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MANUALE DIRITTO DEL LAVORO GHERA (inclusa appendice di aggiornamento 2009)

CAPITOLO PRIMO - PROFILI STORICI E DI POLITICA LEGISLATIVA


Le fonti del diritto del lavoro in generale: interrelazione tra legge e contrattazione collettiva Partiamo col prendere in considerazione il sistema delle fonti del diritto del lavoro. A norma dell'art.1 disp.prel.c.c. sono fonti del diritto oggettivo le leggi, i regolamenti e gli usi. Con il R.D.L. 721/1943 e col D.Lgs. 369/1944 vi stata l'abrogazione di un ulteriore fonte, gi contemplata nel succitato art.1, ossia delle norme corporative. L'art. 5 delle preleggi individuava tra le norme corporative gli accordi economici collettivi, i contratti collettivi di lavoro, le sentenze della magistratura del lavoro e le ordinanze corporative, tutte utili come fonti del diritto del lavoro, oggi inutili in quanto fuori dall'ordinamento. Per quanto concerne le fonti, l'unica utilit proviene dall'art.2078 c.c., il quale precisa che gli "usi" hanno efficacia in mancanza di leggi o di disposizioni di contratti collettivi, ma aggiunge anche che gli usi prevalgono sulle leggi se favorevoli al prestatore di lavoro: in tal caso, quindi, si attua una deroga all'art.5 delle preleggi, il quale limita l'efficacia delle consuetudini al solo caso in cui esse siano richiamate da leggi o regolamenti. Siamo, quindi, dinanzi ad un tipico esempio d'integrazione del contratto di lavoro. Tuttavia il contenuto delle fonti del diritto del lavoro non proviene solo dalla volont politica del legislatore, ma anche dall'intervento dell'autonomia collettiva, ossia del potere di autoregolamento degli interessi dei gruppi o delle collettivit professionali, il quale molto spesso ha ispirato l'opera del legislatore. Le tecniche della "recezione, consolidazione ed estensione" sono tipiche della legislazione del lavoro, che molto spesso ha avuto una funzione ausiliaria della contrattazione collettiva (es. L.604/1966 sui licenziamenti individuali, per i quali esisteva gi una disciplina collettiva). Altrettanto spesso, per, il rapporto tra legislazione e contrattazione collettiva ha seguito il modello della "legislazione di sostegno", ossia stato lo stesso potere legislativo, nel disciplinare una materia, a lasciare ampio spazio all'operato dell'autonomia collettiva. La legislazione del lavoro, in tal caso, ha una funzione promozionale rispetto alla contrattazione collettiva, e non solamente ausiliaria. L'evoluzione storica del diritto del lavoro: la fase della legislazione sociale Volendo tracciare un percorso storico del diritto del lavoro italiano, possiamo individuare 3 fasi, intrecciate tra loro e spesso sovrapposte all'interno degli stessi periodi di tempo: la fase della legislazione sociale, periodo in cui le leggi in materia del lavoro si configurano come norme eccezionali rispetto al diritto privato; la fase dell'incorporazione delle norme sul lavoro nel diritto privato comune e quindi nella codificazione civile; la fase della costituzionalizzazione del diritto del lavoro. Nella prima fase la "legislazione sociale" si presenta come risposta dell'ordinamento alla questione sociale sorta in forza della rivoluzione industriale: i lavoratori, aggregati nelle fabbriche e divenuti operai, incominciano ad avere degli interessi specifici di classe che andrebbero tutelati, mentre il codice civile del
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1865 non prevedeva una disciplina del contratto di lavoro, ma la sola "locazione di opere e servizi". Si riteneva che dovesse essere l'autonomia privata a prevalere nel campo della regolamentazione del lavoro industriale e che dovesse essere il mercato a fissare salari e condizioni di lavoro. Addirittura in Francia era vietata la coalizione con fini di rivendicazione ed in Inghilterra venivano represse le libert sindacali. Verso la met del 1800 si incomincia a capire, anche sotto la spinta del problema della questione sociale, che bisogna intervenire, anzitutto non vietando l'operato dei sindacati, i quali iniziano a porre in essere la propria funzione di resistenza economica e di promozione politica, e soprattutto salvaguardando tutta una serie di diritti dei lavoratori, quali la differenziazione di trattamento dei fanciulli e delle donne o il diritto all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni: inizia, cos, la legislazione sociale. Tuttavia vengono presi in considerazione solo e solamente i diritti degli operai, perch meritevoli, secondo il legislatore, di una maggiore tutela dettata dalla loro particolare condizione. Si ha quindi una "legislazione di classe", che non abbraccia la disciplina del contratto di lavoro, ma solo talune condizioni economico-sociali. Al metodo legislativo si accompagnava anche quello contrattuale o dell'autotutela collettiva, grazie all'operato dei sindacati, che portava allo sviluppo di contratti collettivi, seppur solo a livello locale: rilevanti, quindi, divennero le consuetudini in materia di diritto del lavoro. Con la L. 295/1893, tra l'altro, vennero istituiti i "Collegi dei probiviri" (in cui sedevano magistrati, rappresentanti degli imprenditori e degli operai), i quali avrebbero dovuto dirimere le controversie tra lavoratori ed industriali, il che, in assenza di una disciplina legislativa, sarebbe stato pressocch impossibile. Per tal motivo i Collegi si limitavano ad avere la funzione di conciliatori delle controversie, avviando per una formazione extralegislativa del diritto del lavoro. La giurisprudenza cos diventata fonte materiale per la disciplina del lavoro, introducendo norme che in seguito sarebbero state recepite anche dal legislatore. La fase dell'incorporazione del diritto del lavoro nel diritto privato e nel codice del 1942 Con il passare del tempo si intuisce che la disciplina del diritto del lavoro non pu pi essere configurata all'interno di norme eccezionali, ma deve essere accorpata al diritto privato. Al pari del diritto commerciale, il diritto del lavoro diviene una disciplina fondamentale, che sebbene inserita nel codice del 1942, mantiene una propria autonomia rispetto al diritto civile ed a quello commerciale. I principi cardini del diritto del lavoro, quali il principio della tutela del lavoratore come contraente debole che viene rafforzato per quanto riguarda il trattamento minimo al quale egli ha diritto o il principio secondo cui il lavoratore subordinato all'interesse dell'impresa ed all'autorit dell'imprenditore, vengono rafforzati ed il Codice del 1942 si configura come un punto d'arrivo importante rispetto al passato, punto al quale si giunge soprattutto grazie alla "LEGGE SULL'IMPIEGO PRIVATO" avutasi grazie al D.Lgs. 112/1919, rafforzata in seguito dalla pi completa redazione del R.D.L. 1825/1924. Gli impiegati, infatti, per la mancanza di una spinta sindacale simile a quella degli operai, non disponevano di contratti collettivi diffusi, sebbene avessero dei giudici simili ai collegi dei probiviri. Le condizioni dei contratti di impiego privato erano quindi rimesse all'autonomia individuale o ai cosiddetti "usi impiegatizi". Per tal motivo nacque l'esigenza di tutelare i diritti degli impiegati grazie alla suddetta legge. Altro fenomeno che port all'incorporazione del diritto del lavoro nel Codice del 1942 fu sicuramente quello della GIURIDIFICAZIONE DEL CONTRATTO COLLETTIVO, dapprima nella forma del "concordato di tariffa" fondato sull'adesione volontaria di lavoratori ed imprenditori, e successivamente nella forma pubblicistica della contrattazione collettiva corporativa, la quale fungeva da fonte del diritto grazie alla competenza attribuita alla potest normativa dei sindacati nell'ambito delle categorie professionali. Il sistema corporativo fascista aveva messo fine alla libert sindacale (L. 563/1926) ed aveva trasformato il
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contratto collettivo in un atto normativo eteronomo, proveniente dal sindacato unico fascista. La corporazione riuniva rappresentanti sindacali delle due parti contrapposte (lavoratori ed imprenditori) e stabiliva le norme della produzione, sotto il controllo del Ministero delle Corporazioni. Veniva, poi, affidato alla Magistratura del Lavoro il compito di dirimere le controversie giuridiche ed economiche. I contratti collettivi si configuravano come leggi speciali di categoria, mentre in altri Paesi si assisteva all'emanazione dei primi codici del lavoro. Il codice civile del 1942 non ha fatto altro che incorporare la legge sull'impiego privato ed i contratti collettivi corporativi, sottolineando il "principio della prevalenza della norma pi favorevole al lavoratore" all'art. 2077 c.c. Il codice, tuttavia, ha incluso solo le norme generali sul lavoro, lasciando comunque a leggi speciali l'intera disciplina. La costituzionalizzazione del diritto del lavoro Abbiamo visto come il legislatore del 1942 avesse inserito il diritto del lavoro tra le componenti fondamentali del diritto privato, affiancandolo al diritto civile ed a quello commerciale. Va tenuto conto anche del fatto che il diritto del lavoro contiene al suo interno anche elementi di diritto pubblico, e non solo privato. Con l'emanazione della Costituzione repubblicana il 1 gennaio del 1948, l'evoluzione storica del diritto del lavoro subisce una notevole spinta. La carta costituzionale pone il diritto del lavoro in una posizione preminente rispetto al diritto commerciale ed a quello civile, introducendo il concetto di dignit sociale del cittadino, che poi abbraccer tutti i rami del diritto. Viene ribadita la protezione del lavoratore come soggetto-contraente pi debole, ma ci non rappresenta pi, come nelle precedenti fasi, un elemento eccezionale o speciale, una concessione del legislatore, ma un vero e proprio fondamento ideologico. E ci si manifesta nel fatto che il lavoro viene tutelato costituzionalmente non solo in linee generali, come avviene nell'art. 35 per la tutela del lavoro da parte della Repubblica in tutte le sue forme o nell'art.3 per l'uguaglianza formale e sostanziale, ma anche nella specifica garanzia di determinati istituti del diritto del lavoro: basti pensare all'art. 36 (retribuzione proporzionata e sufficiente), all'art. 37 (parit retributiva tra i sessi e tutela del minore lavoratore), all'art.38 (previdenza e sicurezza sociale), agli artt.39 e 40 (sindacato, contratto collettivo e diritto di sciopero). Quindi la Costituzione oltre a perseguire il fine di tutela del contraente-soggetto debole, tende a garantire anche quelli che vengono definiti come "diritti sociali". Va, inoltre, sottolineata la rilevanza della costituzione economica, cio l'insieme di norme e principi che regolano l'assetto economico della societ, contenuti all'interno della carta costituzionale. Potremmo concludere dicendo che la Costituzione italiana rappresenta la manifestazione pi significativa dell'importanza del diritto del lavoro non pi come disciplina speciale di classe, ma come punto cardine dell'ordinamento, di cui la Costituzione stessa il punto fondamentale. Attuazione dei principi costituzionali per mezzo della legislazione speciale L'ampio spazio dedicato alla materia del diritto del lavoro all'interno della Costituzione ha posto, per, non pochi problemi per la discrepanza rispetto al Codice civile del 1942. Il ruolo delle disposizioni codicistiche stato del tutto ridimensionato, in quanto la carta costituzionale ha elevato ad elementi fondamentali molti aspetti della disciplina del lavoro.

Successivamente alla Costituzione, quindi, possibile distinguere due fasi temporali circa l'evoluzione del diritto del lavoro: all'interno della prima ci si rivolti maggiormente verso un'INTEGRAZIONE DELLA DISCIPLINA CODICISTICA, tramite un perfezionamento della tutela "minimale" del lavoratore visto come soggetto contrattualmente debole e bisognoso di protezione (si pensi alla legge sul collocamento, sul contratto di lavoro a termine ecc); in una seconda fase, invece, si ha una maggiore tutela del lavoratore, considerato non pi solo e solamente come un contraente debole nel rapporto di scambio, ma come un soggetto inserito in una rapporto di produzione, nonch come appartenente ad una categoria socialmente sottoprotetta. Emergono in tal senso temi come quello della "dignit sociale", della tutela contro la discriminazione e della parit di trattamento. Per garantire la dignit sociale di cui sopra vennero attuati diversi interventi, primo fra tutti quello avutosi con la L.604/1966 inerente la disciplina del licenziamento individuale: si garant una maggior tutela del lavoratore tramite la limitazione dei poteri dell'imprenditore, attraverso strumenti quali l'introduzione del giustificato motivo e la nullit dei licenziamenti intimati per rappresaglia sindacale. Tramite, poi, lo strumento della "legislazione promozionale" si fece in modo di riequilibrare a favore dei lavoratori non solo i rapporti di potere all'interno dell'azienda, ma anche all'interno della societ civile: da questo presupposto che scatur lo STATUTO DEI LAVORATORI, contenuto all'interno della L.300 del 20 maggio 1970, con la quale si garant l'osservanza dei principi costituzionali nel rapporto tra lavoratore dipendente e datore di lavoro, tutelando la dignit e la libert del lavoratore, oltre a tutelare il diritto al libero svolgimento dell'attivit sindacale sul luogo di lavoro. Tutto ci venne realizzato garantendo l'osservanza di uno dei principi cardini costituzionali, ossia quello previsto all'interno dell'art.3 inerente il diritto all'eguaglianza, facendo in modo di rimuovere "gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione dei lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese". Il diritto del lavoro della crisi e la legislazione contrattata A partire dal 1975 si apre una nuova fase della legislazione del lavoro (si parla di "diritto del lavoro della crisi"), caratterizzata, diversamente da ci che era avvenuto in passato, dalla difesa e dalla crescita dei livelli di occupazione, prevedendo l'estensione delle forme di impiego flessibile della forza-lavoro (si pensi ai contratti di solidariet o quelli di formazione) e la riduzione del tasso di inflazione tramite la cosiddetta "politica dei redditi", volta al contenimento della spesa nel settore previdenziale ed al rallentamento dei meccanismi di indicizzazione salariale. Oltre alla previsione di una deregolamentazione del mercato del lavoro, la disciplina protettiva si trasforma da "rigida in flessibile", ampliando l'autonomia negoziale privata e permettendo deroghe agli stessi principi imperativi della disciplina del lavoro, tramite contratti collettivi o provvedimenti amministrativi delegati. La tutela dell'occupazione diventa maggiormente rilevante rispetto alla tutela della posizione debole del lavoratore. Negli anni 80 la legislazione del lavoro si inquadra in una logica di concertazione tra pubblici poteri e parti sociali (scambio politico o modello neocorporativo nelle relazioni industriali): la legislazione in materia non pi ispirata dalla contrattazione collettiva, bens viene originata dalla partecipazione delle parti sociali: si ha la cosiddetta "LEGISLAZIONE CONTRATTATA". La flessibilizzazione del mercato del lavoro, la riforma della PA e del lavoro pubblico e la riforma del Titolo V della Costituzione La politica del diritto del lavoro seguita nel corso degli anni 80 si maggiormente sviluppata nel decennio successivo, dando luogo a nuovi modelli di governo delle relazioni industriali (es. legge sullo sciopero nei
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servizi essenziali), ma anche ad una flessibilizzazione del mercato del lavoro (es. riforma del collocamento, contratti di lavoro flessibili, lavoro degli immigranti), nonch ad uno snellimento burocratico del mercato stesso (es. decentramento amministrativo). Importanti interventi legislativi si sono avuti, inoltre, per rafforzare la tutela apprestata ai lavoratori da parte di determinati istituti chiave, in forza della sottoprotezione sociale del lavoratore, per garantire una maggiore protezione della persona-lavoratore e dei suoi diritti fondamentali: basti pensare agli interventi riguardanti le pari opportunit, la tutela dei minori, la tutela del posto di lavoro. Importante stata anche, negli anni 90, la "riforma del pubblico impiego", prevista nell'ottica di miglioramento nella distribuzione delle risorse statali e di apertura alle logiche della negoziazione privata per quanto riguarda il lavoro pubblico: in sintesi la disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici stata trasferita dall'ambito del diritto pubblico, denso di privilegi, a quello del diritto civile, pi incline al settore privato. La partecipazione all'Unione Europea prima e l'adesione alla moneta unica in un secondo momento, hanno posto all'Italia, come agli altri Paesi, notevoli vincoli inerenti il deficit di bilancio ed il debito pubblico, il che ha reso necessario un netto intervento dello Stato nel controllo della spesa sociale. E' stato necessario, inoltre, rivedere il sistema previdenziale, pi volte modificato. Infine con la L.3/2001 stata attuata una modifica al Titolo V della parte II della Costituzione, il titolo inerente i rapporti tra Stato ed enti locali: la riforma ha introdotto il federalismo legislativo, dal quale scaturisce la previsione all'interno dell'art.117 della carta costituzionale, di settori di competenza esclusiva dello Stato, quali l'ordinamento civile e la previdenza sociale, settori di competenza concorrente tra Stato e regioni, quali l'istruzione e la formazione professionale, la tutela e la sicurezza sul lavoro, la previdenza complementare ed integrativa (in cui lo Stato fissa i principi fondamentali e le regioni intervengono nella regolamentazione della materia) e settori di competenza residua esclusiva delle regioni. Gli sviluppi pi recenti del diritto del lavoro: crisi del modello concertativo e politiche di flessibilizzazione del mercato del lavoro A partire dal 2001, con l'insediamento del nuovo governo, vi sono stati importanti novit che hanno riguardato il diritto del lavoro: la legislatura si aperta con la pubblicazione del "Libro bianco sul mercato del lavoro in Italia", nel quale venivano indicate le strategie quinquennali del governo, il quale si sarebbe concentrato per lo pi sulla liberalizzazione del mercato del lavoro e sul superamento del precedente sistema di concertazione con le parti sociali, incapace, data la continua richiesta di unanimismo sindacale, di stare al passo con il mercato globalizzato. Il governo ha da subito attuato una normativa sul contratto di lavoro a tempo determinato ed una in materia di tempo di lavoro, entrambe collegate all'attuazione di direttive comunitarie. Il governo, inoltre, con il D.Lgs. 276/2003 ha emanato una riforma del mercato del lavoro, la quale ha previsto nuove figure contrattuali di lavoro atipico e ne ha ridisciplinato delle altre gi esistenti, come il part-time e l'apprendistato, il tutto sempre al fine di flessibilizzare maggiormente il mercato. Una nuova legge costituzionale, infine, ha sviluppato ulteriormente il processo di devoluzione di competenze legislative alle regioni.

N.B. il libro parla di referendum popolare a seguito della legge costituzionale, senza conoscerne l'esito. Il referendum si svolto il 25 ed il 26 giugno del 2006: il popolo italiano ha respinto la riforma sulla devolution, inerente il cambiamento di diversi aspetti nell'assetto istituzionale del Paese, il che avrebbe comportato delle conseguenze anche in materia di diritto del lavoro. Il diritto comunitario ed i rapporti col diritto interno Nell'ultimo decennio ha assunto sempre maggiore importanza l'ordinamento comunitario, ossia l'insieme di norme risultanti dai Trattati e da altre fonti pari ordinate agli stessi in forza dei Trattati europei. In base ai Trattati le istituzioni europee possono emanare direttive e regolamenti: i regolamenti hanno portata generale, sono obbligatori in tutti i propri elementi e sono da subito validi all'interno dell'ordinamento dello Stato membro, facendo insorgere diritti da subito tutelabili dinanzi ai giudici nazionali; le direttive, invece, sono rivolte agli Stati membri e vincolano i vari Paesi solo negli scopi e nei principi, lasciando un margine di discrezionalit nella scelta delle forme e dei mezzi tramite i quali dare applicazione alla direttiva stessa. Non producono, quindi, da subito effetti all'interno dell'ordinamento, salvo il caso in cui la direttiva risulti particolarmente dettagliata e sia scaduto il termine per l'attuazione da parte dello Stato membro: in tal caso la direttiva ha anch'essa efficacia diretta. Tale effetto, per, si ha solo nei rapporti verticali, tra privato e amministrazione pubblica, ma non vige nei rapporti orizzontali, tra privati, essendo destinatari dell'atto solo gli Stati membri e non i singoli. Ovviamente nel momento in cui sorge un contrasto tra norme interne e norme comunitarie, il principio del primato del diritto comunitario impone al giudice nazionale di disapplicare la norma interna e dar luogo a quella comunitaria, come ribadito dalla Corte di Giustizia e dalla stessa Corte Costituzionale italiana, salvo il caso in cui la norma comunitaria non entri in contrasto con i principi cardini dell'ordinamento. L'evoluzione delle politiche sociali comunitarie Possiamo intuire, dopo quanto abbiamo detto, che l'Unione Europea ha assunto un'importanza tale da essere determinante anche in tema di mercato del lavoro e di rapporti di lavoro all'interno dei singoli Stati. Le originarie previsione contemplate all'interno del TCE 1957 di Roma, sono state ampiamente modificate dai vari trattati che si sono susseguiti nel tempo, a partire soprattutto dall'AUE 1986, passando per il TUE del 1992 sino al Trattato di Lisbona del 2007. L'art.2 del Trattato prevede, oggi differentemente dal passato, che tra gli obiettivi dell'Unione figuri anche un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, oltre al miglioramento del tenore di vita e delle condizioni lavorative ed alla promozione dell'occupazione auspicate dall'art.136. Anche l'autonomia collettiva di livello europeo ha acquisito sempre maggiore importanza, sino a trasformare il "dialogo sociale" e la contrattazione collettiva di livello europeo in fonte formale in materia sociale: molto spesso previsto che la Commissione ascolti le parti sociali obbligatoriamente. Il Trattato prevede, inoltre, che in molti settori di politica sociale il Consiglio debba osservare la procedura di codecisione con il Parlamento e sentita la Commissione (es. parit tra uomini e donne,miglioramento dell'ambiente lavorativo), mentre in altri settori (es. contributi finanziari per la promozione dell'occupazione, sicurezza e protezione sociale dei lavoratori ecc) previsto che il Consiglio adotti le decisione all'unanimit, semplicemente consultando il Parlamento.

Sempre per quanto concerne le fonti, inoltre, accanto a direttive e regolamenti, per meglio garantire il principio di sussidiariet (il quale impone che l'Unione debba intervenire nei settori di propria competenza solo qualora possa garantire un intervento qualitativo migliore rispetto a quello degli Stati membri), sono stati introdotti interventi meno autoritativi e maggiormente cooperativi: si tratta del cosiddetto "soft law", il quale individua degli obiettivi in determinati settori su cui gli Stati devono ricercare degli elementi di coordinamento. Importanti sono poi due clausole inerenti l'applicazione dei diritto comunitario: la clausola del FAVOR, la quale prevede che in caso di applicazione di una normativa comunitaria, uno Stato membro che intenda applicare una disciplina diversa che attui un maggior livello di protezione, pu liberamente farlo; e la clausola di NON REGRESSO, la quale prevede che l'attuazione di una direttiva comunitaria non possa in alcun modo costringere uno Stato membro all'attuazione, qualora lo stesso possegga gi una disciplina che garantisce un uguale o maggiore livello di protezione. Va segnalato, infine, che inizialmente molte materie inerenti il diritto del lavoro non erano incluse nelle competenze dell'Unione: retribuzioni, diritto di associazione, diritto di sciopero, di serrata ed altri. La Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori del 1989 avrebbe rappresentato un buon punto nel processo di integrazione della materia a livello comunitario, se non ci fosse stata l'opposizione da parte del Regno Unito, la quale ha escluso una diretta efficacia vincolante dell'atto. Il progetto di Costituzione Europea avrebbe dovuto riprodurre fedelmente la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, proclamata nel 2000, ma il fallimento del processo costituzionale europeo ha portato al Trattato di Lisbona del 2007, che come ben sappiamo ha riconosciuto il suddetto documento, ma non lo ha riprodotto fedelmente, evitando cos di attribuirgli una efficacia giuridica vincolante. N.B. il libro non al corrente del definitivo abbandono del progetto di costituzione, essendosi fermato all'anno 2006. La Corte costituzionale ed il suo contributo allo sviluppo del diritto del lavoro Abbiamo precedentemente ribadito come, a partire dalla Costituzione del 1948, il diritto del lavoro ha assunto un'importanza pari, se non addirittura superiore, al diritto commerciale ed a quello civile. Ci stato possibile anche grazie alle innumerevoli pronunce della Corte Costituzionale, la quale non solo ha molto spesso abrogato norme in materia di diritto del lavoro contrastanti con la Costituzione ed appartenenti a leggi speciali o addirittura al Codice civile, ma ha spesso emanato sentenze interpretative di rigetto, ritenendo la questione di illegittimit non fondata ma fornendo l'interpretazione pi conforme alla Costituzione di un enunciato legislativo, e sentenze interpretative di accoglimento, che ritengono illegittimo un enunciato di una determinata norma, chiarendo come vada interpretata la parte restante. Non sono mancate, poi, sentenze di accoglimento parziale (sostitutive o additive), le quali hanno molto spesso chiarito cosa mancasse ad una norma per essere costituzionale o cosa andasse sostituito all'interno della stessa. La giurisprudenza costituzionale ha quindi garantito una maggiore evoluzione del diritto del lavoro, che ha assunto negli ultimi anni un ruolo di funzione-guida nell'ambito delle discipline privatistiche.

