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1 Cos'è la scala dei bisogni di Maslow?

L’uomo ha sempre provato la sensazione di bisogno, cioè la mancanza di qualcosa. Si può parlare di
bisogni primari se riferiti alla sopravvivenza o bisogni secondari se riferiti a esigenze non indispensabili
per la vita umana. La soddisfazione di questi bisogni avviene in modo differente tra soggetti diversi: ogni
uomo soddisfa il proprio bisogno in modo diverso dagli altri.

Maslow era un psicologo americano che, nel 1954, ha classificato i bisogni dell’uomo e ha creato una
“scala dei bisogni”. Secondo Maslow la soddisfazione di un bisogno avviene dopo aver soddisfatto i
bisogni precedenti.

Con la scala di Maslow, i bisogni possono essere schematizzati con una piramide che parte dai bisogni
fisiologi, i bisogni fondamentali connessi con la sopravvivenza (fame, sete, sonno). Salendo la piramide
troviamo i bisogni di sicurezza, cioè i bisogni che devono garantire all'individuo protezione e
tranquillità. Poi troviamo il bisogno di socializzazione, cioè la necessità di sentirsi parte di un gruppo, di
essere amato, di amare. Successivamente il bisogno di stima, cioè il bisogno di essere rispettato,
apprezzato ed approvato. Infine in cima alla piramide troviamo il bisogno di autorealizzazione, cioè
l'esigenza di realizzare le proprie aspettative, di attuare le proprie migliori potenzialità.

Successivamente sono giunte critiche a questa scala sul fatto che la successione dei livelli potrebbe non
essere condivisibile per tutti i soggetti ma da un’idea generale di come possono essere classificati i
bisogni umani. Lo stesso Maslow nel 1968 aggiungerà altri livelli che aveva inizialmente ignorato.

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2 Definire il concetto di azienda e le funzioni svolte dalle aziende.

L’azienda è l’unità di base in cui si svolge l’attività economica per il soddisfacimento dei bisogni umani.

Sotto l’aspetto economico, l’azienda è “la coordinazione economica in atto istituita e retta per il
soddisfacimento di bisogni umani”, secondo la definizione di Zappa. Mentre secondo la definizione di
Onida “Le aziende sono ordinate a fini concernenti la soddisfazione di bisogni umani, in quanto questa
soddisfazione esiga consumo di beni economici e quindi anche produzione o acquisizione degli stessi”.

Sotto l’aspetto giuridico, l’articolo 2555 del C.C. definisce l’azienda come il “complesso dei beni
organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”. L’articolo 2082 del C.C. definisce
imprenditore “chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione
o dello scambio di beni e di servizi”.

Fin dai tempi antichi, gli uomini hanno provato la sensazione di bisogno, cioè la mancanza di qualcosa.
Per soddisfare i propri bisogni l’uomo utilizzava i beni presenti in natura. Tuttavia non tutti gli uomini
erano capaci di procurarsi direttamente tutti i beni necessari per il soddisfacimento dei loro bisogni.
Spesso si ricorreva allo scambio di beni tra soggetti diversi.

Questi bisogni, con lo sviluppo umano, sono diventati sempre più sofisticati e sempre meno soddisfabili
dall’attività economica dei singoli. Perciò si sono formati degli operatori professionali specializzati nella
produzione e nello scambio: le aziende. La ragione per cui esistono le aziende è proprio l’esistenza dei
bisogni umani, il cui soddisfacimento richiede consumo e quindi produzione di beni e servizi.

I processi produttivi si riferiscono a beni economici cioè a beni o servizi utili a soddisfare i bisogni umani
presenti in natura in quantità limitata. Nella realizzazione della produzione economica partecipano fattori
umani, capitali, beni materiali e immateriali, conoscenze scientifiche. L’insieme di questi componenti, le
loro interrelazioni e le relazioni che sviluppano permettono di definire l’azienda come un sistema. Cioè
l’insieme di elementi interconnessi tra di loro in vista del raggiungimento di un fine comune.

Inoltre l’azienda è profondamente inserita in un ambiente con il quale scambia costantemente


informazioni (Input, output). Questo scambio d’informazioni porta l’azienda ad adattarsi dinamicamente
alle situazioni, ai vincoli e alle opportunità che si creano. Contemporaneamente l’azienda tende a
influenzare attivamente, con lo sviluppo della sua attività, l’ambiente mercato in cui opera.

L’azienda produce beni e servizi mediante trasformazione fisico tecnica dei fattori produttivi (aziende
industriali) e mediante il trasferimento nel tempo e nello spazio dei prodotti e delle merci (aziende
mercantili). In relazione alla loro funzione economica, le aziende si distinguono in aziende di
produzione per il mercato (produzione per il magazzino o su commessa) e aziende di erogazione (di
erogazione in senso stretto o di autoconsumo).

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3 Definire le caratteristiche delle aziende di erogazione e delle imprese.
Le aziende si dividono in aziende di erogazione o di consumo (aziende di autoconsumo e aziende di
erogazione in senso stretto), azienda di produzione per lo scambio nel mercato o imprese e aziende
composte. Il termine impresa si riferisce unicamente alle aziende di produzione per lo scambio nel
mercato.
La differenza tra le imprese e le aziende di erogazione consiste che le prime anticipano i costi, offrono il
bene e sperano che venga acquistato, mentre le aziende di erogazione consumano le risorse che versano i
cittadini (tributi) e offrono servizi.
Le aziende di erogazione o di consumo, soddisfano i bisogni di determinati soggetti o categorie di
persone, utilizzando le risorse preventivamente acquisite; i limitati mezzi a disposizione sono ripartiti tra i
vari bisogni da soddisfare. Il loro obiettivo non è quello di conseguire un profitto ma quello di aumentare
le risorse, i beni o servizi, per la collettività interessata.
Quindi le aziende di erogazione non hanno scopo di lucro. Queste aziende devono in ogni caso,
mantenere un equilibrio tra le entrate e le uscite, pena la loro sopravvivenza. Il loro consumo di risorse si
realizza in funzione delle risorse acquisite con l’imposizione fiscale (imposte e tasse).
All’interno delle aziende di erogazione distinguiamo le aziende di auto-consumo: sistema socio-
economico che produce beni e/o servizi per soddisfare bisogni di persone o enti interni all’azienda o che
ad essa fanno capo (es. associazione sportiva, circolo culturale, convento); e aziende di erogazione in
senso stretto: sistema socio-economico che produce beni e/o servizi per soddisfare bisogni di persone
esterne all’azienda nell’interesse delle quali l’azienda è costituita e gestita (es. aziende che forniscono
servizi sociali per anziani).
Queste aziende traggono le risorse necessarie al funzionamento da contributi provenienti dai soci, da
finanziamenti statali o da altri enti e dall’eventuale tariffa di erogazione delle prestazioni cedute.
Le aziende di produzione per il mercato o imprese, producono beni e/o servizi in vista della loro
collocazione sul mercato. Sostengono costi anticipatamente per produrre e collocano i beni e i servizi nel
mercato per conseguire ricavi. I costi sono sostenuti in vista dei ricavi sperati.
Queste aziende soddisfano indirettamente i bisogni umani attraverso la moneta. Attuano processi
produttivi che creano valore e quindi aumentano la ricchezza disponibile. Con lo scambio di mercato si
tende ad ottenere un valore monetario superiore a quello dei beni utilizzati nel processo produttivo.
Possono produrre beni e servizi secondo due modalità: produzione per il magazzino (o su previsione)
dove attuano una produzione standardizzata che poi offrono al mercato, sostengono prima i costi per i
fattori produttivi che poi recuperano con la vendita del prodotto (es. industria automobilistica, alimentare,
ecc.); e su commessa (o su ordinazione): attuano una produzione personalizzata su specifico ordine del
committente con cui viene stabilito anticipatamente il prezzo. Si tratta di pezzi unici (es. cantieri navali,
imprese edili, ecc).
I rischi sono: su magazzino: la produzione non trova sul mercato acquirenti e i prodotti finiti restano
invenduti o i prezzi di vendita non coprano i costi della produzione; su commessa: l’azienda non riesce ad
utilizzare a pieno la struttura produttiva nonché il prezzo stabilito anticipatamente non risulti congruo
nell’esecuzione della commessa.
Nella realtà troviamo anche le aziende composte, dove si sviluppano congiuntamente i processi di
produzione e i processi di tipo erogativo. È il caso di un’impresa individuale, dove accanto all’attività di
produzione per il mercato si trova quella erogativa familiare. O nel caso di numerosi enti pubblici dove
accanto all’attività erogativa si sviluppa un’attività di produzione di beni o servizi per il mercato. Gli enti
locali, ad esempio, possono essere considerati aziende composte. Al loro interno può essere distinta una
“gestione erogativa” e una “gestione produttiva”.

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4 Cosa s'intende con il concetto di "produzione di valore" e con "processo input-output"?

L’azienda crea valore quando trasforma dei fattori produttivi per ottenere un prodotto finito che ha un
valore maggiore della somma dei singoli elementi. Il prodotto finito non è un aggregato di materie prime
ma un prodotto che ha una sua caratteristica differente rispetto alle materie utilizzate. Quindi c’è un
valore aggiunto. Il concetto di produzione di valore è legato al processo di input-output.

Il processo input-output è l’insieme di tutte le operazioni che portano alla produzione di valore,
consistente nella coordinazione dei processi di acquisizione dei fattori produttivi (input), nella loro
trasformazione fisica ed economica e nella cessione dei beni o servizi al mercato (output).

Il processo input-output parte dalla razionalizzazione nell’acquisizione dei processi di


approvvigionamento dei fattori produttivi (sul piano tecnico: caratteristiche qualitative e quantitative dei
fattori acquistati; sul piano economico: rapporto qualità-prezzo dei fattori acquistati).

