Sei sulla pagina 1di 8

DIRITTO DEL LAVORO

26/09/2023

Che cosa studia il diritto del lavoro?


Il diritto del lavoro agisce su due diversi livelli di relazioni:
 studia la regolamentazione del rapporto individuale di lavoro  rapporti di lavoro in senso stretto,
cioè il rapporto di lavoro che si instaura tra il datore di lavoro e il lavoratore
 approfondisce le relazioni collettive di lavoro  relazioni che si instaurano e stabiliscono intorno ai
rapporti di lavoro individuali per la difesa e rappresentanza degli interessi dei lavoratori e dei datori
di lavoro.

Il diritto del lavoro presenta una sua “diversità culturale” e in qualche modo una sua autonomia rispetto agli
altri diritti. Dal punto di vista scientifico e didattico, il diritto del lavoro è stato in una prima fase concepito
come una parte del diritto privato, secondo una ripartizione classica che si applicava tra diritto civile,
commerciale e del lavoro. Ben presto si è iniziato a capire che le logiche del diritto privato se venivano
applicate senza correttivi ai rapporti di lavoro, le logiche del diritto privato non appaiono sufficienti a
garantire un equilibrio in quel rapporto di scambio che sta alla base del contratto di lavoro individuale. Alla
base del contratto di lavoro individuale vi è uno scambio che si instaura tra due soggetti (datore di lavoro e
lavoratore) è uno scambio tra lavoro e retribuzione.

Francesco Santoro Passarelli: “il contratto di lavoro riguarda l’avere per l’imprenditore, ma l’essere
per il lavoratore”. Il lavoratore quando svolge un’attività lavorativa ci mette sé stesso e la sua persona, il suo
essere. I rapporti contrattuali tra lavoratore e datore di lavoro hanno ad oggetto una prestazione lavorativa
che stabilisce un compenso. All’interno del lavoro vi è un fortissimo coinvolgimento della persona del
lavoratore  dato che caratterizza il rapporto di lavoro rispetto a tutti gli altri vincoli patrimoniali regolati
dal diritto privato. Il contraente debole all’interno del contratto di lavoro individuale è il lavoratore, il quale
utilizza le sue energie lavorative per soddisfare gli interessi del datore di lavoro.

Il diritto del lavoro nasce come risposta dell’ordinamento giuridico rispetto ad una situazione di disparità che
può esistere tra le parti del contratto  il datore di lavoro è il soggetto che detiene i mezzi di produzione,
colui che detiene il capitale, proprietario della fabbrica ed è colui che utilizza le prestazioni lavorative di
soggetti che svolgono l’attività al suo vantaggio. Alle origini il lavoratore è un soggetto che poteva offrire il
suo lavoro e le sue energie lavorative, ciò creava uno squilibrio a vantaggio del datore di lavoro.
Tale finalità spiega quella che è la tecnica legislativa che per molto tempo ha caratterizzato questa materia 
la norma di legge inderogabile; tutto il diritto del lavoro è stato contraddistinto da questa tecnica. Ciò vuol
dire che una certa norma non può essere derogata da parte di un’autonomia privata, tanto da una individuale
tanto da una collettiva. Essa fissa delle tutele basiche a vantaggio del lavoratore. Il che vuol dire che la norma
di legge si impone sugli atti dell’autonomia privata che sono difformi da quelli previsti da una norma di legge.
Questo principio vuol dire che lo stesso lavoratore non è libero di derogare quanto previsto dalla norma di
legge ed è inoltre protetto dalla sua stessa libertà negoziale.
L’inderogabilità nasce per tutelare la debolezza contrattuale del lavoratore subordinato e per equilibrare la
disparità sostanziale presente nel rapporto di lavoro. Nel diritto del lavoro l’inderogabilità è in senso
negativo, perché le parti non possono derogare in senso peggiorativo il livello minimo di tutela previsto dalla
legge. Viceversa la norma di legge può essere derogata in senso migliorativo per il lavoratore.
 Inderogabilità in peius: la norma che fissa un certo standard di tutela non può essere derogata in
senso peggiorativo dall’autonomia privata/collettiva (es: art. 2103: divieto di mutamento unilaterale
in peius; diritto alle ferie annuali e settimanali; diritto alla sospensione del rapporto di lavoro per
malattia, gravidanza, puerperio, servizio militare). La norma chiave per comprendere il concetto
dell’inderogabilità è contenuta nell’articolo 2113 del Codice Civile
 Derogabilità in meius: la stessa norma di legge può essere derogata qualora essa vada a migliorare
le condizioni del lavoratore.
Per una lunga fase il diritto del lavoro è stato contraddistinto da un assetto garantista da parte del legislatore.
Si è poi assistito ad un’attenuazione e flessibilizzazione dell’inderogabilità. Questo soprattutto attraverso una
delega sempre più ampia in seguito alla contrattazione.

