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PRESENTAZIONE PROGETTO POLITICO

di ITALIA dei VALORI


CONTRO LE ESTERNALIZZAZIONI
Roma 21 Ottobre 2010

Relatori:

Dott.ssa Lidia Undiemi (Resp. nazionale settore “Trasformazione d’impresa e tutela dei diritti” IdV)

On. Maurizio Zipponi (Resp. nazionale Dip. Lavoro e Welfare IdV)

Stefano Zimbolo (Lavoratore esternalizzato Telecom Italia ramo SSC)

Stefano Fedele (Lavoratore esternalizzato Eutelia)

Francesco Furnari (Lavoratore esternalizzato STMicroelectronics)

Andrea De Nigris (Operatore call Center Wind Telecomunicazioni)

Valeria Vinci (Operatrice call center Vodafone Italia)

Ani Florentina Gheorghe (Lavoratrice precaria nel settore della Giustizia)

Roberto Ruocco (Lavoratore gruppo Magneti Marelli/Fiat)

Avv. Ernesto Cirillo (Esperto in materia di delocalizzazioni produttive)

Dott.ssa Alessandra Tibaldi (Dipartimento Lavoro IdV)

Trascrizione a cura di: Silvia Ilaria Bolgiani


INTERVENTO LIDIA UNDIEMI
Buonasera a tutti, siamo qui nella sede di Italia dei Valori

per affrontare un grande tema che rappresenta una grande piaga

sociale e che comunque non troverete in nessun mezzo di

comunicazione di massa. Tantissimi di voi che state ascoltando

aspettavate da tempo questo evento perché, ripeto, anche se i

mezzi d’informazione nascondono una realtà evoluta c’è una

parte dell’Italia che ha capito benissimo quali sono i

meccanismi attraverso cui la Casta si appropria del bene

pubblico e genera precarietà, disoccupazione e crisi economica;

quello che faremo oggi sarà proprio quello di rappresentare


questa parte d’Italia che anche, ripeto, se questo Governo

prova a mantenere disunita – noi parliamo della Ricerca


Universitaria, di quella parte di lavoratori che non si arrende

al degrado di questo Paese e della politica che piuttosto che

essere intesa come fine è intesa come mezzo... e adesso

dimostreremo il perché noi possiamo sostenere questo –


cercheremo di dare proprio delle soluzioni a quella che è la

crisi economica, la disoccupazione e la precarietà in Italia,

anche perché, senza troppi giri di parole, noi siamo quasi alla
fine, cioè non manca moltissimo tempo, ormai siamo proprio alla

deriva, il sistema pensionistico è al collasso, non possiamo

più nemmeno garantire la cassa integrazione, eppure le aziende,

soprattutto le grosse aziende, continuano a fare ricorso, i

grossi gruppi societari, a queste forme di ammortizzatori

sociali, eppure fatturano tanti utili. Quindi, la situazione di

oggi è insostenibile, o ci muoviamo adesso o non riusciremo

nemmeno a garantire un futuro dignitoso alle nuove generazioni,

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che cosa lasceremo ai nostri figli e ai nostri nipoti, un mondo

dove dovranno mantenere dei precari che a 60 anni non avranno


nemmeno una pensione, e chi li manterrà? Ma anche chi oggi

riesce ad avere una pensione, riesce a maturare una pensione,

pensiamo che non subiranno anche loro il tracollo dei propri

concittadini, i precari? Quindi, oggi noi cercheremo da un lato

di far capire bene quali sono queste dinamiche tramite le

testimonianze dei lavoratori e quindi come la Casta colpisce i

lavoratori e dall’altra parte proporremo delle soluzioni

politiche che saranno condivise.

Adesso passo la parola a Maurizio Zipponi che conosce benissimo

questo fenomeno, conosce benissimo tutte le vertenze che segue


da anni e quindi poi proseguiremo con i lavori passando a sua

volta la parola ai vari lavoratori che daranno la loro


testimonianza.

Questo progetto politico, e ci tengo a sottolinearlo, nasce da

tre anni di ricerca universitaria. Oggi io non posso accedere

ad un contratto perché all’Università semplicemente non ce n’è,


nonostante io abbia fatto un buon progetto ricerca valutato

molto positivamente, nonostante abbia delle pubblicazioni e

partecipazioni a seminari ed eventi, però, cara ministra


Gelmini, alla Ricerca non si fa i conti in tasca, la Ricerca è

passione punto e basta e continua, non si ferma. E allora,

quindi, questo progetto politico, come vi ho accennato, serve

per riportare il Paese alla crescita economica e alla stabilità

occupazionale.

Attenzione: fin quando in Italia ci sarà la speculazione non ci

sarà mai stabilità occupazionale, magari fra due, tre, quattro

mesi si avrà realmente un incremento dell’occupazione, ma sarà

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un’occupazione gestita dalla Casta e noi dobbiamo assolutamente

smontare questo sistema, perché quando noi parliamo di aziende


e scatole cinesi in realtà facciamo una distinzione, che poi

approfondiremo, da un lato c’è la speculazione che si muove

tramite gruppi societari e le società, dall’altra parte ci sono

le imprese; una stessa impresa può essere gestita nell’ambito

di un gruppo societario tramite società, ma lo sapevate che il

gruppo di società non ha una personalità giuridica? Dire:

“dipendenti del gruppo di società” non significa dire niente,

perché o sei assunto dalla capogruppo o dalle società

controllanti, non esistono giuridicamente i dipendenti del

gruppo di società, il gruppo di società è un fenomeno


economico, anche se poi lì dietro ci sono una serie di leggi

che favoriscono determinati soggetti privilegiati rispetto ai


lavoratori.

Allora, anzitutto per presentare questo progetto dobbiamo

capire che per svilupparlo occorre un modello sociale nuovo ed

evoluto dove si unisce alla ricerca scientifica condotta sul


campo una politica chiara e trasparente che adotti questo

progetto, perché come vedete qui Italia dei Valori non vi sta

chiedendo: “Ah, noi risolveremo questo problema.”, no, Italia


dei Valori vi sta dando il progetto su cui potremo lavorare

tutti insieme e che è questo che sarà portato in Parlamento,

questo è il progetto su cui si dovrà sviluppare la politica

legislativa italiana nei prossimi, speriamo, mesi piuttosto che

anni; è la collaborazione diretta dei lavoratori consapevoli e

io penso che loro non abbiano bisogno di alcuna presentazione,

quindi dovete essere anche voi stessi portatori della

conoscenza, voi adesso avete il compito, così come anche

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tantissimi lavoratori che oggi non sono qua, di rappresentare

questo modello sociale nuovo.


Il secondo presupposto è l’informazione. Allora, informazione

non ce n’è, si parla di questi casi ma lo si fa dando notizie

che non consentono di risolvere il problema, quindi dobbiamo

fare un percorso, dobbiamo imparare a leggere le notizie,

quando qualcuno ci dice “gruppi di società o Newco” mandiamo

delle belle mail ai giornali e ai siti e diciamo: “Guarda che

il gruppo di società non esiste, dimmi i dipendenti da chi sono

assunti? Newco è un termine che significa ‘nuova società’ e non

è una società, dimmi come si chiama questa nuova società.”,

passaparola fra lavoratori e giocare d’anticipo, e cioè una


volta – e qui mi rivolgo soprattutto al Sindacato -... una

volta che abbiamo maturato tutta questa esperienza vediamo di


giocare di anticipo lì dove ci sono annunci di cessioni,

gestione di lavori in appalto, nascita di nuovi gruppi

societari, eccetera.

E il terzo presupposto è l’attuazione concreta. Una volta che


il progetto è stato fatto e una volta che c’è stata

informazione e dunque maturazione di coscienza sociale cosa può

fare la politica per risolvere la crisi economica e


l’occupazione in Italia? Allora, anzitutto la politica

legislativa da portare in Parlamento è soprattutto delle

inchieste parlamentari; guardate che la legge

sull’interposizione illecita di manodopera – raccolta delle

arance per intenderci – è nata a seguito di un’indagine

parlamentare e oggi chi si sta occupando di capire

effettivamente e di fare una valutazione complessiva di ciò che

accade in Italia? Nessuno. Quindi, questa è una cosa da fare,

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perché non è che un politico si sveglia una mattina e dice:

“Secondo me serve questo.”, prima analizzi il territorio, vedi


che cosa serve alla gente e poi ti fai venire le idee.

In secondo luogo, come abbiamo visto, molti problemi traggono

origine da una gestione anomala dei servizi nella Pubblica

Amministrazione, quindi bisogna intervenire nella gestione

dell’attività della Pubblica Amministrazione (...) dei soldi

pubblici e monitoraggio della qualità dei servizi e

dell’occupazione, e poi sviluppo e ricerca, perché è come dire,

per esempio, che adesso c’è la legge sul collegato lavoro, chi

s’interessa di fenomeni sociali come me in materia di

esternalizzazioni la prima cosa che mi ha incuriosita è capire


che effetto avrà questa legge sul collegato lavoro in materia

di esternalizzazione e di cessioni di ramo di azienda? Ne


parleremo. Secondo me l’interpretazione è anche ambigua e

potrebbe anche portare a pensare che oggetto di clausola

compromissoria possa essere la possibilità di non ricorrere al

giudice nel caso di trasferimento di ramo di azienda, sembrano


proprio leggi fatte per queste cose, però questo ci deve

servire come insegnamento, perché significa che allora il

problema sociale è grande e loro ne hanno paura.


Allora, per quanto riguarda la politica legislativa bisogna

agire su due campi: innalzamento delle tutele dei lavoratori

contro le esternalizzazioni ed eliminazione dell’utilizzo di

schemi societari finalizzati alla deresponsabilizzazione di

coloro che governano l’attività produttiva; in breve, se io

governo un’impresa, ho un’impresa, però non voglio assumermi le

responsabilità nei confronti dei lavoratori, dello Stato

eccetera, costituisco una società che partecipo al cento per

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cento, dunque la governo, quindi di fatto la governo, però

siccome è un soggetto giuridico distinto i lavoratori assunti o


che io trasferisco presso la società controllata non possono

vantare su di me alcun diritto. Dobbiamo bloccare questo

sistema e molti gruppi societari, secondo me, non avrebbero più

ragione di esistere, anche perché ragioniamo su una cosa,

quando si dice: “Sono stati dati gli incentivi al gruppo

Fiat.”, come al gruppo Fiat, e a chi li hai dati, alla società

dove ci sono i lavoratori o a quella che fa mera

intermediazione? Se è vero che alla fine tu fai una prestazione

di lavoro e sopra ci sono dieci società, ma in fondo è

possibile che molte di loro siano semplici intermediari che


speculano sulla società? La Pubblica Amministrazione sta

attenta prima di erogare soldi pubblici? E poi ci stupiamo


tutti della crisi, la Cina, l’India, la crisi... l’indice che

sale, l’indice che scende, la Borsa in America, eccetera

eccetera.

Quindi, per quanto riguarda l’innalzamento delle tutele dei


lavoratori anzitutto la prima cosa che si deve fare è

introdurre il diritto di opposizione del lavoratore al

trasferimento, perché com’è che si arriva a tutti questi


trasferimenti? Perché secondo un’interpretazione veramente

allucinante dell’art. 2112 mantenere i diritti dei lavoratori,

che è quello a cui serve l’art. 2112, nell’azienda nuova in cui

il lavoratore viene trasferito significa che il lavoratore non

si può opporre al trasferimento, cioè nella sostanza non può

decidere di restare alle dipendenze del cedente, quindi “ti

cedo come se fossi una merce di scambio”; dobbiamo introdurre

nell’art. 2112 il diritto di opposizione. Sul sistema di regole

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che ci sta attorno ne parliamo un’altra volta.

Dopodiché occorre introdurre – perché nei call centers, lavori


a progetto, eccetera -... occorre introdurre una disciplina che

regoli il divieto di appalto e di manodopera autonoma, e cioè

se io sono un lavoratore dipendente posso chiedere al giudice

che mi venga riconosciuta la possibilità di essere assunto

verso il committente – per dire, una società di

telecomunicazioni -, se sono un lavoratore autonomo non viene

previsto nulla. E scusate, e tutte le centinaia di migliaia di

lavoratori di call centers che potrebbero trovarsi ad soggetti

al potere di direzione e di controllo della società committente

che fanno, niente? Se la società si evolve e ha bisogno di


determinate cose il Legislatore deve adeguarsi a quelle che

sono le caratteristiche sociali. E come ho detto attribuzione


diretta di responsabilità in capo alla società controllante, e

cioè pure se io sono dipendente di una delle società

controllate da una grossa società capogruppo questa comunque

deve avere le responsabilità tipiche del datore di lavoro anche


presso le società controllanti.

Qui ho fatto – poi magari se riprendete un attimo questa così

le persone possono leggerlo -... è la mia proposta, diciamo è


il comma aggiunto per introdurre il diritto di opposizione,

senza però violare il principio del mantenimento dei diritti

dei lavoratori di origine comunitaria su cui si basa la norma,

e cioè bisogna stare attenti, perché se non lo introduciamo nel

modo giusto rischiamo di farci sanzionare dalla Comunità

Europea.

Poi, andiamo avanti, allora, quando io dico attribuzione di

responsabilità diretta alla società controllante come ci

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arriviamo? Cioè, se una società è giuridicamente distinta

dall’altra e siccome noi dobbiamo avere il rispetto dell’ordine


sistematico del Codice Civile perché non siamo incompetenti che

mettiamo norme a casaccio, dobbiamo capire come fare, le cose

sono due: o lavoriamo soltanto nell’ambito del Diritto del

Lavoro e quindi diciamo: “Okay, anche se il lavoratore è

assunto presso la controllante, la persona controllata, la

società che comanda deve comunque garantire livelli di

stabilità occupazionale.”, per intenderci non può produrre

utili enormi e poi dire: “Ah, poverina, la società controllata

è in crisi.”, ma sei tu, perché se la partecipi al cento per

cento mi pare un po’ schizofrenia questa. E poi bisogna capire


anche com’è che non ci sono stati grandissimi studi nell’ambito

del Diritto Commerciale in questo settore qua. Oppure possiamo


prevedere il fatto che facciamo – e secondo me è la soluzione

migliore per uscire dalla crisi economica – una

regolamentazione complessiva del fenomeno dei gruppi

societari/speculazione quando porta alla speculazione nei


confronti di tutta la società, perché quando falliscono le

società controllate – pensiamo agli ammortizzatori sociali, a

come grava sull’Inps e a tutti i soldi pubblici che sono stati


dati – questo mica grava solo sui lavoratori, grava sul sistema

sociale in generale e quindi dobbiamo evitare questo. Nella

sostanza, pensiamo a Fantozzi, no? aveva la possibilità di

andare dal direttore generale, dal mega direttore galattico,

bussare e dire: “Okay, io so dov’è, lui è là fisicamente e

questa è la sua azienda.”? Perché oggi non si deve sapere che

tramite un sistema di collegamenti societari non si sa alla

fine chi comanda? Perché vuoi produrre questo telefonino vuoi

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incentivi pubblici? Vuoi produrre in Italia e fare utili? Bene,

tu sei un imprenditore, ti fai una società, assumi dipendenti.


Non puoi governare indirettamente società creando gruppi

societari, non si può fare, questa è speculazione. La

Costituzione garantisce il diritto al lavoro e il diritto alle

libertà d’iniziativa economica nel senso di economia reale,

cioè produci realmente qualcosa o non hai ragione di esistere.

Ora, sempre nell’ipotesi appunto di modificare i diritti

societari, quindi, quali sarebbero i benefici? Diciamo

l’abolizione in molti casi della speculazione sul costo del

lavoro; più trasparenza nei mercati e minor rischio di

fallimenti pilotati; abolizione di molti casi di corruzione - e


qui ritorniamo alla Corte dei Conti e qui ritorniamo a tutto

ciò che leggiamo negli articoli di giornale - nella gestione


degli appalti pubblici e privati; calo del ricorso agli

ammortizzatori sociali e risanamento dei conti pubblici anche

in favore del sistema pensionistico. Quindi, questo per quanto

riguarda la politica legislativa, per quanto riguarda la


Pubblica Amministrazione il Progetto politico in materia di

esternalizzazioni di Italia dei Valori – e in questo caso

quindi approfondiremo anche questi settori – dovrà... si dovrà


agire per forza nell’ambito della gestione della Pubblica

Amministrazione, e anzitutto la promozione alla

reinternalizzazione, quindi come minimo dei verbalizzatori e

degli informatici, eccetera, escludendo dagli appalti le

aziende o gruppi societari non socialmente meritevoli, cioè tu

non puoi dare un appalto a Telecom dopo quello che ha combinato

in materia di esternalizzazioni; creazione di database pubblici

sull’effettiva destinazione dei finanziamenti pubblici. Ma

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dico, siamo nell’era della tecnologia, raccogliamo dati, tutto

il sistema bancario si basa sulla tecnologia, basta digitare un


nome e cognome per avere tutta una serie di informazioni

allucinanti e noi cittadini oggi non possiamo accedere ad un

database pubblico dove dobbiamo dire: “Okay, questa società ha

ottenuto questi finanziamenti, dove sono andati a finire, come

li ha destinati e dove sono stati veicolati?”, quindi, bisogna

anche crearlo un database di questo tipo dato che siamo

nell’era della tecnologia, a meno che la tecnologia non serva

solo per precarizzare i lavoratori di call centers; poi il

monitoraggio della qualità del servizio e l’occupazione, ossia

in tutti i casi in cui la Pubblica Amministrazione comunque


appalta bisogna verificare, perché non è che io dico: “Va beh,

appalto.” come se fossi veramente non so chi, come se fossi un


imprenditore arabo e dico: “Poi ve la vedete voi.”, no, la

Pubblica Amministrazione che dà in appalto, e dunque i

dirigenti pubblici, devono assicurarsi che quell’appalto non

provochi lo sfruttamento del lavoro, perché tu stai gestendo


una cosa collettiva, nostra, della società, e quei soldi

derivano dalle tasse pagate dai cittadini e da quei lavoratori

che sono sfruttati; e la creazione – e qua io ci ho lavorato


nell’ambito sempre del mio progetto e poi ne parleremo – di

indici di rilevazione di forme anomale di speculazione e di

appalti illeciti. Una volta che abbiamo capito il sistema e

abbiamo creato adeguati database e sistemi informatici crediamo

degli indici per dire: “Vi pare normale che fino a qualche anno

fa non c’era... che qualche anno fa c’è stata la sentenza del

Tar dove ha detto: ‘Ma ve lo devo dire io, Giudice, che gli

appalti delle prestazioni infermieristiche sono appalti

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illeciti di manodopera?’”, c’è bisogno di arrivare a chissà

dove? Non ci possiamo arrivare prima e dire: “Okay, ci sono


cose che si possono appaltare e cose meno e cose che sono a

rischio e dunque prestiamo maggiore attenzione?” e quindi

bisogna lavorare anche per dare questo punto di riferimento.