Secondo elemento è la trasformazione fisica ed economica dei fattori produttivi: fisica si ha una
trasformazione fisico-tecnica dei fattori produttivi (es. aziende industriali lavorano materie prime per
ottenere prodotti finiti), economica si ha con il trasferimento nel tempo e nello spazio dei beni (aziende
mercantili, centri commerciali ecc.).

A ultimo abbiamo la cessione (mediante la vendita): rappresenta la conclusione del processo produttivo.
Con la vendita si ha il riconoscimento del mercato, tramite il pagamento del prezzo, del valore creato dal
processo di produzione. Studiare i processi di produzione aiuta l’azienda a determinare i costi di beni e
servizi offerti, migliorare i prodotti offerti, ecc.

I processi di produzione possono essere simultanei (per es. lavorazioni effettuate in vari reparti in modo
autonomo), e sequenziali (un reparto non può produrre se un altro reparto non finisce la sua produzione).

Nel processo produttivo, l’azienda deve rispettare la regola delle 3 E: efficienza, efficacia e economicità.
L’efficienza è il rapporto tra i risultati ottenuti da una azienda e i fattori produttivi utilizzati. A parità di
risultati è più efficiente l’azienda che utilizza meno fattori produttivi. L’efficacia si ha quando l’azienda è
in grado di raggiungere l’obiettivo per cui è stata creata. L’economicità a parità di risultati è più
economica l’azienda che ottiene il prodotto finito a costi inferiori.

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5 Definire le caratteristiche ed il ruolo dell’ambiente-contesto di riferimento per la vita delle
aziende.

L’attività aziendale sviluppa continuamente uno scambio di risorse (input – output) e d’informazioni con
l’ambiente. Queste informazioni vengono recepite dall’azienda come vincoli e opportunità dell’ambiente
e che utilizza per decidere il proprio modo di operare e crescere.

Quindi l’ambiente può essere definito come il contesto generale nel quale l’azienda svolge la propria
attività, che determina il sistema di vincoli e opportunità. Questi elementi determineranno i punti di
forza o debolezza dell’azienda e da ciò imposterà i programmi aziendali per ottenere risultati positivi in
termini economici e finanziari.

L’ambiente può essere scomposto, sul piano teorico, in:


- ambiente istituzionale-politico;
- ambiente demografico-sociale;
- ambiente culturale-tecnologico;
- ambiente economico
- ambiente fisico.

Ambiente istituzionale-politico: comprende il quadro normativo che disciplina il comportamento


dell’azienda al suo interno e nell’ambiente in cui esercita, la pubblica amministrazione, le infrastrutture
presenti, l’orientamento politico economico degli organi governativi, sistema elettorale, ecc.

Ambiente demografico-sociale: comprende le caratteristiche della popolazione, le fasce d’età, tassi di


natalità e mortalità, le caratteristiche socio demografiche e i flussi migratori.

Ambiente culturale-tecnologico: comprende la cultura, le tradizioni popolari, la religione, le conoscenze


scientifiche e tecnologiche e la propensione alla conoscenza e all’innovazione.

Ambiente economico: comprende le principali attività economiche, il reddito pro capite, il prodotto
interno lordo, inflazione, l’occupazione e la disoccupazione, i sistemi di trasporto ecc.

Ambiente fisico-naturale: comprende gli aspetti geografici che caratterizzano il contesto in cui l'impresa
svolge la propria attività. Caratteristiche orografiche (colline, montagne, pianure ecc.), idrografiche
(laghi, fiumi, mari ecc.) e il clima.

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6 Definire il soggetto economico ed il soggetto giuridico.

Il soggetto economico è la persona o il gruppo di persone che, di fatto, detiene il supremo potere volitivo
nell’azienda, determina gli indirizzi della gestione e controlla il comportamento aziendale. Nelle aziende
pubbliche questo potere risale allo Stato o agli enti territoriali, è quindi esercitato, al sommo della
gerarchia, dalle persone che esprimono la volontà dello Stato o dei menzionati enti.

Nelle imprese il soggetto economico esercita il suo potere di governo assumendo le decisioni strategiche e
controllando il funzionamento del sistema aziendale. Nelle imprese, in via di principio, il soggetto
economico è espresso da chi apporta il capitale proprio.

Nelle imprese individuali è il titolare, nelle società di persone sono i soci con la maggioranza delle quote,
nelle società di capitali sono i soci con la maggioranza del capitale.

Il soggetto giuridico è la persona o il gruppo di persone o l’ente nel cui nome l’azienda viene esercitata
ed a cui fanno capo i diritti e gli obblighi che derivano dalla costituzione e dalla gestione dell’azienda,
quindi è colui che risponde, dal punto di vista patrimoniale, dei risultati dell’attività dell’azienda.

Il soggetto giuridico può essere una persona fisica o una persona giuridica (cioè un ente astratto che nasce
in forza di legge, pertanto è un soggetto di diritto diverso dall’essere vivente).

Sia la persona fisica che la persona giuridica hanno la capacità giuridica che è l’attitudine ad essere
titolari di diritti. Da non confondere con la capacità di agire che è l’attitudine a costituire, modificare,
estinguere rapporti giuridici. La capacità di agire, nel nostro ordinamento, si acquista con la maggiore età.

Le persone giuridiche possono essere: persona giuridica privata (associazioni, fondazioni, società
commerciali) e persona giuridica pubblica (art. 11 Codice civile, enti pubblici).

Nelle imprese individuali è il titolare, nelle società di persone sono i soci, nelle società di capitali è il
nome della società

Nelle aziende s’individua anche un soggetto giuridico di rappresentanza. Cioè persone che possono
formalmente rappresentare e impegnare l'azienda presso terzi. Sono amministratori, direttori, procuratori,
delegati dal proprietario dell'azienda.

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7 Quali sono le condizioni che devono essere rispettate perché una società acquisisca la personalità
giuridica?

Per acquisire la personalità giuridica, si devono rispettare quattro condizioni.

Prima condizione: Manifestazione di volontà mediante stipulazione dell’atto costitutivo. L’atto


costitutivo è rappresentato dal contratto di società.
Secondo l’art. 2247 C.C., con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per
l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili. Quindi, in questo caso si
tratta d’imprese e si persegue lo scopo di lucro.

Seconda condizione: L’azienda deve svolgere attività commerciale. L’art. 2195 C.C. definisce l’attività
commerciale come: attività industriale diretta alla produzione di beni o di servizi; attività intermediaria
nella circolazione dei beni; attività di trasporto per terra, per acqua, per aria; attività bancaria o
assicurativa; altre attività ausiliarie delle precedenti (es. attività di mediazione).

Terza condizione: La società deve assumere una delle seguenti forme giuridiche: S.p.A. (società per
azioni); S.r.l. (società a responsabilità limitata); S.A.P.A. (società in accomandita per azioni); Società
cooperativa.

Quarta condizione: Iscrizione della società nel Registro delle imprese. L’atto costitutivo deve essere
depositato, entro venti giorni, presso l’ufficio di registro delle imprese, il quale si trova presso le camere
di commercio. Dal momento dell’iscrizione la società acquisisce personalità giuridica e diventa soggetto
giuridico.

Perché si iscrive la società alla CCIAA? Per dar pubblicità cioè comunicare a tutti che è nata una nuova
società.

Non hanno personalità giuridica le società: Società semplice, S.n.c. (società in nome collettivo) e S.A.S.
(società in accomandita semplice).

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8 Definire il concetto di "controllo" e di "collegamento" tra società.

Il capitale apportato dai soci da il potere di voto nelle assemblee. Controllo di una società vuol dire
disporre della maggioranza dei voti, per imporre la propria volontà nelle assemblee. In sintesi, la
maggioranza dei voti nelle assemblee determina il potere decisionale sulla società.

Esempio: Capitale sociale € 1.000.000; Così composto: N. 1.000.000 azioni del valore nominale di euro 1
cadauna. Ogni azione ha diritto a 1 voto; Se tutti i soci partecipano all’assemblea, la maggioranza dei voti
è pari a: N. 500.000 azioni + 1 azione vale a dire a euro 500.000 + euro 1 di capitale sociale.

Disporre della maggioranza dei voti in assemblea non significa necessariamente avere la proprietà della
maggioranza del capitale sociale. È, infatti, possibile avere il controllo di una società con una quota di
capitale sociale inferiore al 50% o con un investimento indiretto di capitale o senza capitale sociale.

Sono considerate controllate:

• le società in cui un’altra società dispone, direttamente o indirettamente, della maggioranza dei voti
nell’assemblea ordinaria. Esempio: la società A possiede il 51% del capitale della società B e
dunque dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria di tale società.

• le società in cui un’altra società dispone, direttamente o indirettamente, di voti sufficienti per
esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria. Esempio: la società A possiede il 40%
del capitale della società B. Dunque non si tratta di una maggioranza assoluta, però di fatto riesce ad
avere un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria grazie all’assenteismo dei piccoli azionisti.

• le società che sono sotto l’influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli
contrattuali con la società stessa. Esempio: la società A riesce a controllare di fatto la società B, non
in funzione del capitale posseduto dalla prima nella seconda, ma in seguito ad un contratto di
esclusiva che lega la società B alla società A.

Si può controllare una società anche indirettamente. Per esempio la società A detiene il 30% delle azioni
della società C (non sufficienti per il controllo) e il 55% della società B che a sua volta detiene il 25%
della società C. Quindi la società A controlla anche la società C.
La società A detiene il 60% delle azioni della società B, la società B detiene il 60% delle azioni della
società C e il 55% della società D. Quindi la società A controlla anche le società C e D.