La tripartizione del diritto del lavoro


o Diritto del lavoro in senso stretto  costituito da tutte quelle norme che disciplinano direttamente il
rapporto di lavoro. Norme che fissano quei minimi di trattamento che devono essere garantiti al
lavoratore, questi sono riconducibili non solo alle norme di legge ma anche nei contratti collettivi e di
lavoro individuali.
o Diritto sindacale  riguarda il fenomeno delle coalizioni sindacali e delle loro attività. Nasce e si
evolve in base alla storia del movimento operaio, riflettendo la contrapposizione tra lavoro e capitale
come conseguenza della Rivoluzione industriale. La tutela del lavoratore si realizza attraverso una
serie di norme.
 Art. 39 Cost. libertà sindacale
 Art. 40 Cost.  diritto allo sciopero
o Diritto della previdenza sociale

Evoluzione storica del diritto del lavoro

Modelli del diritto del lavoro italiano


 Il modello liberale puro: fino ai primi anni Novanta dell’Ottocento.
 Il modello liberale sociale: fino al 1920.
 Il modello corporativo: epoca fascista  ventennio nel quale viene adottato il Codice Civile (1942).
 Il modello costituzionale: 1948.
 Il modello garantista: legge 300/1970  statuto dei lavoratori, che ha avuto il contributo
fondamentale di Gino Giugni.
 Il modello emergenziale: anni ’70-’80. Le crisi economiche avranno un grande impatto sul diritto
del lavoro  si aprirà un nuovo modello di gestione delle relazioni sindacali: fase della
concertazione.
 Anni della transizione verso il nuovo millennio: anni ’90.
 La legislazione del terzo millennio.

Lo sviluppo del diritto del lavoro in Italia: il modello liberale puro


La rivoluzione industriale cambia in modo radicale il diritto del lavoro poiché in poco tempo viene cambiato
l’assetto artigianale del diritto del lavoro, in un contesto sociale che si fonda sul mondo agricolo.
Le trasformazioni che avvengono nell’Ottocento risentono dell’avvento della macchina, la rivoluzione
industriale ne è fortemente legata poiché la macchina è posta al centro di un nuovo metodo di lavoro
finalizzato alla produzione di una serie di un bene. La macchina non è più quella rudimentale usata
dall’artigiano, ma è sempre qualcosa di molto più complesso, costoso e ingombrante  serve la fabbrica, le
quali si concentrano nelle grandi città. Sono gli artigiani che lavorano nelle fabbriche e lo stesso avviene per
gli agricoltori.
In Italia l’attività industriale decolla molto lentamente e si concentra nel nord del paese, mentre il sud è
ancorato alla logica del latifondo. Intorno alle grandi fabbriche nascono le città e le persone si trasferiscono
dalle campagne per poter lavorare.
Questo è il secolo della cosiddetta ideologia liberale, cioè abbiamo un sistema che si fonda su quella che
viene chiamata la libera determinazione delle parti contrattuali  si ha un’ideologia che si fonda sulla
eguaglianza degli individui e sul sostanziale on intervento da parte dello Stato. Secondo questa ideologia i
cittadini, indistintamente, dispongono liberamente dei loro interessi, mediante il contratto.

27/09/2023

L’associazionismo dei lavoratori


Questo è un principio base dell’ideologia liberale  divieto di entità intermediarie tra l’individuo e lo Stato
Aggiungere

Nel modello liberale-sociale abbiamo altre importanti caratteristiche. Nell’ultimo decennio dell’Ottocento
l’Italia inizia a diventare un paese industrializzato, ma le condizioni lavorative sono molto pesanti questo
perché vengono utilizzate le c.d. “mezze forze”. Vengono impiegati all’interno di fabbriche e miniere molti
bambini (che costano di meno e riescono a lavorare in posi molto angusti.) e donne. In molti testi letterari
vengono immortalati queste situazioni, quali Verga, Zola. In questo momento storico esplode la questione
sociale, da più parti si prende atto dell’insostenibilità della condizione di sotto-protezione dei lavoratori
all’interno delle fabbriche. I lavoratori sono come degli ingranaggi, sviliti e mortificati nel loro essere
persona. Questo porta loro a riunirsi nelle fabbriche e cominciano a rendersi conto di essere compartecipi
della loro comune condizione  si associano e condividono le loro difficoltà precarie. Chiedono dunque delle
condizioni lavorative di tipo salariarie, ma anche migliori condizioni di lavoro. Queste richieste vengono
portate avanti con forza e porta gli operai a coalizzarsi e iniziano a nascere le prime forme di associazionismo.
 Società di mutuo soccorso (1886)
 Camere del lavoro (1891)  prime forme di organizzazione collettiva degli operai. Queste
costituiscono l’organizzazione principale di lavoro, ancora oggi a livello provinciale, della CGIL.
La condizione dei lavoratori viene anche nominata dall’enciclica di papa Leone XIII “Rerum novarum” con la
quale la Chiesa prende atto della condizione in cui si trovano le masse dei lavoratori, rendendosi conto della
condizione di crisi e di disagio. Da una parte la Chiesa rimproverava gli imprenditori e i capitalisti, per il loro
egoismo e il loro attaccamento al denaro, dall’altra si esortavano i lavoratori a non portare avanti una lotta di
classe, a non irrigidire un conflitto, ma a collaborare tra mondo imprenditoriale e classe operaia, in modo che
tutti raggiungano uno stato di benessere.

