con h1 , h2 ∈ C0 ([c, d]; R), allora
ZZ Z
∂x F2 (x, y) dx dy = F2 (x, y) dy. (∗∗)
D ∂ +D
Dimostrazione. Dimostriamo la prima uguaglianza; la seconda è analoga e lasciata come esercizio per casa. Si ha
ZZ Z b Z g2 (x) Z bh i
∂y F1 (x, y) dx dy = ∂y F1 (x, y) dy dx = F1 x, g2 (x) − F1 x, g1 (x) dx,
D a g1 (x) a
• Se D = ∪kj=1 D j , con ciascun D j semplice rispetto ad entrambi gli assi, allora vale la formula
ZZ Z I I I
∂x F2 − ∂y F1 dx dy = F1 dx + F2 dy = F1 dx + F2 dy + F1 dx + F2 dy + F1 dx + F2 dy.
D ∂ +D γ γ1 γ2
D6
D1 D5
γ1 γ2
D2 D4
D3
O SSERVAZIONE .
In parole povere: visto che
(∗) l’integrale è l’operazione inversa dell’integrale,
(∗∗) l’elemento di area è la norma di dx ∧ dy,
Dimostrazione. La prima formula segue direttamente dal lemma precedente. Proviamo la seconda formula. Da quanto già dimostrato
segue che
ZZ k ZZ k Z
(∂x F2 − ∂y F1 ) dx dy = ∑ (∂x F2 − ∂y F1 ) dx dy = ∑ F1 dx + F2 dy.
D Dj +
j=1 j=1 ∂ D j
Osserviamo che gli archi di curva che fanno parte del bordo di due domini adiacenti compaiono due volte nella somma con Rorientazione
opposta e perciò si elidono. Rimango gli archi di curva che compongono ∂ + D. Dunque ∑kj=1 ∂ + D j F1 dx + F2 dy = ∂ + D F1 dx +
R
F2 dy.
CAPITOLO 5. CALCOLO INTEGRALE PER FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI 111
E SEMPIO .
ed inoltre
ZZ Z 1 Z 3−x Z 3 Z 3−x
(∂x F2 − ∂y F1 ) dx dy = √ (∂x F2 − ∂y F1 ) dy dx + (∂x F2 − ∂y F1 ) dy dx
D 0 1−x2 1 0
Z 1Z 3−x Z 3Z 3−x
= √ (2x − 2y) dy dx + (2x − 2y) dy dx
0 1−x2 1 0
Z 1h iy=3−x Z 3h iy=3−x
= 2xy − y2 √
2
dx + 2xy − y2 dx
0 y= 1−x 1 y=0
Z 1 p Z 3
2x(3 − x) − (3 − x)2 − 2x 1 − x2 − (1 − x2 ) dx + 2x(3 − x) − (3 − x)2 dx
=
0 1
Z 1 p Z 3
= 12x − 4x2 − 8 − 2x 1 − x2 dx + 12x − 3x2 − 9 dx
0 1
h 4 3 2 ix=1 h ix=3
2 2 3/2
= 6x − x − 8x + (1 − x ) + 6x2 − x3 − 9x = 0,
3 3 x=0 x=1
E SERCIZIO .
Usare il teorema di Gauss-Green per valutare l’integrale γ + y2 dx + x dy nel caso in cui γ sia il bordo del quadrato di vertici (0, 0),
H
(1, 0), (1, 1), (0, 1) oppure Γ sia l’ellisse (x/a)2 + (y/b)2 = 1.
E SEMPIO .
Sia D l’interno dell’ellisse x2 /a2 + y2 /b2 = 1. L’orientazione positiva del bordo la si ottiene con la parametrizzazione
r (θ ) = x(θ ), y(θ ) = (a cos(θ ), b sin(θ )) , θ ∈ [0, 2π].
Dalla (♠)
1 2π
Z
1 x = a cos(θ ) =⇒ dx = −a sin(θ ) dθ
Z
|D| = x dy − y dx = = a b cos(θ )2 + a b sin(θ )2 dθ = π a b.
2 ∂ +D y = b sin(θ ) =⇒ dy = b cos(θ ) dθ 2 0
E SEMPIO .
Calcoliamo l’area racchiusa dalla curva piana (astroide) di equazioni parametriche
r (θ ) = cos(t)3 , sin(t)3 ,
t ∈ [0, 2π].
E SEMPIO .
