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ECONOMIA POLITICA

CAP 7 P117

1. Spiegate la relazione tra disponibilità a pagare, surplus del con-


sumatore e curva di domanda.
disponibilità a pagare: ovvero la misura del valore che egli attribuisce al
bene.
Il surplus del consumatore è la differenza tra il prezzo che un
compratore è disposto a pagare per l’acquisto di un bene e il
prezzo che paga effettivamente.
il surplus del consumatore è stretamente correlato con la curva di
domanda, poichè la curva di domanda riflette la disponibilità a pagare
dei compratori e quindi può essere utilizzzzata per misurare il surplus del
consumatore.
l’area compresa tra la curva di domanda e il livello del prezzo è la misura
del surplus del consumatore nel mercato.

2. Spiegate la relazione tra costo del produttore, surplus del pro-


duttore e curva di offerta.
costo: il valore di tutto ciò a cui il produttore deve rinunciare per
produrre un bene.
Il surplus del produttore è la differenza tra il prezzo pagato al venditore e
il suo costo di produzione; tale differenza misura il beneficio di cui il
venditore gode in virtù della sua partecipazione al mercato. il surplus del
produttore è correlato alla curva di offerta.la curva di offerta riflette i
costi dei venditori e quindipossiamo utilizzarla per misurare il surplus del
produttore: l’area compresa tra la curva di offerta e il livello di prezzo
misura il surplus del produttore in un mercato.
3. In un grafico di domanda e offerta mostrate il surplus del con-
sumatore e quello del produttore in condizione di equilibrio
del mercato

4. Cos’è l’efficienza? L’efficienza è l’unico parametro sulla base


del quale vengono formulati i provvedimenti di politica eco-
nomica?
efficienza: la proprietà grazie alla quale una società, attraverso
l’allocazione delle proprie risorse scarse, massimizza il surplus totale dei i
suoi membri.
oltre all’efficienza i responsabili delle politiche economiche si occupano
anche di
equità: la proprietà grazie alla quale la prosperità economica viene
distribuita secondo giustizia tra i membri della società.
5. Indicate due fattori che possono provocare un fallimento del mercato,
spiegando per quale ragione generano risultati inefficieti.
Potere di mercato ed esternalità sono esempi di un fenomeno generale
detto fallimento del mercato: l’incapacità di un mercato non
regolamentato di allocare le risorse in modo efficiente.

CAP 8 P131

1. Cosa accade ai surplus del consumatore e del produttore quando


viene tassata la vendita di un bene? Come cambiano queste due misure
in rapporto alle entrate fiscali? Spiegate perché.

La misura del beneficio che i compratori traggono dal mercato è il


surplus del consumatore, ovvero la differenza tra il prezzo che pagano e
il valore che attribuiscono al bene, misurato dalla loro disponibilità a
pagare. La misura del beneficio che i venditori traggono dal mercato è il
surplus del produttore, ovvero la differenza tra il prezzo che ricevono e i
costi che devono sostenere per produrre il bene. la tassazione di un
bene riduce il surplus del consumatore e il surplus del produttore.
l’imposta produce una erdita secca perchè la diminuzione del surplus del
consumatore e del produttore è maggiore dell’ammontare delle entrate
fiscali. Per capire la ragione per la quale un’imposta
produce una perdita secca, dobbiamo ricordare uno dei dieci principi
dell’economia introdotti nel capitolo 1: gli individui rispondono agli
incentivi:un’imposta che fa aumentare il prezzo pagato dai compratori e
diminuire quello ricevuto dai venditori dà ai compratori un incentivo ad
acquistare meno, e ai venditori un incentivo a produrre meno, di quanto
farebbero in alternativa.