CAPITOLO II - IL LAVORO SUBORDINATO


SEZIONE A: LAVORO AUTONOMO E LAVORO SUBORDINATO: PROFILI STORICI E SISTEMATICI La collocazione del rapporto di lavoro nel libro V del Codice civile dedicato all'impresa Il rapporto di lavoro disciplinato all'interno del codice civile negli artt.2094 ss, all'interno del Libro V Delle Obbligazioni, titolo II Del Lavoro nell'impresa. Quindi gi da una prima lettura possiamo renderci conto di come il rapporto di lavoro non disciplinato all'interno del Libro IV Delle obbligazioni (e dei contratti). Questa previsione codicistica risponde all'esigenza del legislatore del 1942 di unificare il diritto civile e quello commerciale, senza che vi sia una distinzione tra istituti a seconda che essi vengano posti in essere o meno all'interno di un'attivit commerciale. Il codice, inoltre, tratta il rapporto di lavoro sotto il mero punto di vista economico, caratterizzato dallo scambio tra la retribuzione ed una prestazione manuale o intellettuale. Nello stesso Libro V sono poi disciplinati i rapporti di lavoro che si svolgono al di fuori dell'impresa (si pensi al lavoro domestico), il che ci fa capire che il lavoro organizzato nell'impresa quello socialmente pi rilevante, il modello normativo tipico, intorno al quale vi sono i cosiddetti rapporti di lavoro speciali. Il codice civile del 1865: la locazione delle opere Il rapporto di lavoro subordinato venne disciplinato per la prima volta all'interno del codice civile del 1942. In precedenza n il codice di commercio del 1882, per la mancanza di connessione istituzionale tra impresa e lavoro, n il codice civile del 1865 contenevano alcuna traccia del lavoro subordinato. Il vecchio codice del 1865 conteneva solamente la "locazione delle opere", nella quale rientravano il lavoro subordinato (LOCATIO OPERARUM) ed il lavoro autonomo (LOCATIO OPERIS). Nell'art.1570 vi era la definizione di locazione di opere, intesa come <<contratto per cui una parte si obbliga a fare per l'altra una cosa mediante la pattuita mercede>>. L'art.1627 precisava, poi, i tre tipi di locazione di opere e d'industria: quella per cui le persone obbligano la propria opera all'altrui servizio (unico caso di lavoro subordinato); quella inerente il trasporto di cose o persone e quella inerente opere ad appalto o cottimo. Non vi era nemmeno una netta differenziazione tra lavoro subordinato e autonomo. L'unica norma riferibile al lavoro subordinato era quella contemplata nell'art. 1628, inerente l'impossibilit di un contratto perpetuo, senza limiti di tempo. Questo non significa che il lavoro subordinato non esistesse o fosse poco diffuso, ma ci fa semplicemente render conto che gli artt.1627 e 1628 rappresentavano il punto di arrivo di una tradizione millenaria, non a casa riprendevano il codice di Napoleone del 1804 ed addirittura la tradizione giuridica romana. Il rischio dell'utilit del lavoro e quello dell'impossibilit del lavoro La distinzione tra locatiooperis e locatiooperarum deriva dalle fonti romane e ci giunta grazie alla dottrina pandettistica del 1800/1900: essa aveva rilievo solo per stabilire la ripartizione tra le parti contrattuali dei rischi inerenti la prestazione lavorativa. Il primo di tali rischi poteva ricadere sull'utilit del lavoro (commodumobligationis) e riguardava il risultato della prestazione, che per motivi di qualsivoglia genere poteva differire dal risultato voluto. Il secondo rischio ineriva all'impossibilit del lavoro (periculumobligationis), che per ragioni di vario genere, poteva non essere portato a termine. Facciamo qualche esempio: si ha rischio di utilit nel momento in cui il prodotto finito di un lavoro viene colpito da un fulmine, e per tal motivo differisce dal risultato voluto, ovviamente prima della consegna al soggetto
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che ne ha fatto richiesta; si ha rischio d'impossibilit del lavoro, nel momento in cui un'inondazione impedisce di portare a termine un lavoro agricolo. Spiegate le definizioni, dobbiamo specificare su chi ricadesse il rischio: nel caso di impossibilit del lavoro, il rischio ricadeva sempre sul lavoratore, che veniva esonerato dall'obbligo di eseguire la prestazione, ma che perdeva anche il diritto alla controprestazione. Nel caso, invece, di rischio d'utilit del lavoro si aveva una differenziazione tra locatiooperis (lavoro autonomo) e locatiooperarum (lavoro subordinato): nel primo caso, il rischio ricadeva sempre sul lavoratore autonomo, in quanto egli era obbligato a prestare l'opus perfectum, ossia l'opera finita, a qualunque costo; nel secondo caso, invece, il rischio ricadeva sull'imprenditore, in quanto al lavoratore poteva essere richiesto solo e solamente di prestare le proprie energie di lavoro. La distinzione tra attivit e risultato del lavoro e l'emersione della subordinazione contrattuale La differenza tra lavoro subordinato e lavoro autonomo, quindi, derivava dal fatto che il primo prendesse in considerazione l'attivit del lavoro, mentre il secondo (quello autonomo) il risultato del lavoro in quanto tale. Tale distinzione per non precisava quale fosse il comportamento che il soggetto interessato dovesse porre in essere. Per questo in un secondo momento si fatto ricorso al criterio della dipendenza nei confronti del conduttore, utile per capire se il soggetto abbia o meno un rapporto subordinato con l'altra parte contrattuale. La subordinazione come sottoposizione del lavoratore alla direzione ed al controllo del datore di lavoro nell'impresa industriale La figura del contratto di lavoro per antonomasia, quindi, coincide con la nozione di lavoro salariato o dipendente: gi l'art.8 della L.215/1893 demandava alla competenza dei collegi probivirali la risoluzione delle controversie inerenti il "contratto di lavoro", riferendosi al rapporto tra industriali ed operai. L'operaio, infatti, mettendo la propria opera al servizio dell'imprenditore, un lavoratore subordinato e quindi si ha un rapporto di sottoposizione del debitore-locatore, ossia l'operaio, alla direzione o controllo del creditore-conduttore: la subordinazione quindi identificata con il comportamento dovuto dal lavoratore in attuazione della propria obbligazione, il che non sufficiente ad identificare il rapporto di lavoro dipendente. La legge sull'impiego privato del 1924 ed il Codice del 1942: collaborazione come connotato della subordinazione Abbiamo visto come la nozione di subordinazione sia mutata nel tempo: dalla tradizionale distinzione tra attivit e risultato si passati all'individuazione di un rapporto di dipendenza tra operaio ed imprenditore. Il legislatore del 1942, ma ancor prima quello del 1924 in occasione dell'emanazione della legge sul contratto d'impiego privato (R.D.L. 1825/1924), prendono in considerazione un ulteriore aspetto del lavoro subordinato: lo svolgimento di un'attivit professionale e l'esercizio di mansioni di "collaborazione fiduciaria", inerendo al rapporto di fiducia all'interno dell'azienda.

SEZIONE B: CONTRATTO E RAPPORTO DI LAVORO. QUALIFICAZIONE DEL CONTRATTO ED INDIVIDUAZIONE DELLA FATTISPECIE TIPICA La distinzione tra il contratto di lavoro subordinato ed il contratto di lavoro autonomo (artt.2094 e 2222) L'art. 2094 c.c. fornisce la definizione di lavoro subordinato, specificando che si tratta di un obbligo a collaborare nell'impresa prestando il proprio lavoro manuale o intellettuale sotto la direzione dell'imprenditore, ovviamente dietro retribuzione. L'art. 2222 c.c. fornisce,invece, la definizione di lavoro autonomo, precisando che manca il vincolo di subordinazione e che esso si estrinseca nel compimento di un'attivit o di un'opera con il lavoro prevalentemente proprio in cambio di un corrispettivo. Notiamo, per, che entrambe le attivit di lavoro (subordinato o autonomo) consistono in un facere economicamente utile all'altra parte contrattuale. La differenza sta appunto nella presenza o nella mancanza del vincolo di subordinazione, tenendo per presente che nel caso di lavoro subordinato, il lavoratore si impegna a fornire le proprie energie per collaborare con l'imprenditore nell'attivit di quest'ultimo e sar retribuito in base al tempo dell'attivit, mentre nel caso di lavoro autonomo la variabile del tempo viene del tutto esclusa, dovendo il lavoratore autonomo fornire una prestazione consistente in un servizio o un'opera verso il corrispettivo di un pagamento, al di l di quale che sia il tempo necessario per il compimento di tale opera. I contratti di lavoro autonomo; il contratto d'opera Abbiamo visto come il lavoratore autonomo sia tenuto alla realizzazione dell'opus perfectum, ossia dell'opera finita, cos come precisato dalla definizione generica fornita dall'art.2222 c.c. Tuttavia oltre al contratto d'opera in linee generali, per il lavoro autonomo possiamo distinguere 4 figure fondamentali, aventi tutte una diversa causa (che ricordiamo essere il "perch esistenziale" del contratto, la sua funzione, uno degli elementi fondamentali del contratto): l'appalto, la cui causa la possiamo ritrovare nello scambio di un'opera o di un servizio eseguito con la sola organizzazione dell'appaltatore, verso il corrispettivo di un prezzo; il trasporto, la cui funzione quella appunto del trasferimento di cose o persone; il deposito generico, la cui funzione la custodia di beni altrui; il mandato, incluse le sue sottospecie, in cui la causa rinvenibile nella gestione di affari altrui tramite la conclusione di contratti. Ovviamente in tutti i casi sopracitati manca il vincolo di subordinazione, ma anche nel caso di lavoro autonomo pu esistere una certa sottoposizione del lavoratore al committente: quest'ultimo potrebbe avere interesse a porre un termine per la realizzazione dell'opera o addirittura a descrivere come l'opera debba essere eseguita. In questo caso, per, sebbene il debitore debba attenersi a quanto stabilito dal committente, che in caso contrario potr recedere per giusta causa ed ottenere il risarcimento del danno, sar solo e solamente vincolato alla direzione del committente, ma in nessun modo potr ritenersi alle proprie dipendenze. La causa del contratto: la collaborazione e la sua relazione di scambio con la retribuzione La causa, appena il caso di ricordarlo, la funzione del contratto individuante l'interesse meritevole di tutela, prevista a norma dell'art.1325 c.c. come elemento essenziale richiesto a pena di nullit. Nel contratto di lavoro subordinato tale elemento individuato nello scambio tra le obbligazioni del prestatore di lavoro e del datore, dunque uno scambio tra la collaborazione da un lato e la retribuzione dall'altro. La subordinazione compare come elemento essenziale del contratto affinch si possa parlare di lavoro subordinato. Ovviamente la collaborazione non sussiste solo per il debitore o lavoratore, il quale deve
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conformarsi a quelle che sono le esigenze produttive, ma anche per il creditore o datore, il quale deve collaborare all'adempimento dell'obbligazione. Non dobbiamo infatti dimenticare che l'art. 1175 c.c. individua, nell'ambito delle obbligazioni in generale, il dovere di correttezza, presente ovviamente anche nell'obbligazione da lavoro. La continuit o disponibilit nel tempo della prestazione di lavoro come assetto essenziale della collaborazione Possiamo facilmente intuire che la presenza del vincolo di collaborazione come anche di subordinazione del lavoratore nei confronti del datore di lavoro deve essere duraturo nel tempo, ossia la prestazione di lavoro nell'impresa deve essere continua o disponibile. Si tratta di una continuit o disponibilit funzionale del prestatore, in senso ideale e non materiale: il lavoratore subordinato conserva un obbligo di prestazione nel tempo nei confronti del datore di lavoro, obbligo che non cessa di esistere (e da qui possiamo evincere che sia ideale e non materiale) anche nel caso in cui vi siano delle pause interruttive dell'esecuzione (ferie, riposi). La disponibilit della prestazione di lavoro comporta per il datore anche una responsabilit oggettiva in caso di illecito comportante danni a terzi da parte del lavoratore: ovviamente si tratta di una responsabilit oggettiva priva di colpa, ma ben manifesta il carattere della continua subordinazione e disponibilit del lavoratore nei confronti del datore. Collaborazione e subordinazione nella giurisprudenza La giurisprudenza ha sempre individuato 4 requisiti fondamentali tipici del rapporto di lavoro subordinato: l'onerosit, la collaborazione, la continuit e la subordinazione. Questi criteri, per, sono stati giudicati col passare del tempo come insufficienti e ad essi si sono aggiunti i cosiddetti "indici empirici", ossia una serie di criteri sul piano concreto che permettono di distinguere il lavoro subordinato da quello autonomo anche nei casi-limite. Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, per la distinzione tra lavoro autonomo e subordinato fondamentale l'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, che si deve estrinsecare in un'attivit di controllo, vigilanza e direzione tale da limitare l'autonomia del lavoratore subordinato. Ovvio che elementi quali l'assenza del rischio, l'osservanza di un onorario, la continuit della prestazione restino fondamentali per definire il lavoro subordinato. La tesi della subordinazione come situazione di soggezione socio-economica: critica Una parte della dottrina ha spesso sottolineato come la subordinazione sia un presupposto economicosociale del rapporto di lavoro subordinato, derivante dalla situazione di debolezza contrattuale del lavoratore. Se il fatto che il lavoratore molto spesso si trovi in una situazione contrattuale debole sicuramente vero, al contrario non lo sempre: la definizione potrebbe essere giusta per molti lavoratori ed errata per tutti gli altri che si trovano in una condizione contrattualmente forte. La posizione di inferiorit economica condiziona l'autonomia contrattuale del lavoratore, ma non sempre e nella stessa misura, quindi non si pu accettare una tale definizione di subordinazione, in quanto non omogenea all'intera classe dei lavoratori.

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La collaborazione continuativa e coordinata all'impresa dei prestatori di lavoro autonomo come connotato di atipicit rispetto al contratto d'opera (la parasubordinazione) Possiamo concludere, in base a quanto precedentemente osservato, che la subordinazione si pu identificare nella collaborazione del lavoratore nell'impresa, che deve essere continuativa a livello funzionale: non quindi la sottoprotezione sociale ad identificare la subordinazione. L'inserzione del lavoratore nell'organizzazione aziendale per solo un indice presuntivo della sussistenza della collaborazione, non un dato assoluto valevole sempre e comunque. Tale inserzione del prestatore nell'organizzazione aziendale, infatti, sotto forma di collaborazione continuativa e coordinata si pu avere anche in caso di lavoratori autonomi: si parla in tal caso di contratto di lavoro coordinato MA NON subordinato (c.d. parasubordinato), che molto si avvicina alla situazione del prestatore di lavoro subordinato. Tuttavia la prestazione d'opera coordinata e continuativa non obbliga il lavoratore autonomo ad essere a disposizione del committente, bench la propria attivit sia legata al ciclo produttivo. Inizialmente l'equiparazione tra il contratto di lavoro parasubordinato e quello di lavoro subordinato venne attuata solo sotto il punto di vista processuale, fino a che non stato prevista la figura della collaborazione coordinata e continuativa "a progetto", a cui stata dedicata una particolare disciplina che esamineremo pi avanti. Attuale distinzione tra lavoro autonomo e subordinato: effetti diretti ed indiretti del rapporto di lavoro subordinato Ora possiamo intendere qual la reale differenza tra locatiooperis (lavoro autonomo) e locatiooperarum (lavoro subordinato): non si tratta pi di distinguere due sottotipi della locazione (d'opera e delle opere), ma bisogna differenziare due tipi di contratti con una regolamentazione diversa. Tra l'altro lo statuto protettivo del lavoratore ha fatto in modo che all'identificazione del rapporto di lavoro subordinato, coincidano degli effetti diretti ed indiretti che il lavoratore ha interesse a far valere. Tra gli effetti diretti, quelli cio inerenti il contenuto del rapporto e pertanto il rapporto contrattuale, ritroviamo le condizioni della prestazione e delle remunerazione del lavoro (ferie, riposi, tfrecc). Gli effetti indiretti, invece, riguardano i presupposti e le conseguenze della costituzione del rapporto, dalle quali discendono una serie di situazioni di rilevanza previdenziale, amministrativa e talvolta anche penale. Quindi identificare il tipo di rapporto di lavoro utile per la tutela stessa del lavoratore. Il rapporto di previdenza sociale. L'attuale sistema previdenziale Effetto indiretto del rapporto di lavoro subordinato sicuramente la costituzione obbligatoria del rapporto di previdenza sociale, intercorrente tra i soggetti del rapporto di lavoro (prestatore e datore) ed enti previdenziali. La dottrina della fine del XIX secolo, sulla base del codice del 1865, aveva elaborato l'idea secondo cui il rischio di infortuni sul lavoro dovesse ricadere sull'imprenditore, a titolo di responsabilit oggettiva priva di colpa, al pari di ci che avveniva per danni causati a terzi dai lavoratori di un'impresa. In seguito, anche per la scarsa efficacia della responsabilit oggettiva di cui sopra, vennero previste le assicurazioni obbligatorie: l'imprenditore pagava un premio (salario previdenziale) ad un istituto assicurativo, esonerandosi cos da qualsivoglia responsabilit civile. Lo stesso meccanismo venne attuato
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per meglio tutelare la situazione di sottoprotezione sociale del lavoratore, con contribuzioni minime a carico dello stesso lavoratore. Per quanto concerne i contributi, essi gravano tanto sul lavoratore quanto sul datore di lavoro, ma su quest'ultimo che ricade la responsabilit per il versamento dei contributi anche a carico del prestatore (art.2115 c.c.). Bench la previdenza sociale segua il modello assicurativo, quest'ultimo differisce dalle assicurazioni di carattere privatistico per l'esistenza del PRINCIPIO DI AUTOMATICITA' DELLE PRESTAZIONI, in forza del quale le prestazioni sono dovute dall'ente assicuratore anche qualora il datore di lavoro abbia omesso di versare i contributi (salvo per le pensioni di vecchiaia, nel qual caso l'obbligazione contributiva pu anche prescriversi, ed il lavoratore che non riesca a raggiungere la pensione o comunque veda menomato il proprio trattamento, potr chiedere il risarcimento del danno al datore di lavoro). Le assicurazioni sociali intervengono ogni volta in cui l'esercizio dell'attivit lavorativa si sospende (per malattia, maternit, invalidit, disoccupazione involontaria ecc), indennizzando il soggetto per l'involontaria o temporanea inattivit, o quando l'inattivit abbia carattere definitivo (pensioni di vecchiaia o di invalidit). Pensioni di anzianit e vecchiaia. La tendenza espansiva del diritto del lavoro Per quanto concerne le pensioni di anzianit e vecchiaia il sistema tuttora in vigore quello "A RIPARTIZIONE", in base al quale l'erogazione delle suddette dipende dalla forza lavoro attiva. Con la L.238/1968 venne introdotta la PENSIONE RETRIBUTIVA, la cui misura era calcolata in base alla percentuale di retribuzione corrisposta nell'ultimo periodo ti attivit lavorativa (5 anni prima e 10 in seguito). Con l'invecchiamento della popolazione italiana ed il numero sempre crescente di pensionati e sempre inferiore di forza lavoro, la pensione retributiva rischiava di minare l'intero sistema a ripartizione: in sintesi divenivano man mano insufficienti il numero di lavoratori per pagare le pensioni. L'intera materia stata rivista con la L.335/1995, che ha sostituito il sistema retributivo con quello contributivo, molto simile al sistema con cui operano le assicurazioni private: il trattamento pensionistico viene calcolato sull'ammontare dei contributi versati durante la vita lavorativa di un soggetto, salvo alcuni correttivi che garantiscano una maggiore equit sociale. Il sistema, comunque, rimane incentrato sulla solidariet sociale: anche ai lavoratori autonomi stata garantita, col passare del tempo, la possibilit di accedere ad un trattamento previdenziale. Esistono comunque notevoli differenze di tutela previdenziale: solo in caso di lavoro subordinato si ha la traslazione del rischio sociale in capo al datore di lavoro e solo in tal caso il rapporto previdenziale si configura come effetto indiretto del contratto di lavoro. SEZIONE C: LAVORO GRATUITO E PRESTAZIONE DI LAVORO NEI RAPPORTI ASSOCIATIVI Il lavoro gratuito ed il volontariato Il contratto di lavoro un contratto sinallagmatico, ossia a prestazioni corrispettive, in cui vi un nesso di reciprocit (il sinallagma appunto) costituito da un vincolo di interindipendenza che unisce le due obbligazioni, da un lato quella del datore di lavoro tenuto a corrispondere la retribuzione, dall'altro quella del prestatore che deve esercitare la propria attivit lavorativa.
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Si presume, quindi, che si tratti di un contratto tipicamente oneroso, essendo per sua natura a prestazioni corrispettive. Tuttavia possibile che una parte si obblighi ad esercitare la propria attivit lavorativa gratuitamente, il che non configura un contratto illecito, bens un contratto lecito ma atipico, innominato, ossia non formalmente disciplinato dal codice. Il lavoro gratuito, infatti, non pu in alcun modo rientrare nella disciplina degli artt.2094 e ss in quanto ha causa e natura diverse rispetto a quello ivi disciplinato. Potrebbe anche sorgere il sospetto che si tratti di un contratto avente causa illecita, ossia un contratto in frode alla legge a norma dell'art.1344 c.c., cos come anche possibile che si tratti di prestazioni lavorative eseguite nell'adempimento di un obbligo morale o sociale (basti pensare a tutte quelle organizzazioni che a scopo benefico o solidaristico). Al lavoro gratuito assimilabile anche il "volontariato", disciplinato con la L.266/1991, con la quale il legislatore non solo andato a disciplinare tutte quelle attivit svolte senza il corrispettivo di una prestazione, ma ha anche garantito maggiore tutela e convenienti agevolazioni fiscali a tutte quelle organizzazioni di volontariato iscritte presso le Regioni. Ovviamente occorre che esse si avvalgano di soggetti che volontariamente (senza mezzi di costrizione o di incentivazione) esercitano una determinata attivit, salvo che si tratti di casi in cui l'ingerenza nell'organizzazione di lavoratori subordinato o autonomi sia necessaria al corretto svolgimento dell'attivit oggetto dell'organizzazione (si pensi allo psicologo in una comunit per tossico-dipendenti o per minori a rischio o per donne che hanno subito violenze). INTEGRAZIONE APPENDICE DI AGGIORNAMENTO: il legislatore, in ragione dellimportanza acquisita dalle organizzazione no profit, ha disciplina limpresa sociale allinterno del D.Lgs.155/2006, in attuazione della L.118/2005. Sono considerate imprese sociale le associazioni e fondazioni, i comitati, le societ e le cooperative che esercitino unattivit economica organizzata, in via stabile e principale, volta allo scambio ed alla produzione di beni o servizi di UTILITA SOCIALE in settori individuati dalla legge o comunque volti allinserimento lavorativo di soggetti svantaggiati e disabili. Occorre lassenza dello scopo di lucro, nonch lassenza di uno stato di soggezione nei confronti di imprese private e pubbliche. E previsto, a favore di tali imprese, un regime derogatorio di responsabilit patrimoniale, nonch la possibilit di avvalersi di volontari. Il lavoro familiare e l'impresa familiare prevista dall'art.230 bis c.c. Si pu facilmente presume che il lavoro svolto all'interno dell'ambiente familiare da un coniuge, un figlio, un fratello o sorella, ma anche da un soggetto stabilmente convivente o da un affine entro un certo grado, sia da considerare come prestazione gratuita offerta nell'adempimento di un dovere familiare. Tuttavia la riforma del diritto di famiglia avutasi con la L.151/1975 ha introdotto all'interno del codice l'art.230 bis, il quale prevede che nel caso in cui il lavoro di un familiare sia prestato in modo continuativo nell'ambito della famiglia o dell'impresa famiglia e nel caso in cui non vi sia alcun rapporto di lavoro subordinato, il familiare che presta il proprio operato, non solo avr diritto al mantenimento, ma altres potr partecipare agli utili conseguiti anche grazie al suo lavoro, partecipare alle decisioni di maggior rilievo ed avere diritto ad una liquidazione in denaro al termine dello svolgimento della propria attivit o nel caso di alienazione dell'impresa, oltre ad avere diritto di prelazione in quest'ultima ipotesi. E' stato in tal modo tutelata la posizione di coloro che quotidianamente e per periodi protratti di tempo mettono la propria attivit lavorativa al servizio della famiglia.