Calcoliamo l’area racchiusa dalla curva piana descritta in coordinate polari dall’equazione
Si tratta della cardioide e l’orientazione positiva del bordo la si ottiene con la parametrizzazione
r (θ ) = 1 − cos(θ ) cos(θ ), 1 − cos(θ ) sin(θ ) , θ ∈ [0, 2π].
E SERCIZIO .
Sia γ una curva chiusa semplice e regolare di equazione polare ρ = f (θ ), θ ∈ [θ0 , θ1 ]. Se γ è la frontiera di D, dimostrare che
1
Z θ1
|D| = f (θ )2 dθ .
2 θ0
Sia Ω ⊆ R3 chiuso e limitato, il cui bordo ∂ Ω è una superficie regolare parametrizzata da~r =~r(t, u), (t, u) ∈ A ⊂ R2 (o l’unione
∧~ru
di più superfici di questo tipo), orientata con la normale uscentea ~n = k~~rrtt ∧~ ~
ru k . Sia F = F1 ~
e1 + F2 ~e2 + F3 ~e3 un campo vettoriale
C1 in Ω. Allora ZZZ ZZ
div ~F dx dy dz = ~F ·~n dS. (div)
Ω ∂Ω
O SSERVAZIONE .
Detto in parole: il flusso di un campo vettoriale attraverso una superficie chiusa uguaglia l’integrale sul volume racchiuso nella
superficie stessa della divergenza del campo. In particolare, se ∂ Ω è parametrizzata da~r : A ⊂ R2 → R3 in modo tale che~rt ∧~ru
è uscente, allora
ZZZ ZZ F1 ~r F2 ~r F3 ~r
div ~F dx dy dz = det ∂t~r1 ∂t~r2 ∂t~r3 dt du.
Ω ∂Ω
∂u~r1 ∂u~r2 ∂u~r3
Dimostrazione. Supponiamo che Ω sia il cubo [0, 1]3 ed ~F abbia solo la prima componente non nulla: ~F = F1 ~e1 . Il teorema allora dice
che
ZZ ZZZ
z
F1 n1 dS = ∂x F1 dx dy dz.
∂Ω Ω
1 (0, 0, 1)
Nel primo membro, osserviamo che il versore normale uscente ha una componente n1 non nulla
solo sulle due facce perpendicolari all’asse x; su quella di destra, per x = 1, si ha ~n = (1, 0, 0);
su quella di sinistra, per x = 0, si ha ~n = (−1, 0, 0). Ne segue che il primo membro è uguale a (−1, 0, 0) (1, 0, 0)
ZZ ZZ ZZ 1 x
F1 n1 dS = F1 (1, y, z) dy dz − F1 (0, y, z) dy dz. (0, 1, 0)
∂Ω [0,1]2 [0,1]2 1
y
Ora il secondo membro è uguale a cioè coincide col primo membro.
ZZZ ZZ Z 1 ZZ
∂x F1 dx dy dz = ∂x F1 (x, y, z) dx dy dz = F1 (1, y, z) − F1 (0, y, z) dy dz,
Ω [0,1]2 0 [0,1]2
Il discorso si può ripetere per i campi F2 ~e2 e F3 ~e3 , sommando le tre identità ottenute, si ottiene il teorema della divergenza sul cubo
[0, 1]3 . Tutto ciò vale per un parallelepipedo qualunque. Se più in generale Ω è costituito da un numero finito di parallelepipedi adiacenti,
∗ Volendo dare subito un’interpretazione di questo teorema, possiamo dire che esso ci dà un’equazione di bilancio: la divergenza di un campo vettoriale è una misura dell’intensità delle sorgenti (o dei pozzi, a seconda del segno) del campo; usando ad esempio il
linguaggio della meccanica dei fluidi, l’integrale della divergenza del campo velocità è il bilancio complessivo di quanta acqua zampilla dalle sorgenti, meno quanta acqua viene inghiottita nei pozzi, nella regione racchiusa dalla superficie, nell’unità di tempo. D’altro
canto, il flusso della velocità attraverso la superficie chiusa rappresenta il saldo totale di quanta acqua esce dalla regione racchiusa dalla superficie, meno quanta acqua vi entra, nell’unità di tempo: è naturale che le due quantità debbano coincidere (la differenza tra ciò che
entra e ciò che esce deve essere stata prodotta all’interno).
