nN
E
n
e E
n
M per ogni n N, allora E M.
Gli elementi di M sono detti insiemi misurabili, e la coppia (, M) `e detta spazio
misurabile.
Osservazione. Lassioma (i) serve ad evitare che Msia vuota. Lassioma (ii) ci
dice che M`e chiusa rispetto alla complementazione. Se lassioma (iii) `e sostituito
dallanalogo con unioni e somme nite, allora si parla di algebra. Il presso
in Analisi viene generalmente utilizzato per indicare la chiusura rispetto a un
insieme numerabile di operazioni.
Propriet`a immediate. Sia (, M) uno spazio misurabile.
- Poiche =
C
, segue che M.
3
4
- Prendendo E
n+1
= E
n+2
= = in (iii), si evince immediatamente che M`e
in particolare unalgebra.
- Usando la relazione
nN
E
n
=
_
nN
E
C
n
_
C
, si vede che M`e chiusa rispetto
allintersezione numerabile (e nita).
- Poiche E F = E F
C
, abbiamo che E F M se E M e F M.
Osservazione. Se
0
M, allora la restrizione di M su
0
, ovvero
M[
0
=
_
E M: E
0
_
,
`e una -algebra su
0
.
Proposizione 1.1. Se c `e una collezione di sottoinsiemi di , allora esiste la pi` u
piccola -algebra M
su tale che c M
.
dimostrazione. Si noti che T() `e una -algebra su . Dunque linsieme
delle -algebre contenenti c `e non vuoto. Sia dunque M
lintersezione di tutte
le -algebre contenenti c.
`
E evidente che c M
, e che M
`e a sua volta
contenuta in ogni -algebra che contiene c. Per completare la dimostrazione si
deve provare che M
`e una -algebra. Se E
n
M
, e M M
`e una qualsiasi
-algebra, allora
n
E
n
M, da cui
n
E
n
M
. Analogamente, si dimostra
la validit` a degli assiomi (i) e (ii).
La -algebra M
`e detta generata da c.
Esercizio 1. Siano E
1
, . . . , E
n
n insiemi non vuoti a due a due disgiunti tali che
=
k
E
k
. Trovare la -algebra su generata dagli E
k
e stabilirne la cardinalit` a.
Insiemi di Borel. Se `e uno spazio topologico, la -algebra generata dagli aperti
di `e detta -algebra di Borel (su ), e viene indicata con B(). Gli elementi di
B() sono detti insiemi di Borel o Boreliani. Sono dunque Boreliani gli insiemi
aperti e chiusi, gli insiemi G
`e il complementare di un insieme F
,
e viceversa.
Denizione. Sia (, M) uno spazio misurabile, e sia X uno spazio topologico. Una
funzione f : X `e detta misurabile (rispetto alla -algebra M) se f
1
(A) M
per ogni aperto A X.
Osservazione. Se `e uno spazio topologico ed f : X `e continua, allora
evidentemente f `e Borel misurabile, cio`e misurabile rispetto a B().
1
La terminologia `e dovuta ad Hausdor; si riferisce allunione (Summe) e allintersezione
(Durchschnitt).
5
Esercizio 2. Sia (, M) uno spazio misurabile, e sia E T(). Deniamo la
funzione caratteristica di E nel seguente modo:
E
(t) =
_
1, t E,
0, t , E.
Mostrare che E M se e solo se
E
`e misurabile.
Teorema 1.2. Sia (, M) uno spazio misurabile, e siano X e Y spazi topologici.
Se f : X `e misurabile e g : X Y `e continua, allora h = g f : Y `e
misurabile.
dimostrazione. Sia A Y un aperto. Allora
(g f)
1
(A) = f
1
(g
1
(A)).
Ma O = g
1
(A) `e aperto in X, e dunque f
1
(O) M.
Osservazione. Se invece f `e misurabile e g `e misurabile, g f pu` o non essere
misurabile, anche se f `e continua.
Teorema 1.3. Sia (, M) uno spazio misurabile, e siano u e v due funzioni mi-
surabili a valori reali, e sia : R
2
X una funzione continua a valori in uno spazio
topologico X. Allora la funzione h(t) = (u(t), v(t)) denita da a X `e misurabile.
dimostrazione. Sia f(t) = (u(t), v(t)) : R
2
. Dato che h = f, dal
teorema precedente `e suciente mostrare che f `e misurabile Sia R = I J un
rettangolo aperto in R
2
. Allora
f
1
(R) = u
1
(I) v
1
(J) M.
Un generico aperto A R
2
`e unione numerabile di rettangoli aperti. Ovvero,
A =
n
R
n
. Quindi
f
1
(A) = f
1
_
_
n
R
n
_
=
_
n
f
1
(R
n
).
Pertanto f
1
(A) M.
I due teoremi appena visti hanno delle conseguenze immediate piuttosto impor-
tanti.
Corollario 1.4. Sia (, M) uno spazio misurabile, e siano u e v due funzioni mi-
surabili a valori reali.
- u + v e uv sono misurabili.
- u
+
= maxu, 0, u
= minu, 0 e [u[ = u
+
+ u
sono misurabili.
6
Osservazione. La funzione u si pu` o scrivere come [u[, dove `e misurabile e
[(t)[ = 1. Sia infatti
E =
_
t : u(t) 0
_
.
Notiamo che E `e misurabile. Deniamo allora
(t) =
E
(t)
E
C(t).
Osservazione. Le funzioni u
+
e u
u
2
.
Teorema 1.5. Sia (, M) uno spazio misurabile, sia X uno spazio topologico, e sia
f : X.
- La collezione N degli insiemi E X tali che f
1
(E) M `e una -algebra su
X.
- Se f `e misurabile e E B(X) allora f
1
(E) M.
- Se X = [, ] e f
1
((a, ]) M per ogni a R, allora f `e misurabile.
dimostrazione. Il primo e il terzo punto li lasciamo per esercizio. Per quanto
riguarda il secondo, dato che f `e misurabile N contiene tutti gli aperti di X, e
quindi N B(X).
Osservazione. Si noti che nel terzo punto si poteva equivalentemente richiedere
che f
1
([a, ]) M, f
1
([, a)) M, oppure f
1
([, a]) M.
Osservazione. In particolare, se f `e Borel misurabile, le controimmagini di
Boreliani sono Boreliani.
Esercizio 3. Mostrare che il Teorema 1.2 continua a valere se g `e solo Borel
misurabile.
Consideriamo inne successioni di funzioni misurabili f
n
a valori in [, ].
Diciamo che f `e il limite puntuale di f
n
se
f(t) = lim
n
f
n
(t), t .
Analogamente deniamo le funzioni
_
sup
n
f
n
_
(t) = sup
n
f
n
(t),
_
limsup
n
f
n
_
(t) = limsup
n
f
n
(t),
e le corrispondenti con linf. Vogliamo mostrare che la misurabilit` a `e una nozione
stabile per passaggi al limite.
7
Teorema 1.6. Sia (, M) uno spazio misurabile, e sia f
n
: [, ] una
successione di funzioni misurabili. Allora
2
g = sup
n
f
n
e h = limsup
n
f
n
sono misurabili.
dimostrazione. La misurabilit`a di g segue dal fatto che
g
1
((a, ]) =
_
n
f
1
n
((a, ]).
Il risultato identico si ottiene prendendo linf al posto del sup. Inne, poiche
h(t) = inf
n1
_
sup
kn
f
k
(t)
_
,
concludiamo che anche h `e misurabile.
Corollario 1.7. Il limite puntuale di una successione di funzioni misurabili, quando
esiste, `e misurabile.
1.2 Funzioni semplici
Denizione. Sia (, M) uno spazio misurabile. Una funzione misurabile s : R
`e detta semplice se s() consiste di un numero nito di valori. Dunque
s(t) =
N
n=1
a
n
En
(t),
dove gli a
n
sono numeri reali distinti tra loro, e gli E
n
sono insiemi misurabili
disgiunti tali che =
N
n=1
E
n
.
Teorema 1.8. Sia (, M) uno spazio misurabile e sia f : [0, ] misurabile.
Allora esiste una successione di funzioni semplici s
n
tale che
0 s
1
f
e
s
n
(t) f(t), t .
dimostrazione. Fissiamo n N, e suddividiamo lintervallo [0, n) in n2
n
intervallini I
j
= [a
j
, b
j
), ciascuno di lunghezza pari a 2
n
. Poniamo quindi
E
0
= f
1
([n, ]) e E
j
= f
1
(I
j
). Deniamo allora
s
n
= n
E
0
+
k
j=1
a
j
E
j
.
Notiamo che s
n
s
n+1
. Se f(t) = , allora s
n
(t) = n per ogni n. Se f(t) < ,
allora f(t) < n da un certo n in poi, e 0 f(t) s
n
(t) 2
n
.
2
Data una successione numerica a
n
si ha limsup
n
a
n
= inf
n0
sup
kn
a
k
e liminf
n
a
n
= sup
n0
inf
kn
a
k
.
8
Osservazione. Si evince dalla dimostrazione che se f `e limitata, allora vale il
risultato pi` u forte
lim
n
_
sup
t
[f(t) s
n
(t)[
_
= 0.
In questo caso, la convergenza `e detta uniforme.
1.3 Misure
Denizione. Sia (, M) uno spazio misurabile. Una funzione : M [0, ] si
dice misura positiva (o, pi` u semplicemente, misura) se `e numerabilmente additiva,
ovvero, data una successione di insiemi disgiunti E
n
M, si ha che
3
_
_
n
E
n
_
=
n
(E
n
).
Per evitare casi banali, assumiamo inoltre che (E) < per almeno un E M.
La terna (, M, ) `e detta spazio di misura.
Si noti che il valore `e ammissibile. La misura che assegna ad ogni insieme
il valore 0 `e la misura banale. Una misura si dice nita se () < . Inne,
una misura denita sulla -algebra di Borel di uno spazio topologico `e chiamata
misura di Borel su .
Osservazione. Se
0
M, allora (
0
, M[
0
, [
M|
0
) `e uno spazio di misura.
Propriet`a immediate. Sia (, M, ) uno spazio di misura.
(i) () = 0;
(ii) `e nitamente additiva, ovvero dati E, F M con E F = , segue che
(E F) = (E) + (F);
(iii) `e monotona, ovvero dati E, F M con E F, allora (E) (F);
(iv) dati E, F M con E F, se (E) < allora (F E) = (F) (E);
(v) (E
n
) (E) se E =
E
n
, E
n
M e E
1
E
2
;
(vi) (E
n
) (E) se E =
E
n
, E
n
M, E
1
E
2
e (E
1
) < .
Verichiamo le propriet` a enunciate. Per vericare la (i), sia E M tale che
(E) < . Si ponga dunque E
1
= E, E
2
= E
3
= = e si applichi ladditivit` a
numerabile. Analogamente, per la (ii) sia E
1
= E, E
2
= F, E
3
= E
4
= = .
La (iii) e la (iv) si ottengono notando che F = E (F E), e applicando la (ii).
3
Poiche
n
(E
n
) `e una serie a termini positivi, converge (o diverge) incondizionatamente.
9
Per quanto riguarda la (v), si ponga F
1
= E
1
, F
n
= E
n
E
n1
. Allora gli F
n
sono
misurabili e disgiunti. Inoltre E
n
= F
1
F
n
, e E =
n
F
n
. Quindi,
(E
n
) =
n
j=1
(F
j
) e (E) =
j=1
(F
j
).
Inne, per la (vi) sia F
n
= E
1
E
n
. Dunque F
1
F
2
, e
(F
n
) = (E
1
) (E
n
)
(qui stiamo usando il fatto che (E
1
) < ). Utilizzando la (v) concludiamo che
(E
1
) (E) = (E
1
E) = lim
n
(F
n
) = (E
1
) lim
n
(E
n
).
Esercizio 4. Vericare che se (E F) < , allora
(E F) = (E) + (F) (E F).
Esercizio 5. Mostrare che la misura `e una funzione numerabilmente subadditiva,
cio`e, data una qualsiasi successione E
n
M, si ha che
_
_
n
E
n
_
n
(E
n
).
Banalmente, `e anche nitamente subadditiva.
Esercizio 6. Sia : M [0, ] (non identicamente innita) una funzione nu-
merabilmente subadditiva e nitamente additiva. Mostrare che `e una misura.
Esempi. Sia un insieme non vuoto. Deniamo due misure
c
e
t
su T()
ponendo
c
(E) =
_
n, se E contiene n elementi,
, se E contiene elementi,
e
t
(E) =
_
1, se t E,
0, se t , E.
dove t `e un elemento ssato di . La
c
`e detta misura del conteggio, mentre la
t
`e detta misura di Dirac (o anche misura di concentrazione) a t.
Osservazione. Consideriamo (N, T(N),
c
), e sia E
n
= n, n+1, . . .. Eviden-
temente E
1
E
2
e
E
n
= . Tuttavia,
= (E
n
) , () = 0.
Si evince dunque limportanza della richiesta (E
1
) < nella propriet`a (vi)
della misura.
10
Riportiamo inne senza dimostrazione il seguente risultato di unicit` a.
Teorema 1.9 (Dynkin). Sia M la -algebra su generata da un certo c T().
Assumiamo che c sia chiuso rispetto allintersezione, e che esista una successione
E
n
c tale che =
n
E
n
. Se e sono due misure su M tali che (E
n
) < e
(E
n
) < , e se e coincidono su c, allora = .
Esercizio 7. Mostrare che esiste (al pi` u) ununica misura di Borel su R tale che
((a, b)) = b a, per ogni a, b Q con a < b.
1.4 Completamento di una misura
Denizione. Sia (, M, ) uno spazio di misura. La misura `e completa se E N
e (N) = 0 implica E M (e quindi (E) = 0).
Una misura potrebbe non essere completa. Ovviamente si pu` o pensare di com-
pletarla assegnando ducio misura nulla a tutti i sottoinsiemi di insiemi di misura
nulla (e quindi allargando M). Si deve per` o vericare che questa procedura produca
una -algebra.
Teorema 1.10. Sia (, M, ) uno spazio di misura. Sia M
linsieme ottenuto
aggiungendo a M tutti gli insiemi P tali che esistano E, F M con E P F e
(F E) = 0. Si denisca quindi
) `e uno spazio
di misura,
`e completa e
= su M. La misura
`e detta completamento di .
Lasciamo la dimostrazione per esercizio. Verichiamo solo che
(N) = 0. Dato che, come si `e visto, una misura pu` o essere sempre completata,
`e ragionevole lavorare con misure complete.
11
2 La misura di Lebesgue
2.1 Misura esterna
Ci proponiamo ora di costruire una misura su R che abbia le seguenti propriet` a:
- ((a, b)) = b a;
- (E +a) = (E), E R (invarianza per traslazioni).
Abbiamo qui usato un (comune) abuso di linguaggio. Infatti, come sappiamo, una
misura `e costruita non su un insieme ma su una -algebra. Ovviamente ci piac-
erebbe costruire una tale su T(R). Tuttavia ci`o non sar`a possibile. Infatti, dalla
monotonia della misura, ricaviamo che `e puramente non atomica, ovvero assegna
ai punti (atomi) misura nulla. Possiamo dunque avvelerci del seguente risultato
generale, che enunciamo senza dimostrazione.
Teorema 2.1 (Ulam). Lunica misura puramente non atomica denita su T(R) `e
la misura nulla.
4
Dato un intervallo I = (a, b) R, deniamo (I) = b a la sua lunghezza.
Denizione. Una funzione
(E) = inf
E
n
In
n
(I
n
), E T(R),
`e detta misura esterna in R.
Si noti che linf `e preso al variare delle possibili unioni numerabili degli intervalli
I
n
= (a
n
, b
n
). Molto diverso sarebbe denire
fin
(E), prendendo linf al variare delle
unioni nite. Ad esempio,
fin
sarebbe denita solo sugli insiemi limitati.
Esercizio 8. Sia D = [0, 1] Q. Mostrare che
(D) = 0, ma che
fin
(D) = 1.
Allo stesso modo, un qualsiasi insieme di cardinalit` a al pi` u numerabile ha misura
esterna nulla.
La misura esterna `e ovviamente monotona, ovvero,
E F =
(E)
(F).
Inoltre vale la
Proposizione 2.2. La misura esterna `e numerabilmente subadditiva su T(R).
4
Il Teorema di Ulam fa uso dellAssioma della Scelta e dellIpotesi del Continuo.
12
dimostrazione. Sia data una successione E
n
T(R). Fissiamo > 0. Per
ogni n N, troviamo una collezione di intervalli I
n
j
tali che E
n
j
I
n
j
e
j
(I
n
j
)
(E
n
) +
2
n
.
Ma
E =
_
n
E
n
_
n,j
I
n
j
,
da cui
(E)
j
(I
n
j
)
(E
n
) + .
Dallarbitrariet` a di segue la tesi.
Esercizio 9. Mostrare che la misura esterna soddisfa le due propriet` a richieste
alla misura che vogliamo costruire. In particolare,
((a, b)) =
([a, b)) =
((a, b]) =
([a, b]) = b a
(se a = oppure b = allora b a = ).
Pertanto, se
(T) =
(T E) +
(T E
C
), T T(R). (C)
Osservazione. Poiche
(T)
(T E) +
(T E
C
), T T(R).
Abbiamo allora il
Teorema 2.3. Linsieme degli E che soddisfano (C) forma una -algebra, detta di
Lebesgue, su R, che viene indicata con L(R) o L. Inoltre la restrizione di
su L `e
numerabilmente additiva.
13
La dimostrazione, pur non essendo particolarmente complicata, `e piuttosto te-
diosa, e non la riportiamo. La restrizione di
.
Esercizio 10. Mostrare che `e una misura completa.
Dobbiamo ora sincerarci che L sia signicativamente grande, anche sia di
qualche utilit` a per i nostri scopi.
Proposizione 2.4. L contiene B(R).
dimostrazione. Basta mostrare che lintervallo (a, ) appartiene a L (si
verichi per esercizio la bont` a di questa aermazione). Sia dunque T T(R).
Detti T
1
= T (a, ) e T
2
= T (, a], dobbiamo vericare che
(T)
(T
1
) +
(T
2
).
Sia
(T) < (altrimenti non c`e nulla da dimostrare). Fissato > 0, esiste una
collezione I
n
tale che
I
n
T e
n
(I
n
)
(T) + . Siano I
1
n
= I
n
(a, )
e I
2
n
= I
n
(, a +
2
n
). Allora I
1
n
e I
2
n
sono intervalli aperti (uno dei due
potrebbe anche essere vuoto), e vale
(I
n
) +
2
n
(I
1
n
) + (I
2
n
).
Osservando che
I
i
n
T
i
(i = 1, 2), risulta
(T
i
)
n
(I
i
n
),
da cui
(T
1
) +
(T
2
)
n
(I
1
n
) +
n
(I
2
n
)
n
(I
n
) +
2
n
(T) + 2.
Facciamo inne tendere a 0.
La restrizione di su B(R) `e dunque una misura di Borel su R.
Riassumendo quanto visto n qui, la misura di Lebesgue `e completa, invariante
per traslazione, rispetta la misura degli intervalli, misura tutti i Boreliani, assegna
misura nita ad ogni insieme limitato, assegna misura nulla ad ogni insieme nume-
rabile.
Essere numerabile `e dunque condizione suciente per avere misura nulla. Tut-
tavia esistono insiemi non numerabili di misura nulla.
Il Ternario di Cantor. Sia T
0
= [0, 1]. Deniamo gli insiemi T
n
nel seguente
modo. Dato T
n
, unione nita di intervalli chiusi di uguale lunghezza
n
= 3
n
, sia
14
T
n+1
linsieme ottenuto rimuovendo da ciascun intervallo di T
n
lintervallo aperto
centrale di lunghezza
n
/3. Deniamo inne il Ternario di Cantor T =
T
n
. Si
noti che T `e chiuso. Inoltre, essendo un intersezione di compatti non vuoti, `e non
vuoto. Inne T `e un insieme perfetto, cio`e un chiuso in cui tutti i punti sono di
accumulazione. Gli insiemi perfetti non vuoti hanno necessariamente cardinalit` a non
numerabile. Inne, calcolando la misura degli intervalli rimossi nella costruzione di
T si vede facilmente che (T) = 0.
Osservazione. Si pu` o ripetere la costruzione di T, eliminando intervalli di
lunghezza
n
=
n
3
n
, con (0, 1). Allora si ottiene il cosiddetto Ternario di
Cantor generalizzato T
) =
3(1 )
3 2
.
Si noti che T
, tale che (E F) = 0.
Una misura che soddisfa le propriet` a (i) e (ii) si dice regolare. In particolare, i
punti (iii) e (iv) ci dicono che un insieme misurabile dierisce da un Boreliano per
un insieme di misura nulla. Quindi `e il completamento della particolare misura di
Borel ottenuta restringendo su B(R).
Esercizio 13. Sia f : R R una funzione misurabile secondo Lebesgue, e si
consideri la funzione
(x) =
__
t : f(t) > x
__
.
Mostrare che `e continua da destra ma, in generale, non da sinistra.