Per quanto riguarda lo Sviluppo e la Ricerca secondo me

bisognerebbe creare anche un sistema di monitoraggio lì dove

appunto la Ricerca stia ad analizzare bene quali sono le

dinamiche sociali per potere... perché è la Ricerca che arriva

prima e che capisce determinati fenomeni sociali indagando con

le proprie competenze. Voglio farvi un esempio: come avete

visto nel caso dei call centers la tecnologia viene utilizzata


per precarizzare i lavoratori, e cioè siccome c’è la tecnologia

che mi consente di poter governare la prestazione di lavoro


indipendentemente da dove si trova il lavoratore, e quindi la

tecnologia a servizio dello sfruttamento del lavoro... ma

immaginiamo un mondo sociale nuovo, immaginiamo una società

nuova dove la tecnologia viene utilizzata per il bene


collettivo. Ma scusate, abbiamo i tribunali, il Ministero eroga

milioni di euro negli appalti, e come è possibile che con tutte

queste grosse aziende che hanno grande know how information


communication technology, non sia mai venuta a nessuno l’idea

di classificare le sentenze sui vari settori, per esempio in

materia di Lavoro, e dire, per esempio: “Guardate, negli ultimi

tre anni il cinquanta per cento delle cause di Lavoro riguarda

il trasferimento di ramo di azienda e, guarda caso,

paradossalmente anche se l’art. 2112 dovrebbe andare a tutela

del lavoratore il lavoratore ne richiede la disapplicazione.”,

si prendono questi dati da queste società che dovrebbero fare

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il loro mestiere e produrre quanto meno un servizio, vanno dati

al Legislatore e il Legislatore: “Bene, i problemi sociali,


indipendentemente da quello che io penso svegliandomi alla

mattina, sono questi.” e queste sono le cose di cui dobbiamo

discutere in aula e questa cosa si può subito sperimentare nel

settore della Giustizia.

Va bene, io qui ho finito, avremo sicuramente altri

appuntamenti perché dobbiamo approfondire e maturare queste

cose, dove i lavoratori saranno direttamente coinvolti.

INTERVENTO ON. MAURIZIO ZIPPONI

Grazie a Lidia, e a chi ci ascolta dico che ci proviamo, ci


proviamo a mettere in contatto le esperienze delle persone,

donne e uomini, che sono travolte dalla ristrutturazione


aziendale e dalla riorganizzazione e che non hanno generalmente

voce, tranne in pochi casi in Italia si riesce a richiamare

l’attenzione dell’opinione pubblica sui temi del Lavoro, dalla

vicenda Eutelia all’ultima esternalizzazione di Telecom, a


Fincantieri ed altre, però sono casi sempre grandi perché ci

sono tanti lavoratori, emblematici, ma che nascondono migliaia

e migliaia di casi di lavoratori senza voce, e qui c’è la prima


osservazione che noi facciamo a chi ci governa in quanto sabato

scorso c’è stata una grande manifestazione a Roma dei

Metalmeccanici a cui l’Italia dei Valori ha convintamente

aderito e i ministri di questo Governo prima di questa

manifestazione hanno paventato pericoli, rischi, disordini,

violenze e quant’altro e si è scoperto che i Metalmeccanici,

gente abituata a lavorare come tutti gli altri lavoratori degli

altri settori, non hanno buttato neanche una cicca per terra,

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quindi non è successo proprio niente, ma quello che colpisce –

e arrivo al punto – è che questi ministri di oggi leggono la


realtà come fosse vent’anni fa, trent’anni fa; oggi nelle

aziende i lavoratori sono in una situazione di grande

solitudine, le lotte sono lotte che scompaiono tra le case di

Fini, le case di Berlusconi, tra le éscort... scompaiono, e

quindi in una situazione di solitudine guardate quali sono le

lotte e le azioni dei lavoratori che più richiamano

l’attenzione dei giornalisti morbosi, sono gli atti disperati.

Cioè, nel passato quando c’erano una ristrutturazione e i

licenziamenti, la cassa integrazione c’era una reazione

collettiva di persone che agivano attraverso il sindacato e si


facevano valere; oggi quello che passa sulla Stampa è il

tentativo di suicidio di imprenditori, piccoli, perché i grandi


sicuramente... e di lavoratori, l’andare sui carriponte,

l’andare sui tetti, cioè tutte azioni che mettono in pericolo

la persona. Qui sta avvenendo un fatto gravissimo, e cioè che

le persone coinvolte dalla ristrutturazione reagiscono... pur


di far apparire la loro condizione drammatica di perdita del

posto di lavoro mettono in gioco sé stessi; ormai sono...

ultimamente due casi di ragazzi, uno a Palermo e uno in


un’altra città che di fronte alla perdita del posto di lavoro

tentano addirittura di togliersi la vita, e quindi noi siamo in

una situazione in cui non solo la ristrutturazione è pesante,

non solo colpisce lavoratori e precari, ma viene negato a chi è

colpito dalla ristrutturazione di farsi sentire; questa è la

ragione per cui l’Italia dei Valori da tempo, e oggi in

particolare, e questa è l’occasione, vorrebbe passare

attraverso il racconto delle cose che stanno avvenendo per

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cercare insieme cosa fare, cioè per ricostruire un’azione

collettiva attraverso quello che noi sappiamo fare e cioè una


battaglia politica nel Parlamento, nelle sedi istituzionali,

nelle piazze insieme ai lavoratori, per questo mettiamo a

disposizione le nostre competenze.

Ora, le nostre competenze parlano - in questo caso,

dell’argomento su cui Lidia ha lavorato molto - alla fine di

esternalizzazione, ma all’inizio un processo, sì, di

esternalizzazione e poi di delocalizzazione, comunque tutto

nasce coi processi di cessione di ramo d’azienda. Io non so se

tecnicamente è comprensibile, però provo a dire quello che noi

conosciamo: nel recente passato, tanti anni fa, la cessione di


un ramo d’azienda, cioè di una parte di attività, si poteva

fare, per legge, se quella attività che cedevi, che un


imprenditore cedeva ad un altro imprenditore, se quell’attività

era preventivamente autonoma, cioè se era preventivamente

dimostrato che la cessione di un’attività permetteva poi a

quell’attività di svilupparsi e non era male, nel senso che era


un meccanismo per far nascere anche nuove aziende, perché se un

ramo di un’attività all’interno di un’azienda viene ceduto ad

un altro imprenditore e quel ramo dell’attività è autonomo vuol


dire che genera specializzazione e può generare lavoro e nuove

industrie; successivamente accade, verso la fine degli anni

’90, che di fronte alle prime grandi ristrutturazioni le

imprese scelgono la cessione di ramo d’azienda semplicemente

come modalità per intervenire sui costi, cioè cedo un’attività

che ho al mio interno perché dandola all’esterno, alla

cooperativa di turno, all’imprenditore inventato di turno, al

manager dell’azienda che cede e che si è creato una società

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apposita all’esterno per poter acquisire quello che viene

ceduto, insomma il poter cedere rami di attività riduce


all’inizio i costi dell’attività e quindi la cessione di ramo

d’azienda, l’esternalizzazione non è più uno strumento di

politica industriale ma diventa uno strumento per ridurre

semplicemente i costi e lo spezzamento quindi delle grandi

imprese comincia, comincia con danni enormi, adesso la Telecom

è la madre di come non si deve privatizzare e di come non si

deve ristrutturare, cioè se uno in Italia scriverà un giorno la

storia della politica industriale recente dovrà mettere gli

esempi positivi – e la pagina è quasi bianca -, negli esempi

negativi Telecom, perché Telecom è la madre di tutte le


drammatiche operazioni di privatizzazione ed errata

ristrutturazione e di speculazione finanziaria, perché è a


tutti noto che Telecom fu privatizzata facendo un’operazione

simile al laverage by out, cioè il fatto che veniva acquistata

da chi non aveva i soldi, li aveva chiesti alle banche, alle

banche aveva dato garanzia la Telecom stessa e quindi ha fatto


un’operazione che negli Stati Uniti prevede l’arresto; i nostri

furbetti del quartierino che hanno iniziato, sostenuti anche da

qualche esponente del Centro Sinistra, invece sono tutt’ora


allegri e girano con la loro Ferrari nelle città, dove fanno i

bulli di paese. Ma la vicenda Telecom, che è uno dei più,

ripeto, negativi esempi di privatizzazione e poi di

ristrutturazione e quindi di esternalizzazione dice che cambia

totalmente anche lo strumento e cioè la cessione di ramo

d’azienda risponde ai costi e all’incapacità dell’impresa di

competere sull’innovazione e fa intervenire l’impresa solo

abbassando il costo, e poi il costo del lavoro in particolare.

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A questo punto interviene un cambiamento nella legislazione

italiana, perché il Legislatore si è trovato il fatto che molte


preture e molti Tribunali del Lavoro hanno detto: “Sì, tu cedi

il ramo di azienda ma non è autonomo e quindi violi la legge e

quindi il lavoratore deve tornare indietro nell’azienda

madre.”, ovviamente prontamente viene modificata la legge e si

dice che la cessione del ramo d’azienda può avvenire per rami

d’azienda che sono anche autonomi dopo, dopo e non prima;

quindi, questa cessione e questa esternalizzazione diventa,

ripeto, uno strumento improprio per affrontare la competitività

dell’impresa. Nella fase finale – e arrivo all’oggi -, dopo

l’esternalizzazione, cioè la cessione di un’attività interna a


un’impresa ad un esterno, normalmente accade che queste aziende

e i lavoratori esternalizzati addirittura devono affrontare


processi di delocalizzazione, quindi la filiera, soprattutto

per i call centers e per altre attività, non finisce con “cedo

l’attività e i lavoratori a un’altra impresa che pagherà meno i

lavoratori, che farà il lavoro sporco di ristrutturazione ma


almeno il lavoro rimane in Italia”, ma perché la filiera

continua fino a mettere in pericolo il posto di lavoro dei

lavoratori esternalizzati perché poi c’è un processo di


delocalizzazione, cioè lo spostamento, spostamento nei call

centers, di attività in nazioni come l’Albania, come la

Turchia, come l’India, altre nazioni dove credo sia impossibile

competere dal punto di vista del costo.

Quindi, considerazioni finali, cosa si può fare? Innanzitutto

la domanda che ci siamo fatti: ma è inevitabile? Cioè, dal

punto di vista della politica industriale è inevitabile questo

processo, cioè di esternalizzazioni, poi delocalizzazioni, poi

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di chiusure? Noi abbiamo guardato esempi di ciò che sta

accadendo in Europa, e in Francia ed in Germania, che sono dei


competitors, come si dice, sul piano delle attività più

innovative, sta avvenendo esattamente l’opposto, e cioè le

grandi imprese stanno difendendo la loro dimensione, tentano

di allargare il mercato che occupano, tentano di acquisire nei

paesi come l’Italia tecnologie e competenze e professionalità,

e quindi le grandi economie industrializzate europee stanno

difendendo la grande impresa, e gli analisti economici tutte le

volte che parlano dell’Italia cosa ci dicono? “Il problema

dell’Italia è che ha aziende piccole, sottocapitalizzate, prive

del settore fondamentale che è quello della Ricerca.”, quindi


in Italia stiamo andando contro corrente, in negativo rispetto

a come si stanno muovendo le economie occidentali e in


particolare Francia e Germania.

Quindi, per concludere, la proposta che noi pensiamo – poi

verrà strutturata – è comunque quella di far girare il volano

dall’altra parte, cioè se è vero che il problema del nostro


Paese è che esiste una sotto dimensione delle aziende e che

essendo tutte piccole e medie non hanno le risorse per fare

Ricerca e quindi non sono in grado di competere bisogna creare


le condizioni perché le aziende possano allagarsi e quindi

mettere risorse, allearsi e quindi sostenere sul piano anche

fiscali le aggregazioni, esattamente il contrario delle

esternalizzazioni. Secondo, è necessario che rimanga una

responsabilità dell’azienda che esternalizza, cioè ammesso che

non si riesca ad impedire l’esternalizzazione deve esserci una

responsabilità diretta dell’azienda che cede il lavoro,

l’attività e i lavoratori, deve rimanere una responsabilità

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perché sappiamo anche qui che uno dei mali terribili del nostro

paese, e soprattutto in settori sensibili come


telecomunicazione e quant’altro è la logica dell’appalto,

appalto, appalto... subappalto al massimo ribasso, fino a dare

appalti con un valore inferiore addirittura ai minimi salariali

che dovrebbero percepire i lavoratori. Quindi, noi abbiamo

un’idea precisa che innanzitutto parla ai lavoratori che stanno

subendo le conseguenze delle esternalizzazioni, quindi, mi

sembra di aver detto chiaro, responsabilità della Telecom sui

processi di esternalizzazione nel caso di Telecom, e azioni

fiscali e di politica industriale che agevolino le

aggregazioni; in secondo luogo, io ritengo come punto finale di


osservazione che stando dalla parte dei lavoratori che

subiscono questi processi dobbiamo dire che stiamo parlando


anche all’interesse del Paese, perché è chiaro che la Telecom –

non so chi c’è qui della Telecom -... sai che quando si parlava

di Telecom c’era la Telecom italiana che sembrava una delle più

grandi multinazionali lanciata sui mercati internazionali, era


nelle condizioni di innovare e offrire prodotti in quei paesi,

pur industrialmente avanzati che però non avevano una Telecom

di quel livello lì, ecco, si è ridotta ad una Compagnia


nazional e qualcosa... provinciale. Quindi, quando noi diciamo

che è necessaria l’aggregazione, è necessaria la forza, è

necessaria la ricerca, è necessario il valore dei lavoratori e

le esternalizzazioni sono state un disastro è perché pensiamo

sempre all’interesse generale del Paese, perché è evidente che

per avere le forze finanziarie per competere con i grandi

colossi non puoi andare con mille aziendine esternalizzate che

corrispondono ad attività speculative nell’immediato e poco o

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niente, quindi questo è, credo, un ragionamento per noi

importantissimo perché parliamo direttamente all’interesse


generale del Paese e quindi è per quello che l’Italia dei

Valori è un partito che ritiene questa una fase delicatissima

per poter cercare una soluzione alternativa alla crisi. Noi non

siamo iscritti al partito degli idioti che dice: “La crisi non

c’era.”, poi: “C’è.”, poi: “È passata.” e mai si incrocia un

dato di realtà, cioè che la crisi esiste ed è necessario

reagire; questo Partito parte da un dato di realtà che sono

queste esperienze, che poi verranno raccontate, e partendo da

un dato di realtà si individua il tipo di reazione, certo,

avendo sempre come riferimento un faro, e il faro è che il


valore professionale dei lavoratori una volta che lo hai perso

non lo recuperi più per anni, e quindi è indispensabile ridare


al lavoro un nome e un cognome ed un valore, ed è chiaro che

questi sono i settori, abbiamo parlato di Telecom, di Eutelia,

parleranno Vodafone, Wind... cioè tanti altri nomi importanti

dell’industria nazionale e dei servizi, e sono nomi che


dicono... sono aziende che stanno in piedi perché c’è la testa,

l’ingegno, l’informalità, la professionalità, la voglia di

lavorare dei lavoratori italiani e quando tu li perdi e li


sottoponi a percorsi di tortura, perché un lavoratore della

Telecom che passa attraverso percorsi di continue

esternalizzazioni e d’incertezza è un percorso di tortura, che

motivazione ha per resistere? E quindi l’idea che dice:

“Ricostruiamo una grande dignità del fare, del saper fare

italiano, ridiamo dignità alle grandi industrie.” passa anche –

e ho davvero finito – attraverso la responsabilità dei

managers.

19
Io non so voi, ma in Italia se un manager ha un’azienda che va

bene prende tanti soldi, se un manager ha un’azienda che va


male prende tanti soldi, se un manager ha un’azienda che chiude

prende tanti soldi... forse c’è qualcosa che non funziona.

Forse, il famoso – visto che viene proiettato in questi giorni

– “Wall Street II”... visto che da lì parte.. da allora, dal

primo film “Wall Street” parte l’operazione di spezzettamento

delle aziende come dinamica di trasformazione dell’impresa,

ecco, forse questi grandi managers, che se guadagnano, perdono

o chiudono, comunque loro i soldi li prendono, forse

bisognerebbe mettere dei tetti ai loro stipendi, un legame ai

risultati delle aziende che gestiscono, una responsabilità di


quello che percepiscono rispetto ai risultati. Ecco quindi che

i termini della legalità nel lavoro e quindi della correttezza


dei processi di esternalizzazione di appalto, della trasparenza

sugli stipendi e sui meriti di chi gestisce l’azienda, del

merito e cioè dei risultati del lavoro anche del manager sono

elementi che vanno inseriti dentro una ipotesi di lavoro che


tende a portare anche in Italia il criterio della politica

industriale fatta senza tangenti, senza speculatori, perché

stiamo arrivando al fondo del barile, poi il nostro Paese


quando tocca il fondo la forza di riprendere ce l’ha sempre,

certo per riprendere dobbiamo liberarci di chi fa della truffa

un vanto di Governo o per stare al Governo; quindi, mai come in

questo periodo la battaglia sociale, una nuova politica

industriale e un nuovo Governo stanno insieme per poter

rispondere a problemi che poi qui verranno brillantemente

descritti.