2. Tracciate un grafico di domanda e offerta in presenza di un’imposta


sulla vendita di un bene. Evidenziate la perdita secca e le entrate fiscali.
se il governo introduce un’imposta su un bene, la quantità venduta
diminuisce da Q1 a Q2. di conseguenza non si realizzano alcuni dei
potenziali benefici dello scambio tra compratori e venditori. la perdita di
benefici di questi scambi genera la perdita secca.
3.Quale influenza hanno le elasticità della domanda e dell’offerta sulla
perdita secca generata da un’imposta? perchè producono l’effetto che
avete descritto?
le elasticità della domanda e dell’offerta al prezzo: misure della
sensibilità della quantità domandata e offerta alle variazioni del
prezzo.Un’imposta genera una perdita secca perché induce i partecipanti
al mercato a modificare il proprio comportamento: accrescendo il prezzo
di acquisto, spinge i compratori ad acquistare meno; riducendo il prezzo
di vendita, induce i venditori a produrre meno. A causa di queste
modifiche del comportamento la dimensione del mercato si riduce al di
sotto del livello ottimale. quanto più i compratori e i venditori sono
reattivi alle variazioni del prezzo, tanto più la quantità di equilibrio
diminuisce. quindi, quanto maggiori sono i valori dell’elasticità al prezzo
di domanda e offerta, tanto maggiore è la perdita secca associata
all’imposizione fiscale. una maggiore elasticità dell’offerta corrisponde
una maggiore perdita secca. una maggiore elasticità della domanda
corrisponde una maggiore perdita secca.

4.perchè gli economisti non concordano sull’effettiva dimensione della


perdita secca provocata dalla tassazione sul lavoro?
5.cosa accade alla perdita secca e alle entrate fiscali se l’ammontare di
un’imposta aumenta?
la perdita secca aumenta più rapidamente di quanto faccia l’ammontare
dell’imposta: la ragione sta nel fatto che la perdita secca è l’area di un
triangolo, la quale dipende dal quadrato delle dimensioni del triangolo
stesso. Raddoppiando l’imposta, per esempio, raddoppiano sia la base
sia l’altezza del triangolo e, di conseguenza, la perdita secca aumenta di
un fattore 4.
Le entrate fiscali dello Stato sono pari al prodotto dell’ammontare
dell’imposta per la quantità venduta del bene. le entrate fiscali sono
uguali all’area del rettangolo compreso tra le curve di domanda e di
offerta. Se l’ammontare dell’imposta è modesto, anche l’area del
rettangolo è modesta; al crescere dell’imposta, l’area del rettangolo
aumenta fino a raggiungere un massimo per poi tornare a diminuire a
causa della drastica riduzione della dimensione del mercato a fronte di
un’imposta di ammontare particolarmente elevato.

CAP 9 P 148
1. Che informazioni riguardo al vantaggio comparato possiamo trarre dal
confronto del prezzo interno di un bene con quello prevalente nel
mercato mondiale
prezzo mondiale: il prezzo di un dato bene prevalente nel mercato
mondiale.
attraverso il confronto tra il prezzo interno e quello mondiale si può
stabilire se si gode di un vantaggio comparato nella produzione di un
prodotto. Il prezzo interno, infatti, riflette il costo-opportunità. Se il
prezzo interno è basso, produrre ha un costo basso e possiamo
ipotizzare che si abbia un vantaggio comparato nella produzion rispetto
al resto del mondo; se il prezzo interno è alto, allora produrre è molto
costoso e possiamo ipotizzare che gli altri paesi abbiano un vantaggio
comparato nella produzione.Il commercio è vantaggioso perché
permette a ciascun paese di specializzarsi in ciò che sa fare meglio.

2. Quando un paese diventa esportatore di un bene? E un importatore?


Se Prezzo mondiale > Prezzo interno il paese diventa esportatore;
Se Prezzo mondiale < Prezzo interno il paese diventa importatore.
3. Tracciate il grafico di domanda e offerta di un paese importatore.

Qual è il surplus del consumatore e quello del produttore


prima della liberalizzazione degli scambi? Qual è il surplus del
consumatore e quello del produttore dopo la liberalizzazione degli
scambi? Come varia il surplus totale?
Se un sistema economico non può intrattenere scambi con il resto del
mondo, il prezzo si aggiusta in modo da garantire l’eguaglianza tra la
quantità domandata dai consumatori interni e la quantità offerta dai
produttori interni. In seguito all’apertura delle frontiere, il prezzo interno
aumenta fino a eguagliare il prezzo mondiale.L’aumento del prezzo
interno avvantaggia i venditori, il surplus del produttore aumenta e
arreca un danno ai compratori, il surplus del consumatore diminuisce. Il
surplus totale aumenta e ciò indica un aumento del benessere
complessivo del paese.
4. Cos’è un dazio? Descrivetene gli effetti sull’economia.
un dazio è un’imposta applicata su un bene prodotto all’estero e
venduto all’interno. l’introduzione di un dazio riduce la quantità delle
importazioni e sposta il mercato in un punto più prossimo all’equilibrio
di mercato chiuso.