CAPITOLO 5. CALCOLO INTEGRALE PER FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI 114
applicando a ciascuno il teorema della divergenza e sommando le identità così ottenute, si trova proprio il teorema della divergenza su
Ω. Infine, per approssimazioni successive mediante parallelepipedi, si dimostra che lo stesso risultato vale per qualsiasi regione dal
bordo regolare.
O SSERVAZIONE .
Applichiamo il teorema della divergenza ad una sfera Br = B(~x0 , r) di centro generico ~x0 = (x0 , y0 , z0 ) e raggio r arbitrariamente
piccolo e dividiamo ambo i membri per il volume della sfera (che indichiamo con |Br |):
1 1
ZZZ ZZ
div ~F dx dy dz = ~F ·~n dS.
|Br | Br |Br | ∂ Br
Mandando r a zero, per il teorema della media, il primo membro tende al valore di div ~F nel centro della sfera e quindi
1
ZZ
div ~F(~x0 ) = lim ~F ·~n dS.
r→0 |B(~
x0 , r)| ∂ B(~x0 ,r)
Dunque la divergenza di un campo è la densità di flusso del campo uscente dal punto per unità di volume.
E SEMPIO .
Come nell’esempio precedete, calcoliamo il flusso uscente dalla superficie sferica S di raggio R e centro l’origine del campo
~F = x~e1 + y~e3 , utilizzando stavolta il teorema della divergenza:
E SEMPIO .
Verifichiamo il teorema della divergenza per il campo vettoriale ~F(x, y, z) = x3 ~e1 + y3 ~e2 + 1~e3 e la regione Ω = {(x, y, z) ∈ R3 :
x2 + y2 ≤ 1, |z| ≤ 1}, ovvero che ZZZ ZZ
div ~F dx dy dz = ~F ·~n dS,
Ω ∂Ω
dove ~n è il versore uscente. Osserviamo che Ω è la sezione delimitata tra i piani z = −1 e z = 1 del cilindro 2 2
dato da x + y ≤ 1.
~
Per calcolare l’integrale di volume utilizziamo le coordinate cilindriche f (ρ, θ ,t) = ρ cos(θ ), ρ sin(θ ),t che ha jacobiano
cos(θ ) −ρ sin(θ ) 0
cos(θ ) − sin(θ )
J~f (ρ, θ ,t) = det sin(θ ) ρ cos(θ ) 0 = ρ det
= ρ.
sin(θ ) cos(θ )
0 0 1
Visto che 2 2
div ~F(x, y, z) = 3x2 + 3y2 =⇒ div ~F ~f (ρ, θ ,t) = 3 ρ cos(θ ) + 3 ρ sin(θ ) = 3 ρ 2
e che in coordinate cilindriche Ω diventa Ω0 = [0, 1] × [0, 2 π) × [−1, 1], abbiamo che
ZZZ Z 1 Z 2π Z 1 h 1 ix=1
div ~F dx dy dz = 3 ρ 2 ρ dt dθ dρ = 12 π ρ 4 = 3 π.
Ω 0 0 −1 4 x=0
dove ~nL , ~nI e ~nS sono rispettivamente i versori uscenti ortogonali alle superfici SL , SI ed SS .
Se parametrizziamo SL con
~rL (θ ,t) = cos(θ ), sin(θ ),t , θ ∈ [0, 2 π], t ∈ [−1, 1],
allora
~e1 ~e2 ~e3
(~rL )θ ∧ (~rL )t = det − sin(θ ) cos(θ ) 0 = cos(θ ), sin(θ ), 0
0 0 1
è uscente e quindi
Z 1 Z 2π Z 1 Z 2π
cos(θ )3 , sin(θ )3 , 1 · cos(θ ), sin(θ ), 0 dθ dt = cos(θ )4 + sin(θ )4 dθ dt = 3 π,
ΦL =
−1 0 −1 0
Z 2π Z 2π
3
visto che integrando per parti si ha che cos(θ )4 dθ = π= sin(θ )4 dθ .
0 4 0
Se parametrizziamo SI con
~rI (ρ, θ ) = ρ cos(θ ), ρ sin(θ ), −1 , θ ∈ [0, 2 π], ρ ∈ [0, 1],
allora
~e1 ~e2 ~e3
(~rI )ρ ∧ (~rI )θ = det cos(θ ) sin(θ ) 0 = ρ~e3
−ρ sin(θ ) ρ cos(θ ) 0
è uscente e quindi
Z 1 Z 2π Z 1Z 2π
ΦI = ρ 3 cos(θ )3 , ρ 3 sin(θ )3 , 1 · (0, 0, 1) ρ dθ dρ = −ρ dθ dρ = −π.
