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Analisi Matematica 1
Trascrizione in Latex
a cura di
Davide Vaienna & Yana Zvirtek
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Indice
1 Preliminari 3
1.1 Insiemi. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
1.2 Relazioni, funzioni. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
1.3 Insiemi ordinati. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
1.4 Numeri Reali. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
1.5 Cenni sulla cardinalità. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
1.6 Topologia Euclidea. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
2 Successioni 30
2.1 Limiti e prime proprietà. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
2.2 Successioni limitate e monotone. Compattezza. . . . . . . . . . . . . . . . . 38
2.3 Esempi e criteri. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43
2.4 Successioni di Cauchy. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52
4 Calcolo differenziale 71
4.1 Funzioni derivabili e prime proprietà. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71
4.2 Alcuni teoremi. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76
4.3 Formule di Taylor. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85
4.4 Funzioni convesse. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92
5 Calcolo integrale 95
5.1 Integrale di Riemann. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95
5.2 Integrabilità di funzioni monotone e continue. . . . . . . . . . . . . . . . . . 99
5.3 Teorema fondamentale del calcolo integrale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102
5.4 Alcune tecniche di integrazione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 106
5.5 Integrali generalizzati. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112
8 Esercizi 142
8.1 Soluzioni. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 147
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1 Preliminari
1.1 Insiemi.
Per introdurre il concetto primitivo di insieme usiamo la nota definizione di Georg Cantor:
Nel seguito, in genere, useremo le lettere maiuscole dell’alfabeto A, B, C, ... per indicare gli
insiemi; le lettere minuscole a, b, c, ... per indicare gli elementi. Per indicare che un elemento
x appartiene all’insieme X scriveremo
x ∈ X,
x∈
/ X.
Al fine di descrivere gli esempi successivi, introduciamo in maniera “informale” alcuni degli
insiemi numerici più importanti; le definizioni rigorose verranno date nel seguito.
Denotiamo con N l’insieme dei numeri naturali:
N = {1, 2, 3, 4, 5, . . .}.
A = {7, 2, 4}.
Allora, ad esempio, si ha 2 ∈ A e 5 ∈
/ A.
Denotiamo ora con ∅ l’insieme vuoto, cioè l’insieme che non contiene elementi.
3
Definizione 1.1. Siano A e B due insiemi. Diremo che A è un sottoinsieme di B e
scriveremo
A⊆B
se tutti gli elementi di A sono anche elementi di B, cioè:
a ∈ B, ∀a ∈ A
P(A) = {∅, {7}, {2}, {4}, {7, 2}, {7, 4}, {2, 4}, A}
A ∩ B = {x ∈ X t.c. x ∈ A, x ∈ B}.
A \ B = {x ∈ X t.c. x ∈ A, x ∈
/ B}.
Ac = X \ A.
4
1.2 Relazioni, funzioni.
(2, 4) ∈ A × B,
(4, 2) ∈
/ B × A.
Definizione 1.5. Dati A, B due insiemi, una relazione R è un qualsiasi sottoinsieme del
prodotto cartesiano di A con B, cioè:
R ⊆ A × B.
Esempio 1.4. Consideriamo gli insiemi dell’Esempio 1.3. Allora, ad esempio, una rela-
zione R ⊆ A × B può essere data da:
In particolare, si ha
(2, 5) ∈ R =⇒ 2R5,
(2, 4) ∈
/R =⇒ 2R4,
dove il simbolo =⇒ significa “implica” e R sta per “non è in relazione”.
con n, m ∈ N, cioè:
Abbiamo ad esempio,
(3, 1) ∈ R,
(3, 7) ∈ R,
(8, 12) ∈ R,
(5, 4) ∈
/ R.
5
Diamo ora la definizione di funzione.
Definizione 1.6. Siano A, B due insiemi. Una relazione R ⊆ A × B si chiama funzione
da A a B se
(i) ∀x ∈ A, ∃y ∈ B t.c. (x, y) ∈ R,
(
(x, y1 ) ∈ R
(ii) =⇒ y1 = y2 .
(x, y2 ) ∈ R
In particolare, se R è una funzione da A in B, allora
• indichiamo la relazione R con f ,
• scriviamo f : A → B in luogo di f ⊆ A × B,
f =g ⇐⇒ f (x) = g(x), ∀x ∈ A.
Possiamo immediatamente concludere che R non è una funzione: infatti, tutti gli x < 0 non
sono in relazione con alcun y, essendo |y| una quantità non negativa. Inoltre, un qualsiasi
x > 0 è in relazione con esattamente due elementi di Q. Quindi R non è una funzione in
quanto non sono soddisfatte entrambe le condizioni della Definizione 1.6.
Esempio 1.7. Sia
A = {x ∈ Q t.c. x ≥ 0} ⊆ Q.
Definiamo la relazione R ⊆ A × Q, nel seguente modo
In questo modo la prima condizione della Definizione 1.6 è soddisfatta. Comunque R non
è una funzione in quanto non è verificata la seconda condizione della Definizione 1.6.
Diamo ora un esempio di relazione che è una funzione.
Esempio 1.8. Sia
A = {x ∈ Q t.c. x ≥ 0} ⊆ Q.
Definiamo la relazione R in A, nel seguente modo
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In questo modo entrambe le condizioni della Definizione 1.6 sono soddisfatte, quindi R è
una funzione. In particolare, poiché
(x, y) ∈ R ⇐⇒ x = |y| ⇐⇒ x = y,
si ha
f : A → A, f (x) = x.
Definizione 1.7. Siano A, B, C, D insiemi, con C ⊆ A e D ⊆ B e sia f : A → B.
Chiamiamo immagine di C, mediante f , l’insieme
Esempio 1.9. Consideriamo la funzione f : Q → Q tale che f (x) = |x|. In questo caso
A = B = Q. L’immagine di f è l’insieme
allora abbiamo
f (C) = {y ∈ B t.c. 2 ≤ y < 3} ⊆ B.
Consideriamo ora l’insieme D ⊆ B dato da
allora abbiamo
∀y ∈ B, ∃x ∈ A t.c. y = f (x);
su
in questo caso si scrive f : A −→ B.
7
Infine, f si dice biunivoca (o biettiva) se è contemporaneamente iniettiva e suriettiva, in
tal caso si scrive
su
f : A −−→ B.
1:1
8
Definizione 1.11. Siano A, B due insiemi e sia f : A → B una funzione.
Una funzione g : B → A si dice una funzione inversa di f se valgono
( (
g ◦ f = iA g(f (x)) = x, ∀x ∈ A
⇐⇒
f ◦ g = iB f (g(y)) = y, ∀y ∈ B
Il prossimo risultato mostra che se una funzione ammette un’inversa, questa è unica.
dove nella prima uguaglianza abbiamo usato g2 come inversa di f e nella seconda g1 .
Dal lemma precedente, se una funzione è invertibile, allora esiste un’unica inversa, quindi
non essendoci ambiguità, indicheremo la funzione inversa di f col simbolo f −1 .
Il seguente teorema caratterizza le funzioni invertibili.
Teorema 1.1. Siano A, B due insiemi e sia f : A → B una funzione. Allora si ha che
f è invertibile ⇐⇒ se f è biunivoca.
x1 = f −1 (f (x1 )) = f −1 (f (x2 )) = x2 ,
quindi f è iniettiva.
Per la suriettività, invece, prendiamo y ∈ B e consideriamo la sua immagine x = f −1 (y),
mediante f −1 . Adesso applichiamo f ad ambo i membri e, usando di nuovo la definizione
di inversa, otteniamo
f (x) = f f −1 (y) = y.
9
grazie alla suriettività di f . Inoltre tale coppia è unica, dal momento che se esistesse un
x2 6= x1 con (y, x2 ) ∈ g, avremmo f (x1 ) = f (x2 ) = y, contro l’ipotesi di iniettività di f .
Cioè g è una funzione.
D’altronde, per definizione di g, si ha:
x = g(y) ⇐⇒ y = f (x), ∀x ∈ A, ∀y ∈ B.
Allora ( (
g(f (x)) = g(y) = x, ∀x ∈ A g ◦ f = iA
=⇒
f (g(y)) = f (x) = y, ∀y ∈ B f ◦ g = iB
cioè g è un’inversa di f e per il lemma precedente l’unica, quindi g = f −1 .
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1.3 Insiemi ordinati.
(i) riflessiva, se
aRa, ∀a ∈ A;
(ii) simmetrica, se
aRb =⇒ bRa, a, b ∈ A;
(iii) antisimmetrica, se (
aRb
=⇒ a = b, a, b ∈ A;
bRa
(iv) transitiva, se (
aRb
=⇒ aRc, a, b, c ∈ A;
bRc
• riflessiva
n − n = 2 × 0, ∀n ∈ N;
• simmetrica
n − m = 2p =⇒ m − n = 2(−p), n, m ∈ N, p ∈ Z;
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• transitiva
(
n − m = 2p
=⇒ n − l = (n − m) + (m − l) = 2(p + q), n, m, l ∈ N, p, q ∈ Z
m − l = 2q
Quindi [1] e [2] rappresentano rispettivamente l’insieme dei numeri naturali dispari e l’in-
sieme dei numeri naturali pari. Inoltre
(
[n] = [1], se n è dispari
[n] = [2], se n è pari
da cui
N/R = {[1], [2]}.
Esempio 1.13. Consideriamo l’insieme dei numeri razionali Q con la relazione data dalla
disuguaglianza ≤. Si ha che questa è una relazione d’ordine; in particolare è una relazione
d’ordine totale in quanto
p ≤ q oppure q ≤ p, ∀p, q ∈ Q.
Definizione 1.13. Sia X un insieme ed R una relazione d’ordine in X, allora diremo che
X è un insieme ordinato e scriveremo (X, R).
a ≤ M, ∀a ∈ A;
m ≤ a, ∀a ∈ A.
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Indicheremo l’insieme dei maggioranti per A con ΓA e quello dei minoranti con γA , entrambi
sottoinsiemi di X.
Si ha ΓA = ∅ e γA = {q ∈ Q t.c. q ≤ −3}.
Il prossimo risultato mostra che se un insieme A ammette massimo o minimo, questi sono
unici.
λ1 ≤ λ2 ,
λ2 ≤ λ1 ,
λ = max A;
µ = min A.
min A = 0.
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Per quanto riguarda il massimo, questo non esiste. Infatti, se esistesse un elemento λ tale
che max A = λ, questo apparterrebbe ad A, pertanto avremmo 0 ≤ λ < 1. Consideriamo
allora il punto medio tra λ e 1,
λ+1
λ= < 1.
2
Quindi λ ∈ A e λ < λ, cioè λ non è un maggiorante di A, il che è assurdo.
Introduciamo ora un concetto estremamente importante.
Definizione 1.16. Sia (X, ≤) un insieme ordinato e sia A ⊆ X. Un elemento λ ∈ X si
dice estremo superiore di A, se:
(
ΓA 6= ∅
λ = min ΓA
cioè, l’insieme dei maggioranti di A è non vuoto e λ è il minimo dei maggioranti di A.
Analogamente, un elemento µ ∈ X si dice estremo inferiore di A, se:
(
γA 6= ∅
µ = max γA
cioè, l’insieme dei minoranti di A è non vuoto e µ è il massimo dei minoranti di A.
Osservazione 1.3. Dato che, per definizione, estremo superiore ed inferiore di un insieme
sono, se esistono, minimo e massimo (rispettivamente di ΓA e γA ), questi sono unici.
La precedente osservazione giustifica allora le seguenti notazioni:
- se A ammette estremo superiore λ ∈ A, denoteremo quest’ultimo
λ = sup A;
- se A ammette estremo inferiore µ ∈ A, denoteremo quest’ultimo
µ = inf A.
Il seguente risultato mette in relazione massimo ed estremo superiore.
Lemma 1.3. Sia (X, ≤) un insieme ordinato e sia A ⊆ X.
(i) Se λ = max A, allora
λ = sup A.
14
Osservazione 1.4. Ovviamente un risultato completamente analogo vale sostituendo max
con min e sup con inf.
inf A = min A = 0.
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1.4 Numeri Reali.
In questa sezione introdurremo l’insieme dei numeri reali; a questo scopo diamo le seguenti
definizioni.
ΓA 6= ∅;
γA 6= ∅;
ΓA 6= ∅, γA 6= ∅.
Il seguente teorema mostra che è possibile dare una definizione equivalente di completezza
usando l’estremo inferiore
Il prossimo esempio mostra che l’insieme dei numeri razionali con l’usuale relazione d’ordine
non è completo.
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Esempio 1.19. Consideriamo (Q, ≤) e l’insieme
(i) λ2 < 2,
(ii) λ2 > 2,
(iii) λ2 = 2.
Partiamo dal primo caso. Supponiamo quindi che esista λ ∈ Q, λ > 0, tale che λ = sup A.
Vogliamo raggiungere un assurdo facendo vedere che esiste un numero razionale q > 0 tale
/ ΓA . Intuitivamente possiamo prendere q = λ + n1 ∈ Q,
che q 2 < 2 e λ < q, cioè q ∈ A e λ ∈
con n ∈ N abbastanza grande. Più formalmente, imponiamo
1 2
λ+ <2
n
1 2
λ 1 λ 1 2λ + 1
λ+ = λ2 + 2 + 2 < λ2 + 2 + = λ2 + .
n n n n n n
p = 2n ⇐⇒ 4n2 = 2q 2 ⇐⇒ q 2 = 2n2 ,
cioè q 2 è pari, quindi anche q è pari. Ma questo è assurdo, poiché avevamo supposto p e q
primi tra loro.
Concludendo, abbiamo provato che (Q, ≤) non è completo.
Vogliamo mostrare ora che è possibile dare una definizione equivalente di completezza,
usando le sezioni di Dedekind.
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Definizione 1.19. Siano (X, ≤) un insieme totalmente ordinato e A, B ⊆ X tali che
(i) A ∪ B = X, A ∩ B = ∅,
(ii) ∀a ∈ A, ∀b ∈ B =⇒ a ≤ b.
Allora la coppia (A, B) si dice sezione di Dedekind. Inoltre, se ∃ s ∈ X tale che
a ≤ s ≤ b, ∀a ∈ A, ∀b ∈ B,
Allora (A, B) è una sezione di Dedekind. Per questa sezione l’elemento separatore non
esiste, infatti dovrebbe essere un numero s ∈ Q, s > 0, tale che s2 = 2, ma questo non
esiste, come abbiamo provato nell’Esempio 1.19.
Il prossimo teorema caratterizza gli spazi completi in termini delle sezioni di Dedekind.
Teorema 1.3. Un insieme (X, ≤) totalmente ordinato è completo se e sole se ogni sezione
di Dedekind ammette un elemento separatore.
Dimostrazione. Per esercizio.
Prima di introdurre i numeri reali, ricordiamo ora alcune definizioni relative ai gruppi.
Definizione 1.20. Consideriamo un insieme X 6= ∅, dotato di un’operazione binaria, cioè
una funzione ⊕ : X × X → X. Allora (X, ⊕) si dice gruppo commutativo se:
(i) ⊕ è associativa, cioè:
(a ⊕ b) ⊕ c = a ⊕ (b ⊕ c), ∀a, b, c ∈ X;
(iii) esiste l’elemento neutro in X per ⊕ (che indichiamo con 0), cioè:
a ⊕ 0 = 0 ⊕ a = a, ∀a ∈ X;
(iv) ogni elemento a ∈ X ha un inverso (che indichiamo con a−1 ), rispetto a ⊕, cioè:
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Definizione 1.21. Sia (X, ⊕) un gruppo commutativo e sia ⊗ : X × X → X un’operazione
binaria su X. Supponiamo che (X \ {0}, ⊗) sia un gruppo commutativo.
Se ⊗ è distributiva rispetto a ⊕, cioè:
a ⊗ (b ⊕ c) = a ⊗ b ⊕ a ⊗ c, ∀a, b, c ∈ X,
Definizione 1.22. L’insieme dei numeri reali, che si indica con R, è un insieme non
vuoto, dotato di due operazioni binarie +, · e una relazione d’ordine ≤, tale che:
x ≤ y =⇒ x + z ≤ y + z, ∀x, y, z ∈ R,
x ≤ y, z ≥ 0 =⇒ x · z ≤ y · z, ∀x, y, z ∈ R;
(ii) | − x| = |x|, ∀x ∈ R ;
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(iii) |x| ≤ a ⇐⇒ −a ≤ x ≤ a, ∀a, x ∈ R;
(ii) x ∈ I =⇒ x + 1 ∈ I.
L’insieme di tutti gli insiemi induttivi si indica con I.
Possiamo definire l’insieme dei numeri naturali a partire dalla precedente definizione.
Definizione 1.25. L’insieme dei numeri naturali, che si indica con N, si definisce come
N := {x ∈ R t.c. x ∈ I, ∀I ∈ I} ⊆ R.
Ovviamente M ⊆ N, inoltre per le ipotesi (i), (ii) è un insieme induttivo. Dal Teorema 1.4
segue immediatamente M = N, cioè P (n) è vera per tutti i numeri naturali.
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Vediamo ora un’applicazione del principio di induzione.
(1 + x)1 ≥ 1 + 1 · x,
dove nella prima disuguaglianza abbiamo usato il fatto che 1+x > 0 e l’ipotesi di induzione,
cioè P (n) vera; nella seconda disuguaglianza abbiamo usato semplicemente nx2 ≥ 0.
Poiché le ipotesi del principio di induzione sono verificate, allora P (n) è vera, ∀n ∈ N.
(i) 1 = min N ;
Definizione 1.26. L’insieme dei numeri interi, che si indica con Z, si definisce come
21
(iii) Sia p ∈ Z, allora @ q ∈ Z tale che p < q < p + 1 ;
x < p < y.
Definizione 1.27. L’insieme dei numeri razionali, che si indica con Z, si definisce come
nn o
Q= t.c. n, m ∈ Z, m 6= 0 .
m
Osservazione 1.5. Vale la seguente catena di inclusioni (strette):
N ( Z ( Q ( R.
∃ n ∈ N t.c. nx > y.
Dimostrazione. Se x ≥ y la tesi è banale. Sia y > x e supponiamo per assurdo che non
esista n ∈ N tale che nx > y. Allora, per ogni n ∈ N, si avrebbe:
y
nx ≤ y ⇐⇒ n ≤ ,
x
cioè N sarebbe superiormente limitato, che è assurdo.
R, R \ {1, 3}, R \ Z.
Esempio 1.26. Q è denso in R. Infatti, siano x, y ∈ R con x < y, allora poiché y − x > 0,
per la proprietà archimedea, Teorema 1.6, esiste un naturale n ∈ N tale che n(y − x) > 1,
cioè ny − nx > 1. Dalla proprietà (iv) di Z, Proposizione 1.3, esiste un numero intero
m ∈ Z, per cui nx < m < ny, cioè x < m n < y.
22
1.5 Cenni sulla cardinalità.
Definizione 1.29. Due insiemi A, B si dicono equipotenti se esiste una funzione biunivoca
fra essi, cioé
su
∃ f : A −−→ B;
1:1
card(A) = card(B).
Osservazione 1.6. Si ha che ' è una relazione di equivalenza fra gli insiemi (provare per
esercizio).
In = {k ∈ N | k ≤ n}.
∃ n ∈ N t.c. A ' N.
Grazie all’assioma della scelta è possibile dimostrare la definizione di infinito appena data
è equivalente alla seguente, data da Richard Dedekind.
Esempio 1.28. L’insieme dei numeri naturali, N, è infinito. Infatti, basta considerare la
biezione
su
f : N −−→ E, f (n) = 2n,
1:1
23
Esempio 1.29. L’insieme dei numeri naturali pari, E, è numerabile, infatti dall’Esempio
1.28, si ha E ' N.
Osservazione 1.7. Si ha che gli insiemi Z, Q, sono numerabili (provare per esercizio),
cioè:
N ' Z ' Q.
Notiamo, che in particolare si ha:
N ( Z ( Q.
Quindi, tra i precedenti insiemi vale una catena di inclusioni insiemistiche strette, ma hanno
tutti lo stesso "ordine" di infinito.