20
INTERVENTO LIDIA UNDIEMI
Grazie a Maurizio Zipponi. Volevo tra le altre cose

sottolineare che la Corte dei Conti ha lanciato un allarme sul

fatto che conti pubblici italiani non potranno mai essere

risanati se continua questa corruzione, soprattutto nel settore

pubblico, e quindi è compito della politica trovare delle

soluzioni che consentano di evitare queste forme di

speculazione.

Maurizio Zipponi ha dedicato molto spazio a Telecom Italia,

perché è proprio da Telecom Italia che è cominciata a nascere

questa coscienza sociale del fenomeno delle esternalizzazioni;


il problema, e mi dispiace dirlo, è che la politica non è stata

in grado di bloccare per tempo questo fenomeno, perché se ci


fosse stata un’adeguata politica oggi i lavoratori di SSC non

si ritroverebbero in questa situazione, ad essere

esternalizzati, e credetemi, attraverso una cessione di ramo di

azienda che a mio parere di attività ha molto poco, cioè si


tratta fondamentalmente di lavoratori esternalizzati. Io seguo

la vicenda Telecom all’incirca dal 2007 e sono stata anche

all’assemblea degli azionisti, ho presentato un dossier di


cento pagine a Bernabè, ho parlato delle loro esternalizzazioni

illegittime all’assemblea, non credo di avere ricevuto, o non

ricordo, comunque nessuna contestazione diretta e mi dispiace

di non avere il video perché noi non potevamo fare alcun video,

però dovete sapere che Telecom Italia dal 2000 ad oggi ha

esternalizzato circa cinquemila lavoratori, appunto l’ultimo

ramo SSC, tantissime vertenze di lavoro sono state portate

avanti in tutta Italia e dalle sentenze dei giudici sono emerse

21
proprio quelle anomalie di cui parlava Maurizio Zipponi poco

fa. È incredibile, comunque sia, che la politica non ha fatto


nulla, perché se c’è questo grande problema sociale, i

lavoratori che non hanno attuato nessuna forma di protesta

violenta, ma anzi basata sulla conoscenza: “Io vado dal giudice

perché credo nella Giustizia e perché sono una brava persona.”,

la politica comunque non ha ascoltato o comunque non è riuscita

ad andare al di là delle classiche forme di solidarietà, invece

IdV oggi presenterà un progetto politico nazionale che

servirà... e metterà a disposizione tutti gli strumenti per

risolvere questo problema. Adesso passo la parola a Stefano

Zimbolo.

INTERVENTO STEFANO ZIMBOLO


Grazie Lidia. Buonasera a tutti, scusate per la voce, purtroppo

male di stagione, cercherò di aprire una piccola finestra su

quella che è stata la realtà delle esternalizzazioni di Telecom

in questi dieci anni. Innanzitutto mi presento, sono Stefano


Zimbolo, sono un lavoratore da ventisei anni del settore

informatico di Telecom Italia e sono stato esternalizzato il 1°

Maggio di quest’anno insieme ad altri circa duemiladuecento


colleghi informatici, il meglio dell’Informatica, nella società

Shared Service Center S.r.l., una società controllata al cento

per cento da Telecom Italia. Se io dico Telecom Italia o dico

Tim tutti sappiamo di che cosa si sta parlando, perché a tutti

vengono in mente Christian De Sica e Belen Rodriguez, Michelle

Hunziker e John Travolta, se invece dico – scusandomi per

quelli che dimentico – Telepost, IM.SER/Telemaco, Tess

Accenture HR, HR Services, EMSA MP facilities, Tilts, TNT

22
Logistics, Savarent Fleet Service – poi divenuta Targa Fleet

Management -, HP-DCS, SSC, IT Telecom Srl, Tecnosis – potrei


continuare -, sicuramente sono pochi quelli in grado di dire

che cosa siano queste società e che cosa fanno, qual è il filo

conduttore che le lega tutte quante. Bene, il filo è che queste

società sono tutte state create ad hoc per ricevere da Telecom

Italia lavoratori esternalizzati mediante cessione di ramo

d’azienda ex art. 2112 del Codice Civile. In dieci anni di

esternalizzazioni, se escludiamo alcune strane manovre che sono

state fatte di uscita e rientro in azienda, come è stato per IT

Telecom, ma S.p.A. non S.r.l., circa cinquemila lavoratori

Telecom sono stati di fatto abbandonati dall’azienda in mani


poco sicure, questo se vogliamo usare un notevole eufemismo;

poiché sarebbe troppo lungo descrivere dettagliatamente le


vicende di ciascuna di queste esternalizzazioni, perché

dovremmo infatti parlare, tanto per fare qualche esempio, del

settore Sicurezza di Telecom ceduto a Tecnosis e poi

riacquistato, il settore di Tavaroli per capirci, dovremmo


analizzare la cessione che oltre ai lavoratori ha portato in

dote ad IM.SER poi divenuta Telemaco Immobiliare

cinquecentoquaranta grandi immobili di proprietà Telecom e poi


di come Telemaco abbia gestito così bene questi immobili fino

ad avviare le procedure di licenziamento di massa dei propri

dipendenti per cessata attività, una cessata attività

giustificata dalla mancanza di immobili da gestire e difatti se

li era venduti tutti, premurandosi però di stipulare

vantaggiosi – non si sa per chi – contratti di affitto a carico

Telecom che oggi pesano per circa 400 milioni di euro l’anno

sul bilancio di Telecom. Dovremmo altresì obbligatoriamente

23
citare la sorte del settore Formazione di Telecom, comprendente

tra le altre cose, quella struttura venuta alla ribalta della


cronaca con il terremoto dello scorso anno, la prestigiosa

Scuola Superiore Guglielmo Reiss Romoli dell’Aquila. Per

decenni il settore della Formazione è stato il fiore

all’occhiello dell’azienda, poi è divenuto improvvisamente non

core, è stato inglobato in una struttura interna chiamata Tilts

e poi ceduto per 1 euro, dico 1 euro, ad un signore che dopo

poco si è trovato ospite delle patrie galere e ha chiuso

bottega e ha fatto bancarotta. I colleghi di Tilts rimasti a

spasso si sono trovati addirittura a dover ringraziare il

terremoto perché si sono trasformati in casi pietosi, il


Governo è intervenuto, e Telecom ha teso molto “spintaneamente”

– uso questo termine apposta – una mano caritatevole, li ha


riassunti, non tutti, e con un contestuale però azzeramento di

anzianità e diritti pregressi acquisiti, con abbassamento dei

livelli inquadramentali e retributivi e, dulcis in fundo, con

sede di lavoro a Roma, e una vaga promessa di tornare


all’Aquila; ho saputo oggi che ci sarà un incontro per vedere

la possibilità di tornare all’Aquila. Non so voi, ma a Roma

questa si chiama “carità pelosa”, quella che è stata fatta.


Un altro capitolo interessante riguarda l’Informatica. Prima

Telecom Italia ha costituito IT Telecom S.p.A., una controllata

al cento per cento, a cui ha conferito assett e risorse umane;

una manovra preoccupante fino a un certo punto, perché quando

ci sono gli assetts in una società, quindi ci sono nel caso

dell’Informatica i computers per parlare un linguaggio comune,

oltre alle persone, sono dei beni che interessano a Telecom e

quindi difficilmente li cederà fuori. A un certo punto in

24
questa IT Telecom sono state fatte anche confluire le risorse

provenienti da Telesoft, da Finsiel, da Netsiel, da Saritel,


tutte quelle società che si occupavano principalmente

d’informatica e che facevano parte della galassia di Telecom

Italia. Poi, contrordine: tutti quanti di nuovo in Telecom,

tranne pochi che sono rimasti in IT Telecom diventata S.r.l.,

perché si occupa di una piccola cosa, piccola ma importante

perché è la certification autorithy che... la posta certificata

per farci capire da tutti; a questi lavoratori sono stati

aggiunti gli informatici che nel frattempo erano rientrati in

Telecom dall’assorbimento di Tim, siccome Telecom aveva bisogno

di fare delle sinergie ha reinglobato Tim, ha fatto subito un


bel repulisti, duecentoventi dirigenti andati via

immediatamente e persone che erano capi progetto sono


diventati, diciamo, dei promotori di vendita attraverso il

telefono e comunque sembrava che tutto fosse tranquillo, i data

center, l’Informatica, lo Sviluppo, tutto quanto in Telecom, ma

dopo pochi anni, quasi cinque anni, quest’anno duemiladuecento


lavoratori informatici della Telecom sono stati il 1° Maggio

esternalizzati in SSC S.r.l., che non costituiscono tutto il

settore informatico di Telecom, perché mancano le Ingegnerie, e


già qui se volessimo parlare di autonomia e di auto consistenza

avere lo Sviluppo, avere il Collaudo, avere l’Esercizio, ma non

avere le Ingegnerie fa pensare che tanto autonoma non possa

essere questa azienda. SSC è un’azienda che era nata in joint

venture con Pirelli per raggruppare una parte di sistemi

informativi comuni alle due società, poi Pirelli ha ceduto

Telecom, ha portato via i propri dipendenti, ha lasciato circa

seicento lavoratori che erano già originariamente di Telecom ma

25
con contratto di lavoro passato attraverso quello “gomma” e poi

ritornato a una specie di contratto Telecom ma peggiorativo, e


i duemiladuecento lavoratori che sono confluiti in SSC hanno

dovuto adattarsi a questo contratto di lavoro peggiorativo, pur

dicendo... senza soluzione di continuità nella lettera che ci è

stata data. Gli esempi terminano qui, perché altrimenti faremmo

mattina. Quello che queste cessioni hanno in comune è l’aver

portato benefici esclusivamente ai grandi azionisti di Telecom,

e tutto a spese della collettività, perché poi sono nate cassa

integrazione, mobilità, contratti di solidarietà, i lavoratori

ci hanno rimesso una parte del loro reddito, una parte dei

propri benefits, ci hanno rimesso in tranquillità - questo nel


migliore dei casi, perché ci sono anche quei lavoratori che ci

hanno rimesso proprio il posto - e Telecom come azienda anche


ha subìto dei danni, ha pagato, perché come diceva Maurizio

Zipponi prima da un’azienda multinazionale si è ritrovata ad

essere un’azienda del territorio italiano e poco più.

A parte il danno materiale e morale ai lavoratori tutte le


esternalizzazioni Telecom hanno una serie di punti in comune:

l’insussistenza dell’autonomia necessaria, sia pregressa e sia

successiva, per poter essere considerati rami di azienda;


questo è già stato sancito dai giudici in almeno sette

esternalizzazioni, cioè sia in I° che in II° grado i giudici

hanno detto che non c’è la sussistenza di ramo d’azienda. Poi,

le cessioni sono state accompagnate solitamente da contratti di

servizio stipulati da Telecom con le cessionarie, contratti che

allo scadere, o anche prima a volte, sono stati ridotti come

consistenza o cessati o non rinnovati e hanno causato l’innesco

da parte delle cessionarie di procedure di licenziamento

26
collettivo – mi viene in mente adesso Accenture HR che si

occupa dell’amministrazione del personale -. Altro punto in


comune: i lavoratori esternalizzati hanno continuato di fatto

sempre a svolgere la stessa mansione che facevano prima, però

come dipendenti di un’altra azienda e questo di per sé

costituirebbe un illecito perché possiamo immaginare

l’interposizione illecita di manodopera. In quasi tutti i casi

poi subito prima della cessione si sono verificati all’interno

di Telecom dei trasferimenti coatti di personale verso quei

settori che stavano per essere ceduti a prescindere

dall’attività che i lavoratori svolgevano, gli è stata data una

lettera: “Tu da oggi fai parte del collaudo software.” e così


messo nel settore che poi sarebbe stato esternalizzato. Altresì

i settori in procinto di essere ceduti sono stati


preventivamente blindati dall’Ufficio del Personale, nessuno

poteva uscire da quel settore neanche se richiesto da altre

realtà aziendali per la propria professionalità o chissà per

quale motivo, nessuno esce. In più le cessionarie controllate


al cento per cento da Telecom, come ad esempio SSC, vedono

spesso ai propri vertici e nei Consigli di Amministrazione

dirigenti Telecom ed operano di fatto dietro direttiva Telecom,


cioè Telecom dice SSC fa.

Quanto detto fin qui ha inevitabilmente prodotto un contenzioso

legale che costituisce un altro danno per i lavoratori che sono

costretti ad un esborso ed al rischio di tre gradi di giudizio,

perché Telecom arriva fino al terzo grado di giudizio, fa

sempre ricorso, per cercare di vedere riconosciuti quelli che

la legge già sancisce come diritti. Fino ad ora le liti hanno

visto Telecom hanno visto soccombere in più del settanta per

27
cento (70%) delle cause arrivate a sentenza nei primi due gradi

di giudizio, nel caso dell’Appello addirittura quasi il


settantanove per cento (79%); è di pochi giorni fa – era sui

giornali, stranamente – la condanna a risarcire 1,3 milioni di

euro a undici lavoratori da parte di Telecom, e quindi le

mensilità non percepite dal momento dell’esternalizzazione.

Numericamente parlando, però, questi ricorsi non sono molti,

non sono stati presentati molti casi di ricorso dai lavoratori

e questa situazione non è più sanabile, sono scaduti i termini

per poter presentare ricorso per quei lavoratori che sono stati

oggetto delle prime cessioni; forse perché si è trattato di

poche unità alla volta e sparse sul territorio, come se


Telecom, diceva Alessandra in un nostro incontro, avesse fatto

dei carotaggi per provare poi il colpo grosso oppure perché si


sperava che poi finisse bene, fatto sta che sono stati

pochissimi i ricorsi.

Per noi informatici – e cerco di accelerare perché giustamente

ci sono problemi di tempo – invece e per la nostra


esternalizzazione, quella di Maggio, c’è stato un ribaltamento

di questa situazione, le informazioni, le associazioni come

l’ANLE e l’APE, Lidia Undiemi stessa e l’Italia dei Valori


hanno, insieme ad altri volontari che erano stati

esternalizzati, costituito una sorta di nucleo informativo

nazionale che ha permesso di arrivare addirittura su

duemilacentocinquantanove esternalizzazioni a oltre

millecinquecento lettere d’impugnazione; siamo già arrivati ai

tentativi obbligatori di conciliazione che hanno visto, credo,

intorno al novanta per cento (90%) di quelle che erano state le

lettere e quindi un passo avanti molto grosso, perché si andrà

28
con oltre mille cause, molto probabilmente, in ricorso per una

sola esternalizzazione, è un bel risultato.


Alcune domande sono spontanee: come mai, come accennava Lidia,

nessuno in dieci anni dei mezzi d’informazione ha parlato di

queste problematiche? Come mai i lavoratori di SSC hanno dovuto

raccogliere più di 20 mila euro e faticare sette camice per

vedere pubblicata una lettera aperta a Bernabè che parlava di

argomenti che qualsiasi cronista avrebbe scritto di sua

volontà? La risposta, a nostro avviso, è semplice, si chiamano

Impresa Semplice, Alice, Tim, Tim Cup, Coppa America, Basket

Tim, ovverosia una quantità di milioni di euro in pubblicità

dati a pioggia da Telecom a tutti gli organi di Stampa, a tutti


i mezzi televisivi, a chiunque ne faccia richiesta, sotto forma

di pubblicità e sponsorizzazione. A chi verrebbe in mente di


ammazzare la gallina dalle uova d’oro? A nessuno, e questo

potrebbe spiegare il motivo per cui i mezzi di Stampa e

d’Informazione in generale, tranne la rete, non parlano di

queste cose.
Un altro silenzio gravissimo è quello della politica e dei

sindacati e anche qui una risposta ci viene in mente, ce lo

siamo chiesti perché non si parla di queste cose a livello


politico, e siamo risaliti alla privatizzazione: praticamente

abbiamo visto che Italia dei Valori non c’era in quel momento e

Italia dei Valori se ne occupa, a pensar male, diceva qualcuno,

si commette peccato ma ci si indovina, Italia dei Valori non ha

messo le zampe dentro Telecom mentre tutti gli altri sì, e

quindi hanno paura che se si muovono c’è qualcuno che gli tira

fuori gli scheletri dall’armadio e questo è preoccupante.

Quindi, il vero problema dei lavoratori esternalizzati è

29
proprio non avere voce, non avere peso, né politico e né dal

punto di vista informativo. Quindi, l’unica soluzione, e questo


è il tentativo, è mettere insieme tutte le lotte, tutte quante

le istanze e presentarle come un blocco unico per fare numero,

per avere potenza, per avere pressione.

Chiudo con due brevissime cose. In Francia i colleghi di France

Telecom hanno avuto l’attenzione dell’Informazione al ventesimo

suicidio di un loro collega che lasciava la letterina dicendo

che la colpa era della vita che stava conducendo, delle

vessazioni sul lavoro, della lotta tra poveri per mantenere il

lavoro, noi non ci vogliamo arrivare, dobbiamo trovare un altro

sistema, perché già paghiamo abbastanza in medicine, in


malattie psicosomatiche, in qualche caso separazioni familiari

perché l’aria è pesante dentro casa. La seconda considerazione,


brevissima, è questa: Tilts è stata venduta per 1 euro, più di

cento famiglie sono state valutate quindi meno di 1 centesimo

l’una, la loro vita, la loro tranquillità, la loro serenità è

stata valutata meno di 1 centesimo; noi siamo stati più


equiparati, non ci hanno proprio valutato. Nel verbale di

cessione di ramo d’azienda con conferimento in natura noi siamo

un elenco di matricole, neanche di nomi, e il referente non ci


poteva valutare e quindi valiamo zero, duemiladuecento famiglie

valgono zero.

Questi sono 2 euro, probabilmente le cinquemila famiglie di noi

lavoratori esternalizzati stanno tutti qua dentro, dentro

questi 2 euro. Quello che diciamo noi è che in fondo veramente

Davide ha sconfitto Golia e chissà che non siano 2 euro di

lavoratori esternalizzati che prima o poi colpiscano in fronte

il gigante Telecom. Grazie a tutti.