5. Elencate e descrivete sinteticamente cinque argomentazioni a


sostegno delle restrizioni al libero scambio. Come rispondono
normalmente gli economisti a tali argomentazioni?
a. l’occupazione:Gli oppositori del libero scambio sostengono spesso che
la concorrenza internazionale distrugge posti di lavoro.Tuttavia il libero
scambio creerebbe anche nuovi posti di lavoro. Spesso gli oppositori del
libero scambio mostrano scetticismo rispetto alla possibilità della
creazione di nuovi posti di lavoro, sostenendo che tutto può essere
prodotto a minor costo all’estero. Però i benefici del commercio non
dipendono dal vantaggio assoluto, bensì da quello comparato: anche se
ci fosse un paese che supera tutti gli altri nella produzione di tutti i beni,
il commercio internazionale continuerebbe a garantire benefici diffusi, e
i lavoratori di ciascun paese troverebbero occupazione nei settori
nazionali che godono di un vantaggio comparato.
b. la sicurezza nazionale: Quando un settore è minacciato dalla
concorrenza internazionale, gli oppositori del libero scambio spesso
sostengono la sua importanza determinante per la sicurezza nazionale.
Gli economisti sono disposti a riconoscere che legittime preoccupazioni
di sicurezza nazionale possono giustificare la protezione di alcuni settori
fondamentali, ma sanno anche che questo è un argomento troppo
facilmente utilizzabile da chiunque voglia ricavare un profitto ai danni
dei consumatori.
c. la protezione delle industrie nascenti: I nuovi settori industriali spesso
richiedono restrizioni temporanee al commercio per riuscire a crescere e
svilupparsi. Dopo un periodo di protezione, sostengono alcuni, questi
settori matureanno e saranno in condizione di competere alla pari con le
imprese straniere. Analogamente, i settori maturi talvolta sostengono di
aver bisogno di protezione per potersi adeguare alle nuove condizioni
del mercato. La protezione delle industrie nascenti è difficile da mettere
in pratica. Per attuare una protezione efficace, lo Stato dovrebbe essere
in grado di stabilire quali settori sono potenzialmente redditizi, e se i
costi da sostenere siano ragionevoli a fronte dei benefici futuri per
l’industria e del danno attuale per il consumatore.Non è necessaria
alcuna protezione affinché un settore cresca. Le imprese dei settori più
disparati sopportano perdite per anni nella speranza di crescere e di
diventare redditizie in futuro; molte di queste ci riescono, senza
ricorrere ad alcuna forma di protezione dalla concorrenza estera.
d. la concorrenza sleale: una degli argomenti più diffusi a favore del
protezionismo è che il libero scambio sia desiderabile soltanto se tutti i
paesi sono soggetti alle medesime regole del gioco: se imprese di diversi
paesi sono soggette a leggi e regolamenti differenti, è iniquo permettere
che si facciano concorrenza nei mercati mondiali. lo stessoc argomento
si applicherebbe a favore del libero scambio: i benefici di cui si giova il
consumatore in forza del minor prezzo sarebbero superiori alle perdite
in cui incorrerebbero i produttori.
e. il protezionismo come arma di trattativa:Un ulteriore argomento a
favore delle restrizioni al libero scambio riguarda le strategie di
negoziazione. Molti uomini politici affermano di essere favorevoli al
libero scambio, ma di considerare le restrizioni al commercio un
eccellente strumento di trattativa con le controparti internazionali.
Costoro sostengono che la minaccia di ritorsioni commerciali può aiutare
a rimuovere le barriere al libero scambio erette dai governi dei paesi
stranieri.Il problema di tali strategie di trattativa è che la minaccia
potrebbe non funzionare e, in conseguenza, condurre il paese in un
vicolo cieco.
conclusione:In alcuni casi alcune di queste argomentazioni possono
avere dei meriti, ma gli economisti sono convinti che il libero scambio sia
in generale la scelta migliore.

6. Quali sono le differenze tra l’approccio unilaterale e quello


multilaterale ai fini della liberalizzazione degli scambi commerciali ?
Fate un esempio di entrambi.