15
La misura di Lebesgue in R
N
. Sebbene per semplicit` a di esposizione abbiamo
lavorato in R, nulla di quanto detto cambia se si lavora in R
N
. In tal caso, gli inter-
valli nella denizione della misura esterna sono sostituiti dalle N-celle. Si costruisce
pertanto la misura di Lebesgue in R
N
, denita sulla -algebra L(R
N
).
2.3 Insiemi non misurabili
Abbiamo anticipato che L non coincide con T(R). Ci` o equivale a dire che esistono in-
siemi non misurabili. Dimostriamo allora che ogni intervallo (pi` u in generale, questo
`e vero per ogni insieme di misura positiva) contiene un insieme non misurabile. Per
semplicit` a, consideriamo [0, 1]. Ripartiamo [0, 1] in classi di equivalenza nel seguente
modo: diciamo che a b se ab Q. Selezioniamo ora un rappresentante per ogni
classe di equivalenza
5
, e chiamiamo P linsieme formato dai rappresentanti scelti.
Aermiamo che P non `e misurabile. Dimostreremo lasserto assumendo che lo sia,
e raggiungeremo un assurdo. Notiamo che P soddisfa due propriet` a:
- (P + r) (P +s) = , per ogni r, s Q, r ,= s;
- Ogni t R appartiene a (P +r), per un certo r Q.
Usando linvarianza per traslazioni di ricaviamo che (P) = (P +r). Quindi, in
virt` u delle due propriet`a appena viste,
R =
_
rQ
(P +r) = = (R) =
rQ
(P +r) =
rQ
(P),
da cui segue che (P) > 0. Ma allora, detto
E =
_
rQ[0,1]
(P +r),
risulta
(E) =
rQ[0,1]
(P) = ,
cosa che conigge con E [0, 2].
3 Integrazione astratta
3.1 Integrazione di funzioni positive
Nel corso di questo paragrafo, sia (, M, ) uno spazio di misura. Consideriamo
funzioni misurabili positive, ovvero a valori in [0, ]. Per poter estendere le nozioni
5
Qui stiamo utilizzando lAssioma della Scelta.
16
di misurabilit`a viste nelle sezioni precedenti, e per poter denire lintegrale su insiemi
di misura innita, dobbiamo stipulare una convenzione per trattare . Deniamo
dunque, per a [0, ],
a + = +a = , a = a =
_
, a ,= 0,
0, a = 0.
Con questa convenzione, somme e prodotti di funzioni misurabili a valori in [0, ]
sono misurabili. La cosa si pu` o dimostrare approssimando con funzioni semplici, e
notando che se a
n
a e b
n
b allora a
n
b
n
ab (con a, b [0, ]).
Denizione. Sia s : [0, ) una funzione semplice misurabile della forma
s(t) =
N
n=1
a
n
En
(t).
Se E M, deniamo lintegrale di s su E come
_
E
sd =
N
n=1
a
n
(E
n
E).
Qui abbiamo usato la convenzione 0 = 0; pu`o infatti accadere che a
n
= 0 per
qualche n ma (E
n
E) = . Osserviamo che, poiche s
E
=
n
a
n
EnE
,
_
E
sd =
_
s
E
d.
Denizione. Sia f : [0, ] una funzione misurabile, e sia E M. Deniamo
lintegrale di Lebesgue della f su E (rispetto alla misura ) il valore
6
_
E
fd = sup
_
E
sd [0, ],
dove il sup `e preso al variare delle funzioni semplici misurabili s tali che 0 s f.
Notiamo che se f `e semplice, allora il sup `e in realt` a un max. Inoltre, per ogni
f misurabile,
_
E
fd =
_
f
E
d.
Propriet`a immediate. Le funzioni che compaiono sono misurabili a valori in
[0, ], e gli insiemi sono misurabili.
- Se f g allora
_
E
fd
_
E
gd.
6
Per sottolineare quale sia la variabile di integrazione si usa talvolta la notazione
_
E
f(t)d(t).
17
- Se E F allora
_
E
fd
_
F
fd.
- Se 0 allora
_
E
fd =
_
E
fd.
- Se f(t) = 0 per ogni t E allora
_
E
fd = 0, anche se (E) = .
- Se (E) = 0 allora
_
E
fd = 0, anche se f(t) = per ogni t E.
Esercizio 14. Sia s : [0, ) una funzione semplice misurabile. Mostrare che
(E) =
_
E
sd
denisce una misura su M.
Esercizio 15. Siano s
1
, s
2
: [0, ) due funzioni semplici misurabili. Di-
mostrare luguaglianza
_
E
(s
1
+s
2
)d =
_
E
s
1
d +
_
E
s
2
d.
Veniamo ora alle propriet`a di passaggio al limite dellintegrale di Lebesgue.
Teorema 3.1 (Convergenza Monotona). Sia f
n
: [0, ] una successione di
funzioni misurabili tali che
f
1
(t) f
2
(t) , t .
Denendo f(t) = lim
n
f
n
(t), allora f `e misurabile e
lim
n
_
f
n
d =
_
fd.
dimostrazione. Osserviamo subito che f `e misurabile, essendo limite pun-
tuale di funzioni misurabili. Inoltre la successione
_
f
n
d `e monotona crescente.
Pertanto esiste [0, ] tale che
lim
n
_
f
n
d = .
Dato che
_
f
n
d
_
fd.
Sia s una funzione semplice tale che 0 s f, e sia c (0, 1). Deniamo
E
n
=
_
t : f
n
(t) cs(t)
_
.
18
Notiamo i seguenti fatti:
- E
n
`e misurabile: infatti, detto M = max
t
s(t), E
n
`e la controimmagine di
[M, ] (che `e un insieme chiuso) della funzione f
n
+(M cs), che `e misurabile,
essendo somma di due funzioni misurabili positive.
- E
1
E
2
: questo segue dalla monotonia di f
n
.
-
n
E
n
= : infatti se f(t) = 0 allora t E
1
; se f(t) > 0 allora cs(t) < f(t)
(poiche c < 1), e quindi cs(t) < f
n
(t) da un certo n in poi.
Evidentemente,
_
f
n
d
_
En
f
n
d c
_
En
sd.
Lintegrale di destra `e una misura, e pertanto per le propriet` a della misura otte-
niamo
c
_
sd.
Questa disuguaglianza vale per ogni c < 1, e quindi anche al limite, ovvero
_
sd.
Facendo ora il sup al variare delle s semplici tali che 0 s f, otteniamo inne
_
fd,
cio`e la disuguaglianza inversa.
Esercizio 16. Siano f, g : [0, ] due funzioni misurabili. Mostrare che
_
(f + g)d =
_
fd +
_
gd.
Corollario 3.2 (Convergenza Monotona per le Serie). Sia f
n
: [0, ] una
successione di funzioni misurabili, e sia
f(t) =
n=1
f
n
(t).
Allora
_
fd =
n=1
_
f
n
d.
dimostrazione. [Esercizio]
19
Osservazione. Se `e la misura del conteggio su un insieme numerabile, il
corollario appena visto ci fornisce un risultato noto sulle serie doppie di numeri
non negativi. Precisamente, se a
nk
0 allora
n=1
k=1
a
nk
=
k=1
n=1
a
nk
.
Esercizio 17. Utilizzando il Teorema della Convergenza Monotona per le Serie,
dimostrare che
7
_
1
0
log t
t 1
dt =
n=1
1
n
2
.
[Suggerimento: sviluppare in serie
1
t1
]
Il lemma seguente stabilisce un legame tra il limite degli integrali e lintegrale
del limite, senza ipotesi aggiuntive.
Lemma 3.3 (Fatou). Sia f
n
: [0, ] una successione di funzioni misurabili.
Allora
_
_
liminf
n
f
n
_
d liminf
n
_
f
n
d.
dimostrazione. Sia
g
n
(t) = inf
kn
f
k
(t).
Ricordiamo che
liminf
n
f
n
= sup
n
g
n
.
Evidentemente g
n
`e una successione monotona. Applicando quindi il Teorema
della Convergenza Monotona si ha
lim
n
_
g
n
d =
_
lim
n
g
n
d =
_
sup
n
g
n
d =
_
_
liminf
n
f
n
_
d.
Daltro canto, g
n
f
n
, da cui
lim
n
_
g
n
d = liminf
n
_
g
n
d liminf
n
_
f
n
d,
da cui la tesi.
7
Stiamo qui in realt`a implicitamente utilizzando un risultato che verr`a discusso successivamente
nel 3.5, ovvero che una funzione positiva integrabile (anche solo impropriamente) secondo Riemann
`e integrabile secondo Lebesgue, e i due integrali coincidono.
20
Osservazione. Nel Lemma di Fatou pu` o valere la disuguaglianza forte anche
quando il limite inferiore `e un limite. Ad esempio, in (R, L, ) sia
f
n
(t) =
_
1
n
, [t[ n,
0, [t[ > n.
Allora liminf
n
f
n
(t) = lim
n
f
n
(t) = 0, ma
_
R
f
n
d = 2.
Teorema 3.4 (Costruzione di Nuove Misure). Sia : [0, ] una funzione
misurabile. La funzione : M [0, ] denita da
(E) =
_
E
d, E M,
`e una misura su M, e
_
fd =
_
fd,
per ogni f : [0, ] misurabile.
dimostrazione. Siano E
n
elementi disgiunti di M la cui unione sia E. Si
osservi che
E
=
n=1
En
,
e che
(E) =
_
E
d, (E
n
) =
_
En
d.
Dal Corollario 3.2,
(E) =
n=1
(E
n
).
Poiche () = 0, concludiamo che `e una misura. In particolare, la seconda
asserzione vale per ogni f =
E
, e dunque per ogni f semplice. Il caso generale
segue dal Teorema della Convergenza Monotona.
3.2 Integrazione di funzioni reali
Come prima, sia (, M, ) uno spazio di misura.
Denizione. Chiamiamo L
1
(, M, ) la collezione di tutte le funzioni misurabili
f : R tali che
_
[f[d < .
21
Notiamo che la misurabilit` a di f implica la misurabilit` a di [f[.
`
E comunque
necessario richiedere la misurabilit`a di f, e non solo di [f[, in quanto `e banale
costruire una funzione non misurabile il cui modulo sia misurabile. Il signicato
dellesponente 1 in L
1
sar` a chiaro in seguito. Gli elementi di L
1
sono le funzioni
integrabili (o sommabili) secondo Lebesgue rispetto alla misura .
Denizione. Se f L
1
(, M, ) lintegrale di Lebesgue di f `e denito come
8
_
fd =
_
f
+
d
_
d.
Dato che f
+
[f[ e f
(f +g)d =
_
fd +
_
gd.
Dunque L
1
(, M, ) `e uno spazio lineare, e lintegrale di Lebesgue `e un operatore
lineare a valori in R.
Esercizio 18. Sia f L
1
. Dimostrare la disuguaglianza
fd
[f[d.
Esempio. Consideriamo lo spazio di misura (N, T(N),
c
). In questo caso, le
funzioni misurabili sono le successioni reali, e lintegrale di Lebesgue non `e altro
che lusuale serie numerica. Lo spazio L
1
(N, T(N),
c
) `e dato dalle successioni la
cui serie converge assolutamente.
Notazione. Se = [a, b] e = `e la misura di Lebesgue, useremo talvolta
labituale notazione
_
b
a
f(t)dt =
_
_
_
[a,b]
fd, a < b,
0, a = b,
_
[b,a]
fd, a > b.
Enunciamo inne il risultato fondamentale sul passaggio al limite nellintegrale.
Teorema 3.6 (Convergenza Dominata). Sia f
n
: R una successione di funzioni
misurabili che converge puntualmente ad una funzione f. Assumiamo che esista
g L
1
tale che
[f
n
(t)[ g(t), t , n N.
8
Allo stesso modo si pu`o denire lintegrale di Lebesgue di una funzione misurabile a valori in
C il cui modulo sia sommabile.
22
Allora f L
1
, e
lim
n
_
[f
n
f[d = 0.
Prima di procedere alla dimostrazione, facciamo alcune osservazioni. Innanzi-
tutto, la tesi del teorema implica banalmente il limite
lim
n
_
f
n
d =
_
fd.
Si noti che f
n
L
1
(, M, ), in quanto maggiorata in modulo dalla funzione g
(detta dominante).
dimostrazione. Dalle ipotesi, f `e misurabile e [f[ g. Dunque f L
1
.
Consideriamo la successione di funzioni positive
n
= 2g [f
n
f[.
Applicando il Lemma di Fatou, otteniamo
_
2gd liminf
n
_
n
d =
_
2gd + liminf
n
_
[f
n
f[d
_
.
Sottraendo il valore (nito)
_
[f
n
f[d
_
= limsup
n
_
[f
n
f[d.
Quindi limsup
n
_
[f
n
f[d = 0, da cui lim
n
_
[f
n
f[d = 0.
Esercizio 19. Costruire una successione f
n
: R che converge puntualmente a
f tale che
lim
n
_
f
n
d =
_
fd,
ma
lim
n
_
[f
n
f[d ,= 0.
Esercizio 20. Costruire una successione f
n
: R che converge puntualmente a
f tale che
lim
n
_
[f
n
f[d = 0,
ma tale che non esista alcuna funzione dominante in L
1
. Concludere che il Teorema
della Convergenza Dominata fornisce una condizione solo suciente.
Esercizio 21. Calcolare
lim
n
_
1
0
e
nt
(1 t)
n
t
dt.
[Suggerimento: utilizzare luguaglianza 1 e
nt
(1 t)
n
=
_
t
0
ne
n
(1 )
n1
d]
23
3.3 Cambiamento di variabili
Siano (, M) e (
, M
1
(E
) M, E
.
Data una misura su M, la funzione
(E
) = (
1
(E
)), E
,
denisce una misura su M
`e M
[0, ] `e M
-misurabile,
allora _
fd =
_
f d.
La stessa uguaglianza vale per f L
1
(
, M
, ). In tal caso f L
1
(, M, ).
Esercizio 22. Dimostrare il Teorema 3.7. [Suggerimento: si considerino dapprima
funzioni semplici, e si applichi il Teorema della Convergenza Monotona]
3.4 Il ruolo degli insiemi di misura nulla
Per costruzione, lintegrale di Lebesgue non vede gli insiemi di misura nulla.
`
E
infatti immediato constatare dalla denizione che se due funzioni dieriscono su un
insieme di misura nulla allora i loro integrali sono uguali. Cerchiamo di trarre delle
conclusioni da questo fatto.
Denizione. Sia (, M, ) uno spazio di misura, e sia P una propriet` a che un punto
t pu` o avere o non avere. Ad esempio, assegnata una funzione reale f su , P
pu` o essere la propriet`a f(t) > 0. Diciamo che P vale quasi ovunque se linsieme
dei punti di per i quali P non vale ha misura nulla.
Ovviamente la locuzione quasi ovunque `e strettamente riferita alla misura
in considerazione.
Notazione. Quando R, senza ulteriori specicazioni, la relazione quasi
ovunque sar` a sempre intesa rispetto alla misura di Lebesgue.
Date dunque due funzioni f, g su , diremo che f = g quasi ovunque se
__
t : f(t) ,= g(t)
__
= 0.
Luguaglianza quasi ovunque `e una relazione di equivalenza. Per evitare problemi
logici, supporremo di lavorare con una misura completa. Possiamo allora esten-
dere in modo vantaggioso la nozione di funzione misurabile. Tanto per cominciare,
non `e necessario avere funzioni denite su tutto : basta che siano denite su un
sottoinsieme
0
tale che (
C
0
) = 0.
24
Denizione. Una funzione f : X (X spazio topologico) `e misurabile se esiste
un insieme
0
con (
C
0
) = 0 tale che per ogni aperto A X linsieme
f
1
(A)
0
`e misurabile.
Se la misura, come supponiamo, `e completa, possiamo ridenire in modo arbi-
trario la f su
C
0
, ottenendo una funzione misurabile nel senso vecchio. Inoltre,
tutte le funzioni cos` costruite sono uguali quasi ovunque.
Allo stesso modo, diciamo che una f `e essenzialmente limitata se esiste M 0
tale che
__
t : [f(t)[ > M
__
= 0.
Qualche problema in pi` u lo pone la continuit`a, che, notoriamente, `e una nozione
puntuale. Sia dunque f : X, e sia E linsieme dei punti di discontinuit` a di
f. Diciamo che f `e quasi ovunque continua se (E) = 0. Chiaramente le funzioni
quasi ovunque continue sono misurabili (nel nuovo senso).
Osservazione. Si noti bene che una funzione quasi ovunque continua pu`o non
essere uguale quasi ovunque ad una funzione continua (ad esempio, la funzione
gradino); viceversa, una funzione uguale quasi ovunque a una funzione continua
pu` o non essere quasi ovunque continua (ad esempio, la funzione di Dirichlet).
Esercizio 23. Sia f : R R Lebesgue misurabile. Mostrare che esiste
g : R R Borel misurabile uguale a f quasi ovunque.
In conclusione, possiamo riformulare la teoria gi`a vista rimpiazzando ovunque
con quasi ovunque. In particolare, valgono i Teoremi della Convergenza Mono-
tona e Dominata richiedendo, rispettivamente, la monotonia di f
n
(t) e la conver-
genza puntuale solo quasi ovunque, cio`e per quasi tutti i t . Vediamo allora un
corollario del Teorema della Convergenza Dominata.
Teorema 3.8 (Convergenza Dominata per le Serie). Sia f
n
L
1
tale che
n=1
_
[f
n
[ < .
Allora f =
n=1
f
n
L
1
e
_
fd =
n=1
_
f
n
d.
Omettiamo per ora la dimostrazione, che ritroveremo pi` u avanti in un contesto
pi` u generale (cfr. Teorema II.1.13).
Osservazione. Vi `e tuttavia una circostanza in cui la scelta del rappresentante
`e inuente: se consideriamo la composizione di funzioni f g, la f deve neces-
sariamente essere una funzione ben denita. Banalmente, se g `e uguale a una
certa costante c e alteriamo il valore di f nel solo punto c, allora otteniamo una
funzione completamente diversa.
25
Esercizio 24. Dimostrare lAdditivit`a Numerabile dellIntegrale: Sia f : R
misurabile, e sia E
n
una successione di sottoinsiemi misurabili di a due a due
disgiunti tali che
n
E
n
= . Allora
f L
1
(, M, )
n
_
En
[f[d < .
In tal caso,
_
fd =
n
_
En
fd.
Esercizio 25. Utilizzando lAdditivit` a Numerabile dellIntegrale dimostrare che
sin t
t
, L
1
(R, L, ).
Proposizione 3.9. Sia f L
1
(, M, ), f 0 quasi ovunque, tale che
_
fd = 0.
Allora f = 0 quasi ovunque.
dimostrazione. Sia E
n
=
_
t : f(t) >
1
n
_
. Allora (E
n
) = 0, altrimenti
si avrebbe
_
fd
1
n
(E
n
) > 0.
Se f(t) > 0, allora t E
n
per qualche n. Ma
_
n
E
n
_
= 0, e quindi f = 0
quasi ovunque.
Lo spazio quoziente L
1
. Per quanto visto, `e inutile distinguere funzioni uguali
quasi ovunque. Introduciamo allora lo spazio L
1
(, M, ) ottenuto quozientando
L
1
(, M, ) rispetto alla relazione di equivalenza uguale quasi ovunque. Gli ele-
menti di L
1
sono dunque classi di equivalenza di funzioni. Poiche i rappresentanti
di una stessa classe di equivalenza sono di fatto indistinguibili, con abuso di lin-
guaggio si `e soliti parlare di funzioni di L
1
. Ad esempio, se diciamo che f L
1
`e continua, signica che nella classe di equivalenza della f esiste un rappresentante
continuo (ovviamente unico). Come vedremo, lo spazio L
1
`e uno spazio normato con
la norma
_
. Se nella sua
classe di equivalenza esistesse una funzione Riemann integrabile, questa dovrebbe
essere allo stesso tempo continua quasi ovunque e uguale a
T
quasi ovunque.
Ovviamente le due cose sono inconciliabili. Incidentalmente, T
C
`e un esempio di
insieme aperto non misurabile secondo Peano-Jordan.
10
Il discorso si complica leggermente se consideriamo integrali di Riemann impropri
(quando cio`e il dominio di integrazione non sia limitato, o la f non sia limitata).
Proposizione 3.11. Sia f : (a, b) R, con a < b , Riemann integrabile
in senso improprio. Se f `e di segno costante
11
allora f `e Lebesgue integrabile, e i
due integrali coincidono.
dimostrazione. Supponiamo f 0. Sia (a, b) =
E
n
, dove ciascun E
n
`e
un intervallo su cui f `e Riemann integrabile. Ponendo F
n
=
n
k=1
E
k
, denia-
mo f
n
= f
Fn
. Notiamo che f
n
f, dunque dal Teorema della Convergenza
Monotona abbiamo che
lim
n
_
(a,b)
f
n
d =
_
(a,b)
fd.
9
Ricordiamo che una funzione non limitata non `e Riemann integrabile (in senso proprio).
10
La misura di Peano-Jordan di un sottoinsieme di R `e lintegrale di Riemann (improprio, se
linsieme non `e limitato) della sua funzione caratteristica.