30
INTERVENTO LIDIA UNDIEMI
Grazie, Stefano, e vorrei a questo punto mandare un messaggio a

Bossi, a Fini, a Berlusconi e a tutta l’allegra compagnia:

guardate che le persone con cui oggi voi dovete avere a che

fare sono loro, non è il lavoratore che sta soltanto sul tetto

e aspetta che qualcuno li salvi, loro sono i diretti

protagonisti del cambiamento e sanno adesso che cosa significa

la vera politica del cambiamento e mi dispiace dire frasi che

ormai in politica sono continuamente utilizzate, infatti quando

scrivo qualcosa devo stare attenta a utilizzare parole come

“politica del fare”.


Adesso voglio fare soltanto una brevissima premessa per far sì

che coloro che stanno ascoltando e che ascolteranno


successivamente i video, vedranno i video di questo incontro,

potranno capire: “Ma perché, io cosa c’entro?”, mettete qualche

lavoratore della Pubblica Amministrazione o un privato “Ma io

cosa c’entro?”, tu c’entri. Perché guardate che lavoratore


esternalizzato può essere chiunque nel settore pubblico e nel

settore privato da un giorno all’altro, e come dice Stefano vi

arriva la lettera e siete esternalizzati e magari dopo sei mesi


licenziati, quindi informatevi perché oggi sono loro, domani

sarete voi.

Adesso analizzeremo un altro caso, l’esternalizzazione dei

lavoratori Eutelia-Agile di cui tutti avete sentito parlare nei

mezzi d’Informazione, ma le cui dinamiche reali sono poco

conosciute e anche in questo caso si tratta di

esternalizzazioni di lavoratori, di gestione di lavoro in

appalto, di utilizzo di schemi societari tramite società

31
controllate che permette a chi controlla l’attività di non

avere le responsabilità dirette sui lavoratori. Cos’è che ci


deve colpire della situazione di Eutelia? Che quando Eutelia ha

esternalizzato i lavoratori in Agile le Pubbliche

Amministrazioni committenti, sulla base dei dati contenuti

nella relazione dei commissari liquidatori, sono state

mantenute in Eutelia, quindi i lavoratori che lavoravano presso

quelle Pubbliche Amministrazioni in appalto sono stati ceduti e

le Pubbliche Amministrazioni committenti sono rimaste in

Eutelia, è un problema di volontà politica? Certamente sì.

Passo la parola a Stefano Fedele.

INTERVENTO STEFANO FEDELE

Buonasera a tutti, mi presento brevemente, sono Stefano Fedele,


informatico della ex Eutelia, attualmente Agile. Ricollegandomi

a quanto stava appena dicendo Lidia Undiemi volevo dire che c’è

un caso assolutamente allucinante che è quello della nostra -

era nostra - commessa Schengen – Ministero degli Interni –


dentro cui tutt’ora operano i miei colleghi lavoratori della

Agile, ma i proventi delle commesse se li prende Eutelia;

questo è uno dei casi incredibili in cui può si incorrere con


le esternalizzazioni del lavoro e con i passaggi di ramo

d’azienda. Ma volevo ripercorrere brevemente le fasi della

vicenda della Agile, ex ramo information technology della

Eutelia: in origine – e sto parlando del periodo prima del 1977

(ndr 2007) in cui venimmo acquisiti - era un gruppo di

telecomunicazioni, più che altro famoso per le vicende a suo

tempo che fecero abbastanza rumore delle bollette telefoniche

gonfiate tramite truffe via internet e per le hot lines; questo

32
soggetto, non si sa... o meglio, si sta abbastanza bene tramite

quali meccanismi anomali, nel 2007 acquisisce la Getronics,


praticamente ciò che era rimasto della ex Olivetti, e la Bull.

Fin dall’inizio comunque era chiaro che si trattava di un

progetto industriale senza nessuna possibilità di sviluppo

reale non essendoci alcuna integrazione tra il ramo information

technology di cui io e miei colleghi facevamo parte e il ramo

T.L.C. che era quello di telecomunicazioni, che era quello

originario della Eutelia. Fin dall’inizio era abbastanza chiaro

che questo polo italiano dell’informatica di cui parlavano i

Landi, i padroni dell’Eutelia, altro non era che un mezzo per

innanzitutto rastrellare i bei proventi abbastanza grassi che


venivano dalle nostre commesse per la Pubblica Amministrazione,

stiamo parlando di oltre 200 milioni di euro in commesse, che


erano il portafoglio commesse di cui eravamo in possesso al

momento in cui ci fu il passaggio di Getronics e di Bull alla

Eutelia. L’unico scopo di Eutelia era quindi porre in atto una

mega truffa ai danni di noi lavoratori e della collettività, ma


per realizzare questa mega truffa e non pagarne i costi in

termini di fallimento l’Eutelia ha posto in atto un piano in

due fasi: fase uno, esternalizzazione di milleottocento


lavoratori in una piccola S.r.l., la Agile di Potenza con la

bellezza di 96 mila euro di capitale sociale, neanche

sufficienti per il TFR di un dirigente, questo avviene nel

Giugno del 2009; sempre nel Giugno 2009 cessione ad un gruppo

di noti fallimentatori del pacchetto Agile con i milleottocento

lavoratori del ramo IT intrappolati dentro, infatti sempre a

Giugno 2009 la Agile, che è la piccola partecipata della

Eutelia in cui eravamo stati intrappolati, viene ceduta alla

33
Omega dei noti liquidatori di aziende Claudio Mazza e

Sebastiano Iori. La Omega fra il 2009 e il 2010 oltre alla


Agile – e qui c’è veramente il caso più eclatante di mega

esternalizzazione e passaggio di ramo d’azienda assolutamente

speculatorio -... fra il 2009 e il 2010 vengono acquisiti dalla

Omega, dal gruppo Omega, un arcipelago di call centers e anche

addirittura delle società di trasporti per arrivare ad un

“impero” – fra virgolette – di undicimila lavoratori,

undicimila lavoratori accomunati da un triste destino, per mesi

e mesi senza retribuzioni e senza il TFR. Noi della Agile per

questo meccanismo mostruoso ci siamo ritrovati senza alcun

reddito per sette mesi a partire da Luglio 2009 e abbiamo nel


frattempo perso commesse assolutamente fondamentali per la

sopravvivenza dell’azienda come: Comune di Roma, Rai e Camera


dei Deputati in cui il sottoscritto ha lavorato fino a Dicembre

2009.

Ci si domanda come è stato possibile tutto questo? Per varie

ragioni: le Istituzioni e il Ministero dello Sviluppo Economico


fin dall’assurda cessione di Getronics e Bull ad un gruppo di

avventurieri per la bella cifra di 1 euro non hanno fatto il

loro mestiere e cioè gestire le cessioni a soggetti con le


caratteristiche idonee a gestire un gruppo di milleottocento

lavoratori con commesse per la Pubblica Amministrazione, e

voglio ricordarle queste commesse, l’ho già citato, Camera dei

Deputati, ma stiamo parlando anche... oltre al Comune di Roma

stiamo parlando anche del Ministero dell’Interno, stiamo

parlando di Ministero della Difesa; attualmente sono superstiti

le commesse di Banca d’Italia e Progetto Schengen, come dicevo

prima, con colleghi nostri che stanno lavorando per il guadagno

34
di altri.

Ritornando a quel periodo delle cessioni della nostra azienda,


quando poi Eutelia ha tirato le reti per raccogliere la pesca

di frodo – e stiamo parlando della fine del 2009 quando ormai

la nostra cessione alla Omega era stata realizzata – noi

abbiamo fatto qualcosa come dieci convocazioni presso la

Presidenza del Consiglio, presso il Ministero dello Sviluppo

Economico e i risultati si sono visti già a Dicembre 2009 con

la perdita, a Dicembre 2009 appunto, come dicevo, della

commessa a Camera dei Deputati, Rai e Poste; da far presente

che a Settembre 2009 eravamo stati ad una convocazione del

Comune di Roma dal nostro amato sindaco Alemanno, il quale ci


disse con tante belle parole che avrebbe solidarizzato con noi,

che si sarebbe interessato con le Istituzioni per cercare di


non far sparire quella commessa Comune di Roma che per noi, per

la zona di Roma, era assolutamente fondamentale. Risultato: a

fine Settembre 2009 la commessa Comune di Roma veniva data ad

altri.
Per completare l’opera le Istituzioni a Dicembre 2009,

Presidenza del Consiglio in testa, ci accoglievano sotto le

loro finestre, e fra l’altro quella sera c’era stata anche la


diretta di Anno Zero che fu un qualcosa di veramente storico

perché non era mai successo che nelle case degli italiani in

prima serata entrasse il mondo del lavoro che stava

protestando, manifestando, lottando per la propria

sopravvivenza; tutto si risolse con un bellissimo comunicato in

cui il sottosegretario Gianni Letta ci disse che si sarebbe

interessato per non farci perdere le commesse, poi, come avevo

detto prima, è andata a finire che il sottoscritto se n’è

35
dovuto andare dalla Camera dei Deputati per fare il

cassaintegrato.
Dal 2009 in poi centocinquanta giorni di occupazione della sede

romana, manifestazioni, un presidio di cinquanta giorni a

Montecitorio con sciopero della fame, affiancati da duecento

deputati del Partito Democratico e dell’Italia dei Valori non

sono valsi a trovare una prospettiva per l’Agile attualmente in

regime di commissariamento, noi siamo stati commissariati a

partire dall’Aprile del 2010.

Io penso che è inaccettabile che la politica si occupi solo di

sé stessa, della conservazione di privilegi, impunità, cucine a

Montecarlo e dossieraggi da lotta intestina lasciando un Paese


in macerie con una disoccupazione che arriva a punte del

venticinque per cento(25%) e lavoratori in C.I.G. che sono


ormai un esercito di oltre settecentomila lavoratori senza

lavoro né prospettive. I lavoratori della Agile ex Eutelia

proprio in questi giorni, il 20 Ottobre, dovevano avere la

convocazione dal neo ministro Romani, il quale aveva promesso


che si sarebbe interessato per una fideiussione, in quanto le

nostre casse sono vuote e di conseguenza non abbiamo neanche

più la possibilità di acquisire altre commesse perché con le


casse vuote non puoi neanche acquisire commesse, e che si

sarebbe interessato – sempre lui, il ministro Romani con tanto

di comunicato alla Stampa – per farci riavere altre commesse.

Tutto questo non è successo, stiamo ancora aspettando che

arrivi un comunicato, un qualcosa, un segno di vita dal

Ministero dello Sviluppo Economico dopo che ripetute

convocazioni alla Presidenza del Consiglio dei Ministri hanno

dato lo stesso identico risultato, zero. E a questo punto noi

36
quello che chiediamo alla IdV è quello che la IdV è quello che

la IDV ci sta proponendo questa sera, un progetto politico che


ponga fine a questa devastazione, a questa negazione dei

diritti dei lavoratori, a questi passaggi di ramo d’azienda

assolutamente inaccettabili e fraudolenti che sono soltanto

forieri di fine del mondo del lavoro.

Volevo spendere qualche frase a favore della Verbalizzazione.

Fra virgolette, “ingenuamente” io pensavo che i casi nostri,

della Agile e del qui presente Stefano Zimbolo per quanto

riguarda la Telecom, fossero i peggiori casi di devastazione

del lavoro derivanti dai passaggi di ramo d’azienda e dalla

esternalizzazione del lavoro, vi sono invece casi peggiori come


quella della Verbalizzazione, la Verbalizzazione è il servizio

presso i tribunali – del Ministero di Grazia e Giustizia,


ovviamente – che si occupa della registrazione informatica di

ciò che avviene nei processi, quindi appunto della

verbalizzazione e della versione informatica dei verbali che

vengono dai processi; tutto questo servizio è stato


esternalizzato, varie aziende sono state cedute come ramo

d’azienda. Significativo è il caso della Meeting Sud S.r.l. che

fa parte del consorzio Astrea, in questo caso sto parlando di


novanta dipendenti ma io penso che si tratti di un arcipelago

di lavoratori precari, di lavoratori esternalizzati e di

lavoratori soggetti a continui passaggi di ramo di azienda

truffaldini, al di fuori di qualunque norma che riguardi il

mondo del lavoro; in questo caso stiamo parlando di novanta

persone che tramite la Meeting Sud S.r.l. avevano acquisito

l’incarico per la verbalizzazione nei tribunali di Calabria e

Sicilia. Questi lavori da quindici mesi sono senza stipendio,

37
senza cassa integrazione, senza ascolto, senza prospettive e

senza nessuna possibilità di uscire da questo che non è un


limbo, questo è un inferno. Io ho qui un documento “Lettera

appello alla IdV, la tragedia della Verbalizzazione” che poi

farò avere a Lidia Undiemi e a Maurizio Zipponi in cui compare

la parola “suicidio”, era comparsa anche prima, ne ha parlato

anche Zimbolo. Non possiamo, non possiamo ignorare tutto

questo. Ho finito, grazie.

INTERVENTO LIDIA UNDIEMI

Grazie, Stefano. Brevemente, potete guardare questo schema che

ho costruito per farvi vedere come i fallimenti


dell’occupazione e dell’economia in Italia dipendono dal fatto

che attorno ad una prestazione di lavoro di un operaio, di un


impiegato, eccetera, guardate quante aziende che fanno

riferimento a uomini in giacca e cravatta ci speculano. Voglio

dire, per andare a fare un’assistenza presso la Pubblica

Amministrazione, un’assistenza informatica, ma c’è bisogno di


dare in appalto Eutelia che è sua volta controlla Agile, che

gli trasferisce i rami di azienda e che a sua volta cede al

gruppo Omega che a sua volta... e quindi in questo caso


controlla Agile... per che cosa? per svolgere dei servizi

pubblici per i cittadini, ed ecco qui alcune delle commesse:

Sky, Regione Campania, Ferrovie Sud, Comune di Milano,

Provincia, Inail, Ministero dell’Ambiente, eccetera. Ecco

perché in questo progetto politico parleremo anche di come

risolvere la canalizzazione dei soldi pubblici e degli appalti

verso aziende virtuose, evitando che si possa speculare sul

lavoro di queste persone.

38
La STMicroelectronics che è una società che ottiene tanti

finanziamenti in Sicilia, ripeto, dall’elettronica al


fotovoltaico, nella sostanza cosa ha fatto, per farvi capire

che noi dobbiamo combattere il fenomeno delle

esternalizzazioni, ha ottenuto dei finanziamenti nel settore

dell’elettronica realizzando uno stabilimento denominato M6

finanziato con 500 milioni di euro, sono stati assunti dei

lavoratori per portare avanti questa attività e l’elettronica

ma l’attività non è mai iniziata, perché successivamente nella

sostanza la STMicroelectronics voleva partecipare ai

finanziamenti nel settore del fotovoltaico; che cosa è

successo? La STMicroelectronics per impiegare questo


stabilimento già finanziato con soldi pubblici per

l’elettronica nel fotovoltaico cosa ha fatto, ha ceduto i


lavoratori con lo stabilimento e tramite una serie di passaggi

societari in società controllate ha reinternalizzato lo

stabilimento, guarda caso, tenuto fuori i lavoratori e questo

stabilimento già finanziato con soldi pubblici lo ha messo in


una joint venture internazionale per ottenere a sua volta soldi

sul fotovoltaico, morale della favola centinaia di milioni di

soldi pubblici a questa azienda, millenovecentoventidue


lavoratori che probabilmente tramite l’esternalizzazione

avranno problemi occupazionali.

Passiamo adesso la linea a Francesco Furnari di Newmonics.

INTERVENTO FRANCESCO FURNARI

Io sono Francesco Furnari, un ex lavoratore di

STMicroelectronics, ho sentito che Lidia stava brevemente

introducendo chi è STMicroelectronics anche se credo non sia

39
necessario in quanto rappresenta uno dei colossi della

microelettronica nel mondo e sicuramente il più grande in


Europa. Vi accenno alcune cifre giusto per capire di che

dimensioni è l’azienda, è un’azienda che fattura 10 miliardi

l’anno, 10 billion dollari diciamo ecco, 10 miliardi di euro

l’anno e ha circa otto milioni di dipendenti in tutto il mondo,

ed in Italia è dislocata su tre sedi, quindi: Agrate Brianza

con circa cinquemila lavoratori, poi c’è uno stabilimento a

Castelletto e qualche design center tra Lecce, Napoli e l’altro

che è il sito di riferimento per la... il manifatturiero,

diciamo, è a Catania. A Catania la storia di STMicroelectronics

inizia molti anni fa, circa trenta o quarant’anni fa come SGS


Ates, insomma non vi sto a tediare su tutta la storia; diciamo,

quello che noi abbiamo vissuto negli ultimi anni è stato


descritto, anche se sotto altri scenari, dai colleghi e amici

che mi hanno preceduto di Telecom ed Eutelia, anche se c’è da

precisare che per quanto riguarda STMicroelectronics è

un’azienda dove il contributo pubblico è molto presente,


infatti attraverso la Cassa Depositi e Prestiti, e quindi il

Ministero del Tesoro, lo Stato detiene una golden share del 12

per cento (12%), così pure lo Stato francese, perché c’è da


dire che è una multinazionale italo-francese la

STMicroelectronics.