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I rapporti associativi. La prestazione lavorativa nei contratti societari; l'associazione in partecipazione; gli amministratori di societ Abbiamo ampiamente analizzato le differenze che esistono tra lavoro subordinato e lavoro autonomo, accennando anche al lavoro parasubordinato offerto da lavoratori autonomi. Tuttavia queste distinzioni non esauriscono in alcun modo le forme di organizzazione del lavoro, essendo possibile eseguire la propria prestazione lavorativa utilizzando modelli contrattuali non solo innominati, ma anche tipici. Partiamo dai contratti associativi: essi non sono riconducibili in alcun modo al tipico contratto di lavoro subordinato previsto dall'art.2094 c.c. In tal caso, infatti, il socio esercita un'attivit economica in comune con altri soggetti, potendo scegliere (solo in alcuni modelli societari) di offrire a titolo di conferimento (elemento essenziale per la partecipazione alla societ) la propria prestazione d'opera (prestazione di un servizio, si parla in tal caso di socio d'opera) o addirittura la propria prestazione lavorativa (laddove al conferimento di beni si unisce il lavoro del soggetto a favore della societ, si parla di socio lavoratore). Il lavoratore, inoltre, pu partecipare ai risultati di un'impresa anche nel caso in cui si tratti di un'associazione in partecipazione (artt.2549-2554 c.c.), all'interno della quale l'associante gestisce l'impresa, ma l'associato pu partecipare agli utili ed alle perdite verso il corrispettivo della propria attivit lavorativa, senza per che sorga alcun vincolo di subordinazione. Ultima ipotesi quella dell'amministratore di societ, che pu essere tanto un socio quanto un terzo estraneo alla societ, in cui la posizione dello stesso pu coesistere con un rapporto di lavoro subordinato nei confronti della societ amministrata. Le cooperative di produzione e lavoro: il socio lavoratore. Le cooperative sociali. I rapporti associativi in agricoltura Tra i rapporti di lavoro associato, ritroviamo anche il lavoro dei soci delle cooperative di produzione e lavoro: sappiamo bene che nelle societ cooperative viene svolta un'attivit economica organizzata in comune per un fine mutualistico, consistente nella ricerca e ripartizione di occasioni di lavoro ed utili a condizioni migliori di quelle del libero mercato, in cambio della prestazione di lavoro dei soci per l'attuazione dello stesso scopo societario (art.2511 c.c.). La L.142/2001, inoltre, ha equiparato la posizione del socio-lavoratore e quella del prestatore di lavoro subordinato: in particolare il socio lavoratore, oltre a partecipare alla gestione ed al rischio d'impresa, garantisce anche la propria capacit professionale e pertanto titolare di due rapporti distinti nei confronti della cooperativa, uno associativo e l'altro di lavoro (sia esso subordinato, autonomo o di qualsivoglia altra forma). Al socio lavoratore, pertanto, compete un trattamento economico complessivo (analogo al principio della retribuzione sufficiente in tema di lavoro subordinato) a carico del capitale sociale proporzionato alla qualit ed alla quantit del lavoro offerto, analogo a quello garantito, per lavori dello stesso genere, dalla contrattazione collettiva nazionale del settore o della categoria affine, o comunque incline ai compensi medi in uso per prestazioni simili. Inoltre il socio lavoratore subordinato gode dei diritti sindacali di cui al titolo III della L.300/1970 (statuto dei lavoratori). Molto simili alle cooperative di lavoro, sono le cooperative sociali, istituite con la L.381/1991, le quali, sebbene non sia necessario che escludano lo scopo mutualistico, devono perseguire l'interesse generale alla promozione ed integrazione sociale di cittadini, gestendo servizi socio-sanitari, educativi, nonch
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svolgendo attivit economiche mirate all'inserimento nel mondo del lavoro di persone svantaggiate (tossicodipendenti, alcolisti,invalidiecc). N.B. Tralascio i rapporti associativi in agricoltura, in quanto lo strumento dell'affitto di fondi rustici, come precisa il libro, ha quasi definitivamente sostituito i rapporti agrari quali la colonia parziaria, la soccida e la mezzadria.

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CAPITOLO TERZO - AUTONOMIA PRIVATA E RAPPORTO DI LAVORO. LA FORMAZIONE DEL CONTRATTO DI LAVORO
SEZIONE A: AUTONOMIA PRIVATA E RAPPORTO DI LAVORO Contratto e rapporto di lavoro All'interno della disciplina codicistica viene analizzato per lo pi il rapporto di lavoro, rispetto al contratto che lo disciplina: vengono prese in considerazione le due obbligazioni del rapporto, una a carico del datore, l'altra del prestatore. Per quanto concerne, invece, il contenuto del contratto, per esso non si rimanda completamente all'autonomia negoziale, quanto pi che altro ad un'autonomia delle parti stretta nella morsa dei limiti imposti dalla legge e dall'autonomia collettiva cui lo stesso legislatore fa spesso riferimento: la scelta della retribuzione, per esempio, pu essere fatta dal datore di lavoro, che per deve assicurare un trattamento economico minimo fissato dai contratti collettivi. L'accordo tra le parti, tuttavia, sempre necessario ed indispensabile. La fonte contrattuale del rapporto di lavoro Il discorso suddetto potrebbe indurci a pensare che il rapporto di lavoro sia quasi acontrattuale, in quanto se riprendiamo l'art.1321 c.c. e la definizione di contratto ivi contenuta, possiamo notare come l'autonomia negoziale delle parti sia notevolmente imbrigliata da norme inderogabili imposte dal legislatore. L'autonomia contrattuale, quindi, non viene del tutto soppressa, ma solo compressa da tali disposizioni, in funzione della protezione che la legge attribuisce al soggetto contrattualmente pi debole, il lavoratore. Il datore di lavoro, infatti, potr ben dimostrare che anche all'interno del contratto lavorativo vi un'autonomia ampia, ma potr farlo solo e solamente a favore del lavoratore. L'inderogabilit del regolamento contrattuale imposto dalla legge Tutti i contratti di lavoro subordinato che violano le norme imperative imposte dalla legge, subiscono la nullit parziale di cui all'art. 1419 comma 2 c.c., ossia sono nulli nella parte in cui differiscono dagli obblighi di legge ed essendo il regolamento contrattuale di per s inderogabile, vi l'inserzione automatica, a norma dell'art.1339 c.c., delle clausole legali. Si tratta, giusto il caso di ripeterlo, di un'inderogabilit in peius, ossia di una limitazione unilaterale all'autonomia contrattuale nei confronti del datore di lavoro, in quanto ogni patto maggiormente favorevole al prestatore, sar valido ed efficace. Va ricordata, infine, la Convenzione di Roma del 1980 avente ad oggetto la legge applicabile alle obbligazioni naturali, la quale si occupa all'art.6 del contratto di lavoro, specificando che qualora le parti nulla abbiano stabilito a riguardo, il contratto sar regolato dalla legge del Paese in cui il lavoratore svolge principalmente la propria attivit lavorativa o dalla legge del Paese in cui il lavoratore stato assunto o dalla legge del Paese stabilita dalle parti, sempre che quest'ultima non offra garanzie inferiori rispetto alle suddette. Autonomia privata e tipo contrattuale Anche la scelta del tipo contrattuale viene influenzata dai limiti imposti dalla legge e dall'autonomia collettiva alla volont negoziale delle parti. L'art. 1362 c.c., inerente l'intenzione dei contraenti, ben
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specifica come nell'interpretazione del contratto bisogna indagare quale sia stata la vera intenzione delle parti, andando oltre il significato letterale delle parole e soprattutto si deve valutare (comma 2) il comportamento delle parti successivo alla stipulazione del contratto. Per quanto concerne il contratto di lavoro, ci che abbiamo detto pi che mai vero: la volont cartolare espressa al momento del perfezionamento del contratto ha uno scarso valore rispetto al contenuto effettivo del rapporto. Il momento attuativo del rapporto prevale, quindi, sul momento dichiarativo e non solo ai fini dell'interpretazione della volont effettiva delle parti, ma anche per ci che concerne la scelta del tipo legale di rapporto di lavoro: diversamente da ci che avviene negli altri contratti, dove le parti possono optare per la scelta di contratti tipici o atipici, nel caso del contratto di lavoro subordinato le parti dovranno obbligatoriamente associare la subordinazione con il tipo legale di contratto. Si parla in tal caso d'indisponibilit del tipo legale, non potendo le parti esulare dalla scelta di tale tipo qualora vogliano porre in essere quello specifico rapporto di lavoro subordinato. Il principio del favor L'art.1374 c.c. rubricato come "integrazione del contratto" stabilisce che lo stesso obblighi le parti non solo a quanto in esso stabilito, ma anche a tutte le conseguenze derivanti dalla legge, o, in mancanza, dagli usi e dall'equit. Ci significa che il contratto di lavoro non solo obbliga le parti ad attenersi all'accordo, ma anche ai precetti inderogabili imposti dalla legge e dall'autonomia collettiva, combinando in tal maniera l'inderogabilit del regolamento contrattuale con il principio del FAVOR, ossia del trattamento pi favorevole per il lavoratore. Tale principio, tuttavia, ha subito un notevole ridimensionamento in alcune ipotesi normative previste a favore della flessibilit nel mondo del lavoro, in forza delle esigenze dell'occupazione e dell'impresa. L'art.2126 c.c. e l'inefficacia dell'invalidit del contratto Il contratto di lavoro, al pari di tutti i contratti, invalido nel momento in cui viola l'art.1418 c.c. inerente le cause di nullit o l'art.1419 c.c. inerente la nullit parziale. Solitamente l'invalidit che affligge il contratto di lavoro sancita con la nullit dello stesso. Gli articoli di cui sopra, per, vanno letti in concerto con l'art.2126 c.c. inerente le prestazioni di fatto con violazione di legge: <<la nullit o l'annullamento del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione>>. Ci vuol dire che l'aver dato esecuzione ad una prestazione lavorativa da parte di un soggetto nei confronti di un altro non costituisce di per s il rapporto lavorativo, in quanto la nullit retroagisce al momento della conclusione del contratto, ma tuttavia da luogo agli effetti del rapporto posto in essere in attuazione del contratto (ricordiamo invalido) che funge da fonte del rapporto obbligatorio. Al contrario, invece, non risulta assimilabile all'art.2126 c.c. il caso di prestazione di fatto di natura extracontrattuale, in cui la prestazione viene eseguita dal lavoratore "invito domino" (senza il consenso) o addirittura "prohibente domino" (contro la volont) della controparte: il caso di un soggetto che ha occupato un fondo rustico esercitandoci un'attivit lavorativa; in tal caso non esiste alcun contratto, neanche invalido, e colui che ha eseguito la prestazione di fatto potr al massimo, tra l'altro non sempre, esperire l'azione d'ingiustificato arricchimento. Abbiamo, quindi, visto come vengano mantenuti in vita gli effetti del contratto in valido in caso di prestazione di fatto in violazione della legge. Tuttavia lo stesso art.2126 comma 1 c.c. a precisare che vengono meno anche gli effetti del contratto in valido nel caso in cui la nullit derivi dall'illiceit della causa
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o dell'oggetto. In tutti gli altri casi di nullit, invece, si pu parlare d'INEFFICACIA DELL'INVALIDITA', in quanto dal rapporto posto in essere sorgono le varie obbligazioni. Tra l'altro il comma 2 dell'art.2126 c.c. precisa che se la nullit deriva dalla violazione di norme protettive del lavoratore, comunque quest'ultimo avr diritto alla retribuzione. E' appena il caso di ricordare che, nonostante quello che abbiamo detto, vige il principio dell'irripetibilit delle prestazioni eseguite. SEZIONE B: LA FORMAZIONE DEL CONTRATTO DI LAVORO La capacit del prestatore di lavoro Prima di trattare l'argomento in questione opportuno ricordare due definizione importanti: quella di capacit giuridica e quella di capacit di agire. La capacit giuridica l'idoneit di un soggetto di essere titolare di diritti e doveri, la quale si acquista al momento della nascita. Per capacit di agire, invece, si intende l'idoneit di un soggetto a porre in essere autonomamente atti negoziali vincolanti con effetti nella propria sfera giuridica e patrimoniale. L'art.2 c.c., dopo aver fissato il raggiungimento della maggiore et al compimento del 18 anno, al raggiungimento del quale si acquista la capacit d'agire, precisa (al comma 2) che sono salve le leggi speciali in materia di capacit a prestare il proprio lavoro. Per poter esercitare un'attivit lavorativa occorre aver concluso il periodo d'istruzione scolastica obbligatoria e comunque aver compiuto, almeno, il quindicesimo anno di et, salvo il caso in cui la Direzione Provinciale del Lavoro abbia autorizzato il minore infra quindicenne, col consenso di chi esercita la potest, ad essere impiegato in attivit culturali, artistiche, sportive, pubblicitarie e di spettacolo, fatto salvo l'obbligo scolastico. Tra l'altro il minore ultra quindicenne pu stipulare autonomamente il proprio contratto di lavoro, senza che sia necessaria la partecipazione di chi esercita la potest parentale. La spersonalizzazione dell'imprenditore ed il principio della continuit dell'impresa. L'infungibilit della prestazione di lavoro Abbiamo visto che per poter appartenere alla categoria dei lavoratori occorrono dei requisiti particolari che differiscono da quelli generali per lacquisizione della capacit dagire. Per i datori di lavoro, al contrario, i requisiti rimangono quelli della capacit giuridica e dagire previsti dal codice. Una notevole distinzione, invece, viene fatta tra il datore di lavoro imprenditore e gli altri datori: al primo dedicata unintera disciplina assestante, non gi per il fatto che egli svolge professionalmente unattivit economica organizzata, bens nellinteresse dei lavoratori alle dipendenze di medio-grandi imprese. Importante tema da affrontare quello della spersonalizzazione dellimprenditore, sia sotto il punto di vista della formazione/conclusione del contratto, sia sotto il profilo della successione nel medesimo. Lart.1330 c.c., rubricato come morte o incapacit dellimprenditore, prevede che tanto la proposta quanto laccettazione restino valide anche in caso morte o incapacit sopravvenute prima della conclusione del contratto. Per quanto concerne, inoltre, la successione nei contratti si attua il principio di continuit dellimpresa contenuto allinterno dellart.2112 comma 1 c.c., il quale prevede che in caso di trasferimento di azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario, con i medesimi diritti precedenti al trasferimento. Quindi con il concetto di spersonalizzazione, si intende che nel rapporto di lavoro la figura
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della persona dellimprenditore del tutto irrilevante. Al contrario il contratto lavorativo, per quanto riguarda la parte del lavoratore, resta dominato dallintuituspersonae, ossia dalla considerazione della persona del prestatore, in quanto egli non pu, ne mortis causa n tramite atto inter vivos, trasferire il proprio debito nei confronti del datore ad un terzo, in quanto la prestazione da lui dovuta infungibile, ossia pu essere compiuta solo e solamente dal soggetto che ha originariamente concluso il contratto di lavoro. Non una questione di fiducia nel lavoratore ad imporre un tal ragionamento, quanto pi che altro la necessit dellidentificazione del contraente obbligato. Il procedimento di formazione del contratto. Il problema della forma. La rilevanza del consenso non tanto sul contenuto quanto sulla genesi del contratto Il procedimento di formazione del contratto di lavoro identico a quello previsto per tutti i contratti: occorre laccordo tra le parti e la formazione del contratto si attua nel momento in cui vi lincontro tra la proposta e laccettazione. Per quanto concerne il momento del perfezionamento, il contratto di lavoro si configura come un contratto di adesione particolare: se per la generalit dei contratti di adesione previsto che la parte contrattualmente forte determini le condizione e la controparte le accetti, per il contratto di lavoro le condizioni generali sono predisposte bilateralmente dallautonomia collettiva, alla quale lautonomia individuale pu sostituirsi solo per includere condizioni maggiormente favorevoli al lavoratore. Per quanto concerne, inoltre, la forma ed il consenso, va sottolineato quanto questi due elementi siano imbrigliati nei limiti imposti dalla legge per la tutela del lavoratore. Vige pur sempre il principio della libert di forma, ma spesso il legislatore a prevedere che per uno svariato numero di contratti di lavoro sia prevista la forma scritta ad substantiam (sotto pena di nullit qualora non sia rispettata): il caso dei contratti che appongono un termine o comunque elementi particolari al contratto, e quindi stiamo parlando dei contratti a progetto, dei contratti dinserimento, di formazione. Per altri contratti prevista la forma scritta ad probationem (quindi ai fini processuali e di prova dellatto), ed il caso dei contratti di lavoro intermittente, di lavoro ripartito, a tempo parziale. Inoltre il datore di lavoro ha lobbligo, entro trenta giorni dallassunzione, di comunicare al prestatore di lavoro le principali condizioni applicabili al contratto (identit delle parti, luogo di lavoro, qualifica del lavoratore ecc), allinterno della lettera dassunzione o in altro documento separato. Altro aspetto da sottolineare inerente alla manifestazione del consenso: il momento attuativo dellesecuzione del contratto sicuramente di gran lunga pi rilevante rispetto al momento genetico della formazione, non solo perch serve a qualificare (come detto nel precedente capitolo) il lavoro come autonomo o subordinato, ma soprattutto perch funge da comportamento concludente che manifesta e da prova dellesistenza del contratto e della volont reale delle parti. Il patto di prova Elemento accidentale del contratto di lavoro il patto di prova, per cui lart.2096 c.c. prevede la forma scritta: esso serve a stabilire e dimostrare che il lavoratore stia esercitando la propria prestazione lavorativa, ma sia in prova per un determinato periodo. In tale periodo egli potr valutare la convenienza del posto di lavoro, mentre il datore potr valutare le capacit fisiche e professionali del prestatore. Data la possibilit di recedere senza obbligo di preavviso da parte del datore, la legge ha previsto che il periodo massimo di prova debba essere di sei mesi. Qualora, tra laltro, non venga rispettata la forma scritta del
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patto di prova, lassunzione risulter come definitiva. Il periodo di prova , comunque, a tutti gli effetti un periodo lavorativo, pertanto deve essere non solo retribuito, ma al termine dello stesso il lavoratore ha diritto al trattamento di fine rapporto ed alle ferie retribuite. Vizi della volont nella conclusione del contratto. Attitudine professionale del lavoratore La disciplina dei contratti di lavoro, per quel che concerne i vizi della volont che comportano lannullamento del contratto a norma dellart.1427 c.c., identica alla disciplina generale dei contratti. Possiamo facilmente intuire che le varie compressioni dellautonomia contrattuale imposte dal legislatore, nonch lesecuzione di un periodo di prova, riducono di molto le possibilit che il contratto di lavoro sia viziato: se vi stato un errore-vizio (anche detto errore motivo) che ha fatto in modo che la volont negoziale non si formasse liberamente, entrambe le parti potranno rendersene conto da subito; se vi stato dolo, ossia un artificio o raggiro che abbia viziato la volont contrattuale, il soggetto leso potr subito rimediare, accorgendosi dellinganno subito nello stesso periodo di prova. Lunico vizio della volont meritevole di attenzione probabilmente rappresentato dallerrore sulle qualit personali dellaltra parte contrattuale, quando queste siano determinanti per la conclusione del contratto ed essenziali per la sua esecuzione: se per esempio ad un prestatore sono richieste determinate capacit professionali, ovviamente lassenza delle stesse ha un peso specifico notevole ed incide notevolmente sulla volont di proseguire nellesecuzione del contratto. Ovviamente per tutti quei contratti lavorativi c.d. di serie, dove le abilit personali e professionali del prestatore non contano, questo tipo di vizio non avr ragione di esistere. Il divieto dindagine sui fatti non rilevanti ai fini dellattitudine professionale Lart.8 della L.300/1970 (statuto dei lavoratori) prevede il divieto, posto a carico del datore di lavoro, di svolgere, autonomamente o per mezzo di terzi, indagini personali sul prestatore da assumere o addirittura gi assunto. Implicitamente questo articolo prevede che il datore possa indagare sulle capacit professionali del soggetto, ma deve farlo senza violare la riservatezza del lavoratore, garantita dallo statuto. La violazione di tale divieto sanzionata penalmente ed al pari di essa sanzionata lindagine del datore rivolta allaccertamento della sieropositivit allinfezione da HIV del lavoratore, sebbene la Corte costituzionale abbia precisato che si pu procedere in tal senso qualora possa essere messa a rischio la salute di terzi. Il trattamento dei dati personali Il diritto alla riservatezza stato definitivamente assicurato dalla L. 675/1996, poi definitivamente integrata dal D.Lgs. 196/2003 (Codice in materia di protezione dei dati personali). Oltre allistituzione di unautorit indipendente, il Garante per la protezione dei dati personali, stato previsto un soggetto abbia diritto ad avere conoscenza su chi detiene i propri dati personali, su come li ha ottenuti e per quali scopi li utilizza. Il consenso del soggetto non sempre richiesto, ma al contrario obbligatorio per i dati sensibili, ossia per quelli idonei a rivelare informazioni strettamente personali (opinioni politiche, origini etniche, orientamento sessuale ecc). La normativa in materia, inoltre, ha ribadito limportanza degli artt. 4 e 8 della L. 300/1970 (statuto dei lavoratori), ribadendo il divieto posto a carico del datore di lavoro di ricercare informazioni personali non attinenti allattiva lavorativa svolta dal prestatore. Quindi per quanto concerne il lavoratore, questa nuova normativa va semplicemente a confermare quanto precedentemente imposto
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dallo statuto dei lavoratori, costituendo, invece, per le persone fisiche e giuridiche in generale la consacrazione di un diritto. La simulazione del contratto di lavoro Abbiamo gi detto che in caso di errore inteso come vizio di volont, via sia una divergenza tra lintenzione di una parte e la volont manifestata. Talune volte, invece, pu accadere che tale divergenza tra volont e dichiarazione sia voluta dalle parti, siamo quindi dinanzi ad una simulazione in forza dellart.1414 c.c. che la disciplina. Le parti, in tal caso, possono celare dietro un determinato accordo, o un accordo totalmente diverso (il c.d. contratto dissimulato) oppure addirittura nessun contratto. Ovviamente vanno rispettate le previsioni codicistiche inerenti la forma del contratto simulato, la quale deve rispettare la stessa forma del contratto voluto, oppure inerenti la liceit della causa del contratto dissimulato. Non si deve, inoltre, concretizzare un contratto in frode alla legge: la simulazione non deve essere posta in essere per celare un fine illecito. Qualora un contratto simulato sia posto in essere per non rispettare tutte le norme imperative e le garanzie apposte dalla legge a favore dei lavoratori subordinati, sia il contratto simulato che quello dissimulato saranno invalidi (es. viene posto in essere un contratto di lavoro autonomo, il quale cela il un contratto di lavoro subordinato per aggirare le garanzie offerte da questultimo) e la disciplina sar sostituita automaticamente con quella prevista dalla legge. Se invece ad essere illecita proprio la causa del contratto dissimulato, a quel punto il contratto sar nullo definitivamente.