Il testo normativo più importante di questo periodo è il codice penale Zanardelli del 1889. Questo è
importante perché:
 Il codice riconosce la libertà di stipulare contratti collettivi di lavoro, che in questo momento
vengono disciplinati come contratti di diritto privato
 Il riconoscimento della libertà, non solo di costituire un’associazione collettiva (sindacato), ma
anche la libertà di astenersi dal lavoro in forma collettiva (libertà di sciopero). Prima di allora il
lavoratore che scioperava era perseguibile, mentre con Zanardelli lo sciopero diviene una mera
libertà  il lavoratore che sciopera non è penalmente perseguibile, ma pone ancora in essere una
violazione del suo contratto di lavoro. Quindi non può essere sanzionato penalmente, ma
civilmente, perché non sta rispettando il suo contratto di lavoro: civilmente illecito.

Nel 1901 nasce la FIOM (Federazione italiana degli operai metallurgici). Questo è un momento molto
importante perché questo associazionismo si trasforma in sindacato, così come lo conosciamo oggi. Infatti di
lì a poco nasce la CGdIL nel 1906 (Confederazione generale dei lavoratori). La FIOM firmerà per la prima
volta un contratto con i rappresentanti del mondo imprenditoriale. Questo perché in quegli anni iniziano a
formarsi anche le associazioni imprenditoriali  nel 1910 nasce la Confederazione italiana dell’industria
(CIdI) che diventerà poi Confindustria.
Le lotte sindacali in questi primi anni sono finalizzate a stipulare i c.d. concordati di tariffa  contratti
collettivi che vengono sottoscritti e stipulati con la finalità di regolamentare la materia retributiva, il prezzo
del lavoro.

La prima legislazione sociale


In questi anni inizia ad affermarsi una legislazione sociale a protezione dei lavoratori.
Vengono tutelati le donne e i fanciulli e prende avvio con la l.80/1898 la tutela degli infortuni sul lavoro.
Successivamente si affiancano poi altre tutele:
 Previdenza sulla vecchiaia e invalidità (volontaria nel 1907, obbligatoria nel 1919)
 Lavoro nelle risaie
 Riposo settimanale e festivo
 Sussidio di maternità
Dopodiché nel 1919 abbiamo la normativa sull’assicurazione di disoccupazione involontaria (a seguito del
conflitto bellico).

Dopo la prima guerra mondiale inizia una nuova fase del diritto del lavoro, legata all’avvento del fascismo.

Il modello corporativo
Si sviluppa nel ventennio fascista. Il fascismo nasce ufficialmente con la nascita dei fasci italiani di
combattimento, nel 1919 a Milano. Nel 1922 si ha la marcia su Roma e mussolini riceve l’incarico di formare
il nuovo governo. Tra il 1925-26 vengono adottate le leggi fascistissime  abolizione di ogni libertà politica.
Durante il fascismo non si parla più di diritto al lavoro, ma di diritto corporativo. Proprio con questo nome, il
“diritto del lavoro” entra nei corsi universitari. Il corporativismo è l’ideologia portante del fascismo. Per il
fascismo lo Stato ha il compito di intervenire per mantenere la giustizia e la pace sociale tra le diverse classi
sociali, che sono in contrapposizione tra loro. Ma a differenza dello stato liberale in cui non vi era intervento,
nel fascismo l’interesse da proteggere è quello della nazione e non dell’individuo  un interesse superiore
rispetto a quello dei privati. Questo interesse superiore trova realizzazione nelle corporazioni che verranno
istituite nel 1934  organi dello Stato che riuniscono e sintetizzano gli interessi di entrambe le classi (sia dei
lavoratori che dei datori di lavori, perché l’idea è quella che non ci sia conflitto tra le parti). Nelle
corporazioni verranno riuniti i sindacati dei lavoratori e datori di lavoro  collaborazione piena atta ad
evitare un conflitto sterile di classe.