Il concetto di collegamento riguarda invece l’esercizio di un’influenza notevole da parte di una società
su un’altra, ma questa influenza non è dominante. Tale tipo d’influenza si presume quando la prima
società esercita almeno un quinto dei voti (un decimo dei voti se la società è quotata nei mercati
regolamentati) nell’assemblea ordinaria della seconda.

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9 Cosa sono le aree funzionali? (non dire solo l’elenco ma anche che queste aree non sono separate
ma un insieme collegato tra le varie aree)

L’azienda è un sistema, cioè un insieme di elementi (persone, risorse) interconnessi tra di loro in vista del
raggiungimento di un fine comune. Questo sistema, a sua volta, è suddiviso in più sottosistemi che
prendono il nome di aree funzionali.

Ciascuna di esse opera separatamente, ma fra le diverse aree funzionali si sviluppa un continuo intreccio
di rapporti di collaborazione che portano alla definizione dei programmi, alla loro attuazione e al
controllo sulla loro esecuzione per il perseguimento degli obiettivi aziendali.

Le aree funzionali si dividono in: caratteristiche, integrative, e informazione e controllo.

Le Aree funzionali caratteristiche ossia le tipiche funzioni che più direttamente qualificano l’oggetto
dell’attività di produzione economica dell’impresa, e riguardano marketing, ricerca e sviluppo,
produzione e logistica.

L’area del marketing studia i rapporti con l’ambiente-mercato e le relative iniziative per favorire il
collocamento della produzione allestita e riguardano l’individuazione dei potenziali clienti e lo studio
delle esigenze dei clienti sui prodotti. Da questo studio l’impresa definisce il market target:
l’individuazione delle categorie di potenziali compratori. In relazione agli obiettivi di vendita, l’impresa
definisce il marketing mix: politica del prezzo, del prodotto, della distribuzione e della promozione.
L’area di ricerca e sviluppo è finalizzata a promuovere nuovi processi produttivi e nuovi prodotti e a
realizzare migliorie in quelli già in essere.
L’area della produzione realizza l’allestimento delle strutture produttive ed i processi di trasformazione
fisica e/o economica per realizzare i prodotti seconde le quantità, le qualità e i costi previsti. L’impresa
può adottare processi produttivi su modello per diverse tipologie di prodotti standard (automobili, trattori,
biciclette, confezioni, calzature, ecc.); a flusso continuo con produzioni scarsamente differenziate
(Industria chimica, petrolchimica, cemento); su commessa per specifiche unità di prodotto secondo le
richieste del cliente o su orientamenti aziendali per commesse interne di lavorazioni.

Le Aree funzionali integrative sono aree di supporto alle aree caratteristiche che forniscono le
necessarie risorse finanziarie e umane, riguardano le aree dell’organizzazione e del personale e la finanza.

L’area dell’organizzazione e del personale è volta a sostenere l’attività aziendale con il contributo del
fattore lavoro. L’obiettivo è quello di ottimizzare l’impiego delle risorse umane nel processo di
produzione economica.
L’area della finanza gestisce le risorse finanziarie necessarie per il funzionamento del sistema aziendale.
Deve coordinare il fabbisogno di capitale nell’azienda nella fase di costituzione e durante lo svolgimento
della gestione d’esercizio con mezzi propri o con finanziamenti di terzi (prestiti obbligazionari, mutui
bancari, scoperto di conto, indebitamento verso fornitori, ecc.).

Le Aree di informazione e controllo svolgono funzioni d’indirizzo, di controllo e informazione sul


funzionamento del sistema e riguardano la programmazione e l’amministrazione e controllo.

L’area di programmazione studia ed elabora i piani aziendali a medio e lungo termine tenendo conto
delle scelte economiche e produttive che l’azienda intende esercitare nell’ambiente nonché predispone un
programma operativo a breve termine (budget annuale).
L’area di amministrazione e controllo è finalizzata ad acquisire, elaborare, distribuire informazioni a
supporto dell’informazione esterna e, all’interno dell’azienda, nei processi decisionali e gestionali delle
diverse aree aziendali. In particolare si occupa del sistema delle rilevazioni amministrative relative alla
contabilità generale.

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10 Quali elementi costituiscono il sistema aziendale sotto l'aspetto soggettivo, oggettivo e dinamico?

L’azienda è un sistema, cioè un insieme di elementi (persone, risorse) interconnessi tra di loro in vista del
raggiungimento di un fine comune. Questo sistema è formato da un insieme coordinato di elementi:
elemento umano (aspetto soggettivo), capitale (aspetto oggettivo), attività d’organizzazione (aspetto
dinamico), sapere scientifico e tecnico (aspetto cognitivo)

L’elemento umano (aspetto soggettivo) è l’insieme delle persone che partecipano all’attività aziendale.
Direttamente come apportatori di capitale proprio e prestatori di lavoro (soci, lavoratori), indirettamente
come fornitori di beni e servizi, finanziatori, clienti.

Il capitale (aspetto oggettivo) rappresenta il capitale a disposizione dell’azienda, ossia il patrimonio di


risorse materiali (impianti, macchinari, materie ecc.), di risorse finanziarie e risorse immateriali (marchi,
brevetti, ecc.).

L’attività d’organizzazione (aspetto dinamico) riguarda l’assetto organizzativo, cioè il funzionamento


dei vari organi nei vari aspetti relativi all’organizzazione (assetto organizzativo, processi decisionali,
processi produttivi e sistemi di controllo).

Infine l’aspetto cognitivo composto da tutte le conoscenze tecniche scientifiche, know how, presenti
nell’azienda.

Nell’azienda di produzione tutti questi elementi concorrono, sulla base degli indirizzi e degli obiettivi
definiti dal soggetto economico, all’acquisizione, trasformazione e cessione di beni e servizi.

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11 Cosa sono i fattori produttivi? Differenza tra fattori a fecondità semplice e ripetuta.

I fattori produttivi sono quei fattori necessari per l’allestimento dei beni e/o servizi che l’azienda vuole
offrire (risorse materiali, risorse immateriali, risorse finanziarie, risorse umane).

I fattori produttivi a fecondità semplice (detti anche d’esercizio), sono beni che si consumano
interamente con il loro impiego nella produzione (per es. materie prime) esaurendo in tal modo il loro
contributo al processo produttivo, mentre i fattori produttivi a fecondità ripetuta (detti anche strutturali o
d’impianto) riguardano beni materiali o immateriali soggetti ad un impiego graduale e destinati a fornire
utilità alla produzione economica in più esercizi.

Il concetto dei fattori produttivi a fecondità semplice è che ognuno di questi fattori, una volta utilizzato,
s’incorpora nel bene che si realizza perdendo la loro entità separata. Quindi con i fattori produttivi a
fecondità semplice si può fare un solo ciclo produttivo.

L’acquisizione di fattori a fecondità semplice può generare costi comuni a produzioni di più periodi. In
questo caso il costo dei fattori produttivi viene ripartito in più esercizi attraverso scritture di storno o di
imputazione.

I fattori a fecondità ripetuta costituiscono le basi tecniche produttive e logistiche dell’azienda (impianti,
macchinari, mobili e arredi, ecc.). Sono fattori che costituiscono costi anticipati a utilizzo pluriennale,
cioè destinati a fornire utilità in più esercizi. Per questo motivo i fattori produttivi a fecondità ripetuta
devono essere ammortizzati.

Il fatto che uno specifico fattore produttivo sia d’esercizio o strumentale non dipende dalla natura del
bene, ma dipende dalla funzione che diamo a quel fattore. Uso un appartamento per svolgere la mia
attività: è un bene strumentale. Devo vendere quell’appartamento: è una merce, non è un bene strumentale
e neanche un fattore d’esercizio perché non serve per produrre beni e servizi destinati alla vendita.

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12 Cosa sono le operazioni di interna ed esterna gestione?

Le operazioni di gestione, dette anche fatti amministrativi, si distinguono tra le operazioni d’interna
gestione e operazioni di esterna gestione.

Le operazioni d’interna gestione sono quelle che riguardano la combinazione dei fattori produttivi, la
realizzazione di beni e servizi che caratterizzano l’attività dell’azienda, scambi che avvengono all’interno
dell’azienda e non determinano scambi di risorse finanziarie con l’ambiente. Comprendono
l’organizzazione e i processi di trasformazione fisico tecnica, la gestione del personale, lo studio, la
ricerca, ecc..

Le operazioni di esterna gestione riguardano gli scambi di risorse (beni e servizi) con l’esterno,
attraverso i quali si modifica il patrimonio aziendale. Questi scambi comprendono i costi per l’acquisto
dei fattori produttivi strutturali e d’esercizio, e i ricavi di vendita della produzione. Sono dunque correlati
con i movimenti di risorse finanziarie e monetarie e si manifestano nella fase iniziale e in quella terminale
del processo di produzione economica (input-output).

Le operazioni di interna ed esterna gestione sono operazioni collegate, infatti l’azienda può vendere beni
o servizi perché sono stati realizzati al suo interno. Perciò le due gestioni non sono totalmente separate ma
hanno caratteristiche diverse.

I fatti di esterna gestione sono collegati con la contabilità generale dell’impresa. Con la contabilità
generale si rilevano tutti gli scambi che avvengono tra la nostra azienda e l’esterno. Mentre i fatti
d’interna gestione sono collegati alla contabilità speciale: contabilità industriale, contabilità di
magazzino, ecc.

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13 Cosa s'intende per ammortamento dei beni a fecondità ripetuta?

I beni a fecondità ripetuta costituiscono per l’impresa dei costi anticipati ad utilizzo pluriennale, cioè
destinati a partecipare alla produzione economica per più esercizi. Esprimono quindi costi comuni alle
produzioni realizzate nell’esercizio e nei successive in cui troveranno impiego.