Il seguente teorema, dovuto a Georg Cantor, mostra che l’insieme dei numeri reali ha un
"ordine maggiore" di infinito del numerabile.
Proposizione 1.5. Sia A un insieme finito e sia P(A) il suo insieme delle parti. Allora
A e P(A) non sono equipotenti. In particolare, se card(A) = n, con n ∈ N, allora si ha
card(P(A)) = 2n .
Osservazione 1.8. La precedente proprietà vale in realtà anche nel caso di insiemi infinti,
cioè: se A è un insieme (qualsiasi), allora A e il suo insieme delle parti P(A) non sono
equipotenti. In particolare, dato un insieme infinito, è sempre possibile ottenere un infinito
"più grande" semplicemente considerando il suo insieme delle parti. Ad esempio
ℵ1 ≺ ℵ2 ≺ ℵ3 . . .
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1.6 Topologia Euclidea.
• (−∞, +∞) = R.
I precedenti insiemi si chiamano intervalli. Inoltre conveniamo che anche il singoletto {a}
(l’insieme con un unico elemento) sia un intervallo (in questo caso, degenere).
Osservazione 1.9. Gli intervalli in R hanno la proprietà di essere "connessi", cioè, vista
la completezza di R, intuitivamente gli intervalli sono costituiti da un "unico pezzo" di R.
Ad esempio, si consideri la differenza fra i seguenti insiemi:
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Definizione 1.37. Sia A ⊆ R.
∃ V ∈ Ux0 t.c. V ⊆ A;
∀ V ∈ Ux0 =⇒ V ∩ (A \ {x0 }) 6= ∅;
∀ V ∈ Ux0 =⇒ V ∩ A 6= ∅;
• Se x0 ∈ A e x0 ∈
/ Der(A), allora x0 si dice punto isolato, per A.
Inoltre
• A si dice chiuso se A = A.
(i) Int(A) ⊆ A, A ⊆ A,
Dimostrazione. Dimostriamo solo alcuni punti, lasciando gli altri per esercizio
(i). Se x0 ∈ Int(A) allora
∃ V ∈ Ux0 t.c. V ⊆ A;
quindi
x0 ∈ V ⊆ A =⇒ x0 ∈ A.
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Sia ora x0 ∈ A e V ∈ Ux0 , allora x0 ∈ V ∩ A 6= ∅ =⇒ x0 ∈ A.
(ii). Dimostriamo la prima uguaglianza. Poiché A ⊆ A e F r(A) ⊆ A, otteniamo
A ∪ F r(A) ⊆ A.
(M, +∞), M ∈ R;
(−∞, m), m ∈ R;
R = R ∪ {−∞, +∞}.
27
Osservazione 1.10. Dalla definizione precedente, si ha che qualsiasi sottoinsieme di R,
che sia limitato superiormente oppure no, ammette estremo superiore. Lo stesso vale per
l’estremo inferiore.
Inoltre, sarà chiaro dal contesto se il simbolo R indicherà la chiusura di R oppure "R esteso".
Int(A) = (2, 5), F r(A) = {2, 5, 8}, A = [2, 5] ∪ {8}, Der(A) = [2, 5].
Inoltre, 8 è un punto isolato; A non è aperto, non è chiuso. Infine A è limitato sia
inferiormente che superiormente, quindi è limitato. In particolare
sup A = 8 ∈ A =⇒ max A = 8,
inf A = 2 ∈
/ A =⇒ @ min A.
Inoltre A non è aperto e non è chiuso. Infine A è limitato sia inferiormente che superior-
mente, quindi è limitato. In particolare
sup A = 1 ∈ A =⇒ max A = 1,
inf A = 0 ∈
/ A =⇒ @ min A.
inf N = 1 ∈ N =⇒ min N = 1,
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Esempio 1.36. Sia A = [−1, 1] \ B ⊆ R, dove
(−1)n
B = x ∈ R, x ∈ [−1, 1] t.c. x = , n∈N .
n
Risulta
Int(A) = A \ {0, 1}, F r(A) = B ∪ {0, 1}, Der(A) = [−1, 1], A = [−1, 1].
Inoltre A non è aperto e non è chiuso.Infine A è limitato sia inferiormente che superior-
mente, quindi è limitato. In particolare
sup A = 1 ∈ A =⇒ max A = 1,
inf A = −1 ∈
/ A =⇒ @ min A.
Osservazione 1.11. Osserviamo esplicitamente che, dalla Definizione 1.16, gli estremi
superiori e inferiori di un insieme appartengono alla chiusura dell’insieme stesso (verificare
per esercizio).
A è denso in R ⇐⇒ A = R.
29
2 Successioni
a : N → R.
Per questo particolare tipo di funzioni, scriviamo an = a(n). L’immagine di una successione
è il seguente sottoinsieme di R
Esempio 2.1.
1 1 1
an = , {an } = 1, , , . . . ,
n 2 3
Definizione 2.2. Sia {an } ⊆ R una successione. Sia ` ∈ R. Si dice che an tende ad `, per
n che tende a +∞, e si scrive
lim an = `,
n→+∞
se
∀ V ∈ U` , ∃ W ∈ U+∞ t.c. an ∈ V, ∀ n ∈ W, n ∈ N.
In questo caso diremo che ` è il limite di an , per n → +∞.
30
Osservazione 2.3. A volte si scrive anche nei seguenti modi:
an −−−−−→ `, an → `.
n→+∞
• ` ∈ R (limite finito):
• ` = +∞ (limite +infinito):
• ` = −∞ (limite −infinito):
Esempio 2.2. Sia an = n1 e ` = 5. Facciamo vedere che an non tende ad `. Per assurdo,
supponiamo che an tenda a 5. Vuol dire che fissato ad esempio ε = 1 nella definizione di
limite, possiamo trovare un n (dipendente da ε) tale che
1 1
− 5 < 1 ⇐⇒ −1 < − 5 < 1, n > n.
n n
1
Dalla prima disuguaglianza a destra troviamo n > 4, per ogni n > n, che è chiaramente
assurdo.
Esempio 2.3. Sia an = n1 , facciamo vedere che an tende a ` = 0. Sia ε > 0 (arbitrario) e
imponiamo che
1
− 0 < ε.
n
1 1
< ε ⇐⇒ −ε < < ε.
n n
Ora, n1 > −ε è sempre soddisfatta. Invece, n1 < ε equivale a nε > 1. Visto che R è
archimedeo (Teorema 1.6), esiste un n tale che nε > 1; in particolare tutti gli n > n
soddisfano tale proprietà, che è la tesi.
Teorema 2.1 (Unicità del limite). Sia {an } ⊆ R una successione e sia ` ∈ R, tale che
lim an = `. Allora ` è unico.
n→+∞
31
Dimostrazione. Consideriamo dapprima il caso di limiti finiti. Siano `1 , `2 ∈ R tali che
lim an = `1 , lim an = `2 .
n→+∞ n→+∞
Dobbiamo dimostrare che `1 = `2 . Per definizione, fissato ε > 0, esistono n1 , n2 tali che
ε > 0, M = `2 + ε.
che è assurdo.
Con un ragionamento analogo si trattano anche i restanti casi `1 = −∞, `2 ∈ R oppure
`1 = −∞, `2 = +∞.
In particolare, se ` = 0, si ha
32
Definizione 2.4. Sia {an } ⊆ R una successione. Sia {kn } una successione tale che
(i) {kn } ⊆ N,
Osservazione 2.6. Le successioni {kn } della precedente definizione godono della seguente
proprietà (provare per esercizio)
kn ≥ n, ∀ n ∈ N.
1
Esempio 2.5. Sia an = n. Allora se, ad esempio, consideriamo kn = 2n, si ottiene
1
akn = 2n . In particolare
1 1 1 1 1 1
{a2n } = , , , . . . ⊆ 1, , , , . . . = {an }.
2 4 6 2 3 4
Teorema 2.2. Sia {an } ⊆ R una successione e sia ` ∈ R, tale che lim an = `. Allora
n→+∞
per ogni sottosuccessione {akn } ⊆ {an }, si ha lim akn = `.
n→+∞
∀V ∈ U` , ∃W ∈ U+∞ t.c. an ∈ V, ∀n ∈ W, n ∈ N.
Osservazione 2.7. Il teorema precedente fornisce un utile strumento per decidere se, per
una data successione {an }, allora un fissato ` ∈ R non è il limite di {an }: infatti, basta
trovare una sottosuccessione {akn } che non tende ad `.
In particolare se una successione {an } ammette due sottosuccessioni che tendono a due
limiti diversi, allora {an } non ammette limite (è oscillante).
Teorema 2.3 (Permanenza del segno). Sia {an } ⊆ R una successione e sia ` ∈ R, tale che
lim an = `. Se ` > 0 (incluso ` = +∞), allora
n→+∞
33
Dimostrazione. Sia ` ∈ R, ` > 0. Nella definizione di limite finito, scegliamo ε = ` > 0 .
Allora
∃n ∈ N t.c. |an − `| < `, ∀n > n, n ∈ N.
In particolare per n > n otteniamo
an > ` − ` = 0.
Nel caso ` = +∞, il teorema segue prendendo un qualsiasi M > 0 nella definizione di limite
infinito.
∃n ∈ N t.c. an ≥ 0, ∀n > n,
allora ` ≥ 0.
Teorema 2.4 (Due Carabinieri). Siano {an }, {bn }, {cn } ⊆ R successioni. Sia n0 ∈ N tale
che
an ≤ bn ≤ cn , ∀n > n0 .
Se esiste ` ∈ R tale che
lim an = lim cn = `,
n→+∞ n→+∞
allora
lim bn = `.
n→+∞
Dimostrazione. Caso ` ∈ R. Sia ε > 0 arbitrario; allora dalle definizioni di limite per {an }
e {cn }, possiamo trovare n1 ∈ N tale che
an > ` − ε, ∀ n > n1 ,
ed n2 ∈ N tale che
cn < ` + ε, ∀ n > n2 .
Quindi, se poniamo n = max{n0 , n1 , n2 }, otteniamo
cioè lim bn = `.
n→+∞
Trattiamo il caso ` = +∞. Dalle definizione di limite per {an }, si ha che ∀ M ∈ R, esiste
n1 ∈ N tale che
M < an ≤ bn ≤ cn , ∀n > n = max{n0 , n1 },
cioè lim bn = `.
n→+∞
Il caso ` = −∞ è analogo.
34
Osservazione 2.8 (Criterio del confronto). Nel precedente teorema, nel caso ` = +∞, dalla
dimostrazione si vede che l’ipotesi che anche cn sia divergente è superflua; analogamente,
per il caso ` = −∞, è superflua l’ipotesi che an sia divergente. In particolare, a volte si
chiama "criterio del confronto" la seguente situazione: siano {an }, {bn } ⊆ R e sia n0 ∈ N
tale che
an ≤ bn , ∀n > n0 ,
allora
Proposizione 2.1 (Algebra dei Limiti). Siano {an }, {bn } ⊆ R successioni ed `, m ∈ R tali
che
lim an = `, lim bn = m.
n→+∞ n→+∞
(i) Se `, m ∈ R, allora
lim an + bn = ` + m,
n→+∞
lim an · bn = ` · m,
n→+∞
bn m
lim = , se an 6= 0, ∀n ∈ N ed ` 6= 0.
n→+∞ an `
lim an + bn = ±∞,
n→+∞
lim an · bn = +∞.
n→+∞
lim an · bn = −∞.
n→+∞
lim an · bn = ±∞.
n→+∞
lim an + bn = ±∞.
n→+∞
35
(vii) Se an > 0(< 0) ∀n ∈ N, ` = 0, allora
1
lim = +∞(−∞).
n→+∞ an
Dimostrazione. Dimostriamo solo alcuni casi, lasciando gli altri per esercizio.
Del punto (i) mostriamo solo che an + bn → ` + m e che an bn → `m. Sia ε > 0, allora
cioè an + bn → +∞ e an bn → +∞.
Il prossimo notevole risultato mette in relazione una proprietà topologica con il concetto di
limite.
Dimostrazione. (Caso =⇒ )
Sia x0 ∈ R, allora per ogni n ∈ N definiamo l’intorno Vn ∈ Ux0 come
1 1
Vn = x0 − , x0 + .
n n
Poiché x0 ∈ Der(A), si ha
Sn := Vn ∩ (A \ {x0 }) 6= ∅.
36
Allora per ogni n ∈ N scegliamo an ∈ Sn , da cui segue che {an } ⊆ A \ {x0 } ed anche
an ∈ Vn , per ogni n ∈ N, cioé
1 1
x0 − < an < x0 + , ∀n ∈ N.
n n
Dal Teorema dei due carabinieri segue allora lim an = x0 .
n→+∞
(Caso ⇐= )
Per ipotesi abbiamo
cioè
x0 − ε < an < x0 + ε, n > n.
Ma questo significa che
an ∈ Vε = (x0 − ε, x0 + ε), n > n.
Data l’arbitrarietà di ε > 0, stiamo dicendo che in ogni intorno di x0 cadono i punti della
successione an con n > n, che per ipotesi sono in A e sono diversi da x0 . Cioé
V ∩ (A \ {x0 }) 6= ∅, ∀V ∈ Ux0 ,
• Se x0 = 3 ∈ A, allora scegliamo an = 3.
1
• Se x0 = 2 ∈ A, allora scegliamo an = 12 .
37
2.2 Successioni limitate e monotone. Compattezza.
∃ m ∈ R, t.c. m ≤ an , ∀ n ∈ N.
∃ M, m ∈ R, t.c. m ≤ an ≤ M, ∀ n ∈ N.
−2 ≤ an ≤ 3, ∀ n ∈ N;
oppure
|an | ≤ 1, ∀ n ∈ N.
Teorema 2.6. Sia {an } ⊆ R una successione. Se {an } è convergente allora {an } è limitata.
Dimostrazione. Per ipotesi esiste ` ∈ R tale che lim an = `. Quindi, preso ε = 1 nella
n→+∞
definizione di limite finito, abbiamo
Cioè, {an } è limitata se n > n ed è sicuramente limitata prima di n, visto che assume un
numero finito di valori; più precisamente, posto
M = max{a1 , a2 , . . . , an , ` + 1},
m = min{a1 , a2 , . . . , an , ` − 1},
si ha
m ≤ an ≤ M, ∀ n ∈ N,
cioè {an } è limitata.
38
Osservazione 2.10. Il precedente Teorema 2.6 non si può invertire. Infatti, ad esempio,
la successione an = (−1)n , dell’Esempio 2.8, è limitata, ma non è convergente.
Teorema 2.7. Siano {an }, {bn } ⊆ R successioni. Se {an } è infinitesima e {bn } è limitata,
allora il prodotto {an bn } è infinitesimo, cioè:
lim an · bn = 0.
n→+∞
Dimostrazione. Utilizziamo l’Osservazione 2.5 e mostriamo che il valore assoluto del pro-
dotto è infinitesimo. Per ipotesi
∃ M ∈ R t.c. |bn | ≤ M, ∀n ∈ N.
Allora si ha
0 ≤ |an · bn | = |an | · |bn | ≤ |an | · M.
Visto che {|an |} è infinitesima (di nuovo per l’Osservazione 2.5), allora dal teorema dei due
carabinieri otteniamo
lim |an · bn | = 0 = lim an · bn .
n→+∞ n→+∞
an ≤ an+1 , ∀ n ∈ N,
an ≥ an+1 , ∀ n ∈ N,
lim an = sup{an } ∈ R;
n→+∞
lim an = inf{an } ∈ R;
n→+∞
` = sup{an } ∈ R,
39
• (Primo caso) ` = +∞, cioè an non è limitata superiormente. Quindi,
∀ M ∈ R, ∃ n ∈ N t.c. an > M.
an ≥ an > M ∀n > n, n ∈ N,
∀ε > 0, an ≤ ` < ` + ε, ∀ n ∈ N.
Si ha che {an } non è monotona, né crescente né decrescente, inoltre {an } non è limitata,
né superiormente né inferiormente. In particolare, si ha:
Come visto nell’Osservazione 2.10, l’enunciato del Teorema 2.6 non si può in generale
invertire; il prossimo importante risultato stabilisce comunque una notevole proprietà delle
successioni limitate.
m0 = m, M0 = M,
m0 + M0
I0 = [m0 , M0 ], c0 = .
2
40
Poiché, per ipotesi, an ∈ I0 , per ogni n ∈ N, ed essendo c0 il punto medio di I0 , in almeno
uno dei seguenti due sottointervalli
[m0 , c0 ], [c0 , M0 ]
m1 = c0 , M1 = M0 ,
m1 + M1
I1 = [m1 , M1 ], c1 = .
2
Anche in questo caso, in almeno uno tra
dove ognuno contiene infiniti elementi della successione; inoltre, le due successioni {mn },
{Mn } sono limitate e monotone, in particolare mn %, Mn & . Allora, per il Teorema 2.8,
esistono `1 , `2 ∈ R tali che
lim mn = `1 , lim Mn = `2 .
n→+∞ n→+∞
k1 = min{n ∈ N t.c. an ∈ I1 },
k2 = min{n ∈ N t.c. an ∈ I2 , n > k1 },
..
.
kn = min{n ∈ N t.c. an ∈ In , n > kn−1 }.
Per costruzione, si ha kn ∈ N e kn < kn+1 per ogni n ∈ N; quindi {akn } è una sottosucces-
sione di {an } con
akn ∈ In = [mn , Mn ], ∀n ∈ N,
cioè
mn ≤ akn ≤ Mn , ∀n ∈ N.
Allora, ancora per il teorema dei due carabinieri, otteniamo
lim akn = `.
n→∞
41
Introduciamo ora una proprietà cruciale dei sottoinsiemi dei numeri reali.
Definizione 2.7. Sia A ⊆ R. A si dice compatto se, ogni successione in A ammette una
sottosuccessione convergente in A, cioè:
∀ {an } ⊆ A, ∃ {akn } ⊆ {an } t.c. lim akn = x0 ∈ A.
n→∞
Esempio 2.10. Sia A ⊆ R, dato da A = (0, 3]. Allora A non è compatto. Infatti,
consideriamo ad esempio, an = n1 . Si ha che {an } ⊆ A e
lim an = 0 ∈
/ A.
n→∞
Poiché la successione {an } ammette limite, dal Teorema 2.2, ogni sua sottosuccessione avrà
lo stesso limite. Ma il limite non appartiene ad A.
Esempio 2.11. Sia A ⊆ R, dato da A = [0, +∞). Allora A non è compatto. Infatti,
consideriamo ad esempio, an = n. Si ha che {an } ⊆ A ed è divergente, cioè
lim an = +∞.
n→∞
Allora, dal Teorema 2.2, ogni sua sottosuccessione sarà divergente.
Il seguente importante risultato caratterizza i sottoinsiemi compatti dei numeri reali.
Teorema 2.10 (Heine-Borel). Sia A ⊆ R. Allora
(
A è chiuso,
A è compatto ⇐⇒
A è limitato.
Dimostrazione. (Caso =⇒ )
Dimostriamo che A è chiuso. Visto che A ⊆ A, proviamo che A ⊆ A. Quindi, sia x0 ∈ A.
Per il Corollario 2.3, esiste {an } ⊆ A, tale che
lim an = x0 .
n→+∞
Ma, per ipotesi di compattezza, esiste una sottosuccessione {akn } ⊆ {an }, tale che
lim akn = x1 ∈ A.
n→∞
Dal Teorema 2.2, segue subito x0 = x1 e quindi x0 ∈ A.
Adesso dimostriamo che A è limitato. Supponiamo, per assurdo, che A non sia limitato
(superiormente, ad esempio). Allora
∀ n ∈ N, ∃ an ∈ A t.c. an > n.
Quindi
lim an = +∞.
n→+∞
Sempre dal Teorema 2.2, si ha che ogni sottosuccessione {akn } ⊆ {an } è divergente, cioè A
non è compatto.