11
Non cambia nulla se si richiede che f cambi segno un numero nito di volte.
27
Daltro canto, il limite di sinistra converge allintegrale improprio secondo Rie-
mann della f su (a, b).
3.6 Convergenza puntuale, uniforme e in L
1
Sia (, M, ) uno spazio di misura, e siano f
n
, f : R funzioni misurabili.
Abbiamo nora gi` a incontrato, pi` u o meno implicitamente, tre tipi di convergenze.
- Convergenza puntuale quasi ovunque : f
n
q.o.
f se, detto
E =
_
t : lim
n
f
n
(t) ,= f(t)
_
,
allora (E) = 0.
- Convergenza uniforme : f
n
u
f se
lim
n
_
sup
t
[f
n
(t) f(t)[
_
= 0.
- Convergenza in L
1
: f
n
L
1
f se
lim
n
_
[f
n
f[d = 0.
Ci proponiamo di illustrare i legami tra le diverse nozioni di convergenza.
`
E evidente limplicazione f
n
u
f = f
n
q.o.
f. Il viceversa `e falso, anche se
f
n
f ovunque, come mostra il seguente esempio.
Esempio. Consideriamo la successione di funzioni su [0, 1]
f
n
(t) =
_
_
nt, t
1
n
,
2 nt,
1
n
< t
2
n
,
0, t >
2
n
.
Allora per ogni t [0, 1] si ha che f
n
(t) 0, ma sup
t[0,1]
[f
n
(t)[ = 1 per ogni n.
Un risultato parziale `e il seguente
Teorema 3.12 (Egoro). Sia () < . Se f
n
f puntualmente quasi ovunque,
per ogni > 0 esiste un insieme E tale che (E
C
) < , e f
n
f uniformemente
su E.
dimostrazione. Poiche f
n
q.o.
f, esiste
0
con (
0
) = () tale che
f
n
(t) f(t) per ogni t
0
. Per ogni k N e per ogni t
0
, sia n
0
= n
0
(k, t)
tale che
[f
n
(t) f(t)[ <
1
k
, per n n
0
.
28
Deniamo allora, per k, m N,
E
k,m
=
_
t
0
: n
0
(k, t) m
_
.
Per ogni k,
_
m
E
k,m
=
0
.
Inoltre, E
k,m
E
k,m+1
. Fissiamo ora > 0. Scegliamo per ogni k un valore m
k
tale che
(E
k,m
k
) > (
0
)
2
k
= ()
2
k
,
vale a dire,
(E
C
k,m
k
) <
2
k
.
Inne, poniamo
E =
k
E
k,m
k
.
Si noti che
(E
C
) =
_
_
k
E
C
k,m
k
_
k
(E
C
k,m
k
) <
k
1
2
k
= .
Se t E, allora [f
n
(t) f(t)[ <
1
k
per ogni n m
k
.
Osservazione. Nel Teorema di Egoro lipotesi () < `e essenziale. Si
consideri ad esempio la successione di funzioni su R
f
n
(t) =
_
1, t [n, n + 1],
0, altrimenti.
Allora f
n
(t) 0 per ogni t R, ma f
n
(t) = 1 su un insieme di misura 1.
Esercizio 27. Sia f
n
: [0, 1] [0, ) una successione di funzioni continue tale che
f
n
(t) 0 per ogni t [0, 1] al tendere di n a . Dimostrare che f
n
u
0. Mostrare
che lo stesso risultato `e in generale falso se f
n
: (0, 1] [0, ).
Venendo alla convergenza in L
1
, il risultato pi` u signicativo `e il Teorema della
Convergenza Dominata, che stabilisce un legame con la convergenza puntuale quasi
ovunque. Esaminiamo la questione inversa: supponiamo di avere f
n
L
1
f. Allora
segue che f
n
q.o.
f ? La risposta `e negativa.
Esempio. Consideriamo la successione di sottoinsiemi E
n
di [0, 1] cos` denita:
E
n
= [
m
2
k
,
m+1
2
k
], per n = 2
k
+m, con m
_
0, 1, . . . 2
k
1
_
.
Allora
En
L
1
0 su [0, 1] (con la misura di Lebesgue) ma
En
(t) , 0 per ogni
t [0, 1].
29
Vale tuttavia il seguente risultato, che dimostreremo in seguito (cfr. Corol-
lario II.1.14).
Proposizione 3.13. Sia f
n
L
1
f. Allora esiste una sottosuccessione f
n
k
tale che
f
n
k
q.o.
f.
Esercizio 28. Sia () < . Mostrare che se f
n
u
f allora f
n
L
1
f. Mostrare
che lo stesso risultato `e in generale falso omettendo lipotesi () < .
4 Dierenziazione e integrazione
4.1 Il Teorema di Radon-Nykodym
Sia (, M, ) uno spazio di misura. Abbiamo precedentemente dimostrato (si veda
il Teorema 3.4) che, ssata una funzione misurabile : [0, ],
(E) =
_
E
d, E M,
`e una misura su M, e
_
fd =
_
fd,
per ogni f : [0, ] misurabile. La funzione viene spesso indicata con il
simbolo
d
d
, ed `e detta derivata di Radon-Nykodym della rispetto alla .
Esercizio 29. Sia f : R misurabile. Dimostrare che f L
1
(, M, ) se e
solo se f L
1
(, M, ), e in tal caso
_
fd =
_
fd.
Denizione. Siano e due misure su M. Allora `e assolutamente continua
rispetto a (e scriviamo ) se vale limplicazione
(E) = 0 = (E) = 0.
Evidentemente, se esiste
d
d
segue che . Ci poniamo ora la questione
inversa. Ovvero, date due misure su M, vogliamo stabilire se esista
d
d
.
Denizione. Dato (, M, ), diciamo che la `e -nita se esiste una collezione
numerabile di insiemi E
n
M tali che (E
n
) < per ogni n N, e
nN
E
n
= .
30
Ad esempio, la misura di Lebesgue su R `e -nita. Abbiamo allora il
Teorema 4.1 (Radon-Nykodym). Siano e due misure denite su uno stesso
spazio misurabile (, M). Se `e -nita e , esiste una funzione misurabile
: [0, ] tale che
(E) =
_
E
d, E M.
Esercizio 30. Mostrare che tale `e unica nel seguente senso: se
`e unaltra
funzione che soddisfa la tesi del teorema, allora =
quasi ovunque rispetto a (e
quindi anche rispetto a ).
Vedremo pi` u avanti, in un esercizio guidato, la dimostrazione del teorema nel
caso particolare in cui e siamo entrambe misure nite.
Osservazione. Dal Teorema di Radon-Nykodym, si evince che se `e una
misura nita, allora L
1
(, M, ).
Osservazione. Lipotesi che sia -nita nel teorema `e irrinunciabile. Se
consideriamo ad esempio la -algebra di Lebesgue su [0, 1], e scegliamo come
la misura di Lebesgue e come la misura del conteggio, `e immediato vericare
che , ma tuttavia non esiste
d
d
.
4.2 Il Primo Teorema Fondamentale del Calcolo
Assegnata f L
1
([a, b]), consideriamo la funzione integrale
F(x) =
_
x
a
f(t)dt, x [a, b].
`
E ben noto che se f C([a, b]), allora F
= f quasi ovunque.
dimostrazione. Sia x [a, b] un punto di Lebesgue per f. Per h tale che
x +h [a, b], abbiamo
F(x +h) F(x)
h
f(x) =
1
h
_
x+h
x
_
f(t) f(x)
dt,
da cui segue la disuguaglianza
1
h
_
x+h
x
[f(t) f(x)[dt.
Pertanto, facendo il limite h 0, concludiamo che F
(x) = f(x).
4.3 Funzioni assolutamente continue
Denizione. Una funzione G : [a, b] R `e assolutamente continua (AC) se ad
ogni > 0 corrisponde > 0 tale che
N
n=1
[G(b
n
) G(a
n
)[ <
per ogni N N ed ogni collezione di N intervalli disgiunti (a
n
, b
n
) [a, b] tali che
N
n=1
b
n
a
n
< .
Evidentemente, una funzione AC `e uniformemente continua
12
(basta prendere
N = 1 nella denizione). Tuttavia, come vedremo tra breve, esistono funzioni
uniformemente continue ma non AC.
Esercizio 31. Dimostrare che se G `e Lipschitziana su [a, b] allora G `e AC su [a, b],
ma che limplicazione opposta `e falsa (G(t) =
t su [0, 1]).
Dimostriamo ora un risultato generale che ci sar` a molto utile in seguito.
Proposizione 4.4 (Assoluta Continuit` a dellIntegrale). Sia f L
1
(, M, ). Al-
lora per ogni > 0 esiste > 0 tale che, se E M e (E) < , allora
_
E
[f[d < .
12
Ricordiamo che una funzione continua su [a, b] `e sempre uniformemente continua (Teorema di
Heine-Cantor).
32
dimostrazione. Fissiamo > 0, e approssimiamo f con una funzione limitata
g in modo tale che
_
[f g[d <
2
.
Detto M = sup
t
[g(t)[, ssiamo =
2M
. Se E M e (E) < , abbiamo
_
E
[f[d
_
E
[f g[d +
_
E
[g[d
_
n=1
b
n
a
n
< ,
segue che
N
n=1
[F(b
n
) F(a
n
)[ =
N
n=1
_
bn
an
f(t)dt
n=1
_
bn
an
[f(t)[dt =
_
E
[f(t)[dt,
avendo posto E =
N
n=1
(a
n
, b
n
). Poiche la misura di Lebesgue di E `e minore di
, dallassoluta continuit` a dellintegrale ricaviamo
_
E
[f(t)[dt < ,
da cui la tesi.
Esercizio 32. Dimostrare che se [f[ M quasi ovunque allora F `e Lipschitziana
con costante di Lipschitz minore o uguale a M.
Esercizio 33. Costruire una funzione Lipschitziana G strettamente monotona su
[0, 1] tale che G
(t)dt, (FC)
detta formula del calcolo. Se G C
1
([a, b]), la (FC) `e il noto risultato dellanalisi
elementare. Ovviamente, anche valga la (FC) `e necessario che G
L
1
([a, b]),
altrimenti il termine di destra non ha signicato.
Esempio. Si consideri
G(x) =
_
x
2
sin
1
x
2
, x ,= 0,
0, x = 0.
G `e dierenziabile, ma
_
1
0
[G
(t)[dt = .
Dunque non soddisfa la (FC) su [0, 1].
Il Teorema 4.5 ci dice che una G che soddisfa la (FC) deve essere AC. Lassoluta
continuit`a risulta essere una condizione anche suciente.
Teorema 4.6 (Secondo Teorema Fondamentale del Calcolo). Sia G una funzione
AC su [a, b]. Allora G `e derivabile quasi ovunque, G
L
1
([a, b]) e vale la formula
(FC).
Premettiamo alla dimostrazione un esempio particolarmente signicativo.
La funzione di Vitali-Cantor. Ricordiamo che il complementare (in [0, 1]) del
Ternario di Cantor T `e dato da
T
C
=
_
n=1
2
n1
_
k=1
I
n,k
,
dove gli I
n,k
sono intervalli aperti disgiunti, ciascuno di lunghezza 3
n
. Deniamo
allora la funzione di Vitali-Cantor (nota anche col nome suggestivo di Scala del
Diavolo) V : [0, 1] [0, 1] nel seguente modo:
V (t) =
_
_
0, t = 0,
2k1
2
n
, t I
n,k
,
supV () : , T, < t, altrimenti.
34
La funzione di Vitali-Cantor `e continua e monotona crescente. Inoltre `e costante
su ogni intervallo I
n,k
. Pertanto, poiche la misura dellunione di tutti gli I
n,k
`e 1,
concludiamo che V `e quasi ovunque derivabile con derivata quasi ovunque nulla (in
particolare, V
L
1
([0, 1])). Tuttavia V non soddisfa la (FC), e di conseguenza
non `e AC. Ovviamente, si pu`o dimostrare che V non `e AC anche in modo diretto,
utilizzando la denizione di assoluta continuit` a.
Procediamo ora con la dimostrazione del Secondo Teorema Fondamentale del
Calcolo. Saranno necessari alcuni passi.
Lemma 4.7. Il Secondo Teorema Fondamentale del Calcolo vale se assumiamo
lipotesi aggiuntiva che G sia monotona.
dimostrazione. Assumiamo che G sia monotona crescente (altrimenti lavo-
riamo con G). Allora costruiamo una misura su [a, b] tale che
([a, x]) = G(x) G(a), x [a, b].
La procedura per costruire `e identica a quella usata per costruire la misura di
Lebesgue (in quel caso, si `e preso G(x) = x). Pertanto, `e certamente denita
su L([a, b]). Mostriamo ora che se E [a, b] e (E) = 0, allora (E) = 0.
Questo ci dice che . Sia dunque (E) = 0 e si ssi > 0. Usando
lassoluta continuit` a di G, otteniamo il corrispondente > 0. Allora esiste un
aperto A E contenuto in [a, b] tale che (A) < . Ma A (come ogni aperto di
R) `e ununione al pi` u numerabile di intervalli aperti disgiunti I
n
= (a
n
, b
n
), da
cui
(A) =
n
b
n
a
n
< .
Dunque,
(E) (A) =
n
(I
n
) =
n
G(b
n
) G(a
n
) < .
Poiche `e arbitrario, concludiamo che (E) = 0. Pertanto, per il Teorema di
Radon-Nykodym esiste una funzione positiva L
1
([a, b]) tale che
G(x) G(a) = ([a, x]) =
_
x
a
(t)dt.
Ma il Primo Teorema Fondamentale del Calcolo ci garantisce che G
= .
Incidentalmente, otteniamo un risultato sul cambiamento di variabili nella pro-
cedura di integrazione.
Corollario 4.8 (Cambiamento di Variabili). Sia G : [a, b] [c, d] una funzione AC
monotona, e sia f 0 Lebesgue misurabile su [c, d]. Allora
_
d
c
f(t)dt =
_
b
a
f(G())[G
(t)[d.
La stessa uguaglianza vale per f L
1
([c, d]). In tal caso (f G)[G
[ L
1
([a, b]).
35
Prima di procedere con la dimostrazione, cerchiamo di capire cosa dice esatta-
mente il risultato. Come sappiamo, nella composizione `e importante ssare una
ben denita funzione esterna (nel nostro caso la f). Tra laltro, variando la f,
anche allinterno della sua classe di equivalenza, si pu` o perdere la misurabilit` a della
funzione composta.
`
E evidente tuttavia che lintegrale di sinistra non dipende dal
particolare rappresentante scelto. Dunque il corollario garantisce che, ssando un
qualsiasi rappresentante f, la funzione (f G)[G
= [c, d], M
= B([c, d]), = G,
notando che G
1
porta Boreliani in Boreliani. Consideriamo la misura di Borel
su [a, b]
(E) =
_
E
G
d, E B([a, b]),
dove `e la misura di Lebesgue. Per ogni E
B([c, d]),
(E
) = (G
1
(E
)) = (E
).
Basta infatti vericare luguaglianza sugli intervalli (cfr. Teorema 1.9 di Dynkin).
Allora il Teorema 3.7 ci d` a la tesi. Se G `e invece decrescente, notiamo dapprima
che
_
d
c
f(t)dt =
_
d
c
f(c +d t)dt,
e applichiamo il risultato con c + d G al posto di G.
Esercizio 35. Sia h una funzione uguale a 0 quasi ovunque su [c, d]. Detto
H =
_
[a, b] : [G
n=1
[G(t
n
) G(t
n1
)[,
dove il sup `e preso al variare di N N e delle scelte t
n
tali che
x = t
0
< < t
N
= y.
V
y
x
`e la variazione totale della G sullintervallo [x, y]. Se V
b
a
< , la G `e detta
funzione a variazione limitata (o funzione BV, da Bounded Variation).
Osservazione. Evidentemente la funzione x V
x
a
`e monotona crescente. Si
noti che se y > x allora
V
y
a
V
x
a
= V
y
x
.
Se G non `e a variazione limitata, allora esiste x b tale che V
y
a
= per ogni
y x. La variazione misura i salti che una funzione compie. Ad esempio, se G `e
monotona (e denita su tutto [a, b]) allora V
x
a
= [G(x) G(a)[. Dunque le funzioni
monotone sono BV . Esistono ovviamente funzioni, anche continue, che non sono
BV , come
G(x) =
_
x cos
1
x
, x ,= 0,
0, x = 0,
sullintervallo [0, 1].
Se G `e BV su [a, b], si pu`o dimostrare che G `e derivabile quasi ovunque, e
G
L
1
([a, b]). Sfruttando questo fatto, si svolga il seguente
Esercizio 36. Sia G : [a, b] R una funzione monotona crescente. Dimostrare la
disuguaglianza
_
b
a
G
L
1
([a, b]). Allora G
`e AC su [a, b].
Osservazione. Si consideri su [0, 1]
G(x) =
_
x
3/2
sin
1
x
, x ,= 0,
0, x = 0.
Allora G soddisfa le ipotesi del Teorema 4.9. Tuttavia G
nN
E
n
e E
n
C per ogni n N, allora E
x
=
nN
(E
n
)
x
, da cui
E C. Concludiamo che C `e una -algebra che contiene i rettangoli misurabili,
e dunque contiene MN. Analogo discorso vale per E
y
.
38
Il viceversa della proposizione appena vista non vale. Pu`o accadere che E
x
N
per ogni x X e E
y
M per ogni y Y , ma E , MN.
Denizione. Data una funzione f (reale o positiva) su X Y , ad ogni x X
associamo la funzione f
x
su Y denita da f
x
(y) = f(x, y). Analogamente, ssato
y Y , f
y
`e la funzione su X denita da f
y
(x) = f(x, y).
Proposizione 5.2. Se f `e (M N)-misurabile, allora f
x
`e N-misurabile e f
y
`e
M-misurabile.
dimostrazione. Sia O un insieme aperto (nel codominio di f) e sia
Q =
_
(x, y) : f(x, y) O
_
.
Quindi Q MN, e
Q
x
=
_
y : f
x
(y) O
_
.
Per la proposizione precedente Q
x
N, e dunque f
x
`e N-misurabile. Discorso
analogo per la f
y
.
Anche in questo caso non vale, in generale, il viceversa.
5.2 Il Teorema di Fubini
Siano ora (X, M, ) e (Y, N, ) siano due spazi di misura. Vogliamo denire la
misura prodotto sulla -algebra MN. Ci occorre un risultato preliminare,
che enunciamo senza dimostrazione.
Proposizione 5.3. Siano (X, M, ) e (Y, N, ) due spazi di misura, tali che sia
che siano misure -nite, e sia E MN. Allora
- la funzione x (E
x
) `e M-misurabile;
- la funzione y (E
y
) `e N-misurabile;
- vale luguaglianza
_
X
(E
x
)d(x) =
_
Y
(E
y
)d(y).
Diamo quindi la seguente
Denizione. Se (X, M, ) e (Y, N, ) sono due spazi di misura, con e -nite,
deniamo la misura prodotto sulla -algebra MN nel seguente modo:
( )(E) =
_
X
(E
x
)d(x) =
_
Y
(E
y
)d(y), E MN.
39
Bisogna mostrare che cos` denita `e eettivamente una misura. Lunica cosa
da provare `e ladditivit` a numerabile, ma questa segue dal fatto che `e costruita
attraverso un integrale (si applichi il Teorema della Convergenza Monotona per le
Serie).
`
E inoltre immediato vericare che `e -nita, e che se E = A B
(rettangolo misurabile), allora
( )(E) = (A) (B).
Osserviamo inne che, per un generico insieme E misurabile,
_
XY
E
d( ) = ( )(E) =
_
X
__
Y
E
(x, y)d(y)
_
d(x).
Questa formula suggerisce il metodo per calcolare lintegrale di una funzione nella
misura prodotto come due integrali successivi.
Teorema 5.4 (Fubini). Valgano le ipotesi della Proposizione 5.3, e sia f una fun-
zione (MN)-misurabile.
(i) Se 0 f , allora
_
XY
fd( ) =
_
X
__
Y
f
x
d
_
d(x) =
_
Y
__
X
f
y
d
_
d(y). ()
In particolare, gli integrali interni sono funzioni misurabili (ciascuno rispetto
alla propria -algebra) e deniti ovunque.
(ii) Se f L
1
(XY, MN, ), allora f
x
L
1
(Y, N, ) (per quasi ogni x X)
e f
y
L
1
(X, M, ) (per quasi ogni y Y ). Inoltre
_
Y
f
x
(y)d(y) L
1
(X, M, ) e
_
X
f
y
(x)d(x) L
1
(Y, N, ),
e vale la formula ().
(iii) Se f `e una funzione reale e
_
X
__
Y
[f[
x
d
_
d(x) =
_
Y
__
X
[f[
y
d
_
d(y) < ,
allora f L
1
(X Y, MN, ), e dunque si pu`o applicare la (ii).
La dimostrazione del Teorema di Fubini si poggia sulla Proposizione 5.3 (che non
`e altro che il medesimo teorema per le funzioni caratteristiche) e sul Teorema della
Convergenza Monotona.