Il concorso al risultato economico dell’esercizio, si realizza mediante la ripartizione del loro costo
pluriennale nei diversi esercizi, imputando ad ogni esercizio una quota di ammortamento. Quindi
l’ammortamento è quel processo tramite il quale si ripartisce il costo di un fattore produttivo a fecondità
ripetuta in un arco temporale più lungo di un anno entro il periodo in cui si pensa che quel bene rilasci la
sua utilità: si stima una vita utile economica e si ripartisce il costo all’interno di quel periodo.

La vita utile economica è il periodo di tempo entro il quale l’utilizzo di un certo bene è economicamente
vantaggioso mentre la vita utile fisica è il periodo massimo di utilizzo di un bene.

L’uso delle aliquote per determinare la quota di ammortamento è un’approssimazione. In teoria si


dovrebbe vedere l’effettivo utilizzo di quel bene nell’anno, ma è difficile e costoso fare questi calcoli.
Perciò si fa un calcolo medio: il bene dura 5 anni e viene ammortizzato in 5 quote.

Quando si acquista un bene a fecondità ripetuta, possono esserci anche dei costi collegati al bene, per
esempio il costo del trasporto oppure le spese d’installazione. Questi costi devono essere considerati parte
integrante del costo di quel bene perché sono dei costi che non vengono sostenuti come costi d’esercizio
ma sono necessari affinché il bene possa essere utilizzato: un impianto non può funzionare se non viene
trasportato e installato. Quindi sono costi da capitalizzare, cioè da aggiungere al valore del bene a
fecondità ripetuta e conseguentemente ammortizzati.

Esistono due procedimenti di ammortamento: il procedimento fuori conto (indiretto) e in conto (diretto).

Il procedimento fuori conto, non incide in modo diretto sul costo storico del bene cioè non modifica il
conto “impianti”, ma crea un altro conto, il fondo ammortamento impianti, che indirettamente rettifica il
valore del costo storico quindi ci sarà da un lato il valore degli impianti e dall’altra il fondo
ammortamento. In questo modo si sa sempre qual è il costo storico ma anche qual è il valore residuo cioè
il valore ancora da ammortizzare. Il fondo ammortamento viene epilogato nel passivo dello stato
patrimoniale, e, in senso lato, rappresenta una fonte di autofinanziamento per l’impresa.

Il procedimento in conto, viene utilizzato per le immobilizzazioni immateriali, e non usa il fondo
ammortamento, ma usa il conto specifico. Per esempio si fa una scrittura di questo tipo: “ammortamento a
spese d’impianto”. Mentre nell’ammortamento indiretto sarà “amm. impianti a f.do amm. impianti”.

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14 Cosa s'intende per impieghi e fonti di capitale? Cos'è un prospetto fonti e impieghi?

Iniziare un’attività economica vuol dire dotarsi di una serie di strumenti cioè se si vuole offrire un bene o
un servizio bisogna dotarsi di tutti quegli strumenti che servono per realizzare quel bene. Quindi tutti gli
investimenti che bisogna fare per iniziare questa attività, danno la quantificazione del fabbisogno
finanziario e i mezzi per far fronte a questo fabbisogno sono i mezzi propri e mezzi di terzi.

Sia i mezzi propri sia i mezzi di terzi sono fonti di finanziamento cioè indicano la provenienza delle
risorse, la fonte, mentre gli investimenti effettuati dall’impresa con queste risorse rappresentano gli
impieghi.

Il prospetto fonti e impieghi è un documento che raffigura l’elenco e la quantificazione di tutte le fonti di
capitale e i correlati impieghi. Nei documenti del bilancio d’esercizio, il prospetto fonti e impieghi si
chiama stato patrimoniale. Lo stato patrimoniale esprime i componenti del patrimonio, gli elementi attivi
e gli elementi passivi. Gli elementi attivi sono tutti gli investimenti, gli impieghi che l’impresa ha fatto,
mentre gli elementi passivi sono tutte le fonti che esprimono le risorse che deve restituire ai terzi, o ai soci
nel momento in cui la società cessa di esistere (se ci sono risorse).

Quindi è un prospetto articolato in due sezioni. Una riporta le fonti di provenienza del capitale (sezione
avere). L’altra ci dice come sono state usate queste risorse (sezione dare). Da una parte la provenienza
delle risorse, dall’altra gli impieghi, la destinazione. Per definizione il totale delle fonti è sempre uguale al
totale degli impieghi.

Questo prospetto si può fare riferito a momenti temporali diversi. In genere lo stato patrimoniale di una
società si fa al 31/12 o comunque alla chiusura dell’esercizio. Se ipotizziamo di voler avviare un’attività
imprenditoriale, bisogna calcolare che cosa e quanto ci serve per fare quell’investimento (gli impieghi) e
dove reperire i soldi (le fonti). Quindi il prospetto fonti e impieghi si può fare riferito al passato ma può
essere riferito anche a una situazione futura.

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15 Quali sono le principali tipologie di fonti di finanziamento? Quali sono le principali
caratteristiche delle differenti fonti?

Le principali tipologie di fonti di finanziamento sono i mezzi propri e i mezzi di terzi. Con i mezzi propri
intendiamo il capitale sociale, costituito da azioni nel caso di SpA o Sapa, o quote di capitale nelle altre
società; per mezzi di terzi intendiamo il capitale di credito, i debiti della società.

Esistono delle differenze tra mezzi propri e mezzi di terzi. Il capitale proprio è assegnato alla società e
quindi entra a far parte del patrimonio dell’azienda. Non è soggetto al vincolo temporale, dunque non ha
una scadenza. Inoltre il capitale proprio non ha un tasso di rendimento previsto. Mentre nel caso del
capitale di terzi, i finanziatori, oltre ad attendersi la restituzione del capitale alla scadenza, si aspettano
anche una remunerazione sotto forma d’interesse.

Il capitale proprio è costituito da conferimenti effettuati dai soci nella fase di costituzione e durante la
gestione, riserve legali, accantonate per legge, e dalle riserve straordinarie, accantonate liberamente
dall’impresa.

Quando i mezzi propri sono insufficienti a coprire l’intero fabbisogno finanziario è necessario ricorrere ad
altre fonti di finanziamento, cioè al credito accordato da soggetti esterni all’impresa.

I finanziamenti ottenuti da terzi si possono distinguere in debiti di finanziamento, consistono nei prestiti
ricevuti e causano delle entrate nell’impresa (es. mutuo), e debiti di regolamento consistono in dilazioni
di pagamento concesse dai fornitori e non causano entrate.

Le principali forme di capitale di credito sono obbligazioni, credito bancario, credito di altri istituti
finanziari e credito di soci, credito mercantile, credito dei dipendenti.

Le obbligazioni sono titoli di credito che rappresentano quote di prestiti aventi scadenza a medio/lungo
termine emessi da società azionarie.

Il credito bancario può essere a breve termine (quando è inferiore ad un anno) o a medio lungo termine
(quando supera l’anno). In particolare, il credito a breve termine può riguardare operazioni di smobilizzo
(l’azienda ottiene dalla banca il pagamento anticipato di crediti non ancora scaduti: sconto di cambiali
commerciali, anticipi su fatture, ecc.), o aperture di credito (scoperto di conto). I crediti bancari a medio
lungo termine in particolare sono rappresentati dai mutui.

Il credito mercantile è il credito dei fornitori (dilazioni di pagamento), è concesso senza particolari
indagini ed ha la caratteristica di essere elastico ma costoso. In taluni casi c’è un interesse esplicito
(indicato dal tasso di interesse). In altri casi l’interesse è implicito. Quando c’è una differenza tra il
prezzo a termine (il prezzo tra 30 giorni) e il prezzo a pronti (pagamento subito), la differenza non è uno
sconto, ma è il pagamento a trenta giorni che contiene un interesse nascosto nel prezzo di vendita.

Il credito dei dipendenti può essere diretto, quando i dipendenti depositano in azienda, in cambio di un
interesse, i loro stipendi presso una cassa sociale; ed indiretto, riguarda il trattamento di fine rapporto
(TFR), che è un debito della società verso i suoi dipendenti, questo debito si incrementa ogni anno con il
sommarsi dell’indennità dell’anno, l’interesse sul credito maturato all’inizio dell’anno e la sua
rivalutazione monetaria.

Un’altra fonte di finanziamento è l’autofinanziamento. In generale, si fa riferimento alla capacità che


un’impresa ha di produrre risorse finanziare aggiuntive con la sua attività di produzione e vendita
(reinvestimento degli utili non distribuiti ai soci). Un’altra forma di autofinanziamento, sia pure
impropria, è data dai costi non monetari (cioè che non provocano uscite monetarie) rilevati in sede di
scritture di assestamento, come le quote di ammortamento, il trattamento di fine rapporto, ecc.

15
16 Cosa sono i crediti ed i debiti di finanziamento e di regolamento?

I crediti e i debiti di finanziamento, consistono nei prestiti concessi o ottenuti, e causano delle uscite o
delle entrate monetarie (es. mutuo), mentre i crediti e i debiti di regolamento consistono in dilazioni di
pagamento concesse ai clienti o ottenute dai fornitori, che non generano movimenti monetari.

I crediti e i debiti di finanziamento riguardano operazioni di natura finanziaria. In particolare i debiti di


finanziamento sorgono in relazione a prestiti che l’azienda ottiene da banche o da altri finanziatori. Tali
finanziamenti comportano il pagamento di un interesse esplicito e possono assumere forme tecniche
diverse a seconda della durata, della modalità di utilizzo e di rimborso, ecc. Questi finanziamenti sono
soggetti all'obbligo del rimborso alla scadenza concordata e della remunerazione.