Nel 2000... no, scusate un attimo, un’altra premessa che volevo

fare: per il territorio siciliano che, voglio dire, non è né

l’Emilia Romagna e né tanto meno è il Nord Ovest del nostro

Paese, purtroppo ha rappresentato una fonte di lavoro molto

molto molto solida per tutto... non solo per la Sicilia ma per

il Centro Sud è stato un riferimento fino ad oggi, fino a

40
quando, si può dire, è stata gestita e guidata in maniera

eccellente da Pasquale Pistorio, noto manager che ha portato


agli onori della cronaca la STMicroelectronics. Poi, purtroppo

per noi, devo dire, nel 2005 Pasquale Pistorio non è più il SIO

di STMicroelectronics e subentra Carlo Bozzotti e questo

passaggio non è solo un passaggio di uomini ma è anche un

passaggio di strategie aziendali, infatti la STMicroelectronics

abbandona quella che è la sua vocazione manifatturiera

soprattutto in Europa per sposare le logiche finanziare che

tutte le grossi multinazionali oggi adoperano e quindi anche

loro approfittano di tutti quegli strumenti che fino adesso

abbiamo ascoltato e conosciamo tutti. La nostra storia è


relativa di esternalizzazione, perché la prima occasione

sfruttata da STMicroelectronics... siamo stati i fortunati sui


quali ha utilizzato questo genere di processo ed è iniziata nel

2000 quando STMicroelectronics progettava e ha realizzato il

più grosso stabilimento della microelettronica in Europa che è

quello denominato M6; in realtà attraverso la 488 del ’92, e


quindi un aiuto di Stato, a fronte di un investimento di 500

milioni di euro ha beccato, la STMicroelectronics, il trenta

per cento(30%) di questo investimento attraverso appunto il


credito dell’imposta. Il sito, diciamo, la parte architettonica

e strutturale è stata realizzata e completata, ma alla fine è

rimasta una scatola vuota, perché in realtà non è stata mai

realizzata la fabbrica, però nel frattempo parte di quelli che

siamo oggi presenti in M6 erano destinati lì perché

rappresentavamo l’ossatura che avrebbe permesso lo start up

dello stabilimento; tutto ciò non è accaduto e vi dicevo prima

che a seguito dell’avvicendamento di Pistorio alla fine, dopo

41
qualche mese, la società dichiarava il congelamento di ogni

attività rispetto a questo progetto.


Per farla breve, nel 2007 l’ST conscia di questo fallimento si

accinge appunto a fare il primo passo attraverso un protocollo

d’intesa fatto al Ministero dello Sviluppo Economico dove, a

seguito della presentazione del piano industriale eccetera,

dichiara che la parte delle memorie, memorie flash, stava per

essere ceduta ad una nascente società che di fatto non era

ancora nata e che oltretutto lì è rappresentato anche lo

strumento che era stato appunto descritto prima anche

dall’onorevole Zipponi, diciamo la cessione di questi

lavoratori – perché di fatto di questo si trattava – ad una


società nascente che di fatto non aveva la fabbrica e quindi

non era autonoma da questo punto di vista. Si costituisce


appunto questa nuova realtà al cento per cento da

STMicroelectronics, nello stesso accordo le Parti sociali e

nazionali allora, forti di questo protocollo d’intesa, hanno

firmato appunto venti giorni dopo la cessione del ramo


d’azienda, dopo la consultazione che l’ex art. 47 impone. Fatto

questo crearono la Newco. Nello stesso accordo dichiarano che

dopo qualche tempo questa Newco avrebbe preso la denominazione,


attraverso un’altra joint venture, un’altra collaborazione con

Intel che a sua volta cedeva il proprio ramo d’azienda delle

memorie e assieme ad ST avrebbero creato questo grosso colosso

delle memorie per ultimare lo stabilimento M6 e finalmente

avviare il progetto iniziale; tutto ciò purtroppo non è

accaduto nonostante le nostre pressioni, perché c’è da dire che

durante la transizione da STMicroelectronics a STM6

Microelectronics per poi finire in Newmonics da questo punto di

42
vista ormai i lavoratori, consci in questi sette anni, di

quelle che erano le intenzioni dell’azienda si sono mobilitati.


Io infatti allora, all’inizio del progetto diciamo, ero un

semplice lavoratore, lo sono ancora, ma ad oggi sono anche un

delegato sindacale all’interno dell’azienda e rappresento la

Fiom.

Diciamo, sulla seconda cessione di ramo d’azienda che c’è stata

noi ci siamo assolutamente opposti, non abbiamo firmato

assolutamente l’accordo, però non siamo riusciti a trovare

l’unità sindacale con le altre organizzazioni, quindi, voglio

dire, siamo passati per i soliti terroristi Fiom che dicono

sempre di no. E ci siamo trovati adesso in una nuova situazione


ancora più perversa, perché qui appunto si capisce qual era

l’obiettivo di STMicroelectronics. Come vi dicevo il modulo M6


era stato realizzato con aiuti di Stato, attraverso la 488, e

loro utilizzano oggi lo stesso sito come merce di scambio per

avviare una nuova cessione di ramo d’azienda nei confronti di

Trissanni che è un’ulteriore joint venture che la


STMicroelectronics fa con Sharp ed Evergreen Power, e in questi

giorni appunto c’è l’opzione per comprare le azioni di

Evergreen Power e se vedrete il prospetto informativo troverete


lì dentro tutti i dettagli che si vendono questo M6 come la

fabbrica più grande del Sud Europa di pannelli fotovoltaici, di

fatto l’ST per realizzare questa ulteriore joint venture le

mani in tasca non le mette, perché utilizza come contributo il

trentatre per cento rispetto agli altri due partners, diciamo,

lo stabilimento M6 è solo trentasette lavoratori che vengono

dallo stesso ramo di azienda configurato nel 2007, quindi

snatura anche il ramo d’azienda configurato allora per poter

43
accedere a questa joint venture e per poter accedere ad

un’altra fetta grossa di contributi di finanziamenti pubblici,


perché infatti il protocollo d’intesa dal quale è scaturito il

contratto di programma che poc’anzi vi accennavo prevedeva un

contributo pubblico di 450 milioni di euro che la Newmonics nel

2008, dopo essere stata formata da ST, al primo incontro

ministeriale per la verifica del piano industriale dichiara che

non essendo nelle condizioni di poter portare avanti il

progetto di fatto rifiuta questo finanziamento e quindi la ST

che in parte controlla Newmonics, diciamo, per evitare di farsi

scappare questo rimodula, fa si che si acceda a una

rimodulazione del contratto di programma in maniera tale che


questo finanziamento...

LIDIA UNDIEMI
Francesco?

FRANCESCO FURNARI

Sì?

LIDIA UNDIEMI
È abbastanza chiaro e noi purtroppo dovremmo dedicare altro

spazio ad altre vertenze.

FRANCESCO FURNARI
Ecco, sì, benissimo, io vi ringrazio comunque, la faccio breve

e spero che questo progetto che voi state avviando e quella che

è la proposta di darci spazio, perché ovviamente il mio

proposito è quello, sposo in pieno quello che voi dite di

accomunare queste vertenze e darci la visibilità, perché,

voglio dire, anche la mia... come dire, il fatto che io mi

perda è dovuto fatto che avendo poco spazio e trovando grosse

difficoltà ad uscire fuori e a farci sentire... a volte,

44
diciamo, diventiamo anche così. Quindi, vi ringrazio per

l’attenzione e spero che questo progetto vada avanti e vi do il


massimo della mia disponibilità. Grazie.

INTERVENTO LIDIA UNDIEMI

Adesso analizzeremo un altro mondo, un mondo che è stato

caratterizzato da grande precarietà e da grossi problemi e

crisi occupazionali e contemporaneamente da enormi utili

prodotti dalle società di telecomunicazioni, stiamo parlando

del mondo dei call centers che è stato zittito intorno al

2006/2007 e Italia dei Valori si prende l’impegno di portare

avanti politicamente le vertenze dei lavoratori dei call


centers cercando di ragionare sulle dinamiche che hanno

provocato questo disastro e su cui quindi bisogna intervenire


politicamente. I lavoratori dei call centers, è inutile dirlo,

sanno benissimo di che cosa stiamo parlando, anche in questo

caso di trasferimenti di attività, di lavori su commessa, oggi

si è su questa azienda, oggi ti devo pagare meno, le tue


condizioni contrattuali a parità di lavoro sono peggiori

rispetto ai lavoratori che sono assunti all’interno delle

società di telecomunicazioni. Come potrete vedere da questo


schema, anche in questo caso parliamo di esternalizzazioni da

una grossa società verso una società più piccola che a sua

volta è controllata da un’altra società e che a sua volta fa

parte di un gruppo societario e che quindi, come dicevo poco

fa, in realtà Wind fattura precarizzando i posti di lavoro.

Passo la parola ad Andrea del call center Wind, tra le altre

cose anche rappresentante sindacale.

45
INTERVENTO ANDREA DE NIGRIS

Buonasera a tutti, sono Andrea de Nigris, dipendente di Wind


Telecomunicazioni da circa undici anni, e diciamo che Wind è

un’azienda nel settore relativamente giovane, è nel mercato

praticamente solamente dal 1998 e ciò nonostante non ha perso

tempo nel seguire anche le altre aziende che sono comunque nel

settore da più tempo col discorso delle esternalizzazioni e

delle cessioni del ramo di azienda, e quella che c’è sulla

slide è stata una delle esternalizzazioni, o meglio di cessioni

di ramo, più importanti che ha riguardato il mondo dei call

centers di Wind negli ultimi anni ed è stata la cessione del

call center di Sesto San Giovanni avvenuta nel 2007, i cui


effetti però ci sono ancora oggi. Cosa è successo, che nel

Gennaio del 2007 quasi contemporaneamente alla pubblicazione de


dati societari che vedevano per Wind un utile in costante

crescita, quindi risultati assolutamente positivi, ha

comunicato a duecentosettantacinque lavoratori del call center

di Sesto San Giovanni – è importante, molte di queste persone


lavoravano come dipendenti Wind dallo start up dell’azienda,

quindi praticamente parliamo dal ’98 e che avevano quindi

contribuito a far sì che quell’utile che l’azienda aveva


raggiunto nel 2007 fosse stato appunto così elevato -... cosa è

successo, che a questi lavoratori è stato comunicato che

l’interno call center veniva ceduto con questa cessione della

cessione di ramo ad una società che era la Omnia Service, la

quale a sua volta era una controllata del gruppo Omnia Network.

Inizialmente chiaramente era stato garantito ai lavoratori il

mantenimento di tutte quelle che erano le condizioni lavorative

e che erano anche le commesse, perché si diceva sempre che

46
comunque il lavoro ci sarà per gli anni a venire senza nessun

tipo di problema; fatto sta che i lavoratori che nel frattempo


comunque avevano avviato delle cause contro Wind per essere

reintegrati nel loro posto di lavoro presso l’azienda madre,

l’azienda Wind, si sono visti praticamente a distanza di circa

un anno e mezzo con la loro società nuova, praticamente, quindi

che era Omnia Service, che in sostanza è fallita e quindi sono

trovati da un giorno all’altro senza stipendio, con il TFR

bloccato in azienda e cosa più importante senza neanche la

commessa Wind che chiaramente dal suo punto di vista non poteva

dare la commessa ad una società che di fatto era insolvente. Di

conseguenza, questi lavoratori si sono trovati senza stipendio,


abbiamo detto, quindi senza un reale posto di lavoro e senza

nessunissimo tipo di responsabilità soprattutto da parte


dell’azienda Wind che era quella che aveva innescato tutto

quanto questo tipo di meccanismo. Cosa è successo? L’ultimo

capitolo di questa storia risale al 2010, quindi all’inizio di

quest’anno, quando sotto una proposta chiaramente che c’è stata


da parte di Wind, e c’è anche un accordo sindacale chiaramente

in merito, sottoscritto solamente da alcuni sindacati, i

lavoratori sono stati riassunti da un’altra società che si


occupa appunto di call centers che è il gruppo Almaviva, così,

con una piccolissima clausola però; abbiamo detto prima che

questi lavoratori avevano comunque avviato tutta quanta una

serie di cause contro l’azienda Wind, alcune delle quali, ma

anche se in numero molto piccolo ma hanno avuto esito positivo,

molte erano ancora in corso, la cosa praticamente prevedeva che

questi lavoratori venivano riassunti dal gruppo Almaviva con un

contratto a tempo indeterminato e però dovevano preventivamente

47
con Wind una conciliazione che prevedeva in sostanza di

definire tutte quante le situazioni di contenzioso che c’erano


appunto nei confronti di Wind stessa sia in essere o

potenziali, di conseguenza si doveva praticamente rinunciare a

tutta quella che poteva essere da parte del lavoratore la

rivalsa contro Wind.

Ora, chiaro che noi il lavoro... attualmente non è che abbiamo

il lavoro dietro l’angolo, quindi tantissimi sono stati i

lavoratori che hanno comunque accettato, questo che da taluni è

stato comunque definito come una sorta di ricatto, però questa

è stata anche una prova di quello che fu detto sempre, che

dietro a quella che sembrava appunto una esternalizzazione, una


cessione di ramo comunque fatta senza motivo o solamente per

motivi economici in realtà si stava nascondendo quella che era


in realtà una cessione di personale o quello che qualcuno aveva

definito all’epoca dei licenziamenti mascherati.

Wind attualmente, oltre alla cessione di ramo che c’è stata

appunto e di cui abbiamo parlato comunque molto importante, sta


portando avanti la cessione del lavoro, l’esternalizzazione

come somministrazione del lavoro con appalto a società terze;

che succede? che attività che prima erano proprie della società
Wind e quindi gestite all’interno vengono di fatto trasferite

per appalto a società appaltatrici che si occupano di gestire

dei call centers nel settore. Che succede, che alcuni di questi

sono grandi gruppi - e grandi gruppi parliamo quindi di

società come può essere il gruppo Almaviva, il gruppo

Teleperformance, il gruppo Comdata - altre società invece sono

società medio-piccole che nascono e muoiono di continuo fino ad

arrivare addirittura – e questo qua è un paradosso e non so se

48
poi anche altre società hanno un problema del genere – Wind dà

anche del lavoro in appalto a delle società che sono delle


Onlus, noi diamo del lavoro a una Onlus. Che succede, il

problema, quando praticamente vengono fatte delle

esternalizzazioni in questo modo è che nasce quello che è il

problema del subappalto, cioè queste società poi a loro volta,

e quindi le società che vincono le gare, cedono il lavoro ad

altre società molto più piccole, delle quali molte non si

conosce neanche la reale entità o la reale grandezza, che di

fatto anche queste qui nascono, sono sul mercato alcune

solamente pochi mesi e poi chiudono; quindi, noi ci troviamo

adesso ad avere un fenomeno un po’ paradossale, si tempo fa di


quello che era il subappalto del lavoro, adesso ci troviamo,

nel mondo dei call centers, al subappalto del lavoratore che è


una cosa praticamente abbastanza paradossale.

Chiudo comunque l’intervento sottolineando una cosa importante,

noi nel settore abbiamo assolutamente bisogno di un intervento

politico, un intervento che deve essere soprattutto serio e


strutturale molto importante, perché noi adesso ci troviamo in

una situazione particolare con la quale le esternalizzazioni

che vengono fatte dalle aziende, o le cessioni di ramo,


spacciate semplicemente per ragioni prettamente di carattere

economico si stanno rivelando per una grandissima percentuale

di lavoratori come l’anticamera della perdita del posto di

lavoro, cosa importante, senza nessunissima responsabilità da

parte aziendale e dal costo zero. Grazie.

INTERVENTO LIDIA UNDIEMI

Grazie, Andrea. Anche in questo caso guardando questo schema mi

49
viene da dire: ma vi rendete conto cosa c’è dietro a un

“Pronto, sono Wind, come posso aiutarla”? Cioè, dietro un


lavoratore di call center in questo caso, lasciatemelo dire,

poverino, che sta lì a lavorare, tutti questi meccanismi che

speculano sopra a questa prestazione di lavoro, e voglio farvi

anche notare come anche in questo caso abbiamo committenti

pubblici come Inps e Inail, quindi qui dovrebbe essere la

Politica, altro che: “Il sistema economico è libero e noi non

possiamo intervenire.”; questo è un sistema economico pubblico

dove si può sicuramente intervenire per dare il buon esempio al

mercato.

Valeria, ma in fondo la vostra prestazione di lavoro è soggetta


al controllo dell’appaltatore che per legge deve agire come

vero imprenditore o di fatto la vostra prestazione di lavoro è


governata dalla grossa società di telecomunicazioni, in questo

caso Vodafone?

INTERVENTO VALERIA VINCI


Buonasera a tutti, io mi chiamo Valeria Vinci e sono

un’operatrice del call center di Vodafone. Anche noi siamo

stati oggetto di questo fenomeno delle esternalizzazioni ormai


quasi tre anni fa e Vodafone ha esternalizzato

novecentoquattordici dipendenti, il venti per cento(20%) della

forza lavoro del call center, quindi una grandissima quantità

dei lavoratori del call center, e li ha smantellati dalle

diverse sedi d’Italia, quindi a differenza dei colleghi di Wind

dove è stato preso tutto un intero call center a noi hanno

smantellato a volte anche famiglie di colleghi che lavoravano

insieme e nell’operare quest’esternalizzazione Vodafone ha

50
assembrato quattordici attività diverse completamente

eterogenee che non avevano a che vedere l’una con l’altra, le


ha etichettate con un nome preso ad hoc e le ha definite

“ramo”; quindi, ritornando ai discorsi di tutti i colleghi

precedenti, mancava assolutamente un’autonomia del ramo, non

c’era, precedentemente alla esternalizzazione, una autonomia e

soprattutto, come diceva Lidia, in realtà la finalità di questa

esternalizzazione era quella di smaltire personale, perché

Vodafone continua a gestire, a dirigere l’attività di questi

colleghi che lavorano per Comdata, in realtà anche in questo

caso – e ritorno alla slide precedente – anche qui è stato

fatto un sistema di scatole cinesi, perché Vodafone ha


esternalizzato i dipendenti ad una Newco – le cosiddette Newco

– società creata ad hoc per l’esternalizzazione che è Comdata


Care, nata dal nulla, ma il contratto di commessa, quindi il

contratto con il quale paga per il lavoro svolto è assegnato

alla Comdata S.p.A. che è la controllante della Comdata Care

S.p.A.; quindi, anche in questo caso il sistema di scatole


cinesi agevola poi a non trovare un responsabile nelle fila

della situazione.

Un piccolo inciso, i bilanci di questa Comdata Care S.p.A. sono


costantemente in negativo, perché queste operazioni finanziarie

di smaltimento del personale non possono produrre utili alle

società.