CAP 10 P166
1. Fate un esempio di esternalità negativa e uno di esternalità positiva.
esternalità: l’effetto dell’azione di un soggetto economico sul benessere
di altri soggetti non coinvolti.
negativa: inquinamento> Supponiamo che le fabbriche di alluminio
inquinino l’aria: per ogni unità di alluminio prodotta viene emessa una
determinata quantità di fumi nell’atmosfera. Dato che tali fumi
costituiscono un rischio per la salute di chi li respira, siamo in presenza di
un’esternalità negativa
positiva: l’istruzione> In una certa misura, il beneficio dell’istruzione è
privato: chi consuma istruzione diventa un lavoratore più produttivo e si
appropria del relativo beneficio, in forma di un salario più elevato. Ma
oltre a questo beneficio privato l’istruzione genera esternalità positive.
Una di queste è legata al fatto che una popolazione più istruita produce
elettori più informati, il che, a sua volta, significa un miglior governo per
tutti.
2. Ricorrendo a un grafico di domanda e offerta, spiegate gli effetti di
un’esternalità negativa sulla produzione.
In presenza di un’esternalità negativa il costo sociale della produzione di
alluminio supera il relativo costo privato. La quantità ottima di alluminio,
QOTTIMO, è perciò minore della quantità di equilibrio, QMERCATO.
le esternalità negative inducono il mercato a produrre una quantità
maggiore di quella socialmente desiderabile. Le esternalità positive
inducono il mercato a produrre una quantità minore di quella
socialmente desiderabile. Per risolvere il problema, il legislatore può
internalizzare le esternalità tassando i beni la cui produzione presenta
esternalità negative e sussidiando quelli che generano esternalità
positive.
3. In che modo il sistema dei brevetti contribuisce a risolvere
un’esternalità?
Le leggi sui brevetti tutelano il diritto dell’inventore, garantendogli l’uso
esclusivo della propria invenzione per un periodo di tempo determinato.
Quando un’impresa compie un passo avanti nel progresso tecnologico,
può brevettare l’idea e beneficiare della maggior parte del vantaggio
economico che ne deriva. Il brevetto riesce a internalizzare l’esternalità
conferendo un diritto di proprietà sull’invenzione: se altre imprese
vogliono utilizzare la medesima idea, devono ottenere il permesso dal
titolare del brevetto e corrispondergli un compenso. Attraverso questo
meccanismo il sistema dei brevetti fornisce un incentivo alla ricerca
tecnologica e, in generale, alle attività connesse con
le tecnologie avanzate.
4. Cos’è un’imposta pigouviana? Perché gli economisti privilegiano il
ricorso all’imposta pigouviana, rispetto ad altri provvedimenti pubblici,
per tutelare l’ambiente dall’inquinamento?
è un’imposta introdotta per indurre i privati a tener conto dei costi
sociali di una esternalità negativa. La ragione per la quale gli economisti
preferiscono l’imposta è che permette di ridurre l’inquinamento in
maniera più efficiente.La regolamentazione impone a ciascun impianto
produttivo di ridurre le emissioni inquinanti nella medesima misura, ma
uguali riduzioni non costituiscono necessariamente la maniera più
efficiente di contrastare l’inquinamento.

5. Indicate alcune delle modalità con cui il problema delle esternalità


può essere risolto senza intervento dello Stato.
una soluzione privata al problema delle esternalità è la beneficenza e
l’attività di enti e fondazioni deputati a gestirla.

6. Immaginate di essere un non fumatore che condivide l’appartamento


con un fumatore. Secondo il teorema di Coase, su quale base si stabilisce
se il vostro coinquilino può fumare nell’appartamento? Il risultato è
efficiente? Come potete raggiungere questa soluzione?
teorema di Coase: l’idea secondo la quale le parti in causa possono
risolvere da sole il problema delle esternalità, a condizione che riescano
a negoziare senza costi l’allocazione delle risorse.secondo il teorema di
Coase i soggetti economici privati possono risolvere il problema delle
esternalità senza l’intervento dello Stato. Qualunque sia la distribuzione
iniziale dei diritti, le parti in causa possono sempre negoziare un accordo
dal quale tutti traggono vantaggio e che consente di pervenire a un
risultato efficiente.

CAP11 P 179
1. Spiegate cosa si intende per bene «esclusivo» e per bene «rivale».
Una pizza è esclusiva? È rivale?
esclusività:proprietà di un bene per la quale si può impedire a un
individuo di goderne
rivalità: la proprietà di un bene in forza della quale l’uso da parte di un
individuo ne limita la possibilità di godimento da parte di un altro.