Si registra il passaggio da un sistema caratterizzato dall’astensione legislativa ad un sistema minutamente


regolato dalla legge in funzione repressiva del conflitto sindacale.
Parlando del corporativismo si intende un sistema nel quale non rileva più l’interesse del capitale come
interesse antagonista rispetto a quello dei lavoratori, perché l’unico interesse superiore è quello dello Stato
che deve scavalcare ogni residua contrapposizione di classe  Carta del lavoro 1927.
Sul piano dei rapporti collettivi
L’ordinamento fascista ha una visione molto negativa del conflitto sindacale, poiché bisogna superare la
logica del conflitto tra lavoro e capitale, una patologia che deve essere estirpata. Nel 1919-1920 si ha il c.d.
“biennio rosso” poiché diversi sono stati i conflitti sindacali esplosi nelle fabbriche. Alla FIAT di Torino
vengono istituiti i primi consigli di fabbrica  organismi eletti da parte di tutti i lavoratori che fanno da
rappresentanti e portavoce di quelli che sono gli interessi e rivendicazioni dei lavoratori stessi. Questi
evolveranno i quelli che saranno le rappresentanze sindacali aziendali.
L’ordinamento reagisce agli scioperi in maniera molto forte e violenta. Le lotte vengono represse in maniera
brutale  soppressione del pluralismo sindacale. I lavoratori, prima di allora, erano liberi di costituire un
sindacato alla quale i lavoratori che aderiscono assegnano il compito di rappresentarli nelle rivendicazioni.
Tutto questo cambia radicalmente con il fascismo  progressiva soppressione del pluralismo sindacale tanto
che nel 1925, con l’accordo di palazzo Vidoni, ci sarà il riconoscimento del sindacato unico fascista. Vengono
soppressi tutti gli organismi, i consigli di fabbrica e tutte le funzioni passano al sindacato fascista. Nel 1926
viene istituzionalizzato il sindacato unico fascista che avrà il monopolio nella rappresentanza dei lavoratori.
Nel 1927 verrà sciolta la CGIL e ricostituita dopo la fine del regime fascista. Si passa quindi ad un sindacato
unico fascista che rappresenta tutti i lavoratori appartenente ad una certa categoria.
Ci sono dei rapporti collettivi che si ispirano a nuovi principi:
 Sindacato unico fascista  unico soggetto che rappresenta gli interessi dei lavoratori: per
ogni categoria dei lavoratori (predeterminata per legge) veniva attribuita la personalità giuridica
di diritto pubblico. Poteva inoltre stipulare contratti collettivi con efficacia erga omnes.
Nel 1930 verrà emanato un nuovo codice penale  Codice penale Rocco. Da qui si arriverà alla
repressione penale dello sciopero (art.530-533 per lo sciopero dei dipendenti pubblici, che rimarranno in
vigore fino al 1990), che era diventata una libertà con il Codice Zanardelli.

Contratto collettivo corporativo


È un contratto di diritto pubblico ed è al pari della legge. Inoltre è disciplinato dalle norme del Codice civile
ed ha un’efficacia erga omnes, esattamente come la legge, si applica a tutti i lavoratori appartenenti ala
categoria di riferimento (art.2060-2070 Cod. Civ.). È inderogabile e se nel contratto di lavoro individuale, le
parti hanno inserito delle clausole diverse da quelle previste nel contratto collettivo, quelle clausole del
contratto individuale vengono sostituite di diritto da quelle contenute nel contratto collettivo. Ma questa
inderogabilità è solo in peius.

Sul piano dei rapporti individuali


Regio decreto legge 125/1924: ha disciplinato in maniera organica e minuziosa il rapporto di lavoro degli
impiegati nelle aziende private. Questo è importante perché per la prima volta una legge ci fornisce la
nozione di lavoratore dipendente. Si trova uno statuto protettivo di un’intera categoria di lavoratori, che non
è quella operaia, ma quella impiegatizia. I lavoratori tutelati e protetti sono gli impiegati, gli operai erano la
classe proletarie, cioè la classe che aveva meno “simpatia” per il fascismo, a differenza del ceto medio che
dava maggior consenso al fine di consolidare il potere. In questo momento storico operai e impiegati sono
molto diversi tra loro: gli impiegati svolgono un lavoro intellettuale (piccola e media borghesia, colletti
bianchi), gli operai costituiscono il proletariato (le tute blu). Spesso le fabbriche avevano ingressi, mense
diverse per le due categorie, erano due mondi distanti e sostanzialmente separati tra loro. Questa legge andrà
ha costituire la base per la futura realizzazione di norme a carattere generale che saranno contenute nel
Codice Civile del 1942 (Libro V, Titolo II, Capo I). Il Codice Civile incorpora una serie di disposizioni
importanti quali il rapporto di lavoro e la previdenza sociale e molte di queste previsioni sono ancora oggi
vigenti (subordinazione, poteri disciplinari e direttivi).