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CAPITOLO QUARTO LA PRESTAZIONE DI LAVORO


SEZIONE A: POTERE DIRETTIVO E POTERE DISCIPLINARE Il contenuto della subordinazione: la diligenza Abbiamo visto in precedenza come la collaborazione intesa come disponibilit funzionale della prestazione lavorativa allorganizzazione dellimpresa, sia uno dei connotati fondamentali del rapporto di lavoro subordinato, al di l dello scambio tra la prestazione lavorativa e la retribuzione. Abbiamo poi parlato di subordinazione, specificando che il lavoratore subordinato differisce da quello autonomo per un rapporto di dipendenza nel tempo dal proprio datore di lavoro. La subordinazione, in realt, consiste nella diligenza che il lavoratore subordinato deve adoperare nellesercizio della propria attivit: lart.1176 c.c., in tema di obbligazioni in generale, obbliga il debitore ad usare la diligenza del buon padre di famiglia nel soddisfacimento dellinteresse creditorio (comma 1), oltre a specificare che in caso di attivit professionali, la diligenza va valutata in base alla natura della prestazione (comma 2). Lart.2104 riprende questa valutazione della diligenza, precisando nel suo primo comma che il prestatore di lavoro deve adoperare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione, dallinteresse dellimpresa e della produzione nazionale. Con il venire meno del sistema corporativo fascista, lultimo presupposto dellinteresse della produzione nazionale venuto meno. Per natura della prestazione, tra laltro, non si deve intendere solo la differenziazione tra le mansioni, in quanto ovvio che ad un dirigente sar richiesta una diversa diligenza rispetto a quella del suo sottoposto, ed altrettanto normale che anche in riferimento ad una stessa mansione, andr prestata una maggiore attenzione nellesecuzione di una prestazione rispetto ad unaltra ( lesempio del libro del muratore che oggi adopera un materiale di scarsa qualit e domani un materiale pregiato, dovendo mostrare nel secondo caso una maggiore diligenza). Per tutti questi motivi la diligenza a seconda della natura della prestazione dovuta si riferisce ai caratteri intrinsechi della prestazione, a quanto attenzione il lavoratore dovr prestare nellesecuzione della propria attivit. Per quel che concerne, poi, il rapporto tra la diligenza richiesta al prestatore di lavoro e linteresse dellimpresa, non si pu ingenuamente credere che ci si riferisca allinteresse dellimpresa come istituzione. Sicuramente il riferimento attribuibile allinteresse dellimprenditore, anche se non come generico interesse del creditore ad ottenere lesatto adempimento, bens come interesse dellimprenditore ad ottenere la collaborazione di cui sopra attraverso, anche, la propria organizzazione del lavoro. Lobbedienza ed il potere direttivo del datore di lavoro Il secondo comma dellart.2104 c.c. inerente la diligenza del prestatore di lavoro prevede che il prestatore di lavoro debba osservare le disposizioni impartite dal datore di lavoro e dai collaboratori dello stesso dai quali il prestatore gerarchicamente dipende. Lobbedienza alle direttive impartite dallimprenditore , al pari della diligenza, un modo di essere della subordinazione e fa da contraltare al potere direttivo del datore di lavoro. Lobbligo di fedelt. Il divieto di concorrenza e le invenzioni del lavoratore. Il divieto di utilizzazione o divulgazione dei segreti aziendali Obbligo fondamentale a carico del prestatore di lavoro sicuramente quello di prestare subordinatamente la propria collaborazione nellimpresa, ma lart.2105 c.c. identifica un obbligo accessorio rispetto allinteresse primario del datore di lavoro a ricevere la prestazione: si tratta dellobbligo di fedelt. Esso, in
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corrispondenza con il dovere di buona fede generale nelladempimento dellobbligazione, rientra tra gli obblighi di protezione a tutela del creditore ed impedisce al prestatore di lavoro, durante il periodo lavorativo contrattualmente previsto, di svolgere attivit in concorrenza con limpresa e di divulgare o quanto meno utilizzare notizie inerenti organizzazione e metodi dellimpresa stessa. Tale divieto di concorrenza nulla ha a che vedere con la concorrenza sleale di cui parla lart.2598 c.c., in quanto in questultima ipotesi non vi alcun legale tra danneggiante e danneggiato e la concorrenza slealmente posta in essere si verifica solo nei casi previsti dallarticolo. Inoltre anche tra il prestatore di lavoro ed il datore pu esistere un patto, che deve rispettare la forma scritta ad substantiam, che vieti al lavoratore di entrare in concorrenza con limpresa anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro per un periodo di tempo pari a tre anni, cinque per i dirigenti (qualsivoglia vincolo superiore sar sostituito da quelli previsti dalla legge e deve essere precisato un corrispettivo per il lavoratore). Non pu in alcun modo costituire concorrenza lattivit inventiva del prestatore di lavoro. Il Codice della propriet industriale emanato con D.Lgs. 30/2005 ha previsto che qualora linvenzione venga fatta dal lavoratore nellesecuzione del contratto (invenzione di servizio), i diritti derivanti dallinvenzione spettano al datore, salvo il diritto di autore del lavoratore. Qualora, invece, si tratti di uninvenzione aziendale, ossia fatta nelladempimento del rapporto di lavoro, ma non oggetto del contratto di lavoro stesso, i diritti derivanti dallinvenzione spettano al datore di lavoro che, qualora si veda riconosciuto il brevetto, dovr al lavoratore un equo premio. In ultima ipotesi pu trattarsi di uninvenzione occasionale, fatta dal lavoratore indipendentemente dal rapporto di lavoro, ma rientrante nel campo di attivit dellimpresa: in tal caso i diritti spettano al lavoratore, ma il datore ha diritto dopzione per luso o per lacquisto del brevetto (che deve esercitare entro 3 mesi). Lobbligo di fedelt, in ultima analisi, pu essere inteso anche in senso stretto, inerendo al divieto di divulgare o utilizzare i segreti aziendali. P.S. tutto ci stato analizzato durante lo studio di Diritto Commerciale 1 Il potere disciplinare Limprenditore esprime la propria autorit gerarchica non solo tramite il potere direttivo, di cui abbiamo gi parlato, ma anche tramite il potere disciplinare, nei casi in cui egli debba reagire allinottemperanza ai doveri contrattuali del prestatore, manifestatisi tramite linosservanza degli obblighi di diligenza, obbedienza e fedelt. Limprenditore in tal caso, tenendo conto della gravit dellinfrazione, pu infliggere sanzioni quali il rimprovero verbale oppure scritto, la multa, la sospensione dal lavoro e della retribuzione e nel peggiore dei casi il licenziamento. Limiti sostanziali e procedurali al potere disciplinare Fino ad ora abbiamo analizzato quelli che sono i poteri dellimprenditore nei confronti del prestatore di lavoro sotto il profilo codicistico. Lo Statuto dei lavoratori (L. 300/1970) contiene al suo interno tutta una serie di norme che vanno ad integrare quanto abbiamo detto fino ad ora, tutelando in maniera pi dettagliata la libert e la dignit del lavoratore ed introducendo notevoli limiti al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro. Partiamo dai limiti imposti al potere disciplinare, previsti dallart.7 dello statuto. In un luogo accessibile a tutti allinterno dellimpresa, deve essere esposto un regolamento disciplinare contenente le possibili
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infrazioni, le sanzioni e le procedure di contestazione (si osserva il principio nulla poena sine lege). Inoltre prima di impartire una sanzione disciplinare a carico del lavoratore, il datore di lavoro deve contestare laddebito dellinfrazione e permettere al lavoratore di difendersi. Inoltre per quanto concerne le infrazioni, solo il licenziamento pu comportare un mutamento definitivo del rapporto; sono perci escluse retrocessioni o trasferimenti punitivi (anche se i trasferimenti per incompatibilit ambientale sono talvolta previsti). La sospensione disciplinare dal lavoro e della retribuzione non pu durare, inoltre, per pi di 10 giorni (pu essere disposta anche la sospensione cautelare per eventuali accertamenti sullinfrazione, la quale pu essere con o senza retribuzione). La multa irrogabile dallimpresa pu essere pari allammontare di 4 ore della retribuzione base. Tutti i provvedimenti (escluso il rimprovero verbale) possono essere applicati solo dopo 5 giorni dalla contestazione scritta di cui sopra. Entro i 20 giorni successivi il lavoratore pu impugnare davanti ad un collegio di conciliazione ed arbitrato il provvedimento disciplinare. Particolare attenzione merita anche la recidiva, che si ha nel momento in cui un soggetto attua nuovamente lo stesso comportamento proibito che aveva attuato precedentemente e per cui era stato sanzionato a livello disciplinare: non si pu tener conto di una sanzione disciplinare una volta trascorsi 2 anni dalla sua applicazione (se ne pu, per, tener conto se occorre unanalisi completa del soggetto e della sua carriera lavorativa nellimpresa). Limiti al potere di controllo: controlli per la salvaguardia del patrimonio aziendale. Lo Statuto dei lavoratori, come abbiamo gi accennato, ha poi limitato il potere di controllo e vigilanza del datore di lavoro. Lart.2 dello Statuto dispone che limprenditore possa avvalersi di guardie giurate solo per salvaguardare il patrimonio aziendale, ma esse non possono in alcun modo interferire con lattivit lavorativa dei prestatori, neanche qualora questi ultimi pongano in essere azioni penalmente rilevanti. Le guardie giurate, durante lorario di lavoro, non possono avere accesso neanche ai locali in cui si svolge lattivit lavorativa, almeno che non sia presente patrimonio aziendale da salvaguardare. Volendo limprenditore pu avvalersi di propri dipendenti (non guardie giurate) per vigilare sulloperato degli altri lavoratori. Per meglio tutelare il patrimonio aziendale possono essere previste visite di controllo alluscita dei luoghi di lavoro e con sistemi di selezione imparziali (art.6 dello statuto), tra laltro solo qualora concordati con le rappresentanze sindacali. Qualora non vi sia accordo con esse, il datore di lavoro potr rivolgersi alla Direzione provinciale del Lavoro, che provveder alle visite suddette (la decisione impugnabile entro 30 giorni dinanzi al Ministro del lavoro). I controlli sullattivit lavorativa I controlli, oltre che essere previsti per salvaguardare il patrimonio aziendale, possono riguardare anche lattivit lavorativa. Lart.3 dello statuto prevede che vengano resi noti i nominativi e le mansioni del personale di vigilanza sullattivit lavorativa (sono esclusi dirigenti e capi, che per loro definizione esercitano un potere di controllo). Lart. 4 regola, poi, i controlli a distanza: essi non possono avere lunico fine di sorvegliare i lavoratori. Tuttavia, qualora siano installati per garantire la sicurezza degli stessi, possono risultare idonei anche al controllo delloperato dei lavoratori (quindi la norma si aggira facilmente). Analogamente a quanto previsto per le visite personali, linstallazione di tali apparecchiature deve essere concordata con i sindacati o decisa dalla Direzione provinciale del lavoro (latto impugnabile dinanzi al Ministro del lavoro). Le nuove tecnologie, prima fra tutte il personal computer, permettono oggi al lavoratore di ricevere le direttive lavorative tramite i terminali informatici: ci fa si che anche il controllo
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possa essere attuato tramite i terminali in questione. Purtroppo lo statuto non copre (e quindi non vieta) tale tipo di controllo. Gli accertamenti sanitari Lart.5 dello Statuto disciplina poi gli accertamenti sanitari volti a controllare la giustificazione dellassenza del lavoratore in caso di infermit. Precedentemente a tale statuto il medico per il controllo dello stato di salute del lavoratore veniva inviato dal datore di lavoro. Il suddetto articolo ha fatto in modo che ad inviare il medico per laccertamento sia listituto previdenziale tenuto allerogazione della prestazione indennitaria in luogo della prestazione lavorativa. Il medico curante deve inviare, telematicamente, un certificato che rechi la propria firma e che attesti che il paziente (il lavoratore) non sia in grado temporaneamente di esercitare lattivit lavorativa, indicando linizio e la presunta fine della malattia. Il lavoratore, entro due giorni, dovr consegnare il medesimo certificato al datore di lavoro. Questultimo potr, qualora lo ritenga opportuno, sollecitare lente previdenziale ad inviare un medico convenzionato alla residenza del lavoratore, per accertarne lo stato di salute: tale visita dovr avvenire nello stesso giorno della richiesta da parte del datore di lavoro, in orari stabiliti, definiti come reperibilit. Il lavoratore assente al momento della visita senza giustificato motivo, perder il diritto allintero trattamento economico per i primi dieci giorni ed avr diritto alla met dello stesso per i successivi (questa seconda parte stata dichiarata incostituzionale dalla Corte per la mancanza della previsione di una seconda visita). Sempre lart.5 prevede che lidoneit fisica di un lavoratore possa essere accertata anche da strutture pubbliche. Tra laltro la L. 626/1994 obbliga il datore di lavoro ad avvalersi di un medico (professionista privato, dipendente del datore, medico convenzionato) per laccertamento periodico dellidoneit dei lavoratori o per il soccorso immediato di particolari categorie di lavoratori che esercitano unattivit che li pone in pericolo. Ovviamente contro laccertamento dinidoneit parziale da parte del medico suddetto sar ammesso ricorso allorgano di vigilanza territorialmente competente. La procedimentalizzazione dei poteri del datore di lavoro Lo Statuto del lavoratore del 1970 ha, quindi, sancito indirettamente, la subordinazione solo tecnicofunzionale del lavoratore e non della persona del lavoratore nei confronti del datore. Si proceduto, quindi, a procedimentalizzare il potere imprenditoriale, che appare oggi, diversamente dal passato, come intrappolato nellobbligo, imposto dallo Statuto e da leggi successive, di seguire determinate regole e di osservare determinati vincoli nellesercizio dei poteri di controllo e direttivo , solo accessori rispetto alla pretesa imprenditoriale a ricevere la prestazione dovuta. SEZIONE B: MANSIONI E QUALIFICA Le mansioni e la qualifica La prestazione lavorativa dedotta in un contratto di lavoro ha obbligatoriamente ad oggetto lo svolgimento di unattivit, di un facere. Ovviamente tale attivit deve essere individuata, al fine di rispettare uno dei concreti requisiti del contratto, la determinazione o determinabilit delloggetto (art.1346 c.c.). Per stabilire di quale attivit lavorativa si tratti, si suole individuare le MANSIONI, ossia linsieme di compiti che il lavoratore chiamato a svolgere e per i quali stato assunto, e che identificano la posizione di lavoro del soggetto. Le mansioni possono essere individuate anche senza considerare lattivit complessiva del

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lavoratore, ma indicando semplicemente la QUALIFICA, ossia linsieme di compiti specifici che il lavoratore in grado di svolgere, linsieme delle sue competenze. Tutto ci rientra in uno schema di divisione del lavoro, utile e necessario dopo lavvento della rivoluzione industriale. La differenziazione retributiva in relazione alle mansioni Quindi unintera organizzazione produttiva scomponibile in una molteplicit di mansioni che possono essere ripartite tra i vari lavoratori di un ciclo produttivo. Ogni mansione, tuttavia, diversa da unaltra e per tal motivo pu avere un rilievo superiore o inferiore, determinato e classificato in base al trattamento economico riservato a quella determinata mansione. Unattivit specializzata che nel mercato pochi soggetti conoscono e sono in grado di esercitare, non pu in alcun modo essere posta sullo stesso livello di unattivit che chiunque potrebbe svolgere, in quanto i diversi compiti (mansioni) che un soggetto chiamato a svolgere possono richiedere diverse abilit, una diversa preparazione e quantaltro. Linquadramento del prestatore di lavoro. Le categorie contrattuali Lart. 96 comma 2 delle disposizioni attuative del Codice civile prevede che limprenditore abbia lobbligo di far conoscere al lavoratore assunto la categoria e la qualifica che gli sono state assegnate. Ci risulta utile per linquadramento individuale del lavoratore nel sistema di classificazione professionale, individuato dallart. 2095 c.c. per quanto concerne le CATEGORIE (operai, impiegati, quadri e dirigenti) e dai contratti collettivi per quanto concerne le qualifiche. Facciamo quindi una distinzione tra qualifica e categoria, specificando che ognuno di questi termini ha una doppia accezione. Per qualifica si intende SIA lattivit che un soggetto svolge nellorganizzazione produttiva, SIA linsieme di mansioni che individuano una figura professionale (il tornitore piuttosto che il carpentiere). Per categoria si intende il livello di appartenenza allinterno dellorganizzazione produttiva di un determinato soggetto. Qui possiamo attuare una distinzione tra categorie legali, individuate dallart. 2095 c.c., il quale attua la differenza tra operai, impiegati, quadri e dirigenti, e categorie contrattuali, in passato viste dalla contrattazione collettiva come delle sottocategorie di quelle legali, nate per poter attuare delle differenziazioni tra gradi intermedi (per esempio tramite lindividuazione della figura del funzionario, a met strada tra il quadro ed il dirigente). Categorie legali La classificazione dei lavoratori dettata, quindi, da un sistema misto in cui si incontrano le categorie contrattuali e quelle legali. Queste ultime sono individuate dal legislatore e collegano la classificazione professionale alla struttura gerarchica nellimpresa, specificando inoltre trattamenti diversi. Lo stesso art.2095 c.c. sancisce, al secondo comma, che siano leggi speciali e contratti collettivi a definire i criteri di appartenenza alle varie categorie. Inoltre la stessa contrattazione collettiva ha individuato, col passare del tempo, una serie di categorie contrattuali dapprima inesistenti (si pensi alla figura dei funzionari). Il sistema di classificazione dei lavoratori, tra laltro, si col tempo modificato notevolmente, prediligendo una distinzione tra categorie contrattuali, piuttosto che tra categorie legali.