Esercizio 38. Usare il Teorema di Fubini e la relazione
1
x
=
_
0
e
xt
dt (x > 0)
per dimostrare che
lim
N
_
N
0
sin x
x
dx =
2
.
40
5.3 Completamento di misure prodotto
Se (X, M, ) e (Y, N, ) sono due spazi di misura completi, non `e detto che lo
spazio prodotto sia a sua volta completo. Vediamo un semplice esempio: poniamo
X = Y = R, M = N = L(R) e = = . Siano A un insieme di misura nulla e
B un insieme non misurabile di R. Evidentemente AB AR (che `e di misura
nulla in R
2
). Tuttavia AB non `e misurabile, non essendolo una delle sue sezioni.
Concludiamo che non `e la misura di Lebesgue in R
2
. Vale per`o il seguente
risultato.
Proposizione 5.5. Sia
N
la misura di Lebesgue in R
N
. Se N = K + M (con
K, M N), allora
N
`e il completamento della misura prodotto
K
M
.
Vi `e dunque la necessit` a di estendere il Teorema di Fubini per il completamento
degli spazi prodotto.
Teorema 5.6. Siano (X, M, ) e (Y, N, ) due spazi di misura, con e -nite,
e sia (M N)
aperti in R
N
omeomor, e sia x : O
O un
omeomorsmo di classe C
1
. Siano inne E O ed E
J(x(t))
L
1
(E
),
dove J(x(t)) `e il determinante dello Jacobiano di t x(t). In tal caso,
_
E
f(x)dx =
_
E
f(x(t))
J(x(t))
dt.
Esercizio 39. Calcolare lintegrale della Gaussiana
I =
_
e
x
2
dx.
[Suggerimento: calcolare I
2
utilizzando le coordinate polari nel piano]
II. Spazi di Banach
1 Geometria degli spazi di Banach
1.1 Spazi lineari
Uno spazio lineare sul campo scalare R `e un insieme X non vuoto, i cui elementi sono
chiamati vettori, sul quale sono denite due operazioni, addizione e moltiplicazione
per uno scalare, che soddisfano le seguenti propriet`a algebriche.
(i) Ad ogni coppia di vettori x
1
e x
2
corrisponde un unico vettore x
1
+x
2
, in modo
tale che
x
1
+ x
2
= x
2
+ x
1
e x
1
+ (x
2
+ x
3
) = (x
1
+x
2
) + x
3
;
X contiene un unico vettore 0 (detto vettore nullo) tale che x + 0 = x; e ad
ogni x X corrisponde un unico vettore x tale che x + (x) = 0.
(ii) Ad ogni coppia (, x), con R e x X, corrisponde un unico vettore x,
in modo tale che
1x = x e
1
(
2
x) = (
1
2
)x,
e che valgano le due leggi distributive
(x
1
+x
2
) = x
1
+x
2
e (
1
+
2
)x =
1
x +
2
x.
Il simbolo 0 viene usato anche per indicare lo zero del campo scalare R. Ovviamente,
si pu` o parlare anche di spazi lineari sul campo complesso, utilizzando il campo scalare
C al posto di R.
Denizione. Un sottoinsieme A di uno spazio lineare X `e linearmente indipendente
se per ogni collezione nita x
1
, . . . , x
n
di elementi di A e per ogni n-upla di numeri
reali
1
, . . . ,
n
, luguaglianza
n
j=1
j
x
j
= 0 implica che
1
= =
n
= 0.
Una base di Hamel (o semplicemente una base) di X `e un sottoinsieme A X
linearmente indipendente massimale, cio`e tale che non `e propriamente contenuto in
alcun sottoinsieme di X linearmente indipendente.
41
42
`
E facile vericare che ogni elemento dello spazio `e esprimibile come combinazione
lineare nita di elementi della base.
13
Inoltre, due basi di uno stesso spazio lineare
hanno necessariamente la stessa cardinalit` a. Si denisce allora dimensione (lineare)
dello spazio lineare la cardinalit` a di una sua base.
Un caso particolarmente semplice `e rappresentato dagli spazi lineari di dimen-
sione nita. Sia infatti X uno spazio lineare di dimensione N N = 1, 2, 3, . . .
(omettiamo dunque il caso banale di uno spazio ridotto al solo elemento 0), e sia
x
1
, . . . , x
N
una sua base. Detta e
1
, . . . , e
N
la base canonica di R
N
, `e immediato
mostrare che lapplicazione lineare I : X R
N
denita ponendo I(x
j
) = e
j
`e un
isomorsmo lineare
14
da X a R
N
.
1.2 Spazi normati
Sia X uno spazio lineare su R. Una norma in X `e una funzione
| | : X [0, )
che soddisfa le condizioni
(i) |x| = 0 x = 0 (annullamento);
(ii) |x| = [[|x| R, x X (omogeneit` a);
(iii) |x +y| |x| +|y| x, y X (disuguaglianza triangolare).
Osservazione. Dalla (iii) segue che
|x| |y|
|x y|, x, y X.
In realt` a tutte le nostre considerazioni varranno per spazi lineari sul campo C
(sostituendo opportunamente il valore assoluto con il modulo).
Notazione. Scriveremo | |
X
quando vorremo evidenziare lo spazio X su cui la
norma `e denita.
Denizione. Uno spazio lineare dotato di una norma | | `e detto spazio normato.
In particolare, uno spazio normato `e uno spazio metrico con la distanza
d(x, y) = |x y|.
Un sottospazio lineare di uno spazio normato X `e anchesso un spazio normato, con
la norma indotta da X.
13
Non `e tuttavia scontato che uno spazio lineare (che contenga almeno due elementi) possegga
una base. Per dimostrarlo ci si deve infatti appellare allAssioma della Scelta.
14
Ricordiamo che un isomorsmo lineare tra due spazi lineari `e unapplicazione biettiva che
preserva la struttura lineare.
43
Esempio. R `e uno spazio normato con la norma del valore assoluto. Inoltre,
qualsiasi norma su R `e della forma | | = c[ [, con c > 0.
Esempio. Per tutti i p [1, ], R
N
`e uno spazio normato con la norma-p,
denita da
|x|
p
=
_
_
_
N
j=1
[x
j
[
p
_
1/p
, p [1, ),
max
j=1,...,N
[x
j
[, p = ,
dove x `e il vettore di componenti (x
1
, . . . , x
N
). La norma-2 `e detta euclidea.
Le propriet`a (i) e (ii) della norma sono di verica immediata. La (iii) verr`a
dimostrata pi` u avanti, quando introdurremo gli spazi L
p
().
Vediamo tre importanti esempi di spazi normati innito dimensionali.
Lo spazio C([a, b]). Denotiamo con C([a, b]) lo spazio lineare delle funzioni
continue f : [a, b] R, dove la struttura lineare `e assegnata ponendo
(f +g)(t) = f(t) + g(t), f, g C([a, b]), R.
Per Teorema di Weierstrass, tali funzioni ammettono massimo e minimo assoluto su
[a, b]. Deniamo allora
|f| = max
t[a,b]
[f(t)[.
Si verichi per esercizio che le propriet` a della norma sono soddisfatte, e dunque
C([a, b]) `e uno spazio normato. Tale norma `e detta norma del massimo.
15
Gli spazi
1
e
. Denotiamo con
1
lo spazio lineare delle successioni somma-
bili (ovvero, la cui serie converge assolutamente), e con
1 =
j=1
[x
j
[ e |x|
= sup
j=1,...,
[x
j
[,
dove x = (x
1
, x
2
, x
3
, . . .).
Esercizio 1. Vericare le tre propriet`a della norma per gli spazi
1
e
.
1.3 Nozioni topologiche
Introduciamo alcune nozioni di carattere topologico. Il lettore noter` a come non vi
siano dierenze con il caso familiare di R
N
.
15
Pi` u in generale, dato uno spazio di Hausdor compatto K, si pu`o denire lo spazio normato
C(K) munito della norma del massimo.
44
Denizione. Sia X uno spazio normato. La palla aperta di centro x
0
X e raggio
r > 0 `e linsieme
B(x
0
, r) =
_
x X : |x x
0
| < r
_
.
La palla chiusa di centro x
0
X e raggio r > 0 `e linsieme
B(x
0
, r) =
_
x X : |x x
0
| r
_
.
La sfera di centro x
0
X e raggio r > 0 `e linsieme
S(x
0
, r) =
_
x X : |x x
0
| = r
_
.
Esercizio 2. Disegnare sul piano cartesiano la palla unitaria (cio`e la palla di raggio
1 centrata in 0) di R
2
nelle varie norme-p.
Denizione. Sia A X. Un punto x
0
A `e detto punto interno se per qualche
r > 0 si ha che
B(x
0
, r) A.
A `e aperto se tutti i suoi punti sono punti interni.
Osservazione. Si verica facilmente che B(x
0
, r) `e un aperto.
Denizione. Sia A X. Un punto x
0
X (non necessariamente appartenente
ad A) `e detto punto di accumulazione o punto di limite per A se ogni palla B(x
0
, r)
contiene un punto di A diverso da x
0
. A `e chiuso se contiene tutti i suoi punti di
accumulazione.
Esercizio 3. Mostrare che se A `e aperto allora A
C
= XA `e chiuso, e viceversa.
Esercizio 4. Mostrare che S(x
0
, r) `e chiuso.
Denizione. Sia A X. La chiusura A di A `e lunione di A e dei suoi punti di
accumulazione.
Esercizio 5. Mostrare che A `e chiuso. Pi` u specicamente, A `e il pi` u piccolo
insieme chiuso contenente A.
Esercizio 6. Mostrare che B(x
0
, r) = B(x
0
, r).
16
1.4 Successioni convergenti
Denizione. Sia X uno spazio normato, e sia x
n
una successione di elementi di X.
Diciamo che x
n
converge a x X (e scriviamo x
n
x) se la successione numerica
|x
n
x| `e innitesima, cio`e
lim
n
|x
n
x| = 0.
16
Questa propriet`a `e, in generale, falsa negli spazi metrici.
45
`
E immediato notare che se x
n
x allora |x
n
| |x|. Infatti, dalla disu-
guaglianza triangolare, si ha che
|x
n
| |x|
|x
n
x|.
Si noti che tutto funziona esattamente come nel caso di R, a patto di sostituire
il valore assoluto con la norma. In particolare, valgono i teoremi sui limiti gi` a noti,
tipo unicit`a del limite, linearit` a, ecc.
Esempio. Consideriamo lo spazio normato C([a, b]). Se f
n
`e una successione di
elementi di C([a, b]), dire che f
n
f C([a, b]) equivale a dire che f
n
converge
a f uniformemente su [a, b], cio`e
lim
n
_
max
t[a,b]
[f
n
(t) f(t)[
_
= 0.
I punti di accumulazione si caratterizzano attraverso le successioni convergenti.
Precisamente vale la
Proposizione 1.1. Sia A X. Un elemento x
0
X `e un punto di accumulazione
per A se e solo se esiste una successione x
n
A, x
n
,= x
0
per ogni n, tale che
x
n
x
0
.
dimostrazione. [Esercizio]
Come conseguenza, un sottoinsieme A X `e chiuso se e solo se, ogni qualvolta
x
n
A converge a x
0
X, segue che x
0
A.
Esercizio 7. Siano x
n
, x X e
n
, R. Mostrare che se x
n
x e
n
allora
n
x
n
x.
Denizione. Sia X uno spazio normato, e sia x
n
una successione di elementi di
X. Se la successione s
n
=
n
j=1
x
j
converge in X, il suo limite `e detto somma della
serie degli x
n
, e viene indicato con
n=1
x
n
. In tal caso si dice che la serie
n=1
x
n
`e convergente (in X).
Esercizio 8. Se la serie
n=1
x
n
`e convergente, allora vale la disuguaglianza
_
_
_
n=1
x
n
_
_
_
n=1
|x
n
|.
Il termine di destra pu`o eventualmente essere innito.
Osservazione. In R sappiamo che se una serie converge assolutamente allora
converge. Negli spazi normati tale enunciato si tradurrebbe dicendo che se la serie
numerica
n=1
|x
n
| converge, allora la serie
n=1
x
n
converge in X. Tuttavia,
ci` o non `e sempre vero. Infatti, R non solo `e uno spazio normato, ma `e anche
completo. Ed `e grazie a questultima propriet` a che il risultato vale. Torneremo
tra breve su questo concetto.
46
Denizione. Sia A un sottoinsieme di uno spazio normato X. Allora A `e limitato
se esiste M 0 tale che
|x| M, x A.
In particolare, una successione x
n
in X `e limitata se
|x
n
| M, n N.
Esercizio 9. Mostrare che una successione convergente in uno spazio normato `e
limitata.
Denizione. Siano X e Y due spazi normati, A X, B Y due sottoinsiemi.
Una funzione F : A B `e continua in x
0
A se per ogni successione x
n
A tale
che x
n
x
0
si ha che F(x
n
) F(x
0
). La funzione F `e continua in A se `e continua
in ogni punto di A.
Osservazione. Ricordiamo che x
n
x e F(x
n
) F(x) signica
|x
n
x|
X
0 e |F(x
n
) F(x)|
Y
0.
La nozione di continuit` a si pu` o dare equivalentemente in termini di -; ovvero
f `e continua in x
0
A se per ogni > 0 esiste > 0 (dipendente da > 0 e da
x
0
A) tale che
x A, |x x
0
|
X
< = |F(x) F(x
0
)|
Y
< .
Come nel caso familiare delle funzioni reali, una funzione `e continua (in ogni punto)
se e solo se le controimmagini degli insiemi aperti sono insiemi aperti.
1.5 Separabilit`a
Denizione. Un sottoinsieme A X `e denso in X se A = X.
Denizione. Uno spazio normato `e separabile se esiste un sottoinsieme numerabile
A X denso in X.
Ad esempio, R `e separabile, essendo linsieme Q dei razionali denso in R.
Proposizione 1.2. Lo spazio normato C([a, b]) `e separabile.
Si consideri infatti linsieme linsieme P([a, b]) dei polinomi su [a, b]. Questo
insieme non `e numerabile; tuttavia `e piuttosto semplice mostrare che linsieme dei
polinomi a coecienti razionali su [a, b], che invece `e numerabile, `e denso in P([a, b])
(nella norma del massimo). La dimostrazione del teorema `e quindi una conseguenza
immediata del Teorema di Stone-Weierstrass, che enunciamo senza dimostrazione.
17
Teorema 1.3 (Stone-Weierstrass). P([a, b]) `e denso in C([a, b]).
17
In realt`a il Teorema 1.3 `e solo un caso particolare del Teorema di Stone-Weierstrass.
47
1.6 Completezza: spazi di Banach
Denizione. Sia X uno spazio normato, e sia x
n
una successione di elementi di X.
Diciamo che x
n
`e una successione di Cauchy se per ogni > 0 esiste n
0
tale che per
ogni n, m n
0
si ha
|x
n
x
m
| < .
Meno formalmente, x
n
`e di Cauchy se
|x
n
x
m
| 0, per n, m .
Esercizio 10. Mostrare che una successione di Cauchy `e limitata, e che una
successione convergente `e di Cauchy.
Esercizio 11. Mostrare che se una successione di Cauchy ammette una sottosuc-
cessione convergente, allora lintera successione `e convergente.
Denizione. Uno spazio normato X in cui tutte le successioni di Cauchy siano
successioni convergenti, `e detto spazio normato completo o spazio di Banach.
Esercizio 12. Mostrare che un sottospazio chiuso di uno spazio di Banach `e uno
spazio di Banach. Viceversa, un sottospazio completo di uno spazio normato `e
chiuso.
Esempio. R
N
(in una qualsiasi delle norme-p) `e uno spazio di Banach.
Proposizione 1.4. C([a, b]) `e uno spazio di Banach.
dimostrazione. Sia f
n
una successione di Cauchy in C([a, b]). In particolare,
per ogni t la successione numerica f
n
(t) `e di Cauchy, e pertanto converge ad
un numero reale che indichiamo con f(t). Sia > 0 arbitrario, e prendiamo
m, n abbastanza grandi tali che [f
n
(t) f
m
(t)[ < per ogni t. Facendo il limite
m , otteniamo [f
n
(t)f(t)[ , e concludiamo che f
n
f uniformemente,
cio`e
lim
n
_
sup
t[a,b]
[f
n
(t) f(t)[
_
= 0.
Ci resta da mostrare che f : [a, b] R `e una funzione continua. Selezioniamo
quindi > 0 arbitrario e t
0
[a, b]. Dalla disuguaglianza triangolare,
[f(t) f(t
0
)[ [f(t) f
n
(t)[ +[f
n
(t) f
n
(t
0
)[ +[f
n
(t
0
) f(t
0
)[.
Per n grande ssato, la somma del primo e del terzo termine `e minore di /2.
Inne, usando la continuit` a di f
n
, esiste > 0 tale che se [t t
0
[ < allora
[f
n
(t) f
n
(t
0
)[ < /2.
48
Esempio. Sia C
k
([a, b]) lo spazio lineare delle funzioni f : [a, b] R derivabili
k-volte con continuit` a su [a, b]. Tale spazio `e di Banach
18
con la norma
|f| =
k
j=0
max
t[a,b]
[f
(j)
(t)[,
convenendo di indicare f
(0)
= f.
Esercizio 13. Gli spazi
1
e
sono di Banach.
Come in R, negli spazi di Banach la convergenza assoluta delle serie (cio`e la
convergenza della serie delle norme) implica la convergenza.
Proposizione 1.5. Sia X uno spazio di Banach, e x
n
una successione di elementi
di X. Se la serie numerica
n=1
|x
n
| `e convergente, allora la serie
n=1
x
n
`e
convergente. Viceversa, se X `e uno spazio normato e ogni serie assolutamente
convergente `e convergente, allora X `e di Banach.
dimostrazione. Sia X uno spazio di Banach, e sia
n=1
|x
n
| una serie
convergente. La successione delle somme parziali s
n
=
n
j=1
x
j
`e di Cauchy.
Infatti, se m > n,
|s
m
s
n
| =
_
_
_
m
j=n+1
x
j
_
_
_
m
j=n+1
|x
j
|.
Dunque s
n
converge alla somma della serie degli x
n
.
Viceversa, sia x
n
una successione di Cauchy in X. Estraiamo allora una sotto-
successione x
n
k
tale che
|x
n
k+1
x
n
k
|
1
k
2
.
Pertanto la serie
k=1
_
x
n
k+1
x
n
k
, si ha
[f
nm
(q
j
) f
n
m
(q
j
)[ <
3
, j = 1, . . . , N.
Per concludere, sia t [a, b]. Allora t I
j
per qualche j. Dunque, [t q
j
[ < .
Allora, per m, m
abbiamo
[f
nm
(t) f
n
m
(t)[
[f
nm
(t) f
nm
(q
j
)[ +[f
nm
(q
j
) f
n
m
(q
j
)[ +[f
n
m
(q
j
) f
n
m
(t)[
< .
Pertanto, f
nm
`e di Cauchy, e quindi convergente, in C([a, b]).
21
|x| M|x|
, x X.
Il concetto di norme equivalenti `e piuttosto importante. Infatti, due norme
equivalenti su uno spazio X inducono le stesse successioni convergenti e le stesse
successioni di Cauchy, cio`e ogni qualvolta x
n
`e convergente o di Cauchy rispetto a
una norma lo `e anche rispetto allaltra. Dunque due norme equivalenti sono di fatto
indistinguibili dal punto di vista topologico. In particolare se X `e completo rispetto
a una norma lo `e anche rispetto allaltra.
Esercizio 16. Mostrare che in R
N
tutte le norme-p sono equivalenti.
In realt`a vale la seguente
Proposizione 1.7. Due qualsiasi norme in R
N
sono equivalenti.
dimostrazione. Sia | | la norma-1, e sia | |
N
j=1
j
e
j
R
N
si ha che
|x|
j=1
[
j
[|e
j
|
M|x|,
21
Sebbene la dimostrazione sia stata fatta per C([a, b]), lo stesso argomento si applica per un
generico C(K), con K spazio metrico compatto (che ammette sempre una successione densa di
elementi). Chiaramente, laddove ricopriamo [a, b] con un numero nito di intervallini, ci si deve
appellare alla compattezza dello spazio per ottenere un ricoprimento nito di palle di diametro
minore di .
51
dove M = max
j=1,...,N
|e
j
|
`e continua
da R
N
in norma-1 in R. Pertanto, per il Teorema di Weierstrass, la funzione
positiva ha un minimo assoluto m 0 sulla sfera unitaria di R
N
in norma-1.
Quindi, per x ,= 0, abbiamo
_
x
|x|
_
m,
ovvero, |x|
= [f(0)[ + max
t[0,1]
[f
(t)[
denisce una norma equivalente a quella usuale. Mostrare invece che la funzione
max
t[0,1]
[f
(t)[
non denisce una norma su C
1
([0, 1]).
1.8 Gli spazi L
p
()
Sia (, M, ) uno spazio di misura.