 L’art. 2086 c.c. fornisce la definizione di imprenditore: il capo dell’impresa e da lui dipendono
gerarchicamente i suoi collaboratori.
 L’art. 2082 c.c. dà una definizione ancora più puntuale di imprenditore: chi esercita
professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di
beni e servizi.
 L’art. 2055 c.c. dà una definizione di azienda: è il complesso di beni materiali e immateriali che
organizza l’imprenditore per l’esercizio dell’impresa.
 L’art. 2094 c.c. dà una definizione di lavoratore subordinato: colui che si obbliga a collaborare
nell’impresa alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore. Gli elementi della
subordinazione sono: la collaborazione, l’assoggettamento del lavoratore, la diligenza (art.2104
c.c.) e la fedeltà (art.2105 c.c.) al datore di lavoro.
 La definizione di lavoratore autonomo è presente nell’art. 2222 c.c.
02/10/2023
All’interno del Codice Civile è presente un principio importante, ovvero che le tutele del lavoratore devono
essere coordinate all’interesse della produzione nazionale  art. 2085 c.c.; art. 2089 c.c.: superare il conflitto
delle classi per avere come interesse primario quello dello Stato. Nello svolgimento dell’attività lavorativa è
importante considerare anche l’interesse dell’impresa  art. 2103 c.c. (nella sua formulazione originaria:
l’imprenditore può, in relazione all’esigenza dell’impresa, adibire il prestatore di lavoro ad una mansione
diversa purché essa non importi una diminuzione della retribuzione; art. 2104 c.c.).
Il Codice Civile detta anche una prima disciplina del licenziamento:
 Art. 2118 c.c.  “licenziamento per libera recidibilità”: ciascuno dei contraenti può recedere al
contratto a tempo indeterminato, dando il preavviso nei termini e nei modi stabiliti dalle norme
corporative. Quindi sia il lavoratore che il datore di lavoro possono recedere dal contratto a
tempo indeterminato dando preavviso all’altra parte  unico obbligo che grava in capo al
soggetto che decide di recedere dal contratto è di dare un preavviso all’altra parte.
 Art. 2119 c.c.  riguarda il “licenziamento per giusta causa”: il lavoratore può essere licenziato in
tronco se pone in essere un grave inadempimento del suo contratto di lavoro. Qualora il
lavoratore ponga in essere un comportamento talmente grave da impedire la prosecuzione del
rapporto lavorativo, il datore di lavoro può licenziarlo anche senza preavviso.

Bisognerà aspettare il 1966 per avere una normativa di tutela del lavoratore per il licenziamento, prima di
allora la normativa era contenuta solamente in questi due articoli.
Il lavoratore all’interno del codice civile è un soggetto che necessita di essere tutelato all’interno del sistema
giuridico. Ciò rinviene a due articoli:
 Art. 2077 c.c.  inderogabilità delle norme di legge e dei contratti collettivi: efficacia del
contratto collettivo sul contratto individuale. I contratti individuali di lavoro devono uniformarsi
alle condizioni previste in quello collettivo (si parla di contratto collettivo corporativo che si
applica alla categoria di lavoratori fissata per legge e che ha efficacia erga omnes). Nel caso in cui
non si conformino, le clausole peggiorative sono sostituite di diritto da quelle di contratto
collettivo. A meno che quella clausola non sia più favorevole per il lavoratore  inderogabilità in
peius, salva la derogabilità in melius. La finalità della norma è quella di tutelare la parte più
debole del rapporto, cioè il lavoratore. In questo modo l’ordinamento va a limitare il potere che
ha il lavoratore di disporre i suoi diritti, il lavoratore potrebbe essere indotto dall’altra parte ad
accettare delle condizioni di lavoro più sfavorevoli di quelle previste dal contratto collettivo.
Attraverso questa norma il legislatore ha voluto limitare l’autonomia negoziale del lavoratore,
limitare le condizioni di lavoro qualora queste siano peggiorative rispetto a quelle del contratto
collettivo.
 Art. 2113 c.c.  principio dell’indisponibilità dei diritti derivanti da norme inderogabili di legge e
dalle norme corporative. La norma riguarda le rinunzie e le transazioni: che hanno per oggetto
diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge o da norme
corporative non sono valide. L’impugnazione deve essere proposta a pena di decadenza, entro 3
mesi dalla cessazione del rapporto o dalla caduta dalla data della rinunzia o transazione, se
queste sono intervenute dopo la cessazione medesima.