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Distinzione tra operai ed impiegati La distinzione tra operai ed impiegati, individuata inizialmente grazie alla legge sullimpiego privato (R.D.L. 1825/1924), mutata notevolmente col passare del tempo e con levolversi della societ. Lart. 1 della suddetta legge riconduceva la differenza tra gli uni e gli altri alla distinzione tra lavoro manuale e lavoro intellettuale. Limpiegato, infatti, era visto come colui che svolge per limprenditore (esistendo uno stato di subordinazione) unattivit professionale di collaborazione, di concetto o di ordine, esclusa lattivit di manodopera. Con levolversi della societ, per, questa distinzione divenuta fragile: si assistito al proliferare di operai che operano a livello intellettuale ed alla meccanicizzazione del lavoro degli impiegati. La dottrina, quindi, ha individuato una nuova distinzione tra le due categorie, precisando che loperaio colui che collabora NELLimpresa, svolgendo unattivit produttiva, mentre limpiegato colui che collabora ALLimpresa, ossia organizzando (e non svolgendo) lattivit produttiva. Ma anche tale distinzione, considerando che in diversi settori una stessa attivit potrebbe essere presa in considerazione come operaia o impiegatizia, venuta in un certo senso a mancare. In realt, la vera distinzione, gi dallorigine della stessa, aveva ad oggetto il ceto sociale di appartenenza: impiegato era colui che sapeva scrivere, leggere, contare, differente dalloperaio che poteva prestare solo un lavoro manuale, essendo analfabeta. Il nuovo sistema di classificazione professionale, infatti, ha superato tale distinzione, non pi fondata sulla separazione tra operai ed impiegati (inquadramento unico). Linquadramento contrattuale Linquadramento unico, pi volte citato, non ha solo attuato uneliminazione nominale della distinzione tra operai ed impiegati, ma ha creato una nuova scala di categorie contrattuali, in cui al medesimo livello possono trovarsi tanto impiegati quanto operai. Non si attua pi, in sostanza, un modello gerarchico articolato su categorie legali, bens una classificazione in 7/8 categorie che comportano livelli retributivi diversi, lappartenenza ai quali determinata dalle definizioni delle caratteristiche dellattivit prestata (declaratorie) e dellelencazione di profili professionali specifici (esemplificazioni). I dirigenti Inizialmente i dirigenti venivano considerati solo e solamente come degli impiegati con funzione direttive, impiegati superiori. La nascita della categoria risale allordinamento corporativo, che attribu a tale categoria unorganizzazione separata da quella degli impiegati. La contrattazione collettiva, cui viene demandato il compito di stabilire i criteri di appartenenza a tale categoria, ritiene dirigenti tutti quei lavoratori che ricoprono un ruolo caratterizzato da un elevato grado di professionalit, autonomia e potere decisionale volto ad esplicare funzioni di coordinamento e gestione utili alla realizzazione degli obiettivi dellimpresa. La contrattazione collettiva subordina lattribuzione della qualifica dirigenziale alla nomina da parte dellimprenditore, al contrario della giurisprudenza, che non ritiene necessaria tale nomina qualora il compito effettivamente svolto delinei un rapporto fiduciario con limprenditore. Vi sono poi casi in cui il dirigente non ha alcun potere direttivo, essendogli riconosciuta lappartenenza a tale categoria in forza soltanto di una particolare preparazione e/o esperienza, che riconduce ad un trattamento economico pi vantaggioso. Il dirigente, comunque, non pu essere oggi considerato, contrariamente da ci che si credeva in passato, come lalter ego dellimprenditore, se non ai massimi livelli dellorganizzazione produttiva (top management).
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I quadri intermedi Lart.2095 c.c. inerente lindividuazione delle categorie legali di organizzazione produttiva attuava una distinzione, nel suo testo originario, tra dirigenti amministrativi e tecnici, impiegati ed operai. Negli anni 70, per, emersero figure professionali con un ruolo ben distinto rispetto agli impiegati, ma che non godevano di rilevanza dirigenziale: una figura, quindi, a met strada tra quella di impiegato e quella di dirigente, che meritava di essere retribuita diversamente rispetto agli uni e agli altri. La L.190/1985 novell lart.2095 c.c. introducendo la figura dei quadri intermedi, fornendone una definizione ma demandando alla contrattazione collettiva nazionale (inquadramento collettivo) la determinazione dei requisiti di appartenenza alla nuova categoria, alla quale sarebbero poi state applicate le norme di tutela del lavoratore inerenti gli impiegati. Tuttavia ai quadri viene attribuita la rilevanza inerente le funzioni e non le mansioni, propria dei dirigenti: essi sono lavoratori che svolgono funzioni a carattere continuativo di rilevante importanza per lo sviluppo e lattuazione degli obiettivi dellimpresa. Il mutamento di mansioni. Il divieto di adibizione a mansioni inferiori. Il danno da dequalificazione. Abbiamo visto come per mansioni sintenda linsieme dei compiti che il lavoratore chiamato a svolgere, oggetto dellobbligazione contrattuale del rapporto di lavoro. Il contratto di lavoro, tuttavia, lunico contratto in cui loggetto possa essere modificato unilateralmente da una parte, il datore di lavoro, al contrario della generalit di contratti in cui occorre il mutuo consenso delle parti. Ci previsto dallart.2103 c.c., che nel suo testo originario prevedeva non solo la possibilit del datore di modificare le mansioni, nellinteresse dellimpresa, per cui il lavoratore era stato assunto, ma anche leventualit che fossero le parti di comune accordo a stabilire una modifica delle mansioni. Lart.2103 c.c. stato novellato dallart. 13 dello Statuto dei lavoratori del 1970, il quale non solo ha eliminato la differenza tra mutamento unilaterale e mutamento consensuale, ma, pur riconoscendo il iusvariandi dellimprenditore, ha stabilito che sia possibile una variazione di mansioni solo orizzontale o verticale verso lalto, essendo impossibile una dequalificazione del la lavoratore. La mobilit verso il basso pu essere attuata solo nei casi tassativamente previsti, ossia in caso di esigenze straordinarie sopravvenute, nel caso di lavoratrici madri in quanto si voluto assicurare lesercizio di mansioni non pregiudizievoli alla salute delle stesse o dei feti, nel caso di sopravvenuta inabilit allo svolgimento delle mansioni, o nel caso in cui un accordo sindacale, in seguito ad una procedura di licenziamento, prevede il riassorbimento di lavoratori esuberanti. Tranne che in questultimo caso, si mantiene sempre la retribuzione precedente alla variazione verso il basso della mansione. Lart.2103 c.c. precisa che ogni patto contrario nullo. In caso di dequalificazione ingiustificata, tra laltro, il lavoratore avr diritto al risarcimento del danno tanto patrimoniale, quanto non patrimoniale. Mobilit orizzontale Si ha mobilit orizzontale nel momento in cui il lavoratore viene assegnato a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte. Lequivalenza di cui si parla, tuttavia, non inerisce al trattamento economico, fatto salvo gi dallo stesso art.2103 c.c. sia nel vecchio che nel nuovo testo. Pertanto per equivalenza si deve intendere unaffinit di professionalit tra le vecchie e le nuove mansioni. Il nuovo sistema di inquadramento per aree professionali, tuttavia, prevede che in una stessa area (o categoria) vi siano posizioni organizzative (o livelli) differentemente retribuiti, motivo per cui lattribuzione
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di una nuova mansione che prevede un trattamento economico superiore, dovr portare il lavoratore ad ottenere il trattamento ad egli pi favorevole. Mobilit verso lalto Si ha mobilit verso lalto nel momento in cui il lavoratore viene assegnato a mansioni superiori: in tal caso egli avr diritto al trattamento economico corrispondente e lassegnazione diverr definitiva dopo un periodo fissato dai contratti collettivi e non superiore a tre mesi, salvo il caso in cui si stia sostituendo momentaneamente un lavoratore assente che ha diritto alla conservazione del posto (in caso di malattia, infortunio, gravidanza e puerperio, servizio militare). Se in questo caso il periodo massimo di tre mesi per lassegnazione definitiva ad una mansione superiore, nel caso in cui si tratti di mansioni di quadro intermedio o dirigente, il periodo MINIMO di svolgimento di tre mesi, ma pu essere stabilito un periodo superiore dai contratti collettivi. Quindi al lavoratore viene riconosciuto il DIRITTO ALLA PROMOZIONE, ossia il riconoscimento della qualifica superiore per le mansioni effettivamente svolte, che non va confuso con la promozione automatica prevista nei contratti collettivi, la quale riconosce che dopo un periodo di permanenza nella mansioni di livello pi basso, il lavoratore abbia diritto ad acquisire una qualifica di livello superiore. Trasferimento del lavoratore Lart.2103 c.c. disciplina, inoltre, il trasferimento del lavoratore ad unaltra unit produttiva. Esso pu essere disposto dal datore di lavoro in via definitiva nel caso in cui vi siano comprovate ragioni tecniche o organizzative, che limprenditore non ha solo lonere di provare, ma anche di comunicare al lavoratore in caso di richiesta di questultimo (non contestualmente al provvedimento di trasferimento). Qualora non siano rispettati i presupposti legali, il lavoratore potr far accertare in giudizio la nullit del provvedimento e rifiutarsi di ottemperare allo stesso. E anche futile precisare che il trasferimento non pu aver ad oggetto motivi discriminatori di qualsivoglia tipo. Non altrettanto scontato dire che in caso di lavoratore che assiste con continuit un parente o affine entro il terzo grado portare di handicap o in caso di amministratori locali eletti ad esercitare funzioni pubbliche, occorra il consenso degli interessati al trasferimento. SEZIONE C: LA TUTELA DELLA PERSONA DEL LAVORATORE NELLORGANIZZAZIONE DEL LAVORO Linserimento del prestatore nellambiente di lavoro Quando si parla di condizioni di lavoro non ci si riferisce solo alle mansioni del lavoratore, ma anche allorganizzazione e allambiente lavorativo, che riguardano da vicino il datore di lavoro nellesercizio del proprio potere direttivo. Col tempo sono state fissate norme tese a tutelare le condizioni ambientali (igiene, sicurezza) e la durata della prestazione lavorativa (orario di lavoro) per limitare il potere dellimprenditore e tutelare i lavoratori. La persona fisica e la propria personalit morale devono essere tutelate anche nellambiente di lavoro, ossia allinterno dellorganizzazione produttiva e per tal motivo stato introdotto un sistema di assicurazioni sociali contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, riguardanti quelle particolari categorie lavorative esposte ad un notevole margine di rischio nellesercizio della propria attivit. Il principio del rischio professionale tutela il datore di lavoro, esonerandolo da qualsivoglia responsabilit in caso di eventi dannosi assicurati: sar lente assicuratore ad indennizzare il
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lavoratore per la sospensione momentanea dellattivit lavorativo o addirittura ad assicurargli un rendita qualora la sospensione non abbia carattere temporaneo. Ad assicurare, poi, un certo grado di prevenzione sul posto di lavoro vi sono lart.2087 c.c., lart.9 dello Statuto dei lavoratori e il D.Lgs. 626/1994. Disciplina dellart. 2087. Danno biologico e mobbing. Lart. 9 dello Statuto Lart.2087 c.c. prevede, a carico del datore di lavoro, lobbligo di protezione della persona fisica e delle personalit morale del lavoratore. Il datore di lavoro, quindi, deve attuare tutte le misure idonee affinch il lavoratore, nelleseguire la prestazione lavorativa, non incorra in alcun pericolo per la propria integrit psicofisica. Quindi limprenditore deve svolgere una vera e propria attivit di prevenzione, oggetto dellobbligo sancito dal suddetto articolo. Nella generalit dei contratti il dovere di rispetto della persona implicito allobbligo di buona fede (art.1375 c.c.) e si configura come un obbligo secondario rispetto allobbligo primario di prestazione. Nel caso del rapporto di lavoro, invece, tale obbligo non risulta secondario/accessorio, bens primario al pari dellobbligo di prestazione. Va sottolineato come lart.2087 per lungo tempo sia stato evocato solo in caso di risarcimento danni, quando il fatto si era gi concretizzato, non ottemperando al proprio ruolo di prevenzione. La Corte Costituzionale ha, inoltre, sottolineato limportanza del cosiddetto danno biologico: si tratta di una menomazione dellintegrit psico-fisica del lavoratore che va oltre la riduzione della capacit lavorativa e per cui inizialmente il datore di lavoro veniva ritenuto responsabile, non essendo coperto da alcuna assicurazione a riguardo. La normativa recente ha previsto che anche il danno biologico sia coperto da assicurazione qualora sia derivante da infortunio o malattia professionale: il datore di lavoro, quindi, non ha alcuna responsabilit civile a riguardo, responsabilit che permane al di fuori dei casi coperti dallassicurazione. La giurisprudenza ha poi riconosciuto il cosiddetto danno esistenziale, prodotto dal comportamento illegittimo del datore di lavoro e causante danni alla vita di relazione del lavoratore. Di recente si parlato molto spesso di mobbing, condizione che si attua nel momento in cui il soggetto (non solo il lavoratore) viene posto in una situazione di inferiorit tramite il comportamento posto in essere da altri soggetti (datore o colleghi): in tal caso non si ha alcun danno psico-fisico, ma un danno morale che lede la dignit del soggetto. Le pronunce giudiziali in tema di lavoro sono ancora scarse, ma la giurisprudenza sembra aver ben recepito la situazione di disagio in cui si pu trovare il lavoratore. Attenzione merita anche lart.9 dello Statuto dei lavoratori, il quale attribuisce ai lavoratori, tramite le proprie rappresentanze, di poter controllare lapplicazione delle norme anti-infortunistiche e di poter suggerire miglioramenti e nuove misure per salvaguardare le condizioni di lavoro. Tutela della salute nel D.Lgs. 626/1994 In tema di sicurezza del lavoro la normativa pi importante emanata allinterno del nostro ordinamento sicuramente rappresentata dal D.Lgs. 626/1994 emanato in attuazione della direttiva-quadro europea 391/1989. Il decreto introduce importanti novit in materia: i rischi devono essere valutati e ridotti al minimo dal datore di lavoro e deve essere attuata una prevenzione continua, la quale miri ad informare i lavoratori dei rischi della propria attivit (diritto allinformazione), obbligando il datore alla nomina di uno o pi rappresentanti per la sicurezza che conoscano lambiente di lavoro e contribuiscano alla riduzione
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degli stessi. Il datore di lavoro, oltre a valutare i rischi, deve elaborare un piano di sicurezza ambientale, in cui vengano individuate le misure di prevenzione e lattuazione delle stesse, conservato presso lunit produttiva. Inoltre deve esserci una sorveglianza sanitaria da parte di un medico competente per i lavoratori esposti ad agenti che alzino il livello di rischio lavorativo. I lavoratori stessi, inoltre, devono prendersi cura della propria salute e sicurezza, sottoponendosi ai programmi di formazione ed addestramento organizzati dallimprenditore e provvedendo allosservanza di tutte le norme necessarie per la riduzione dei rischi (adozione di tute protettive, ottemperamento ai protocolli previsti per luso di determinati agenti o macchinari ecc). INTEGRAZIONE APPENDICE DI AGGIORNAMENTO: il D.Lgs.626/1994 stato sostituito dal TU in materia di sicurezza del lavoro, emanato con il D.Lgs.81/2008 in attuazione della delega contenuta allinterno della L.123/2007. Il TU ha il compito di unificare tutta la disciplina in materia di sicurezza del lavoro, nonch di adeguarla al riparto delle competenze legislative nazionali e regionali. Esso contiene una disciplina generale, inerente i principi comuni in materia, i quali delineano le finalit, il campo di applicazione, le istituzioni coinvolte ed il sistema di gestione della sicurezza, ed una disciplina speciale dei singoli settori, che integra e completa quella generale, contenente disposizioni in merito ad uso di attrezzature, cantieri mobili, uso dei videoterminali, esposizione ad agenti fisici, chimici e biologici. Il TU si ispira a 2 principi fondamentali, quello delluniversalit e quello delleffettivit. Il principio di universalit impone che la normativa in materia si applichi a tutte le tipologie di lavoro. Per questo motivo stato previsto che la disciplina del TU si applichi anche ai lavoratori autonomi (dapprima esclusi), sebbene limitatamente ad alcuni aspetti, oltre che ai componenti di imprese familiari ed ai piccoli imprenditori. Inoltre ai lavoratori autonomi si estende la disciplina prevista per gli appalti, per i contratti dopera e di somministrazione per ci che concerne i processi di esternalizzazione: in tutti quei casi che portano allaffidamento a terzi di fasi lavorative e che implicano la presenza sul posto di lavoro di soggetti dipendenti da diversi rapporti negoziali, ma la cui responsabilit degli stessi pende su un unico centro dimputazione. Ecco perch necessaria la presenza, sul posto di lavoro, di un documento unico di valutazione dei rischi. Inoltre la disciplina del TU estesa a tutti quei casi in cui la figura del datore di lavoro e quella dellutilizzatore siano distinte (somministrazione e distacco), cos come ai casi in cui unattivit di collaborazione autonoma venga svolta presso un committente (collaborazione a progetto o coordinate e continuative) ed ai casi di lavoro occasionale o accessorio. Il TU include, infine, anche le forme di lavoro delocalizzato, come il telelavoro. In forza del principio di effettivit, invece, stato previsto dal TU che il datore di lavoro, tramite atto in forma scritta ad substantiam con data certa e ricevuta laccettazione in forma scritta, possa delegare ad un proprio sottoposto tutti i compiti in materia di sicurezza, purch il soggetto sia professionalmente idoneo a svolgere tali compiti, sia pubblicizzata la nomina e gli siano trasferiti compiti di gestione, controllo e spesa. In tal caso il datore di lavoro esonerato da qualsivoglia responsabilit, anche se potrebbe rispondere della mancata vigilanza sulloperato del responsabile per la sicurezza sul lavoro. Il TU si occupato, inoltre delle sanzioni in caso di violazione delle norme in esso contenute, prevedendo in alcuni casi addirittura la pena detentiva. Qualora vengano violate le disposizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro dettate dal TU e, in conseguenza di tale violazione, si configuri il reato di omicidio colposo o lesioni gravi colpose, vi una responsabilit penale delle persone giuridiche che avevano il compito di far rispettare la normativa. Anzitutto sono previste sanzioni pecuniarie, oltre alle sanzioni
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amministrative di tipo interdittivo. Sanzioni sospensive sono, poi, previste in caso di utilizzo di lavoratori irregolari, proprio al fine di contrastare il lavoro sommerso: solo la regolarizzazione degli stessi pu attenuare le sanzioni. Per ci che concerne, infine, la riforma del Titolo V della Costituzione avvenuta nel 2001 e la conseguente ripartizione di competenze tra Stato e regioni, stato previsto che il TU funga da contenitore dei principi fondamentali dettati dallo Stato in funzione della competenza concorrente riguardo alla materia della sicurezza del lavoro. Alle Regioni spetta legiferare in materia, in coerenza con i principi del TU. Divieti di discriminazione Una serie dinterventi legislativi, nel corso del tempo, hanno assicurato la dignit e la libert morale del lavoratore nei confronti di discriminazioni di qualsiasi genere. I primi divieti hanno riguardato discriminazioni politiche, religiose e sindacali, mentre successivamente sono state tutelate la condizione dello straniero e la parit tra i sessi. Discriminazioni etniche o fondate sulla razze, cos come discriminazioni inerenti la religione, gli handicap, let e lorientamento sessuale, sono state vietate in maniera assoluta anche grazie ad interventi a livello europeo, poi recepiti nel nostro ordinamento dal D.Lgs. 215/2003 e dal D.Lgs. 216/2003, i quali hanno ricompreso tra i comportamenti vietati anche le molestie, ossia quei comportamenti che hanno lo scopo o leffetto di violare la dignit di una persona o di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo. Ovviamente sono state contemplate alcune deroghe ai vari divieti di discriminazione, come per esempio quelle inerenti funzioni dinteresse pubblico in merito a determinate attivit lavorative (forze armate e servizi di polizia, di soccorso, penitenziari). SEZIONE D: LA DURATA DELLA PRESTAZIONE Lorario di lavoro e la determinazione della prestazione. La tutela della salute del lavoratore e lart.36 comma 2 e 3 della Costituzione La persona del lavoratore non va tutelata solo in merito allambiente di lavoro ed ai rischi ad esso connessi, ma anche in base allorganizzazione del lavoro e della durata dello stesso. La dimensione temporale lavorativa acquisisce importanza sia sotto il profilo di determinazione quantitativa della prestazione lavorativa e della retribuzione, ossia quanto il prestatore deve lavorare in virt del contratto (orario normale contrattuale di lavoro) ed a quale retribuzione ha diritto in base alle ore lavorative, sia sotto il profilo del limite massimo di esigibilit della prestazione lavorativa, ossia per capire quanto il lavoratore possa essere impiegato prima che esaurisca le proprie forze (pur sempre umane e non meccaniche) e perda lucidit e professionalit a danno di se stesso e del proprio operato. Lart.36 della carta costituzionale stabilisce al comma 2 che la durata massima dellattivit lavorativa debba essere stabilita per legge, mentre al comma 3 prevede che il lavoratore abbia diritto al riposo settimanale ed alle ferie annuali retribuite, senza potervi rinunciare. La disciplina legale dellorario di lavoro La disciplina dellorario di lavoro stata per lungo tempo contenuta negli artt.2107,2108 e 2109 c.c., inerenti lorario di lavoro effettivo, il lavoro straordinario e notturno ed i periodi di riposo, nonch allinterno di diverse leggi speciali. Nel 2003 con il D.Lgs. 66, in attuazione della direttiva europea 104/93,
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la normativa dapprima sparsa in varie fonti legislative, stata unificata ed innovata, abrogando le precedenti, salvo nei casi esplicitamente richiamati. Il decreto 66 definisce lorario di lavoro: si tratta del periodo di tempo in cui il prestatore al lavoro, a disposizione del datore ed eserciti la propria attivit. Viene poi ribadita la differenza tra orario normale di lavoro, contrattualmente previsto e fissato nel limite di 40 ore settimanali con la possibilit dei contratti collettivi di prevedere una durata inferiore e considerare il limite come valore medio sullarco di un anno (si tratta del c.d. orario multiperiodale, che permette ai datori di lavoro di superare le 40 ore senza andare incontro allo straordinario), ed orario di lavoro straordinario, il quale consiste nelle ore di lavoro eccedenti lorario normale, fissate nel limite di 250 ore annuali e retribuite diversamente e maggiormente (da unirsi o sostituirsi a recuperi/riposi extra) rispetto alle ore normali di attivit lavorativa. Le ore di lavoro straordinario, tra laltro, devono essere regolamentate dai contratti collettivi o, in difetto, concordate tra datore e lavoratore. Il limite settimanale omnicomprensivo di ore lavorative viene fissato in 48 ore ogni 7 giorni, fissato non come valore assoluto ma come valore medio su un arco temporale di 4 mesi, salva diversa previsione dei contratti collettivi. Il datore di lavoro che ecceda la previsione delle 48 ore/7 giorni deve comunicarlo per iscritto, insieme alla motivazione, entro 30 giorni alla Direzione provinciale del lavoro. E stato, inoltre, innalzato a 4 settimane di astensione dal lavoro il diritto alle ferie. Sono previste, anche per lorario lavorativo, alcune deroghe: sono esclusi dalla disciplina dellorario normale MA NON da limite di 48 ore/7 giorni, i lavoratori addetti alle occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo o di semplice attesa e custodia. Sono esclusi tanto dalla disciplina dellorario normale, quanto da quella delle 48 ore/7 giorni tutti i lavoratori la cui durata della prestazione non determinata o pu essere determinata dai lavoratori stessi (dirigenti o persone con potere di decisione autonomo). Infine con decreto ministeriale pu essere innalzato il periodo di 4 mesi (fino ad un massimo di 6 mesi) su cui spalmare le 48 ore/7 giorni, nei casi tassativamente elencati dallo stesso decreto (continuit di alcuni servizi come quello ospedaliero, postale, televisivo, attivit connesse al trasporto ecc). INTEGRAZIONE APPENDI DI AGGIORNAMENTO: il D.Lgs.66/2003 inerente lorario di lavoro ed il c.d. tempo di non lavoro, stato modificato dalla L.244/2007 e dal D.L.112/2008, il quale per non si applica ai servizi di vigilanza privata. Il decreto ha escluso dallapplicazione del limite settimanale medio di 48 ore il personale dirigente del Servizio Sanitario Nazionale, per garantire maggiormente tale servizio, salvo lasciare ai contratti collettivi la previsione di come vadano recuperare le energie psico-fisiche. Non pi necessario, inoltre, comunicare il superamento delle 48 ore settimanali per ricorso al lavoro straordinario. Unaltra modifica ha riguardato il riposo giornaliero consecutivo di 11 ore ogni 24, il quale pu essere ora concesso non solo per coloro che esercitano attivit frazionate durante la giornata, ma anche a colo che sono soggetti a regimi di reperibilit, esclusi dirigenti e personale del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale. Per quanto riguarda la materia del riposo giornaliero, nonch delle pause e della durata/organizzazione del lavoro notturno previsto che la contrattazione collettiva nazionale possa attuare un regime derogatorio rispetto alle previsioni legislative; stessa cosa pu fare la contrattazione collettiva territoriale nel settore privato, senza conformit con quella nazionale. Inoltre, in riferimento al diritto al riposo settimanale consecutivo di 24 ore ogni 7 giorni, stato previsto che esso vada calcolato come media in un periodo di 14 giorni, facendo di fatto slittare il riposo. Piccole modifiche sono state previste anche per la nozione di lavoro notturno, lasciando immutata la definizione originale, ma
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prevedendo che lavoratore notturno sia anche colui che svolga una parte del suo lavoro durante il periodo notturno secondo le modalit previste dai contratti collettivi o svolga lavoro notturno per un minimo di 80 giorni lanno per almeno 3 ore. Il lavoro notturno Il decreto 66 ha modificato anche la materia del lavoro notturno, anzitutto fornendo una definizione di periodo notturno, periodo di almeno 7 ore comprendenti lintervallo tra la mezzanotte e le 5 del mattino, e di lavoratore notturno, colui che svolge almeno 3 ore dellorario di lavoro normale durante il periodo notturno o almeno una parte del proprio lavoro secondo le norme previste dai contratti collettivi, o che svolge lavoro notturno per un minimo di 80 giorni lanno. Lintroduzione del lavoro notturno deve essere stabilito in concerto con le rappresentanze sindacali e non pu superare il periodo di 8 ore di media nellarco delle 24 ore, salvo che i contratti collettivi non abbiano diversamente previsto. I contratti collettivi devono, poi, stabilire la retribuzione per il lavoro notturno e fissare i requisiti che consentono lesclusione dal lavoro notturno, accertati da strutture sanitarie pubbliche. Vanno poi stabiliti dei controlli e delle garanzie per la sicurezza del lavoratore notturno. Non pu esercitare lavoro notturno la donna in gravidanza o in puerperio fino al compimento di un anno di et del bambino, mentre facoltativo il suddetto per: la donna madre di un figlio di et inferiore a 3 anni o per il lavoratore padre convivente con la stessa; il lavoratore (lavoratrice) genitore unico affidatario di un figlio convivente di et inferiore a 12 anni; il lavoratore (lavoratrice) con a carico un soggetto disabile. La pause giornaliere, il riposo settimanale, le festivit infrasettimanali, le ferie annuali Il decreto 66 del 2003 disciplina le pause, il riposo settimanale, le festivit infrasettimanali e le ferie annuali. Per pausa si intende lintervallo, stabilito dai contratti collettivi o in assenza dei quali la pausa non pu durare meno di 10 minuti, per chi esercita unattivit lavorativa di durata superiore alle 6 ore in cui il soggetto pu recuperare le proprie energie psico-fisiche e consumare il pasto. Per il riposo giornaliero, invece, il decreto stabilisce che il lavoratore ha diritto ad 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore, salvo i casi di attivit lavorative frazionate durante la giornata, nel qual caso si pu giungere a lavorare per ben 13 ore complessive tra orario di lavoro normale e straordinario. Va sottolineato che la normativa su pause e riposi giornalieri non si applica ai lavoratori la cui durata della prestazione non pu essere predeterminata o non misura o scelta dal lavoratore. In materia intervengono i contratti collettivi, in mancanza dei quali si potr avere anche un decreto ministeriale. Il lavoratore ha poi diritto al riposo settimanale, ossia a 24 ore di riposo continuativo ogni settimana (da cumulare con i riposi giornalieri), di solito coincidenti con la domenica, ad eccezione dei lavori a turni, dei lavori frazionati durante la giornata e del settore dei trasporti ferroviari ecc. Il decreto 66 ha poi disciplinato un diritto costituzionalmente garantito dallart.36, ossia quello al riposo annuale (ferie). E previsto che il lavoratore abbia diritto a 4 settimana di riposo, 2 delle quali devono
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essere godute consecutivamente. La retribuzione rimane identica al periodo di lavoro e le ferie si sospendono in caso di malattia durante il periodo di riposo annuale.

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CAPITOLO QUINTO LA RETRIBUZIONE


SEZIONE A: LOBBLIGAZIONE RETRIBUTIVA. LA RETRIBUZIONE MINIMA SUFFICIENTE Lobbligazione retributiva. La c.d. busta paga Abbiamo avuto modo di precisare che il contratto di lavoro un contratto sinallagmatico, a prestazioni corrispettive, in cui allobbligazione di una parte di eseguire lattivit lavorativa, corrisponde lobbligazione dellaltra parte a retribuire il lavoratore. La materia disciplinata dallart.2099 c.c. il quale prevede che la retribuzione possa essere stabilita a tempo (ti pago per 8 ore lavorative) o a cottimo (in base al lavoro svolto, ti pago per aver prodotto X). Nella corresponsione della retribuzione il datore di lavoro deve usare la diligenza del buon padre di famiglia e pu essere obbligato al risarcimento del danno in caso di ritardo o inadempimento ad egli imputabile. Il principio osservato quello della post-numerazione, ossia prima si esegue la prestazione lavorativa e poi si viene retribuiti. La retribuzione corrisponde ad un pagamento pecuniario (anche in natura secondo quanto prevede lart.2099 c.c.) da effettuarsi presso la sede di lavoro ed accompagnato da un prospetto paga analitico (L.4/1953) riassumente le voci che compongono la retribuzione. Lorario di lavoro come criterio di commisurazione della retribuzione Lammontare della retribuzione viene stabilito in base al tempo lavorato. Il principio della postnumerazione, infatti, prevede che la retribuzione sia dovuta in base allattivit svolta. Il tempo impiegato per lesercizio dellattivit lavorativa (retribuzione a tempo) o il risultato produttivo ottenuto tramite la forza lavoro (a cottimo) sono determinanti per stabilire lorario di lavoro, sulla base del quale viene stabilita, da contratti collettivi e talune volte individuali, la retribuzione. Nella retribuzione a cottimo va comunque calcolato il tempo lavorato per determinare la retribuzione, ossia il tempo che servito per produrre una determinata quantit di grandezze (il risultato produttivo appunto). Retribuzione minima, contratti collettivi ed articolo 36 Costituzione In forza dellart.2099 c.c. secondo comma spetta ai contratti collettivi stabilire la misura della prestazione retributiva. Compito primario ed originario dellautonomia collettivo , infatti, quello di stabilire la misura minima della retribuzione (contratto collettivo = concordato di tariffa gi alla fine del XIX secolo). N.B. larticolo parla di riferimento alle norme corporative, poi sostituite dai contratti collettivi. Tuttavia il documento pi importante in cui possiamo ritrovare una traccia per stabilire lammontare delle retribuzioni la Costituzione: i contratti collettivi devono osservare quanto disposto dallart.36, il quale prevede che la retribuzione (e si tratta di una norma principio, non semplicemente di una clausola generale da completare ad opera del legislatore) sia anzitutto proporzionata alla quantit ed alla qualit del lavoro svolto, ossia vi deve essere equivalenza tra la prestazione retributiva e quella lavorativa, ed in ogni caso sufficiente ad assicurare al lavoratore ed alla sua famiglia unesistenza libera e dignitosa, ossia la misura minima della retribuzione deve andare oltre il minimo di sussistenza, ossia deve essere adeguata alle necessit sociali. In caso di lavoro plurimo (dipendenza da pi datori di lavoro e coesistenza di pi rapporti lavorativi), inoltre, va osservato dapprima il requisito della sufficienza, in quanto la retribuzione deve essere mezzo di