0 0 0 0
Se parametrizziamo SS con
~rS (ρ, θ ) = ρ cos(θ ), ρ sin(θ ), 1 θ ∈ [0, 2 π], ρ ∈ [0, 1],
allora
~e1 ~e2 ~e3
(~rS )ρ ∧ (~rS )θ = det cos(θ ) sin(θ ) 0 = ρ~e3
−ρ sin(θ ) ρ cos(θ ) 0
è uscente e quindi
Z 1 Z 2π Z 1Z 2π
ΦS = ρ 3 cos(θ )3 , ρ 3 sin(θ )3 , 1 · (0, 0, 1) ρ dθ dρ = −ρ dθ dρ = π.
0 0 0 0
E SEMPIO .
Sia S la superficie chiusa del cilindro Ω descritto da x2 + y2 ≤ R2 , z ∈ [0, h]. Calcoliamo il flusso Φ uscente da S del campo
vettoriale ~F = x~e1 − y~e2 + z~e3 utilizzando la definizione di flusso. Scomponiamo S nella superficie laterale SL , quella superiore
SS e quella inferiore SI :
~rL = R cos(θ ), R sin(θ
),t , θ ∈ [0, 2 π), t ∈ [0, h]
~e ~
e ~e
1 2 3
(~rL )θ ∧ (~rL )t = det −R sin(θ ) R cos(θ ) 0 = R cos(θ ), R sin(θ ), 0
SL 0 0 1
~
~ (θ ,t) = )~ − )~ +
F r L R cos(θ e 1 R sin(θ e 2 t~
e 3
Z 2π Z h Z 2π
R2 cos(θ )2 − R2 sin(θ )2 dt dθ = h R2 cos(θ )2 − sin(θ )2 dθ = 0
Φ =
L
0 0 0
CAPITOLO 5. CALCOLO INTEGRALE PER FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI 116
~rS (θ , ρ) = ρ cos(θ ), ρ sin(θ ), h , θ ∈ [0, 2 π), ρ ∈ [0, R]
~
e ~e ~
e
1 2 3
(~rS )θ ∧ (~rS )ρ = det −ρ sin(θ ) ρ cos(θ ) 0 = −ρ~e3 ←− non è uscente e quindi gli cambiamo verso
SS cos(θ ) sin(θ ) 0
~
F ~
r (θ , = cos(θ )~
e − sin(θ )~e + h~e
S ρ) ρ 1 ρ 2 3
R2
Z 2π Z R
ΦT = 2
h ρ dθ dρ = 2 πh = πhR
0 0 2
~r I (θ , ρ) = ρ cos(θ ), ρ sin(θ ), 0 , θ ∈ [0, 2π), ρ ∈ [0, R]
~
e ~e ~e3
1 2
(~
r ) ∧ (~r ) = det −ρ sin(θ ) cos(θ ) 0 = −ρ~e3
ρ
I θ I ρ
cos(θ ) sin(θ ) 0
SI
~n I (θ , ρ) = (0, 0, −1)
~F ~rI (θ , ρ) = ρ cos(θ )~e1 − ρ sin(θ )~e2
Z 2π Z R
Φ =
I 0 ρ dθ dρ = 0
0 0
Come già visto per il teorema di Gauss dell’elettrostatica il flusso del campo elettrico ~E uscente da una superficie chiusa ∂ D è
4 π k qtot , dove qtot è la carica totale in D: ZZ
~E ·~n dS = 4 π kqtot .
∂D
Trasformiamo questa uguaglianza “globale” (cioè coinvolge tutto D) in una uguaglianza “puntuale” tra due funzioni. Otterremo
un’equazione differenziale. Il ragionamento è standard:
3) Si ottiene un’uguaglianza tra due integrali di volume usando il teorema della divergenza:
ZZZ ZZZ ZZZ
div ~E dx dy dz = 4πk div ~E − 4πk ρ dx dy dz = 0.
ρ dx dy dz ⇐⇒
D D D
4) Poiché tale identità vale per qualunque regione D, l’integranda deve essere zero, ovvero:
div ~E = 4 π k ρ.
Questa equazione differenziale traduce, punto per punto, il teorema di Gauss dell’elettrostatica. È una delle quattro equazioni
fondamentali di Maxwell, alla base della teoria dell’elettromagnetismo.