(Caso ⇐= )
Supponiamo ora che A sia chiuso e limitato e consideriamo una arbitraria successione
{an } ⊆ A. Poiché A è limitato, anche {an } sarà limitata. Quindi, per il Teorema di
Bolzano-Weierstrass (Teorema 2.9), esiste una sottosuccessione {akn } ⊆ {an } convergente
ad x0 ∈ A. Ma A è chiuso, pertanto x0 ∈ A, cioè A è compatto.
42
2.3 Esempi e criteri.
1 n 1 n+1
an = 1 + , bn = 1 + , n ∈ N.
n n
Prima di tutto, si ha immediatamente che
bn 1
= 1 + > 1,
an n
quindi bn > an , per ogni n ∈ N. Facciamo vedere che {an } è una successione crescente.
Vale:
n+1
1
an+1 1 + n+1
n + 2 n+1
n
n
= n = =
an 1 + n1 n+1 n+1
n
n+2 n
n 2
n+2 n n+2 n + 2n + 1 − 1
= = =
n+1 n+1 n+1 n+1 (n + 1)2
n (B)
n+2 1 n+2 n
= 1− ≥ 1− =
n+1 (n + 1)2 n+1 (n + 1)2
n3 + 3n2 + 3n + 2
= 3 > 1,
n + 3n2 + 3n + 1
dove in (B) abbiamo usato la disuguaglianza di Bernoulli (Esempio 1.24). Quindi {an } è
strettamente crescente; allo stesso modo si può provare che {bn } è strettamente decrescente
(per esercizio). Ora, poiché b1 = 4, a1 = 2, vale
2 = a1 ≤ an < bn ≤ b1 = 4, ∀ n ∈ N.
Il valore comune (finito) dei due limiti, si denota con "e" e si chiama numero di Nepero.
(Si può dimostrare che e ∈/ Q.)
Esempio 2.13 (Successione per ricorrenza). Sia c ∈ R, c > 0. Definiamo
a1 = c,
1 c (1)
an+1 = an + , n ∈ N. (∗)
2 an
43
√
Notiamo che an > 0, per ogni n ∈ N. Facciamo vedere che an+1 ≥ c per ogni n ∈ N,
infatti vale:
√ √ √ √
1 c 1 1
an+1 − c = an + − c= (a2n + c − 2an c) = (an − c)2 ≥ 0.
2 an 2an 2an
Adesso mostriamo che {an } è decrescente, se n > 1, infatti si ha:
1 c 1
an+1 − an = an + − an = (a2 + c − 2a2n ) =
2 an 2an n
1 1 √ √
= (c − a2n ) = ( c − an )( c + an ) ≤ 0, ∀ n > 1.
2an 2an
Quindi {an } è monotona decrescente e inferiormente limitata, allora dal Teorema 2.8 esiste
` ∈ R, tale che
lim an = `.
n→+∞
Ora passando al limite, per n → +∞, in ambo i membri dell’uguaglianza (∗), otteniamo
1 c √
`= `+ ⇐⇒ `2 = c ⇐⇒ ` = c,
2 `
√
dove abbiamo scartato ` = − c, poiché an > 0. Quindi, in conclusione
√
lim an = c.
n→+∞
an ' bn , n → +∞,
se:
bn
lim = 1.
n→+∞ an
• Si dice che {an } è un "o-piccolo" di {bn }, per n → +∞, e si scrive
an = o(bn ), n → +∞,
se:
an
lim = 0.
n→+∞ bn
Osservazione 2.11. A volte, per comodità, si omette la scrittura n → +∞.
Inoltre, si noti che scrivere an = o(1) equivale a dire che {an } è infinitesima.
Esempio 2.14. Siano an = np e bn = nq con p, q ∈ R, p, q > 0.
an 1
lim = lim q−p = 0 ⇐⇒ q > p.
n→+∞ bn n→+∞ n
44
Valgono le seguenti proprietà (dimostrare per esercizio).
7n3 + 3n2 + 4
an = .
3n3 + 4n − 7
Studiamo il lim an . Allora, si ha:
n→+∞
7n3 (1 + o(1)) 7
= lim =
n→+∞ 3n3 (1 + o(1)) 3
Teorema 2.11 (Criterio del rapporto). Sia {an } ⊆ R, una successione con an > 0, per
ogni n ∈ N. Supponiamo che esista ` ∈ R, tale che
an+1
lim = ` ∈ R.
n→+∞ an
Allora:
lim an = +∞ ;
n→+∞
• se ` < 1 allora
lim an = 0 .
n→+∞
45
Dimostrazione. (Caso ` > 1)
Se ` ∈ R, dalla definizione di limite finito, abbiamo
an+1
∀ε > 0, ∃ n ∈ N t.c. ` − ε < < ` + ε, ∀n > n, n ∈ N.
an
`−1
Quindi, scegliamo ε = 2 > 0 e troviamo n ∈ N tale che
an+1 `−1 `+1
>`− = > 1, ∀n > n, (2)
an 2 2
cioè {an } è monotona crescente, per n > n, quindi per il Teorema 2.8 esiste L ∈ R tale che
(L > 0 per il Teorema della permanenza del segno):
lim an = L.
n→+∞
Se fosse L > 0 si avrebbe un assurdo analogo a quello del caso ` > 1. Quindi L = 0.
Osservazione 2.12. Dalla dimostrazione, si vede che se ` > 1 (incluso ` = +∞), allora
in particolare ∃ n ∈ N tale che an %, per n > n. Invece se ` < 1 allora si ha che ∃ n ∈ N
tale che an &, per n > n.
Osservazione 2.13. Mostriamo esplicitamente che la condizione ` = 1 non è indicativa di
nulla. Infatti, siano, ad esempio,
1
an = n, bn = .
n
Allora, si ha che la prima diverge mentre la seconda è infinitesima, cioè hanno comporta-
menti al limite diversi. Tuttavia
an+1 bn+1
lim = lim = 1.
n→+∞ an n→+∞ bn
46
Esempio 2.16. Siano p ∈ R, p > 0, e c ∈ R, c > 1. Consideriamo le due successioni
an = np , bn = cn .
Poiché dn > 0, ∀ n ∈ N, applichiamo il criterio del rapporto alla successione {dn }, cioè
(n + 1)p cn 1 n+1 p 1
dn+1
lim = lim = lim = < 1.
n→+∞ dn n→+∞ cn+1 np n→+∞ c n c
Quindi,
lim dn = 0,
n→+∞
Perciò
lim an = 0.
n→+∞
Perciò
lim an = 0.
n→+∞
47
Esempio 2.19. Consideriamo la successione
2n + n!
an = .
3n + n5
Vogliamo studiare il comportamento al limite. Allora
2n + n! n! + o(n!) n!(1 + o(1))
lim an = lim n 5
= lim n n
= lim n = +∞.
n→+∞ n→+∞ 3 + n n→+∞ 3 + o(3 ) n→+∞ 3 (1 + o(1))
Quindi
lim an = 0.
n→+∞
Teorema 2.12 (Criterio della radice). Sia {an } ⊆ R, una successione con an ≥ 0, per ogni
n ∈ N. Supponiamo che esista ` ∈ R, tale che
√
lim n an = ` ∈ R.
n→+∞
Allora:
• se ` > 1 (incluso ` = +∞) allora
lim an = +∞ ;
n→+∞
• se ` < 1 allora
lim an = 0 .
n→+∞
√ `−1 `+1
n
an > ` − = > 1, ∀n > n, (3)
2 2
48
cioè n
`+1
an > , ∀n > n. (4)
2
Ora passando al limite, per n → +∞, in ambo i membri della disuguaglianza, otteniamo
la tesi.
Se ` = +∞, scegliamo M = 2 nella definizione di limite infinito e troviamo n ∈ N tale che
√n
an > 2, ∀n > n, (5)
cioè
an > 2n , ∀n > n. (6)
Dopodiché procediamo come prima.
(Caso ` < 1)
1−`
Nella definizione di limite finito, scegliamo ε = 2 > 0 e troviamo n ∈ N tale che
√ `+1
n
an < ` + ε = < 1, ∀n > n̄,
2
cioè n
`+1
0 ≤ an < , ∀n > n̄.
2
Quindi, dal teorema dei due carabinieri, otteniamo la tesi.
Teorema 2.13 (di Cesàro). Siano {an }, {bn } ⊆ R due successioni tali che
∀n > n, ∀p ∈ N.
49
Adesso sommiamo membro a membro tutte le disuguaglianze precedenti, sfruttando il fatto
che tutti i termini, a parte quelli con indici n + p ed n, compaiono due volte e con segni
opposti (quindi si elidono). Perciò otteniamo:
Ora dividiamo per bn+p , che possiamo supporre strettamente positivo, per ogni p maggiore
di un certo m ∈ N, poiché bn → +∞. Si ha:
(bn+p − bn ) an+p − an (bn+p − bn )
(` − ε) < < (` + ε)
bn+p bn+p bn+p
m
bn an an+p bn an
(` − ε) 1 − + < < (` + ε) 1 − + ,
bn+p bn+p bn+p bn+p bn+p
Per concludere, passiamo al limite, per p → +∞, nell’ultima relazione (ricordando che
an , bn → +∞) e otteniamo
an+p
` − ε ≤ lim ≤ ` + ε.
p→+∞ bn+p
Data l’arbitrarietà di ε > 0, abbiamo
an+p an
lim = lim =`.
p→+∞ bn+p n→+∞ bn
lim cn = 0.
n→+∞
50
Esempio 2.22. Consideriamo la successione
√
n
an = np ,
In conclusione
lim an = 1.
n→+∞
n √
q
poiché lim 2πn = 1 (Esempio 2.22).
n→+∞
51
2.4 Successioni di Cauchy.
lim an = `.
n→+∞
Quindi
Faremo vedere che la precedente affermazione si può invertire. A questo scopo premettiamo
il seguente lemma.
Lemma 2.1. Sia {an } ⊆ R. Se {an } è di Cauchy allora è limitata.
Dimostrazione. Scegliamo ε = 1 nella definizione di successione di Cauchy, allora esiste
n ∈ N tale che:
Teorema 2.14 (Completezza sequenziale di R). Sia {an } ⊆ R. Se {an } è di Cauchy allora
è convergente .
Dimostrazione. Se {an } è di Cauchy, allora
Inoltre, poiché {an } è di Cauchy, dal Lemma 2.1, allora è limitata. Dal teorema di Bolzano-
Weierstrass, sappiamo che esiste una sottosuccessione {akn } ⊆ {an } convergente, cioè esiste
` ∈ R, tale che
lim akn = `.
n→+∞
52
In particolare, poiché kn ≥ n per ogni n ∈ N, quando n > n2 anche kn > n2 . Sia allora
n = max{n1 , n2 }. Si ottiene:
|an − `| = |an − akn + akn − `| ≤ |an − akn | + |akn − `| < 2ε, ∀n > n,
cioè
lim an = `.
n→+∞
Osservazione 2.15. Il Teorema 2.14 e la Proposizione 2.3 dicono che, "in R", una succes-
sione è convergente se e solo se è di Cauchy. Osserviamo esplicitamente che le definizioni
di limite e di successione di Cauchy possono essere date per successioni a valori razionali,
cioè funzioni da N a valori in Q; in particolare, l’essere di Cauchy non dipende dal fatto
che la successione assuma valori reali o razionali. Come conseguenza, si avrebbe che per
successioni in Q, la Proposizione 2.3 sarebbe ancora valida, mentre il Teorema 2.14 non
sarebbe in generale vero. Consideriamo, ad esempio, la successione definita nell’Esempio
otteniamo una successione {an } ⊆ Q, la quale
2.13: se scegliamo come dato iniziale c = 2, √
è di Cauchy, ma non è convergente, poiché 2 ∈ / Q.
53
3 Funzioni reali di variabile reale
In questa sezione introdurremo la definizione di limite per funzioni reali, di variabile reale
cioè, dato A ⊆ R, considereremo funzioni
f : A → R.
Poiché nella definizione di limite si richiederà che il punto limite sia un punto di accumu-
lazione per il dominio della funzione, diamo la seguente definizione, allo scopo di avere una
notazione più compatta.
infatti A \ {+∞} = A.
Analogamente, diremo che:
cioè
lim f (x) = `,
x→x0
se
∀ V ∈ U` , ∃ W ∈ Ux0 t.c. f (x) ∈ V, ∀x ∈ W ∩ (A \ {x0 }).
In questo caso diremo che ` è il limite di f (x), per x → x0 .
f (x) −−−→ `.
x→x0
54
Osservazione 3.2. La precedente definizione si può riscrivere esplicitamente, a seconda
delle varie combinazioni: x0 ∈ R oppure x0 = ±∞; ` ∈ R oppure ` = ±∞. Ne scriviamo
alcune, come esempio.
• x0 ∈ R, ` ∈ R:
lim f (x) = `
x→x0
m
∀ε > 0, ∃ δ > 0 t.c. |f (x) − `| < ε, ∀x ∈ A \ {x0 }, x ∈ (x0 − δ, x0 + δ).
• x0 ∈ R, ` = +∞:
lim f (x) = +∞
x→x0
m
∀M ∈ R, ∃ δ > 0 t.c. f (x) > M, ∀x ∈ A \ {x0 }, x ∈ (x0 − δ, x0 + δ).
• x0 = −∞, ` ∈ R:
lim f (x) = `
x→−∞
m
∀ε > 0, ∃ K ∈ R t.c. |f (x) − `| < ε, ∀x ∈ A, x < K.
• Siano A = R e f : A → R, data da
f (x) = 5.
lim f (x) = 5.
x→7
• Siano A = R e f : A → R, data da
(
5, se x 6= 7
f (x) =
8, se x = 7
lim f (x) = 5.
x→7
55
• Siano A = R \ {7} e f : A → R, data da
f (x) = 5.
lim f (x) = 5.
x→7
Dimostrazione. (Caso =⇒ )
Per ipotesi si ha:
In altri termini:
lim f (an ) = `.
n→+∞
(Caso ⇐= )
Viceversa, supponiamo ora f (an ) → ` per ogni successione {an } ⊆ A \ {x0 } tale che
an → x0 . Occorre provare che lim f (x) = `. Ragioniamo per assurdo e supponiamo che
x→x0
ciò non accada. Allora
56
Osserviamo che Wn ∈ Ux0 , per ogni n ∈ N. Poniamo inoltre, per ogni n ∈ N,
Per la proprietà (∗), risulta An 6= ∅, per ogni n ∈ N. Quindi, per l’assioma della scelta, per
ogni n ∈ N, esiste un elemento an ∈ An . Pertanto {an } ⊆ A \ {x0 }. Inoltre an ∈ Wn , per
ogni n ∈ N, cioè:
1 1
x0 − n < an < x0 + n , x0 ∈ R
n < an , x0 = +∞
an < −n, x0 = −∞
lim an = x0 .
n→+∞
lim f (an ) 6= `.
n→+∞
Riportiamo alcuni risultati sulle proprietà dei limiti di funzione di variabile reale, in analogia
con i limiti di successioni.
f |B : B → R , f |B (x) = f (x).
lim f |B (x) = l.
x→x0
A+
x0 = A ∩ (x0 , +∞)
A−
x0 = A ∩ (−∞, x0 )
Sia f : A → R.
57
• Se x0 ∈ Der(A+
x0 ) allora poniamo
lim f |A+
x
(x) = lim f (x).
x→x0 0 x→x+
0
• Se x0 ∈ Der(A−
x0 ) allora poniamo
lim f |A−
x
(x) = lim f (x).
x→x0 0 x→x−
0
lim f (x) = `.
x→x0
allora
lim g(x) = `.
x→x0
Osservazione 3.6. Come nel caso delle successioni, valgono le stesse considerazioni nel
caso ` = ±∞ (Criterio del confronto, Osservazione 2.8). Inoltre, sempre come per le
successioni, valgono tutte le proprietà espresse nella Proposizione 2.1 (Algebra dei Limiti)
58
In analogia con la Proposizione 2.3 e il Teorema 2.14, anche per le funzioni di variabili reale
vale la seguente caratterizzazione di tipo Cauchy.
Teorema 3.5. Siano A ⊆ R e f : A → R. Siano x0 ∈ R, x0 ∈ Der(A). Allora si ha
Analogamente:
• si chiama massimo di f su A, (se esiste),
in particolare
∃ x0 ∈ A t.c. f (x) ≤ f (x0 ), ∀x ∈ A,
in questo caso x0 si chiama punto di massimo per f ;
in particolare
∃ x0 ∈ A t.c. f (x) ≥ f (x0 ), ∀x ∈ A,
in questo caso x0 si chiama punto di minimo per f .
Infine:
• x0 ∈ A si dice punto di massimo locale per f se
59
Osservazione 3.7. Ovviamente, un punto di massimo è anche un punto di massimo locale,
mentre il viceversa è in generale falso (trovare un esempio per esercizio). Lo stesso vale per
i punti di minimo.
Inoltre, in genere si chiamano estremanti, per f , i massimi o i minimi della funzione;
analogamente, un estremante locale, per f , è un massimo locale oppure un minimo locale.
Definizione 3.6. Siano A ⊆ R e f : A → R. Consideriamo l’immagine f (A) ⊆ R e diamo
le seguenti definizioni.
• La funzione si dice limitata superiormente se esiste un maggiorante per f (A), cioè:
∃ M ∈ R, t.c. f (x) ≤ M, ∀ x ∈ A.
∃ m ∈ R, t.c. m ≤ f (x), ∀ x ∈ A.
∃ M, m ∈ R, t.c. m ≤ f (x) ≤ M, ∀ x ∈ A.
Osservazione 3.8. Equivalentemente, una funzione si dice limitata se (provare per eser-
cizio)
∃ M ∈ R, t.c. |f (x)| ≤ M, ∀ x ∈ A.
Esempio 3.2. Sia f : R → R , f (x) = sin(x). Allora f è limitata. Infatti, ad esempio
−2 ≤ f (x) ≤ 3, ∀ x ∈ R;
oppure
|f (x)| ≤ 1, ∀ x ∈ R.
Teorema 3.6. Siano A ⊆ R e f, g : A → R. Sia x0 ∈ R, x0 ∈ Der(A). Se f è infinitesima
per x → x0 (ossia limx→x0 f (x) = 0) e g è limitata, allora
60
• La funzione si dice monotona, se è crescente oppure decrescente.
Teorema 3.7. Siano A ⊆ R e f : A → R. Supponiamo f %. Allora:
(i) Se x0 ∈ R, x0 ∈ Der(A+
x0 ) allora
(ii) Se x0 ∈ R, x0 ∈ Der(A−
x0 ) allora
cioè
∀ε > 0, ∃ δ > 0 t.c. |f (x) − `| < ε, ∀x ∈ (x0 , x0 + δ), x ∈ A.
Prima di tutto, poichè ` = inf f , si ha ` ≤ f (x) per ogni x ∈ A+
x0 , e quindi, ∀ε > 0,
A+
x0
λ − ε < λ ≤ f (x), ∀x ∈ A+
x0 .
61
Osservazione 3.9. Il precedente risultato afferma che le funzioni monotone crescenti am-
mettono sempre limite, in qualsiasi punto di accumulazione del dominio. Lo stesso vale
ovviamente per le funzioni monotone decrescenti.
Osservazione 3.10. Sia f %. Se x0 ∈ Der(A+ −
x0 ) ∩ Der(Ax0 ), allora
lim f (x) ≤ lim f (x).
x→x−
0 x→x+
0
log(1 + x) ex − 1
lim = 1, lim =1
x→0 x x→0 x
(1 + x)a − 1
lim = a, con a ∈ R
x→0 x
62
3.2 Funzioni continue.
Osservazione 3.14. Dal punto (i) della precedente osservazione, si ha che, per esempio,
le successioni sono funzioni continue su N.
Allora f non è continua in x0 = 7. Ovviamente, per qualsiasi altro punto del dominio
x 6= 7, si ha che f è continua in x. Comunque, f 6∈ C(R; R).
63
Esempio 3.7. Siano A = R e f : A → R,
(
5, x≤7
f (x) =
1, x>7
Allora f non è continua in x0 = 7. Ovviamente, per qualsiasi altro punto del dominio
x 6= 7, si ha che f è continua in x. Comunque, f 6∈ C(R; R).