I crediti e i debiti di regolamento si riferiscono a crediti o debiti sorti in seguito a scambi commerciali di
beni e servizi, cioè sono quelli generati dall'esercizio dell'attività d'impresa: le dilazioni di pagamento
concesse per la vendita di prodotti finiti e le dilazioni ottenute per l’acquisto di merci. Queste dilazioni di
pagamento sono concesse senza particolari indagini e hanno la caratteristica di essere notevolmente
elastiche ma costose. In taluni casi c’è un interesse esplicito (indicato dal tasso di interesse). In altri casi
l’interesse è implicito. Quando c’è una differenza tra il prezzo a termine (cioè il prezzo tra 30 giorni) e il
prezzo a pronti (cioè pagamento in contanti), la differenza non è uno sconto, ma è il pagamento a trenta
giorni che contiene un interesse nascosto nel prezzo di vendita.

16
17 Quale differenza c'è tra costo di acquisto e costo di utilizzazione? (esempio)

Il costo d’acquisto è il costo che si sostiene per l’acquisto dei beni, dei fattori produttivi, a prescindere
dal fatto che vengano usati nei processi produttivi. Il costo di utilizzo o di consumo, invece, è il costo del
fattore produttivo effettivamente impiegato nel processo produttivo.

Esempio
Ipotizziamo di acquistare durante l’anno un fattore produttivo per 10.000 euro e alla fine dell’anno
abbiamo rimanenze di quel fattore produttivo per 2.000 euro, il costo di utilizzo è stato di 8.000 euro
(10.000 – 2.000).
Il secondo anno acquistiamo lo stesso fattore produttivo per 15.000 euro. Alla fine dell’anno abbiamo
rimanenze per 3.000 euro. Quindi il costo di utilizzo è stato di 14.000 euro (15.000 + 2.000 – 3.000).
Il terzo anno facciamo acquisti per 7.000 euro. Alla fine dell’anno non abbiamo rimanenze finali. Quindi
il costo di utilizzo per il terzo anno è stato di 10.000 euro (7.000 + 3.000).

In sintesi il costi di utilizzo o di consumo è dato dal costo d’acquisto + le rimanenze iniziali – le
rimanenze finali.

Anno 1 Anno 2 Anno 3


Costo di acquisto 10.000 15.000 7.000
Rimanenza iniziale 0 2.000 3.000
Rimanenza finale 2.000 3.000 0
Costo di utilizzazione o di consumo 8.000 14.000 10.000

Per quanto riguarda i fattori a lento ciclo di utilizzo, il costo di utilizzo indica qual è stato il contributo
che quel bene ha dato ai processi produttivi (ammortamento).

17
18 Definire i concetti di dinamica monetaria ed economica.

Per capire il concetto di dinamica monetaria ed economica dobbiamo partire dalla distinzione tra costo e
pagamento. Il costo non sorge quando c’è il pagamento, ma sorge quando c’è lo scambio dei beni.
Stesso discorso per il ricavo. La differenza fa riferimento ad aspetti economici e aspetti finanziari tra il
momento in cui si acquista e il momento in cui si paga, e il momento in cui si vende e il momento in cui
si incassa.

Il processo di input ed output aiuta a capire meglio queste dinamiche. Nella fase di input abbiamo una
funzione aziendale che si occupa dell’approvvigionamento dei fattori produttivi. Dopo l’acquisto, queste
materie prime andranno immagazzinate. Successivamente vengono inviate alla produzione e trasformate
in prodotti finiti e rinviati ai magazzini. Alla fase di produzione segue la fase di output in cui si ha la
funzione di commercializzazione che ha il compito di collocare i prodotti finiti sul mercato.

Questo processo è quello che si chiama dinamica economica. Con la dinamica economica si osserva il
sorgere del costo, lo svolgimento dei processi produttivi e l’ottenimento dei ricavi che arriva dopo che si
colloca il bene sul mercato.

La dinamica monetaria è strettamente connessa alla dinamica economica. La dinamica monetaria


analizza le uscite di denaro, che derivano dall’acquisto dei fattori produttivi (pagamento dei debiti verso i
fornitori), e le entrate di mezzi finanziari che provengono dal capitale di rischio e dalla riscossione dei
crediti derivanti dalla vendita della produzione allestita.

La dinamica economica è diversa dalla dinamica monetaria. La dinamica economica riguarda i costi e i
ricavi mentre la dinamica monetaria riguarda i movimenti di credito o debito, i movimenti di denaro
generati da quei costi e da quei ricavi. Sono due dinamiche separate ma strettamente interconnesse: si
possono riscuote i crediti perché abbiamo venduto beni e servizi.

18
19 Descrivere le fasi del ciclo di vita delle aziende.

Il ciclo di vita delle aziende avviene in tre fasi: la fase della costituzione, la fase del funzionamento e la
fase della cessazione.

La fase di costituzione è quella che spesso viene preceduta da una fase pre-aziendale, in cui viene
valutata la convenienza ad affrontare l’iniziativa produttiva, analizzando le diverse alternative
d’investimento. In questa fase viene stilato il business-plan, un piano pluriennale che prefigura lo
scenario di mercato futuro in cui si prevede l’impresa dovrà operare e le prospettive di sviluppo che pensa
di avere. Si individuano anche le fonti disponibili a fornire le risorse finanziare necessarie per
fronteggiare i fabbisogni necessari nella fase d’avvio dell’impresa e in quella di funzionamento.

La scelta della forma giuridica dell’impresa, la localizzazione, l’adozione della tecnologia, l’acquisizione
delle strutture produttive, il dimensionamento del capitale proprio e quello di terzi, prefigurano i caratteri
fondamentali dell’impresa destinati a condizionarne il futuro.

Successivamente si procederà alla costruzione dello stabilimento, all’acquisizione dei macchinari, delle
attrezzature e delle conoscenze tecnico-scientifiche necessarie per allestire i processi di trasformazione
fisica ed economica, nonché le risorse umane necessarie per avviare la produzione. Allo stesso tempo si
dovrà conferire il capitale proprio. La fase della costituzione è caratterizzata da più costi che ricavi.

La fase di funzionamento comprende le operazioni tipiche di gestione esterna, come l’acquisizione dei
fattori produttivi, che generano dei flussi monetari in uscita, e la vendita dei prodotti finiti che generano
flussi monetari in entrata, e le operazioni di gestione interna, come i processi di trasformazione fisico
tecnica ed economica dei fattori produttivi impiegati. Nella fase di funzionamento vengono individuati
anche i flussi monetari generati dai debiti e crediti di finanziamento e dal movimento del capitale proprio.

Durante la fase di funzionamento possono avvenire eventi straordinari, fattori non prevedibili e di tipo
eccezionale generati da eventi ambientali, naturali, politico-sociali e da eventi casuali per esempio un
incendio. Questi fattori straordinari possono generare dei costi o dei ricavi straordinari. La fase del
funzionamento è caratterizzata da più ricavi che costi.

La fase della cessazione può avvenire per diverse cause, tra cui individuiamo: la scelta del soggetto
economico per sopraggiunto limite d’età o eventuali difficoltà a collocare la produzione allestita a causa
della scarsa capacità di adattamento alle richieste di mercato, che creano delle difficoltà
economico/finanziarie che determinano la fine dello scopo aziendale.

Quando il soggetto economico determina la fine dell’azienda può seguire due strade: chiudere l’impresa,
e si ha la liquidazione volontaria, o la cede a terzi. Nell’ultimo caso l’impresa viene venduta e cambia il
soggetto economico. La cessazione può avvenire anche quando due o più imprese cessano di esistere
come unità singole per formare una nuova società, oppure una società cessa in quanto assorbita da
un’altra azienda. La cessazione può avvenire anche per fallimento, cioè quando difficoltà economiche
impediscono di portare avanti l’attività di produzione. Talvolta il fallimento può essere evitato con
l’intervento dell’attività giuridica che trova un accordo con i creditori che si accontentano di un parziale
pagamento.

19
20 Definire i concetti di ciclo operativo e ciclo monetario.

Il ciclo operativo è l’arco temporale che intercorre tra il momento in cui si acquistano i fattori produttivi
e il momento in cui si vendono i beni e i servizi realizzati. Cioè tra l’input e l’output (riguarda le
operazioni di interna gestione). Si calcola in giorni.

Il ciclo monetario è l’arco temporale che intercorre tra l’uscita per il pagamento dei fattori produttivi e
l’entrata di denaro, derivante dalla riscossione dei crediti. Quindi dal momento in cui si pagano i fornitori
al momento in cui si incassano i crediti (riguarda le operazioni di esterna gestione).

È importante conoscere quanto dura il ciclo operativo perché, in base alla durata, si possono calcolare
come si modificano i flussi monetari. Per esempio per un’impresa di costruzioni, tra il momento in cui
inizia a costruire e il momento in cui vende, passa molto tempo e quindi deve anticipare tutti i costi. Per
questo motivo si studiano i cicli operativi.

Il ciclo operativo e ciclo monetario avranno la stessa durata quando non ci sono dilazioni di pagamento.
Quindi pagamento in contanti ai fornitori e incasso in contanti dei crediti dai clienti.

Sebbene siano due cicli diversi, sono strettamente collegati perché all’acquisto seguirà il pagamento, e
alla vendita seguirà la riscossione.