25 luglio 1943  la caduta del fascismo:


o 1943: ripristino della libertà sindacale e stipulati i primi contratti collettivi
o 1944: scioglimento dei sindacati fascisti e delle corporazioni e ultrattività dei contratti collettivi
corporativi  i contratti collettivi corporativi restano in vigore anche dopo lo scioglimento del
sindacato e continueranno a produrre effetti fin quando non verranno sostituiti da contratti post-
corporativi.
o Le norme repressive dello sciopero (c.p. Rocco) rimangono in vigore fino a quando non interverrà la
Costituzione in riferimento all’art.40 Cost. che qualifica lo sciopero come diritto  sarà la Corte
Costituzionale che andrà a reinterpretare la norma del c.p. Rocco alla luce del diritto di sciopero.
o 1944: Patto di Roma  si ricostituisce la CGIL che riunirà al suo interno tutte le anime del
sindacalismo (dai cattolici, ai laici, ai comunisti). La CGIL avrà in pochissimi anni moltissimi iscritti
(6mln nel 1946).
o 1948-1950: di lì a poco la CGIL si scinderà in CISL (componente cattolica) e UIL (componente laica e
socialdemocratica).
o Nel 1950 nasce anche la CISNAL che sarà il sindacato più vicino all’ideologia del sindacato fascista.

Il modello costituzionale. Il lavoro nei principi costituzionali.


Costituzione è frutto dei lavori che portò avanti l’assemblea costituente a partire dal giugno del ’46. La
Costituzione riserva una grande attenzione al lavoro, a partire dall’articolo 1: “L’Italia è una Repubblica
democratica fondata sul lavoro”. Ovviamente la dottrina si è soffermata a lungo su tali principi: il principio
lavorista che ispira la nostra carta costituzionale, evidenzia che il lavoro non è l’unico mezzo di
sostentamento, ma è il tramite per cui si afferma la personalità di ognuno, un mezzo di espressione del
proprio essere e della dignità dell’essere umano.
Il lavoro, dice la Corte Costituzionale, rientra nel novero dei diritti inviolabili di cui parla l’art. 2 Cost. “La
Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni
sociali”.
Ma la norma che maggiormente fa capire l’importanza del lavoro all’interno della Costituzione è l’articolo 3
 principio di uguaglianza sostanziale e formale. Il principio di uguaglianza sostanziale è un principio che
permea tutta la Costituzione poiché si riconosce quanto sia fortemente presente la disuguaglianza e che deve
essere superata. In questa situazione il diritto del lavoro, che è nato per superare le disuguaglianze e per
tutelare i lavoratori in quanto soggetto debole, si incardina alla perfezione nell’art.3 Cost. e riceve, dunque,
un particolare riconoscimento quale diritto che trattando situazioni socio-economiche squilibrate cerca di
mitigare se non eliminare le disuguaglianze tra lavoratore e datore di lavoro.
Il diritto del lavoro è poi enunciato nell’art.4 Cost. che riconosce il lavoro come diritto e come dovere. L’art. 4
non implica un diritto ad avere un posto di lavoro, ma è una norma che serve a stimolare la Repubblica ad
attivarsi per perseguire l’obiettivo della piena occupazione. Quindi il lavoratore, secondo l’art.4 Cost., ha
diritto di scegliere il lavoro che vuole svolgere. Si ha allora da una parte il divieto di creare o lasciar sussistere
nell’ordinamento delle norme che pongano in atto discriminazioni nell’accesso al lavoro, e dall’altra l’obbligo
di indirizzare le attività dei poteri pubblici alla creazione di tutte quelle condizioni che consentano l’impiego
di tutti i cittadini idonei al lavoro.

Nel Titolo III della Costituzione è presente l’art. 35 che afferma che la repubblica tutela il lavoro in tutte
le sue applicazioni. Tale articolo ha la funzione d’introduzione delle disposizioni presenti nel Titolo III. Esso
non intende determinare le forme e i modi di tutela del lavoro, ma è piuttosto un criterio ispiratore delle
disposizioni successive.
L’art.36 Cost. è una norma programmatica e immediatamente precettiva: al comma 1 si pone come
fondamento l’istituto della retribuzione:
 proporzionata ed efficiente in base alla qualità e quantità del suo lavoro e sufficiente in grado di
assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa  dibattito sul salario minimo
legale: non esiste una legge che individua i livelli di retribuzione che devono essere assicurati ai
lavoratori; tutta questa materia è messa a disposizione dei contratti collettivi, i quali
regolamentano la retribuzione.
 Il terzo comma dell’art.36 è contenuta la norma inderogabile per il riposo settimanale e le ferie
annuali retribuite.