2. Definite un bene pubblico e fatene un esempio. Il mercato privato può


autonomamente fornire beni di tale natura? Spiegate perché.
I beni pubblici non sono né esclusivi, né rivali nel consumo. Questo
significa che non si può impedire a qualcuno di fruire di questi beni, e
che il fatto che un individuo ne fruisca non impedisce ad altri di fare
altrettanto.
3. Cos’è l’analisi costi-benefici di un bene pubblico? Perché è
importante? Quali difficoltà comporta il farla?
analisi costi-benefici: lo studio che mette a confronto i costi e i benefici
sociali legati alla fornitura di un bene pubblico

4. Definite una risorsa collettiva e fatene un esempio. Senza intervento


da parte dello Stato, gli individui tenderanno a sfruttare i beni di tale
natura in misura eccessiva o insufficiente? Spiegate perché.
risorse collettive:beni rivali nel consumo ma non esclusivi> es:
l’ambiente. quando un individuo sfrutta una risorsa collettiva, impedisce
ad altri di goderne nella stessa misura. A causa di tale esternalità
negativa le risorse collettive tendono a essere sfruttate eccessivamente.
Lo Stato può risolvere il problema attraverso provvedimenti di
regolamentazione o introducendo forme di tassazione. In alternativa lo
Stato a volte può trasformare la risorsa collettiva in un bene privato.

CAP 12 P196
1. Qual è la relazione che intercorre tra il ricavo totale di un’im-
presa, il suo profitto e il suo costo totale?
ricavo totale:l’ammontare che un’impresa incassa complessivamente
dalla vendita del proprio prodotto
costo totale: il valore di mercato dei fattori di produzione usati da
un’impresa
profitto: il ricavo totale meno il costo totale

2. Fate un esempio di costo-opportunità di produzione che un


contabile non rileverebbe. Perché il contabile ignorerebbe tale
costo?
costi espliciti: i costi che richiedono un esborso di denaro da parte
dell’impresa
costi impliciti: i costi che non richiedono un esborso di denaro da parte
dell’impresa.
Gli economisti sono interessati a studiare le modalità secondo le quali le
imprese prendono le proprie decisioni di prezzo e di produzione e
perciò, nel valutare i costi, prendono in considerazione tutti i costi-
opportunità. I contabili, invece, si limitano a registrare tutti i movimenti
monetari da e verso l’impresa e prendono in considerazione i soli costi
espliciti, ignorando quasi completamente quelli impliciti.

3. Cos’è il prodotto marginale e cosa comporta il fatto che sia


decrescente?
prodotto marginale: l’aumento di produzione generato da un aumento
unitario dei fattori di produzione
prodotto marginale decrescente la caratteristica per la quale il prodotto
marginale di un fattore di produzione diminuisce all’aumentare della
quantità del fattore stesso.

4. Tracciate una funzione di produzione che evidenzi un prodotto


marginale del lavoro decrescente; tracciate la relativa curva
di costo totale. (In entrambi i casi assicuratevi di indicare le
quantità espresse sugli assi cartesiani.) Spiegate la forma delle
due curve.
La funzione di produzione, nella parte (a) della figura, illustra la relazione
che intercorre tra il numero dei lavoratori impiegati e la quantità
prodotta. La funzione di produzione diventa sempre più piatta
all’aumentare del numero di lavoratori impiegati, a causa del prodotto
marginale decrescente. La curva di costo totale, nella parte (b), illustra
graficamente la relazione che intercorre tra la quantità prodotta e il
costo totale di produzione. La curva di costo totale diventa
progressivamente più ripida all’aumentare della quantità prodotta, a
causa del prodotto marginale decrescente.

5. Definite il costo totale, il costo medio totale e il costo marginale.


Qual è la relazione tra tali concetti?
costo totale: il valore di mercato dei fattori di produzione usati da
un’impresa
costo medio totale: il costo totale diviso per la quantità prodotta
costo marginale:l’aumento del costo totale indotto da un aumento
unitario della quantità prodotta
Costo medio totale= costo totale/quantità> CMT=CT/Q
Costo marginale= variazione del costo totale/variazione della quantità>
C'= ΔCT/ΔQ (la delta rappresenta la variazione del valore di una
variabile)
Il costo medio indica il costo della tipica unità di prodotto nel caso in cui
il costo totale fosse diviso equamente tra tutte le unità prodotte. Il costo
marginale indica l’aumento del costo totale che deriva dalla produzione
di una unità addizionale di prodotto.
6. Tracciate le curve di costo medio totale e di costo marginale
di un’impresa tipo. Spiegate perché le curve hanno la forma che avete
disegnato e perché si intersecano esattamente in quel punto.