Denizione. Per p [1, ), denotiamo con L
p
() linsieme di (classi di equivalenza
di) funzioni misurabili (rispetto a ) f : R tali che [f[
p
`e integrabile, ovvero,
_
[f[
p
d < .
52
Denizione. Denotiamo con L
__
t : [f(t)[ > M
__
= 0.
Lestremo inferiore degli M per i quali vale questa relazione `e detto estremo superiore
essenziale di [f[, denotato con Ess Sup
[f[.
Esercizio 18. Vericare che lestremo inferiore degli M `e in realt`a un minimo.
Quando `e un sottoinsieme di R
N
Lebesgue misurabile, in assenza di ulteriori
specicazioni, L
p
() `e inteso rispetto alla misura di Lebesgue.
Teorema 1.8. Per p [1, ], L
p
() `e uno spazio normato con la norma
|f|
L
p =
_
_
_
_
[f[
p
d
_
1/p
, p [1, ),
Ess Sup
[f[, p = .
`
E semplice vericare che L
p
() `e uno spazio lineare, e che valgono le condizioni
(i) e (ii) della denizione di norma. Per quanto riguarda la (iii), occore un po di
lavoro. Nel seguito, p, q [1, ] indicheranno sempre due esponenti coniugati, cio`e
tali che
1
p
+
1
q
= 1,
con la convenzione che 1/ = 0.
Lemma 1.9 (Disuguaglianza di Young). Sia p (1, ), e siano a, b > 0. Allora
vale la disuguaglianza
ab
a
p
p
+
b
q
q
.
dimostrazione. [Esercizio]
[Suggerimento: si ssi b > 0 e si studi (a) =
a
p
p
+
b
q
q
ab su [0, )]
Teorema 1.10 (Disuguaglianza di Holder). Siano f L
p
() e g L
q
(). Allora
il prodotto fg appartiene a L
1
() e
|fg|
L
1 |f|
L
p|g|
L
q .
dimostrazione. Se p = 1 (o p = ) la dimostrazione `e immediata. Sia
dunque p (1, ). Assumiamo inoltre f e g non identicamente nulle. Deniamo
F(t) =
f(t)
|f|
L
p
e G(t) =
g(t)
|g|
L
q
.
Usando il lemma precedente,
_
[FG[d
1
p
_
[F[
p
d +
1
q
_
[G[
q
d = 1,
da cui segue la tesi.
53
Siamo ora in grado di vericare la disuguaglianza triangolare per gli spazi L
p
(),
nota come disuguaglianza di Minkowski.
Teorema 1.11 (Disuguaglianza di Minkowski). Siano f, g L
p
(). Allora
|f +g|
L
p |f|
L
p +|g|
L
p.
dimostrazione. I casi p = 1 e p = sono immediati. Sia dunque p (1, ).
Assumendo f e g non identicamente nulle, si ha
|f +g|
p
L
p
_
[f[[f +g[
p1
d +
_
[g[[f +g[
p1
d.
Applicando la disuguaglianza di H older,
|f + g|
p
L
p
_
|f|
L
p +|g|
L
p
|(f + g)
p1
|
L
q =
_
|f|
L
p +|g|
L
p
|f +g|
p/q
L
p .
Dividendo per |f + g|
p/q
L
p il teorema `e dimostrato.
Gli spazi
p
. Sia = N e sia la misura del conteggio. Allora si `e soliti denire
p
= L
p
(N). Si noti che
1
e
1/s1/r
|f|
L
r .
dimostrazione. Sia f L
r
(). Allora [f[
s
L
r/s
() e 1 L
r/(rs)
()
(poiche `e limitato). Si noti che r/s e r/(r s) sono esponenti coniugati.
Pertanto dalla disuguaglianza di H older abbiamo che [f[
s
= 1 [f[
s
L
1
(), e
|f|
s
L
s =
_
1 [f[
s
d |1|
L
r/(rs) |f|
s
L
r =
_
()
(rs)/r
|f|
s
L
r .
Facendo la radice s-esima otteniamo il risultato voluto.
Esercizio 19. Mostrare che se () = linclusione insiemistica L
r
() L
s
(),
per r > s, `e in generale falsa.
Esercizio 20. Mostrare che per gli spazi
p
vale linclusione inversa. Precisamente,
se s < r allora
s
r
. Inoltre,
|x|
r |x|
s.
54
[Suggerimento: si osservi che, banalmente, |x|
|x|
s]
Esercizio 21. Sia f : R misurabile, con () < , e sia p [1, ). Inoltre,
per ogni g L
q
() il prodotto fg L
1
() e valga la relazione
fgd
M|g|
L
q ,
per un certo M 0 indipendente da g. Si dimostri che f L
p
() e |f|
L
p M.
Esercizio 22. Ecco una versione (molto) pi` u dicile del precedente esercizio. Sia
f : R misurabile, con () < , e sia p [1, ). Inoltre, per ogni g L
q
()
il prodotto fg L
1
(). Si dimostri che f L
p
().
22
Esercizio 23. Sia f L
p
([0, 2]) con |f|
L
p 1 per ogni p [1, ). Mostrare che
f L
n=1
|f
n
|
L
p M < .
Denendo allora g
k
(t) =
k
n=1
[f
n
(t)[, dalla disuguaglianza di Minkowski `e chiaro
che |g
k
|
L
p M per ogni k N. In particolare,
_
[g
k
(t)[
p
d M
p
, k N.
Ponendo g(t) =
j=1
[f
j
(t)[, per il Teorema della Convergenza Monotona si ha
lim
n
_
[g
n
(t)[
p
d =
_
[g(t)[
p
d M
p
.
22
Questo esercizio, in genere, viene risolto nel caso p > 1 facendo uso del Teorema 2.6 e del
Teorema 3.2. Tuttavia, `e possibile trovare una soluzione diretta.
55
Quindi g L
p
(), da cui [g(t)[ < per quasi ogni t , cio`e, la serie nu-
merica
n=1
f
n
(t) converge (assolutamente) quasi ovunque. Chiamando allora
s(t) la somma della serie e s
k
(t) le relative somme parziali k-esime, s
k
s 0
puntualmente quasi ovunque e, sempre quasi ovunque,
[s
k
(t) s(t)[
p
2
p
[g(t)]
p
L
1
().
Applicando il Teorema della Convegenza Dominata, concludiamo che
lim
n
_
[s
k
(t) s(t)[
p
d = 0,
cio`e che la serie
n=1
f
n
(t) converge in L
p
().
Il caso p = `e invece di dimostrazione quasi immediata. Sia infatti f
n
una
successione di Cauchy in L
_
e
B
nm
=
_
t : [f
n
(t) f
m
(t)[ > |f
n
f
m
|
L
_
.
Per denizione, (A
n
) = (B
nm
) = 0. Sia allora A lunione degli A
n
e dei B
nm
.
Chiaramente, (A) = 0, e sul complementare di A la successione f
n
converge
uniformemente ad una funzione limitata f. Denendo f(t) = 0 per t A, si ha
che f L
() e f
n
f in L
().
Corollario 1.14. Sia f
n
una successione convergente a f in L
p
(). Allora f
n
ammette una sottosuccessione f
n
k
convergente a f puntualmente quasi ovunque.
dimostrazione. Chiaramente dobbiamo limitarci a dimostrare il caso p < .
Siano allora f
n
, f L
p
() con f
n
f in L
p
(). Scegliamo una sottosuccessione
f
n
k
tale che
|f
n
k+1
f
n
k
|
L
p
1
k
2
.
Ripetendo il ragionamento della precedente dimostrazione, ricaviamo che la serie
k=1
_
f
n
k+1
f
n
k
k=1
_
f
n
k+1
f
n
k
,
Concludiamo che f
n
k
f
n
1
+g puntualmente quasi ovunque. Rimane da veri-
care luguaglianza f = f
n
1
+g (si veda lesercizio seguente).
56
Esercizio 25. Sia f
n
una successione convergente a f in L
p
() e convergente a g
puntualmente quasi ovunque. Allora f = g quasi ovunque. [Suggerimento: applicare
il Lemma di Fatou]
La dimostrazione del Teorema 1.13 nel caso p = 1 contiene, in particolare, la
dimostrazione del Teorema della Convergenza Dominata per le serie di funzioni (si
veda il Teorema I.3.8).
Concludiamo il paragrafo esaminando la separabilit` a degli spazi L
p
().
Esercizio 26. Dimostrare che gli spazi
p
con p [1, ) sono separabili. [Sugge-
rimento: si considerino gli elementi di
p
fin
di coordinate razionali]
Esercizio 27. Dimostrare che lo spazio
() non `e separabile.
dimostrazione. Dimostriamolo per semplicit`a assumendo che contenga un
intervallo aperto (a, b). Consideriamo la famiglia (non numerabile) di funzioni
caratteristiche
(a,c)
, al variare di c in (a, b).
`
E immediato vericare che se c ,= c
allora |
(a,c)
(a,c
)
|
L
= 1.
2 Operatori lineari
2.1 Denizioni e prime propriet`a
Siano X e Y due spazi normati.
Denizione. Una funzione T : X Y `e detta un operatore lineare (da X a Y ) se
per ogni x, y X e per ogni R si ha che
T(x + y) = T(x) + T(y).
Quando T `e un operatore lineare si preferisce scrivere Tx in luogo di T(x).
Denizione. Un operatore lineare T : X Y `e limitato se esiste M 0 tale che
|Tx|
Y
M|x|
X
, x X.
Esercizio 29. Sia X = C([0, 1]). Deniamo loperatore lineare T : X X nel
seguente modo:
(Tf)(t) = f(t) + f(0), f X.
Mostrare che T `e limitato.
58
Esercizio 30. Sia X =
1
, e sia y = (y
1
, y
2
, y
3
, . . .)
. Deniamo loperatore
lineare T : X R nel seguente modo:
Tx =
j=1
x
j
y
j
, x = (x
1
, x
2
, x
3
, . . .) X.
Mostrare che T `e limitato.
Teorema 2.1. Sia T : X Y un operatore lineare. Allora una qualsiasi delle
seguenti condizioni implica le altre due:
(i) T `e limitato;
(ii) T `e continuo (Lipschitz);
(iii) T `e continuo in 0 X.
dimostrazione. Se vale (i), allora dalla denizione di operatore limitato si
ricava subito (ii), che banalmente implica (iii). Mostriamo allora che (iii) implica
(i). Se infatti (i) non vale, cio`e T non `e limitato, allora esiste x
n
X tale che
|Tx
n
|
Y
> n|x
n
|
X
, n.
Ma allora la successione
z
n
=
x
n
n|x
n
|
X
tende a zero e
|Tz
n
|
Y
> 1, n,
per cui T non `e continuo in zero, ovvero (iii) implica (i).
Alla luce di questo teorema, parleremo indierentemente di operatore lineare
continuo o limitato.
Indichiamo con L(X, Y ) linsieme degli operatori lineari continui da X a Y (si
usa la notazione L(X) in luogo di L(X, X) se X = Y ). Dati T, S L(X, Y ) e
R, si pu` o denire loperatore
(T + S)(x) = Tx + Sx.
Dunque lo spazio L(X, Y ) `e a sua volta uno spazio lineare, che risulta essere uno
spazio normato rispetto alla norma
|T|
L(X,Y )
= sup
x1
|Tx|
Y
.
Osservazione.
`
E banale vericare che
sup
x1
|Tx|
Y
= sup
x=1
|Tx|
Y
.
59
Esercizio 31. Si mostri che |T|
L(X,Y )
`e la pi` u piccola (e quindi la migliore!)
costante M per cui vale la disuguaglianza |Tx|
Y
M|x|
X
.
Esercizio 32. Sia X = L
2
([0, 1]), e sia T : X X l operatore di moltiplicazione
per t, denito come
(Tf)(t) = tf(t), f X.
Mostrare che |T|
L(X)
= 1.
Proposizione 2.2. Se Y `e uno spazio di Banach, allora L(X, Y ) `e uno spazio di
Banach.
23
dimostrazione. Sia T
n
una successione di Cauchy in L(X, Y ). Allora, per
ogni x X, la successione T
n
x `e una successione di Cauchy in Y , e quindi
convergente a un valore Tx Y . Infatti,
|T
n
x T
m
x|
Y
|T
n
T
m
|
L(X,Y )
|x|
X
.
Lasciamo per esercizio la dimostrazione che T : X Y `e un operatore lineare.
Dobbiamo mostrare che T `e continuo e che T
n
T in L(X, Y ). Fissato > 0,
dalla formula precedente ricaviamo che, per n, m abbastanza grandi,
|T
n
x T
m
x|
Y
|x|
X
.
Dunque, facendo il limite m ,
|T
n
x Tx|
Y
|x|
X
.
Questo, in particolare, ci dice che T L(X, Y ). Inne, dallarbitrariet` a di ,
otteniamo la convergenza desiderata.
Denizione. Due spazi normati X e Y sono isomor se esiste un operatore biettivo
T L(X, Y ) con T
1
L(Y, X).
Un isomorsmo tra spazi normati trasferisce tutte le propriet` a lineari e topo-
logiche da uno spazio allaltro (in particolare, la completezza). Pertanto, due spazi
normati isomor possono essere senzaltro identicati dal punto di vista topologico.
Proposizione 2.3. Uno spazio normato X di dimensione N `e isomorfo a R
N
.
dimostrazione. Abbiamo gi` a mostrato lesistenza di un isomorsmo alge-
brico (cio`e un operatore lineare biettivo) I : X R
N
. Ripetendo allora la di-
mostrazione della Proposizione 1.7 con X al posto di (R
N
, | |
), si vede subito
che I `e bicontinuo.
23
Vale anche il viceversa.
60
Una conseguenza interessante di questa proposizione `e che i sottospazi nito
dimensionali di uno spazio normato sono chiusi.
Esercizio 33. Sia T L(X, Y ). Allora il nucleo (kernel) di T denito da
ker(T) =
_
x X : Tx = 0
_
`e un sottospazio chiuso di X.
Osservazione. T `e iniettivo se e solo se ker(T) = 0.
Operatori lineari particolarmente interessanti sono le isometrie. Diciamo che
T L(X, Y ) `e unisometria se |Tx|
Y
= |x|
X
per ogni x X. Si noti che le
isometrie sono operatori iniettivi (ma non necessariamente suriettivi).
Esercizio 34. Mostrare che se X `e uno spazio di Banach, Y uno spazio normato
e T L(X, Y ) `e unisometria, allora TX `e un sottospazio chiuso di Y .
Unaltra classe di operatori particolarmente signicativa `e quella degli operatori
compatti. Discuteremo in dettaglio questi operatori nel prossimo capitolo, quando
avremo introdotto la convegenza debole.
2.2 Iniezioni continue
Assumiamo che lo spazio normato X sia un sottospazio lineare di Y (che potrebbe
anche coincidere, come spazio lineare, con Y ). Loperatore lineare che vogliamo
considerare `e loperatore di inclusione o iniezione J : X Y denito da
Jx = x, x X.
Se la mappa J `e continua, cio`e se esiste M 0 tale che
|x|
Y
M|x|
X
, x X,
diremo che X `e incluso con continuit` a in Y , e scriveremo
X Y.
In particolare se x
n
`e una successione di elementi di X che converge a x X nella
norma di X, allora converge a x anche nella norma di Y .
Si noti che se X e Y sono lo stesso spazio lineare con due diverse norme, allora
le due norme sono equivalenti se e solo se si ha
X Y e Y X.
Esempio. Con riferimento alla Proposizione 1.12, se () < e s < r ab-
biamo liniezione continua L
r
() L
s
(). Analogamente, abbiamo liniezione
continua
s
r
.
61
Esercizio 35. Siano X = C([a, b]) con la norma del massimo, e Y = C([a, b]) con
la norma integrale. Mostrare che X Y . Mostrare che invece non si ha Y X.
Esercizio 36. Siano X Y , e sia A X. Mostrare che se A `e chiuso in Y allora
A `e chiuso in X.
2.3 Il Teorema di Baire e le sue conseguenze
Denizione. Sia X uno spazio normato. Un sottoinsieme A di X `e detto mai
denso se la sua chiusura A ha interno vuoto, cio`e non contiene sottoinsiemi aperti
non vuoti di X. Un insieme di prima categoria (in X) `e ununione numerabile di
sottoinsiemi di X mai densi. Tutti gli altri sottoinsiemi di X sono detti di seconda
categoria.
Esempio. Linsieme Q `e di prima categoria in R.
Teorema 2.4 (Baire). Ogni spazio di Banach `e di seconda categoria (in se).
dimostrazione. Per assurdo, sia X =
n=1
A
n
, con A
n
chiuso mai denso.
Scegliamo x
1
A
C
1
. Allora esiste
1
< 1 tale che B(x
1
,
1
) A
C
1
. Linsieme mai
denso A
2
non pu`o contenere B(x
1
,
1
). Scegliamo x
2
A
C
2
B(x
1
,
1
). Allora
esiste
2
< 1/2 tale che B(x
2
,
2
) A
C
2
B(x
1
,
1
). Procedendo in questo modo,
costruiamo una successione di palle nidicate
B(x
1
,
1
) B(x
2
,
2
) B(x
3
,
3
) ,
ciascuna di raggio
n
< 1/n. La successione x
n
dei centri delle palle `e di Cauchy,
e quindi converge a un certo x X. Ora, se x appertenesse a X, per ipotesi
esisterebbe n
0
tale che x A
n
0
. Ma la successione x
n
, per n n
0
appartiene a
B(x
n
0
,
n
0
), che `e un insieme chiuso, e quindi il suo limite x appartiene anchesso
a B(x
n
0
,
n
0
). Dato che B(x
n
0
,
n
0
) A
n
0
= , concludiamo che x , A
n
0
. Con-
traddizione.
Osservazione. Dalla dimostrazione si evince che il risultato vale pi` u in generale
se X `e uno spazio metrico completo.
Un corollario immediato (in realt`a, un enunciato alternativo del Teorema di
Baire) `e il seguente.
Corollario 2.5. Sia X uno spazio di Banach. Lintersezione di una collezione
numerabile di aperti densi in X `e un insieme denso in X.
In particolare, lintersezione `e non vuota. Spesso questa `e la conseguenza pi` u
interessante del risultato.
dimostrazione. Sia A
n
una famiglia numerabile di aperti densi in X. Se esi-
ste una palla chiusa B X tale che
n
A
n
B = , passando al complementare,
n
(A
C
n
B) = B, da cui B `e di prima categoria in se, in contraddizione con il
Teorema di Baire (B `e uno spazio metrico completo).
62
Esercizio 37. Mostrare che R si pu`o scrivere come unione disgiunta R = G F,
dove G `e un insieme G
nN
C
n
. Sfruttiamo ora il fatto che X
`e uno spazio di Banach. Dunque, dal Teorema di Baire, deve esistere n
0
tale
che C
n
0
non abbia interno vuoto. Ovvero, esistono > 0 e x
0
X tali che
C
n
0
B(x
0
, ). Se |z|
X
, segue che z +x
0
B(x
0
, ) C
n
0
, da cui
|Tz|
Y
|T(z +x
0
)|
Y
+|Tx
0
|
Y
2n
0
, T T.
Pertanto, se x ,= 0,
|Tx|
Y
=
1
|x|
X
_
_
_T
_
x
|x|
X
__
_
_
Y
2n
0
|x|
X
, T T.
Chiaramente, tale formula vale anche per x = 0.
Si noti che il Teorema di Uniforme Limitatezza vale anche se Y non `e completo.
Al contrario, `e essenziale che X lo sia.
Corollario 2.7. Sia T L(X, Y ). Se non esiste alcuna costante M 0 per cui
sia vericata la relazione
sup
TF
|T|
L(X,Y )
M,
allora esiste un insieme G
nN
A
n
`e un
G
nN
nU = X, dalla suriettivit` a di T ricaviamo che
Y = T
_
_
nN
nU
_
=
_
nN
T(nU) =
_
nN
nTU.
Sfruttando il fatto che Y `e di seconda categoria, linsieme TU non pu` o avere
interno vuoto. Dunque, esisteranno y Y e > 0 tali che TU y + V .
Essendo T suriettiva, y = Tx per qualche x X, dunque TU Tx + V ,
ovvero,
T(U x) V.
A patto di prendere M > 0 abbastanza grande, U x MU. Quindi, ponendo
= /M, otteniamo nalmente
TU V.
64
Questa `e quasi la nostra tesi. Dobbiamo ora rimuovere la chiusura (e lo faremo,
a patto di dimezzare ). Sia y V . Allora esiste x
1
U tale che
|y Tx
1
|
Y
2
.
Poniamo y
1
= y Tx
1
. Notiamo che y
1
2
V . Quindi esiste x
2
1
2
U tale che
|y
1
Tx
2
|
Y
4
.
Poniamo y
2
= y
1
Tx
2
. Procedendo in questo modo, costruiamo due successioni
x
n
1
2
n1
U e y
n
2
n
V tali che
|y
n
Tx
n
|
Y
2
n
.
Si noti che
y
n+1
= y
n
j=1
Tx
j
.
A questo punto, sia
x =
n=1
x
n
.
La serie converge assolutamente, e quindi converge poiche X `e di Banach. Inoltre,
|x|
X
n=1
|x
n
|
X
<
n=1
1
2
n1
= 2.