Dimostrazione. Poiché la verifica della continuità è puntuale (cioè fatta su ogni punto del
dominio), ci sono due possibilità, date dall’Osservazione 3.13: nel primo caso, la continuità
è immediata, nel secondo caso segue dalle proprietà dei limiti (Algebra dei Limiti).
64
Teorema 3.10. Siano A, B ⊆ R, f : A → R, g : B → R, tali che f (A) ⊆ B. Siano
x0 ∈ A, y0 = f (x0 ) ∈ f (A) ⊆ B. Se f è continua in x0 e g è continua in y0 , allora g ◦ f è
continua in x0 . In particolare, se f ∈ C(A; R), g ∈ C(B; R), allora g ◦ f ∈ C(A; R).
Dimostrazione. Denotiamo h = g ◦ f , h : A → R. Allora occorre provare che h è continua
in x0 ∈ A. Utilizziamo il Teorema 3.9. Quindi bisogna provare che:
cioè:
I prossimi importanti risultati mettono in evidenza due proprietà fondamentali delle funzioni
continue: mandano compatti in compatti e connessi in connessi.
65
Teorema 3.11 (Weierstrass). Siano A ⊆ R. Si ha:
(
A compatto
=⇒ f (A) compatto.
f ∈ C(A; R)
Dimostrazione. Dalla definizione di compattezza (Definizione 2.7), per provare che l’imma-
gine f (A) è compatta, dobbiamo dimostrare che:
Sia allora {bn } ⊆ f (A) una successione arbitraria. Per definizione di immagine, si ha che
bn = f (an ), per una qualche successione {an } ⊆ A. Ora, poichè A è compatto, esiste
{akn } ⊆ {an } tale che lim akn = x0 ∈ A. Sia bkn = f (akn ), così {bkn } ⊆ {bn }. Perciò:
n→+∞
lim bkn = lim f (akn ) = f lim akn = f (x0 ) ∈ f (A),
n→+∞ n→+∞ n→+∞
dove abbiamo usato la proprietà delle funzioni continue mostrata nell’Osservazione 3.15.
Quindi f (A) è compatto.
Adesso, dal Teorema di Heine-Borel (Teorema 2.10), si ha che f (A) è chiuso e limitato.
Dalla limitatezza segue che
µ, λ ∈ f (A) = f (A),
cioè
∃ x1 , x2 ∈ A t.c. f (x1 ) = µ = min f, f (x2 ) = λ = max f.
A A
Teorema 3.12 (Bolzano, o degli zeri). Siano a, b ∈ R, con a < b, e sia f ∈ C([a, b] ; R).
Se f (a) · f (b) < 0, allora ∃ x0 ∈ [a, b] tale che f (x0 ) = 0.
Dimostrazione. Prima di tutto supponiamo, ad esempio, f (a) < 0, f (b) > 0. Ora definiamo
∃ x0 = sup E ∈ R.
In particolare x0 ∈ [a, b], quindi x0 ∈ Der([a, b]). Vogliamo provare che f (x0 ) = 0. Sup-
poniamo per assurdo che f (x0 ) 6= 0, allora abbiamo due situazioni: f (x0 ) < 0 oppure
f (x0 ) > 0.
66
• Supponiamo f (x0 ) < 0. Allora x0 ∈ E, inoltre dalla continuità di f , segue
cioè
cioè
Dimostrazione. Vogliamo provare che l’immagine f (A) è un intervallo, cioè: per ogni
x1 , x2 ∈ A (supponiamo, ad esempio x1 < x2 ) tali che f (x1 ) < f (x2 ) e per ogni λ ∈ R con
f (x1 ) < λ < f (x2 ), allora
Si ha g ∈ C([x1 , x2 ] ; R) ed inoltre
67
Quindi g(x1 ) · g(x2 ) < 0, così per il teorema di Bolzano (Teorema 3.12)
Ma
g(x0 ) = f (x0 ) − λ = 0,
cioè f (x0 ) = λ.
L’ipotesi A intervallo nel precedente teorema è cruciale, come mostra il seguente esempio.
Quindi la funzione inversa f −1 non è continua (in particolare nel punto y0 = 1).
68
3.3 Funzioni uniformemente continue.
L’affermazione della precedente osservazione non si può invertire, come vedremo. A questo
scopo è utile il seguente risultato che mette in relazioni le funzioni uniformemente continue
con le successioni di Cauchy.
In definitiva:
∀ε > 0, ∃ n ∈ N t.c. |f (an ) − f (am )| < ε, ∀ n, m > n.
In altri termini, {f (an )} è una successione di Cauchy.
Il seguente notevole risultato determina una condizione sufficiente affinché una funzione
continua sia anche uniformemente continua.
69
Dimostrazione. Ragioniamo per assurdo e supponiamo f non uniformemente continua su
A. Allora:
|f (an ) − f (bn )| ≥ ε.
lim akn = x0 ∈ A
n→+∞
1
Ora, la disuguaglianza |akn − bkn | < δkn = kn , ∀n ∈ N, significa
1 1
akn − < bkn < akn + .
kn kn
Di conseguenza, poichè kn ≥ n, per ogni n ∈ N, allora dal teorema dei due carabinieri,
passando al limite, per n → +∞, si ha
lim bkn = x0 ∈ A.
n→+∞
|f (akn ) − f (bkn )| ≥ ε, ∀ n ∈ N.
70
4 Calcolo differenziale
71
cioé
f (x) − f (x0 ) − f 0 (x0 )(x − x0 )
f (x) − f (x0 )
lim − f 0 (x0 ) = lim = 0.
x→x0 x − x0 x→x0 x − x0
Dalla definizione di "o-piccolo", si ha
che significa
f (x) = f (x0 ) + f 0 (x0 )(x − x0 ) + o(x − x0 ) per x → x0 ,
ed in particolare λ = f 0 (x0 ).
(Caso ⇐= )
Se ∃ λ ∈ R tale che f (x) = f (x0 ) + λ(x − x0 ) + o(x − x0 ) per x → x0 , allora, sostituendo
f (x) nel rapporto incrementale, si ha
Cioè f è continua in x0 .
Quindi
f (x) − f (x0 ) |x| − |0|
@ lim = lim ,
x→x0 x − x0 x→0 x − 0
72
per cui f non è derivabile in x0 = 0.
Mostriamo ora che comunque, se x0 6= 0, allora f è derivabile in x0 .
Sia x0 > 0, si ha
|x| − |x0 | x − x0
lim = lim = 1.
x→x0 x − x0 x→x0 x − x0
|x| − |x0 | −x + x0
lim = lim = −1.
x→x0 x − x0 x→x0 x − x0
Equivalentemente
x 1 π 1 1 π
y(x) = √ + √ − √ , m= √ , q=√ − √ .
2 2 4 2 2 2 4 2
Valgono le seguenti proprietà algebriche.
73
Proposizione 4.1. Sia A ⊆ R, e f, g : A → R due funzioni derivabili in x0 ∈ A ∩ Der(A).
Allora:
(i) f + g è derivabile in x0 e si ha
f
(iii) se g(x) 6= 0 per ogni x ∈ A, è derivabile in x0 e si ha
g
0
f f 0 (x0 )g(x0 ) − f (x0 )g 0 (x0 )
(x0 ) = .
g (g(x0 ))2
Dimostrazione. Dimostriamo il punto (ii) e lasciamo gli altri per esercizio. Abbiamo
f (x)g(x) − f (x0 )g(x0 ) f (x)g(x) − f (x0 )g(x) + f (x0 )g(x) − f (x0 )g(x0 )
lim = lim =
x→x0 x − x0 x→x0 x − x0
f (x) − f (x0 ) g(x) − g(x0 )
= lim g(x) + f (x0 ) =
x→x0 x − x0 x − x0
= f 0 (x0 )g(x0 ) + f (x0 )g 0 (x0 ).
Si noti che g(x) → g(x0 ), per x → x0 , in quanto g è continua in x0 essendo per ipotesi
ivi derivabile (Corollario 4.1). Questo dimostra che il prodotto f · g è derivabile in x0 , con
derivata
Dimostrazione. Utilizziamo la caratterizzazione data dal Lemma 4.1. Quindi, per ipotesi,
abbiamo
f (x) = f (x0 ) + f 0 (x0 )(x − x0 ) + o(x − x0 ), x → x0 ,
g(y) = g(y0 ) + g 0 (y0 )(y − y0 ) + o(y − y0 ), y → y0 .
Per comodità, riscriviamo la prima relazione nel seguente modo:
74
Sia f (x) = y e osserviamo che, se x → x0 , allora f (x) = y → y0 = f (x0 ) (Corollario 4.1).
Poniamo ora h : A → R, h(x) = (g ◦ f )(x) = g(f (x)). Usando le proprietà degli "o-piccoli"
(Osservazione 3.12, Proposizione 2.1), si ottiene, per x → x0 ,
h(x) = g(f (x)) = g(y0 ) + g 0 (y0 )(y − y0 ) + o(y − y0 ) =
= g(f (x0 )) + g 0 (f (x0 ))(f (x) − f (x0 )) + o(f (x) − f (x0 )) =
= g(f (x0 )) + g 0 (f (x0 )) (x − x0 ) f 0 (x0 ) + o(1) + f 0 (x0 ) + o(1) o(x − x0 ) =
Esempio 4.5. Usando le proprietà espresse dalla Proposizione 4.1, Proposizione 4.2, Pro-
posizione 4.3, si ottengono le seguenti formule (verificare per esercizio).
(i) f : R → R, f (x) = xn , con n ∈ N. Allora f è derivabile su R, con f 0 (x) = nxn−1 .
1
(ii) f : R → R, f (x) = arctan(x). Allora f è derivabile su R, con f 0 (x) = .
1 + x2
1
(iii) f : A → R, f (x) = log(x). Allora f è derivabile su A, con f 0 (x) = .
x
(iv) f : A → R, f (x) = xa , con a ∈ R. Allora f è derivabile su A, con f 0 (x) = axa−1 .
In (iii) e (iv) abbiamo posto A = (0, +∞).
75
4.2 Alcuni teoremi.
76
Esempio 4.7. Sia f : R → R, f (x) = |x|. Allora, x0 = 0 è un punto interno e un minimo
locale (globale), per f , infatti
D’altra parte, f non è derivabile in 0, quindi 0 non può essere punto critico per f .
Teorema 4.2 (Rolle). Siano a, b ∈ R, con a < b, e sia f ∈ C([a, b] ; R), derivabile su (a, b).
Se f (a) = f (b), allora ∃ x0 ∈ (a, b), tale che f 0 (x0 ) = 0.
Distinguiamo due casi. Se x1 , x2 ∈ {a, b}, allora per ipotesi, f (x1 ) = f (x2 ), quindi f (x) è
costante e di conseguenza f 0 (x) = 0, ∀x ∈ [a, b].
Se invece, uno fra x1 , x2 , ad esempio x1 ∈ (a, b), ossia x1 ∈ Int([a, b]), allora poiché x1 è
minimo locale (globale), per il teorema di Fermat (Teorema 4.1) si ha f 0 (x1 ) = 0.
Teorema 4.3 (Cauchy). Siano a, b ∈ R, con a < b, e siano f, g ∈ C([a, b] ; R), derivabili
su (a, b). Supponiamo g 0 (x) 6= 0, ∀x ∈ (a, b). Allora ∃ x0 ∈ (a, b), tale che
Dimostrazione. Preliminarmente, osserviamo che dall’ipotesi g 0 (x) 6= 0, per ogni x ∈ (a, b),
allora dal teorema di Rolle segue g(b) 6= g(a). Ora, poniamo
77
ossia h(a) = h(b). Allora, per il teorema di Rolle (Teorema 4.2), esiste x0 ∈ (a, b) tale che
h0 (x0 ) = 0. Perciò
Teorema 4.4 (Lagrange, o del valor medio). Siano a, b ∈ R, con a < b, e sia f ∈
C([a, b] ; R), derivabile su (a, b). Allora ∃ x0 ∈ (a, b) tale che
f (b) − f (a)
= f 0 (x0 ).
b−a
Dimostrazione. E’ una semplice applicazione del Teorema di Cauchy (Teorema 4.3), consi-
derando g(x) = x.
Diamo di seguito alcuni corollari del Teorema di Lagrange. Il primo riguarda l’Esempio 4.1,
in cui si mostrava che le funzioni costanti sono derivabili con derivata nulla: in generale
l’affermazione non si può invertire, come mostra il seguente esempio.
è derivabile su A, in particolare
1 x2
0 1 1 1 1
f (x) = + · − = − =0
1 + x2 1 + 1 2 x2 1 + x2 x2 x2 + 1
x
f (x2 ) − f (x1 )
= f 0 (x0 )
x2 − x1
Ma, per ipotesi, f 0 (x0 ) = 0 e x1 6= x2 . Allora f (x1 ) = f (x2 ), ∀x1 , x2 ∈ A, cioè f è costante
su A.
78
Osservazione 4.4. Sia A ⊆ R, f : A → R, derivabile su A. Se f % allora f 0 (x) ≥ 0,
∀x ∈ A. Infatti, se f è monotona crescente, allora ∀x, y ∈ A, con x 6= y, risulta
f (y) − f (x)
≥0
y−x
Quindi, per il corollario del teorema della permanenza del segno (Corollario 3.1), si ha
f (y) − f (x)
lim = f 0 (x) ≥ 0 , ∀x ∈ A.
y→x y−x
Ovviamente, se f & allora f 0 (x) ≤ 0, ∀x ∈ A.
Anche in questo caso, in generale l’affermazione precedente non si può invertire, come
mostra il seguente esempio.
Esempio 4.10. Siano A = R \ {0} ed f : A → R, f (x) = x1 . Si ha che f è derivabile su A,
in particolare f 0 (x) = − x12 . Quindi f 0 (x) ≤ 0, ∀x ∈ A, ma f non è monotona decrescente:
infatti, ad esempio f (1) = 1, mentre f (−1) = −1. Osseviamo esplicitamente che A non è
un intervallo (disegnare il grafico di f per esercizio).
Corollario 4.3 (Test di monotonia). Sia A ⊆ R, A intervallo e sia f : A → R, derivabile
su A. Se f 0 (x) ≥ 0, ∀x ∈ A, allora f %; se invece f 0 (x) ≤ 0, ∀x ∈ A, allora f & .
Dimostrazione. Proviamo solo il caso f %, l’altro è analogo. Siano allora x, y ∈ A, con
ad esempio x < y. Si tratta di provare che f (x) ≤ f (y). Ora, poichè A è un intervallo e
poichè x, y ∈ A, risulta [x, y] ⊆ A. Sull’intervallo [x, y] la funzione f risulta derivabile (in
particolare anche continua). Allora, per il teorema di Lagrange (Teorema 4.4) , ∃ x0 ∈ (x, y)
tale che
f (y) − f (x)
= f 0 (x0 ).
y−x
Ma, per ipotesi, f 0 (x0 ) ≥ 0 e x < y. Allora f (x) ≤ f (y), cioè f %.
Se
f 0 (x)
∃ lim =`∈R
x→x0 g 0 (x)
allora
f (x)
∃ lim = `.
x→x0 g(x)
79
Dimostrazione. Consideriamo solo il caso x0 ∈ R. Poniamo f˜ : A ∪ {x0 } → R,
(
˜ f (x), x 6= x0
f (x) =
0, x = x0
e osserviamo che
Quindi
f (x)
lim = `.
x→x−
0
g(x)
In conclusione
f (x)
lim = `.
x→x0 g(x)
80
Esempio 4.12. Mostriamo con un esempio che la condizione di esistenza del limite del
rapporto delle derivate, nell’enunciato del teorema precedente, è un’ipotesi essenziale. Con-
sideriamo il seguente limite
x + sen(x) +∞
lim .
x→+∞ x +∞
Studiando il limite del rapporto delle derivate, si avrebbe
1 + cos(x)
lim = @.
x→+∞ 1
Però il limite iniziale esiste, infatti si ha
x + sen(x) sen(x)
lim = lim 1+ = 1.
x→+∞ x x→+∞ x
Esempio 4.13. Mostriamo che a volte il teorema precedente non è risolutivo. Consideriamo
√
1 + x2
+∞
lim .
x→+∞ x +∞
Studiando il limite del rapporto delle derivate, si avrebbe
1 2x
√
2 1 + x2 x +∞
lim = lim √ .
x→+∞ 1 x→+∞ 1 + x2 +∞
Il limite iniziale esiste, infatti si ha
q q
1 1
x2 · (1 + x2
) |x| · 1+ x2
lim = lim = 1.
x→+∞ x x→+∞ x
Definizione 4.4. Sia A ⊆ R e sia f : A → R. Si dice che f è "di classe C 1 " in A, se:
(i) f è derivabile su A;
81
In ogni x 6= 0 la funzione è continua. Inoltre, poiché
2 1
lim f (x) = lim x sen = 0 = f (0),
x→0 x→0 x
(i) F : A → R;
(ii) F è derivabile su A;
x3 x3
F (x) = , G(x) = + 24,
3 3
sono entrambe primitive di f .
82
Dimostrazione. Siano x1 , x2 ∈ A e supponiamo, per esempio, x1 < x2 , con f 0 (x1 ) < f 0 (x2 ).
Sia λ ∈ R tale che f 0 (x1 ) < λ < f 0 (x2 ); occorre provare che ∃ x0 ∈ [x1 , x2 ] ⊆ A tale che
f 0 (x0 ) = λ. Poniamo
g 0 (x) = f 0 (x) − λ
quindi (dal Test di monotonia, Corollario 4.3) g non è monotona su [x1 , x2 ], ed essendo
continua, allora g non è iniettiva su [x1 , x2 ]. Perciò, ∃ x3 , x4 ∈ [x1 , x2 ] ⊆ A tali che
g(x3 ) = g(x4 ). Per il teorema di Rolle (Teorema 4.2), allora ∃ x0 ∈ [x3 , x4 ] tale che
g 0 (x0 ) = 0. Ma
g 0 (x0 ) = f 0 (x0 ) − λ = 0,
quindi f 0 (x0 ) = λ.
Osservazione 4.7. Se nell’enunciato del teorema precedente, f ∈ C 1 (A; R), allora il Teo-
rema di Darboux non sarebbe altro che il Teorema dei valori intermedi (Corollario 3.2)
applicato a f 0 .
Mostriamo con un esempio come il Teorema di Darboux permetta di provare l’esistenza di
funzioni che non ammettono primitive.
Esempio 4.17. Consideriamo la seguente funzione, f : [2, 7] → R,
(
3, 2≤x≤5
f (x) =
12, 5 < x ≤ 7
83
In questo caso si pone f 00 (x0 ) = λ e il valore f 0 (x0 ) si chiama derivata seconda di f in
x0 . Diremo che f è derivabile due volte su A se f è derivabile due volte in x0 per ogni
x0 ∈ A. Inoltre, si dice che f è "di classe C 2 " in A, se:
Mostriamo con degli esempi che le precedenti inclusioni possono essere strette.
√ 1
Esempio 4.19. Siano A : [0, +∞), f : A → R, f (x) = x = x 2 .
1
Si ha che f 0 (x) = 12 x− 2 = 12 √1x per x 6= 0; mentre f non è derivabile in 0. Perciò
f ∈ C(A; R), ma f 6∈ C 1 (A; R).
1 3
Esempio 4.20. Siano A : [0, +∞), f : A → R, f (x) = x1+ 2 = x 2 .
1
Si ha che f 0 (x) = 32 x 2 , ∀x ∈ A; in particolare f 0 ∈ C(A; R).
Inoltre f 00 (x) = 43 √1x per x 6= 0; mentre f 0 non è derivabile in 0. Perciò f ∈ C 1 (A; R), ma
f 6∈ C 2 (A; R).
84
4.3 Formule di Taylor.
p(x) = o ((x − x0 )n ) , x → x0 .
p(x) = b0 + b1 (x − x0 ) + b2 (x − x0 )2 + · · · + bn (x − x0 )n .