L’art.37 Cost. trova fondamento nella specifica condizione socio-economica delle donne e dei minori e che
nasce dall’esigenza di dare un’attenzione particolare all’integrità psico-fisica dei minori e di dare
un’attenzione particolare alla donna in occasioni particolari della sua vita.
 Il primo comma contiene il principio per il quale la donna ha la parità di trattamento tra uomini
e donne. Il legislatore ha poi previsto in ogni fase di svolgimento del lavoro, una tutela
discriminatoria che la donna potrebbe subire dal datore di lavoro: a partire dall’assunzione, fino
al licenziamento.
 Il secondo comma dice che le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua
essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale e adeguata
protezione.
 Nel terzo comma, la legge stabilisce un limite minimo d’età per il lavoro salariato.
 Nell’ultimo comma, la Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad
essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione.

L’art.38 Cost. riguarda la previdenza sociale e che costituisce il fondamento della sicurezza sociale.
 Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al
mantenimento e all’assistenza sociale.
 I lavoratori hanno diritto
AGGIUNGERE

L’art. 39 Cost.
 L’organizzazione sindacale è libera
 Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o
centrali, secondo le norme di legge
 È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a
base democratica
 I sindacati AGGIUNGERE

L’art.40 Cost. parla del diritto di sciopero:


 Il diritto di sciopero è riconosciuto dalla carta costituzionale come un diritto e si esercita nell’ambito
delle leggi che lo regolano. Queste leggi fino al 1990 non ci sono mai state, verrà adottata una legge
che è l’unica esistente che regolamenta il diritto di sciopero: l.146/1990  nei servizi pubblici
essenziali, al di fuori di questa area non esiste una legge che regolamenta questo diritto.

L’art. 41 Cost. tutela la libertà di iniziativa economica privata e ricorda che l’attività economica privata non
può recare danno alla sicurezza, libertà e dignità umana. Il riferimento alla dignità umana è un limite
all’esercizio dell’attività economica privata.

09/10/2023

Il diritto sindacale
 Che cos’è il diritto sindacale?
Il diritto sindacale riguarda l’area di lavoro “privato”. IL diritto del lavoro e il diritto sindacale sono
prettamente connessi alla storia del movimento operaio, perché il complesso delle regole è il frutto di tutte
quelle rivendicazioni che hanno portato aventi i lavoratori organizzate in materia collettiva.
Per questo tra le fonti, il diritto del lavoro ha il contratto collettivo. Il diritto sindacale consiste in
quell’insieme di norme statuali e contrattuali che disciplinano l’organizzazione collettiva dei diversi gruppi
professionali che rappresentano gli interessi dei lavoratori e datori di lavoro e che vanno a disciplinare
l’organizzazione collettiva e gli strumenti dell’azione dei gruppi operai.

 Le fonti del diritto sindacale


Il diritto sindacale è regolamentato da molteplici fonti. Tra le fonti internazionali troviamo due convenzioni
dell’OIL ratificate in Italia nel 1958:
o N.87/1948 sulla libertà sindacale e la protezione del diritto sindacale.
o N.98/1949 sul diritto di organizzazione e contrattazione collettiva.
Particolarmente importanti sono le fonti europee:
o Art.53 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE)  indica quelle che sono le
materie di competenza dell’UE con gli Stati membri dell’unione stessa. Questa norma esclude delle
materie di grande importanza nel diritto sindacale: la libertà sindacale; il diritto di sciopero; la
serrata; il diritto di associazione  su queste materie gli organi europei non possono assumere
decisioni giuridicamente vincolanti. L’unica materia in cui l’Unione ha competenza è il diritto di
informazione e consultazione sindacale.
o Art. 27 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE (detta Carta di Nizza)  diritto dei lavoratori
all’informazione e consultazione nell’ambito dell’impresa. Riconosce ai lavoratori o ai loro
rappresentanti la garanzia dell’informazione e consultazione in tempo utile nei casi e alle condizioni
previste dal diritto comunitario e dalle legislazioni nazionali.
o Art.28 della Carta di Nizza  riconosce il diritto di negoziazione e di azioni collettive. Questo
riconosce ai lavoratori e ai datori di lavoro il diritto di negoziare e concludere contratti collettivi e
riconosce il diritto di ricorrere il caso di conflitto di interessi ad azioni collettive, compreso lo
sciopero.

Nella normativa europea è regolamentato un importante strumento che consente alle parti sociali di
partecipare alla costruzione del diritto europeo  dialogo sociale europeo. Questo è inteso come tutte le
consultazioni e negoziati avviati a livello europeo dalle organizzazioni rappresentative delle parti sociali e la
normativa contenuta sul TFUE disciplina lo svolgimento di questo dialogo.