Nella figura vengono tracciate le curve di costo medio totale (CMT),


costo medio fisso (CMF) e costo medio variabile (CMV), oltre a quella di
costo marginale (C)del Chiosco di Limonate da Irene. Queste curve
mostrano tre caratteristiche che si considerano comuni a tutte le curve
di costo: (1) il costo marginale cresce al crescere dalla quantità prodotta;
(2) la curva di costo medio totale ha una forma a U; (3) la curva di costo
marginale interseca la curva di costo medio totale nel suo punto minimo.

7. Come e perché la curva di costo medio totale di breve periodo


di un’impresa è diversa da quella di lungo periodo?
Poiché i costi fissi sono variabili nel lungo periodo, la curva di costo
medio totale di breve periodo è diversa da quella di lungo periodo.

8.Cosa sono le economie di scala? Da cosa sono generate? Cosa sono le


diseconomie di scala? Da cosa sono provocate?
economie di scala: la proprietà per cui il costo medio totale di lungo
periodo diminuisce all’aumentare della quantità prodotta.
Le economie di scala spesso si generano perché volumi più elevati di
produzione consentono di sfruttare la specializzazione dei lavoratori,
permettendo a ciascuno di loro di massimizzare la propria produttività in
una specifica mansione.
diseconomie di scala: la proprietà per cui il costo medio totale di lungo
periodo aumenta all’aumentare della quantità prodotta. Le
diseconomie di scala sono provocate spesso da problemi di
coordinamento, impliciti in qualsiasi organizzazione di grandi dimensioni.

CAP13 P212

1. Quali sono le caratteristiche fondamentali dei mercati concorrenziali?


Il mercato concorrenziale è un mercato in cui operano molti compratori
e venditori, che vendono e acquistano prodotti identici, sicché ciascuno
di loro è price taker. I beni offerti dai vari venditori sono perfet ti
sostituti

2. Spiegate la differenza tra ricavo e profitto. Quale dei due un’impresa si


prefigge di massimizzare?
Un’impresa in un mercato concorrenziale, come la maggioranza delle
altre imprese presenti nel sistema economico, ha per obiettivo la
massimizzazione del profitto, che è pari alla differenza tra il ricavo totale
e il costo totale.

3. Tracciate le curve di costo di un’impresa tipo. Per un dato prezzo,


spiegate come l’impresa determina la quantità da produrre al fine di
massimizzare il profitto. Mostrate nel grafico il ricavo totale e il costo
totale dell’impresa a quel livello di produzione.

In questa figura sono tracciate le curve di costo marginale (C'), di costo


medio totale (CMT) e di costo medio variabile (CMV), oltre al livello del
prezzo di mercato (P) – che corrisponde al ricavo medio (RM) – e al
ricavo marginale (R'). Alla quantità Q1 il ricavo marginale supera il costo
marginale C'1 e, quindi, un aumento della quantità prodotta accresce il
profitto; alla quantità Q2 il costo marginale C'2 supera il ricavo marginale
R'2, quindi una riduzione della produzione accresce il profitto. La
quantità Qmax che massimizza il profitto è quella corrispondente
all’intersezione tra la curva di costo marginale e la retta orizzontale del
prezzo.

4. A quali condizioni un’impresa sospende temporaneamente la


produzione? Spiegate perché.
La sospensione della produzione è la decisione di non produrre nel breve
termine, durante un periodo specifico e a causa di condizioni
presumibilmente contingenti del mercato.l’impresa sospende la
produzione se il ricavo che otterrebbe restando in attività è inferiore ai
suoi costi variabili di produzione.
5. A quali condizioni un’impresa esce dal mercato? Spiegate perché.
L’uscita dal mercato è invece una decisione di lungo periodo, che
riguarda la sopravvivenza stessa dell’impresa.
l’impresa esce dal mercato se il ricavo che ottiene dalla produzione è
minore del costo totale.

6. Il prezzo di un’impresa è uguale al costo marginale nel breve periodo,


nel lungo periodo o in entrambi i casi? Spiegate perché.
Per massimizzare il profitto, l’impresa produce la quantità in
corrispondenza della quale il ricavo marginale è uguale al costo
marginale; ma dato che per l’impresa in un mercato concorrenziale il
ricavo marginale è uguale al prezzo, la quantità prodotta sarà quella per
cui il costo marginale è uguale al prezzo.
Da ciò consegue che la curva di costo marginale è la curva di
offerta dell’impresa.