Ragioniamo per assurdo e supponiamo p(x) 6≡ 0, quindi esiste k ∈ {0, 1, · · · , n} tale che
bk 6= 0. Sia m = min{k, t.c. bk 6= 0}, 0 ≤ m ≤ n. Allora
Perciò
p(x) p(x) (x − x0 )n
0 6= bm = lim = lim =
x→x0 (x − x0 )m x→x0 (x − x0 )m (x − x0 )n
p(x)
= lim · (x − x0 )n−m = 0
x→x0 (x − x0 )n
il che è assurdo.
Proposizione 4.5. Sia p ∈ Pn , allora p ∈ C ∞ (R; R), con p(k) (x) = 0, ∀x ∈ R, k > n.
Inoltre, ∀x0 ∈ R, siano b0 , b1 , · · · , bn ∈ R, tali che
n
X
p(x) = bk (x − x0 )k ,
k=0
85
allora vale
n
X p(k) (x0 )
p(x) = (x − x0 )k ,
k!
k=0
p(k) (x0 )
ossia bk = , con k ∈ {0, 1, · · · , n} .
k!
Dimostrazione. Per esercizio.
Teorema 4.7 (Formula di Taylor con resto di Peano). Sia A ⊆ R un intervallo aperto. Sia
x0 ∈ A e sia f : A → R derivabile n-volte in x0 , con n ∈ N ∪ {0}. Allora ∃! T ∈ Pn tale
che
dove
n
X f (k) (x0 )
T (x) = (x − x0 )k .
k!
k=0
Ma T1 − T2 ∈ Pn e vale
f (x) − T (x)
lim = 0.
x→x0 (x − x0 )n
f 0 (x) − T 0 (x)
lim = 0.
x→x0 n(x − x0 )n−1
86
Di nuovo, il numeratore e il denominatore soddisfano le ipotesi del Teorema di de l’Hôpital,
quindi studiamo il seguente limite
f 00 (x) − T 00 (x)
lim = 0.
x→x0 n(n − 1)(x − x0 )n−2
f (x) − T (x)
lim = 0.
x→x0 (x − x0 )n
Teorema 4.8 (Formula di Taylor con resto di Lagrange). Sia A ⊆ R un intervallo. Sia
f : A → R derivabile (n + 1)-volte su A, con n ∈ N ∪ {0}. Siano x0 , x ∈ A, ad esempio con
x0 < x, allora ∃ c ∈ (x0 , x) tale che
f (n+1) (c)
f (x) = Tn (x) + (x − x0 )n+1 .
(n + 1)!
Poniamo
87
così risulta
F (x0 ) = f (x0 ) − Tn (x0 ) = 0, G(x0 ) = 0.
Allora, dal teorema di Cauchy (Teorema 4.3) ∃ c1 ∈ (x0 , x) tale che
Ora
F (n) (x) = f (n) (x) − Tn(n) (x), G(n) (x) = (n + 1)!(x − x0 ),
ed inoltre
F (n) (x0 ) = 0, G(n) (x0 ) = 0.
Allora ∃ c ∈ (x0 , cn ) ⊆ (x0 , x) tale che
F (n) (cn ) F (n) (cn ) − F (n) (x0 ) F (n) (cn ) − F (n) (x0 ) F (n+1) (c)
= = = .
G(n) (cn ) G(n) (cn ) − G(n) (x0 ) (n + 1)!(cn − x0 ) (n + 1)!
Ma
F (n+1) (x) = f (n+1) (x) − Tn(n+1) (x) = f (n+1) (x),
perciò F (n+1) (c) = f (n+1) (c). Allora ∃ c ∈ (x0 , x) tale che
f (n+1) (c)
(x − x0 )n+1 = o((x − x0 )n ), x → x0 .
(n + 1)!
88
Esempio 4.22. Sia f : (−1, +∞) → R, f (x) = log(1 + x). Allora f ∈ C ∞ ((−1, +∞); R).
Sia x0 = 0. Risulta
f (x) = log(1 + x) f (0) = log(1) = 0
1
f 0 (x) = f 0 (0) = 1
1+x
1
f 00 (x) = − f 00 (0) = −1
(1 + x)2
2
f 000 (x) = f 000 (0) = 2
(1 + x)3
6
f (4) (x) = − f (4) (0) = −6
(1 + x)4
.. ..
. .
Pertanto
x2 x3 x4 x5 x6
T (x) = 0 + x − + − + − + ...
2 3 4 5 6
Esempio 4.23. Sia f : (−1, +∞) → R, f (x) = (1 + x)α , α ∈ R.
Allora f ∈ C ∞ ((−1, +∞); R). Sia x0 = 0. Risulta
f (x) = (1 + x)α f (0) = 1
0
f (x) = α(1 + x) α−1
f 0 (0) = α
f 00 (x) = α(α − 1)(1 + x)α−2 f 00 (0) = α(α − 1)
f 000 (x) = α(α − 1)(α − 2)(1 + x)α−3 f 000 (0) = α(α − 1)(α − 2)
.. ..
. .
Pertanto
α(α − 1) 2 α(α − 1)(α − 2) 3
T (x) = 1 + αx + x + x + ...
2 3!
α α α 2 α 3
= + x+ x + x + ...,
0 1 2 3
dove abbiamo posto
α α(α − 1)(α − 2) · · · (α − k + 1)
= , per k ∈ N ∪ {0}, α ∈ R.
k k!
Esempio 4.24. Sia f : R → R, f (x) = cos(x). Allora f ∈ C ∞ (R; R).
Sia x0 = 0. Risulta
f (x) = cos(x) f (0) = 1
0
f (x) = − sin(x) f 0 (0) = 0
f 00 (x) = − cos(x) f 00 (0) = −1
f 000 (x) = sin(x) f 000 (0) = 0
f (4) (x) = f (x) f (4) (0) = 1
.. ..
. .
89
Pertanto
x2 x4 x6 x8
T (x) = 1 − + − + + ...
2 4! 6! 8!
Esempio 4.25. Sia f : R → R, f (x) = cos(x). Sia x0 = π2 . Risulta
π
f (x) = cos(x) f =0
2π
f 0 (x) = − sin(x) f0 = −1
2π
f 00 (x) = − cos(x) f 00 =0
2π
f 000 (x) = sin(x) f 000 =1
2π
f (4) (x) = f (x) f (4) =0
2
.. ..
. .
Pertanto 3 5
π x − π2 x − π2
T (x) = − x − + − + ...
2 3! 5!
Esempio 4.26. Sia f (x) = sin(x). Sia x0 = 0. Si ha
x3 x5 x7
T (x) = x − + − + ...
3! 5! 7!
Esempio 4.27. Sia f : R → R, f (x) = cosh(x). Sia x0 = 0. Si ha
x2 x4 x6
T (x) = 1 + + + + ...
2 4! 6!
Esempio 4.28. Sia f : R → R, f (x) = sinh(x). Sia x0 = 0. Si ha
x3 x5 x7
T (x) = x + + + + ...
3! 5! 7!
Concludiamo questa sezione con un criterio per stabilire l’esistenza di massimi o minimi
relativi.
Teorema 4.9. Siano A ⊆ R un intervallo e f ∈ C n+1 (A; R), con n ∈ N. Sia x0 ∈ Int(A),
tale che f 0 (x0 ) = 0 (cioè x0 punto critico). Supponiamo inoltre che
f (k) (x0 ) = 0 ∀k = 1, . . . , n
f (n+1) (x0 ) 6= 0
Allora vale:
(i) Se (n + 1) è dispari, allora x0 non è estremante locale per f ;
(ii) Se (n + 1) è pari ed f (n+1) (x0 ) > 0, allora x0 è punto di minimo locale per f ;
(iii) Se (n + 1) è pari ed f (n+1) (x0 ) < 0, allora x0 è punto di massimo locale per f .
90
Dimostrazione. Per le ipotesi e per la formula di Taylor con resto di Peano (Teorema 4.7),
con
f (n+1) (x0 )
T(n+1) (x) = f (x0 ) + (x − x0 )n+1 .
(n + 1)!
Perciò
f (n+1) (x0 )
(x − x0 )n+1 + o (x − x0 )n+1 , x → x0
f (x) − f (x0 ) =
(n + 1)!
ovvero
Sia ora (n + 1) dispari e supponiamo, per assurdo, che x0 sia (ad esempio) un punto di
massimo locale. Allora
f (x) − f (x0 ) ≤ 0, ∀x ∈ V.
Ma
(x − x0 )n+1 ≥ 0 ⇐⇒ x ≥ x0
il che è assurdo. Quindi x0 non è estremante locale e questo dimostra il punto (i).
Sia ora (n + 1) pari e f (n+1) (x0 ) > 0, cioè
sgn f (n+1) (x0 ) = 1.
f (x) − f (x0 ) ≥ 0, ∀x ∈ V.
91
4.4 Funzioni convesse.
con t ∈ [0, 1] .
Inoltre, si dice che f è concava se −f è convessa.
Allora f è convessa.
x0 ∈ A =⇒ x0 ∈ Int(A) =⇒ x0 ∈ Der(A).
Allora
Poniamo
r1 (x) = f (x0 ) + m1 (x − x0 ), r2 (x) = f (x0 ) + m2 (x − x0 ),
92
dove
f (x0 ) − f (x1 ) f (x2 ) − f (x0 )
m1 = , m2 =
x0 − x1 x2 − x0
Poiché f è convessa, si ha (Osservazione 4.11)
Siccome, per x → x+
0 , si ha r1 (x) → f (x0 ) ed r2 (x) → f (x0 ), allora
f è convessa ⇐⇒ f 0 %
Dimostrazione. (Caso =⇒ )
Supponiamo f convessa. Siano x1 , x2 ∈ A, con x1 < x2 , allora dobbiamo provare che
f 0 (x1 ) ≤ f 0 (x2 ). Siano t, z ∈ (x1 , x2 ) tali che x1 < t < z < x2 . Dalla convessità di f , si ha
f (t) − f (x1 ) f (z) − f (t) f (x2 ) − f (z)
≤ ≤
t − x1 z−t x2 − z
Passando al limite per t → x+
1 si ottiene:
f (x2 ) − f (x1 )
f 0 (x1 ) ≤ ≤ f 0 (x2 ).
x2 − x1
Allora, ne segue che f 0 (x1 ) ≤ f 0 (x2 ).
(Caso ⇐= )
Viceversa, supponiamo ora f 0 %. Siano x1 , x2 ∈ A tali che x1 < x2 e consideriamo
x ∈ (x1 , x2 ). Per il teorema del valor medio di Lagrange (Teorema 4.4) esistono y1 ∈ (x1 , x)
e y2 ∈ (x, x2 ) tali che
f (x) − f (x1 ) f (x2 ) − f (x)
= f 0 (y1 ), = f 0 (y2 )
x − x1 x2 − x
Poichè y1 < y2 e f 0 %, risulta f 0 (y1 ) ≤ f 0 (y2 ), quindi
f (x) − f (x1 ) f (x2 ) − f (x)
≤ ,
x − x1 x2 − x
cioè f è convessa (Osservazione 4.11).
93
Corollario 4.4 (Test di convessità). Siano A ⊆ R un intervallo e f : A → R derivabile
2-volte su A. Allora
f è convessa ⇐⇒ f 00 (x) ≥ 0, ∀x ∈ A
f 0 % ⇐⇒ f 00 (x) ≥ 0, ∀x ∈ A.
Dimostrazione. (Caso =⇒ )
Supponiamo f convessa e siano, ad esempio, x0 < x. Per la formula di Taylor con resto di
Lagrange, al primo ordine, esiste c ∈ (x0 , x) tale che
f 00 (c)
f (x) = f (x0 ) + f 0 (x0 )(x − x0 ) + (x − x0 )2 .
2!
Poichè f è convessa, allora per il test di convessità (Corollario 4.4), si ha f 00 (x) ≥ 0, ∀x ∈ A.
In particolare, f 00 (c) ≥ 0. Si conclude quindi che
(Caso ⇐= )
Viceversa, supponiamo che ∀x, x0 ∈ A valga
Allora
94
5 Calcolo integrale
σ = {x0 , x1 , . . . , xn−1 , xn }
con x0 = a < x1 < · · · < xn−1 < xn = b. L’insieme di tutte le scomposizioni di [a, b] si
indica con Ω[a,b] . Quindi, se σ è una scomposizione di [a, b], scriveremo σ ∈ Ω[a,b] .
Denotiamo con Ik = [xk−1 , xk ], k = 1, 2, . . . , n, il k-esimo intervallo relativo a σ ∈ Ω[a,b] .
Si definisce misura di Ik il seguente valore reale non negativo
mis(Ik ) = xk − xk−1 .
Lemma 5.1. Siano a, b ∈ R, con a < b, ed f : [a, b] → R una funzione limitata. Risulta
95
Dimostrazione. Per esercizio.
Lemma 5.3. Siano a, b ∈ R, con a < b, ed f : [a, b] → R una funzione limitata. Siano
σ1 , σ2 ∈ Ω[a,b] tali che σ1 sia più fine di σ2 (ossia σ2 ⊆ σ1 ). Allora si ha
σ2 = {x0 , x1 , . . . , xi , xi+1 , . . . , xn },
σ1 = {x0 , x1 , . . . , xi , c, xi+1 , . . . , xn }.
Si ha
Lemma 5.4. Siano a, b ∈ R, con a < b, ed f : [a, b] → R una funzione limitata. Siano
σ1 , σ2 ∈ Ω[a,b] . Allora risulta
S(f, σ1 ) ≥ s(f, σ2 ).
In particolare, vale
Z b Z b
f (x)dx ≤ f (x)dx.
a a
96
Definizione 5.4. Siano a, b ∈ R, con a < b, ed f : [a, b] → R una funzione limitata. Allora
f si dice integrabile (secondo Riemann), su [a, b], se risulta
Z b Z b
f (x)dx = f (x)dx.
a a
Quindi
Z b
f (x)dx = inf S(f, σ) = c(b − a),
a σ∈Ω[a,b]
Z b
f (x)dx = sup s(f, σ) = c(b − a).
a σ∈Ω[a,b]
97
Quindi
Z 5 Z 5
f (x)dx = 12 < 21 = f (x)dx.
2 2
Proposizione 5.1. Siano a, b ∈ R, con a < b, ed f : [a, b] → R una funzione limitata e sia
c ∈ (a, b). Allora (
f ∈ R[a,c] ,
f ∈ R[a,b] ⇐⇒
f ∈ R[c,b] .
In questo caso si ha
Z b Z c Z b
f (x)dx = f (x)dx + f (x)dx.
a a c
(i) f + g ∈ R[a,b] ;
(ii) c · f ∈ R[a,b] , ∀c ∈ R;
98
5.2 Integrabilità di funzioni monotone e continue.
Dimostrazione. (Caso =⇒ )
Dalla Definizione 5.3, per ogni ε > 0, esistono σ1 , σ2 ∈ Ω[a,b] tali che
Z b
ε
f (x)dx − < s(f, σ1 ),
a 2
Z b
ε
f (x)dx + > S(f, σ2 ).
a 2
Pertanto, si ottiene
Z b Z b
ε ε
S(f, σ) − s(f, σ) ≤ S(f, σ2 ) − s(f, σ1 ) < f (x)dx + − f (x)dx + = ε.
a 2 a 2
(Caso ⇐= )
Viceversa, supponiamo che per ogni ε > 0, esista σ ∈ Ω[a,b] tale che S(f, σ) − s(f, σ) < ε.
Si ha allora:
Z b Z b
0≤ f (x)dx − f (x)dx ≤ S(f, σ) − s(f, σ) < ε.
a a
Teorema 5.2. Siano a, b ∈ R, con a < b, ed f : [a, b] → R una funzione monotona. Allora
f ∈ R[a,b] .
99
Dimostrazione. Supponiamo, ad esempio, f %. Allora f (a) ≤ f (x) ≤ f (b) per ogni a ≤
x ≤ b; quindi f è limitata. Ora, ci sono due casi.
Dimostrazione. Siccome l’intervallo [a, b] è compatto (Teorema 2.10), allora per il teorema
di Weierstrass (Teorema3.11), f ([a, b]) è compatta; quindi f è limitata in [a, b]. Inoltre, per
il teorema di Heine-Cantor (Teorema 3.15), si ha che f è uniformemente continua su [a, b],
cioè
∀ε1 > 0, ∃ δ > 0 t.c. |f (x) − f (y)| < ε1 , ∀x, y ∈ [a, b] , |x − y| < δ.
ε
Allora, per ogni ε > 0, scegliamo ε1 = > 0, e consideriamo σ ∈ Ω[a,b] con |σ| < δ. Si
b−a
ha allora
n n
!
X X
S(f, σ) − s(f, σ) = mis(Ik ) sup f − inf f = mis(Ik ) max f − min f .
Ik Ik Ik Ik
k=1 k=1
100
D’altra parte, ∀k = 1, . . . , n,
quindi
|f (tk ) − f (yk )| = f (tk ) − f (yk ) < ε1 .
In conclusione
n
X n
X
S(f, σ) − s(f, σ) = mis(Ik ) (f (tk ) − f (yk )) < ε1 mis(Ik ) = ε1 (b − a) = ε.
k=1 k=1
Ora, f ∈ C([x1 , b] ; R) e quindi, dal Teorema 5.3, f ∈ R[x1 ,b] . Allora, dal teorema di
Riemann (Teorema 5.1), si ha che
ε
∀ε > 0, ∃ σ1 ∈ Ω[x1 ,b] t.c. S(f, σ1 ) − s(f, σ1 ) < .
2
In definitiva, posto σ = {a} ∪ σ1 , risulta σ ∈ Ω[a,b] e
!
ε ε
S(f, σ) − s(f, σ) = (x1 − a) sup f − inf f + S(f, σ1 ) − s(f, σ1 ) < + = ε.
[a,x1 ] [a,x1 ] 2 2
101
5.3 Teorema fondamentale del calcolo integrale.
Definizione 5.5. Siano a, b ∈ R, con a < b, ed f ∈ R[a,b] . Per ogni c, d ∈ [a, b], poniamo
Z d Z c
f (x)dx = − f (x)dx.
c d
In particolare, se c = d, si ha
Z c
f (x)dx = 0.
c
cioè
Z b
(b − a) inf f ≤ f (x)dx ≤ (b − a) sup f.
[a,b] a [a,b]
Punto (i2).
Poiché f ∈ C([a, b] ; R), allora per il teorema di Weierstrass (Teorema3.11), f ([a, b]) è
compatta, in particolare
102
quindi ∃ x1 , x2 ∈ [a, b] tali che
Infine, dal teorema dei valori intermedi (Corollario 3.2), ∃ x0 ∈ [a, b] tale che
Z b
1
f (x)dx = f (x0 ).
b−a a
Osservazione 5.1. Se nella definizione precedente si fosse scelto un punto iniziale diverso,
si sarebbe ottenuta la stessa funzione integrale a meno di una costante. Infatti, sia c ∈ [a, b],
poniamo
Z x
˜
If : [a, b] → R, ˜
If (x) = f (t)dt.
c
Allora
Z x Z c Z x
If (x) = f (t)dt = f (t)dt + f (t)dt = costante + I˜f (x).
a a c
Teorema 5.5 (fondamentale del calcolo integrale). Siano a, b ∈ R, con a < b, ed f ∈ R[a,b] .
Allora:
103
Dimostrazione. Punto (i).
Se x0 ∈ [a, b] allora in particolare x0 ∈ Der([a, b]). Allora
If è continua in x0
m
lim If (x) = If (x0 )
x→x0
m
lim (If (x) − If (x0 )) = 0
x→x0
m
Z x Z x0
lim f (t)dt − f (t)dt = 0
x→x0 a a
m
Z x0 Z x Z x0
lim f (t)dt + f (t)dt − f (t)dt = 0
x→x0 a x0 a
m
Z x
lim f (t)dt = 0.
x→x0 x0
Siccome
allora
Z x0 +h
h · inf f ≤ f (t)dt ≤ h · sup f.
[a,b] x0 [a,b]
Passando al limite, per h → 0+ , dal Teorema dei due carabinieri, segue che
Z x0 +h
lim f (t)dt = 0.
h→0+ x0
104
Quindi If è continua in x0 , ∀x0 ∈ [a, b], cioè If ∈ C([a, b] ; R).
Punto (ii).