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sostentamento per il lavoratore, non un semplice corrispettivo per il lavoro svolto: la retribuzione ha, quindi, anche una funzione sociale. Lapplicazione giurisprudenziale dellart.36 della Costituzione Lapplicazione giurisprudenziale dellart.36 della Costituzione stata fondamentale allinterno del nostro ordinamento per la fissazione dei salari minimi. La giurisprudenza ha riconosciuto come corrispondenti ai requisiti dettati dalla Costituzione, la retribuzione equivalente a quella dei contratti collettivi, attribuendo unimportanza vitale allautonomia collettiva. I sindacati, infatti, non rispettando pienamente lart.39 della Costituzione, in quanto non registrati, non avrebbero il potere di stipulare contratti collettivi validi per tutte le categorie professionali, ivi inclusi i non iscritti. La giurisprudenza, invece, ha previsto che le retribuzioni minime stabilite da accordi dellautonomia privata si applichino anche a lavoratori di quel settore non iscritti ai sindacati stipulanti laccordo. Nel nostro Paese, inoltre, manca una disciplina legislativa che fissi dei minimi salariali, ma per nostra fortuna intervenuta la giurisprudenza per la corretta applicazione dellart.36, che seppur costituzionale e non di disciplina legislativa in materia, possiede comunque una funziona precettiva e perci direttamente vincolante, non essendo un mero principio generale. SEZIONE B: STRUTTURA DELLA RETRIBUZIONE I sistemi di retribuzione Lart.2099 c.c. contempla due sistemi di retribuzione: quello a tempo, in cui il lavoratore viene retribuito in base al periodo di tempo in cui ha prestato la propria attivit lavorativa (ore, settimane, giorni) e quello a cottimo, in cui il lavoratore viene retribuito in base al risultato del lavoro. Vi sono poi sistemi di retribuzione alternativi contemplati dallo stesso articolo, quali la partecipazione agli utili, dove il lavoratore riceve una parte dei profitti netti dellimpresa che si possono evincere dal bilancio ove sia previsto, la partecipazione ai prodotti dellimpresa, in cui il lavoratore, in cambio della propria attivit, riceve una parte dei risultati materiali dellattivit imprenditoriale. Queste due ultime forme di retribuzione potrebbero per violare, indirettamente, il requisito di sufficienze previsto dallart.36 della Costituzione, laddove ad esempio lattivit imprenditoriale non sia andata bene e non sia in grado di garantire utili o prodotti al lavoratore, a causa di elementi non contemplabili dal lavoratore stesso. In tal caso previsto comunque che il lavoratore ottenga una retribuzione sufficiente. Il lavoratore, inoltre, pu essere anche retribuito con prestazioni in natura, ossia ricevendo dei beni, anche se ci avviene in casi limitati (es. portierato, dove il portiere riceve, oltre ad una somma in denaro, anche vitto e alloggio). Ultima ipotesi quella della retribuzione a provvigione: in tal caso il lavoratore tenuto (ed questo proprio loggetto della sua prestazione) alla conclusione di affari e contratti nellinteresse dellimprenditore e qualora egli riesca nel proprio operato, avr diritto o ad una percentuale sullaffare o comunque ad una retribuzione proporzionata allo stesso. Tale tipo di retribuzione pu essere integrativa di una retribuzione in denaro od anche esclusiva. Retribuzione a tempo Nellambito della retribuzione a tempo possiamo attuare una distinzione tra la retribuzione oraria, definita come salario, e quella mensile, definita come stipendio, originariamente e tradizionalmente
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corrispondenti alla distinzione tra operai ed impiegati. Per la distinzione non rileva il termine dadempimento dellobbligazione retributiva, che pu essere alla fine del mese od ogni 15 giorni in entrambi i casi, ma lassunzione del rischio: il salario corrisponde alla somma delle ore effettivamente lavorate, mentre per lo stipendio il datore di lavoro si assume il rischio della mancata prestazione lavorativa non imputabile al lavoratore. In entrambi i casi, comunque, sulla retribuzione normale (inerente lorario normale di lavoro) si calcolano le maggiorazioni per lavoro straordinario, il cui ammontare viene stabilito dai contratti collettivi in cui possono essere previsti anche dei riposi compensativi, per lavoro notturno, ed anche in tal caso spetta ai contratti collettivi stabilire i trattamenti economici indennitari per i lavoratori notturni, per le festivit, compensate con unulteriore retribuzione che si aggiunge a quella normale ed stabilita dai contratti collettivi. Per le ferie, inoltre, il lavoratore deve usufruire obbligatoriamente delle 4 settimane, non essendo possibile indennizzarlo in denaro per ferie non godute, salvo il caso di cessazione del rapporto di lavoro. Elementi accessori della retribuzione e la sua struttura complessa La retribuzione globale di un lavoratore composta dalla retribuzione minima prevista dai contratti collettivi o individuali per lorario normale di lavoro (paga base) e dagli elementi accessori della retribuzione, costituiti non solo dalle maggiorazioni per lavoro straordinario, notturno o festivo, ma anche dai cosiddetti scatti di anzianit, previsti con frequenza biennale e di cui stabilito un numero massimo nei contratti collettivi, ai quali si ha diritto per il semplice permanere allinterno di una stessa qualifica per un periodo di tempo protratto, dai cosiddetti superminimi (assegni ad personam o aumenti di merito) che superano i minimi tariffari previsti dai contratti collettivi, dalla 13esima mensilit o gratifica natalizia. Vi sono poi tutta una serie dindennit previste a favore di coloro che pongono in essere un lavoro disagiato o ad alto rischio (monetizzazione del rischio), che hanno natura corrispettiva e non risarcitoria. Inoltre, vi sono i premi collettivi di produzione, istituiti per garantire la partecipazione del lavoratore agli utili dellimpresa. Ultimamente, sempre pi frequenti, sono i premi di presenza, rivolti a disincentivare lassenteismo. Un cenno merita anche lindennit di mensa, corrisposta al lavoratore per sostituire il relativo servizio. Retribuzione a cottimo Secondo sistema fondamentale di retribuzione previsto dallart.2099 c.c. quello a cottimo. In questo caso non si tiene conto solo del periodo di tempo lavorativo del prestatore, ma anche del risultato ottenuto in tale periodo di tempo. Come possiamo notare, quindi, la retribuzione a cottimo non esula dallorario lavorativo (come magari avviene per quella a provvigione), bens tiene conto di un secondo fattore, il risultato produttivo. Inizialmente questo tipo di retribuzione era prevista per i lavoratori autonomi come corrispettivo della locazione dopera. In seguito venne estesa anche al lavoro subordinato, ovviamente con qualche modificazione: il cottimo a pezzo o a misura venne sostituito dal cottimo a tempo (quanto riesci a produrre e quanto lavori nellarco di tot ore? Tanto verrai retribuito). La retribuzione a cottimo puro o integrale in realt limitata al lavoro a domicilio, mentre nei contratti collettivi viene sempre utilizzato il cottimo misto, il quale prevede un minimo di paga base determinato a tempo ed un utile di cottimo, calcolato sul lavoro eseguito (si configura quindi come una maggiorazione). Nella retribuzione a cottimo, comunque, il rischio di mancato o insufficiente lavoro grava pur sempre sul datore, e si trasferisce a carico del prestatore solo per ci che concerne la quantit di retribuzione in base alle singole frazioni di risultato
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(non pu essere imputabile al lavoratore il difetto o scarto della produzione). I contratti collettivi non fanno altro che stabilire le tariffe di cottimo. Il lavoro a cottimo previsto in tutti quei casi in cui limprenditore possa aumentare il ritmo di lavoro (es. catene di montaggio) ed il legislatore impone a questultimo di aumentare anche la retribuzione. Lart.2101 c.c. stabilisce che i sindacati possano decidere che le tariffe di cottimo non divengano da subito effettive, ma ci sia un periodo di prova, la cosiddetta fase sindacale, cui segue un periodo definito come fase aziendale, in cui le tariffe iniziano ad operare regolarmente, demandata allimprenditore, che deve rendere note le tariffe (ossia lavorazioni da eseguire e relativo compenso unitario) tramite la bolla di cottimo. La retribuzione a cottimo funge, quindi, da incentivo del rendimento, ma nei casi in cui il rendimento per unit di tempo dipenda da macchinari con tempi prefissati, serve solo a controllare che il lavoratore mantenga sempre uno stesso standard lavorativo. Nozione di retribuzione Nella definizione legislativa di retribuzione come corrispettivo del lavoro rientrano solo e solamente gli elementi essenziali della retribuzione stessa, ossia tutti quegli elementi dovuti in via necessaria e non eventuale. Quando un beneficio economico, unattribuzione patrimoniale non legata allo svolgimento dellattivit lavorativa, e pertanto corrisposto in via eventuale e non necessaria, allora non pu far parte della definizione omnicomprensiva di retribuzione. Nozione di reddito da lavoro dipendente a fini contributivi La retribuzione, oltre a rappresentare lobbligazione corrispettiva rispetto allattivit lavorativa, considerata dalla legge come base imponibile per il calcolo dei contributi previdenziali e come reddito imponibile ai fini fiscali. Il vecchio art.12 della L.153/1969 considerava come retribuzione ai fini previdenziali tutto ci che veniva corrisposto dal datore di lavoro in dipendenza del rapporto di lavoro stesso. Il D.Lgs. 317/1997 ha riformulato lart.12, prevedendo la definizione di reddito da lavoro dipendente a fini contributivi, identica alla definizione per fini fiscali dello stesso decreto che, oltre a modificare la L. 153/1969, ha modificato anche il TU delle imposte sui redditi. Per reddito da lavoro dipendente non sintendono pi le sole somme previste come corrispettivo dellattivit lavorativa, ma anche quelle percepite dal prestatore a qualsiasi titolo da parte del datore di lavoro. Sono escluse dalla tassazione fiscale e dai fini previdenziali, le somme erogate a titolo di Trattamento di fine rapporto (TFR) e quelle erogate per incentivare lesodo di un lavoratore. SEZIONE C: IL TRATTAMENTO RETRIBUTIVO NELLE IPOTESI DI SOSPENSIONE DEL RAPPORTO Contratto di lavoro e rimedi sinallagmatici Il contratto di lavoro, non ci stancheremo di ripeterlo, un contratto sinallagmatico: tra le obbligazioni delle parti vi un nesso di interdipendenza che ne fa un contratto a prestazioni corrispettive. Ovviamente la legge, al pari degli altri contratti sinallagmatici, offre anche a quello lavorativo una serie di rimedi sinallagmatici, mediante i quali il contraente viene tutelato circa il reciproco adempimento degli obblighi contrattuali. Come rimedi ritroviamo: la risoluzione per inadempimento (artt.1453 e ss. c.c.), per impossibilit sopravvenuta (artt.1463 e ss. C.c.), per eccessiva onerosit sopravvenuta (artt.1467 e ss.c.c.).
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Preponderante, rispetto alle suddette, leccezione dinadempimento prevista dallart.1460 c.c.: qualora una parte tema che laltra non intenda adempiere, potr mettersi al riparo invocando leccezione dinadempimento e sospendendo lesecuzione del contratto per un giusto motivo ed evitando lo squilibrio economico dettato dallesecuzione della prestazione dovuta di una sola parte. Non raro in un rapporto lavorativo che sopraggiunga un impedimento del prestatore (che magari viene arrestato) o un impedimento del datore (distruzione dellazienda o disposizione dellAutorit) e che luno o laltro siano irreversibili al punto tale da determinare la risoluzione del contratto, liberando cos le parti contrattuali. Tuttavia la retribuzione erogata per lavoro gi eseguito non deve essere, ovvio comprenderlo, restituita, a differenza della retribuzione anticipata percepita dal lavoratore. Alla risoluzione per inadempimento, in materia lavorativa, tuttavia difficile giungere, per via del precedente recesso unilaterale o della sospensione del rapporto intervenute. Sospensione del rapporto Abbiamo gi accennato al principio di traslazione sul datore di lavoro del rischio dellinattivit del prestatore nei casi dimpossibilit sopravvenuta della prestazione per cause fortuite o di forza maggiore attinenti alla persona del lavoratore, ma a lui non imputabili. In un normale rapporto contrattuale, limpossibilit sopravvenuta di non poter eseguire la prestazione non imputabile al debitore darebbe luogo alla risoluzione del contratto ed al venir meno delle rispettive obbligazioni delle parti. Nel rapporto di lavoro il discorso diverso proprio in forza della traslazione del rischio: se limpossibilit sopravvenuta non attribuibile al prestatore solo temporanea, egli ha diritto a conservare la retribuzioni, nonch il posto di lavoro qualora goda di una certa anzianit di servizio (periodo di irrecedibilit o, per quanto riguarda malattia o infortunio, periodo di comporto). Il rapporto di lavoro, infatti, non si estingue automaticamente, ma si sospende ed in questo periodo di sospensione vige un divieto di licenziamento del lavoratore: il datore dovr manifestare la volont di recesso unilaterale qualora voglia far cessare il rapporto di lavoro, ma essa avr effetto solo dopo il decorso del periodo di tempo di conservazione del posto di lavoro. Malattia, infortunio, gravidanza e puerperio I casi pi frequenti di sospensione dellattivit lavorativa collegate alla persona del lavoratore si hanno in caso di malattia, infortunio, gravidanza e puerperio, riconducibili alla tutela costituzionale della salute e della maternit. Questi casi sono contemplati dallart.2110 c.c. e sono giustificativi dellassenza del lavoratore: il datore di lavoro, inoltre, tenuto a corrispondere ugualmente la prestazione retributiva o comunque unindennit, salvo il caso in cui siano previste forme privatistiche di previdenza ed assistenza. Lassicurazione contro le malattie , nel nostro ordinamento, obbligatoria ed posta a carico del datore di lavoro e minimamente del prestatore. Lassistenza medica grava sul Servizio sanitario nazionale, mentre lindennit corrisposta dallINPS. Ovviamente lo stato di malattia pu essere verificato in qualsivoglia momento o su istanza del datore di lavoro (il quale potr innescare la visita medica al domicilio del lavoratore) o dallo stesso ente previdenziale: lart.5 dello Statuto dei lavoratori vieta, comunque, che a verificare quanto suddetto sia un medico di fiducia del datore di lavoro. Tra laltro gli operai sono esclusi dallindennit per malattia per i primi 3 giorni lavorativi, al contrario degli impiegati che percepiscono tale indennit sin dal primo giorno. Lo stesso discorso vale per gli infortuni sul lavoro, salvo tener conto che lassicurazione obbligatoria contro infortuni e malattie professionali non copre tutti i lavoratori, ma solo quelli addetti a determinate attivit individuate dalla legge.
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Diversi, invece, sono i trattamenti economici e normativi connessi a maternit, paternit ed aspettativa dal lavoro connessa alla cura di figli con handicap grave (lo vedremo nel capitolo VI). Altre ipotesi di sospensione del rapporto Lart. 51 comma 3 della Costituzione prevede la tutela, per quanto concerne il mantenimento del posto di lavoro, di tutti i soggetti chiamati a funzioni pubbliche elettive. Nello specifico: i parlamentari europei e nazionali, nonch i membri delle assemblee regionali, hanno diritto di aspettativa (conservazione del posto di lavoro) e vi sospensione del rapporto di lavoro senza retribuzione. Gli amministratori di enti locali possono optare per lo stesso trattamento oppure decidere di assentarsi giustificatamente dal posto di lavoro per lintera giornata in cui vi la riunione del consiglio di appartenenza. Anche chi ricopre cariche sindacali nazionali o provinciali ha il diritto di aspettativa. Speciali permessi sono poi previsti per i dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali, cos come per i lavoratori coinvolti in operazione elettorali, che hanno diritto a maggiorazioni retributive o a riposi compensativi per i giorni festivi impegnati nello svolgimento delle operazioni. Per ci che concerne il servizio militare dobbiamo attuare una distinzione tra la chiamata alle armi per adempiere gli obblighi di leva, nel qual caso prevista la sospensione del rapporto di lavoro senza diritto alla retribuzione, ma con conservazione dellanzianit di servizio, e richiamo alle armi, per cui vi la sospensione del rapporto con diritto alla retribuzione. Al servizio militare di leva sono equiparati il volontariato civile in Paesi in via di sviluppo ed il servizio civile degli obiettori di coscienza. Particolare il caso di tossicodipendenza del lavoratore: egli, qualora voglia accedere a struttura di riabilitazione, ha diritto allaspettativa, con sospensione del rapporto ed il venir meno della retribuzione. Inoltre non matura, in tal periodo, alcuna anzianit di servizio. Il periodo massimo consentito di tre anni. Ai lavoratori, infine, sono riconosciuti 3 giorni lanno per problemi di natura familiare: morte o infermit grave del coniuge o del convivente, nonch di un parente entro il secondo grado. La mora credendi del datore di lavoro Noi sappiamo che in un qualsivoglia rapporto obbligatorio oltre alla pi frequente mora del debitore, pu sussistere anche la mora del creditore (mora credendi o accipiendi), il quale pu, con un suo comportamento, rifiutare la prestazione del debitore od impedirgli di eseguirla. E il caso della cosiddetta serrata, che si ha nel momento in cui il proprietario di una fabbrica/azienda, insomma limprenditore, chiude i locali lavorativi ed impedisce ai lavoratori di entrarvi e di esercitare le proprie prestazioni. Alla serrata la Corte Costituzionale ha riconosciuto irrilevanza penale, ma ha attribuito rilevanza civile, in quanto configura unipotesi di mora del creditore. Il creditore viene costituito in mora, essendo quella lavorativa unobbligazione di facere, con la sola intimazione da parte del debitore di ricevere la prestazione o di cooperare per riceverla. Nel rapporto di lavoro, tale cooperazione prende il nome di substrato reale della prestazione lavorativa. Ovviamente per essere costituito in mora, il creditore non deve avere un legittimo motivo per la mancata cooperazione: in caso contrario, ossia in presenza di un motivo legittimo, la mora esclusa e la prestazione diviene impossibile, facendo perdere al prestatore il diritto alla retribuzione, che invece conserva in caso di mora credendi. In caso di mora il datore di lavoro deve il risarcimento del danno, in aggiunta alla retribuzione, oltre a vedersi attribuito il rischio di impossibilit sopravvenuta della prestazione per cause di forza maggiore. Non rientra nel caso di mora accipiendi leventualit che il datore non si avvalga della prestazione lavorativa del
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prestatore ma lo tenga a disposizione, pur garantendogli la retribuzione: in tal caso limprenditore sta semplicemente esercitando il proprio potere direttivo. Loggettiva impossibilit temporanea della prestazione lavorativa Oltre che dalla volont dellimprenditore a non cooperare per lesecuzione della prestazione lavorativa, la sospensione dellattivit aziendale pu dipendere anche da fatti direttamente o indirettamente riconducibili allorganizzazione produttiva dellimpresa, ma non imputabili allimprenditore (cause di natura tecnico-funzionale, mancanza di energia, interruzione del funzionamento di macchinari ecc). In questo caso si determina la sospensione del rapporto che per gli operai significa mancanza di retribuzione, mentre per gli impiegati significa o continuare a recepire la retribuzione, o risoluzione del contratto ad opera dellimprenditore. Le sospensioni di breve durata (soste), invece, sono disciplinate dai contratti collettivi: il datore obbligato a retribuirle nel limite di due ore giornaliere, ma sorpassato tale limite pu mettere in libert i lavoratori, non dovendogli alcuna retribuzione. La mancanza di retribuzione in tutti questi casi dovuti alla sospensione del rapporto, pu, ovviamente, essere ovviata tramite il ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni (la vedremo nel lontano capitolo XII). Sinallagma genetico e sinallagma funzionale In questo paragrafo vi semplicemente un riassunto di quanto trattato nel capitolo in merito allesistenza residua di un sinallagma, ossia di un nesso di reciprocit, nel momento in cui la retribuzione viene ugualmente offerta dal datore di lavoro, ma manca la prestazione lavorativa per svariati motivi (malattia, infortunio, gravidanza e puerperio, esercizio di diritti sindacali, mancanza di connessione tra lavoro e prestazione del datore ed il caso del TFR). Non credo sia determinante questo paragrafo e non credo che meriti lattenzione dello studente ai fini del superamento dellesame.

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CAPITOLO SESTO IL LAVORO DELLE DONNE E DEI MINORI


Il lavoro delle donne e dei minori. La tutela differenziata e la parit di trattamento Il lavoratore, in linee generali, il pi delle volte tutelato per la propria condizione di sottoprotezione sociale e di parte contrattualmente debole. Oltre a questa forma di tutela apprestata a tutti i lavoratori, il legislatore, tanto nel codice quanto nella costituzione, si preoccupa poi di due categorie di soggetti: i minori e le donne. La tutela apprestata, in tal caso, deriva sia dalla volont di salvaguardare la persona fisica e la personalit morale del minore e della donna, sia dalla volont di non attuare alcuna discriminazione, sia sotto il punto di vista del trattamento, sia sotto il profilo retributivo. Lart.37 della Costituzione, norma dotata di efficacia precettiva immediata, prevede una tutela assoluta delle due categorie in questione, sancendo non solo la parit di trattamento e la fissazione della soglia di et lavorativa, ma salvaguardando le qualit personali di questi lavoratori. Ci comporta che il datore di lavoro potr di certo applicare trattamenti differenziati per minori e donne, ma solo a loro vantaggio, essendo impossibile discriminare negativamente le categorie. Il lavoro minorile Obiettivo principale sicuramente la tutela dellintegrit psico-fisica dei minori, che si estrinseca nellosservanza di uno svariato numero di norme poste a tutela degli stessi. La disciplina sul lavoro minorile contenuta allinterno della L. 977/1967, modificata dal D.Lgs. 345/1999: prevista una distinzione tra bambini, ossia coloro che non hanno ancora compiuto il quindicesimo anno di et, e adolescenti, coloro compresi tra 15 e 18 anni di et. Ai primi fatto espresso divieto di esercitare unattivit lavorativa, se non per fini culturali, artistici,sportivi, pubblicitari e tutelando comunque la propria integrit psico-fisica; agli adolescenti, invece, permesso laccesso al lavoro, in quanto ultraquindicenni, ma a patto che terminino il periodo di istruzione obbligatoria. Tra laltro questo numero ristretto di lavoratori non pu in alcun modo esercitare attivit lavorative particolarmente pericolose, faticose o insalubri e comunque sar sottoposto ad una visita medica volta ad accertarne la capacit psico-fisica di svolgere un lavoro. Inoltre gli adolescenti non possono in alcun modo eccedere un determinato orario lavorativo o svolgere lavoro notturno. Il contratto posto in essere dalle parti, in violazione delle norme imperative di legge, nullo, in quanto loggetto risulta illecito e pertanto sar inefficace tra le parti, con lapplicazione dellart.2126 c.c., il quale prevede la retribuzione per la prestazione indebitamente offerta dal minore. Tutela paritaria della donna: la L. 903/1977 La tutela paritaria ha assunto, col passare del tempo ed il susseguirsi di diversi interventi legislativi, sempre maggiore importanza, fino ad arrivare alla completa parificazione tra i sessi in ambito lavorativo. Una normativa determinante in tal senso costituita dalla L. 903/1977: negli anni 70, infatti, i movimenti femminili diedero una notevole spinta sullargomento della condizione della donna. Il fine della legge la realizzazione della parit di diritti e il divieto di qualsiasi discriminazione nelloccupazione o nella formazione, salvo i casi di mansioni particolarmente pesanti, individuate dalla contrattazione collettiva, o i casi di attivit di moda, arte e spettacolo in cui il sesso femminile essenziale per la prestazione. Inoltre la donna tutelata anche sotto il punto di vista retributivo (la parit collegata alle prestazioni richieste e non a quelle eseguite) e dellinquadramento professionale (potendo la donna far carriera ed acquisire qualifiche superiori al pari delluomo). La legge ha modificato anche lart.15 dello Statuto dei lavoratori che oggi si scaglia contro qualsiasi discriminazione di sesso, razza e lingua, ponendo nel nulla qualsiasi
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contratto lavorativo in tal senso. Una parit di trattamento stata, poi, prevista anche ai fini previdenziali, sebbene le soglie di pensionamento delle donne siano sempre inferiori a quelle degli uomini. Altro punto chiave della disciplina antidiscriminatoria quello sui licenziamenti: la disciplina limitativa degli stessi non si applica ai lavoratori in possesso dei requisiti per la pensione di vecchiaia e la donna, essendo in tal caso prevista una soglia inferiore per il conseguimento di questo tipo di pensione, veniva indirettamente discriminata rispetto ai lavoratori di sesso maschile. Per questo lart.4 della 903 previde, in un primo momento e prima della pronuncia di illegittimit costituzionale della Corte, la possibilit di scelta della donna di optare per il pensionamento alla stessa et degli uomini. La norma, per, fu ritenuta incostituzionale e venne nuovamente modificata, prevedendo che la tutela contro i licenziamenti non andasse applicata ai lavoratori ultrasessantenni, parificando in tal modo uomini e donne. Le successive riforme pensionistiche, per, hanno innalzato i limiti di et per la pensione di vecchiaia (65 anni per gli uomini e 60 per le donne), attuando quindi una nuova discriminazione e rendendo necessaria linterpretazione che del vecchio testo dellart.4 aveva dato la Corte costituzionale: la tutela contro i licenziamenti delle donne si estende fino alla stessa et prevista per il pensionamento degli uomini, senza che la donna manifesti alcuna volont. Infine la L. 903/1977, riconoscendo alcuni diritti al padre lavoratore, ha in un certo senso alleggerito il costo del lavoro femminile, data leventuale gravidanza della donna, in quanto solo alla stesa inizialmente venivano riconosciuti diritti legati alla prole, il che comportava un sacrificio notevole per il datore di lavoro. La tutela differenziata delle donne: le lavoratrici madri La tutela fisica ed economica della lavoratrici madri contenuta in diversi documenti legislativi che si sono succeduti nel tempo, da ultimo il D.Lgs. 151/2001. Anzitutto sancito il divieto di licenziamento dal momento dinizio della gravidanza fino al compimento di un anno di et del bambino, salvo taluni casi: giusta causa dovuta a colpa grave della lavoratrice; cessazione dellattivit aziendale; ultimazione della prestazione per cui la lavoratrice era stata assunta o scadenza del termine contrattuale; esito negativo della prova. La donna tra laltro non pu svolgere lattivit lavorativa nei due mesi precedenti al parto e nei 3 mesi successivi. Pu optare per lo spostamento di tale periodo, da un mese prima del parto sino a 4 mesi dopo lo stesso (periodo protetto). Ha comunque sempre diritto alla retribuzione, pagata nella misura del 80%, ma dallINPS e non dal datore. Questo periodo di sospensione lavorativa viene definito come CONGEDO DI MATERNITA e viene computato ai fini dellanzianit di servizio. La donna non pu comunque svolgere lavori faticosi, insalubri e pericolosi per se stessa e per il bambino e qualora gi li svolgesse, avr diritto ad un cambio momentaneo di mansione per tutta la gravidanza e fino a 7 mesi dopo il parto.