7. Il prezzo di un’impresa è uguale al costo medio totale nel breve


periodo, nel lungo periodo o in entrambi i casi? Spiegate perché.

8. La curva di offerta di mercato è tipicamente più elastica nel breve o


nel lungo periodo? Spiegate perché.

CAP 14 P 234

1. Fate un esempio di monopolio di Stato. La creazione di un monopolio


è sempre e comunque una strategia dannosa? Spiegate.
monopolio: un’impresa che è l’unico venditore di un bene per il quale
non esistono buoni sostituti. es> le sigarette

3. Date una definizione di monopolio naturale. Che rapporto esiste tra la


dimensione del mercato e il fatto che un settore sia un monopolio
naturale?
monopolio naturale: un settore nel quale una singola impresa può
fornire un bene o un servizio all’intero mercato a costi inferiori rispetto a
quelli sostenuti da una molteplicità di imprese

3. Perché il ricavo marginale del monopolista è sempre minore del


prezzo del bene? Il ricavo marginale può essere negativo? Spiegate.

4. Tracciate le curve di domanda, di ricavo marginale e di costo


marginale di un’impresa monopolistica. Individuate il livello di
produzione che massimizza il profitto. Individuate il livello di prezzo che
massimizza il profitto.

5. Nel grafico che avete tracciato per rispondere alla


domandaprecedente individuate il livello di produzione che massimizza il
surplus totale. Individuate la perdita secca provocata dal prezzo di
monopolio. Spiegate le vostre scelte.

6. Fate due esempi di discriminazione di prezzo. In entrambi i


casi spiegate perché il monopolista decide di seguire questa
strategia.

7. Cosa attribuisce allo Stato il potere di decidere sulla fattibilità delle


fusioni tra imprese private? Fornite due giustificazioni
(una buona e una cattiva dal punto di vista del benessere della società)
per le quali due imprese possono desiderare di fondersi.

8. Descrivete due dei problemi che possono sorgere quando l’autorità di


regolamentazione stabilisce che il prezzo applicato da
un monopolio naturale deve essere uguale al costo marginale.

Capitolo 2 : IL DIRITTO PRIVATO

Diritto pubblico e diritto privato


 Il diritto pubblico disciplina l’organizzazione dello Stato e degli altri enti
pubblici, regola la loro azione, interna e di fronte ai privati, ed impone a questi
ultimi il comportamento cui sono tenuti per rispettare la vita associata e il
reperimento dei mezzi finanziari necessari per il perseguimento delle finalità
pubbliche.
Il diritto privato, invece, si limita a disciplinare le relazioni interindividuali, sia
dei singoli che degli enti privati, non affidandone la cura ad organi pubblici,
ma lasciando alla iniziativa personale anche l’attuazione delle norme.
Molto spesso, un medesimo fatto è disciplinato sia da norme di diritto privato
che da norme di diritto pubblico..

Distinzione tra norme cogenti e norme derogabili


 Le norme di diritto privato si distinguono in derogabili (o dispositive ) e
inderogabili (o cogenti): si dicono inderogabili quelle norme la cui applicazione
è imposta dall’ordinamento prescindendo dalla volontà dei singoli; derogabili
le norme la cui applicazione può essere evitata mediante un accordo degli
interessati. Poi distinguiamo anche le norme supplettive, le quali sono
destinate a trovare applicazione solo quando i soggetti privati non abbiano
provveduto a disciplinare un determinato aspetto della fattispecie, in relazione
al quale sussiste una lacuna, cui la legge sopperisce intervenendo a
disciplinare ciò che i privati hanno lasciato privo di regolamentazione.
Sebbene le norme di diritto pubblico siano quasi sempre cogenti, e quelle di
diritto privato per la maggior parte dispositive, possono anche aversi norme di
diritto pubblico suscettibili di deroga o norme di diritto privato cogenti.
Con la norma dispositiva il legislatore enuncia una regola conforme alla
disciplina che viene adottata di solito dalle parti stesse, e perciò può
considerarsi “tipica”, potendosi presumere che, se l’ipotesi fosse stata
contemplata, la volontà comune dei contraenti si sarebbe indirizzata verso
quella soluzione.