Sia f continua in x0 ∈ [a, b]. Si vuole provare che
If (x) − If (x0 )
lim = f (x0 ).
x→x0 x − x0
Ponendo h = x − x0 , questo equivale a
1 x0 +h
Z
lim f (t)dt = f (x0 ).
h→0 h x0
∀ε > 0, ∃ δ > 0 t.c. f (x0 ) − ε < f (x) < f (x0 ) + ε, ∀x ∈ (x0 − δ, x0 + δ).
Sia allora h ∈ (0, δ) e integriamo tutti i membri della precedente relazione, usando il punto
(iii) della Proposizione 5.2,
Z x0 +h Z x0 +h Z x0 +h
(f (x0 ) − ε)dx < f (x)dx < (f (x0 ) + ε)dx,
x0 x0 x0
quindi
Z x0 +h
h · (f (x0 ) − ε) < f (x)dx < h · (f (x0 ) + ε).
x0
Se h ∈ (−δ, 0), si ragiona in maniera analoga. Quindi si è provato che If0 (x0 ) = f (x0 ).
Punto (iii).
Prima di tutto, dal punto (ii), se f ∈ C([a, b] ; R) allora If è una primitiva di f . Ora, sia
F una qualsiasi altra primitiva di f , si ha
Poiché [a, b] è un intervallo, dal Corollario 4.2, ∃ c ∈ R tale che If (x)−F (x) = c, ∀x ∈ [a, b].
Allora
Z b Z b Z a
f (x)dx = f (x)dx − f (x)dx = If (b) − If (a) =
a a a
= (F (b) + c) − (F (a) + c) = F (b) − F (a) = [F (x)]ba .
105
5.4 Alcune tecniche di integrazione.
Teorema 5.6 (integrazione per parti). Siano a, b ∈ R, con a < b. Siano f ∈ C([a, b] ; R) e
g ∈ C 1 ([a, b] ; R). Allora
Z b Z b
b
f (x)g(x)dx = [F (x)g(x)]a − F (x)g 0 (x)dx,
a a
Allora
Z b Z b Z b
[F (x)g(x)]ba = 0
(F (x)g(x)) dx = f (x)g(x)dx + F (x)g 0 (x)dx.
a a a
I = [sen(x)cos(x) + x]π0 − I,
106
cioè
2I = [sen(x)cos(x) + x]π0 .
In definitiva
Z π π
2 sen(x)cos(x) + x π
cos (x)dx = = .
0 2 0 2
Allora
Z ϕ−1 (b)
ϕ−1 (b) ϕ−1 (b)
f (ϕ(t))ϕ0 (t)dt = [G(t)]ϕ−1 (a) = [F (ϕ(t))]ϕ−1 (a) =
ϕ−1 (a)
= F ϕ ϕ−1 (b) − F ϕ ϕ−1 (a) = F (b) − F (a).
107
Per introdurre la prossima tecnica di integrazione, riportiamo prima di tutto il seguente
teorema, il quale è una conseguenza del Teorema Fondamentale dell’Algebra.
Teorema 5.8. Sia n ∈ N. Consideriamo p ∈ Pn . Possiamo supporre, senza perdere di
generalità, che il coefficiente di grado massimo sia uguale ad uno, cioè:
tali che
q(x) A1,1 A1,2 A1,r1
= + 2
+ ··· + + ...
p(x) (x − x1 ) (x − x1 ) (x − x1 )r1
Ak,1 Ak,2 Ak,rk
... + + 2
+ ··· + +
(x − xk ) (x − xk ) (x − xk )rk
B1,1 x + C1,1 B1,2 x + C1,2 B1,s x + C1,s1
+ 2 + 2 2
+ ··· + 2 1 + ...
(x + b1 x + c1 ) (x + b1 x + c1 ) (x + b1 x + c1 )s1
Bh,1 x + Ch,1 Bh,2 x + Ch,2 Bh,s x + Ch,sh
... + 2 + + ··· + 2 h .
(x + bh x + ch ) (x2 + bh x + ch )2 (x + bh x + ch )sh
Esempio 5.6. Vogliamo trovare una primitiva F della seguente funzione
1
f (x) = .
x2 + x + 1
Prima di tutto osserviamo che il denominatore non ha zeri in quanto il discriminante ∆ =
1 − 4 = −3 < 0. Allora possiamo riscrivere ("completiamo il quadrato")
1 2 3
2 2 1 1
x +x+1=x +x+ − +1= x+ + =
4 4 2 4
2
1 2
" #
1
3 x+ 2 3 x+
= 3 + 1 = q 2 + 1 .
4 4
4 3
4
108
In questo modo, si ha
1
f (x) = !2 ,
3 x+ 12
4
q
3
+ 1
4
quindi
1
r
4 x+ 2
F (x) = arctan q .
3 3
4
2x2 + 5x − 1
f (x) =
x3 + x2 − 2x
Poniamo q(x) = 2x2 + 5x − 1, p(x) = x3 + x2 − 2x. Notiamo che
allora, usando il teorema dei fratti semplici, esistono tre costanti reali, che chiamiamo
A, B, C, tali che
2x2 + 5x − 1 2x2 + 5x − 1 A B C
f (x) = 3 2
= = + + =
x + x − 2x x(x + 2)(x − 1) x x+2 x−1
A(x2 + x − 2) + B(x2 − x) + C(x2 + 2x) q(x)
= 3 2
= .
x + x − 2x p(x)
Quindi
q(x) = 2x2 + 5x − 1 = A(x2 + x − 2) + B(x2 − x) + C(x2 + 2x).
Eguagliando i coefficienti dello stesso ordine abbiamo
A + B + C = 2
1 + 3C = 7
C = 2
A − B + 2C = 5 =⇒ 2B − C = −3 =⇒ B = − 12
−2A = −1 A = 21 A = 12
In definitiva
1 1 1 1 2
f (x) = · − · + ,
2 x 2 x+2 x−1
quindi
1 1
F (x) = log(|x|) − log(|x + 2|) + 2 log(|x − 1|).
2 2
Esempio 5.8. Consideriamo
109
Applichiamo prima la formula di integrazione per sostituzione. Usando le notazioni del
Teorema 5.7, ponendo
c = 0, d = 1, ϕ(t) = et , ϕ0 (t) = et ,
otteniamo
6 log2 (x) + 3 log(x) + 1
Z e 1
6t2 + 3t + 1
Z
dx = t dt.
· e
x log2 (x) + x log(x) + x (log(x) + 1)
1 0 et (t2 + t + 1)(t + 1)
Eguagliando i coefficienti dello stesso ordine dei numeratori del primo e ultimo termine,
abbiamo
A + B = 6
B = 2
A+B+C =3 =⇒ A = 4
A+C =1 C = −3
Quindi
6t2 + 3t + 1 4 2t − 3
2
= + 2 .
(t + t + 1)(t + 1) t+1 t +t+1
110
Esempio 5.9. Vogliamo trovare una primitiva F della seguente funzione
f (x) = 7x arctan(2x).
Z b
Per ogni a, b ∈ R, con a < b, consideriamo f (x)dx. Integrando per parti, abbiamo
a
Z b Z b b Z b
7 2 7 2 2
f (x)dx = 7x arctan(2x)dx = x arctan(2x) − x dx.
a a 2 a a 2 1 + 4x2
quindi
Z b b
7 2 7 1
f (x)dx = x arctan(2x) − x − arctan(2x) .
a 2 4 2 a
111
5.5 Integrali generalizzati.
viene detto integrale generalizzato se è verificata almeno una delle seguenti condizioni:
L’integrale generalizzato
Z b
f (x)dx
a
si dice:
• convergente, se λ ∈ R;
• divergente, se λ = ±∞.
con f ∈ C((a, c] ; R), f ∈ C([c, b) ; R). In questo caso f è ISG su (a, b), se f è ISG su
(a, c] e su [c, b).
112
Osservazione 5.2. Siano a ∈ R, b ∈ R, con a < b, e sia f ∈ C([a, b) ; R). Se l’integrale
Z b
f (x)dx
a
Mostriamo che
Z 1
lim f (x)dx = −1 ∈ R.
t→0+ t
Infatti
Z 1 Z 1
1
f (x)dx = [x log(x)]1t − x·
dx = [x log(x) − x]1t = −1 − t log(t) + t.
t t x
Quindi
lim (−1 − t log(t) + t) = −1.
t→0+
Mostriamo che
Z t
lim f (x)dx = 1 ∈ R.
t→+∞ 0
Infatti
Z t t
f (x)dx = −e−x 0 = −e−t + 1.
0
Quindi
−e−t + 1 = 1.
lim
t→+∞
113
1
Esempio 5.12. Sia f : [1, +∞) → R, f (x) = , α ∈ R. Consideriamo
xα
Z +∞
f (x)dx.
1
quindi
lim log(t) = +∞.
t→+∞
Caso α 6= 1. Abbiamo
Z t −α+1 t
1 x 1 1
dx = = 1 − −1+α ,
1 xα −α + 1 1 −1 + α t
quindi
1
∈ R, se α > 1
1 1
lim 1− = α−1
t→+∞ α − 1 tα−1 +∞, se α < 1.
in quanto If0 (t) = f (t) ≥ 0, ∀t ∈ [a, b). In particolare dal Teorema 3.7, si ha
lim If (t) = λ ∈ R
t→b−
114
(ii) se f (x) = o(g(x)), per x → b− , allora
(
g è ISG su [a, b) =⇒ f è ISG su [a, b) ;
f non è ISG su [a, b) =⇒ g non è ISG su [a, b) ;
lim f (x) = λ,
x→+∞
@ lim f (x).
x→+∞
115
Si ha che f + (x) ≥ 0, f − (x) ≥ 0, ∀x ∈ [a, b). Inoltre
f = f + − f −, |f | = f + + f − .
In particolare
Z b
0≤ |f (x)|dx < +∞
a
m
Z b Z b Z b
−
+ +
f − (x)dx < +∞.
0≤ f (x) + f (x) dx = f (x)dx +
a a a
Ma questo implica
Z b Z b
0≤ f + (x)dx < +∞, 0≤ f − (x)dx < +∞.
a a
Allora
Z b Z b Z b Z b
−
+ +
f − (x)dx < +∞.
f (x)dx = f (x) − f (x) dx = f (x)dx −
a a a a
è convergente.
116
Dimostrazione. Vogliamo mostrare che
Z t
lim f (x)g(x)dx = λ ∈ R.
t→b− a
Ora,
Adesso,
Z t Z t
lim 0
M (−g (x))dx = M lim −g 0 (x)dx = M lim {[−g(x)]ta } =
t→b− a t→b− a t→b−
= M lim {−g(t) + g(a)} = M g(a) ∈ R
t→b−
Dai criteri del confronto, questo significa che la funzione |F · (−g 0 )| è ISG su [a, b), cioè la
funzione prodotto F · (−g 0 ) è AISG su [a, b). Dal Teorema 5.11, si ha che F · (−g 0 ) è ISG
su [a, b). In definitiva
Z b
f (x)g(x)dx
a
è convergente.
Mostriamo con un esempio che l’implicazione del Teorema 5.11 noon si può invertire.
117
Esempio 5.17. Consideriamo il seguente
Z +∞
sin(x)
dx,
1 x
sin(x)
il quale è convergente, dall’Esempio 5.16 (caso α = 1). Posto f (x) = , vogliamo
x
mostrare che f non è AISG su [1, +∞). Osserviamo prima di tutto che
1 cos(2x)
Ora, poiché sin2 (x) = − , allora
2 2
Z +∞
sin2 (x) 1 +∞ 1 1 +∞ cos(2x)
Z Z
dx = dx − dx.
1 x 2 1 x 2 1 x
Ora
Z +∞
1
dx = +∞,
1 x
diverge. Quindi, dai criteri del confronto |f | non è ISG su [1, +∞), che significa che f
non è AISG su [1, +∞).
è convergente.
118
Esempio 5.19. Consideriamo il seguente
Z +∞
1
sin dx.
1 x2
Osserviamo che si ha
1
sin ≥ 0, ∀x ∈ [1, +∞) ,
x2
ed inoltre
1 1
sin ' , per x → +∞.
x2 x2
Quindi, dai criteri del confronto, si ha che
Z +∞
1
sin dx.
1 x2
è convergente.
1
al variare del parametro α. Prima di tutto, poniamo f (x) = , e osserviamo
3x3α (x2 − 1)α
che si ha
• Caso I:
1 1 1
f (x) = = ' , per x → 1+ ,
3x3α (x2 − 1)α 3x3α (x α
− 1) (x + 1) α 3 · 1 · 2 · (x − 1)α
α
quindi
f è ISG su [1, c] ⇐⇒ α < 1.
• Caso II:
1 1 1 1
f (x) ' 3α 2α
= , per x → +∞,
3x ·x 3 x5α
quindi
1
f è ISG su [c, +∞) ⇐⇒ α > .
5
119
In definitiva,
1
f è ISG su [1, +∞) ⇐⇒ < α < 1.
5
Esempio 5.21. Sia α ∈ R. Vogliamo studiare la convergenza del seguente integrale
Z +∞ α √
x + x
dx,
0 x3 + x
√
xα + x
al variare del parametro reale α. Prima di tutto, poniamo f (x) = 3 , e osserviamo
x +x
che si ha
• Caso I:
c
1
1
1,
se α ≥ 12 ,
xα +x 2
x2
f (x) ' = per x → 0+ ,
x
c2 ,
se α ≤ 12 ,
x1−α
dove c1 , c2 sono opportune costanti positive, quindi
• Caso II:
c
1
, se α ≥ 12 ,
x3−α
1
xα
+x2
f (x) ' = per x → +∞,
x3 c2 1
5, se α ≤ 2,
x2
dove c1 , c2 sono opportune costanti positive, quindi
In definitiva,
f è ISG su (0, +∞) ⇐⇒ 0 < α < 2.
120
6 Serie Numeriche
• Se
n
!
X
lim sn = lim ak = ±∞,
n→+∞ n→+∞
k=1
+∞
X
diremo che la serie ak è divergente (positivamente, negativamente) e si pone
k=1
+∞
X
ak = ±∞.
k=1
• Se
n
!
X
lim sn = lim ak = ` ∈ R,
n→+∞ n→+∞
k=1
+∞
X
diremo che la serie ak è convergente. In particolare ` si chiama somma della
k=1
serie e si pone
+∞
X
ak = `.
k=1
121
Osservazione 6.1. Il comportamento al limite di una serie, non dipende dall’indice iniziale
della sommatoria, infatti, se n ∈ N, si ha
+∞
X n
X +∞
X
ak = ak + ak ,
k=1 k=1 k=n+1
122
+∞
X
In conclusione, la serie ck converge ⇐⇒ |c| < 1, nel qual caso la somma è c
1−c .
k=1
Quindi
n
X
sn = (ak − ak+1 ) = (a1 −
a
2 ) + (2 −
a a
3 ) + . . . + (n − an+1 ) = a1 − an+1 .
a
k=1
In particolare
lim sn = a1 − lim an+1 .
n→+∞ n→+∞
1 1 1
bk = = − = ak − ak+1 ,
k(k + 1) k k+1
+∞
1 X
dove abbiamo posto ak = , ∀k ∈ N. Allora, la serie bk è telescopica, pertanto
k
k=1
1
lim sn = a1 − lim an+1 = 1 − lim = 1.
n→+∞ n→+∞ n→+∞ n+1
+∞
X 1
Quindi la serie è convergente, con somma = 1.
k(k + 1)
k=1
Vogliamo mostrare ora una condizione necessaria per la convergenza di una serie. Premet-
tiamo il seguente risultato più generale.
+∞
X
Teorema 6.1. Sia {ak } ⊆ R. La serie ak converge se e solo se
k=1
n
X
∀ε > 0, ∃ n ∈ N t.c. ak < ε, ∀n, m ∈ N, n, m − 1 > n.
k=m
123
La tesi si ottiene semplicemente notando che
n
X
|sn − sm−1 | = ak .
k=m
Corollario 6.1 (Condizione necessaria per la convergenza di una serie). Sia {ak } ⊆ R. Se
+∞
X
la serie ak converge allora il termine generale della serie è infinitesimo, cioé
k=1
lim an = 0.
n→+∞
1 n
lim an = lim 1+ =e ( 6= 0 ),
n→+∞ n→+∞ n
allora la serie non converge; in particolare è divergente visto che ak > 0, per ogni k ∈ N.
+∞
X
Esempio 6.6. Sia ak = k!, con k ∈ N. Consideriamo la serie ak . Poiché
k=1
lim an = lim n! = +∞ ( 6= 0 ),
n→+∞ n→+∞
allora la serie non converge; in particolare è divergente visto che ak > 0, per ogni k ∈ N.
+∞
X
Esempio 6.7. Sia ak = sin(k), con k ∈ N. Consideriamo la serie ak . Poiché
k=1
lim an = @ ( 6= 0 ),
n→+∞
124
6.2 Criteri per serie a termini positivi.
∃ lim sn = sup{sn } ∈ R,
n→+∞
+∞
X
cioè, la serie ak converge oppure diverge positivamente, ma non può essere oscillante.
k=1
Teorema 6.2 (Criteri del confronto). Siano {ak }, {bk } ⊆ R due successioni tali che ak ≥
0, bk ≥ 0, per ogni k ∈ N. Valgono le seguenti implicazioni.
(i) Se ak ≤ bk , per ogni k ∈ N, allora si ha
+∞ +∞
X X
bk converge =⇒ ak converge,
(∗) k=1 k=1 (7)
+∞
X +∞
X
a diverge =⇒ bk diverge
k
k=1 k=1
+∞
X
Inoltre, dall’ipotesi si ha ovviamente sn ≤ tn , per ogni n ∈ N. Ora, se bk converge,
k=1
+∞
X
significa che sup{tn } ∈ R, quindi anche sup{sn } ∈ R, cioè ak converge. D’altra parte,
k=1
125
+∞
X
se ak diverge, cioè lim sn = +∞, allora la tesi segue dall’Osservazione 2.8.
n→+∞
k=1
Per quanto riguarda il punto (ii), basta osservare che, se ak = o(bk ) allora vale l’ipotesi del
punto (i) da un certo n ∈ N in poi (verificare per esercizio).
Dimostriamo (iii). Sia 0 < ε < 1. Dalla definizione di equivalenza asintotica e dalla non
negatività di {ak }, {bk }, abbiamo:
Quindi
+∞
X +∞
X +∞
X
(1 − ε) ak ≤ bk ≤ (1 + ε) ak ,
k=n+1 k=n+1 k=n+1
Osservazione 6.5. Osserviamo esplicitamente che il precedente teorema stabilisce una re-
lazione fra i comportamenti al limite delle serie; in particolare se, ad esempio, entrambe le
serie convergono, non è detto che abbiano la stessa somma.
+∞
1 X
Esempio 6.8. Sia ak = , con k ∈ N. Studiamo il comportamento della serie ak .
k2
k=1
1
Poniamo bk = , così entrambe le successioni {ak }, {bk }, sono non negative; inoltre
k(k + 1)
+∞
X
ak ' bk , per k → +∞. Allora, dal Criterio del Confronto, poiché bk converge (Esempio
k=1
+∞
X
6.4), anche ak converge.
k=1
+∞
1 X
Esempio 6.9. Sia ak = , con k ∈ N. Studiamo il comportamento della serie ak .
k3
k=1
1
Poniamo bk = 2 , così entrambe le successioni {ak }, {bk }, sono non negative; inoltre ak =
k
+∞
X
o(bk ), per k → +∞. Allora, dal Criterio del Confronto, poiché bk converge, anche
k=1
+∞
X
ak converge.
k=1
Teorema 6.3 (Criterio Integrale). Sia f ∈ C([1, +∞), R) e monotona. Sia ` ∈ R tale che
lim f (x) = `. Poniamo ak = f (k) per ogni k ∈ N. Allora:
x→+∞
+∞
X Z +∞
ak ha lo stesso comportamento di f (x)dx.
k=1 1
126
Dimostrazione. Abbiamo due casi, a seconda che ` sia zero o diverso da zero.
(Primo caso). Se ` 6= 0, sia l’integrale, sia la serie non convergono.