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Disciplina paritaria dei congedi Recenti discipline legislative hanno introdotto una nuova forma di parificazione sociale dei sessi, prevedendo una serie di diritti legati alla figura di genitori anche a favore dei lavoratori di sesso maschile. Inoltre si attuata una sostanziosa tutela di salvaguardia delle relazioni affettive tra genitori e figli. Lastensione obbligatori dal lavoro della donna, infatti, persegue lo scopo di tutelare la salute della madre e del figlio nel periodo di gravidanza e puerperio. Accanto ad essa stata prevista una forma di astensione facoltativa, tanto a favore del padre quanto della madre, definita come CONGEDO PARENTALE. Pu essere goduto nei primi 8 anni di et del bambino e pu riguardare un periodo di astensione (continuativo o frazionato) di 6 mesi per la madre e 7 per il padre (10 mesi se vi un unico genitore), con il limite complessivo di 10 mesi, elevato ad 11 se il padre ha fruito di almeno 3 mesi. Fino al terzo anno di et del bambino e per un periodo complessivo di non oltre 6 mesi, il genitore ha diritto al 30% della retribuzione; dai 3 mesi allottavo anno di et si ha diritto a tale retribuzione solo se il reddito individuale inferiore a 2,5 volte limporto del trattamento minimo di pensione. Il datore di lavoro, tra laltro, per fronteggiare i congedi parentali pu assumere con contratto a termine un lavoratore in sostituzione, avendo diritto a degli sgravi contributivi. Al padre, inoltre, stato garantito il cosiddetto CONGEDO DI PATERNITA, ossia il diritto ad astenersi dal lavoro nei primi tre mesi di vita del figlio in determinati casi: morte o grave infermit della madre; abbandono del bambino da parte della madre; affidamento esclusivo al padre. Al padre che ne fruisca garantita unindennit pari al 80& della retribuzione a carico dellINPS, la tutela contro il licenziamento fino ad un anno di et del bambino ed il computo del periodo di astensione nellanzianit di servizio. I genitori, inoltre, possono assentarsi anche per malattia del bambino di et inferiore ai 3 anni, mentre dai 3 agli 8 anni di et il limite di 5 giorni lanno per ciascun genitore. Non prevista alcuna indennit. I lavoratori che usufruiscono di tutte queste astensioni hanno diritto alla conservazione del posto di lavoro per i periodi previsti, nonch a rientrare nelle mansioni precedenti a tali periodi. E previsto, in aggiunta, un periodo di 3 giorni lanno per morte o infermit grave del coniuge o del convivente, o di un parente entro il secondo grado. Pu essere richiesto anche un congedo non retribuito per un periodo di addirittura 2 anni, in cui non si matura alcuna anzianit di servizio e previdenziale, ma si ha diritto alla conservazione del posto. Parit tra i sessi e speciali occasioni di tutela delle donne Il passaggio dalla L.1204/1971 allattuale disciplina ha quindi posto sullo stesso piano, per ci che attiene ai figli, il padre e la madre. Il genitore di sesso maschile, infatti, non pi visto come accessorio nella cura della prole, ma come soggetto che si occupa dei figli al pari della madre. Le recenti discipline di matrice comunitaria, inoltre, hanno rafforzato la tutela della madre in relazione ai lavori pericolosi ed al lavoro diurno, che pu essere legittimamente rifiutato dalla stessa.
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Azioni positive e pari opportunit tra i sessi Abbiamo visto come la L.903/1977 abbia inciso notevolmente sulla parificazione tra uomini e donne allinterno della disciplina legislativa. A tale legge, per, non sono seguiti effetti nel mondo reale del lavoro altrettanto significativi, tanto che si reso necessario lintervento del legislatore, il quale ha modificato la 903 con la L.125/1991. Il problema da risolvere quello della sottorappresentazione delle donne, il quale si pone nel momento in cui in un ambiente lavorativo la percentuale di donne al lavoro non corrisponde alla percentuale di donne nel mercato del lavoro che abbiano quei requisiti professionali. Per risolvere tale problema, sono state promosse delle misure apposite, note come azioni positive. La donna lavoratrice in realt non ha alcuna pretesa, in quanto le azioni positive rappresentano una facolt incentivata del datore di lavoro, non un obbligo. La Corte di Giustizia dellUnione Europea, tra laltro, ha chiarito come tutte queste normative a favore della donna non debbano finire con la discriminazione delluomo nellaccesso ai posti di lavoro, ossia non si deve attuare una discriminazione al contrario pur di favorire a tutti i costi la donna. Rafforzamento della tutela antidiscriminatoria La disciplina della L. 125/1991 (modificativa a sua volta della 903/1977) ha subito ulteriori variazioni nel corso degli anni per rafforzare sempre pi la disciplina antidiscriminatoria. Per discriminazione sintende qualsiasi atto, patto o comportamento che produca un effetto pregiudizievole discriminando le lavoratrici o i lavoratori in ragione del proprio sesso o attuando un trattamento meno favorevole rispetto ad un lavoratore o ad una lavoratrice che si trovi in una posizione analoga. Si ha discriminazione indiretta qualora un atto, patto o comportamento, pur non perseguendo formalmente lo scopo di cui sopra, attua comunque una diversit in tal senso, ponendo un soggetto in una posizione di svantaggio. Nellambito delle discriminazioni, inoltre, sono state ricomprese le molestie, tanto quelle che violino la dignit della persona, tanto quanto quelle sessuali. Anche in ambito processuale sono stati apportati dei miglioramenti in materia di discriminazioni: il lavoratore o la lavoratrice ricorrente, infatti, vede attenuato lonere della prova a suo carico, in quanto lo stesso ricade sul convenuto nel momento in cui vengano forniti elementi di fatto, supportati da dati statistici, che facciano nascere in qualsivoglia modo la presunzione di una discriminazione legata al sesso. E prevista inoltre una procedura processuale durgenza, simile a quella inerente la repressione delle condotte antisindacali, per qualsiasi forma di discriminazione: il lavoratore o la lavoratrice possono essere assistiti dai Consiglieri di parit istituiti presso le varie sedi delle Commissioni per le politiche del lavoro. Laccertamento di comportamenti discriminatori collettivi, inoltre, pu dar luogo alla revoca dei benefici finanziari di cui gode limprenditore o alla risoluzioni di contratti di appalto con enti pubblici.

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CAPITOLO SETTIMO LESTINZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO


SEZIONE A: LESTINZIONE IN GENERALE Modi di estinzione del rapporto di lavoro. Limpossibilit sopravvenuta della prestazione Il rapporto di lavoro, come ogni vicenda umana, ha un inizio ed anche una fine. Leffetto estintivo pu essere riconducibile ad un solo contraente (recesso unilaterale, dimissioni o licenziamento) o alla volont di entrambi (risoluzione consensuale). Ma i rapporti obbligatori possono anche risolversi per effetto di una impossibilit sopravvenuta della prestazione che abbia carattere definitivo o quanto meno cos tanto temporaneo da essere assimilato a quello definitivo. Tale disciplina riguarda tanto il rapporto obbligatorio in linea generale, quanto il rapporto di lavoro seppur con notevoli accorgimenti. Anzitutto la prestazione del datore di lavoro, ossia quella retributiva, molto improbabile, proprio per sua natura, che divenga impossibile. Tutti i casi, invece, che potrebbero indurci a pensare che si abbia una risoluzione per impossibilit sopravvenuta nel caso del lavoratore, vanno analizzati nel dettaglio: non detto che uninidoneit fisica permanente del lavoratore porti a ci, essendo possibile un cambio di mansioni magari esercitabili dal lavoratore; non detto neanche che il perimento di uno stabilimento porti alla risoluzione, essendo possibile lassegnazione ad altro stabilimento. Come vediamo, quindi, nulla scontato, neanche in caso di vis maior (forza maggiore) o factum principis (provvedimento delle Autorit), in quanto in tal caso dobbiamo distinguere tra eventi concernenti limpresa (distruzione dei locali aziendali, requisizione dellazienda), non limprenditore, ed eventi concernenti la persona del lavoratore (detenzione definitiva, assoluta incapacit permanente, morte del prestatore). Risoluzione consensuale. Risoluzione giudiziale per inadempimento Primo modo di estinzione del rapporto lavorativo che andiamo ad analizzare quello riconducibile alla volont ed allautonomia negoziale dei contraenti, ossia la risoluzione consensuale. Le parti, cos come si sono obbligate reciprocamente, possono decidere di dismettere il proprio rapporto e liberarsi dalle relative obbligazioni. Ovviamente ci non deve configurare un negozio in frode alla legge, pertanto nullo, sostitutivo del licenziamento, posto in essere per allontanare il lavoratore. Inoltre, avendo il codice civile previsto il recesso unilaterale del contraente adempiente nei confronti di quello inadempiente, non ipotizzabile pensare che sia ammissibile il ricorso alla risoluzione giudiziale per inadempimento: essa tutela, in maniera pi macchinosa, lo stesso interesse del recesso di cui sopra e pertanto risulterebbe inutile. Recesso nel rapporto di lavoro: interessi in gioco Il recesso un negozio giuridico unilaterale, posto in essere cio da una sola parte contrattuale, recettizio, per la cui validit occorre la comunicazione allaltra parte contrattuale e leffettiva conoscenza da parte della stessa. Con il recesso il contraente fissa un termine a decorrere dal quale il rapporto cesser di esistere (la c.d. disdetta) dando luogo alla risoluzione unilaterale. Ovviamente occorre un preavviso dato alla controparte con cui si configuri il recesso anche contro la volont di questultima. In questo caso ampiamente descritto stiamo parlando pur sempre di recesso ordinario, il quale differisce da quello straordinario, il quale si configura in presenza di anomali funzionali del rapporto obbligatorio e pu essere intimato senza preavviso e con effetto immediato.

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Nel rapporto di lavoro il recesso pu provenire tanto dal lavoratore (dimissioni), quanto dal datore di lavoro (licenziamento): occorre per prestare attenzione al fatto che il lavoratore appartenga ad una categoria di per s sottoprotetta e contrattualmente debole, come stabilito dalla carta costituzionale. Il recesso ad nutum e lobbligo del preavviso Il codice civile, riprendendo il R.D.L. 1825/1924 sullimpiego privato, ha confermato la libera recedibilit (ad libitum, ad nutum, per decisione arbitraria di una parte) di entrambe le parti dal contratto di lavoro, prevedendo, per, che la parte recedente debba dare un preavviso a seconda di quanto previsto dai contratti collettivi, o in mancanza secondo gli usi. La ratio del preavviso la ritroviamo nel fatto che la cessazione del rapporto causi alla parte avversa danni di vario genere. Infatti qualora una parte ometta di dare preavviso, dovr lindennit di mancato preavviso, corrispondente alle retribuzioni che sarebbero spettate per il periodo di preavviso. Tale indennit, per, risarcitoria e non sostitutiva del preavviso: il datore non chiamato a scegliere. Recesso per giusta causa Il recesso, inoltre, pu essere esercitato da un contraente anche senza preavviso, a norma dellart.2119 c.c. nel momento in cui sussista una giusta causa che non consenta la prosecuzione del rapporto. Ovviamente la giusta causa deve essere reale e non fittizia, altrimenti dovr essere ugualmente corrisposta lindennit di mancato preavviso. SEZIONE B: IL LICENZIAMENTO INDIVIDUALE Disciplina limitativa dei licenziamenti e progressiva estensione La disciplina che abbiamo descritto inerente il recesso unilaterale con o senza preavviso da considerarsi come valida ed efficace solo per ci che concerne le dimissioni, ossia il recesso unilaterale esercitato dal lavoratore. Per quanto riguarda il datore di lavoro, in ottemperanza agli articoli della Costituzione che individuavano nei lavoratori una categoria socialmente sottoprotetta, vi sono stati diversi interventi legislativi volti ad eliminare il recesso volontario (ad nutum) dellimprenditore ed a favorire il prestatore tramite lintroduzione del concetto di recesso vincolato. Gi gli accordi interconfederali, recepiti poi allinterno della L. 604/1966 sui licenziamenti individuali, prevedeva una tutela obbligatoria a favore del lavoratore licenziato senza giusta causa: il lavoratore doveva essere reintegrato o in alternativa avrebbe dovuto ricevere un pagamento a titolo di risarcimento del danno. Lart.18 della L. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori) ha del tutto stravolto tale materia, prevedendo una forma di tutela reale del lavoratore: egli, qualora sia licenziato senza giusta causa, non solo ha diritto al reintegro, ma anche ad un risarcimento del danno. Lart. 35 dello Statuto limitava lapplicazione dellart.18 alle imprese con almeno 15 dipendenti. La L.108/1990 ha fatto, poi, in modo che il principio della giustificazione del licenziamento si applicasse anche alle unit produttive con meno di 15 dipendenti.

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Il licenziamento ad nutum: da regola ad eccezione Andiamo a vedere in quali casi si continua ad applicare la disciplina codicistica del recesso ad nutum esercitato dal datore di lavoro. Anzitutto nel caso di lavoratori domestici e di sportivi professionisti, i quali non ricevono n tutela reale (reintegro e risarcimento), n tutela obbligatoria (reintegro o indennit). Altra categoria quella dei lavoratori in prova: per essi non c neanche bisogno del preavviso, almeno che non fosse stato stabilito un periodo minimo di prova, in quanto in tal caso il recesso non pu essere esercitato prima della scadenza di tale periodo. Tuttavia il periodo di prova pu giungere sino a 6 mesi, dopo i quali il prestatore in prova soggetto alla tutela contro i licenziamenti, in quanto considerato come definitivo. Il recesso ad nutum opera, inoltre, nei confronti dei lavoratori anziani che abbiano compiuto il 65esimo anno di et ed abbiano maturato il diritto alla pensione di vecchiaia (NON di anzianit): ci vale, in forza di una pronuncia della Corte costituzionale di cui abbiamo gi parlato, anche per le donne, nonostante il requisito inferiore di et previsto dalla legge per la pensione di vecchiaia (60 anni), in quanto in materia di licenziamenti devono essere equiparate agli uomini. Il recesso ad nutum vale poi per i dirigenti apicali, ossia per coloro ai vertici dellimpresa, in forza di un rapporto fiduciario diretto con limprenditore. Ad essi il preavviso va dato per iscritto ed opera la tutela contro il licenziamento discriminatorio. Tuttavia i contratti collettivi dei dirigenti hanno previsto un obbligo di giustificazione da parte dellimprenditore ed il pagamento di unindennit supplementare qualora si accerti, dinanzi ad un collegio arbitrale, che il licenziamento fosse ingiustificato. Ipotesi di limitazione temporale del licenziamento: infortunio, malattia, gravidanza e puerperio, servizio militare e funzioni pubbliche elettive Il licenziamento, secondo quanto dispone lart. 2110 c.c., incontra un limite temporale in caso di sospensione dellattivit lavorativa e conservazione del posto dovuta a cause riconducibili, ma non imputabili, alla persona del lavoratore. Stiamo parlando di tutti casi quali la gravidanza ed il puerperio, linfortunio, la malattia, il servizio militare e lesecuzione di funzioni pubbliche. In tutti questi casi ammesso solo il licenziamento per giusta causa. Il licenziamento ad nutum, in realt, non invalido, ma temporaneamente inefficace: ci vuol dire che trascorso il periodo di comporto, il licenziamento sar operativo (ad eccezione delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri, per cui un licenziamento di tal genere non inefficace, ma del tutto nullo). Limiti al licenziamento: principio di giustificazione e recesso vincolato Lart.1 della L.604/1966 stabilisce che, affinch il licenziamento sia legittimo, occorre obbligatoriamente una giusta causa o un giustificato motivo, che quindi legittimano il recesso del datore di lavoro. In questo modo il potere di recedere del tutto imbrigliato, dando seguito ad una sempre maggiore stabilit del rapporto di lavoro. Sparisce, quindi, la differenziazione tra recesso ordinario e recesso straordinario, solo per quanto riguarda il recesso del datore di lavoro: abbiamo, infatti, detto che il recesso ordinario prevedeva il preavviso, mentre per quello straordinario occorreva unanomali funzionale del rapporto, ossia una giusta causa. Essendo ora sempre necessaria la giusta causa, il recesso ordinario e quello
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straordinario si trovano a coincidere. Il preavviso, invece, necessario solo per il licenziamento per giustificato motivo. Nozione di giustificato motivo soggettivo e oggettivo Le due nozioni di giustificato motivo e di giusta causa sono contenute allinterno di documenti legislativi diversi. La nozione di giusta causa la ritroviamo allinterno dellart.2119 c.c., mentre quella di giustificato motivo nasce allinterno dellart.3 L.604/1966. Partiamo da questultima. Anzitutto doveroso attuare una differenza tra giustificato motivo subiettivo (o soggettivo) e giustificato motivo obiettivo (od oggettivo). Il primo inerisce ad un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore (intendendosi per notevole un inadempimento di rilevante importanza); sono i contratti collettivi ad individuare tutta una serie di infrazioni che possono dar luogo al licenziamento, che comunque non vincolano il giudice nella propria decisione. Abbiamo gi detto, inoltre, che in materia di lavoro, essendo possibile il recesso della parte adempiente per inottemperanza ai propri doveri della controparte, non risulta operativa la risoluzione per inadempimento. Tuttavia, ad essa che possiamo rifarci per comprendere che linadempimento e la sua gravit devono essere valutati nellinteresse del creditore. La giurisprudenza, inoltre, in tema di giusta causa ha affermato che il licenziamento comminato in base ad essa debba essere notificato entro un termine congruo (requisiti dellimmediatezza e della tempestivit). Tale regola giurisprudenziale vale anche per il giustificato motivo soggettivo. Il secondo tipo di giustificato motivo, quello oggettivo, si realizza quando vi siano ragioni inerenti allattivit produttiva, allorganizzazione del lavoro ed al regolare funzionamento di essa. Quindi non si configura in nessuna maniera un inadempimento del lavoratore, ma prevale sul suo diritto alla conservazione del posto di lavoro linteresse primario dellimpresa (non dellimprenditore). Il giudice, tra laltro, dovr verificare solo la sussistenza del giustificato motivo addotto dallimprenditore, non svolgere un controllo di merito, e dovr verificare che il licenziamento costituisse lextrema ratio, ossia che il datore di lavoro non avesse alternative per impiegare diversamente lattivit del prestatore, neanche ricorrendo a mansioni diverse. Anche la sopravvenuta inidoneit del lavoratore alle mansioni svolte, al di l di quella che sia la causa (infortunio o altro), pu fungere da giustificato motivo oggettivo: tuttavia deve essere impossibile il reimpiego in altre mansioni del lavoratore per giustificare il licenziamento. Il giustificato motivo, inoltre, ricorre anche quando vi un periodo di comporto a lungo protratto nel tempo: vero che il lavoratore conserva il proprio posto di lavoro e che il rapporto risulta solo sospeso, ma altrettanto vero che limpossibilit temporanea non deve assumere carattere definitivo. In tal caso il licenziamento potr essere comminato per tal motivo. INTEGRAZIONE APPENDICE DI AGGIORNAMENTO: il TU in materia di sicurezza del lavoro introdotto dal D.Lgs.81/2008 ha previsto che in caso di sopravvenuta inidoneit del lavoratore alle mansioni specifiche, il datore di lavoro, anche modificando lassetto aziendale, ha lobbligo di adibirlo ad altre mansioni cui risulti idoneo, non solo equivalenti o inferiori con conservazione della retribuzione, ma anche superiori con diritto di acquisire il definitivo inquadramento nella qualifica superiore.

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Nozione di giusta causa La nozione codicistica di giusta causa, contenuta allinterno dellart.2119 c.c., vedeva la stessa come un accadimento che non consentisse la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto di lavoro e pi specificatamente come un fatto che giustificasse la mancanza di preavviso del recesso. Ovviamente dopo la L. 604/1966 e lintroduzione del giustificato motivo soggettivo, inerente linadempimento del lavoratore, le cose sono cambiate. Anche la giusta causa riconducibile ad un inadempimento del lavoratore, ma si deve trattare di un inadempimento ben pi grave rispetto a quello del giustificato motivo soggettivo, e questo non in termini qualitativi (facendo riferimento alla nozione di fiducia), bens quantitativi. La contrattazione collettiva ha individuato, inoltre, dei casi in cui si configura una giusta causa (furto, rissa sul posto di lavoro, danneggiamento volontario dei macchinari ecc.), che comunque non sono vincolanti per il giudice. Inoltre nel caso di licenziamento per giusta causa non necessario il preavviso, bench il licenziamento debba essere tempestivo ed immediato, senza far trascorrere troppo tempo. Ipotesi di nullit del licenziamento Sono nulli, secondo la legge, il licenziamento adottato per motivi discriminatori, per causa di matrimonio e quello delle lavoratrici madri. Si ha licenziamento discriminatorio nel momento in cui il recesso unilaterale del datore di lavoro sia dovuto a ragioni di razza, lingua, handicap, sesso, religione o appartenenza ai sindacati, indipendentemente dalla motivazione adottata. In tali casi sempre applicabile la tutela reale (reintegro e risarcimento), ed a tali casi equiparato il licenziamento per ritorsione, ossia in base a comportamenti sgraditi al datore. Anche i licenziamento per matrimonio nullo, essendo gi inapplicabili ad un contratto lavorativo clausole di nubilato: esso nullo se intimato dal giorno delle pubblicazioni inerenti il matrimonio sino ad un anno dopo lo stesso, anche se il datore di lavoro ha la possibilit di dimostrare che ricorra una delle condizioni, legittimanti il licenziamento, previste per la lavoratrice gestante o puerpera. Anche le dimissioni della lavoratrice presentate in tal periodo, se non confermate entro un mese alla Direzione provinciale del lavoro, sono nulle. Sono nulli, inoltre, i licenziamenti delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri che abbiano ad oggetto proprio la condizione di genitore. Forma del negozio di licenziamento Ulteriore requisito del licenziamento, oltre alla giusta causa o al giustificato motivo e fatta eccezione per le ipotesi di nullit sopra descritte, quello della forma del negozio. Il licenziamento va comunicato per iscritto, mentre le motivazioni dello stesso non devono essere comunicate contestualmente, perch il lavoratore potrebbe aver interesse affinch non vengano rese pubbliche. Il lavoratore ha 15 giorni dalla comunicazione del recesso per richiederne i motivi ed il datore provveder nei successivi 7 giorni obbligatoriamente, perch proprio nelle motivazioni che possiamo rinvenire leffettivit del licenziamento. Tra laltro le motivazioni non possono essere in alcun modo modificate in un secondo momento dal datore di lavoro. Qualora non vengano osservati gli adempimenti formali, il licenziamento