Fonti delle norme giuridiche


 Per “fonti” legali di “produzione” delle norme giuridiche si intendono gli atti e i
fatti che producono o sono idonei a produrre diritto. Dalle fonti di produzione
si distinguono le fonti di “cognizione”, ossia i documenti e le pubblicazioni
ufficiali da cui si può prendere conoscenza.
Alle fonti di produzione delle singole norme giuridiche si possono
contrapporre le fonti di un intero ordinamento, ossia le vicende storico-
politiche che ne hanno determinato la nascita con quelle determinate
caratteristiche.
Le fonti si possono distinguere in materiali e formali.
Rispetto a ciascuna fonte, quando si tratti di un “atto”, si può distinguere: a)
l’Autorità investita del potere di emanarlo (il Parlamento, il Governo); b) il
procedimento formativo dell’atto; c) il documento normativo (la legge
considerata nella sua lettera); d) i precetti ricavabili dal documento.
E’ chiaro che ogni ordinamento deve stabilire le norme sulla produzione
giuridica, ossia a quali Autorità, a quali organi, e con quali procedure, sia
affidato il potere di emanare norme giuridiche.
Nel nostro Paese la gerarchia delle fonti viene così ricostruita:
alla sommità della scala si collocano i principi “fondamentali”, da cui
discendono diritti “ inviolabili” (Art.2 Cost.) ;
seguono le disposizioni della Carta costituzionale italiana entrata in vigore nel
1948;
le leggi statali ordinarie che sono approvate dal Parlamento con una
particolare procedura disciplinata dalla Carta costituzionale.
Una legge ordinaria non può né modificare la Costituzione o altra legge di
rango costituzionale, né contenere disposizioni in qualsiasi modo in contrasto
con norme costituzionali. A presidio di questa rigidità della nostra Carta
costituzionale è stato istituito un apposito organo, la Corte costituzionale, cui
è affidato il compito di controllare se le disposizioni di una legge ordinaria
siano in conflitto con norme costituzionali (Art.134 Cost.). Se la Corte ritiene
illegittima una norma, dichiara con sentenza la incostituzionalità della
disposizione viziata, che cessa la sua efficacia dal giorno successivo alla
pubblicazione della decisione (Art.136 Cost.).
A sua volta la legge ordinaria può abrogare o modificare qualsiasi norma non
avente valore di legge, mentre non può essere modificata o abrogata se non
da una legge successiva. Alle leggi statali sono equiparati sia i decreti
legislativi delegati che i decreti legge di urgenza, sebbene emanati dal
Governo e non dal Parlamento, ma a condizione che, rispettivamente, o si
mantengano rispettosi della legge di delega ( nel 1° caso) o siano convertiti in
legge dal Parlamento entro 60 gg.( nel 2° caso).
Peraltro ha valore prevalente rispetto alle stesse leggi ordinarie statali tutta la
normativa comunitaria.
Subordinate alle leggi si possono avere tante altre “fonti” di diritto: l’art.1 delle
preleggi menziona “ regolamenti”, “le norme corporative” e “gli usi”.
La Carta costituzionale prevede pure la legge regionale ed il referendum
popolare abrogativo.

Il codice civile
 Nel linguaggio giuridici, il termine “codice” indica una raccolta di materiali
normativi.
Essi possono essere sempre modificati o, in tutto o in parte abrogati, con
leggi ordinarie successive; spesso le modifiche vengono apportate con la
tecnica della “Novella”, ossia sostituendo direttamente il testo di un articolo,
ferma la numerazione originaria, ovvero aggiungendo articoli nuovi.

La consuetudine
Affinchè sussista una consuetudine è necessario che siano soddisfatte tre
condizioni: che un certo tipo di comportamento sia generalmente e
costantemente ripetuto in un dato ambito per un tempo non breve;
che il comportamento ripetuto sia giudicato come vincolante (come un
comportamento che deve essere tenuto);
che il tipo di comportamento in questione venga ripetuto perché viene
avvertito come vincolante (che, cioè, la prima condizione sia soddisfatta
perché è soddisfatta la seconda).
Non c’è elemento che sia prioritario e determinante rispetto all’altro.
In dottrina si usa distinguere tre tipi di consuetudini: si dicono consuetudini
secundum legem quelle che operano “in accordo” con la legge;
si dicono consuetudini praeter legem quelle che operano “al di là” della legge;
si dicono consuetudini contra legem quelle che operano contro la legge.
La consuetudine non è prevista e disciplinata dalla Costituzione. Essa è fonte
strutturalmente subordinata alla legge, e può operare solo nei limiti in cui la
legge lo consente.

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