(Secondo caso). Sia ora ` = 0. Supponiamo, ad esempio, f &, quindi f (x) ≥ 0 per ogni
x ∈ [1, +∞). Ovviamente anche lim ak = ` e ak &, perciò ak ≥ 0 per ogni k ∈ N.
k→+∞
Poniamo ora
n
X Z n
sn = ak , In = If (n) = f (x)dx.
k=1 1
Riscriviamo In spezzando l’integrale sugli intervalli [k, k + 1] con k ∈ {1, . . . , n − 1}, cioè:
n−1
X Z k+1
In = f (x)dx .
k=1 k
Dalla monotonia di f segue che f (k + 1) ≤ f (x) ≤ f (k) per ogni x ∈ [k, k + 1], pertanto
Z k+1 Z k+1 Z k+1
f (k + 1)dx ≤ f (x)dx ≤ f (k)dx,
k k k
cioè Z k+1
f (k + 1) ≤ f (x)dx ≤ f (k).
k
Sommando, si ha
n−1
X n−1
X Z k+1 n−1
X
ak+1 ≤ f (x)dx ≤ ak ,
k=1 k=1 k k=1
cioè
sn − a1 ≤ In ≤ sn−1 , ∀n ∈ N.
Passando al limite, per n → +∞, nelle precedenti disuguaglianze, otteniamo
L1 − a1 ≤ L2 ≤ L1 .
Quindi
L1 ∈ R =⇒ L2 ∈ R,
L1 = +∞ =⇒ L2 = +∞,
che significa che la serie e l’integrale generalizzato hanno lo stesso comportamento.
Esempio 6.10. Sia α ∈ R. Allora la serie
+∞
X 1
converge ⇐⇒ α > 1.
kα
k=1
127
Osservazione 6.6. Come avevamo anticipato nell’Osservazione 6.3, ad esempio, la serie
+∞
X 1
non converge, ma il suo termine generale è infinitesimo, quindi verifica la condizione
k
k=1
necessaria (Corollario 6.1).
Teorema 6.4 (Criterio della Radice). Sia {ak } ⊆ R, una successione con ak ≥ 0, per ogni
k ∈ N. Supponiamo che esista ` ∈ R, tale che
√
lim k ak = ` ∈ R.
k→+∞
Allora:
+∞
X
• se ` > 1 (incluso ` = +∞), allora ak diverge;
k=1
+∞
X
• se ` < 1, allora ak converge.
k=1
√ `+1
k
ak > ` − ε > > 1, ∀k > n.
2
Cioè k
`+1
ak > , ∀k > k.
2
+∞
X
Dal Criterio del Confronto, con la serie geometrica, segue che ak diverge.
k=1
Se ` = +∞, scegliamo M = 2 nella definizione di limite e troviamo n ∈ N tale che
√k
ak > 2, ∀k > n, (8)
cioè
ak > 2k , ∀k > n. (9)
Dopodiché procediamo come prima.
(Caso ` < 1)
1−`
Nella definizione di limite, scegliamo ε = 2 > 0 e troviamo n ∈ N tale che
√ `+1
k
ak < ` + ε = < 1, ∀k > n̄,
2
cioè k
`+1
0 ≤ ak < , ∀k > n̄.
2
+∞
X
Di nuovo per confronto con la serie geometrica, si ha che ak converge.
k=1
128
+∞
2k X
Esempio 6.11. Sia ak = , con k ∈ N. Studiamo il comportamento della serie ak .
kk
k=1
Si ha che {ak } è non negativa. Inoltre
√ 2
lim k
ak = lim = 0 < 1.
k→+∞ k→+∞ k
Teorema 6.5 (Criterio del Rapporto). Sia {ak } ⊆ R, una successione con ak > 0, per ogni
k ∈ N. Supponiamo che esista ` ∈ R, tale che
ak+1
lim = ` ∈ R.
k→+∞ ak
Allora:
+∞
X
• se ` > 1 (incluso ` = +∞), allora ak diverge;
k=1
+∞
X
• se ` < 1, allora ak converge.
k=1
ak+1 2k+1 k! 2
lim = lim k
= lim = 0 < 1.
k→+∞ ak k→+∞ (k + 1)! 2 k→+∞ k + 1
Teorema 6.6 (Criterio di condensazione di Cauchy, o del "2n "). Sia {ak } ⊆ R una
successione monotona. Allora:
+∞
X +∞
X
ak ha lo stesso comportamento di 2k · a2k .
k=1 k=1
129
(Secondo caso). Sia ora ` = 0. Supponiamo, ad esempio, ak &, da cui ak ≥ 0 per ogni
k ∈ N. Poniamo ora
Xn Xn
Sn = ak , Rn = 2k · a2k .
k=1 k=0
lim Sn = L1 , lim Rn = L2 .
n→+∞ n→+∞
L1 ≤ L2 ≤ 2L1 .
Quindi
L1 ∈ R =⇒ L2 ∈ R,
L1 = +∞ =⇒ L2 = +∞,
è divergente, poiché
2k 1
lim · = +∞.
k→+∞ k log(2)
+∞
X
Quindi, per il Criterio di Condensazione, ak diverge.
k=2
130
6.3 Serie a termini di segno alterno.
Quindi
n
X
∀ε > 0, ∃ n ∈ N t.c. ak < ε, ∀n, m ∈ N, n, m − 1 > n,
k=m
+∞
X
che, di nuovo per il Teorema 6.1, significa che ak converge.
k=1
+∞ +∞
X X 1
converge, poiché converge assolutamente. Infatti la serie |an | = converge.
nα
k=1 k=1
n
X
Teorema 6.8 (Abel-Dirichlet). Siano {ak }, {bk } ⊆ R. Poniamo Bn = bk . Se
k=1
131
n
X
Dimostrazione. Poniamo Sn = ak bk . Si ha
k=1
Bn = Bn−1 + bn ,
n−1
X
Sn = Bn an + Bk (ak − ak+1 ), ∀n ∈ N.
k=1
0 ≤ |Bk (ak − ak+1 )| = |Bk ||ak − ak+1 | ≤ M |ak − ak+1 | = M (ak − ak+1 ).
+∞
X
Ma allora |Bk (ak − ak+1 )| converge per il Criterio del Confronto con
k=1
+∞
X +∞
X
M (ak − ak+1 ) = M (ak − ak+1 ) = M a1 − lim an+1 = M a1 .
n→+∞
k=1 k=1
Corollario 6.2 (Criterio di Leibniz). Sia {ak } ⊆ R una successione monotona e infinite-
sima. Allora
+∞
X
(−1)k ak converge.
k=1
Dimostrazione. Segue dal Teorema 6.8, con bk = (−1)k e verificando che {Bn } è limitata.
Esempio 6.16. Mostriamo con un esempio che l’enunciato del Teorema 6.7 non si può
invertire, cioè una serie può essere convergente, ma non convergente assolutamente. Sia
α ∈ R, con 0 < α ≤ 1. Allora, dall’esempio precedente sappiamo che
+∞
X (−1)n
converge.
nα
n=1
132
Mentre la serie
+∞ +∞
X (−1)n X 1
= non converge,
nα nα
n=1 n=1
come mostrato nell’Esempio (6.10).
Esempio 6.17. Richiamando il Teorema 6.2, sappiamo che due successioni non negative
e asintoticamente equivalenti hanno serie con lo stesso comportamento. Vogliamo mostrare
con un esempio che, se l’ipotesi di non negatività viene a mancare, questo non è più vero
in generale. Siano infatti
(−1)n (−1)n (−1)n
an = √ , bn = √ 1+ √ .
n n n
Chiaramente le due successioni hanno segno alterno; comunque, si ha che an ' bn . Ora,
+∞
X
la serie an converge per il Criterio di Leibniz (Corollario 6.2). Scriviamo adesso nel
n=1
seguente modo la serie
+∞ +∞ +∞ +∞ +∞
(−1)n (−1)n (−1)n (−1)n X 1
X X
X X 1
bn = √ 1+ √ = √ + = √ + .
n n n n n n
n=1 n=1 n=1 n=1 n=1
+∞
X
Poiché il primo addendo converge, mentre il secondo diverge, la serie bn non converge.
n=1
Esempio 6.18. Sia α ∈ R. Studiamo la convergenza della serie
+∞
X αn
n2n
n=1
αn
al variare del parametro α. Poniamo an = n2n e distinguiamo tre casi.
• Se |α| > 2 la serie non converge, poiché {an } non è infinitesima, quindi non è
soddisfatta la condizione necessaria per la convergenza (Corollario 6.1).
• Se |α| = 2, cioè α = ±2, abbiamo:
+∞
X 1
α = 2, è divergente,
n
n=1
+∞
X (−1)n
α = −2, è convergente (Leibniz).
n
n=1
+∞
X
• Se |α| < 2, studiamo la convergenza assoluta, cioè consideriamo la serie |an |; in
n=1
particolare usando il criterio della radice abbiamo
p 1 α α
lim n |an | = lim √ n
= < 1;
n→+∞ n→+∞ n 2 2
quindi la serie converge assolutamente: allora dal Teorema 6.7, la serie converge.
133
In conclusione, la serie
+∞
X αn
converge ⇐⇒ −2 ≤ α < 2.
n2n
n=1
5 2n2 + 3|α|
n=1
1
7+2α n 7 2
al variare del parametro α. Poniamo an = 5 2n2 +3|α|
e distinguiamo tre casi.
• Se 7+2α
5 > 1 la serie non converge, poiché {an } non è infinitesima, quindi non è
soddisfatta la condizione necessaria per la convergenza (Corollario 6.1).
7+2α
• Se 5 = 1, cioè α = −6 oppure α = −1, abbiamo:
+∞ 1
X
n 7 2
α = −6, (−1) converge (Leibniz).
2n2 + 18
n=1
+∞ 1
X 7 2
α = −1, 2
diverge,
2n + 3
n=1
1 q
7 2 7 1
infatti, 0 ≤ 2n2 +3
' 2 n; la divergenza segue quindi dal Criterio del Confronto.
7+2α
• Se 5 < 1, cioè −6 < α < 1, studiamo la convergenza assoluta, cioè consideriamo
+∞
X
la serie |an |; in particolare usando il criterio della radice abbiamo
n=1
s
1
p 7 + 2α n 7 2 7 + 2α
lim n |an | = lim = < 1;
n→+∞ n→+∞ 5 2n2 + 3|α| 5
quindi la serie converge assolutamente: allora dal Teorema 6.7, la serie converge.
In conclusione, la serie
+∞ 1
7 + 2α n
X 7 2
2
converge ⇐⇒ −6 ≤ α < −1.
5 2n + 3|α|
n=1
134
7 Numeri Complessi
L’elemento neutro per la somma è (0, 0). Inoltre, dato (x, y) ∈ R × R, allora l’inverso
di (x, y) rispetto alla somma è (−x, −y) ∈ R × R.
L’elemento neutro per il prodotto è (1, 0). Inoltre, dato (x, y) ∈ R × R, con (x, y) 6=
(0, 0), allora l’inverso di (x, y) rispetto al prodotto è
x y
− 2 ,− .
x + y 2 x2 + y 2
135
1−i
Esempio 7.1. Sia z = ∈ C. Vogliamo riscrivere z in forma algebrica, cioè z = x+iy,
1+i
per qualche x, y ∈ R. Vale:
1−i 1−i 1−i 1 − 2i − 1
z= = · = 2 = −i.
1+i 1+i 1−i 1 + 12
Cioè x = 0, y = −1.
Vogliamo introdurre ora una nuova rappresentazione dei numeri complessi. A questo sco-
po osserviamo che un numero complesso, z = x + iy ∈ C, può essere visualizzato come
un punto nel piano cartesiano (piano di Gauss), dove orizzontalmente si riporta la parte
reale e verticalmente la parte immaginaria. Denotiamo con r ∈ R, r ≥ 0, la distanza di
z dall’origine; inoltre se (x, y) 6= (0, 0), indichiamo con θ ∈ R l’angolo, orientato in sen-
so antiorario, formato dal segmento che congiunge z all’origine, con il semiasse positivo
orizzontale. Valgono le seguenti relazioni:
p
• r ∈ R, r ≥ 0, r = x2 + y 2 = |z| (dal teorema di Pitagora);
Osserviamo esplicitamente che se θ risolve (S) allora anche θ + 2kπ risolve (S) per ogni
k ∈ Z. Inoltre, si chiama argomento di z ∈ C un qualsiasi valore θ ∈ R che risolve (S) e si
indica con arg(z) = θ. In genere, il valore θ ∈ [0, 2π) che risolve (S) si chiama argomento
principale, e si indica con Arg(z) = θ. In questo modo, se z ∈ C ha modulo r e argomento
principale θ, si ha
136
Esempio 7.2. Sia z = 1 + i ∈ C. Allora si ha
p √
Re(z) = 1, Im(z) = 1, z = 1 − i, |z| = 12 + 12 = 2 = r.
137
7.2 Radici n-esime.
z n = cos(nθ) + i sin(nθ).
dove abbiamo usato l’ipotesi induttiva (cioè P (n) vera) e le formule di addizione per
seno e coseno.
z n = rn (cos(nθ) + i sin(nθ)), ∀n ∈ N.
z n = w,
con r ∈ R, r ≥ 0, θ ∈ [0, 2π). Dato che anche z ∈ C ammette una scrittura in forma
trigonometrica
z = ρ(cos(α) + i sin(α)),
138
dove ρ ∈ R, ρ ≥ 0, α ∈ R, allora si ha
zn = w
m
n
ρ (cos(nα) + i sin(nα)) = r(cos(θ + 2kπ) + i sin(θ + 2kπ)).
Questo significa
( √
ρn = r, ρ = n r,
⇐⇒
nα = θ + 2kπ α = θ + 2kπ .
n
Poniamo
θ 2π
αk = + k , k ∈ Z,
n n
θ
e osserviamo che n ∈ [0, 2π). Allora anche i seguenti valori
α0 = nθ ,
α1 = θ + 2π ,
n n
..
.
αn−1 = nθ + (n − 1) 2π
n ,
z 3 = 1.
Esplicitamente:
z0 = 1,
√
1 3
z1 = − + i ,
2 √2
1 3
z2 = − − i .
2 2
139
Esempio 7.5. Consideriamo la seguente equazione in C
(z 3 + 27i)(3z + 5 − 4z + i) = 0.
• z 3 + 27i = 0,
3 3 3
z = −27i = 27 cos π + 2kπ + i sin π + 2kπ , k ∈ Z,
2 2
da cui
π 2kπ π 2kπ
zk = 3 cos π+ + i sin π+ , k = 0, 1, 2.
2 3 2 3
z0 = 3i,
√
7π 7π 3 3 3
z1 = 3 cos + i sin =− − i,
6 6 2 2
√
11π 11π 3 3 3
z2 = 3 cos + i sin = − i.
6 6 2 2
cioè ( (
3x + 5 − 4x = 0, x = 5,
⇐⇒
3y + 4y + 1 = 0 y = − 71 ,
quindi la soluzione è z3 = 5 − 17 i.
140
Osservazione 7.5. Sia z ∈ C un numero complesso avente modulo r ∈ R, r ≥ 0 e
argomento θ ∈ R, quindi
z = r(cos(θ) + i sin θ).
Dalla formula di Eulero segue immediatamente
z = reiθ .
Osservazione 7.6. Una volta nota la formula di Eulero è possibile ritrovare la formula di
De Moivre. Infatti, siano θ ∈ R, n ∈ N, si ha:
n
(cos θ + i sin θ)n = eiθ = einθ = cos(nθ) + i sin(nθ).
Esempio 7.6. Sia z = (1 + i)10 . Vogliamo riscrivere z in forma algebrica. Prima di tutto
poniamo w = 1 + i, si ha (verificare per esercizio):
√ π
|w| = 2, Arg(w) = .
4
Allora, usando la formula di De Moivre, abbiamo
√ √ 10
π π
10 5π 5π
w = 2 cos + i sin =⇒ w = ( 2) cos + i sin ,
4 4 2 2
141
8 Esercizi
n2 + 1
1
A = x, y ∈ R t.c. x = , y= , n∈N .
n2 n
cos(5πn) n
1
lim 1+ .
n→+∞ 2cos(3πn) n
142
Esercizio 8.7. Studiare la seguente funzione:
− 1
(
e |x−2| , x 6= 2,
f (x) =
0, x = 2.
143
Esercizio 8.13. Studiare la convergenze del seguente integrale
Z 2 2 α
x − 4x + 4
dx
−2 x+2
144
Esercizio 8.18. Studiare la convergenze della seguente serie
+∞ n
X
2 |α| 2
α +
n
n=1
5 n
n=1
(z + |z|) · (z̄ 4 + 4) = 0.
145
Esercizio 8.24. Risolvere la seguente equazione in C.
√
(3z + 2)4 = 8(i 3 − 1).
146
8.1 Soluzioni.
Esercizio 8.1
Risolvendo la disequazione si ottiene
√ √
A = − e, 0 ∪ 0, e ,
da cui
√ √
Int(A) = − e, 0 ∪ 0, e 6= A
√ √
Der(A) = − e, e ,
√ √
F r(A) = − e, 0, e ,
√ √
A = − e, e 6= A,
√
sup A = e ∈ A,
√
max A = e,
√
inf A = − e ∈ A,
√
min A = − e.
Esercizio 8.2
Risolvendo la disequazione si ottiene
p i hp
A = −∞, − log 2 ∪ {0} ∪ log 2, +∞ ,
da cui
p p
Int(A) = −∞, − log 2 ∪ log 2, +∞ 6= A,
p i hp
Der(A) = −∞, − log 2 ∪ log 2, +∞ ,
n p p o
F r(A) = − log 2, 0, log 2 ,
A = A,
sup A = +∞,
@ max A,
inf A = −∞
@ min A.
147
Esercizio 8.3
Si ha
Int(A) = ∅ =
6 A,
Der(A) = {0, 1},
F r(A) = A ∪ {0},
A = A ∪ {0} =
6 A,
sup A = 2 ∈ A,
max A = 2,
inf A = 0 ∈
/A
@ min A.
Esercizio 8.4
Siano {akn } e {ahn } le sottosuccessioni individuate da kn = 2n, hn = 2n + 1. Allora
1 2n
1 e
akn = a2n = 1+ =⇒ lim akn = ,
2 2n n→+∞ 2
2n+1
1 1 2
ahn = a2n+1 = 1− =⇒ lim ahn = .
2−1 2n + 1 n→+∞ e
Quindi
@ lim an .
n→+∞
Esercizio 8.5
Studiamo separatamente il numeratore e il denominatore.
x4
3 3 2 4
N (x) = 2 x (x + 2) + o(x (x + 2)) + 1 − 4 tan x x − + o(x ) −
2
(x2 (x − 1))2
− 1− + o(x4 ) =
2
x2 5
= 4x3 + 2x4 + o(x4 ) + 1 − 4(x3 + o(x4 )) − 1 + + o(x4 ) = x4 + o(x4 ).
2 2
148
• Studiamo il denominatore, per x → 0+ :
13
x4
4 2 3
D(x) = 1 + + o(x ) − ex(x (x+3)+o(x )) + (x3 (x2 + 3) + o(x4 )) =
2
4
1 x
=1+ + o(x ) + o(x4 ) − (1 + 3x3 + x4 + o(x4 ) + o(x4 ))+
4
3 2
5
+ 3x3 + o(x4 ) = − x4 + o(x4 ).
6
Allora
5 4 5 5
x + o(x4 ) x4
N (x) 2 + o(1)
lim = lim 25 4 = lim −5 = 2
= −3.
x→0+ D(x) x→0+ − x + o(x4 )
6
x→0+ x4
6 + o(1) − 56
Esercizio 8.6
Studiamo separatamente il numeratore e il denominatore.
(x + x3 )3
4 3 3 3
N (x) = o(x ) + x (x + x ) − (x + x ) − 2 + o(x ) =
3!
1 1
= o(x4 ) − x4 + o(x4 ) = − x4 + o(x4 ).
3 3
(x − x2 )2 (x − x2 )2 (x − x2 )4
4
D(x) = 1 + 1 + − +2 + o(x ) −
2! 2! 4!