La norma più importante del diritto sindacale è l’art.39 della Costituzione:


 Il primo comma afferma che l’organizzazione sindacale è libera. Enuncia un principio di grande
impatto per il ’48 poiché si era usciti dal regime corporativo nel quale persisteva il sindacato unico
che firmava i contratti collettivi con efficacia erga omnes. La carta costituzionale afferma con forza il
principio della libertà sindacale.
 L’articolo si sviluppa in una seconda parte in cui si dice che ai sindacati non può essere imposto altro
obbligo se non la loro registrazione presso appositi uffici locali o centrali secondo le norme di legge.
La carta rinvia ad una legge ordinaria il compito di disciplinare la registrazione dei sindacati.
L’unica condizione che è prevista per i sindacati affinché possano essere registrati è che abbiano degli
statuti che sanciscano con ordinamento interno a base democratica.
 Nel terzo comma si spiega che una volta che il sindacato è stato registrato, esso acquisisce la
personalità giuridica e può, rappresentato unitariamente in proporzione ai loro iscritti, stipulare
contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle
quali il contratto si riferisce (erga omnes).

Soffermandoci sul primo comma dell’art.39  concetto di libertà sindacale. I commi 2, 3, 4 dell’art.39 Cost.
non hanno mai avuto attuazione, il che non vuol dire che non esistono. I sindacati non sono mai stati
registrati e non hanno mai acquisito la personalità giuridica.
Non si parla di associazione sindacale, ma organizzazione  valenza diversa e più ampia del concetto di
associazione. Il che vuol dire che quando ci si organizza non è necessario che la forma sia quella
dell’associazione (es. è valido per un comitato o un gruppo spontaneo non ufficializzato).
Quando si parla della libertà sindacale si distinguono normalmente dei profili individuali e dei profili
collettivi.
 Profili individuali: la libertà sindacale può essere positiva o negativa. La libertà sindacale positiva
è la libertà che ha ogni lavoratore di iscriversi al sindacato. Mentre quella negativa presuppone che è
possibile che un lavoratore possa non iscriversi ad alcun sindacato liberamente, senza essere
sanzionato. L’esistenza concreta della libertà sindacale è sancita dallo Statuto dei lavoratori
(l.300/1970) da cui si desume la concreta esistenza della libertà sindacale positiva/negativa nel
nostro ordinamento:
o In particolare gli art.14 e 15.
 Profili collettivi: si articolano in due sotto-profili ovvero la libertà di organizzazione sindacale e di
azione sindacale (svolgere la sua attività).

Lo statuto dei lavoratori


 Titolo I  della libertà e dignità dei lavoratori (artt. 1-13): tutelano la libertà del lavoratore con
riferimento a situazioni repressive che possono verificarsi nei luoghi di lavoro. Pongono dei limiti
molto precisi all’esercizio dei poteri datoriali: potere direttivo, organizzativo e disciplinare.
 Titolo II  della libertà sindacale (artt.14-18): volto a rafforzare l’effettività del principio della
libertà sindacale all’interno dei luoghi di lavoro. Si vuole assicurare l’esercizio della libertà sindacale
anche attraverso la previsione di un apposito apparato sanzionatorio.
 Titolo III  attività sindacale (artt.19-27). Si trovano norme volte a sostenere l’attività del sindacato
all’interno dei luoghi di lavoro, attraverso il riconoscimento di una serie di diritti (diritti sindacali).
 Titolo IV  disposizioni varie e generali (artt. 28-32). L’art.28 riguarda la c.d. condotta
antisindacale, cosa succede quando il datore di lavoro pone in essere una condotta volta ad impedire
la libertà sindacale o il diritto di sciopero.
 Titolo V  norme sul collocamento (artt. 33-34).
 Titolo VI  disposizioni finali e penali (artt. 35-41). Importante è l’art. 35 dal momento che
individua il campo di applicazione degli articoli contenuti nel titolo III.

L.300/1970, Titolo II, art. 14: diritto di associazione e attività sindacale


“Il diritto di costituire associazioni sindacali, di aderirvi e di svolgere attività sindacali, è garantito a tutti i
lavoratori all’interno dei luoghi di lavoro.”  volto a rendere effettivo il diritto di costituire e aderire ad
organizzazioni sindacali dentro i luoghi di lavoro: riconoscimento per legge della libertà sindacale.
L.300/1970, Titolo II, art. 15: atti discriminatori
Esso detta un altro principio, ovvero il divieto di atti discriminatori
“è nullo qual COPIA E INCOLLA
L.300/1970, Titolo II, art. 16: divieto di trattamenti economici collettivi discriminatori
Si parla di trattamenti economici collettivi

Potrebbero piacerti anche