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Produzione: la misura più completa della produzione totale di un'economia è il prodotto interno
lordo (PIL) che stima il valore di mercato di tutti i prodotti finiti e dei servizi (pasta, vino, automobili,
biglietti del treno, sanità) realizzati in un paese nel corso di un anno. Esistono due modi per misurare
il PIL: PIL nominale valutato secondo gli effettivi prezzi di mercato e PIL reale calcolato in base a
prezzi costanti o invariati (ottenuto moltiplicando per esempio il numero di auto per il loro prezzo in
un dato anno).
PIL EFFETTIVO (O REALE) – PIL POTENZIALE: Il PIL potenziale individua la massima capacità
produttiva dell’economia (quantità max producibile) quando la forza lavoro e lo stock di capitale
sono impiegati al meglio (ricordiamoci la FPP). La produzione potenziale è data sia dagli input (terra
lavoro capitale) sia dalla efficienza tecnologica. Quando il PIL effettivo è inferiore al PIL potenziale,
non sto utilizzando tutte le mie risorse produttive => disoccupazione. Una maggiore domanda di beni
o servizi rispetto all’offerta disponibile, tende a determinare un maggiore utilizzo della capacità
produttiva disponibile. Quando la domanda dei beni e servizi cresce oltre l’offerta potenziale, il
paese sfrutta al massimo la propria capacità produttiva (straordinari, turni lavoro, intensificazione
dell’utilizzo degli impianti e macchinari) ma ad un certo punto non è più in grado di produrre
ulteriormente: la scarsità dell’offerta e l’eccesso di domanda spingono i prezzi verso l’alto e si ha
inflazione (il PIL effettivo è maggiore del PIL potenziale).
Tra tutti gli indicatori macroeconomici, l'occupazione e la disoccupazione sono i più sentiti dai
cittadini. In termini macroeconomici questi sono obiettivi di alta occupazione cui si accompagna la
bassa disoccupazione. Il tasso di disoccupazione (non si utilizza il numero di disoccupati ma il tasso)
è il rapporto (in %) che c’è tra disoccupati (persone che vorrebbero lavorare ma non trovano) e forza
lavoro (occupati + disoccupati). Disoccupati/forza lavoro = %.
Il tasso di disoccupazione tende a riflettere l'andamento del ciclo economico: quando la produzione
scende, la domanda di manodopera diminuisce e il tasso di disoccupazione aumenta.
Terzo obiettivo macroeconomico e mantenere prezzi stabili. Il livello generale dei prezzi deve
rimanere invariato o crescere molto lentamente. Gli economisti rilevano la stabilità dei prezzi
osservando il tasso di inflazione che misura la variazione percentuale dei prezzi da un anno all’altro.
Si parla di deflazione quando i prezzi diminuiscono (cioè quando il tasso di inflazione è negativo) e di
iperinflazione per un aumento del livello dei prezzi estremamente rapido.
Gli strumenti di politica macroeconomica che influenzano gli obiettivi sono due:
Politica monetaria: controllo dell’offerta di moneta che influenza i tassi di interesse
Politica fiscale: utilizza le leve della spesa pubblica e dell’imposizione fiscale (tasse)
La POLITICA MONETARIA riguarda il costo del denaro (tassi di interesse) e la quantità di moneta in
circolazione. Agisce da incentivo/disincentivo a investimenti, risparmi e consumi. Ad esempio, in
caso di scarsità di offerte (quindi elevato utilizzo della capacità produttiva – inflazione) la Banca
Centrale Europea può agire sull’offerta di moneta e su altre condizioni finanziarie: l’ aumento di
offerta di moneta fa scendere i tassi di interesse e migliora le condizioni di credito determinando
livelli più elevati di investimento e consumo di beni durevoli. Se l’offerta di moneta diminuisce
(restrizione della massa monetaria), il denaro diventa relativamente difficile da reperire, i tassi di
interesse salgono e gli investimenti si riducono; diventa più arduo ottenere crediti e diminuisce il
consumo. Domanda e offerta di moneta agiscono come un mercato qualsiasi.
La POLITICA FISCALE o DI BILANCIO riguarda le modalità di impiego delle imposte (che agiscono da
incentivi/disincentivi di lavoro, investimenti, consumi e risparmio) e della spesa pubblica (acquisti
della PA che comprendono spese per beni e servizi e trasferimenti pubblici che aumentano i redditi
di anziani o disoccupati). Le riduzioni delle imposte o gli incrementi dei trasferimenti, esempio
sussidi, fanno crescere il reddito e determinano un maggior consumo. Le agevolazioni fiscali (bonus
etc..) come quelle sugli investimenti possono portare a una maggiore spesa in un settore particolare.