5) Il campo elettrostatico è conservativo: ~E = gradU con U potenziale elettrostatico; perciò div ~E = div gradU = ∆U. Il
potenziale elettrostatico soddisfa quindi l’equazione di Poisson:
∆U = 4 π k ρ.
CAPITOLO 5. CALCOLO INTEGRALE PER FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI 117
Sia ~v la velocità di un fluido e ρ la sua densità. Se dS è un elemento infinitesimale di superficie, allora il volume di fluido che
passa nell’unità di tempo è ~v ·~n dS che ha massa ρ~v ·~n dS. Se D ⊂ R3 è un dominio limitato, il flusso di ρ~v uscente attraverso
∂ D è la quantità di fluido uscita da D nell’unità di tempo. Per il teorema della divergenza vale:
ZZ ZZZ
ρ~v ·~n dS = div(ρ~v ) dx dy dz.
∂D D
La quantità di fluido uscita da D nell’unità di tempo è anche uguale a − dmdt , dove m è la massa totale del fluido contenuto in D
(nell’ipotesi che in D non si “crei” o “distrugga” massa). La massa totale m è pari all’integrale in D della densità ρ = ρ(x, y, z,t):
ZZZ
m= ρ dx dy dz.
D
Se si può passare la derivata rispetto al tempo sotto segno il segno di integrale si ha:
dm
ZZZ
∂ρ
− =− dx dy dz.
dt D ∂t
∂ρ ∂ρ
− = div(ρ~v ) ⇐⇒ + div(ρ~v ) = 0,
∂t ∂t
detta equazione di continuità, che esprime il principio della conservazione della massa.
Se ρ è la densità di carica elettrica e ~v la velocità della carica, l’equazione di continuità esprime il principio di conservazione
della carica elettrica, ed è una legge dell’elettrodinamica.
D EFINIZIONE .
Sia S una superficie regolare parametrizzata, su cui si è stabilita
un’orientazione coerente. Supponiamo che il bordo ∂ S di S sia
una curva regolare parametrizzata (o l’unione di più curve di
questo tipo). L’orientamento di S induce un’orientazione su ∂ S,
in base alla convenzione seguente: immaginiamo dei “vortici”
sulla superficie che ruotino attorno al versore normale in verso
antiorario: questi vortici inducono un verso di percorrenza su
∂ S, come mostrato dalla figura. Una superficie di questo tipo si
dice superficie regolare con bordo orientato.
E SEMPIO .
• Se S è un disco sul piano z = 0 ed è orientato verso l’alto, ∂ S è una circonferenza orientata nel verso antiorario, rispetto a chi
guarda dall’alto.
• Se S è una corona circolare sul piano z = 0 ed è orientata verso l’alto, ∂ S è l’unione di due circonferenze; quella esterna è
orientata nel verso antiorario, quella interna in senso orario, rispetto a chi guarda dall’alto.
• Se S è la superficie laterale di un cilindro di altezza finita e asse verticale, orientata con la normale uscente, ∂ S è l’unione di
due circonferenze: quella superiore è orientata in senso orario, quella inferiore in senso antiorario, rispetto a chi guarda dall’alto.
~n ~n
~n
CAPITOLO 5. CALCOLO INTEGRALE PER FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI 118
E SEMPIO .
Una superficie chiusa regolare S, come la sfera ed il toro, è una superficie regolare con bordo orientato in quanto non ha un
bordo da orientare, ∂ S = 0.
/
E SEMPIO .
Un disco privato di un punto, ha per bordo l’unione di una circonferenza ed un punto, quindi il bordo non è regolare e la
superficie non soddisfa la definizione di superficie regolare con bordo, orientata.
E SEMPIO .
Sia S una superficie regolare orientata, con bordo ∂ S coerentemente orientato (o l’unione di più superfici di questo tipo), e ~t il
versore tangente a ∂ S. Se ~F è un campo vettoriale regolare definito in una regione aperta dello spazio contenente S ed ~n è il
versore ortogonale coerente con l’orientazione di S, allora:
ZZ I
rot ~F ·~n dS = ~F ·~t ds. (rot)
S ∂S
O SSERVAZIONE .