Inne, y = Tx. Infatti,
|y Tx|
Y
= lim
n
_
_
_y
n
j=1
Tx
j
_
_
_
Y
= lim
n
|y
n+1
|
Y
= 0.
Pertanto TU
2
V .
Contrariamente al Teorema di Uniforme Limitatezza, nel Teorema della Mappa
Aperta `e fondamentale che entrambi gli spazi X e Y siano di Banach.
Teorema 2.11 (Mappa Inversa). Sia T L(X, Y ) una mappa biettiva. Allora
T
1
L(Y, X).
dimostrazione. Dobbiamo mostrare la continuit`a di T
1
. Per fare ci`o `e
suciente far vedere che controimmagini di aperti in X attraverso la mappa T
1
sono aperti in Y . Sia allora A X un insieme aperto. Poiche T `e biettiva
(T
1
)
1
(A) = TA,
che `e aperto in virt` u del Teorema della Mappa Aperta.
65
Vediamo ora una conseguenza del Teorema della Mappa Inversa.
Corollario 2.12. Sia X uno spazio lineare, e siano | | e | |
M|x|, x X.
Allora le due norme sono equivalenti.
dimostrazione. La mappa identit`a J : (X, | |) (X, | |
) `e continua
(e, ovviamente, biettiva). Per il Teorema della Mappa Inversa lapplicazione
J
1
: (X, | |
= |x|
X
+|Tx|
Y
.
La norma | |
, x X.
Per il Corollario 2.12, esiste M 1 tale che
|x|
X
+|Tx|
Y
M|x|
X
, x X,
da cui
|Tx|
Y
(M 1)|x|
X
, x X.
Quindi T `e continuo.
Osservazione. Il teorema si dice del Graco Chiuso poiche si pu` o riformulare
in modo equivalente dicendo che se il graco di T
((T) =
_
(x, Tx) : x X
_
`e un sottoinsieme chiuso di X Y , allora T `e un operatore continuo.
24
Si noti che questa propriet`a vale anche se T non `e lineare, ma solo continuo. Tuttavia, un
operatore non lineare pu`o essere chiuso ma non continuo. Ad esempio, la mappa da R in R denita
da 1/t se t ,= 0 e 0 altrimenti.
66
3 Lo spazio duale
3.1 Denizioni e prime propriet`a
Denizione. Sia X uno spazio normato. Un operatore lineare : X R `e detto
funzionale (lineare). Lo spazio di Banach L(X, R) `e detto spazio duale di X, e viene
indicato con X
. Gli elementi di X
. Calcolare quindi ||
X
.
Esercizio 42. Sia X = C
c
(R) (funzioni a supporto compatto) con la norma del
massimo. Deniamo il funzionale lineare : X R nel seguente modo:
f =
_
f(t)dt, f X.
Mostrare che non `e continuo. [Suggerimento: vericare che ker() `e denso]
67
Esercizio 43. Mostrare che ogni funzionale lineare su R
N
`e della forma x x, y),
per qualche y R
N
. Concludere che il duale di R
N
pu` o essere identicato in modo
naturale con R
N
.
Osservazione. Lesercizio ci dice in particolare che tutti i funzionali lineari su
R
N
sono continui. Questa `e una peculiarit`a degli spazi di Banach nito dimen-
sionali. Negli spazi innito dimensionali `e infatti sempre possibile (sfruttando
lesistenza della base di Hamel) costruire un funzionale lineare non continuo.
Esercizio 44. Sia X = L
p
(). Fissata g L
q
(), deniamo il funzionale
g
:
X R nel seguente modo:
g
f =
_
fgd, f X.
Mostrare che
g
X
e che |
g
|
X
= |g|
L
q .
25
`
E allora sensato chiedersi se tutti i funzionali di L
p
() siano della forma
g
,
con g L
q
(). La risposta `e aermativa se p < . Enunciamo infatti senza
dimostrazione il
Teorema 3.2. Sia p [1, ). Allora tutti e soli i funzionali lineari continui di
L
p
() sono della forma
g
, con g L
q
().
26
Esercizio 45. Dimostrare il Teorema 3.2 per il caso particolare degli
p
.
Possiamo pertanto identicare il duale di L
p
() con L
q
() attraverso la mappa
g
g
. Per quanto riguarda L
() contiene strettamente L
1
() (a meno che la misura
sia concentrata in un numero nito di punti
27
).
3.2 Il Teorema di Hahn-Banach
Enunciamo il risultato fondamentale sui funzionali lineari continui.
Teorema 3.4 (Hahn-Banach). Sia X uno spazio normato, e sia Y X un suo
sottospazio. Dato un funzionale lineare
0
: Y R tale che
[
0
y[ M|y|, y Y,
esiste unestensione X
di
0
tale che ||
X
M.
25
Se p = 1 luguaglianza vale se si assume che ogni insieme di misura innita contenga un
sottoinsieme misurabile di misura nita strettamente positiva.
26
Se p = 1 si deve supporre inoltre che la misura sia -nita.
27
Nel qual caso L
1
() e L
() coincidono con R
N
in norma-1 e norma-, rispettivamente.
68
Si noti che il sottospazio Y pu` o non essere chiuso. La dimostrazione si basa sul
celebre Lemma di Zorn
28
, che richiamiamo per convenienza del lettore.
Lemma 3.5 (Zorn). Ogni insieme non vuoto parzialmente ordinato in cui ogni
catena abbia estremo superiore ha un elemento massimale.
Ricordiamo che un insieme parzialmente ordinato `e un insieme su cui `e denita
una relazione di ordine parziale. Una catena `e un sottoinsieme totalmente ordinato.
Procediamo quindi alla dimostrazione del Teorema di Hahn-Banach.
dimostrazione. Sia x , Y . Mostriamo che `e possibile estendere
0
a un
funzionale di norma minore o uguale a M denito sul sottospazio di X
Z =
_
y +x : y Y, R
_
.
Deniamo (y + x) =
0
y + , con R. Dobbiamo sincerarci per` o che
esista R (non necessariamente unico) tale che
[(y + x)[ = [
0
y +[ M|y +x|
X
, y Y, R.
Dividendo entrambi i membri per ,= 0, il cercato deve vericare la relazione
0
y M|y + x|
X
0
y +M|y +x|
X
, y Y,
che `e certamente soddisfatta se
0
w M|w +x|
X
0
y + M|y +x|
X
, y, w Y,
Ma questultima disuguaglianza si pu` o riscrivere come
0
(y w) M|y +x|
X
+M|w + x|
X
,
ed `e immediato vericare che
0
(y w) [
0
(y w)[ M|y w|
X
M|y +x|
X
+ M|w +x|
X
.
Sia ora o la collezione delle coppie ordinate (, Z), dove Z `e un sottospazio di
X che contiene Y , e `e un funzionale lineare su Z di norma minore o uguale a
M che coincide con
0
se ristretto a Y . Deniamo su o una relazione di ordine
parziale dichiarando (
, Z
) (
, Z
) se Z
[
Z
=
. Linsieme o
`e non vuoto. Inoltre, se o
Z, al variare
degli Z tali che (, Z) o
`e un sottospazio,
sul quale possiamo denire il funzionale
,
allora x Z con (, Z) o
, e poniamo quindi
x = x. Evidentemente,
(
, Z
([0, 1])
con |
x
|
X
= 1 tale che
x
x = |x|
X
.
dimostrazione. Sia Y =
_
x : R
_
X. Poniamo
0
(x) = |x|
X
, ed
estendiamo
0
su X.
In particolare, X
, allora x = z.
Osservazione. Usando la linearit` a di , un enunciato equivalente `e il seguente:
se x X e x = 0 per ogni X
, allora x = 0.
Corollario 3.8. Se Y `e un sottospazio chiuso proprio di X e x , Y , allora esiste
X
tale che x ,= 0 ma [
Y
= 0.
dimostrazione. Sia x , Y . Deniamo Z =
_
x + y : y Y, R
_
X, e
il funzionale
0
(x + y) = . Poiche ker(
0
) = Y , e Y `e chiuso,
0
`e continuo
su Z. Estendiamo allora
0
su tutto X.
Esercizio 46. Sia x X e sia x = 0 per ogni Y con Y denso in X
.
Dimostrare che x = 0.
3.3 Riessivit`a
Sia X uno spazio di Banach. Il suo duale X
attraverso la mappa
canonica cos` denita:
(x) = F
x
,
70
dove F
x
`e lelemento di X
che agisce su X
.
La mappa `e un isomorsmo isometrico da X a (X) X
. Infatti
|F
x
|
X
= sup
X
=1
[F
x
[ = sup
X
=1
[x[ |x|
X
.
Daltro canto, per il Corollario 3.6, esiste un elemento X
di norma unitaria
tale che
[x[ = |x|
X
.
Concludiamo quindi che (X) `e un sottospazio chiuso di X
.
Denizione. Uno spazio di Banach X `e riessivo se la mappa canonica : X X
`e suriettiva.
In tal caso, X pu` o essere identicato con il suo biduale X
.
`
E importante
ricordare che uno spazio `e riessivo se `e isometricamente isomorfo al suo biduale
attraverso la mappa , e non attraverso una qualsiasi altra mappa.
29
Proposizione 3.9. X `e riessivo se e solo se X
`e riessivo.
dimostrazione.
`
E facile mostrare che un isomorsmo tra spazi di Banach
preserva la riessivit` a. Dunque, se X `e riessivo lo stesso vale per X
. La sola
cosa da provare `e allora limplicazione
X
riessivo = X riessivo.
Sia X
. Dal
Corollario 3.8, esiste X
, ,= 0, tale che F
x
= 0 per tutti gli F
x
(X).
Usando la riessivit` a di X
, =
, per qualche X
. Pertanto,
0 =
F
x
= F
x
= x, x X.
Concludiamo che = 0, e, conseguentemente, = 0. Contraddizione.
Proposizione 3.10. Un sottospazio chiuso Y di uno spazio di Banach X riessivo
`e riessivo.
dimostrazione. Associamo a F
0
Y
un elemento F X
nel seguente
modo:
F = F
0
[
Y
, X
.
Dato che X `e riessivo, esiste x X tale che F = x per ogni X
.
Pertanto,
F
0
[
Y
= x, X
.
29
Esiste un controesempio dovuto a James di uno spazio di Banach non riessivo isometricamente
isomorfo al suo biduale.
71
Ma Y `e chiuso, e luguaglianza di cui sopra ci dice che x = 0 per ogni X
tale che [
Y
= 0, implicando cos` x Y . Sia ora
0
Y
. Estendiamo
0
a
X
. Allora,
F
0
0
= F
0
[
Y
= F = x =
0
x.
Concludiamo che F
0
(Y ), ovvero, : Y Y
`e suriettiva.
Esaminiamo alcune questioni di separabilit` a.
Proposizione 3.11. Se X
`e separabile.
dimostrazione. Ragionando come nella dimostrazione della Proposizione 3.9,
dobbiamo solo dimostrare che se X
().
Osservazione. La non riessivit` a di L
1
() (e quindi anche L
.
La convergenza in norma (detta anche convergenza forte) implica quella debole,
poiche
[(x
n
x)[ ||
X
|x
n
x|
X
.
Il viceversa `e in generale falso.
Esercizio 47. Mostrare che il limite debole di una successione x
n
X, se esiste,
`e unico.
Osservazione. Sebbene in questa sede ci siamo limitati a considerare la
convergenza debole di successioni, un discorso pi` u approfondito richiederebbe
lintroduzione della topologia debole. In particolare, la topologia debole `e sempre
pi` u debole della topologia della norma quando lo spazio `e innito dimensionale.
Ci` o per` o non signica che in uno spazio innito dimensionale sia sempre vero che
la convergenza debole non implichi la convergenza forte.
30
Un esempio interes-
santissimo `e il caso dello spazio (innito dimensionale)
1
, dove si ha che x
n
x
se e solo se x
n
w
x.
31
Proposizione 3.13. Se x
n
w
x allora x
n
`e una successione limitata.
dimostrazione. Se x
n
w
x, allora x
n
`e limitato per ogni X
. Conside-
riamo la famiglia di mappe F
n
X
denite da
F
n
= x
n
.
Per ogni ssato, esiste M
0 tale che
sup
nN
[F
n
[ M
.
Dal Teorema di Uniforme Limitatezza, ricaviamo lesistenza di M 0 tale che
sup
nN
[F
n
[ M||
X
.
Ma per ogni x X, esiste
x
X
xn
[ M|
xn
|
X
= M,
come volevasi dimostrare.
30
Il problema `e che noi ci limitiamo a considerare successioni, mentre la topologia debole, che
non `e metrizzabile, non pu`o essere completamente descritta dalle sole successioni.
31
Risultato dovuto a Schur.
73
Osservazione. Se x
n
w
x allora
|x|
X
liminf
n
|x
n
|
X
.
Infatti, sia
x
X
x
x
n
= lim
n
[
x
x
n
[ liminf
n
|
x
|
X
|x
n
|
X
= liminf
n
|x
n
|
X
.
Come vedremo, ci sono esempi in cui vale eettivamente il minore stretto.
Esercizio 48. Siano x
n
, x X e
n
, X
converge
debolmente- a (e scriviamo
n
w
) se
n
x x per ogni x X.
Si osservi che la convergenza debole- `e una convergenza denita sul duale di
uno spazio di Banach. Si tratta sostanzialmente della convergenza debole su X
, ma
testata non su tutti gli elementi di X
n
w
=
n
w
.
Se X `e riessivo (e dunque (X) = X
.
Esercizio 50. Come nella situazione precedente, mostrare che il limite debole- `e
unico e le successioni debolmente- convergenti sono limitate.
Esercizio 51. Siano x
n
, x X e
n
, X
, e sia
M = sup
nN
|
n
|
X
.
Inne, sia x
k
una successione densa in X. La successione
n
x
1
`e limitata in
R, e dunque ammette una sottosuccessione convergente
n
j
x
1
. Ripetendo il ra-
gionamento con
n
j
x
2
, troviamo una sotto-sottosuccessione
n
j
i
x
2
convergente.
74
Iterando la procedura, e usando lo stesso procedimento di estrazione diagonale
gi` a visto nella dimostrazione del Teorema di Ascoli-Arzel` a, troviamo una sotto-
successione
nm
di
n
tale che
nm
x
k
converge in R per ogni k N. Preso ora
un generico x X, mostriamo che esiste il limite
x = lim
m
nm
x.
Invero, ssato > 0 arbitrario, esiste k N tale che
|x x
k
|
2M
.
Pertanto,
[
n
i
x
n
j
x[ [
n
i
x
n
i
x
k
[ +[
n
i
x
k
n
j
x
k
[ +[
n
j
x
k
n
j
x[
[
n
i
x
k
n
j
x
k
[ + 2M|x x
k
|
[
n
i
x
k
n
j
x
k
[ + .
Facendo il limite i, j , e sfruttando larbitrariet` a di , concludiamo che la
successione
nm
x `e di Cauchy, e pertanto converge. Ci resta solo da mostrare
che X
() = (L
1
())
. Sia f
n
L
() una successione
limitata. Allora per il Teorema di Banach-Alaoglu esiste f
n
k
w
f, per qualche
f L
f
n
k
gd
_
fgd, g L
1
().
Il risultato `e, in generale, falso se si omette la separabilit`a di X.
Esempio. Sia X =
, e si consideri la successione
n
X
data da
n
x = x
n
, x = (x
1
, x
2
, . . .) X.
La successione
n
`e chiaramente limitata in X
, cosicche la
convergenza debole in X coincide con la convergenza debole- in X
(con abuso
di linguaggio, si dice che la convergenza debole e debole- coincidono su X).
Vale quindi il
Teorema 3.15. Se X `e riessivo, ogni successione limitata in X ammette una
sottosuccessione debolmente convergente.
75
dimostrazione. Per semplicit`a, assumiamo X separabile (ma si noti che il
risultato vale anche nellipotesi X non separabile). Dunque X
`e separabile.
Sia allora x
n
una successione limitata in X. Dato che x
n
pu` o essere pensata
(usando la mappa canonica ) come una successione limitata in in X
, esiste
una sottosuccessione x
n
k
convergente a x debolmente- in X
, vale a dire, x
n
k
converge a x debolmente in X.
Osservazione. Limplicazione inversa, nota in letteratura come Teorema di
Eberlein-Shmulyan, `e anchessa vera. Di fatto, questa `e una caratterizzazione
degli spazi riessivi. Precisamente: uno spazio di Banach X `e riessivo se e
solo se ogni successione limitata in X ammette una sottosuccessione debolmente
convergente.
Esercizio 52. Sia X riessivo. Dato X
, allora K X
);
- ogni sottosuccessione di Kx
n
ha punti limite (poiche x
n
`e limitata in X).
Ma se Kx
n
k
y per una sottosuccessione x
n
k
, allora y = Kx, forzando la con-
vergenza a Kx dellintera successione. Osserviamo che per questa implicazione
non abbiamo utilizzato la riessivit` a di X.
Viceversa, sia B X un insieme limitato, e sia y
n
una successione di elementi
di KB. Allora esiste x
n
B tale che Kx
n
= y
n
. Usando la riessivit`a di X, la
successione x
n
ammette una sottosuccessione x
n
k
debolmente convergente ad un
certo x X. Ma allora y
n
k
= Kx
n
k
Kx fortemente, da cui segue che KB `e
relativamente compatto.
Corollario 3.18. /(X, Y ) `e uno spazio di Banach nella norma indotta da L(X, Y ).
dimostrazione. Basta mostrare che /(X, Y ) `e un sottospazio chiuso di
L(X, Y ). Sia K
n
/(X, Y ) una successione convergente a K in L(X, Y ).
Dobbiamo far vedere che K /(X, Y ). Sia dunque x
j
w
x. In particolare,
|x
j
|
X
M. Otteniamo quindi
|Kx
j
Kx|
Y
|Kx
j
K
n
x
j
|
Y
+|K
n
x
j
K
n
x|
Y
+|K
n
x Kx|
Y
2M|K K
n
|
L(X,Y )
+|K
n
x
j
K
n
x|
Y
.
Fissiamo > 0, e scegliamo n tale che 2M|K K
n
|
L(X,Y )
< /2. Poiche K
n
`e
compatto, per j sucientemente grande |K
n
x
j
K
n
x|
Y
< /2. Concludiamo
che
limsup
j
|Kx
j
Kx|
Y
< .
Dallarbitrariet` a di segue la tesi.
77
Osservazione Il corollario appena visto ci garantisce che il limite in norma di
una successione di operatori di rango nito `e un operatore compatto.
Esercizio 55. Sia k(t, s) L
2
([0, 1] [0, 1]). Consideriamo loperatore lineare,
T
k
: L
2
([0, 1]) L
2
([0, 1]), detto operatore integrale di nucleo k, denito da
(T
k
f)(t) =
_
1
0
k(t, s)f(s)ds.
Mostrare che T
k
`e limitato e che
|T
k
|
L(L
2
([0,1]))
|k|
L
2
([0,1][0,1])
.
Mostrare quindi che T
k
`e compatto.
33
3.7 Sulle diverse convergenze negli spazi L
p
()
Terminiamo il capitolo analizzando le relazioni che intercorrono tra alcuni tipi di
convergenza delle successioni di funzioni negli spazi L
p
(). In questo paragrafo,
`e, per semplicit`a, un sottoinsieme misurabile di R (o di R
N
) di misura di Lebesgue
positiva. Tutte le funzioni di cui parleremo saranno denite (quasi ovunque) su a
valori reali.
Innanzitutto, dimostriamo un risultato di unicit` a del limite debole e puntuale
quasi ovunque.
Proposizione 3.19. Se f
n
w
f in L
p
() e f
n
g puntualmente quasi ovunque,
allora f = g.
dimostrazione. Supponiamo per assurdo che il risultato sia falso. Allora
esister` a
0
di misura nita positiva tale che g `e limitata su
0
, e f(t) ,= g(t)
per t
0
. Applicando il Teorema di Egoro, esiste un secondo insieme
1
0
,
sempre di misura positiva, tale che f
n
g uniformemente su
1
(in altre parole,
f
n
g in L
(
1
)). Usando liniezione continua L
(
1
) L
p
(
1
), concludiamo
che f
n
g in L
p
(
1
), e quindi f
n
w
g in L
p
(
1
).
`
E facile vericare che anche
f
n
w
f in L
p
(
1
). Pertanto, per lunicit` a del limite debole, f e g devono
coincidere su
1
, contro lipotesi.
Una conseguenza quasi immediata `e una forma debole del Teorema della Con-
vergenza Dominata (risultato, questo, di fondamentale importanza nello studio delle
equazioni non lineari alle derivate parziali).
Teorema 3.20. Sia p (1, ). Assumiamo che f
n
f puntualmente quasi
ovunque e |f
n
|
L
p M. Allora f
n
w
f in L
p
().
33
Gli operatori integrali di nucleo a quadrato sommabile, altrimenti noti come operatori di
Hilbert-Schmidt, formano un sottoinsieme denso nello spazio di Banach degli operatori compatti.