Le due politiche possono essere applicate sia contemporaneamente che in modo singolo.
RAPPORTI INTERNAZIONALI.
Nel perseguire i propri obiettivi macroeconomici (crescita, occupazione e stabilità dei prezzi) Ogni
Stato deve considerare i legami che esistono con le altre economie internazionali. I paesi sono legati
tra loro mediante scambi commerciali (esportazioni e importazioni) e mediante scambi di attività
finanziarie (movimenti di capitali, tassi di cambio).
Un sistema economico internazionale che funziona bene contribuisce alla rapida crescita economica,
Ma l'economia internazionale può causare danni al motore della crescita quando i flussi di scambio si
interrompono o il meccanismo finanziario internazionale si blocca. Occuparsi del commercio
internazionale è una priorità di tutti i Paesi. Occorre Quindi tenere conto di politiche commerciali
(dazi doganali, contingentamenti, normative che influenzano esportazioni ed importazioni) e di
gestione della finanza internazionale (tassi di cambio da considerare).
La CONTABILITA’ NAZIONALE è l’insieme delle statistiche, tenute a livello nazionale (ISTAT) che
consentono di misurare e valutare l’attività economica della nazione. Si tratta della descrizione
quantitativa e sistematica dei flussi (quantità monetarie in un dato periodo di tempo) che
intercorrono tra categorie omogenee di operatori.
Il principale indicatore è il PIL ossia il valore monetario dei prodotti e dei servizi realizzati all’interno
di una nazione in un dato anno. Il PIL è pari alla somma del valore monetario di tutti i: consumi C,
investimenti I, spesa pubblica G ed esportazioni nette X (differenza tra valore delle esportazioni e
quello delle importazioni).
PIL = C + I + G + X
Il PIL è un flusso perché tiene conto di un periodo di tempo.
Ma attenzione: non esiste una perfetta integrazione verticale, cioè alcune imprese acquistano da
altre imprese fattori della produzione (es. materie prime o semilavorati). Il PIL misura il valore di beni
e servizi finali, quindi nel metodo del flusso dei prodotti o della spesa occorre escludere i beni
intermedi, ossia quei beni usati per produrre altri beni, che vengono già conteggiati nel PIL perché
inclusi nel valore dei beni e servizi finali (come la farina inclusa nel pane). Attenzione ancora: i beni
intermedi (farina) non sono beni durevoli con durata pluriennale (come un macchinario), il cui valore
resta in azienda (come capitale) e che l’azienda ha acquistato (investimento) da altre aziende alla
stregua di un bene finale.
Analogamente nel metodo dei costi o dei redditi occorre includere solo il valore aggiunto
dell’impresa, ossia la differenza tra le vendite effettuate ai consumatori e gli acquisti di materie e
servizi acquistati da altre imprese; dunque si considerano solo i costi dei fattori produttivi che non
comportano pagamenti ad altre imprese (salari, stipendi, rendite, remunerazione dei fattori
produttivi). Es. Dal costo del pane venduto tolgo quello che ho speso per la farina.
PIL = C + I + G + X = SPESA
Spesa = valore dei beni finali acquistati dalle famiglie, e gli investimenti realizzati dalle imprese, nella
spesa della PA e degli acquisti netti dall'estero.
Attenzione: G comprende la spesa sostenuta dalla PA per acquistare beni di consumo e per
effettuare investimenti, ma non comprende i trasferimenti (pagamenti senza contropartita, esempio
sussidi o pensioni).
PIL = Interessi e rendite + imposte indirette + ammortamenti + profitti = SOMMA DI REDDITI
Redditi = valore dei redditi corrisposti dalle imprese (o somma dei valori aggiunti settoriali).
PIL = somma del valore dei beni e servizi finali (metodo dei valori aggiunti) prodotti dal sistema
economico = VA totale.
Il deflatore del pil è il rapporto fra il PIL nominale e quello reale e si può quindi considerare il prezzo
di tutte le componenti del PIL (consumi, investimenti, spesa pubblica ed esportazioni nette) anziché
di un singolo settore. Si distingue anche dall’IPC perché è un indice di peso variabile che valuta i
prezzi in base a quantità del periodo corrente.
L’Indice dei Prezzi all’Ingrosso (IPI) misura il livello dei prezzi allo stadio di produzione o di vendita
all'ingrosso. I pesi fissi usati per calcolare l’IPI sono le vendite nette del bene. Per il suo notevole
grado di precisione questo indice è quindi ampiamente usato dalle imprese.