Vodafone, come dicevamo, mantiene le fila della gestione perché

i lavoratori continuano a svolgere esattamente lo stesso lavoro

che svolgevano prima di essere esternalizzati, usano gli stessi

applicativi che usavano prima di essere esternalizzati –

quindi, Comdata Care come datore di lavoro non ha nessun potere

51
direttivo in merito al contenuto del lavoro che devono svolgere

i nostri colleghi -, Vodafone stabilisce le procedure da


applicare, addirittura Vodafone autorizza lo straordinario che

Comdata Care dà poi ai dipendenti, quindi è evidente che

l’operazione di esternalizzazione creata da Vodafone ha la

finalità sicuramente di traghettare i lavoratori ad un

licenziamento collettivo, che è quello che ci siamo detti

rappresenta questo fenomeno, ma senza sporcarsi la faccia,

perché così come diceva il collega di Telecom, se si pensa a

Telecom e a Tim si pensa a Belen Rodriguez, Vodafone si è

creata l’immagine della famiglia felice con Totti ed Ilary e

quindi macchiarsi le mani e la faccia poi licenziando


novecentoquattordici dipendenti sarebbe una perdita d’immagine

grave, se li licenzia Comdata Care ovviamente nessuno se


accorge di chi sono e da dove vengono.

Volevo sottolineare che è sicuramente una devastazione del

mondo del lavoro il fenomeno delle esternalizzazioni, i

colleghi che sono stati esternalizzati non sono ancora passati


tre anni e hanno avuto gravissime perdite sul proprio

stipendio, non gli sono stati riconosciuti nella nuova azienda

molti diritti acquisiti che avevano in Vodafone per i quali


devono fare delle vertenze legali anche in questo caso e

conosciamo anche i tempi della Giustizia, per cui anche da

questo punto di vista le aziende giocano sulle vertenze proprio

perché hanno tempo, nelle lungaggini della Giustizia, di poter

operare sulla vita dei lavoratori come meglio credono. Quindi,

c’è stata una forte perdita economica, c’è anche una forte

perdita di diritti, perché è evidente che lo spezzettamento fa

perdere forza contrattuale ai lavoratori, i quali non riescono

52
a strappare e ad avere riconosciuti i diritti; i colleghi che

sono stati esternalizzati per tre anni non hanno avuto il


premio di risultato che chi è rimasto in Vodafone continua ad

avere, non hanno ancora oggi una piattaforma di II° livello,

cioè non si riesce più a parlare di diritti perché ormai

l’emergenza è mantenersi la sedia e quindi un perdere

costantemente di valore, proprio di spessore del lavoro, senza

prendere in considerazione poi il fatto che c’è stato un

depauperamento proprio professionale della loro attività,

perché essendo stati parcheggiati in quest’azienda vedono

costantemente diminuire la loro crescita professionale

destinati soltanto ad aspettare il giorno in cui chiuda.


L’ultima annotazione che vorrei dire, proprio all’inizio del

tuo discorso hai parlato del fatto che sono fenomeni di cui non
si parla; quando c’è stata l’esternalizzazione tutti i

dipendenti Vodafone hanno fatto una grande battaglia sindacale

per cercare di arginare e di bloccare questa esternalizzazione

e anche noi come i colleghi di Agile siamo arrivati ad


Annozero, una puntata dedicata alle esternalizzazioni che aveva

rotto un po’ il muro di silenzio legato a questo fenomeno e

veniva sottolineato in particolare come fosse un fenomeno


finanziario finalizzato esclusivamente a far saltare le azioni

Vodafone per dare maggiori utili agli azionisti, perché questa

era l’utilità, precarizzando noi centoquattordici dipendenti.

Il giorno dopo la puntata di Annozero c’è stato un repentino

cambio di fronte da parte del sindacato che ha firmato

l’accordo di cessione, quindi rompendo quella che poteva essere

una valida battaglia che stava ledendo l’immagine dell’azienda

Vodafone che è poi quella sulla quale ovviamente punta di più

53
la Vodafone, quindi una colpa di questo fenomeno va dato

sicuramente alla politica ma va dato anche al sindacato che


unitariamente – io parlo del sindacato confederale – in questi

fenomeni non tutela i lavoratori ma molto spesso tutela le

aziende, perché la firma di quell’accordo è servita

esclusivamente ad avere degli appoggi perché Vodafone potesse

difendersi nelle cause ringraziando il sindacato di aver

firmato l’accordo, cioè nelle cause che sono state fatte contro

Vodafone, Vodafone si è difesa riportando le frasi dei

sindacalisti che inneggiavano all’accordo sindacale, quindi

questo fenomeno va affrontato politicamente e va affrontato

anche sindacalmente perché va cambiato l’approccio di tutela


del lavoratore. Insomma, questo volevo dire, è un problema

sicuramente che dobbiamo affrontare tutti insieme.

INTERVENTO LIDIA UNDIEMI

Grazie, Valeria, quindi rinnovo l’impegno da parte di Italia

dei Valori di approfondire qual è stato il grande scempio nel


settore dei call centers anche per quanto riguarda la vicenda

Atesia, e poco importa se i lavoratori Atesia oggi non sono

quella forza sociale che hanno dimostrato di essere nel


2006/2007, non importa appunto per forza avere questa grande

forza e visibilità perché in qualche modo dobbiamo anche

resuscitare i fantasmi, perché quei fantasmi esistono ancora.

Adesso, quindi, abbiamo visto Telecom Italia che esternalizza,

procedure di mobilità e licenziamenti collettivi nelle società

che hanno acquisito i lavoratori, quindi gravi crisi

occupazionali, i giudici hanno dichiarato illegittime diverse

cessioni, nel frattempo questa è la situazione dei call

54
centers, che cosa fa questo Governo? Cede in appalto la

gestione informatica dei servizi informatici degli uffici


giudiziari ad un consorzio d’imprese fra cui Telecom Italia per

una gestione dal remoto tramite call center; io credo che già

questa breve presentazione consenta di far capire che non c’è

stata assolutamente alcuna volontà politica da parte di questo

Governo di aiutare i lavoratori e coloro che fanno Economia

reale ma soltanto chi specula.

INTERVENTO ANI FLORENTINA GHEORGHE

Buonasera a tutti, mi chiamo Ani Florentina Gheorghe e sono un

ex fonico. Il problema che mi trovo a presentare qua riguarda i


verbalizzatori della Giustizia, figure previste dal Codice di

Procedura Penale che si occupano della registrazione e


trascrizione delle testimonianze e degli interrogatori nei

processi penali. Vent’anni fa questo servizio partiva in via

sperimentale con gare di appalto locali che ditte più o meno

piccole si sono aggiudicate portando avanti il lavoro, non


senza lamentele del settore, tanto che da subito si sono

presentate interpellanze parlamentari che non hanno mai

ottenuto risposte. Una situazione molto simile è quella in cui


versano i lavoratori esternalizzati che curano

l’informatizzazione degli uffici giudiziari, meglio conosciuti

come ATU dal vecchio nome del servizio “Assistenza Tecnica

Unificata”, dipendenti o collaboratori precari di altre società

private.

Oggi il servizio viene appaltato tramite gara nazionale, le

piccole ditte non esistono più, alcune hanno deciso di chiudere

con queste settore, altre sono state lasciate fuori, quelle più

55
in salute si sono accorpate in consorzi o Ati. Fino al 2006 la

gara è stata affidata ad un unico consorzio ed è stata


stabilita una condizione di monopolio assoluto; dal 2006 il

Ministero, in procedura accelerata e ristretta, come del resto

è abituata a fare, ha di fatto diviso l’Italia in tre lotti,

Nord, Centro e Sud, più uno per la gestione di un portale che

raccoglie tutte le trascrizioni prodotte. L’appalto è stato

vinto dallo stesso consorzio che se lo era aggiudicato per i

due anni precedenti per il Nord e il Sud, il lotto centrale

invece è stato aggiudicato a un’Ati; si parla di importi di

aggiudicazione veramente esigui rispetto al genere di lavoro e

all’imposizione data dal capitolato d’appalto che prevede un


numero minimo di dipendenti, basterebbe effettuare la semplice

divisione del totale dell’importo per i milleduecento


dipendenti imposti per rendersene conto. Poi non perderò tempo

a presentare il problema dei nostri colleghi del Sud che ci ha

pensato il nostro collega Stefano, forse l’unico dettaglio

sarebbe quello che anche qua si parla di una cessione di rami


d’azienda la somma essendo sempre quella, 1 euro. Insomma,

queste persone, sono praticamente lasciate a casa, non prendono

la disoccupazione, la cassa integrazione e senza mobilità e


senza stipendio, niente, continuano ad essere assunti ma senza

percepire nessun reddito.

Pur trattandosi di gara nazionale la condizione dei lavoratori

è differente a seconda che dipendano dall’uno o dall’altro

raggruppamento, anzi, a seconda che dipendano dall’una o

dall’altra ditta che fa parte del raggruppamento; contratti di

studi professionali, metalmeccanici, della pulizia e multi

servizi, di collaborazione, Partita Iva e chissà che altro.

56
Naturalmente gran parte di questi contratti non vengono

rispettati, nel senso che il lavoro viene pagato nella maggior


parte dei casi a cottimo a seconda della durata delle udienze e

della mole di lavoro che le aziende riescono a smistare al

singolo dipendente; nessuna reperibilità viene conosciuta,

benché si pretenda la disponibilità anche nei giorni festivi,

giornate di ferie e permessi distribuiti a piacere in maniera

postuma nei giorni in cui c’è minore quantità di lavoro,

stipendi che devono elemosinati dai dipendenti e che vengono

versati a singhiozzo. Tra l’altro, viste le condizioni

finanziarie dell’appalto, si è preferito perdere i dipendenti

più anziani che avevano raggiunto una certa professionalità e


favorire i lavoratori più giovani e senza nessuna esperienza

che naturalmente hanno un costo più contenuto e garantiscono


una tranquillità rispetto alle lamentele e pretese che i

lavoratori con venti, quindici, dieci anni di esperienza non

avrebbero sicuramente garantito.

Per quanto riguarda l’informatizzazione, da quando si è


proceduto ad una scriteriata e progressiva riduzione degli

operatori, andando verso un’assai discutibile assistenza a

distanza piuttosto che in loco, la qualità del lavoro è in


continuo decadimento come sostenuto più volte dai sindacati del

Comparto Giustizia e dai rappresentanti della Magistratura.

Teniamo anche a sottolineare la delicatezza degli atti che

tutti i giorni passano degli informatici e dei verbalizzatori,

documenti che spesso passano su computer e linee adsl private

senza alcuna garanzia di sicurezza.

Sarebbe interessante sapere perché non si intende

internalizzare queste figure, cosa che permetterebbe un

57
risparmio per lo Stato e quindi per ogni singolo cittadino, una

garanzia circa i dati trattati e una tranquillità per i


lavoratori che avrebbero così garantiti i diritti basilari e

che smetterebbero finalmente di vivere ogni due anni – tanto

dura un appalto – l’angoscia della precarietà assoluta non

avendo alcuna garanzia riguardo alla continuità del lavoro in

caso di aggiudicazione dell’appalto da parte di un’altra ditta.

La nostra domanda, la domanda dei verbalizzatori: è legittimo,

anche per le Norme della Legislazione UE, che un servizio

delicato e importante come la verbalizzazione, nonché la

gestione dei servers di tribunali e procure e delle singole

postazioni dei magistrati e dei lavoratori degli uffici


giudiziari sia affidato a soggetti imprenditoriali esterni

all’amministrazione della Giustizia come grave pregiudizio alla


sicurezza, all’integrità e alla riservatezza dei dati e dai

verbali redatti da deposizioni e dibattimenti in aule

giudiziarie italiane? Grazie.

INTERVENTO LIDIA UNDIEMI

Grazie, una cosa soltanto, in merito a questo argomento io

ancor prima di entrare in Italia dei Valori ho affrontato quasi


tutte queste problematiche, addirittura il mio primo articolo

sul caso Vodafone dove denunciavo queste cose risale al 2007;

per quanto riguarda il settore della Giustizia ho fatto un

incontro molto importante con dei magistrati, fra cui

Giovanbattista Tona che la Mafia voleva uccidere, della Procura

di Caltanissetta, e tutte queste problematiche sono state

esposte. Insomma, i lavoratori sono qui e denunciano con grande

competenza, molto più di tutte quelle persone che siedono in

58
Parlamento; la stessa cosa hanno fatto i magistrati, a questo

punto spetta solo alla politica, e quindi in questo caso è un


impegno di Italia dei Valori per tentare di cambiare le cose.

Adesso passo la parola a Roberto Ruocco, di una società

appartenente al gruppo Magneti Marelli che a sua volta è una

società controllata dal gruppo Fiat, giusto perché sempre sul

lavoro di un operaio ci devono speculare questi grandissimi

sistemi dell’alta finanza e ricordiamoci anche che a Pomigliano

è stata attuata la tecnica della esternalizzazione verso una

nuova società, Fabbrica Italia, per aggirare il sistema di

relazioni industriali, la tecnica è sempre quella anche se

parliamo di settori diversi.

INTERVENTO ROBERTO RUOCCO


Buonasera. Allora, sono già due anni circa, dal 9 Novembre del

2008, che siamo in cassa integrazione a Pomigliano, io sono un

indotto interno perché ci sono anche gli indotti esterni,

quelli che procurano i bulloncini e tanti altri pezzi


particolari. Si parla di cinquemila dipendenti per lo

stabilimento di Pomigliano, poi ci siamo noi dello stabilimento

di Marcianise che saremmo la Plastic Company Internodules


facente parte di una linea di business del gruppo Magneti

Marelli che poi saremmo Fiat Group, tutto collegato ma tutta

una scatola cinese che si va da società in società per arrivare

poi a noi. A parte noi che saremo poi divisi in varie altre

società in giro per il mondo, almeno per il Centro Sud in

Campania saremmo già tre fra Marcianise, Caivano e Napoli, dove

all’incirca dovremmo essere intorno ai novecento dipendenti e

calcolando gli altri cinquemila e rotti che adesso stanno su

59
Pomigliano dovremmo essere intorno ai seimila. Non siamo

soltanto noi quelli a soffrire ma ci sono tante altre società,


ritornando al discorso delle piccole società, che producono

vernice, che producono il bulloncino, che producono la gomma di

scorta, il pernetto, tantissime altre cose che... tutte queste

piccole società che circondano il nostro gruppo soffrono, noi

in prima persona, loro di rimbalzo grazie alla nostra mancanza

di programma di produttività. C’è il discorso della new company

di Pomigliano, Newco, un’altra, io è da poco che lavoro con

Magneti Marelli Fiat Group, è da cinque anni, prima facevo il

responsabile di cantiere su altre parti, entrando in questo

settore pensavo fosse una cosa buona, penso che sia una cosa
buona, ma prima ricordo che la Storia insegnava e m’insegna che

prima era Fiat, poi esternalizzata è diventata Comind Sud, poi


riesternalizzata è diventata, tramite appaltatori, Maione e

Automotive System, poi è diventata Ergom Automotive, poi

tramite Ergom Automotive pure noi siamo stati venduti per 1

euro. Adesso siamo Plastic Components and Modules, gruppo


Magneti Marelli.

Dal 2009 c’era un programma, un progetto che dovevamo entrare

all’interno della Fiat di Pomigliano d’Arco e ancora non siamo


entrati all’interno di questa, è entrata una piccola parte di

pochissime persone, il resto del gruppo è ancora fuori ognuno

nei propri stabilimenti di Marcianise e Caivano e stiamo

aspettando questo progetto dal 2009, che nel 2008 già ci fu un

corso di formazione all’interno dello stabilimento che parlava

di V.C.M, corsi d’indirizzamento all’educazione e il

trattamento che uno doveva avere... l’educazione che bisognava

avere all’interno dello stabilimento, rispetto dei ruoli e

60
quant’altro. Si è parlato di una programmazione della nuova

Giulietta, poi è stata data ad un altro stabilimento che è


stato spostato su Cassino. Si sente riparlare della nuova

Panda... Polonia e non si capisce se si fa su Pomigliano o se

ritorna su Polonia o se la mandano in qualche altra nazione,

non si è capito; doveva essere fatta... almeno per l’inizio

2010, doveva essere già in progettazione per 2010, non si sente

parlare della Panda, forse è stata slittata al 2011, qualcuno

dice che forse slitterà al 2012. A noi quest’anno finisce il

secondo anno di cassa integrazione e si parla, si vocifera di

cassa integrazione in deroga, quindi non so quant’è che possa

durare, avevano promesso... il Governo del “grande” aveva


promesso che da cinquantaquattro settimane sarebbero diventate

centootto, non sono diventate centootto, sono diventate cassa


integrazione in deroga. Ci sono delle situazioni varie di

persone che si trovano in difficoltà; io penso positivo perché

facendo pure altro in altri ambienti... penso positivo, ma

penso a tutte quelle persone che non hanno la possibilità di


pensare positivo o di avere una famiglia alle spalle o di avere

una casa di proprietà, o di dover pagare un mutuo e a fine mese

fare conti con il figlio che vuole un qualcosa e poi deve


vietarlo... e la macchina di lusso che oggi non esiste più, ci

sono macchine in giro che sono vecchia rottamazione e che non

si possono più rottamare, e persone che ormai camminano a piedi

o in bicicletta e chissà se ci arriveranno poi un giorno ad

avere una macchina; uno non va a cambiare nuove gomme alla

bicicletta. Ci sono persone che si trovano in difficoltà in

Italia, vari rami, ognuno nel suo ambiente, che sia Fiat, che

sia Ergom, che sia Telecom, che siano... qualsiasi gruppo e

61
penso che tutti quanti siamo entrati nel circolo del

capitalismo, capitalismo che non si è compreso se è portato al


discorso del prodotto Stato dove si investiva e gli utili poi

andavano a finire nelle casse dello Stato, dove invece adesso

gli utili ritornano con tanto di sovvenzioni che ognuno di noi

caccia, perché poi lo Stato siamo noi, che diamo a queste

tantissime società sotto forma di incentivi, sotto forma di

aiuti, sotto forma di svariate regole che ci sono nel

commerciale, dove noi ci indebitiamo come Stato e loro gli

utili li portano all’esterno, li portano su... con vari scudi

fiscali fanno quello che vogliono.