78
dimostrazione. Dalla riessivit` a, sappiamo che esiste una sottosuccessione
f
n
k
ed una funzione g L
p
() tali che f
n
k
w
g. Ma la proposizione precedente ci
dice che g = f. Daltro canto, ogni sottosuccessione debolmente convergente di
f
n
deve avere f come suo limite debole.
`
E facile allora mostrare che ci`o implica
la convergenza debole a f dellintera successione f
n
.
Gli spazi L
p
() con p (1, ) (cos` come gli spazi di Hilbert, che vedremo pi` u
avanti) esibiscono uninteressante propriet`a,
34
che enunciamo senza dimostrazione.
Proposizione 3.21. Sia p (1, ). Se f
n
w
f in L
p
() e |f
n
|
L
p |f|
L
p, allora
f
n
f in L
p
().
Osservazione. Lo stesso risultato `e invece falso in L
1
(). Un esempio in tal
senso `e dato dalla successione di funzioni f
n
(t) = 1+sin nt L
1
([0, 2]). Infatti,
per ogni n N,
|f
n
|
L
1 =
_
2
0
(1 + sin nt)dt = 2,
e, come dimostreremo in seguito, sin nt
w
0, da cui f
n
w
1.
Unendo il Teorema 3.20 e la Proposizione 3.21 otteniamo il
Corollario 3.22. Sia p (1, ). Assumiamo che f
n
f puntualmente quasi
ovunque e |f
n
|
L
p |f|
L
p. Allora f
n
f in L
p
().
Osservazione. Questo risultato `e vero anche in L
1
(). Ovviamente, si deve
procedere con una diversa dimostrazione.
Concludiamo il paragrafo con alcune osservazioni sulla convergenza debole. Si
`e gi`a accennato che la successione sin nt (e analogamente cos nt) converge debol-
mente a 0 in L
2
([0, 2]). Tuttavia `e immediato vericare che sin nt non ammette
alcuna sottosuccessione convergente a 0 puntualmente quasi ovunque. Analizziamo
unulteriore situazione. La successione di funzioni
f
n
(t) = sin nt + cos nt
converge debolmente a 0, ma la successione f
2
n
converge debolmente a 1 in L
2
([0, 2]).
Questi esempi ci mostrano che, in generale, la convergenza debole non d` a infor-
mazioni di alcun tipo riguardo alla convegenza puntuale.
34
La propriet`a discussa `e soddisfatta da tutti gli spazi di Banach uniformemente convessi. Gli
spazi L
p
(), con p (1, ), sono infatti spazi uniformemente convessi (Teorema di Clarkson).
Ricordiamo che uniformemente convesso signica che per ogni x
n
e y
n
con |x
n
| 1 e |y
n
| 1,
la convergenza |x
n
+y
n
| 2 implica che |x
n
y
n
| 0.
III. Spazi di Hilbert
1 Geometria degli spazi di Hilbert
1.1 Spazi con prodotto interno
Sia H uno spazio lineare su R. Un prodotto interno o prodotto scalare in H `e una
forma bilineare, simmetrica e denita positiva da H H in R, cio`e una funzione
, ) : H H R
che soddisfa le condizioni
(i) x +y, z) = x, z) +y, z) R, x, y, z H (linearit` a);
(ii) x, y) = y, x) x, y H (simmetria);
(iii) x, x) 0 x H (positivit` a);
(iv) x, x) = 0 x = 0 (annullamento).
Unendo (i) e (ii) ricaviamo la linearit`a anche nella seconda variabile. Dunque la
forma `e bilineare (lineare in entrambi gli argomenti). In particolare,
x, 0) = 0, x H.
Osservazione. Analogamente, se H `e uno spazio lineare sul campo C, si
denisce il prodotto interno rimpiazzando la condizione (ii) con
(ii)
x, y) = y, x) x, y H .
In tal caso, la forma , ) : H H C `e detta sesquilineare. Si noti che vale la
relazione x, y) = x, y).
Denizione. Due vettori x, y H si dicono ortogonali se
x, y) = 0.
Spesso si usa la notazione x y. Un insieme A H si dice ortogonale se x, y) = 0
per ogni x, y A, con x ,= y. Se in aggiunta ogni vettore x A `e tale che x, x) = 1,
linsieme si dice ortonormale.
79
80
Denizione. Uno spazio lineare H su R dotato di un prodotto interno , ) `e detto
spazio con prodotto interno.
Esempio. R
N
`e uno spazio con prodotto interno, denendo
x, y) =
N
j=1
x
j
y
j
,
dove x = (x
1
, . . . , x
N
), y = (y
1
, . . . , y
N
). Si noti che la relazione di ortogonalit` a
tra due vettori `e quella usuale della geometria euclidea.
Esercizio 1. Si dimostri che C([0, 1]) `e uno spazio con prodotto interno ponendo
f, g) =
_
1
0
f(t)g(t)dt.
Introduciamo ora la funzione a valori in [0, ) denita da
|x| =
_
x, x), x H.
Abbiamo volutamente utilizzato il simbolo di norma poiche dimostreremo che si
tratta eettivamente di una norma.
`
E immediato vericare che valgono le propriet`a
di omogeneit` a e annullamento. Per dimostrare la disuguaglianza triangolare ci oc-
corre il seguente
Teorema 1.1 (Disuguaglianza di Cauchy-Schwarz). Dato uno spazio con prodotto
interno H, vale la disuguaglianza
[x, y)[ |x||y|, x, y H.
dimostrazione. Se x = 0 o y = 0 la tesi `e ovvia. Siano dunque entrambi
diversi da zero. Per ogni t > 0, si ha che
0 |x ty|
2
= |x|
2
+t
2
|y|
2
2tx, y),
da cui
x, y)
1
2t
|x|
2
+
t
2
|y|
2
.
Ponendo allora t = |x|/|y|, si ricava
x, y) |x||y|.
Ripetendo il ragionamento con x al posto di x si ha anche
x, y) |x||y|.
che, unita alla precedente disuguaglianza, d` a la tesi.
81
Esercizio 2. Si verichi che la funzione x |x| soddisfa la propriet`a triangolare
della norma.
Concludiamo quindi che la funzione x |x| denisce una norma su H. Di con-
seguenza, uno spazio con prodotto interno `e in particolare uno spazio normato, con
la norma indotta dal prodotto interno. Osserviamo che due vettori x e y soddisfano
la relazione
|x +y|
2
= |x|
2
+|y|
2
se e solo se sono ortogonali.
35
Esercizio 3. Sia
n=1
x
n
una serie convergente in H tale che x
n
sia un insieme
ortogonale. Dimostrare luguaglianza
_
_
_
n=1
x
n
_
_
_
2
=
n=1
|x
n
|
2
.
Esercizio 4. Utilizzando la disuguaglianza di Cauchy-Schwarz, dimostrare che
lapplicazione (x, y) x, y) `e continua in entrambi gli argomenti. Ovvero, se
x
n
x e y
n
y, allora x
n
, y
n
) x, y).
1.2 Completezza: spazi di Hilbert
Denizione. Uno spazio con prodotto interno `e detto spazio di Hilbert quando `e
completo (nella norma indotta dal prodotto interno). Uno spazio di Hilbert `e in
particolare uno spazio di Banach.
Esempio. R
N
`e uno spazio di Hilbert con il prodotto interno denito nel prece-
dente esempio. La norma indotta dal prodotto interno `e la norma-2 euclidea.
Viceversa, non `e sempre vero che uno spazio di Banach sia anche di Hilbert.
Infatti, si verica immediatamente che la norma in uno spazio di Hilbert deve sod-
disfare la regola del parallelogramma,
36
ovvero
|x +y|
2
+|x y|
2
= 2|x|
2
+ 2|y|
2
, x, y H.
La condizione `e anche suciente.
Proposizione 1.2. Sia H uno spazio di Banach. Se la norma di H soddisfa la
regola del parallelogramma, allora H `e uno spazio di Hilbert con il prodotto interno
x, y) =
1
2
_
|x + y|
2
|x|
2
|y|
2
_
.
Si noti che il prodotto interno induce la norma di partenza.
35
In R
2
questo `e il Teorema di Pitagora.
36
Interpretando le norme come lunghezze dei vettori, la regola del parallelogramma ci dice che
la somma dei quadrati delle diagonali di un parallelogramma `e uguale alla somma dei quadrati dei
suoi lati, una proposizione familiare della geometria piana.
82
Esercizio 5. Dimostrare la Proposizione 1.2.
Esercizio 6. Vericare che C([0, 1]) con la norma del massimo non `e uno spazio
di Hilbert.
1.3 Proiezioni ortogonali
Nel seguito, sia H uno spazio di Hilbert. Sia V un sottoinsieme di H. Il complemento
ortogonale di V , indicato con V
, `e denito come
V
=
_
x H : x, v) = 0, v V
_
.
Evidentemente, H
= 0 e 0
= H.
Proposizione 1.3. Se V H, allora V
`e un sottospazio chiuso di H.
dimostrazione.
`
E immediato mostrare che V
, x
n
x H. Se v V , abbiamo
x, v) = lim
n
x
n
, v) = 0,
da cui x V
.
Esercizio 7. Sia V H, e sia
V `e il sottospazio chiuso generato da V , cio`e il
sottospazio formato da combinazioni lineari di vettori di V e dai loro punti limite.
Mostrare che
V
= V
. In particolare, se V
= 0 segue che
V = H.
Teorema 1.4. Sia V un sottospazio chiuso di H, e sia x H. Allora esiste un
unico v
V tale che
37
dist(x, V ) = inf
vV
|x v| = |x v
|.
dimostrazione. Sia v
n
V tale che
lim
n
|x v
n
| = d = inf
vV
|x v|.
Mostriamo che v
n
`e di Chauchy. Fissiamo dunque m > n, e notiamo che
v
m
+ v
n
2
V.
Pertanto,
_
_
_x
v
m
+ v
n
2
_
_
_ d = |2x (v
m
+v
n
)| 2d.
37
Il risultato vale anche se V `e un sottoinsieme convesso, chiuso e non vuoto di H.
83
Usando la regola del parallelogramma, abbiamo
|v
m
v
n
|
2
= |v
m
x +x v
n
|
2
= 2
_
|v
m
x|
2
+|v
n
x|
2
_
|2x (v
m
+v
n
)|
2
2
_
|v
m
x|
2
+|v
n
x|
2
_
4d
2
,
da cui
lim
n,m
|v
m
v
n
| = 0.
Quindi la successione v
n
converge a v
V . Ne consegue che
|x v
| = lim
n
|x v
n
| = d.
Inne, se v
| = 0, da cui v
= v
.
Denizione. Siano V e W due sottospazi di H ortogonali tra loro, cio`e tali che
v w per ogni v V e per ogni w W. La somma ortogonale di V e W `e il
sottospazio di H
V W =
_
v +w : v V, w W
_
.
Osservazione.
`
E immediato vericare che un vettore x V W ammette
ununica decomposizione della forma v + w. Se infatti v + w = v
+ w
, allora
v v
= w w
e w = w
.
Teorema 1.5 (della Proiezione). Sia V un sottospazio chiuso di H. Allora
H = V V
.
dimostrazione. Sia x H. Dal teorema precedente, esiste un unico v V
tale che
dist(x, V ) = |x v|.
Poniamo allora w = x v. Dobbiamo mostrare che w V
. Sia dunque u V
ssato. Scegliamo ,= 0 in modo tale che w, u) 0. Risulta
|w|
2
|x (v +u)|
2
= |w u|
2
= |w|
2
+[[
2
|u|
2
2w, u).
Dividendo il tutto per [[, otteniamo la disuguaglianza
[w, u)[
[[
2
|u|
2
,
la quale, operando il limite [[ 0, implica che w, u) = 0.
84
Osservazione. Il vettore v della decomposizione viene talvolta indicato con
P
V
x, ed `e chiamato la proiezione di x sul sottospazio V . Come abbiamo visto,
P
V
x `e il punto che realizza la minima distanza di x da V .
Esercizio 8. Dimostrare che la mappa P
V
: H V denisce un operatore lineare
limitato.
Esercizio 9. Sia V H un sottospazio chiuso. Mostrare che (V
= V .
1.4 Il duale di uno spazio di Hilbert
Ci proponiamo di caratterizzare il duale H
y
x = x, y).
Dalla disuguaglianza di Cauchy-Schwarz,
sup
x1
[
y
x[ = sup
x1
[x, y)[ sup
x1
|x||y| = |y|.
Inoltre, se y ,= 0, scegliendo x = y/|y|, si ha che
y
x = x, y) = |y|.
Dunque, ogni funzionale della forma
y
`e un elemento di H
, e soddisfa la relazione
|
y
|
H
= |y|.
Il risultato seguente dimostra che tutti i funzionali lineari continui su H sono
della forma
y
.
Teorema 1.6 (di Rappresentazione di Riesz). H
allora =
y
per un certo y H.
Se `e il funzionale nullo allora y = 0. Supponiamo quindi che non sia
identicamente nullo. Poiche `e continuo, ker() `e un sottospazio chiuso, e per
il Teorema 1.5, ker()
con |z| = 1.
Per ogni x H abbiamo che
x
x
z
z ker().
Pertanto
x
x
z
z, z) = 0
da cui segue
x = x, (z)z).
85
Dunque y = (z)z. Per quanto riguarda lunicit`a, se y
1
e y
2
sono tali che
x, y
1
) = x, y
2
), x H
allora
x, y
1
y
2
) = 0, x H
da cui immediatamente y
1
= y
2
.
Possiamo allora identicare H con il suo duale H
`e della forma
y
,
possiamo denire un funzionale lineare continuo su H nel seguente modo:
y = F
y
.
Allora esiste x H tale che =
x
, ovvero
y, x) = F
y
.
Ma y, x) =
y
x, da cui lasserto.
Esercizio 10. Siano x
n
, x H tali che x
n
w
x e |x
n
| |x|. Dimostrare la
convergenza forte x
n
x.
Esercizio 11. Dimostrare che se x
n
w
x e y
n
y, allora x
n
, y
n
) x, y).
Esercizio 12. Sia un funzionale lineare continuo su un sottospazio V di H.
Mostrare che ammette ununica estensione su H che preserva la norma, e che tale
estensione si annulla su V
.
1.5 Basi ortonormali
In R
N
i vettori e
1
, . . . e
N
, dove e
j
vale uno sulla componente j-esima e zero altrove,
formano un insieme ortonormale. Inoltre tale insieme `e completo, cio`e ogni vettore
u R
N
`e esprimibile (in modo unico) come combinazione lineare degli e
j
. Infatti,
per ogni x R
N
si ha
x =
N
j=1
x, e
j
)e
j
,
86
dove x, e
j
) `e la componente di x nella direzione j-esima. In particolare, se
x, e
j
) = 0, j = 1, . . . , N,
allora x = 0.
Prendendo spunto dallesempio appena discusso, diamo la seguente
Denizione . Sia H uno spazio di Hilbert. Un insieme ortonormale A `e detto
completo, o anche una base ortonormale,
38
se per ogni x H la relazione
x, u) = 0, u A
implica x = 0.
Teorema 1.8. Sia H uno spazio di Hilbert (contenente almeno due vettori distinti).
Allora esiste sempre una base ortonormale.
dimostrazione. Ci limitiamo a fornire una traccia. Sia o la collezione degli
insiemi ortonormali di H (parzialmente) ordinato con la relazione di inclusione.
Ogni catena ha estremo superiore, e quindi dal Lemma di Zorn si prova lesistenza
di un elemento massimale. Inne, si dimostra per assurdo che lelemento massi-
male `e un sistema ortonormale completo.
`
E inoltre possibile dimostrare che due diverse basi ortonormali hanno la stessa
cardinalit` a. Di conseguenza, deniamo dimensione ortogonale
39
di uno spazio di
Hilbert la cardinalit` a di una sua base.
Nel seguito, tratteremo esclusivamente spazi di Hilbert separabili (e, per evitare
situazioni banali, contenenti almeno due vettori distinti). In questo caso, la dimen-
sione ortogonale `e (al pi` u) numerabile. Ci`o segue immediatamente dal fatto che due
elementi distinti u e v della base ortonormale soddisfano la relazione
|u v| =
2.
Pertanto, se la base ortonormale avesse cardinalit`a pi` u che numerabile, non ci
potrebbe essere un insieme numerabile denso in essa, e quindi nello spazio.
Osservazione. lesistenza di una base ortonormale in uno spazio di Hilbert
separabile pu`o essere dimostrata in modo costruttivo (cio`e senza lausilio del
Lemma di Zorn), attraverso il cosiddetto metodo di diagonalizzazione di Gram-
Schmidt.
Esempio. Lo spazio di Banach
2
`e di Hilbert con il prodotto interno
x, y) =
j=1
x
j
, y
j
),
38
Non si deve confondere la base ortonormale con la base di Hamel.
39
Da non confondersi con la dimensione lineare, cio`e la cardinalit`a di una base di Hamel.
87
dove x = (x
1
, x
2
, x
3
, . . .) e y = (y
1
, y
2
, y
3
, . . .). I vettori u
n
2
(n N), dove u
n
vale uno sulla componente n-esima e zero altrove, formano una base ortonormale
di
2
.
Disponendo di una base ortonormale possiamo trattare uno spazio innito di-
mensionale come se fosse R
N
. Ovvero, possiamo ricostruire un generico vettore
x come combinazione lineare (innita) degli elementi della base. Premettiamo due
lemmi.
Lemma 1.9 (Disuguaglianza di Bessel). Sia H uno spazio di Hilbert separabile,
e sia u
n
nN
un insieme ortonormale (non necessariamente completo). Per ogni
x H vale la disuguaglianza
n=1
[x, u
n
)[
2
|x|
2
.
dimostrazione. Per ogni N N,
0
_
_
_x
N
n=1
x, u
n
)u
n
_
_
_
2
= |x|
2
n=1
[x, u
n
)[
2
.
Facendo il limite N abbiamo la tesi.
Lemma 1.10. Sia H uno spazio di Hilbert separabile, e sia u
n
nN
un insieme
ortonormale (non necessariamente completo). Se
n
2
,
n=1
n
u
n
converge in
H.
dimostrazione. Sia s
n
=
n
j=1
j
u
j
. Per m > n, abbiamo
|s
m
s
n
|
2
=
_
_
_
m
j=n+1
j
u
j
_
_
_
2
=
m
j=n+1
[
j
[
2
,
da cui segue che s
n
`e di Cauchy, e dunque
n=1
n
u
n
converge in H.
Possiamo ora enunciare il fondamentale
Teorema 1.11. Sia H uno spazio di Hilbert separabile, e sia u
n
nN
una base
ortonormale. Allora per ogni x H vale l uguaglianza
x =
n=1
x, u
n
)u
n
.
Inoltre per ogni x, y H vale la cosiddetta identit`a di Parseval
x, y) =
n=1
x, u
n
)y, u
n
).
Come caso particolare,
|x|
2
=
n=1
[x, u
n
)[
2
.
88
dimostrazione. Dobbiamo dimostrare soltanto la prima asserzione, in quanto
lidentit` a di Parseval segue dalla continuit` a del prodotto interno. Sia dunque
x H. Per la disuguaglianza di Bessel, la serie
n=1
[x, u
n
)[
2
`e convergente, e
dunque la serie
n=1
x, u
n
)u
n
converge in H. Denendo w = x
n=1
x, u
n
)u
n
, raggiungiamo la tesi se
dimostriamo che w = 0. Ma per ogni n
0
ssato,
w, u
n
0
) = x, u
n
0
) lim
N
N
n=1
x, u
n
)u
n
, u
n
0
) = x, u
n
0
) x, u
n
0
) = 0.
Poiche u
n
`e una base ortonormale, segue che w = 0.
Osservazione. I risultati appena visti valgono banalmente se H `e nito di-
mensionale.
I coecienti x, u
n
) vengono detti coecienti di Fourier di x (relativi alla base
ortonormale u
n
). Unimmediata conseguenza `e il
Corollario 1.12. Sia H uno spazio di Hilbert separabile innito dimensionale, e
sia u
n
nN
una base ortonormale. Allora u
n
w
0.
Si noti che |u
n
| = 1, mentre il limite debole `e zero.
Esercizio 13. Pu` o accadere che x
n
w
x ma che |x
n
| non converga?
Esempio. Sia u
n
nN
una base ortonormale numerabile di H. La proiezione di
un generico vettore x sul sottospazio lineare H
N
generato dai vettori u
1
, . . . , u
N
(si noti che H
N
`e chiuso, essendo nito dimensionale) risulta essere
P
H
N
x =
N
n=1
x, u
n
)u
n
.
Dal Teorema 1.11 segue che
lim
N
P
H
N
x = x.
Inne, osserviamo che lidentit`a di Parseval stabilisce un fatto molto importante.
Se H `e uno spazio di Hilbert innito dimensionale separabile, la mappa x x, u
n
)
`e un isomorsmo di spazi di Hilbert (cio`e un isomorsmo che conserva il prodotto
interno) fra H e
2
.