20
21 Cosa s'intende per economicità aziendale e super-aziendale? esempio
L’economicità aziendale è il criterio che consente di valutare la convenienza ad iniziare o a continuare
una certa iniziativa/attività imprenditoriale. Il principio si pone l’obiettivo di trovare un equilibrio
economico nel tempo, in cui i ricavi devono essere almeno uguali ai costi, considerando tra i costi anche
la congrua remunerazione del capitale proprio.
La vita dell’azienda richiede non solo che abbia un equilibrio economico ma anche che abbia anche un
equilibrio monetario tra le riscossioni e i pagamenti. Quando si raggiunge l’equilibrio economico non
è automatico che si raggiunga anche l’equilibrio monetario. Questi due equilibri pur essendo diversi sono
strettamente interconnessi.
Il concetto di economicità aziendale vuol dire osservare una singola azienda e vedere se ha ricavi almeno
pari ai costi. Mentre il concetto di economicità superaziendale vuol dire economicità riferita non a una
singola azienda ma a un gruppo di aziende. Questo tipo di economicità riguarda imprese che trovano
l’economicità all’interno del gruppo e imprese che non soddisfano il concetto di economicità nemmeno
all’interno del gruppo.
In alcuni casi un’azienda deve essere all’interno di un gruppo per poter raggiungere l’equilibrio
economico. Perché solo all’interno del gruppo si verificano delle condizioni tali per cui questa azienda
riesce ad avere ricavi superiori ai costi. Per esempio un’azienda che produca semilavorati che vengono
venduti all’interno del gruppo, con specifiche apposite per loro. Se andasse nel mercato libero
probabilmente non troverebbe clienti. In questo caso, si parla di economicità in seno ad un gruppo.
L’impresa raggiunge l’equilibrio economico perché si verificano determinate condizioni solo nei rapporti
con le altre società del gruppo.
Ma un’azienda potrebbe non raggiungere l’equilibrio economico neanche all’interno di un gruppo ma il
gruppo reputi importante che questa azienda continui a vivere per motivi che possono essere, per
esempio, legati alla pubblicità, al marketing, ecc. In questo caso si parla di economicità superaziendale
di gruppo. Cioè neanche all’interno del gruppo raggiunge l’equilibrio economico però è conveniente
tenerla in vita.
Supponiamo che l’azienda A (controllata al 100% da B) abbia costi per 120, ricavi per 100 e perdite per
20. La società A ha il conto economico stabilmente in perdita, quindi non rispetta il criterio
dell’economicità aziendale. Considerando la soc. A nell’ambito del gruppo, il giudizio potrebbe essere
diverso. Infatti bisogna vedere se conviene al gruppo mantenere in vita A.

Economicità super-aziendale di gruppo con la Economicità super-aziendale di gruppo senza la


soc. B soc. B
Società A Società B Società C Società A Società B Società C
Costi 120 100 120 0 180 130
Ricavi 100 200 140 0 200 140
Risultato -20 100 20 0 20 10

Reddito totale gruppo = (20) + 100 + 20 = 100 Reddito totale gruppo = 20 + 10 = 30


La società A, pur non rispettando il criterio di economicità aziendale, realizza l’economicità di gruppo. Al
gruppo, infatti, conviene mantenere in vita A, anche se è in perdita, perché permette al gruppo di
conseguire risultati economici migliori rispetto a quelli ottenibili in sua assenza. Ciò potrebbe dipendere,
ad esempio, dal fatto che per B e C risulta più oneroso acquistare da terzi alcuni servizi in precedenza
forniti da A.
Quindi il concetto di economicità vuol dire: l’azienda deve avere un volume di ricavi uguali o superiori ai
costi. A tutti i costi di tutti i fattori produttivi compresa la remunerazione del capitale proprio. Casi in cui
questa economicità viene raggiunta solo facendo parte di un gruppo, casi in cui nemmeno all’interno di un
gruppo raggiunge l’economicità però è conveniente per il gruppo mantenerla in vita.

21
22 Cosa s'intende per efficienza ed efficacia?

L’efficienza è il rapporto tra la produzione ottenuta e i fattori produttivi utilizzati. Quindi se si vuole
aumentare l’efficienza dell’impresa, si aumenta la produzione usando gli stessi fattori produttivi, oppure
si lascia la produzione uguale ma si riduce la quantità di fattori produttivi utilizzati.

L’efficienza è strettamente collegata all’economicità. Se l’azienda è inefficiente, ha due conseguenze. La


prima è che ha dei costi maggiori. La seconda, è che farà più fatica a raggiungere l’equilibrio economico.
Perciò se aumenta l’efficienza migliora anche il rapporto costi-ricavi.

Analizzare le cause dell’inefficienza, vuol dire migliorare le prestazioni economiche dell’azienda. Due
indicatori fondamentali: il rendimento fisico-tecnico fattori produttivi e dei processi produttivi
(produttività fisico-tecnica) e i costi.

Il rendimento è il rapporto tra la quantità del bene o servizio prodotto e la quantità di fattore
impiegato. Quindi se si aumentano i rendimenti, aumenta l’efficienza e l’economicità. Ma si può
esprimere questo concetto anche in termini di costi e ricavi. Per cui si potrebbe migliorare l’efficienza se
si è in grado di acquistare i fattori produttivi a costi inferiori.

Il concetto di efficacia è il rapporto tra i risultati ottenuti e i risultati previsti. Quindi per poter dire di
essere stati efficaci, bisogna dire prima qual è l’obiettivo.

Il concetto di efficacia è collegato con il concetto di efficienza. Non si può essere efficaci, cioè perseguire
gli obiettivi aziendali, se si continuano a sprecare risorse, perche se l’impresa ha come obiettivo il
raggiungimento di un certo livello di profitto, se é inefficiente, non riuscirà a raggiungere quell’obiettivo.

Quindi sono due concetti collegati, ma si può essere efficaci e inefficienti contemporaneamente perché
sono due concetti diversi. Per esempio le aziende che operano in regime di monopolio, possono essere
efficaci e raggiungere l’equilibrio economico ma magari sono inefficienti. Questo perché sono in grado di
avere dei prezzi di vendita che consentono di remunerare anche le loro inefficienze. Quindi ci sono dei
casi in cui l’economicità si può raggiungere anche con gravi inefficienze.

Queste due voci, efficienza ed efficacia, sono completamente interconnesse. Nel medio e lungo periodo,
l’impresa deve tendere a migliorare i livelli di efficienza e i livelli di efficacia perché questi incidono
fortemente sull’equilibrio economico.

22
23 Cosa s'intende per sistema informativo aziendale e quale ruolo svolge? Mettere in evidenza cosi-
ricavi e dato-informazione

Il sistema informativo aziendale è un sistema che si occupa di acquisire, di elaborare, di distribuire le


informazioni che occorrono per governare una azienda. È di supporto a tutte le aree funzionali
dell’azienda e deve essere strutturato in modo da garantire a ciascuna area funzionale e a ciascun
soggetto, la disponibilità delle informazioni che servono per svolgere i loro compiti.

Non è importante avere un sistema informativo che sia molto elaborato, ma bisogna avere un sistema
informativo che sia adeguato agli obiettivi che l’azienda vuole perseguire, al tipo di organizzazione, al
tipo di attività, al tipo di struttura interna dell’azienda.

Un sistema informativo per essere efficace deve essere selettivo (deve essere in grado di selezionare le
informazioni che ci servono in quel momento), tempestivo (le informazioni devono essere disponibili
quando vengono richieste), deve avere elasticità, (deve essere in grado di adattarsi alle esigenze che
possono cambiare nel tempo). Le informazioni devono essere affidabili altrimenti non sono da supporto
alle decisioni e soprattutto bisogna tener conto dei rapporti tra i costi e i benefici. Bisogna valutare se i
costi che si sostengono per avere quell’informazione sono controbilanciati dai benefici che si hanno
nell’avere a disposizione quell’informazione.

All’interno dell’azienda la funzione principale è supportare le decisioni allo scopo di programmare,


attuare e controllare in modo efficace e efficiente la gestione e l’organizzazione. Queste informazioni
hanno caratteristiche diverse in base al livello decisionale cui sono destinate.

L’azienda scambia continue informazioni con l’esterno. Alcune sono obbligatorie, altre sono
facoltative. Sono obbligatorie le informazioni, ad esempio, verso la pubblica amministrazione: la
dichiarazione dei redditi, gli obblighi tributari e previdenziali; o verso terzi, per esempio il bilancio
d’esercizio. Altre informazioni non sono obbligatorie ma la società può decidere di dare all’esterno. Ad
esempio le informazioni istituzionali, o il bilancio sociale, che in Italia non è obbligatorio.

Per capire il sistema informativo dobbiamo partire dalla differenza tra il concetto di dato e il concetto
d’informazione. Il dato è come una materia grezza che deve essere elaborata. L’informazione si ottiene
elaborando dei dati grezzi al fine di renderli fruibili per chi deve assumere delle decisioni.

Le informazioni devono avere dei requisiti. Il sistema informativo deve dare a ogni persona le
informazioni che siano congrue rispetto allo scopo, rispetto alle decisioni che deve assumere, alle
attività che deve svolgere. Deve tenere conto della capacità ricettiva del destinatario. Colui che la riceve
deve essere in grado di capirla, di elaborarla, di analizzarla e di utilizzarla. Inutile dare delle informazioni
se chi le riceve non è in grado di recepirle. Devono essere rese disponibili quando e dove servono. Vuol
dire che l’informazione deve essere resa disponibile nel tempo e nel luogo utile per consentirne l’utilizzo.
Inutile mettere un’informazione tra tantissime altre perché non si troverebbe. Devono essere chiare cioè
devono essere fatta perché siano comprese. Un altro requisito simile al primo è la rilevanza. Ognuno
potrebbe avere bisogno d’informazioni diverse in momenti diversi e deve essere in grado di fruire delle
informazioni che sono rilevanti per lui in quel momento.

Non dobbiamo confondere i sistemi informativi con i sistemi informatici. Oggi sono utilizzati insieme,
però sono due cose differenti. Parlare di sistema informativo non necessariamente significa parlare di
sistema informatico. È evidente che i sistemi informatici migliorano la gestione delle informazioni. Un
sistema informatico è un sistema informativo che si avvale delle tecnologie informatiche.

Legato al sistema informativo è la programmazione e la pianificazione. Il sistema informativo è


fondamentale per i processi decisionali. Senza le informazioni non si possono assumere delle decisioni
che permettano di ottenere i risultati sperati.