Su Pomigliano ancora non si sa, ci sono queste persone che...


noi viviamo di quelle 850-900, sul nostro stabilimento siamo

centoventi, cento – almeno parlo di quello di Marcianise -...


cento persone sono fisse a casa ogni mese e forse faranno di

lavoro tre, e chi è fortunato sei giorni di lavoro, il resto

viene fatto a casa, quindi succede quello che ha detto il

compagno e collega della Telecom, quello... che parecchie


famiglie si distruggono perché non si ha la possibilità di

portare a mangiare una pizza, un... qualsiasi cosa che si possa

fare in una famiglia normale, quello di cui dovrebbe


l’amministrazione nazionale occuparsi, della Sanitaria in

Campania, dell’anticrisi Campania che ancora non abbiamo

percepito i soldi, molti di noi non hanno ancora percepito i

soldi, e tanti altri problemi. Quindi, il Governo, insieme e

con molta mano dell’Italia dei Valori, perché penso che sia

l’unico partito che tenga alla nazione, non parlo per... ma

tenga molto alla nazione e che non... la classica frase, non ha

peli sulla lingua, non ha problemi, è molto schietta e ne sono

62
grato a Di Pietro che quando... o De Magistris che ha detto

effettivamente sul fatto della Magistratura che sono i


magistrati che... la Polizia che mandano in galera i malviventi

e non tanto il Governo, che sia di Sinistra o di Destra.

Grazie.

INTERVENTO LIDIA UNDIEMI

Passo la parola ad Ernesto Cirillo che conosco da molto tempo

nell’ambito delle vertenze Telecom, perché ne segue tantissime

e che comunque ha una spiccata sensibilità nei confronti di

questo problema sociale, tant’è che adesso vuole collaborare

anche con il Partito di Italia dei Valori per portare avanti


questo progetto sulle esternalizzazioni insieme a me e agli

altri, e insieme ovviamente a voi lavoratori perché ormai siete


protagonisti di questo cambiamento, perché senza di voi non si

fa nulla, e ci parlerà quindi sia delle esternalizzazioni e del

fenomeno in sé dal suo punto di vista e delle delocalizzazioni.

INTERVENTO ERNESTO CIRILLO

Allora, diciamo che il fenomeno delle esternalizzazioni porta a

tutta una serie di problematiche, quella che è stata analizzata


più diffusamente è quella delle scissioni di ramo d’azienda,

c’è poi il problema delle delocalizzazioni e il problema, che è

legato ovviamente a quelle delocalizzazioni, che è il problema

in assoluto del low cost del mondo del lavoro che si sta

diffondendo a macchia d’olio. Le esternalizzazioni in sé e per

sé sono la scelta imprenditoriale di dare in appalto ad

un’altra azienda un servizio che è secondario, quindi la grande

azienda dice: “Io mi voglio concentrare sul mio core business –

63
così si chiama - , ci ho troppe attività accessorie, individuo

delle altre aziende che si occupano invece solo di


quell’attività accessoria e gliel’appalto.”, il presupposto è

che la società che io vado a individuare e alla quale vado ad

appaltare il mio servizio accessorio sia professionista in

quell’attività e quindi abbia un personale altamente

specializzato, che abbia investimenti e quindi know how

specifico in quell’attività. Nel momento in cui invece la

scelta che viene fatta è verso una società, ecco, una Newco o

una società che fino a ieri era in liquidazione e che vive

sostanzialmente di personale che io gli cedo, di know how che

io gli do, di mezzi e strutture e apparecchiature che io gli do


ecco che il fenomeno dell’esternalizzazione si trasforma in

quello che è il fenomeno delle cessioni di ramo d’azienda


fittizie, dell’aggiramento delle procedure di licenziamento

collettivo e tutto il problema poi della crisi occupazionale.

Il fenomeno delle esternalizzazioni poi non serve soltanto...

quindi, parliamo delle esternalizzazioni legate alle cessioni


di ramo d’azienda, perché poi le esternalizzazioni avvengono

anche senza essere legate a cessioni di ramo d’azienda, ma

individuando delle società ad hoc per l’espletamento del


servizio; quando l’esternalizzazione segue la cessione di ramo

d’azienda è chiaro che si cerca di aggirare la procedura dei

licenziamenti collettivi e portare ovviamente poi i lavoratori

ceduti verso una situazione di instabilità occupazionale e di

mobilità o cassa integrazione, la storia delle operazioni

traslative della Telecom vede che Accenture ha fatto la

mobilità, la Telepost ha la cassa integrazione e tra poco ci

sarà la mobilità, pare che anche in HP ci sia stato il ricorso

64
alla mobilità, quindi in medio tempore, tre/cinque anni, le

società che ricevono questi presunti rami d’azienda non sono in


grado di sostenere l’attività stessa e quindi ricorrono agli

ammortizzatori sociali. Ma d’altro canto il fenomeno delle

esternalizzazioni serve anche da un lato a indebolire la lotta

sindacale, e questo è un aspetto molto importante, dall’altro

lato anche a distribuire il ricorso agli ammortizzatori

sociali, più società creo più possibilità hanno società di

chiedere gli ammortizzatori sociali; io Telecom non posso

chiedere sempre mobilità, non posso chiedere sempre cassa

integrazione, creo delle società, individuo delle società, vi

immetto i lavoratori, queste società tra X tempo andranno a


chiedere gli ammortizzatori sociali, quindi è anche un discorso

– legandolo a un fatto anche squisitamente politico – di


attenzione che il Governo dovrebbe avere verso questo fenomeno,

perché è chiaro che è uno sperpero di danaro, sia a monte

quando ci sono le assunzioni e sia successivamente. E anche

ovviamente l’esternalizzazione serve ad indebolire la lotta


sindacale, perché avere a che fare con un numero elevato di

lavoratori e quindi di rappresentanti sindacali è un discorso,

ma nel momento in cui io creo tante piccole aziende la lotta


sindacale viene ad essere diminuita e quindi la possibilità di

abusare maggiore. Ora, non voglio dilungarmi più sul fenomeno

esternalizzazioni e cessioni di ramo d’azienda perché se n’è

parlato tanto, è chiaro insomma che abbiamo avuto l’esperienza,

come studio legale, della cessione Vodafone, delle cessioni

Telecom, abbiamo avuto l’esperienza dell’Eutelia, abbiamo

seguito la questione degli ATU, o degli informatici, e secondo

me la cosa scandalosa, al di là di tutto, è che praticamente il

65
sistema informatico della Giustizia italiana sia in mano a

società private; ci sono i tecnici di queste aziende che hanno


la possibilità di accedere alle e-mail dei magistrati e quindi

avere una visione completa di quelli che sono i dati dei

processi e questo è un fatto assolutamente grave.

Tra le altre cose la gravità del fenomeno delle

esternalizzazioni e del precariato in generale è proprio nella

Pubblica Amministrazione, perché l’abuso maggiore del ricorso

al precariato è proprio nella Pubblica Amministrazione che ha

l’impunità che non ha l’obbligo poi di assumere, mentre un

precario che fa causa a un’azienda privata ha la possibilità,

vincendo la causa, di ottenere la trasformazione del rapporto


di lavoro e l’assunzione nel pubblico impiego, poiché le

assunzioni devono seguire giustamente un concorso pubblico c’è


questo problema, quindi al massimo il lavoratore prende un

indennizzo, e abbiamo un precariato nel pubblico impiego che è

decennale, lavoratori che sono in contratti a progetto o

contratti a tempo determinato per decenni, è anche questo che


va analizzato e che è proprio da chi governa va dato l’esempio

per poter poi entrare nel merito e discutere delle aziende

private e del problema del precariato. Ma l’esternalizzazione


ha portato secondo me un altro fenomeno ancor più grave che è

il fenomeno del low cost; le grandi aziende – parliamo dei

gestori di telefonia che sono un po’ la realtà che io conosco –

cosa fanno, individuano delle società e appaltano il servizio

187, 119, 155, e il 190 per non dimenticare la Vodafone che è

una di quelle aziende che va secondo me anche tenuta in debita

considerazione perché ha fatto una cessione di ramo d’azienda

di mille unità tutte insieme e si discute e si ipotizza che ce

66
ne siano altre, comunque i grandi gestori individuano delle

società e appaltano questi servizi, queste società, come dicevo


prima, non hanno un know how specifico perché svolgono

l’attività utilizzando le procedure dell’appaltante,

utilizzando i sistemi applicativi dell’appaltante e quindi qual

è la ragione per cui il grande gestore deve individuare in

quelle società le aziende alle quali appaltare? Perché

ovviamente lo fanno ad un costo minore. Come fanno queste

società a farlo ad un costo minore? Ed ecco tutto il problema

che è del sotto inquadramento; quindi, ci sta un contratto

delle Telecomunicazioni che è nazionale ed è unico, eppure

l’operatore Vodafone del 190 è inquadrato al V° livello, ma


l’operatore della società X che ha preso in appalto il servizio

190 svolgendo la stessa identica attività è inquadrato al II° o


III° livello. Quindi, c’è un problema di sottoinquadramento che

è anche imputabile alle organizzazioni sindacali maggiormente

rappresentative, va detto, perché l’interesse probabilmente ad

entrare nella società, ad entrare nella nuova azienda e a fare


nuovi iscritti prevale sul problema della concorrenza sleale

che si basa sul costo del lavoro, perché la competitività di

questa azienda non è più la sua capacità di prestare il


servizio in maniera efficace, perché tanto usa procedure

applicative che non sono sue, ma divento competitivo se taglio

i costi, allora c’è il sottoinquadramento. Poi c’è il discorso

del precariato diffuso, poi c’è il discorso di risparmio anche

sulla sicurezza, perché noi abbiamo delle realtà aziendali...

con la U.G.L. Telecomunicazioni e con Stefano Conti che è il

segretario nazionale abbiamo fatto tanti incontri in tante

aziende, cioè abbiamo fatto un viaggio in tutta Italia da call

67
in call e via discorrendo e in tantissime altre società, e c’è

un problema anche di segue che non sono ergonomiche, c’è un


problema di cuffie che non sono a norma, c’è un problema di

manutenzione degli impianti di climatizzazione che determina

tutta una serie di patologie, si parla della “sindrome da

edificio malato”, è una cosa molto seria perché determinano

delle patologie che poi hanno anche degli impatti a livello

sociale, perché abbiamo le malattie, gli infortuni e quindi le

rendite vitalizie, eccetera eccetera, quindi è tutto legato,

quindi le aziende risparmiano e lo Stato ci rimette.

Poi c’è il discorso anche delle assunzioni, perché su ogni

assunzione ci sono degli incentivi, ma lo Stato incentiva delle


aziende che non hanno piani industriali, perché è chiaro se io

uso una società che non ha un piano industriale, che non ha un


know how specifico e che non investe in tecnologie è chiaro che

la mia vita dura fino a quando non arriverà l’altra azienda che

invece di assumere i lavoratori al II° livello li assume al I°

livello e quindi la concorrenza sleale che si basa sul costo


del lavoro al ribasso determina che la società iniziale chiude

perché è uscita un’altra società che addirittura lo fa, il

servizio, ad un prezzo ancora più basso; quindi, abbiamo degli


incentivi che sono buttati presso aziende che non ti presentano

un piano industriale o che non hanno una prospettiva di

garanzia occupazionale, quindi prendono questi soldi... e col

precariato c’è stato qualche anno fa lo scandalo perché c’è

stato un incentivo per l’assunzione e poi c’è stato

l’incentivo per la stabilizzazione del precario. Poi tutti

questi lavoratori sono assunti tutti a part time, perché è

chiaro che se io ho bisogno di cinquanta lavoratori e prendo

68
cinquanta incentivi, a questo punto io ne assumo cento, invece

di assumerli a otto ore li assumo a quattro ore e prendo cento


volte l’incentivo. Tutti questi lavoratori fanno

sistematicamente straordinario e quindi di fatto c’è

l’impossibilità, cioè tu non dai la possibilità al lavoratore

di guadagnare uno stipendio tale da consentire una vita

dignitosa, perché un part time a quattro ore nel contratto

Telecomunicazioni è 400/500 euro al mese, se fai un po’ di

straordinario a 600 – parlo d’inquadramento al II° o III°

livello delle Telecomunicazioni – e il precariato ancor di più

ti dà l’impossibilità di una prospettiva futura; quindi, cioè,

questo fenomeno del low cost secondo me, Lidia, sta creando
anche problema sociale, perché io quando vado a girare, anche

con Stefano, nei call centers e vedo ragazzi di 28, 30, 32 anni
ancora a casa con la mamma e col papà, oppure ragazzi che, sì,

effettivamente si sono sposati e hanno acceso un mutuo a

trent’anni con la garanzia dei genitori ma che sono precari...

Oggi è venuto un ragazzo di Sat 2000, sono sei anni che ha un


contratto a tempo determinato ed è sposato e ci ha un mutuo,

non si può vivere così, perché io dico che sono giovani già

vecchi perché hanno dei pensieri, delle preoccupazioni, delle


ansie e delle angosce che stravolgono il tessuto sociale di un

paese che ha sempre vissuto sul concetto del posto fisso che è

un concetto sempre vincente, non è perdente, non è anti storico

perché ormai siamo nell’era della flessibilità, perché la

flessibilità è stato invece il fallimento e lo si è visto,

perché nel momento in cui tu almeno ieri garantivi il posto

fisso si mangiava pane e cipolle ma ci si sposava e si metteva

su famiglia oggi non si mette su famiglia, e senza, voglio

69
dire, una famiglia tu hai distrutto la storia di un paese;

quindi, il problema delle esternalizzazioni non è solo il


problema delle cessioni di ramo d’azienda è anche il problema

della proliferazione di un numero infinito di aziende che non

hanno piani industriali, che vanno avanti risparmiando anche

sul filtro dell’impianto di climatizzazione.

Ma c’è di più, perché le nostre imprese, le nostre grandi

imprese, non si sono fermate qui, perché il II° e il I° primo

livello delle Telecomunicazioni, il risparmio anche all’osso

del filtro non va bene, sono andati in India, in Romania, sono

andati in tutti questi paesi. Stefano mi ha girato – e io te

l’ho girata – la puntata delle Iene dove sono andati in India e


una cosa scandalosa è che una ragazza è stata licenziata perché

aveva il raffreddore, quindi, voglio dire, ci aveva questi


microbi che davano fastidio e quindi è stata licenziata. Vanno

lì la sera, la mattina, fanno una fila, se sono chiamati è bene

se no ne vanno a casa; di qui il discorso sindacale, è comodo

andare in quel paese dove praticamente è come un pochettino,


diciamo, il turismo sessuale, si va in certi paesi a fare tutto

quello che qua non si può fare. A livello di Diritto del Lavoro

e Diritto Sindacale è la stessa cosa, si va nei paesi dove


possono fare esattamente il loro comodo, cioè licenziare una

lavoratrice semplicemente perché ha un raffreddore. Quindi,

abbiamo le esternalizzazioni che non sono solo un fenomeno di

cessione, ma sono un fenomeno di low cost e di subappalto e

fenomeno di delocalizzazione. Sulla delocalizzazione, purtroppo

la partita è politica, perché è chiaro che devi risolvere il

problema politicamente; io ritengo che sia assurdo che la Fiat

venga a chiedere allo Stato italiano degli incentivi quando il

70
lavoro ce l’ha, perché la Fiat il lavoro ce l’ha, la Telecom il

lavoro ce l’ha, solo che il lavoro lo porta all’estero, cioè tu


lo togli al cittadino italiano, al lavoratore italiano,

dichiari esuberi in Italia e chiedi il ricorso ad

ammortizzatori sociali quando tu invece il lavoro lo hai, ne

hai tantissimo e lo dai in subappalto a paesi stranieri, quindi

è una partita politica.

Poi, legalmente – e non rubo altro tempo – abbiamo cercato e ci

siamo inventati un’azione nei confronti delle delocalizzazioni,

con Stefano, con la U.G.L. Telecomunicazioni abbiamo fatto

ricorso al Garante della Privacy su un altro presupposto,

dicendo: “Io sono un cittadino italiano, ho stipulato un


contratto con la Telecom di utenza telefonica, chiamo al 187 e

mi rispondono in Romania. È lecito che io venga avvisato che


miei dati personali vengono trattati in un paese dove non c’è

la normativa che mi tutela, dove c’è comunque una pirateria

informatica, c’è un business dei documenti falsi, quando

l’accesso a questi dati sono accessi sensibili?” perché


ovviamente, parliamoci chiaramente, i call centers hanno

accesso ai nostri dati bancari, quindi anche coordinate

bancarie, anche hanno il termometro di quella che è la


posizione creditizia, quindi è lecito che io che stipulo un

contratto in Italia con un gestore italiano veda i miei dati

gestiti in paesi dove la stessa tutela non c’è? E siamo in

attesa di avere un riscontro, ma è chiaro che è un palliativo,

è un tentativo di dare fastidio, ma è evidente che la partita

deve essere assolutamente politica.

Quindi, queste sono un pochettino le esperienze che come studio

abbiamo affrontato e che vanno, secondo me, politicamente

71
affrontate e risolte. È chiaro che se la politica mette mano al

problema del lavoro sfornando il D.d.L. Lavoro che uscirà tra


qualche giorno è meglio l’assenteismo politico, perché è chiaro

che il D.d.L. che è stato approvato è una sanatoria, è una

sanatoria, è il condono di tutto il precariato, perché se viene

confermato, come io sono certo, perché si è dato molto rilievo

al problema dell’arbitrato, poco al problema del precariato, se

è vero come è vero che tutto quello che c’è stato fino ad oggi

in termini di cessioni di ramo d’azienda e in termini di

precariato va a decadere se non si impugna entro sessanta

giorni il licenziamento è chiaro che parliamo di migliaia e

migliaia di migliaia di cause che le grandi aziende si sono


tolte dal groppone.

INTERVENTO LIDIA UNDIEMI

Passo adesso la parola per la chiusura ad Alessandra Tibaldi.