(2x2 )2
− 2 1 + 2x2 + + o(x4 ) + 4x2 =
2!
1
= 2 + x4 + o(x4 ) − 2 − 4x2 − 4x4 + o(x4 ) + 4x2 =
12
47
= − x4 + o(x4 ).
12
Allora
x4 − 13 + o(1) − 31
N (x) 4
lim = lim 4 47
= 47 = .
x→0 + D(x) x→0 x −
+
12 + o(1) − 12 47
149
Esercizio 8.7
Il dominio della funzione è tutto R, quindi f : R → R.
Studiamo il comportamento di f nel punto di raccordo x = 2 e all’infinito:
Esercizio 8.8
Con il cambio di variabile t = sin(3x), l’integrale diventa
Z π
1 1 5t
Z
6
5 sin(3x) 1
e cos(π sin(3x)) cos(3x)dx = e cos(πt)dt = I.
0 3 0 3
Integrando ora per parti, si ha
1
π 1 5t
5t Z
e
I= cos(πt) + e sin(πt)dt.
5 0 5 0
150
Integrando ancora una volta per parti, si ottiene
5t 1 5t 1 ! 1
e π e π e5t π e5t π2
I= cos(πt) + sin(πt) − I = cos(πt) + sin(πt) − I.
5 0 5 5 0 5 5 5 5 0 25
Quindi, ponendo
1
e5t π e5t
A= cos(πt) + sin(πt) ,
5 5 5 0
si ha
π2 25
I =A− I ⇐⇒ I = A.
25 25 + π 2
In definitiva
Z π 5t 1
6
5 sin(3x) 1 25 e π e5t
e cos(π sin(3x)) cos(3x)dx = · cos(πt) + sin(πt) =
0 3 25 + π 2 5 5 5 0
5e5 + 5
=− .
3π 2 + 75
Esercizio 8.9
Con il cambio di variabile t = x4 , l’integrale diventa
Z 1
x3 1 1 1 1 1
Z Z
1
12
dx = 3
dt = 2 − t + 1)
dt.
0 1 + x 4 0 1 + t 4 0 (t + 1)(t
Eguagliando i coefficienti dello stesso ordine dei numeratori del primo e ultimo termine,
abbiamo
1
A + B = 0
A = 3
−A + B + C = 0 =⇒ B = − 13
A+C =1 C = 23
Quindi
1 1 1 1 t−2
= · − · =
(t + 1)(t2 − t + 1) 3 t + 1 3 t2 − t + 1
1 1 1 2t − 1 1 1
= · − · + · ,
3 t + 1 6 t2 − t + 1 2 t2 − t + 1
151
e osserviamo che 2
1
3 t −
t2 − t + 1 = q 2
+ 1 .
4 3
4
In definitiva
1
x3
Z
12
dx
0 1+x
1 1 1
Z
= dt =
4 0 1 + t3
1 1
Z
1
= dt =
4 0 (t + 1)(t2 − t + 1)
1 11 2t − 1
Z
1 1 1 1
= · − · + · dt =
4 0 3 t + 1 6 t2 − t + 1 2 t2 − t + 1
1
1
1 1 1 t−
log t2 − t + 1 + √ arctan q 2 =
= log(|t + 1|) −
12 24 4 3 3
4 0
1 π
= log(2) + √ .
12 12 3
Esercizio 8.10
Con il cambio di variabile t = cosh3 (x), e ricordando la relazione sinh2 (x) + 1 = cosh2 (x),
l’integrale diventa
1 t1 7t + 2 1 7 t1 2t + 2
Z Z Z t1
1
dt = dt − 5 =
3 1 t2 + 2t + 1 3 2 1 t2 + 2t + 1 2
1 t + 2t + 1
1 t1
1 7
= log(t2 + 2t + 1) + 5 =
3 2 t+1 1
7 log 152 245
27 − 7 log (2) − 152
= ,
3
3
dove t1 = 35 .
152
Esercizio 8.11
Distinguiamo tre casi.
Z +∞
1
• α = 0. Allora dx non converge.
2 x
1
• α > 0, α 6= 1. Allora f (x) = ammette una primitiva
x(log(x))α
(log(x))−α+1
F (x) = .
−α + 1
Quindi, si ha
Z t
lim f (x)dx = lim (F (t) − F (2)) =
t→+∞ 2 t→+∞
1 1
= lim − .
t→+∞ (−α + 1) log(x)α−1 (−α + 1) log(2)α−1
Perciò (
Z +∞
converge α > 1,
f (x)dx
2 diverge α < 1.
1
• α = 1. Allora f (x) = ammette una primitiva F (x) = log(log(x)). Quindi,
x log(x)
si ha
Z t
lim f (x)dx = lim (F (t) − F (2)) =
t→+∞ 2 t→+∞
Esercizio 8.12
Sia f la funzione integranda e sia c ∈ (0, +∞). Allora l’integrale di partenza si riscrive
Z +∞ Z c Z +∞
f (x)dx = f (x)dx + f (x)dx = I + II;
0 0 c
153
• Studiamo I.
c
1 + x2
Z
Se α = 0, allora dx diverge poichè
0 x3
1 + x2 1
0 ≤ f (x) = 3
' 3 , per x → 0+ .
x x
Se α 6= 0 e x → 0+ , abbiamo
(
x3α + x2 x3α + x2 c1 se 3α ≥ 2
0 ≤ f (x) = |α|x2 ' '
e + x3 − 1 |α|x2 1
c2 x2−3α se 3α ≤ 2,
• Studiamo II. Z +∞
1
Se α = 0, allora 0 ≤ f (x) ' , per x → +∞, quindi f (x)dx diverge.
x c
Se α 6= 0, allora
x3α + x2
0 ≤ f (x) ' , per x → +∞,
e|α|x2
Z +∞
quindi f (x)dx converge.
c
Esercizio 8.13
Sia f la funzione integranda e sia c ∈ (−2, 2). Allora l’integrale di partenza si riscrive
Z +∞ Z c Z 2
f (x)dx = f (x)dx + f (x)dx = I + II;
0 −2 c
154
• Studiamo II.
Per x → 2− abbiamo
1 1
0 ≤ f (x) ' .
4α (x − 2)−2α
Ora
Z 2
1 1
−2α
dx converge ⇐⇒ α > − .
c (x − 2) 2
Esercizio 8.14
Sia f la funzione integranda e sia c ∈ (0, +∞). Allora l’integrale di partenza si riscrive
Z +∞ Z c Z +∞
f (x)dx = f (x)dx + f (x)dx = I + II;
0 0 c
• Studiamo I.
Per x → 0+ abbiamo
xα 1
0 ≤ f (x) '
2
= c1 2−α ,
x ·4 x
con c1 una opportuna costante reale positiva. Ora
Z c
1
2−α
dx converge ⇐⇒ 1 < α.
0 x
• Studiamo II.
Per x → +∞ abbiamo
| sin(xα )| | sin(xα )| 1
0 ≤ |f (x)| = 2
√3
' 1 ≤ 7.
x ( x + 4) x2 x 3 x3
Poiché
Z +∞
1
7 dx converge per ogni α > 0,
c x3
R +∞
allora dai teoremi del confronto si ha che c |f (x)| converge, quindi converge anche
R +∞
c f (x), ∀α > 0.
155
Esercizio 8.15
Sia f la funzione integranda e sia c ∈ (2, +∞). Allora l’integrale di partenza si riscrive
Z +∞ Z c Z +∞
f (x)dx = f (x)dx + f (x)dx = I + II;
0 2 c
quindi convergerà se e solo se convergono entrambi gli integrali nella somma.
• Studiamo I.
Per x → 2+ abbiamo
1
sinh 2α 27 1
0 ≤ f (x) ' 3 3 = c1 3 ,
2 (x − 2)
α α (x − 2) α
con c1 una opportuna costante reale positiva. Ora
Z c
1
3 dx converge ⇐⇒ α > 3.
2 (x − 2) α
• Studiamo II.
Per x → +∞ abbiamo
1 3
xα 2x 1
0 ≤ f (x) ' 3 3 3 , = c2
2 x α xα−3+ α
α
Esercizio 8.16
Distinguiamo due casi.
P+∞ 1
• α ≤ 0. Allora la serie diverge per confronto con la serie n=1 n .
Esercizio 8.17
Sia an il termine generico della serie. Allora
|α|n
lim |an | = lim n = 0 ⇐⇒ |α| =
6 1.
n→+∞ n→+∞ 1 + α2
156
• |α| < 1 =⇒ |an | ' |α|n . Quindi
+∞
X +∞
X +∞
X
n
|α| < 1 =⇒ |α| converge =⇒ |an | converge =⇒ an converge.
n=1 n=1 n=1
|α|n
• |α| > 1 =⇒ |an | ' |α|2n
. Usiamo il criterio del rapporto:
n
|α|n+1 |α|2 |α|
lim2n+1 n
= lim 2 n+1 −2n = 0 < 1
n→+∞ |α| |α| n→+∞ |α|
+∞ +∞ +∞
X |α|n X X
=⇒ converge =⇒ |an | converge =⇒ an converge.
|α|2n
n=1 n=1 n=1
Esercizio 8.18
Il termine generico an della serie è non negativo per ogni n ∈ N. Usiamo quindi il criterio
della radice: 1
√ 2 |α| 2 1
lim n
an = lim α + = (α2 ) 2 = |α|.
n→+∞ n→+∞ n
Distinguiamo tre casi.
Esercizio 8.19 P
Usiamo il criterio della radice sulla serie |an |:
p
n 1 (n + 1)3 1
lim |an | = lim √ 3 3 3
= 3 3.
n→+∞ n→+∞ n
n 2 (n + 3) |α| 2 |α|
157
1 P+∞ 1 n+1 3n 1 1
• α= 2 =⇒ n=1 n ( n+3 ) non converge, visto che 0 ≤ an ' e2 n
;
P+∞
• α = − 12 =⇒ n 1 n+1 3n
n=1 (−1) n ( n+3 ) converge per il Criterio di Leibniz.
Esercizio 8.20
La condizione necessaria di convergenza è
n
1 − |α| log(n) 1 − |α|
lim |an | = lim = 0 ⇐⇒ ≤ 1.
n→+∞ n→+∞ 5 n 5
Inoltre
p
n 1 − |α|
lim |an | = .
n→+∞ 5
Quindi, distinguiamo tre casi.
1−|α| P P
• 5 < 1 (−6 < α < 6) =⇒ |an | converge =⇒ an converge;
1−|α|
• 5 = 1, impossibile;
1−|α| P+∞ n log(n)
• 5 = −1 =⇒ n=1 (−1) n converge per il Criterio di Leibniz.
Esercizio 8.21 P
Usiamo il criterio della radice sulla serie |an |:
(
p +∞ se α > 0,
lim n |an | = lim nα |α| =
n→+∞ n→+∞ 0 < 1 se α ≤ 0.
158
Esercizio 8.22
Distinguiamo due casi.
Cioè x ≤ 0, y = 0.
{z0 , z1 , z2 , z3 } = {ω0 , ω1 , ω2 , ω3 }.
{i ± 1, −i ∓ 1} ∪ {x ∈ R | x ≤ 0}.
Esercizio 8.23
Sia z = x + iy, x, y ∈ R. Allora l’equazione diventa
2
2(x + iy)x = x + iy + 2i =(x − i(y + 2))2 = x2 − (y + 2)2 − 2x(y + 2)i
⇐⇒
2x2 + 2xyi = x2 − (y + 2)2 − 2x(y + 2)i
⇐⇒
(
2x2 = x2 − (y + 2)2 ,
2xy = −2x(y + 2)
⇐⇒
(
x2 = −(y + 2)2 ,
2x(2y + 2) = 0.
159
Esercizio 8.24 √ 2
Partiamo col trovare le radici quarte di 8(i 3 − 1). Verificando che r = 16 e θ = 3 π,
possiamo usare le equazioni per le radici:
√
4
π π π π
ωk = 16 cos +k + i sin +k , k = 0, 1, 2, 3.
6 2 6 2
√ √
Troviamo ω0,2 = ±( 3 + 1), ω1,3 = ±(−1 + i 3).
Per trovare le soluzioni dell’equazione basta imporre
3zk + 2 = ωk , k = 0, 1, 2, 3.
Cioè
1 √ 1 √
z0 = ( 3 − 2 + i), z1 = (−3 + i 3),
3 3
1 √ 1 √
z2 = (− 3 − 2 − i), z3 = (−1 − i 3).
3 3
Esercizio 8.25
Distinguiamo tre casi.
• z + z = 0, con z = x + iy, diventa 2x = 0, cioè Re(z) = 0.
• z + i = 0 è equivalente a z = i.
• z 3 + i = 0 ⇐⇒
3 3 3
z = −i = 1 cos π + 2kπ + i sin π + 2kπ .
2 2
Quindi
√
3 π 2kπ π 2kπ
zk = 1 cos + + i sin + ,
2 3 2 3
√ √
3 3
cioè z0 = i, z1 = − 2 − 2i , z2 = 2 − 2i .
Le soluzioni dell’equazione sono pertanto gli elementi di
{z0 , z1 , z2 } ∪ {z ∈ C | Re(z) = 0}.
Esercizio 8.26
Sia z = x + iy, allora
1 1z x y
= = 2 −i 2 .
z zz x + y2 x + y2
160
1
y
Quindi Im z = −1 ⇐⇒ − x2 +y 2 = −1, ovvero
1 2 1
2 2 2
x + y − y = 0 ⇐⇒ x + y − = ,
2 4
i 1
z− = .
2 2
161
Indice analitico
Algebra degli o-piccoli, 45 Forma esponenziale di un numero
Algebra dei limiti, 35 complesso, 141
Archimedeo, 22 Forma trigonometrica di un numero
Argomento di un numero complesso, 136 complesso, 136
Argomento principale di un numero Formula di De Moivre, 138
complesso, 136 Formula di Eulero, 140
Formula di Stirling, 51
Campo commutativo, 19 Formula di Taylor con resto di Lagrange,
Cardinalità, 23 87
Chiusura, 26 Formula di Taylor con resto di Peano, 86
Classe di equivalenza, 11 Frontiera, 26
Codominio, 6 Funzione, 6
Completezza sequenziale, 52 Funzione assolutamente integrabile in
Condizione necessaria per la convergenza senso generalizzato, 115
di una serie, 124 Funzione biunivoca, 8
Coniugato di un numero complesso, 136 Funzione composta, 8
Criteri del confronto per integrali Funzione concava, 92
generalizzati, 114 Funzione continua, 63
Criteri del confronto per le serie, 125 Funzione convessa, 92
Criterio del confronto, 35 Funzione derivabile, 71
Criterio del rapporto, 45 Funzione iniettiva, 7
Criterio del rapporto per le serie, 129 Funzione integrabile, 97
Criterio della radice, 48 Funzione integrabile in senso
Criterio della radice per le serie, 128 generalizzato, 112
Criterio di condensazione di Cauchy, 129 Funzione integrale, 103
Criterio di Leibniz, 132 Funzione inversa, 9
Criterio integrale, 126 Funzione limitata, 60
Funzione limitata inferiormente, 60
Derivata, 71 Funzione limitata superiormente, 60
Derivato, 26 Funzione monotona, 61
Differenza di insiemi, 4 Funzione monotona crescente, 60
Disuguaglianza di Bernoulli, 21 Funzione monotona decrescente, 60
Dominio, 6 Funzione suriettiva, 7
Funzione uniformemente continua, 69
Elemento separatore, 18
Funzioni asintoticamente equivalenti, 62
Estremante locale, 60
Funzioni di classe C 1 , 81
Estremo inferiore, 14
Funzioni di classe C ∞ , 84
Estremo inferiore di funzione, 59
Estremo superiore, 14 Gerarchia tra infiniti, 50
Estremo superiore di funzione, 59 Gruppo commutativo, 18
162
Insieme compatto, 42 Numero di Nepero, 43
Insieme complementare, 4
Insieme completo, 16 o-piccolo, 62
Insieme delle parti, 4 o-piccolo per successioni, 44
Insieme denso, 22
Parametro di finezza, 95
Insieme finito, 23
Parte immaginaria di un numero
Insieme induttivo, 20
complesso, 136
Insieme infinito, 23
Parte reale di un numero complesso, 136
Insieme limitato, 16
Polinomio, 85
Insieme limitato inferiormente, 16
Polinomio di Taylor, 86
Insieme limitato superiormente, 16
Primitiva, 82
Insieme numerabile, 23
Principio di induzione, 20
Insieme ordinato, 12
Prodotto cartesiano, 5
Insieme quoziente, 11
Punto aderente, 26
Insiemi equipotenti, 23
Punto critico, 76
Integrabilità di funzioni continue, 100
Punto di accumulazione, 26
Integrabilità di funzioni monotone, 99
Punto di frontiera, 26
Integrale di Riemann, 97
Punto di massimo, 59
Integrale generalizzato, 112
Punto di massimo locale, 59
Integrale inferiore, 96
Integrale superiore, 96 Punto di minimo, 59
Integrazione per parti, 106 Punto di minimo locale, 59
Integrazione per sostituzione, 107 Punto Interno, 26
Interno, 26 Punto isolato, 26
Intersezione di insiemi, 4 Radici n-esime di un numero complesso,
Intervalli, 25 138
Intorno, 25 rapporto incrementale, 71
Limite, 54 Relazione, 5
Limite di successione, 30 Relazione antisimmetrica, 11
Relazione d’ordine, 11
Maggiorante, 12 Relazione d’ordine totale, 11
Massimo, 13 Relazione di equivalenza, 11
Massimo di funzione, 59 Relazione riflessiva, 11
Media integrale, 102 Relazione simmetrica, 11
Minimo, 13 Relazione transitiva, 11
Minimo di Funzione, 59 Restrizione, 57
Minorante, 12 Retta tangente, 73
Misura di un intervallo, 95
Modulo di un numero complesso, 136 Scomposizione di un intervallo, 95
Serie, 121
Numeri complessi, 135 Serie assolutamente convergente, 131
Numeri interi, 21 Serie geometrica, 122
Numeri naturali, 20 Serie telescopica, 123
Numeri razionali, 22 Sezione di Dedekind, 18
Numeri reali, 19 Somma inferiore, 95
Numeri reali estesi, 27 Somma parziale, 121
163
Somma superiore, 95 Teorema della permanenza del segno, 58
Sottoinsieme, 4 Teorema della permanenza del segno per
Sottosuccessione, 33 successioni, 33
Successione, 30 Teorema di Abel-Dirichlet, 131
Successione convergente, 32 Teorema di Bernoulli-de l’Hôpital, 79
Successione di Cauchy, 52 Teorema di Bolzano-Weierstrass, 40
Successione divergente, 32 Teorema di Cantor, 24
Successione infinitesima, 32 Teorema di Cauchy, 77
Successione limitata, 38 Teorema di Cesàro, 49
Successione limitata inferiormente, 38 Teorema di Darboux, 82
Successione limitata superiormente, 38 Teorema di Fermat, 76
Successione monotona, 39 Teorema di Heine-Borel, 42
Successione monotona crescente, 39 Teorema di Heine-Cantor, 69
Successione monotona decrescente, 39 Teorema di Riemann, 99
Successione oscillante, 32 Teorema di Rolle, 77
Successioni asintoticamente equivalenti, Teorema di Weierstrass, 66
44 Teorema fondamentale del calcolo
integrale, 103
Teorema degli zeri di Bolzano, 66 Teorema ponte, 56
Teorema dei due carabinieri, 58 Teorema sul limite di funzioni monotone,
Teorema dei due carabinieri per 61
successioni, 34 Teorema sul limite di sottosuccessioni, 33
Teorema dei fratti semplici, 108 Teorema sul limite di successioni
Teorema dei valori intermedi, 67 monotone, 39
Test di convessità, 94
Teorema del valor medio di Lagrange, 78
Test di monotonia, 79
Teorema dell’unicità del limite, 57
Teorema dell’unicità del limite per Unione di insiemi, 4
successioni, 31
Teorema della media integrale, 102 Valore assoluto, 19
164