Detto in parole: il flusso del rotore di un campo vettoriale attraverso una superficie uguaglia il lavoro del campo lungo il bordo
della superficie stessa. Tale lavoro viene anche detto circuitazione, per ricordare che le curve che compongono ∂ S sono chiuse
(cioè sono dei circuiti). In particolare, se S è parametrizzata da ~r : A ⊂ R2 → R3 in modo tale che ~rt ∧~ru è coerente con
l’orientazione di S ed il bordo ∂ S è parametrizzato da ~γ : [a, b] → R3 con ~γ 0 coerente con l’orientazione di ∂ S, allora
Z Z b
rot ~F ~r(t, u) ~rt (t, u) ∧~ru (t, u) dt du = ~F(γ(t)) · ~γ 0 (t) dt.
A a
Dimostrazione. Ragionando in modo simile a quanto visto per il teorema della divergenza, si dimostra il teorema del rotore quando S è
il quadrato [0, 1]2 posto nel piano z = 0, orientato verso l’alto, e F = F1 ~e1 . Da questo caso elementare segue il teorema per un campo
qualsiasi su un rettangolo qualsiasi; quindi, approssimando una superficie generica S con tanti rettangoli, si dimostra il teorema del
rotore.
O SSERVAZIONE .
Fissiamo un punto P nello spazio, un versore ~n spiccato da P, e sia Br un disco di centro P, raggio r e versore normale ~n.
Applichiamo a Br la (rot) e dividiamo per l’area del disco (che indichiamo con |Br |). Otteniamo:
1 1
ZZ I
rot ~F ·~n dS = ~F ·~t ds.
|Br | Br |Br | ∂ Br
CAPITOLO 5. CALCOLO INTEGRALE PER FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI 119
Mandando r a zero, per il teorema della media il primo membro tende a (rot ~F ·~n)(P) e quindi
1
I
(rot ~F ·~n)(P) = lim ~F ·~t ds.
r→0 |Br | ∂ Br
Dunque la componente del rotore di un campo in una certa direzione ~n è uguale alla densità superficiale di circuitazione del
campo attorno al punto, lungo il piano perpendicolare a ~n.
E SEMPIO .
Verifichiamo il teorema del rotore per il campo vettoriale
~F = x~e1 + y~e3
Visto che
~F ~γ1 (t) = R cos(t), 0, R sin(t) , ~γ1 0 (t) = −R sin(t), R cos(t), 0 ,
~F ~γ2 (t) = 0, 0, R cos(t) , ~γ2 0 (t) = 0, −R sin(t), R cos(t) ,
i lavori del campo vettoriale lungo ciascuna delle due semicirconferenze sono
Z π/2 Z π/2
~F ~γ1 (t) · ~γ1 0 (t) dt =
L1 = R cos(t), 0, R sin(t) · −R sin(t), R cos(t), 0 dt
−π/2 −π/2
CAPITOLO 5. CALCOLO INTEGRALE PER FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI 120
E SEMPIO .
Una parametrizzazione di Γ è
Osserviamo che
~e1 ~e3 ~e2
rot ~F = det ∂x ∂z =~e1 −~e2 +~e3 ,
∂y
x x+y+z x+y
~e1 ~e2 ~e3
~rρ ∧~rt = det cos(t) sin(t) sin(t) = −ρ~e2 + ρ~e3 ,
−ρ sin(t) ρ cos(t) ρ cos(t)
e quindi
ZZ Z 1 Z 2π Z 1Z 2π
rot ~F ·~n dS =
1, −1, 1 · 0, −ρ, ρ dt dρ = 2 ρ dt dρ = 2 π.
S 0 0 0 0
E SERCIZIO .
Verificare il teorema del rotore per il campo vettoriale ~F(x, y, z) = (x3 , y3 , 1) e la regione S = {(x, y, z) ∈ R3 : x2 + y2 = 1, |z| ≤ 1},
ovvero che ZZ Z
rot ~F ·~n dσ = ~F ·~t ds. soluzione
S ∂ +S
CAPITOLO 5. CALCOLO INTEGRALE PER FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI 121
E SERCIZIO .
Dato il campo vettoriale ~F(x, y, z) = x3 ~e1 + y3 ~e2 + z3 ~e3 , si verifichi il teorema della divergenza per la regione Ω = {(x, y, z) ∈
R3 : x2 + y2 + z2 ≤ 1}, ovvero che ZZZ ZZ
div ~F dx dy dz = ~F ·~n dS,
Ω ∂Ω
dove ~n è il versore uscente, ed il teorema del rotore per la superficie S = {(x, y, z) ∈ R3 : x2 + y2 + z2 = 1}, ovvero che
ZZ Z
rot ~F ·~n dS = ~F ·~t ds. soluzione
S ∂ +S
O SSERVAZIONE .