INTERVENTO ALESSANDRA TIBALDI


Rapidissima perché ho imparato molto a mie spese che poi c’è

un’attenzione anche diversa per le donne e per gli uomini

rispetto agli orari e mi pare che abbiamo disatteso le esigenze


di genere, per le donne e ma anche per gli uomini, sono le otto

e mezza. Allora, io non ho la pretesa di fare conclusioni,

anche perché Maurizio Zipponi all’inizio – è il responsabile

nazionale Lavoro e Welfare dell’Italia dei Valori – ha

delineato bene quelli che sono i punti di riferimento che noi

ci siamo posti rispetto a un programma che Lidia diceva adesso

di aver concluso molto sbrigativamente, ma che io osservavo con

l’avvocato Cirillo che è un programma... come dire, altro che

72
programma quinquennale di qualche decennio fa, è un programma

ventennale e forse trentennale di interventi, e invece penso


che molto bene noi dobbiamo provare a partire da uno schema che

mi sembra assolutamente corretto che tiene insieme

l’implementazione e quindi la moltiplicazione anche delle

informazioni e la circolazione di queste esperienze da una

parte, quindi col protagonismo dei lavoratori, delle

organizzazioni sindacali e dei rappresentanti sindacali che noi

abbiamo qua, e dentro a una crescita e consapevolezza diffusa

che dobbiamo far diventare patrimonio comune di un elemento su

tutti, io non sto a ripetere le cose che sono state dette

sull’idea del low cost e quindi di un mercato parallelo a basso


costo rispetto al combinato disposto negativo tra domanda

povera e offerta povera di lavoro che questo meccanismo crea,


però penso che al di sopra al di tutto questi meccanismi e

anche il mancato governo di questi processi su cui ci si è

rassegnati un po’ tutti, diciamocelo – i sindacati, la politica

– a gestire... non a governare, ma a gestire le ricadute di


questi processi abbia prodotto in realtà una crisi economica

spaventosa, un livello anche di pressapochismo, di

superficialità e di mancanza di competitività da parte delle


imprese... la ministra Gelmini invece si applica, ti voglio

correggere su questo, perché continua ad applicarsi - essendo

io una precaria della Scuola, diciamo così - a devastare la

Scuola, e anche oggi Cameroun, che è il Primo ministro inglese

che io posso non condividere per tante cose taglia...

drammaticamente ristruttura il sistema del Welfare ma non tocca

la Scuola, non tocca la Sanità e non tocca la Ricerca, certo

tocca tutto il resto, secondo me sarà peggio della Thatcher

73
davvero, però insomma almeno anche da quel punto di vista c’è

un’attenzione rispetto al fatto che la Scuola e la Ricerca sono


politiche anticicliche e non servono solo a chi va a scuola, ai

ricercatori, ai docenti e agli alunni, mentre invece faccio

notare che tra le altre cose del D.d.L. lavoro si introduce il

lavoro minorile perché si abbassa l’obbligo scolastico

consentendo anche l’assorbimento dell’obbligo dal quindicesimo

al sedicesimo anno in azienda attraverso il contratto di

apprendistato che è un contratto a causa mista, come sappiamo,

e il cui contenuto formativo è un’altra di quelle partite su

cui gravano fitte nubi, perché di contenuto sicuramente c’è il

grande interesse sulle risorse della Formazione e sulla qualità


della Formazione francamente, io che un po’ mi sono occupata di

queste cose nei cinque anni precedenti a questo, ne ho vista


poco. Allora, che cosa è pericoloso e negativo? Il fatto che

noi non siamo oggi in questo Paese dentro la consapevolezza

diffusa che si esce dalla crisi contando appunto

sull’innovazione e sulla qualità, non sulla rincorsa a basso


costo del lavoro.

Oggi il neo ministro Romani... dunque, tre giorni fa si è

appassionato alla puntata di Report che francamente non era tra


le sue priorità, cioè capire se fosse una puntata scandalosa o

meno, essendo che ha sul suo tavolo centosettanta faldoni

impolverati, tra cui Eutelia e tutti i vostri faldoni, e forse,

diciamo, l’osservazione sul carattere obbrobrioso, “odioso”

della puntata della Gabbanelli sulle note vicende che

sicuramente non riguardano noi qui, quindi le venti case, le

proprietà, eccetera eccetera, nei paradisi fiscali non era una

sua priorità. Oggi vedo che la ricetta che propone – penso che

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abbia firmato il Decreto – sia nuovamente quella degli

incentivi rispetto ad una serie di cose che si possono


acquistare. Ora, premesso che siamo tutti felici degli

incentivi e può servire, ma davvero noi pensiamo che rispetto

al crollo della produzione – perché i titoli volano in Borsa,

quelli di Fiat, e sono schizzati alle stelle dopo la notizia

della Newco con tutte le cose che Lidia e l’avvocato Cirillo e

voi descrivevate molto bene -... ma davvero pensiamo che noi

usciamo da una crisi di sistema, di settori industriali esplosi

e maturi e di fronte alla necessità di riconversione e di

riqualificazione noi ce ne usciamo con gli incentivi? Per fare

cosa, per comprare la quarta macchina? Francamente questa cosa


mi sembra davvero che denunci un respiro non strategico, cioè

la mancanza di una visione generale e la mancanza di una


visione proprio sulla politica industriale, perché non è vero

che ai tavoli che io ho frequentato insieme a voi per altre

cose e ai tavoli del Ministero dello Sviluppo Economico non

arrivano i piani industriali, arrivano delle cartelle di cento


pagine, centocinquanta, che si chiamano “Piani Industriali”, ma

in realtà non sono nulla, cioè sono piani finanziari quando va

bene, perché a volte neanche è facile farli e adesso sempre più


spudorati, perché poi la sciatteria fa cadere verso il basso

anche delle operazioni che in realtà sono di semplice

mistificazione di quello che non è e si arriva oltretutto a

questa continua deregolamentazione e quindi anche svilimento e

indebolimento delle tutele su cui noi oggi abbiamo

oggettivamente le armi spuntate, atteso che, e vado a chiudere,

io sono abituata a vedere, a impostare un progetto, ma penso

che quell’immagine dei 2 euro che Stefano tirava fuori dalla

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tasca che rappresentano la condizione delle tante centinaia di

lavoratori che oggi pomeriggio ci hanno seguito in questa


iniziativa per la quale ringrazio moltissimo, e penso a nome di

tutti, Lidia per la competenza e la passione - no, è

assolutamente, come dire, penso patrimonio di tutti - che ha

dedicato anche nel ricostruire e nel mettere insieme i saperi,

nel cercare pazientemente di creare una rete e di tenere viva

l’attenzione e di fare in modo che tutto questo diventasse

patrimonio comune, quindi a disposizione di tutti, quei 2 euro

sono proprio la rappresentazione plastica della svalorizzazione

del lavoro e dei diritti del lavoro di fronte alla quale noi

siamo. Abbiamo un D.d.L. Lavoro che dice una serie di cose e


alcune le abbiamo dette; per esempio, i risvolti relativi alla

Sicurezza sono assolutamente drammatici, atteso che dentro


qualche codicillo c’è scritto che si abolisce tout court il

Registro degli Infortuni che doveva essere in mano

all’imprenditore e adesso diventa un optional, atteso che

rispetto a tutta l’operazione, certo, limitata che si era fatta


qualche anno fa di contrasto al lavoro grigio, all’area del

lavoro sommerso, del lavoro nero, la discussione sugli indici

di congruità che conteranno o meno nel momento in cui si stende


un capitolato d’appalto, cioè la verifica di quanto lavoro

serve per produrre quel bene? Immediatamente la prima cosa che

questo Governo ha fatto è stata azzerare gli indici di

congruità, voglio ricordare da donna, ma vale per tutti, perché

una vecchia fissa che ho, il fatto di aver abolito la legge 188

sulle dimissioni in bianco che oggi si ripresenterà

drammaticamente soprattutto quando, a proposito di arbitrato,

un lavoratore entro i trenta giorni dalla conferma del proprio

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contratto di lavoro dovrà scegliere se ricorrere o meno al

giudice o piuttosto non immaginare questa meravigliosa


soluzione di una condizione di equità da mettere in mano

all’arbitrato, come se io, oppure ognuno di voi foste in una

condizione paritetica di fronte al vostro datore di lavoro più

o meno presunto – perché di questo si tratta -, più o meno

intelligente, più o meno... insomma, capace di fare

l’imprenditore piuttosto che altro come è successo nel caso di

Eutelia.

Allora, rispetto a tutto questo noi dobbiamo sapere che siamo

indeboliti, che questa è una fase difficile, perché non è vero

che questo Governo non fa, questo è il Governo del non fare
sulle politiche industriali, perché praticamente proprio le ha

rimosse e derubricate, ma rispetto invece al Diritto del Lavoro


e al processo del Lavoro, al Contratto Collettivo Nazionale

che, parliamoci chiaro, dopo Pomigliano non è che possiamo

pensare che non sia successo niente, cioè noi siamo oggi in

un’operazione di resistenza molto più difficile e quindi stai


bene a spiegare e a capire qual è la strumentazione con la

quale ricostruire quella catena di responsabilità che

finalmente mette in condizione colui il quale... l’azienda che


cede, diciamo così, la controllante di avere e mantenere le sue

responsabilità sui lavoratori che vanno a finire nella

controllata, magari al cento per cento, con operazioni e

condizioni di mono - committenza, per cui poi si scopre che

fanno esattamente la stessa cosa che facevano prima, salvo

costare di meno e salvo smaltire manodopera per potere avere

meno costi e quindi potersi magari collocare meglio in Borsa.

C’è da dire anche che rispetto ad alcune questioni – noi ne

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parlavamo prima su... indico l’Avvocato perché è prossimo e

Lidia parlava, ma insomma penso che valga per tutti - ci


dicevamo che anche rispetto alle partite dell’appalto,

all’introduzione di clausole o di principi che possano o

garantire la clausola di salvaguardia - e alcuni contratti ce

l’hanno ma altri no, le pulizie ce l’hanno, i metalmeccanici no

– rispetto ai cambi appalto, oppure addirittura di pensare di

introdurre la norma che va a intervenire sul 2112, quindi sul

Codice, abbiamo a che fare anche con delle difficoltà che

attengono a principi oramai consolidati per esempio in sede

europea e non soltanto che è quello del diritto alla libera

concorrenza per esempio; io mi sono trovata, ma penso che valga


per tutti... insomma è difficile farlo ma ognuno di noi credo

che sia in qualche modo incappato nella situazione di dover


fare un capitolato d’appalto, insomma un bando ecco, una gara.

Allora, lì mettere nero su bianco che tu devi riassumere i

lavoratori in caso di cambio appalto e di lavoratori che vanno

in capo a un’altra società è un po’ difficile, perché


correggerete se sbaglio, immediatamente ti si presenta magari

due o tre pareri diversi di natura giuridica – io non sono un

avvocato, ma siccome vengo dalla Scuola le cose che non so le


imparo e le vado a chiedere a chi sa -... insomma, cinque

interpellati, due mi hanno detto che si poteva fare, tre che

non si poteva fare, uno che era una cosa dubbia: “Ah, perché

comunque c’è il diritto alla libera concorrenza da parte delle

imprese.”. Allora, questo per dire che noi dobbiamo capire che

c’è una difficoltà complessiva, ma che oggi, proprio oggi, ci

sono le condizioni per fare in modo che queste difficoltà, di

cui dobbiamo essere più consapevoli che in passato, ci mettano

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in condizione di andare oltre, quindi di esplorare con molta

lucidità tutto il progetto politico contro le esternalizzazioni


che Lidia ha illustrato benissimo e che ha anche esemplificato

nello schema. Perché dico “con lucidità”? - e chiudo davvero -

perché io credo che per azzerare quella... visto che hanno

azzerato tutto davvero sul terreno delle tutele e che non siamo

in una condizione decisamente di avanzamento, ma se mai appunto

di quella resistenza di cui parlavo prima, per passare da

quella immagine dei 2 euro a cui si è ridotto il valore di

duemila lavoratori noi abbiamo la necessità assoluta di portare

a casa dei risultati, cioè di capire lucidamente, dentro uno

schema che noi teniamo presente, perché quello è il nostro


orizzonte, la Stella Polare, quindi la strategia articolata che

tiene insieme l’Informazione, l’operazione politica, l’azione


legislativa, la mobilitazione sociale, la moltiplicazione di

saperi, però lì dentro capire subito cosa possiamo portare a

casa; cominciamo dai verbalizzatori, dal Ministero da Grazia e

Giustizia? Io vi avviso che non c’è mai fine al peggio e sta


accadendo che ispirati dalle migliori intenzioni molte

Province, per esempio, stanno facendo accordi con i quali danno

l’integrazione salariale, quindi reddituale, ai lavoratori in


cassa integrazione per andare all’interno dei tribunali e delle

cancellerie, allora voi capite che di per sé la cosa è

sacrosanta, vale anche per gli ammortizzatori sociali,

benissimo accordi perché attraverso quello c’è un’integrazione

sul reddito, ma che succede quando quei lavoratori inseriti

all’interno delle prefetture o magari nelle cancellerie vanno,

come dire, ad essere in conflitto e magari in competizione con

i lavori esternalizzati che a loro volta sono lì per fare dei

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lavori che sono compito del Ministero di Grazia e Giustizia,

perché il decreto flussi si fa sempre, perché bisogna


regolarizzare gli stranieri e perché quella è un’attività che

rientra nel cosiddetto core business del Ministero di Grazia e

Giustizia e di nessun altro, fermo restando che poi dobbiamo

lavorare per aumentare l’indennità di cassa integrazione da 800

a 1.000, dobbiamo lavorare per reinternalizzare chi si può

reinternalizzare, sapendo che è complicato perché nel pubblico

c’è il concorso, eppure si può fare, eppure si può fare... e

poi magari lo diremo anche dentro... insomma, qualche piccola

esperienza c’è che ci può dare la direzione di marcia, e però

insomma con molta concretezza dicendoci le cose come stanno e


provando, dentro un ragionamento molto disteso, di grande

chiarezza, di grande serietà anche degli impegni che prendiamo


uno con l’altro, che un partito, un forza politica,

un’organizzazione io penso della rappresentanza sociale, un

sindacato – in questo caso siamo nella casa di un partito e

quindi un’organizzazione politica – deve dire chiaramente: “Fin


qua possiamo arrivare, ci diamo l’impegno di venti obiettivi,

uno lo portiamo a casa a fine anno; su tre lavoriamo entro

Giugno prossimo e vediamo se ci riusciamo; il resto attiene


alla nostra visione generale con le difficoltà che ci sono”,

però anche, io penso, con la straordinaria ricchezza del

patrimonio che qui oggi noi abbiamo anche portato sulla rete e

quindi trasmesso a centinaia di persone, di uomini e di donne,

di lavoratori e lavoratrici che ci stanno seguendo e sapendo –

io lo voglio dire con orgoglio che faccio mio, ma in realtà

appartiene a chi ha governato per competenza, diciamo, per chi

ha la responsabilità in questo settore – che davvero l’Italia

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dei Valori vanta da questo punto di vista, anche a partire

dalla serata di stasera e dal grande, grandissimo, che voi e


Lidia su questo tema avete messo insieme una ricchezza davvero

straordinaria di materiali, di esperienze e anche, io dico, una

modalità nuova con la quale provare davvero non a parlare di

nuova politica, perché insomma siamo tutti nuovi e tutti vecchi

a modo nostro, però a far vedere che si può fare, appunto

partendo da questo, dalla condivisione, dalla serietà anche

delle argomentazioni e dalla possibilità finalmente di

cominciare a riportare a casa, cioè in capo a chi li merita,

dei risultati, magari piccoli però dentro un quadro condiviso.

INTERVENTO LIDIA UNDIEMI

Chiudiamo, saluto tutti e vi ringrazio, ci pensavo veramente


tanti anni fa a raggiungere questo progetto e ho detto che non

è possibile che riesco a farlo diventare un problema sociale,

cioè la consapevolezza che esiste un problema sociale e

politico? Eppure lavorandoci con delle persone che io ho qua di


e delle quali comunque sono molto amica, perché poi per forza

le vite si incrociano e se lui ha un problema o lui ha un

problema diventa un mio problema, perché è allucinante vedere


come si possa arrivare al punto che dei padri di famiglia

debbano comunque vivere con 800 euro al mese e dare conto ai

propri figli che magari vanno all’Università... Voi avete una

grande dignità e siete i nostri eroi, secondo me, quindi

buonasera a tutti.

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INDICE ANALITICO

Intervento Dott.ssa Lidia Undiemi da pag. 1 a pag. 12

Intervento On. Maurizio Zipponi da pag. 12 a pag. 20

Intervento Dott.ssa Lidia Undiemi da pag. 21 a pag. 22

Intervento Stefano Zimbolo da pag. 21 a pag. 31

Intervento Dott.ssa Lidia Undiemi da pag.31 a pag. 32

Intervento Stefano Fedele da pag. 32 a pag. 38

Intervento Dott.ssa Lidia Undiemi da pag. 38 a pag. 39

Intervento Francesco Furnari da pag. 39 a pag. 45

Intervento Dott.ssa Lidia Undiemi pag. 45


Intervento Andrea De Nigris da pag. 46 a pag. 49

Intervento Dott.ssa Lidia Undiemi pag. 50


Intervento Dott.ssa Valeria Vinci da pag. 50 a pag. 54

Intervento Dott.ssa Lidia Undiemi da pag. 54 a pag. 55

Intervento Ani Florentina Gheorghe da pag. 55 a pag. 58

Intervento Dott.ssa Lidia Undiemi da pag. 58 a pag. 59


Intervento Roberto Ruocco da pag. 59 a pag. 63

Intervento Dott.ssa Lidia Undiemi pag. 63

Intervento Avv. Ernesto Cirillo da pag. 63 a pag. 72


Intervento Dott.ssa A. Tibaldi da pag. 72 a pag. 81

Intervento Dott.ssa Lidia Undiemi pag. 81

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