89
1.6 Lo spazio L
2
()
Il caso p = 2 per gli spazi L
p
() `e particolarmente interessante, in quanto la norma
deriva da un prodotto interno. Precisamente, si denisce
f, g)
L
2 =
_
f(t)g(t)dt.
Pertanto L
2
() `e uno spazio di Hilbert. La disuguaglianza di H older in questo
caso non `e altro che la disuguaglianza di Cauchy-Schwarz. Inoltre 2 `e lesponente
coniugato di se stesso, e dunque
L
2
()
= L
2
(),
conformemente al Teorema di Rappresentazione di Riesz.
Esercizio 14. Sia H = L
2
([0, 1]), e sia C il sottospazio di H delle funzioni costanti.
Caratterizzare la proiezione P
C
e il sottospazio C
.
Esercizio 15. Siano , due misure nite su tali che . Mostrare che
la mappa f
_
fd =
_
fd( +).
Si dimostri che (t) [0, 1) per quasi ogni t (rispetto a entrambe le misure e ).
Si denisca quindi la funzione positiva
=
1
.
Allora L
1
(, ) e
(E) =
_
E
d.
In altre parole, `e la derivata di Radon-Nykodym di rispetto a . Abbiamo quindi
dimostrato il Teorema di Radon-Nykodym per le misure nite.
40
Consideriamo ora il caso particolare = [, ], e calcoliamo esplicitamente
una base ortonormale di L
2
([, ]).
Osservazione.
`
E evidente che se u
n
`e una base ortonormale di L
2
([, ]),
allora, ponendo
v
n
(t) =
_
2
b a
u
n
_
2(t a)
b a
_
,
v
n
`e una base ortonormale di L
2
([a, b]).
40
Questa dimostrazione `e dovuta a von Neumann.
90
Teorema 1.13. I vettori
1
2
,
cos nt
,
sin nt
, n N,
formano una base ortonormale di L
2
([, ]).
Quindi, f L
2
([, ]) si pu` o scrivere come
f(t) =
a
0
2
+
n=1
a
n
cos nt +
n=1
b
n
sin nt,
dove luguaglianza `e intesa in L
2
([, ]), con
a
0
=
1
2
_
f(t)dt, a
n
=
1
f(t) sin nt dt = 0.
Esercizio 17. Si consideri la funzione f(t) = t in L
2
([, ]). Calcolare i coef-
cienti di Fourier della f. Utilizzare il risultato trovato per dimostrare la famosa
uguaglianza di Eulero
n=1
1
n
2
=
2
6
.
Esercizio 18. Mostrare che le funzioni
u
n
(t) =
_
2
sin nt
formano un base ortonormale in L
2
([0, ]). [Suggerimento: si estendano le funzioni
su [, ] in modo opportuno]
41
Risultato noto come Lemma di Riemann-Lebesgue.
91
Pertanto possiamo scrivere ogni funzione f L
2
([0, ]) come
f(t) =
n=1
c
n
sin nt,
con
c
n
=
2
_
0
f(t) sin nt dt.
Questa rappresentazione `e detta sviluppo in serie di Fourier seno della f.
2 Teorema spettrale per gli operatori compatti
simmetrici
In questo paragrafo, sia H uno spazio di Hilbert innito dimensionale separabile, e
sia u
n
nN
una base ortonormale. Ricordiamo che L(H) e /(H) sono rispettiva-
mente lo spazio degli operatori limitati e lo spazio degli operatori compatti da H in
H. La norma di un operatore T L(H) `e data da
|T|
L(H)
= sup
x=y=1
[Tx, y)[.
Infatti,
sup
x=y=1
[Tx, y)[ sup
x=1
|Tx|,
e ponendo y = Tx/|Tx| si ha luguaglianza.
2.1 Rappresentazione matriciale degli operatori limitati
Come per le matrici, rappresentiamo un operatore T L(H) utilizzando la base
ortonormale. Se x H, allora x =
n=1
x, u
n
)u
n
. Usando la continuit`a di T,
Tx =
n=1
x, u
n
)Tu
n
.
Daltro canto,
Tu
n
=
m=1
Tu
n
, u
m
)u
m
,
ma anche
Tx =
m=1
Tx, u
m
)u
m
.
Abbiamo quindi la
92
Proposizione 2.1. Sia T L(H). Deniamo gli elementi di matrice T
nm
di T
attraverso la relazione
T
nm
= Tu
n
, u
m
).
Allora, per ogni x H, ponendo x
n
= x, u
n
),
Tx =
n=1
m=1
T
nm
x
n
u
m
=
m=1
n=1
T
nm
x
n
u
m
.
Lm-esimo coeciente di Fourier di Tx `e dunque dato da
n
T
nm
x
n
. Inoltre,
|T|
L(H)
= sup
n=1
m=1
T
nm
x
n
y
m
= sup
m=1
n=1
T
nm
x
n
y
m
,
dove il sup `e preso al variare delle successioni x
n
e y
n
di norma unitaria in
2
.
Se H = R
N
, gli elementi di L(H) sono le matrici quadrate N-dimensionali.
`
E noto che se una matrice T `e simmetrica, allora ha esattamente N autovalori
(reali)
n
, contati con loro molteplicit`a. Utilizzando la base ortonormale u
n
dei
relativi autovettori, i coecienti della matrice soddisfano la relazione T
nm
=
n
nm
,
e pertanto si ha la cosiddetta rappresentazione spettrale di T, ovvero,
Tx =
N
n=1
n
x
n
u
n
.
Il nostro scopo `e di fornire un risultato analogo negli spazi di Hilbert separabili
innito dimensionali.
2.2 Operatori simmetrici
Denizione. Un operatore T L(H) `e simmetrico se
Tx, y) = x, Ty), x, y H.
Esercizio 19. Mostrare che T L(H) `e simmetrico se e solo se T
nm
= T
mn
.
Proposizione 2.2. Sia T L(H) un operatore simmetrico. Allora
|T|
L(H)
= sup
x=1
[Tx, x)[.
dimostrazione. Ovviamente, vale
d = sup
x=1
[Tx, x)[ |T|
L(H)
.
Dobbiamo mostrare la disuguaglianza opposta. Per ogni x H,
[Tx, x)[ d|x|
2
.
93
Usando quindi la simmetria di T e legge del parallelogramma, per x, y H
abbiamo
4Tx, y) = T(x +y), x +y) T(x y), x y)
d
_
|x +y|
2
+|x y|
2
_
= 2d
_
|x|
2
+|y|
2
_
.
Scegliendo
y =
|x|
|Tx|
Tx,
per Tx ,= 0 (e quindi x ,= 0), otteniamo
|x||Tx| d|x|
2
,
da cui
|Tx| d|x|.
Detta relazione vale ovviamente anche per Tx = 0.
Denizione. Sia T L(H). Un autovalore di T `e un numero R per cui vale la
relazione
Tu = u,
per qualche u H, diverso dal vettore nullo, detto autovettore. Indichiamo con A
`e un sottospazio chiuso.
Osservazione.
`
E immediato vericare che se `e un autovalore di T, allora
[[ |T|
L(H)
.
Proposizione 2.3. Sia T L(H) un operatore simmetrico. Allora autovettori
corrispondenti ad autovalori distinti sono ortogonali.
dimostrazione. Siano u
1
e u
2
sono due autovettori corrispondenti a due
distinti autovalori
1
e
2
. Assumendo
1
,= 0, abbiamo
u
1
, u
2
) =
1
1
Tu
1
, u
2
) =
1
1
u
1
, Tu
2
) =
2
1
u
1
, u
2
),
da cui segue u
1
, u
2
) = 0.
Esercizio 20. Si concluda che gli autovalori distinti di un operatore T simmetrico
sono al pi` u uninnit`a numerabile.
Esercizio 21. Per k L
2
([0, 1] [0, 1]), consideriamo loperatore integrale T
k
:
L
2
([0, 1]) L
2
([0, 1]) (ricordiamo che T
k
`e compatto). Mostrare che T
k
`e simmetrico
se e solo se k(t, s) = k(s, t).
94
2.3 Operatori compatti simmetrici
Lemma 2.4. Sia K /(H) un operatore simmetrico, e sia d = |K|
L(H)
. Allora
almeno uno dei due numeri fra d e d `e autovalore di K.
dimostrazione. Sia d ,= 0 (altrimenti il risultato `e banale), e sia u
n
una
successione di vettori di norma unitaria tale che
[Ku
n
, u
n
)[ d.
Allora u
n
ammette una sottosuccessione u
n
k
w
u. Si noti che |u| 1. Ma K `e
compatto, pertanto Ku
n
k
Ku, e ci` o implica che
[Ku, u)[ = d.
In particolare, u ,= 0. Abbiamo due possibili casi. Se Ku, u) = d (ma laltro
caso `e analogo), vale la relazione
|Ku du|
2
= |Ku|
2
+d
2
|u|
2
2dKu, u) = |Ku|
2
+ d
2
|u|
2
2d
2
0.
Quindi, Ku = du.
Osservazione. Dato un operatore K compatto simmetrico si ha dunque la
relazione
|K|
L(H)
= sup
_
[[ : `e autovalore di K
_
.
Esercizio 22. Sia ,= 0 un autovalore di un operatore compatto. Mostrare che
A
`e nito dimensionale.
Siamo adesso in grado di dimostrare il risultato principale di questo paragrafo:
dato un operatore compatto simmetrico K, `e possibile trovare una base ortonormale
di H formata da autovettori di K.
Teorema 2.5 (Teorema Spettrale). Sia K /(H) un operatore simmetrico. Allora
i suoi autovalori distinti
- sono in numero nito (in tal caso 0 `e sicuramente un autovalore, con relativo
autospazio di dimensione ortogonale innita); oppure
- formano una successione tendente a 0 (in tal caso 0 pu`o essere o non essere un
autovalore, con relativo autospazio di dimensione ortogonale nita o innita).
Inoltre, i corrispondenti autovettori possono essere scelti in modo da formare una
base ortonormale di H.
95
dimostrazione. Dal lemma precedente, esiste un autovalore di modulo
[[ = |K|
L(H)
. Lautospazio A
1
= =
N
= .
Chiamando H
1
= A
H
1
.
Si noti che H
1
`e invariante per K, ovvero, K[
H
1
`e un operatore lineare da H
1
a
H
1
, che risulta essere ancora compatto simmetrico. Inoltre,
|K[
H
1
|
L(H
1
)
|K|
L(H)
.
Possiamo quindi ripetere largomento per loperatore K[
H
1
, producendo un nuovo
spazio H
2
, e cos` via. Con questa procedura
42
, costruiamo una successione di
autovalori
n
decrescente in modulo, cui corrispondono autovettori normalizzati
w
n
ortogonali fra loro. Ovviamente pu` o accadere che da un certo punto in poi
i
n
siano tutti nulli. Questo, se H
m
= 0 per qualche m. In tal caso 0 `e un
autovalore e lautospazio A
0
ha dimensione ortogonale innita. Mostriamo ora
che
n
0. Sia = inf
n
[
n
[ > 0. La successione limitata w
n
ammette una
sottosuccessione (che chiamiamo ancora w
n
) debolmente convergente, dunque la
successione Kw
n
=
n
w
n
converge fortemente. Poiche per n ,= m
|
m
w
m
n
w
n
|
2
= [
m
[
2
+[
n
[
2
2
2
,
concludiamo che = 0, da cui
n
0. Inne, se x `e ortogonale a tutti i w
n
corrispondenti ad autovalori non nulli, allora per ogni m N
|Kx| = |K[
Hm
x| [
m
[|x|,
da cui x ker(K). In particolare, non vi sono altri autovalori non nulli. Dunque
w
n
`e una base ortonormale di ker(K)
n=1
n
x, w
n
)w
n
.
Ovviamente, se vogliamo considerare la base completa u
n
di H ottenuta unendo
w
n
e v
n
, non sar` a possibile mantenere i corrispondenti autovalori ordinati in
modulo, a meno che ker(K) = 0 (cio`e 0 non `e autovalore), oppure vi sia un
numero nito di autovalori diversi da zero.
42
Per rendere pi` u rigorosa la dimostrazione si dovrebbe in realt`a procedere per induzione.
96
Corollario 2.6. Sia K /(H) un operatore simmetrico. Vale la seguente dicoto-
mia, detta Alternativa di Fredholm.
- Per ogni y H lequazione
x Kx = y
ammette ununica soluzione; oppure
- = 1 `e un autovalore di K.
Osservazione. Il risultato vale, pi` u in generale, anche senza lipotesi K sim-
metrico.
dimostrazione. Sia
n
la successione degli autovalori di K (contati con la
loro molteplicit` a), e sia u
n
la corrispondente base ortonormale di autovettori.
Fissato un generico y H, lequazione x Kx = y si pu` o riscrivere proiettando
sulla base come
n=1
(1
n
)x, u
n
)u
n
=
n=1
y, u
n
)u
n
.
Dunque `e soddisfatta se e solo se
(1
n
)x, u
n
) = y, u
n
).
Pertanto, se
n
,= 1 per ogni n, il vettore
x =
n=1
y, u
n
)
1
n
u
n
soddisfa lequazione. La convergenza della serie in H `e garantita dal fatto che
n
0. Viceversa, se
m
= 1 per un certo m, lequazione non ha soluzione per
alcun y che abbia lm-coeciente di Fourier diverso da 0.
Lesercizio seguente stabilisce limplicazione opposta del Teorema Spettrale.
Esercizio 23. Sia w
n
un insieme ortonormale (non necessariamente completo),
e sia
n
R una successione tendente a 0. Allora loperatore lineare K denito da
Kx =
n=1
n
x, w
n
)w
n
`e compatto simmetrico.
Esercizio 24. Mostrare che per ogni g L
2
([0, 1]) lequazione integrale di Fred-
holm
f(t) t
_
1
0
sf(s)ds = g(t)
ammette ununica soluzione f L
2
([0, 1]).
97
Esercizio 25. Mostrare che per ogni g L
2
([0, 1]) lequazione integrale di Volterra
f(t)
_
t
0
f(s)ds = g(t)
ammette ununica soluzione f L
2
([0, 1]). Qui si deve applicare lAlternativa di
Fredholm per un operatore compatto non simmetrico.
3 Cenni agli operatori non limitati
3.1 Operatori chiusi
Consideriamo operatori lineari T deniti su un sottospazio denso T(T) H, il
dominio, a valori in H. Non assumiamo la limitatezza, cio`e che valga
|Tx| M|x|, x T(T).
Di fatto, gli operatori pi` u interessanti, come gli operatori dierenziali, sono non
limitati. Consideriamo ad esempio loperatore
T =
d
dt
, T(T) = C
1
([0, 1]), H = L
2
([0, 1]).
Scegliendo u
k
(t) = e
kt
vediamo subito che T non `e limitato. Invero,
|Tu
k
| = k|u
k
|,
da cui
sup
_
|Tu| : u T(T), |u| = 1
_
= .
Ci si attende dunque che operatori non deniti su tutto H siano non limitati.
Contrariamente al caso di L(H), il dominio `e parte integrante della denizione
di operatore. Ci si pu` o dunque porre il problema di trovare il dominio pi` u natu-
rale consistente con lazione delloperatore. Nellesempio precedente, si tratterebbe
dunque di estendere loperatore ad un opportuno dominio pi` u grande. Ricordiamo
che un operatore
T `e unestensione di T se
T(
T) T(T) e
T[
D(T)
= T.
Esiste una procedura standard per ottenere lestensione ottimale, che consiste nel
chiudere un operatore. Diamo prima una denizione.
Denizione. T `e chiuso se per ogni x
n
T(T) tale che x
n
x e Tx
n
y, segue
che x T(T) e Tx = y.
98
Esercizio 26. Sia T un operatore chiuso, e siano x
n
T(T) e x H. Mostrare
che se x
n
x e Tx
n
`e un insieme relativamente compatto in H, allora x T(T)
e Tx
n
Tx.
Teorema 3.1. Sia T chiuso. Allora T `e limitato se e solo se T(T) = H.
dimostrazione. Unimplicazione `e il Teorema del Graco Chiuso. Assumiamo
dunque che T sia limitato. Fissato x H, esiste x
n
T(T) tale che x
n
x. In
particolare, x
n
`e di Cauchy. Sfruttando la limitatezza di T, abbiamo che
|Tx
n
Tx
m
| M|x
n
x
m
|.
Dunque Tx
n
`e di Cauchy, e quindi Tx
n
y H. Ma T `e chiuso, e pertanto
x T(T). Concludiamo che T(T) `e chiuso, e di conseguenza coincide con H.
Dato un operatore T, si pu`o allora cercare un operatore chiuso T che estenda T.
Non `e detto per` o che tale operazione sia possibile. In caso aermativo, loperatore
T `e detto chiudibile, e T `e la sua chiusura.
Proposizione 3.2. T`e chiudibile se e solo se per ogni successione x
n
T(T) con-
vergente a 0 tale che Tx
n
y, segue che y = 0.
dimostrazione. Se T `e chiudibile allora ammette unestensione chiusa T,
e il risultato segue facilmente. Verichiamo limplicazione opposta. Deniamo
lestensione chiusa di T nel seguente modo. Poniamo
T(T) =
_
x : x
n
x e Tx
n
y H, Tx = y.
Lunica cosa di cui ci dobbiamo sincerare `e che loperatore T sia ben denito.
Ovvero, se z
n
x e Tz
n
w, deve valere luguaglianza y = w. Ma questo
segue banalmente dalle ipotesi.
3.2 Operatori simmetrici
Denizione. T `e simmetrico se
Tx, y) = x, Ty), x, y T(T).
In generale, un operatore simmetrico potrebbe non essere chiuso. Tuttavia vale
il seguente risultato.
Esercizio 27. Se T `e simmetrico allora T `e chiudibile, e la sua chiusura `e ancora
un operatore simmetrico.
Alla luce di questo fatto, nel seguito ci riferiremo esclusivamente ad operatori
simmetrici chiusi.
99
Teorema 3.3. Sia T un operatore simmetrico. Se T `e suriettivo, allora T `e anche
iniettivo, e il suo inverso T
1
(denito su tutto H) `e un operatore limitato, cio`e
appartiene a L(H), e simmetrico.
dimostrazione. Dimostriamo innanzitutto che T `e iniettivo. Sia dunque
x T(T) tale che Tx = 0. Per ogni y H esiste z T(T) tale che y = Tz.
Pertanto
x, y) = x, Tz) = Tx, z) = 0,
da cui x = 0. La mappa T
1
: H T(T) `e dunque ben denita, ed `e immediato
vericare che `e lineare. Inoltre, per ogni x = Tw e y = Tz in H,
T
1
x, y) = w, Tz) = Tw, z) = x, T
1
y).
Verichiamo inne che T
1
L(H). Dal Teorema del Graco Chiuso, basta
dimostrare che se x
n
x e T
1
x
n
y, allora y = T
1
x. Sia allora z
n
T(T)
tale che x
n
= Tz
n
. Dunque, abbiamo che
z
n
y e Tz
n
x.
Poiche T `e chiuso, concludiamo che x = Ty, da cui y = T
1
x.
In particolare, se linverso `e compatto, ricaviamo un teorema di rappresentazione
spettrale.
Teorema 3.4 (Teorema Spettrale). Sia T un operatore simmetrico e suriettivo.
Assumiamo inoltre che il suo inverso sia compatto. Allora i suoi autovalori formano
una successione tendente a . Inoltre, i corrispondenti autovettori possono essere
scelti in modo da formare una base ortonormale di H.
La denizione di autovalore `e analoga al caso degli operatori limitati. Ovvia-
mente, gli autovettori apparterranno a T(T).
dimostrazione. Il risultato `e una conseguenza del Teorema Spettrale per gli
operatori compatti simmetrici. Notiamo che
T
1
x = x Tx =
1
x.
Inoltre, ker(T
1
) = 0, cio`e T
1
non ha autovalori nulli. Detta dunque
n
la
successione degli autovalori di T
1
e w
n
la relativa base ortonormale di H, per
ogni x T(T) abbiamo la rappresentazione
Tx =
n=1
n
x, w
n
)w
n
,
dove gli
n
=
1
n
sono gli autovalori di T.
100
Nei seguenti esercizi valgano le ipotesi del Teorema Spettrale.
Esercizio 28. Mostrare che x H appartiene a T(T) se e solo se
n=1
[
n
[
2
[x, w
n
)[
2
< .
Disponiamo quindi di una caratterizzazione concreta del dominio di T.
Esercizio 29. Mostrare che lo spazio lineare T(T), munito del prodotto interno
x, y)
D(T)
= Tx, Ty),
`e uno spazio di Hilbert.
Esercizio 30. Mostrare che liniezione
J : T(T) H
`e un operatore compatto (con T(T) dotato della norma denita nel precedente
esercizio).
Ringraziamenti
Voglio ringraziare Clemente Zanco (il primo vero Maestro di Analisi Matematica)
per i suoi utilissimi consigli sul capitolo degli Spazi di Banach, la mia preziosa
collaboratrice Monica Conti e i numerosi studenti di Analisi Reale e Funzionale
2004/05 del Corso di Studi in Ingegneria Matematica che, con i loro suggerimenti,
hanno contribuito a migliorare queste dispense.
Vittorino Pata