Se un campo ~F è irrotazionale in una certa regione dello spazio, il flusso del rotore luogo una qualsiasi superficie S regolare
con bordo è nullo. Ne segue che il lavoro di ~F lungo ∂ S è nullo. In particolare, visto che rot gradU = 0, il lavoro di un campo
conservativo ~F = gradU lungo un cammino chiuso è nullo.a Si osservi tuttavia che nel teorema del rotore è contenuto di più.
Se, ad esempio, ~F è un campo irrotazionale ma non conservativo, nel piano privato dell’origine, ed S è una corona circolare
centrata nell’origine, il teorema dice che il lavoro di ~F lungo il bordo orientato della corona circolare è nullo. Questo significa
che il lavoro di ~F sulla circonferenza interna è uguale a quello sulla circonferenza esterna (se sono percorse nello stesso verso).
a Questo risultato è già stato dimostrato utilizzando il teorema del lavoro di un campo conservativo.
Per la legge di Neumann dell’elettromagnetismo un campo magnetico ~B, variabile nel tempo, induce un campo elettrico ~E e
dΦ~B
I
− = ~E ·~t ds
dt C
dove Φ~B è il flusso di ~B attraverso la superficie S e C = ∂ S (coerentemente orientata). Così formulata, la legge coinvolge gran-
dezze globali (il flusso attraverso un’intera superficie, il lavoro del campo elettrico lungo un cammino). Diamo una formulazione
puntuale di questa legge. Per il teorema del rotore, il secondo membro uguaglia
ZZ
rot ~E ·~n dS.
S
d ∂ ~B
ZZ ZZ
− ~B ·~n dS = − ·~n dS.
dt S S ∂t
Dall’uguaglianza
∂ ~B
ZZ ZZ
−
·~n dS = rot ~E ·~n dS
S ∂t S
che deve valere per ogni superficie S, segue l’uguaglianza delle funzioni integrande
∂ ~B
− = rot ~E.
∂t
Questa è una delle quattro equazioni di Maxwell dell’elettromagnetismo; è un’equazione differenziale che lega, punto per punto,
i campi vettoriali ~B ed ~E. Il teorema del rotore è servito per dedurla a partire dalla legge di Neumann.
CAPITOLO 5. CALCOLO INTEGRALE PER FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI 122
a) Calcolare la circuitazione di ~F lungo l’ellisse che giace nel piano z = 0 e ha equazione (x/2)2 + (y/3)2 = 1 percorsa in senso
antiorario.
b) Calcolare rot ~F.
c) Scrivere esplicitamente l’integrale doppio che assegna il flusso di rot ~F attraverso la superficie
x2 y2 x2 y2
z = 1− + per + <1
4 9 4 9
orientata con la normale verso l’alto. (Non si chiede di calcolare l’integrale doppio ma solo di scriverlo esplicitamente).
d) Si può dire quanto vale il flusso di cui al punto precedente, senza calcolare l’integrale doppio corrispondente?
Verificare il teorema del rotore per il campo vettoriale ~F(x, y, z) = (x3 , y3 , 1) e la regione S = {(x, y, z) ∈ R3 : x2 + y2 = 1, |z| ≤ 1},
ovvero che ZZ Z
rot ~F ·~n dσ = ~F ·~t ds.
S ∂ +S
otteniamo
~F ~γI (θ ) = cos(θ )3 , sin(θ )3 , 1 ,
~γI 0 (θ ) = − sin(θ ), cos(θ ), 0 ,
Z 2π Z 2π
~F ~γI (θ ) · ~γI 0 (θ ) dθ = − sin(θ ) cos(θ )3 + sin(θ )3 cos(θ ) dθ
LI =
0 0
4
2π 4
2π
cos(θ ) sin(θ )
= + = 0,
4 0 4 0
~F ~γS (θ ) = cos(θ )3 , − sin(θ )3 , 1 ,
~γS 0 (θ ) = − sin(θ ), − cos(θ ), 0 ,
Z 2π Z 2π
~F ~γS (θ ) · ~γS 0 (θ ) dθ = − sin(θ ) cos(θ )3 + sin(θ )3 cos(θ ) dθ = 0,
LS =
0 0
~ ·~t ds = LI + LS = 0. Infine
R
e quindi ∂ +S F
~e1 ~e2 ~e3 ZZ
rot ~F = det ∂x ∂y ∂z = (0, 0, 0) =⇒ rot ~F ·~n dσ = 0
3 3 S
x y 1
e quindi il teorema del rotore è verificato. indietro
CAPITOLO 5. CALCOLO INTEGRALE PER FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI 123
E SERCIZIO .