23
24 Definire i concetti di capitale di funzionamento, di liquidazione ed economico.

Il capitale o patrimonio è il complesso dei beni coordinati a disposizione dell’azienda, che vengono
valutati sotto l’aspetto qualitativo (qualità e tipo di beni che compongono il patrimonio) e sotto l’aspetto
quantitativo (valore dei beni espresso in termini monetari). I due termini vengono usati come sinonimi,
ma il patrimonio è più attento agli aspetti qualitativi e il capitale agli aspetti quantitativi.

Le principali configurazioni di capitale sono: il capitale di funzionamento, il capitale di liquidazione,


chiamato anche di liquidazione per stralcio, e il capitale economico. Tutte queste configurazioni
rispondono alla definizione di “insieme di ricchezze materiali e immateriali a disposizione dell’azienda in
un dato momento” ma variano a seconda delle condizioni nelle quali l’impresa si trova nello specifico
momento in cui vengono analizzati.

Il capitale di funzionamento è l’insieme degli elementi attivi e passivi del patrimonio in un determinato
momento che caratterizzano un’azienda che sta funzionando e con la prospettiva che continui a
funzionare. La differenza con le altre configurazioni di capitale è proprio la prospettiva di funzionamento
cioè l’azienda continua a funzionare anche nel futuro. Nello stato patrimoniale, o prospetto fonti e
impieghi, avremo il riepilogo sia degli elementi sia dei valori che compongono il capitale di
funzionamento.

Il capitale di liquidazione è il capitale determinato nell’ipotesi in cui l’azienda cessi di funzionare e


venga posta in liquidazione. Perciò la società si ferma e viene venduta a pezzi, infatti si chiama “per
stralcio”. Si vendono tutti gli elementi dell’attivo del patrimonio per estinguere tutte le passività e, solo
dopo questa fase, il capitale avanzato può essere distribuito ai soci.

Rispetto al capitale di funzionamento, cambiando la prospettiva, si perde il valore sistemico dei beni. Il
valore di una società non è fatto solo dal valore unitario dei beni ma è fatto dall’insieme di questi elementi
e dalla capacità che l’impresa ha di stare sul mercato e di vendere beni e servizi.

Nel momento in cui l’azienda cessa, si perde la visione sistema di questi beni perché si vende l’azienda
pezzo per pezzo e quindi molto probabilmente il valore che alla fine si ottiene vendendo a pezzi, è
inferiore rispetto al valore che si attribuisce all’azienda in funzionamento.

Con il capitale economico ci troviamo nella situazione in cui l’impresa come unità continui ad esistere
però viene ceduta. L’impresa diventa oggetto di scambio. Per determinare il capitale economico, si valuta
quanto può rendere in futuro quell’azienda cioè si cerca di capire qual è il potenziale frutto che
quell’impresa sarà in grado di fornire.

Perciò non si controllano solamente il valore dei beni materiali e immateriali dell’azienda, ma si
considerano anche elementi che nel caso delle altre configurazioni di capitale non vengono presi in
considerazione. Per esempio il marchio. Il capitale economico viene calcolato quando c’è una
compravendita, cioè si vende l’impresa, oppure quando c’è la fusione cioè due società si fondono
insieme.

Riassumendo la differenza tra queste configurazioni di capitali è la diversa prospettiva di vita e le


condizioni nelle quali si trova l’impresa. Con il capitale di funzionamento l’impresa continua a
funzionare, con il capitale di liquidazione l’impresa cessa di funzionare e viene venduta a pezzi, stralcio,
con il capitale economico l’impresa intera viene ceduta e diventa l’oggetto di scambio nel suo
complesso.

24
25 Definire il principio della competenza economica ed i concetti di reddito e di capitale di
funzionamento.

Il principio della competenza economica permette di determinare quali sono i componenti positivi e
negativi di reddito che competono ad uno specifico esercizio. L’elemento fondamentale è il principio
della correlazione: il costo è di competenza dell’esercizio in cui trova il correlato ricavo. Una
correlazione diretta che mette insieme la causa e l’effetto, la causa è il sorgere del costo e l’effetto è il
ricavo.

Il ricavo è maturato quando si verificano questi aspetti: fine del processo produttivo, il bene è pronto per
la vendita, e si effettua lo scambio. Lo scambio è concluso, per convenzione, nel momento in cui il bene
viene spedito o consegnato o nel momento in cui il servizio è reso o fatturabile.

Non sempre è facile verificare la correlazione tra costo e ricavo. Per esempio quando dobbiamo ripartire
l’utilità di un bene pluriennale, l’ammortamento. Non si riesce a collegare il costo al ricavo quindi la
correlazione non si fa in base al ricavo ma in base al tempo.

Può avvenire che il costo non si possa più recuperare (un bene che non venderemo mai). In questo caso
la competenza economica si ha nel momento in cui valutiamo che quel recupero non ci sarà più
(insussistenza). Ma può succedere che riesco a vendere quel bene dopo un paio di anni quindi si avrà un
componente straordinario di reddito (sopravvenienza) perché c’è un ricavo (contabilizzato nell’esercizio)
senza un costo (contabilizzato nel passato).

Alla fine dell’anno perciò occorre fare l’assestamento dei conti, cioè bisogna depurare tutte le scritture
contabili che sono state fatte durante l’esercizio, per rispettare il principio della competenza economica.
Durante l’anno registriamo i fatti di gestione ogni volta che si verifica una variazione finanziaria, arriva
una fattura e viene registrata, senza interessarci del principio della competenza economica.

Il reddito è la variazione che il capitale netto subisce per effetto della gestione. Cioè la differenza tra i
ricavi e i costi che riguardano un esercizio. Può essere calcolato globalmente sulla vita aziendale (capitale
finale di liquidazione meno capitale iniziale di costituzione), ma praticamente si calcola annualmente il
reddito d’esercizio, perché è indispensabile poter osservare e conoscere l’andamento economico
dell’impresa a cadenza costante.

Il reddito d’esercizio si determina individuando i costi e i ricavi di competenza economica che ricadono
nell’esercizio in esame. Tutti i costi e i ricavi vengono epilogati nel conto economico alla fine
dell’esercizio. La differenza è il reddito d’esercizio. Il reddito dell’esercizio può essere calcolato anche
come differenza tra il capitale di funzionamento di due esercizi consecutivi.

Il capitale di funzionamento è l’insieme degli elementi attivi e passivi del patrimonio in un determinato
momento che caratterizzano un’azienda che sta funzionando e con la prospettiva che continui a
funzionare. Nello stato patrimoniale, o prospetto fonti e impieghi, avremo il riepilogo sia del valore sia
degli elementi che compongono il capitale di funzionamento.

25
26 Illustrare, con opportuni esempi, il concetto di capitalizzazione di un costo ed evidenziarne gli
effetti sulla determinazione del reddito d'esercizio

La capitalizzazione di un costo è un processo tecnico contabile che consiste nell’imputare a un fattore


pluriennale, un costo d’esercizio che si riferisce direttamente allo stesso. In pratica il costo d’esercizio
aumenta il valore del costo pluriennale se ad esso è strettamente collegato. Quindi il costo non viene
considerato più un costo d’esercizio ma un costo pluriennale.

Un esempio può essere l’acquisto di un macchinario. In fattura oltre al costo del macchinario e dell’IVA,
vengono aggiunti dei costi accessori (spese di trasporto, spese di installazione e collaudo). Questi costi
accessori sono indispensabili per avere il macchinario operativo e funzionante, e hanno quindi utilità
pluriennale, come il costo del macchinario.

Questi costi non vengono considerati come costi d’esercizio, ma vengono capitalizzati e considerati costi
che incrementano il valore del bene e quindi portati in aumento del conto macchinari e indicati nell’attivo
dello stato patrimoniale. Il costo del macchinario, compresi i costi accessori, verranno ammortizzati.

Un altro esempio sono i lavori in economia. Per esempio la società decide di costruirsi da se i propri
uffici. Contabilmente si possono seguire due strade: capitalizzare direttamente al momento
dell’acquisto dei fattore produttivi (mattoni, cemento, ecc.). In questo caso quando arriva la fattura verrà
contabilizzata “fabbricati a fornitori” anche sta pagando il personale o comprando mattoni.

L’altra strada è lo storno indiretto. Durante l’anno l’impresa ha usato i fattori produttivi in modo
indistinto e considerati costi d’esercizio. Alla fine anno non ha la possibilità di determinare la quota di
costo che deve essere imputata al fabbricato. Quindi nel conto economico ci saranno tutti i costi che ha
registrato nell’anno, perciò dovrà inserire tra i componenti positivi di reddito una voce che
complessivamente storni tutti i costi relativi ai fattori produttivi che pensa di aver utilizzato.

La scrittura sarà “Fabbricati a Incrementi di immobilizzazione per lavori interni” Se il fabbricato non
è completato la scrittura sarà “Fabbricati in corso a Incrementi di immobilizzazioni per lavori
interni”.

Contabilmente è importante specificare se il bene è stato completato. Se il bene è completato inizia


l’ammortamento. Il processo di ammortamento inizia nel momento in cui il bene è pronto per l’uso anche
se non viene utilizzato. Se invece il bene è in costruzione non si può ammortizzare perché non
contribuisce a generare valore.

Nella capitalizzazione diretta, il costo non passa nel conto economico se non per la quota di
ammortamento nel momento in cui quel bene è completato.

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27 Illustrare gli aspetti generali dell'imposta sul valore aggiunto e delle imposte sui redditi.

L’imposta sul valore aggiunto o IVA è un’imposta indiretta che colpisce l’incremento del valore di un
bene o servizio acquistato all’interno del territorio italiano, in ogni passaggio economico a partire dalla
produzione fino al consumo.