dove ~n è il versore uscente da Ω che è la sfera di centro l’origine e raggio unitario. Per calcolare l’integrale di volume utilizziamo le
coordinate sferiche
~f (ρ, ϕ, θ ) = ρ sin(ϕ) cos(θ ), ρ sin(ϕ) sin(θ ), ρ cos(ϕ) , (ρ, ϕ, θ ) ∈ [0, +∞) × [0, π] × [0, 2 π],
il cui jacobiano è
sin(ϕ) cos(θ ) ρ cos(ϕ) cos(θ ) −ρ sin(ϕ) sin(θ )
J~f (ρ, ϕ, θ ) = det sin(ϕ) sin(θ ) ρ cos(ϕ) sin(θ ) ρ sin(ϕ) cos(θ ) = ρ 2 sin(θ ).
cos(ϕ) −ρ sin(ϕ) 0
Nelle coordinate sferiche Ω diventa Ω0 = [0, 1] × [0, π] × [0, 2 π] e div ~F(x, y, z) = 3(x2 + y2 + z2 ) =⇒ div ~F ~f (ρ, ϕ, θ ) = 3 ρ 2 , pertanto
Z 1 Z π Z 2π 5 1
12
ZZZ Z π
ρ
div ~F dx dy dz = 3 ρ 4 sin(θ ) dθ dϕ dρ = 3 ·
·π ·2 sin(θ ) dθ = π.
Ω 0 0 0 5 0 0 5
Parametrizzando ∂ Ω con
~r(ϕ, θ ) = sin(ϕ) cos(θ ), sin(ϕ) sin(θ ), cos(ϕ) , (ϕ, θ ) ∈ [0, π] × [0, 2 π],
otteniamo che
~F ~r = sin(ϕ)3 cos(θ )3 , sin(ϕ)3 sin(θ )3 , cos(ϕ)3 ,
e quindi
ZZ Z π Z 2π
~F ·~n dS = ~F ~r(ϕ, θ ) · ~rϕ (ϕ, θ ) ∧~rθ (ϕ, θ ) dθ dϕ
∂Ω 0 0
Z π Z 2π 12
= sin(ϕ) cos(θ )4 + sin(ϕ)5 sin(θ )4 + sin(ϕ) cos(ϕ)4 dθ dϕ = π
5
0 0 5
in quanto
Z Z 2 Z 1 2
sin(ϕ)5 dϕ =
sin(ϕ) 1 − cos(ϕ)2 dϕ = sin(ϕ) 1 + cos(ϕ)4 − 2 cos(ϕ)2 dϕ = − cos(ϕ) − cos(ϕ)5 + cos(ϕ)3 ,
5 3
Z 2
1 + cos(2θ ) 1 1 1 + cos(4θ )
Z Z Z
cos(θ )4 dθ = dθ = 1 + cos(2θ )2 + 2 cos(2θ ) dθ = 1+ + 2 cos(2θ ) dθ
2 4 4 2
1 3 sin(4θ ) 3 sin(4θ ) sin(2θ )
= θ+ + sin(2θ ) = θ + + ,
4 2 8 8 32 4
1 − cos(2θ ) 2
Z
1 1 1 + cos(4θ )
Z Z Z
sin(θ )4 dθ = dθ = 1 + cos(2θ )2 − 2 cos(2θ ) dθ = 1+ − 2 cos(2θ ) dθ
2 4 4 2
1 3 sin(4θ ) 3 sin(4θ ) sin(2θ )
= θ+ − sin(2θ ) = θ + − ,
4 2 8 8 32 4
CAPITOLO 5. CALCOLO INTEGRALE PER FUNZIONI DI PIÙ VARIABILI 124
cos(ϕ)5
Z
sin(ϕ) cos(ϕ)4 dϕ = − .
5
• Verifichiamo ora il teorema del rotore, ossia che
ZZ Z
rot ~F ·~n dS = ~F ·~t ds,
S ∂ +S
ZZ Z
dove S = ∂ Ω. Visto che rot ~F ≡ 0 e ∂ + S = 0,
/ abbiamo che rot ~F ·~n dS = 0 e ~F ·~t ds = 0. Quindi la formula del teorema del
S ∂ +S
rotore è banalmente verificata. indietro