Attraverso un sistema di detrazione e rivalsa (addebito) l’imposta grava interamente sul consumatore
finale, mentre il soggetto passivo (contribuente) rimane neutrale, in quanto lo stesso può portare in
detrazione l’IVA pagata sull’acquisto dei beni e servizi impiegati nell’esercizio della sua impresa.

Esistono tre aliquote IVA in vigore: 4% aliquota minima, applicata ad esempio alle vendite di alimenti di
prima necessità (pane, latte), abitazioni con requisiti "prima casa"; 10%, aliquota ridotta, applicata alla
cessione di alimenti o di abitazioni senza requisiti "prima casa"; 21% aliquota ordinaria, se la normativa
non prevede specificatamente una delle due aliquote precedenti, questa è l'aliquota da applicare.

L’IRPEF imposta sulle persone fisiche è un’imposta diretta, personale, progressiva e generale che
colpisce l’ammontare dei redditi prodotti da un individuo nel territorio nazionale residente o non.

I redditi sottoposti a tassazione sono i redditi fondiari, i redditi di capitale, i redditi di lavoro dipendente,
redditi da lavoro autonomo, d’impresa, o diversi.

L’IRPEF è un’imposta progressiva a scaglioni perché cresce proporzionalmente rispetto al reddito. Le


aliquote variano dal 23% per redditi fino a 15.000 euro, al 43% per reddito oltre 75.000 euro.

L'imposta si applica sul reddito complessivo dei soggetti passivi, formato da tutti i redditi posseduti al
netto degli oneri deducibili, nonché delle deduzioni spettanti. Sono esclusi i redditi soggetti a tassazione
separata.

L’IRES è l’imposta sul reddito delle società è un’imposta proporzionale con aliquota del 27,5% che
colpisce il reddito percepito dalle società di capitali, cooperative e di mutua assicurazione operanti nello
stato italiano nonché enti pubblici ed enti privati, diversi dalle società. Si calcola sul risultato d’esercizio
rettificato dalle variazioni in aumento o in diminuzione derivanti dai criteri di valutazione previsti dalla
normativa tributaria.

L’IRAP imposta regionale sulle attività produttive è stata introdotta nel sistema tributario italiano con
l’obiettivo di dotare le regioni di un tributo proprio. Infatti l’imposta viene calcolata sul valore prodotto
dall’attività svolta nel territorio di una regione. L’aliquota predeterminata è del 3,9%.

La base imponibile è costituita dal valore della produzione netta, derivante dall’attività caratteristica
dell’impresa. Non rientrano nel calcolo alcuni costi, come i costi del personale, la svalutazione dei crediti
e le perdite su crediti, ecc.

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28 Illustrare la funzione e le principali tipologie dei titoli di credito

I titoli di credito sono dei documenti che forniscono la prova dell’esistenza di un diritto, assicurano la
possibilità di farlo valere e consentono un agevole trasferimento del credito ad altri soggetti.

Si classificano in relazione alla causa (causali: dalla lettura del titolo si capisce il motivo per cui è stato
emesso; e astratti), alla forma (formali: esiste una legge che dice cosa deve esserci nel titolo per essere
valido; e non formali), e al regime di circolazione (al portatore: non vi è l’indicazione del beneficiario;
all’ordine: è indicato il nome del beneficiario e può essere trasferito mediante girata: nominativi: è
indicato il nome del beneficiario e il nome è indicato in un registro tenuto dall’emittente. La girata può
essere fatta ma il nome del nuovo beneficiario deve essere indicato sia nel titolo che nel registro).

Le caratteristiche fondamentali dei titoli di credito sono: l’incorporazione del diritto: il diritto alla
prestazione è incorporato nel documento stesso ed è trasferibile con esso; la letteralità: il contenuto e
l’estensione del diritto risultano dal tenore letterale del titolo; l’autonomia: il diritto vantato da un
legittimo possessore del titolo è indipendente dai rapporti riferibili ai precedenti possessori.

I principali titoli di credito sono:

La cambiale (pagherò, tratta). Il pagherò contiene la promessa incondizionata da parte di un soggetto,


detto emittente, di pagare una determinata somma, nel luogo e alla scadenza indicati, a favore di un altro
soggetto, detto beneficiario. La tratta contiene l’ordine incondizionato, dato da un soggetto detto traente,
a un altro soggetto detto trattario, che accetta di pagare una determinata somma a favore di un terzo
soggetto detto beneficiario.

L’assegno (bancario, circolare), L’assegno bancario è un titolo di credito a vista mediante il quale
l’emittente, detto traente, che ha fondi disponibili presso la banca, da l’ordine incondizionato alla stessa
banca, detta trattaria, di pagare una determinata somma al beneficiario. L’assegno circolare è un titolo
di credito all’ordine mediante il quale una banca promette di pagare a vista una data somma a favore di un
beneficiario indicato sul titolo.

Le azioni sono dei titoli di credito particolari che rappresentano quote di capitale sociale delle S.P.A. e
delle S.a.P.a. Le azioni sono dei titoli di credito causali, nominativi o al portatore, di massa. Le azioni
sono titoli senza rimborso prefissato. Il valore delle azioni può essere valore nominale (è quello indicato
sul titolo), e valore di emissione (è il valore richiesto ai soci al momento della sottoscrizione).
L’emissione delle azioni può avvenire alla pari (valore emissione = valore nominale), sopra la pari
(valore emissione > valore nominale). L’emissione sotto la pari e vietata dalla legge

Le obbligazioni sono titoli di credito che rappresentano quote di prestiti aventi scadenza a medio/lungo
termine emessi da società azionarie. Le obbligazioni sono dei titoli di credito di massa, autonomi,
letterali, nominativi o al portatore. L’obbligazionista ha il diritto a essere rimborsato a una data prefissata
ed a ottenere una remunerazione sotto forma di interesse alle date stabilite (date di godimento). Le
obbligazioni sono dei titoli a reddito predeterminato. L’emissione delle obbligazioni può avvenire alla
pari (valore emissione = valore nominale), sopra la pari (valore emissione > valore nominale) e sotto la
pari (valore emissione < valore nominale).

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29 Descrivere, sinteticamente, le modalità di funzionamento del metodo della partita doppia.

Con il sistema del reddito, si rilevano tutti i fatti che sono finalizzati alla determinazione del reddito
d’esercizio e che riguardano fatti di esterna gestione. Il metodo è l’insieme delle regole per eseguire
queste rilevazioni.

Ci sono vari metodi: il metodo della partita semplice, si osserva solo l’aspetto finanziario quindi scritture
non bilancianti, e il metodo della partita doppia, insieme di scritture bilancianti, cioè ogni fatto
amministrativo genera sempre almeno due annotazioni.

Ogni fatto che si verifica, si analizza secondo due aspetti: un aspetto di tipo finanziario e un aspetto di
tipo economico. Il primo viene considerato l’aspetto originario, mentre il secondo è l’aspetto derivato.
Quando si riceve una fattura, c’è una variazione finanziaria (aspetto originario) perché la fattura ci dice
che è sorto un debito. La causa di questa variazione finanziaria è il sorgere di un costo d’acquisto. Questo
è l’aspetto derivato, l’aspetto economico. Quindi l’aspetto economico aiuta a capire la causa della
variazione finanziaria.

Un’altra tipologia di variazioni sono gli aumenti o le diminuzioni di capitale proprio. Dal punto di vista
derivato aumenta il capitale sociale, dal punto di vista originario aumenta il denaro in banca.

Quindi le variazioni finanziarie (aspetto originario) sono riconducibili a movimenti di denaro o


movimenti di crediti e debiti, le variazioni economiche (aspetto derivato) sono conseguenza di ricavi o
costi o variazioni di capitale netto.

I conti funzionano in modo antitetico: tutte le volte che abbiamo un’operazione in dare in un conto, ci
sarà un’operazione in avere in un altro conto. Tutte le volte che c’è una variazione finanziaria attiva ci
deve essere una registrazione nell’avere del conto economico. E il totale delle movimentazioni in dare
deve essere sempre uguale al totale delle movimentazioni in avere.

Perciò avremo due serie di conti, conti che accolgono le variazioni finanziarie (conti finanziari), e conti
che accolgono le variazioni di tipo economico (conti economici). Il conto ha due sezioni, una parte
accoglie le variazioni in aumento e l’altra le variazioni in diminuzione.

Nella sezione dare dei conti finanziari abbiamo tutte le variazioni finanziarie attive: aumenti di
movimenti monetari, aumento di crediti, e diminuzione di debiti. Nella sezione avere, tutte le variazioni
finanziarie passive: diminuzione di movimenti monetari, diminuzione di crediti e aumento di debiti.

I conti economici possono riguardare costi e ricavi d’esercizio, e conti economici aperti ai costi
pluriennali e al capitale proprio. I primi vengono chiusi nel conto economico e sono “senza ripresa di
saldo” perché quel conto fotografa una situazione che riguarda quell’esercizio. I secondi vengono chiusi
nello stato patrimoniale e sono con ripresa di saldo perché sono elementi del patrimonio che troviamo a
disposizione anche negli anni successivi.

Nel conto economico avremo in dare tutti i costi d’esercizio e pluriennali (ammortamenti), eventuali
riduzioni di ricavi ed eventuali riduzioni di capitale proprio. Nell’avere troveremo le variazioni di segno
opposto: i ricavi d’esercizio, eventuali riduzioni di costi ed eventuali aumenti di capitale proprio.

Quando incassiamo un credito non c’è l’aspetto economico, perché è una permutazione finanziaria.
L’aspetto economico è stato registrato in passato, stiamo spostando i valori da un aspetto finanziario a un
altro. Abbiamo un credito, cancelliamo il credito, aumentiamo il denaro in banca.

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