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inefficace, ma non in senso stretto (inopponibilit degli effetti negoziali), bens in merito alla nullit dello stesso. Il datore di lavoro potr comunque riformulare, con effetti solo futuri, il licenziamento. Impugnazione del licenziamento e termine di decadenza. Lonere della prova. Lart. 5 della L. 604/1966 pone a carico del datore di lavoro lonere della prova inerente lesistenza della giusta causa o del giustificato motivo. Ovviamente il licenziamento pu essere impugnato dal lavoratore, ma non solo tramite ricorso giudiziale, bens anche tramite una comunicazione scritta al datore di lavoro, loperato dei sindacati o tramite comunicazione di espletamento della procedura di conciliazione obbligatoria. Tutto ci deve essere fatto entro 60 giorni dalla comunicazione del licenziamento o dalla comunicazione dei motivi. Il termine si applica anche in caso di licenziamento ritorsivo o discriminatorio, ma non negli altri casi di nullit (matrimonio, mancanza di forma scritta, caso dei lavoratori-genitori). Art. 18 dello Statuto e tutela reale del posto di lavoro I rimedi contro il licenziamento illegittimo, al di l di quale sia la causa, tengono in considerazione le dimensioni aziendali. Lart. 18 dello Statuto dei lavoratori, infatti, prevede un forma di tutela reale, che comporta la reintegrazione obbligatoria del lavoratore, solo a favore delle imprese con pi di 15 dipendenti allinterno della stessa unit produttiva o dello stesso comune (5 dipendenti per le imprese agricole), o comunque con almeno sessanta dipendenti totali . In caso contrario si ha una tutela obbligatoria: il datore di lavoro pu scegliere tra la riassunzione ed il pagamento di una penale. Nel computo dei dipendenti utili per raggiungere i limiti sopra citati, rientrano tutti i lavoratori occupati, compresi dirigenti, lavoratori con contratto di formazione e lavoro (non pi stipulabile), a tempo indeterminato parziale. Sono esclusi, invece, i lavoratori assunti con contratto di reinserimento, quelli assunti sulla base di un contratto di somministrazione, con contratto di apprendistato o di inserimento, e sono, inoltre, esclusi il coniuge ed i parenti entro il secondo grado del datore di lavoro. Entro questi limiti il licenziamento nullo, discriminatorio o altrimenti vietato, quello annullabile, per mancanza di giusta causa o giustificato motivo, e quello inefficace, per mancata osservanza dei requisiti di forma, il datore di lavoro condannato alla reintegrazione nel posto di lavoro ed al risarcimento del danno subito dal lavoratore. Il diritto alla reintegrazione ed al risarcimento si prescrive in 10 anni (diversamente dalle singole azioni di nullit e annullamento in linee generali, luna imprescrittibile, laltra quinquennale). Lincoercibilit dellobbligo di reintegrazione: la prosecuzione del vinculumiuris La sentenza di condanna di reintegrazione obbliga il datore di lavoro alla reintegrazione del prestatore. Il datore deve semplicemente rivolgere un invito al lavoratore a riprendere lattivit e qualora non lo faccia, versa in una situazione di mora credendi, dovendo comunque la retribuzione al lavoratore. Questultimo, per, deve riprendere lattivit lavorativa entro 30 giorni, altrimenti il rapporto si considera risolto per dimissioni. La reintegrazione, quindi, configura un obbligo di fare infungibile (pu farlo solo il datore di lavoro) ed incoercibile. Il legislatore ha per previsto, accanto alla reintegrazione, unindennit a titolo di risarcimento del danno, non inferiore a cinque mensilit di retribuzione, per il periodo compreso tra il licenziamento e
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leffettiva reintegrazione. Inoltre il datore di lavoro dovr versare per tutto questo periodo i contributi previdenziali ed assistenziali. Lart.18 dello Statuto dei lavoratori prevede, inoltre, che il lavoratore di cui stato previsto la reintegrazione, opti per unindennit risarcitoria pari a quindici mensilit di retribuzione globale di fatto: si configura quindi un diritto potestativo che permette al lavoratore la scelta tra reintegrazione ed indennit/risoluzione del rapporto. Reintegrazione nel posto di lavoro e procedure durgenza: art. 700 c.p.c. ed art.28 dello Statuto Per la tutela del licenziamento illegittimo prevista una procedura giudiziale che acceleri i tempi della decisione: si tratta del procedimento cautelare durgenza previsto dallart. 700 del c.p.c: il lavoratore ha lonere di dimostrare lillegittimit del licenziamento e pi precisamente la NON MANIFESTA INFONDATEZZA del diritto vantato (fumus bon iuris) e lesistenza di un pregiudizio irreparabile ed imminente per s ed i familiari (periculum in mora). Per i casi di licenziamento discriminatorio antisindacale previsto un apposito strumento dallart.28 dello Statuto dei lavoratori: il giudice del tribunale, infatti, pu decidere da subito per un reintegro del soggetto e qualora il datore di lavoro non ottemperi, va incontro alle conseguenze previste dallart.650 del codice penale. N.B. la pagina 201, almeno soggettivamente, non comprensibile o almeno non si presenta dettagliata ed esaustiva. La lettura dellart.28 dello Statuto peggiora la situazione, non aiutando nellinterpretazione. La tutela obbligatoria e lalternativa tra riassunzione e pagamento di una penale Nei casi esclusi dallart.18 dello Statuto dei lavoratori e, in linee generali, nei casi che non rientrano nella tutela reale, si attua una tutela obbligatoria. Il datore di lavoro comunque obbligato a giustificare il licenziamento, ma qualora non lo faccia ha dinanzi a se due alternative: reintegrare entro tre giorni il lavoratore o corrispondergli unindennit in base alla scelta del giudice e relativa allanzianit di servizio del lavoratore. Si va da un minimo di 2,5 mensilit di retribuzione fino a 14 mensilit in caso di lavoratore con almeno 20 anni di anzianit di servizio. Il licenziamento, comunque, in tal caso illegittimo, ma NON annullabile, semplicemente illecito: il rapporto di lavoro si estingue in ogni caso, almeno che il datore non disponga la riassunzione del prestatore. Licenziamento disciplinare ed applicabilit dellart.7 dello Statuto dei lavoratori Il licenziamento per motivi disciplinari deve conformarsi allart. 7 dello Statuto dei lavoratori, il quale, come abbiamo avuto modo di dire nel capitolo IV, sottopone il potere disciplinare a vincoli procedurali (affissione del codice disciplinare, contestazione degli addebiti ecc). N.B. se sei incerto rivedi il paragrafo, forse sei stanco e non riesci a fare mentalmente i diversi collegamenti. O forse il libro riporta un testo in aramaico tradotto di merda. Tutela del lavoratore nelle altre ipotesi di invalidit del licenziamento Abbiamo visto come, per i casi contemplati dallart.18 dello Statuto dei lavoratori, valga la regola della reintegrazione del lavoratore e del risarcimento del danno in caso di licenziamento inefficace per ragioni formali, annullabile per difetto di giusta causa o giustificato motivo, nullo per motivi discriminatori. La
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Corte costituzionale ha, poi, ribadito che tale applicazione va estesa anche a casi di licenziamento non contemplati dalla L. 604. Tuttavia abbiamo avuto modo di precisare che lart.18 incontra dei limiti dovuti alle dimensione dellimpresa per ci che concerne la tutela reale. Tra laltro lalternativa tutela obbligatoria pu applicarsi, in forza dellart.8 della L. 604/1966, solo nei casi di licenziamento in cui difetta il giustificato motivo o la giusta causa. Ma che succede quando il licenziamento invalido per ragioni diverse dal difetto di giustificazione o quando si concretizza in rapporti soggetti al regime di libera recedibilit? Anzitutto quando il licenziamento discriminatorio sempre sanzionato con la reintegrazione (art. 3 della L. 108/1990). In caso, invece, di licenziamento della lavoratrice madre (o del lavoratore padre), di licenziamento intimato in base alla richiesta di fruizione dei congedi per motivi di cura familiare e di licenziamento per causa di matrimonio, si deve ritenere che, tanto in caso di tutela obbligatoria quanto di libera recedibilit, vi siano comunque i comuni effetti civilistici, ossia il rapporto continua e vi la mora credendi del datore di lavoro. In caso di licenziamento inefficace, e pertanto nullo, per mancanza di forma, in caso di tutela obbligatoria, esso da considerarsi come tamquam non esset, ossia come se non esistesse, anche se rinnovabile per il futuro (ex nunc) secondo le forme previste. La suddetta L.108/1990 ha previsto, inoltre, lobbligo di comunicazione in forma scritta per i dirigenti, che come sappiamo rientrano nellarea della libera recedibilit: ci vuol dire che anche in tutti gli altri casi appartenenti alla medesima area, lobbligo di comunicazione (rispetto della forma) essenziale, onde evitare che esso venga considerato come non posto in essere. Nellipotesi, invece, di licenziamenti intimati in violazione dellart. 7 dello Statuto dei lavoratori, e quindi in violazione delle garanzie procedurali, essendo essi parificati al licenziamento ingiustificato, nellarea della tutela obbligatoria andr applicato lart. 8 della L. 604/1966, mentre nellarea della libera recedibilit sar dovuta esclusivamente lindennit di mancato preavviso. Le c.d. organizzazioni di tendenza Per organizzazioni di tendenza sintendono quelle organizzazioni che perseguono fini ideologici, senza scopo di lucro, di natura politica, culturale, sindacale, di istruzione, di religione o di culto. Tali organizzazioni, in forza dellart. 4 della L. 108/1990, sfuggono allapplicazione dellart. 18 L. 300/1970 anche in caso di rispetto dei requisiti dimensionali. Ad esse si applica una tutela obbligatoria, salvo i casi di dirigenti, lavoratori in prova o anziani in et pensionabile, soggetti tutti alla libera recedibilit. Ovviamente lorganizzazione non deve svolgere attivit dimpresa, altrimenti sar soggetta allapplicazione dellart. 18. Il tentativo obbligatorio di conciliazione Prima della L.108/1990 lesperimento del tentativo di conciliazione era facoltativo. Con lart. 5 della 108 il tentativo di conciliazione diventa necessario, nellarea della sola tutela obbligatoria, per poter accertare giudizialmente lillegittimit del licenziamento. Il giudice che nel corso della prima udienza rilevi che non stato esperito il tentativo di conciliazione, decreta limprocedibilit della domanda, sospende il giudizio e fissa un termine di 60 giorni per proporre il tentativo di conciliazione.
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Il D.Lgs. 80/1998 ha reso lesperimento del tentativo di conciliazione, condizione necessaria di procedibilit della domanda in tutte le controversie di lavoro, quindi anche in caso di tutela reale. SEZIONE C: TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO Dallindennit di anzianit al trattamento di fine rapporto Abbiamo precedentemente sottolineato in pi occasioni come la retribuzione sia il corrispettivo dellattivit lavorativa di un soggetto. Per ci che concerne gli effetti patrimoniali al momento della cessazione del rapporto di lavoro, la L. 287/1982 ha sancito la sostituzione della c.d. indennit di anzianit, prevista dal testo originario (oggi modificato) dellart. 2120 c.c., con il trattamento di fine rapporto (t.f.r.), consistente in un somma di denaro, da corrispondere al lavoratore da parte del datore di lavoro, al momento della conclusione del rapporto contrattuale. Lobbligazione, quindi, nasce al momento della cessazione. Gi la precedente indennit di anzianit aveva subito notevoli modifiche col passare del tempo, dovute ad una variazione della sua funzione da riparatoria-previdenziale, in quanto vista come unindennit per il lavoro prestato, a retributiva-previdenziale, da corrispondere in qualsiasi caso di cessazione del rapporto lavorativo. Il legislatore ha previsto listituzione di un fondo di garanzia presso lINPS, il quale assicura leffettivo godimento del t.f.r. da parte del prestatore. Mentre lindennit di anzianit veniva calcolata tramite il prodotto (ricalcolo) di una quota dellultima retribuzione per il numero di anni di servizio, il t.f.r. viene determinato dalla somma delle quote di retribuzione accantonate annualmente. Disciplina del t.f.r. e maturazione del diritto al t.f.r. La disciplina del t.f.r. contenuta nel novellato art.2120 c.c., il quale prevede che esso spetti al lavoratore al momento della cessazione del rapporto, senza interesse verso la causa della cessazione e viene calcolato in base agli anni di servizio. Pi precisamente possiamo dire che si vanno a sommare le quote di retribuzione accantonate annualmente, le quali si ricavano prendendo in considerazione la retribuzione annua e dividendola per 13,5. Va chiarito che non vi un obbligo di accantonamento annuale del t.f.r. (salvo che per le s.p.a.) , ma una quota annua viene vincolata nellinteresse del lavoratore, formando un conto a parte. Il lavoratore non pu goderne fino alla cessazione del rapporto di lavoro, ma pu aver interesse a farne accertare, anche giudizialmente, limporto. Base di calcolo, frazionabilit intro-annuale ed indicizzazione del t.f.r. Per ci che riguarda la base di calcolo del t.f.r. lart. 2120 c.c. precisa che, per determinare la retribuzione annua, vadano prese in considerazione tutte le somme che il datore di lavoro ha corrisposto al prestatore, escluse quelle di carattere occasionale (rimborsi spese) ed incluse, invece, le prestazioni in natura, di cui si computa lequivalente in denaro. Il principio dellomnicomprensivit della retribuzione (secondo cui la retribuzione include tutto ci che a carattere predeterminato corrisposto dal datore di lavoro) pu essere derogato solo dai contratti collettivi. Va sottolineato, inoltre, il principio della frazionabilit introannuale del t.f.r., il quale prevede che la quota di retribuzione annua venga ridotta per le frazioni di anno, in quanto vengono computati come mesi interi solo le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni.
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In tutti i casi di sospensione momentanea del rapporto di lavoro (malattia, infortunio e maternit, nonch il caso di sospensione totale o parziale per la quale sia prevista lintegrazione salariale) debba essere computato nella retribuzione annua lequivalente a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto qualora fosse stato in servizio. La quota annua va poi incrementata, alla scadenza dellanno stesso, dell1,5% pi il 75% dellaumento dellindice ISTAT dei prezzi di consumo. Diritto allanticipazione del t.f.r. Lart. 2120 c.c. prevede, inoltre, la possibilit per i lavoratori con almeno 8 anni di servizio a chiede unanticipazione del t.f.r. di importo non superiore al 70% del t.f.r. fino a quel momento maturato. Lanticipazione pu essere richiesta una sola volta durante tutto il rapporto di lavoro e deve essere giustificata da comprovati motivi di necessit di cure mediche o per lacquisto della prima casa, nonch per le spese da sostenere da parte del genitore lavoratore nei primi 8 anni di vita del bambino. Tra laltro, il datore di lavoro, non obbligato a corrispondere lanticipazione, in quanto legittimati allanticipazione sono solo il 10% degli aventi titolo per raggiungimento degli 8 anni di servizio e comunque non pi del 4% dei dipendenti di unimpresa. Tra laltro limpresa che versi in una condizione di crisi non potrebbe fronteggiare il pagamento anticipato di t.f.r. e ne esonerata. I contratti collettivi, ma anche quelli individuali, possono prevedere condizioni di miglior favore per quanto concerne i limiti soggettivi ed oggettivi imposti allerogazione dellanticipazione. Indennit per causa di morte Lart. 2122 c.c. prevede che in caso di morte del lavoratore, il t.f.r. sino ad allora maturato deve essere corrisposto ai superstiti del lavoratore: coniuge, figli e, se viventi a suo carico, parenti entro il terzo grado ed affini entro il secondo, dipendentemente dal bisogno di ciascuno. Insieme ad esso va corrisposta anche una somma PARI allindennit di mancato preavviso. Un orientamento recente della dottrina e della giurisprudenza ha previsto che tali somme siano corrisposte a titolo di successione, ed una prova data dal fatto che il lavoratore pu nel testamento specificare come vadano attribuite in caso di mancanza dei soggetti aventi diritto, e non iure proprio ai soggetti indicati dallart. 2122 c.c., come invece credeva una parte della dottrina e la stessa giurisprudenza in precedenza. Campo di applicazione della nuova disciplina. Efficacia assolutamente inderogabile Lart. 4 della L.297/1982 ha previsto che la disciplina del t.f.r. si applichi a tutti i rapporti di lavoro subordinato, ivi compresi quelli del personale navigante aereo e marittimo. In precedenza era escluso il settore del pubblico impiego, ma dopo la privatizzazione dello stesso, la disciplina in questione si estesa anche ai lavoratori pubblici. Viene meno, in materia di t.f.r., il principio del favor, il quale prevede che la contrattazione collettiva o individuale possa prevedere trattamenti migliori per il lavoratore: in questo caso la disciplina fin qui esaminata ha EFFICACIA ASSOLUTAMENTE INDEROGABILE, tanto in peggio quanto in meglio.

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Forme volontarie e complementari di previdenza Accanto alle forme obbligatorie di previdenza previste dalla legge, sono previste forme volontarie di previdenza che limprenditore pu realizzare tramite lausilio e la partecipazione dei propri dipendenti, al fine di erogare prestazioni economiche in caso di eventi e bisogni del lavoratore: sono vere e proprie forme di retribuzione differita in funzione previdenziale. Lart. 2123 c.c. consente al datore di lavoro di farsi carico, accanto allerogazione del t.f.r., di prestazioni SOSTITUTIVE O INTEGRATIVE in caso di sospensione dellattivit lavorativa. Sono, inoltre, nati col passare del tempo e soprattutto con il ridimensionamento del sistema previdenziale pubblico per far fronte alla spesa pubblica, forme pensionistiche complementari: il lavoratore, oggi, nel termine di 6 mesi dallassunzione, pu scegliere se destinare il proprio t.f.r. a fondi pensione complementari, istituiti dalle stesse imprese o da altre imprese private, rinunciando cos alla totalit dellammontare del t.f.r. o ad una percentuale dello stesso, per poter godere, una volta cessato il rapporto di lavoro, oltre che della propria pensione anche di una pensione integrativa. Ci pu essere realizzato non solo tramite il t.f.r., ma anche tramite pagamenti dello stesso lavoratore a favore di tali fondi: il lavoratore, infatti, pu liberamente scegliere di lasciare il t.f.r. al suo posto, godendone alla cessazione del rapporto di lavoro e senza destinarlo a fondi pensionistici complementari, ma partecipando tramite il proprio apporto individuale a fondi pensionistici alternativi. Va sottolineato che il termine di 6 mesi abbastanza importante: in assenza di una dichiarazione espressa del lavoratore, il t.f.r. verr automaticamente destinato alla forma pensionistica collettiva prevista dagli accordi o contratti collettivi, oppure a quella alla quale lazienda abbia aderito con il maggior numero di lavoratori, o in mancanza di accordo tra le parti e di una forma pensionistica collettiva, ad una forma pensionistica complementare presso lINPS. INTEGRAZIONE APPENDICE DI AGGIORNAMENTO: la L.296/2006 (finanziaria 2007) ha previsto che il lavoratore debba scegliere se destinare il TFR ad una forma di previdenza complementare o lasciarlo presso il datore di lavoro entro 6 mesi dallassunzione. Qualora non effettui alcuna scelta, esso convoglier inevitabilmente presso la forma pensionistica collettiva. Tra laltro, qualora lazienda abbia pi di 50 dipendenti, il datore di lavoro dovr trasferire il TFR maturando lasciatogli dal lavoratore ad un fondo apposito dellINPS.

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CAPITOLO OTTAVO GARANZIE DEI DIRITTI DEI LAVORATORI


Il sistema delle garanzie dei diritti del prestatore di lavoro Per garanzia, sia essa costituzionale, giurisdizionale o patrimoniale, sintende un rafforzamento della tutela di un interesse o di un diritto soggettivo, gi protetto allinterno dellordinamento perch meritevole di tutela. I diritti dei lavoratori, in particolare, sono circondati da una serie di norme poste a garanzia di tali diritti e che godono di inderogabilit, non potendo lautonomia privata, in alcun modo, discostarsene. SEZIONE A: LE GARANZIE DEL CREDITO E DEI DIRITTI DEI LAVORATORI Garanzia generale patrimoniale e cause legittime di prelazione; azione di rivalsa; privilegio generale sui mobili Partiamo, nellanalisi delle garanzie poste a tutela dei lavoratori, da quelle inerenti il diritto di credito che il lavoratore vanta nei confronti del datore di lavoro. Lart.2740 c.c., in tema di responsabilit, prevede che il debitore risponda delladempimento dellobbligazione con tutti i suoi beni presenti e futuri. Quindi il datore di lavoro pu arrivare a rispondere con i suoi beni dellobbligazione nei confronti dei lavoratori. Lart. 2741 c.c. al comma 2 prevede che siano cause legittime di prelazione, per cui quindi alcuni creditore si possano rifare prima degli altri sul debitore, il privilegio, il pegno e lipoteca. Il prestatore di lavoro pu vantare, nei confronti del datore di lavoro, un privilegio in considerazione della causa del credito: in particolare si tratta di un privilegio generale sui mobili del debitore (il datore di lavoro) disposto dallart.2751 bis c.c., il quale prevede che tale privilegio gravi sui beni mobili in funzione delle retribuzioni dovute ai lavoratori subordinati, delle indennit dovute per effetto della cessazione del rapporto lavorativo, dei danni conseguenti alla mancata corresponsione di contributi previdenziali ed assicurativi, nonch del risarcimento del danno subito per effetto di licenziamento inefficace, nullo o annullabile. Lart.2777 comma 2 c.c. prevede che tale privilegio sia secondo solo a quello per spese di giustizia. Ancora lart. 2776 c.c. prevede che qualora i beni mobili siano insufficienti per soddisfare i relativi crediti privilegiati esistenti, ci si potr rifare sui beni immobili del datore di lavoro, dando precedenza ai crediti relativi al t.f.r. ed allindennit di mancato preavviso, in secundis ai crediti di lavoro, ed in ultima ipotesi ai crediti dello Stato e dei creditori chirografari (ricordiamo, quelli che non godono di prelazione). Lart. 1676 c.c. tutela, inoltre, il lavoratore, tramite unazione diretta di rivalsa, nellipotesi di prestazione del lavoro a favore di un appaltatore: in tal caso il lavoratore potr rifarsi anche sul committente nei limiti di quanto dovuto dallo stesso allappaltatore. Tale tutela stata rafforzata dallintroduzione della responsabilit solidale dellappaltante e dellappaltatore, entro il limite temporale di un anno dalla cessazione dellappalto, per ci che concerne i debiti retributivi e previdenziali: passato un anno continua ad applicarsi il solo art.1676 c.c. Tutela dei crediti di lavoro nelle procedure concorsuali. Garanzia per t.f.r. e altri crediti di lavoro Le norme suddette sui privilegi valgono anche in caso di fallimento o di altre procedure concorsuali. E previsto che in caso di esercizio provvisorio dellattivit dimpresa, i crediti maturati dai lavoratori siano considerati crediti di massa e pertanto collocati al primo posto nella distribuzione delle somme ricavate
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dalla liquidazione dellattivo. Tuttavia, nella maggior parte dei casi lattivo scaturito dalla liquidazione insufficiente a sanare i debiti dellimpresa nei confronti dei lavoratori. In materia sono intervenute due direttive dellUnione Europea (allora Comunit), e precisamente la 987/1980 e la 74/2002, le quali hanno previsto la tutela dei crediti di lavoro in tutte le ipotesi di procedure concorsuali. Per dare attuazione alla prima di queste direttive, la 987/1980, nel 1982 venne istituito un fondo di garanzia presso lINPS, alimentato dal contributo delle aziende, il quale si sarebbe sostituito al datore di lavoro in caso dinsolvenza o di semplice inadempienza di questultimo nella corresponsione del t.f.r. Dopo ben 10 anni trascorsi dallemanazione della direttiva, lo Stato italiano non aveva ancora dato applicazione integrale al documento di matrice europea, non avendo previsto una tutela nellambito delle procedure concorsuali di tutti gli altri crediti di lavoro diversi dal t.f.r e pertanto venne condannato a rispondere dei danni derivanti dalla mancata attuazione della direttiva. In seguito venne emanata una disciplina apposita. Torniamo per il momento al primo intervento legislativo italiano, quello del 1982, inerente listituzione del fondo di garanzia. Lo stesso legislatore ha inteso tutelare i lavoratori tanto in caso di insolvenza del datore di lavoro accertata in sede di procedura concorsuale, quanto in caso di inadempienza del datore di lavoro non assoggettabile a procedure concorsuali a norma dellart.1 della legge fallimentare. Nella prima ipotesi il lavoratore, entro 15 giorni dal deposito dello stato passivo o dalla sentenza di omologazione del concordato preventivo, pu far domanda per il pagamento del t.f.r. da parte del Fondo. Nella seconda ipotesi, invece, il lavoratore tenuto prima ad esperire lesecuzione forzata e solo nel caso in cui essa risulti insufficiente per lerogazione del t.f.r., pu rivolgersi al Fondo. In ogni caso il Fondo di garanzia deve eseguire il pagamento entro 60 giorni dalla richiesta, surrogandosi nella posizione di creditore privilegiato del lavoratore. Per quanto concerne il secondo intervento legislativo italiano di completa attuazione della direttiva 287/1980, possiamo dire esso si avuto con il D.lgs. 80/1992, il quale ha previsto che il Fondo di garanzia si occupi, anche, degli altri crediti da lavoro spettanti ai prestatori, nel limite per relativo agli ultimi 3 mesi di rapporto di lavoro ed entro un massimale predeterminato. Il lavoratore, per questi crediti, pu chiedere lintervento del Fondo in tutti i casi di procedure concorsuali. Qualora il datore non sia assoggettato alle stesse in previsione della legge fallimentare, occorrer, come abbiamo visto per il t.f.r., linsufficienza dellesecuzione forzata per potersi rivolgere al Fondo. Gli ultimi tre mesi vanno calcolati o dalla data del provvedimento di apertura della procedura concorsuale, o dalla data dinizio dellesecuzione forzata, o dalla data di cessazione del rapporto lavorativo, o dalla data di cessazione dellesercizio provvisorio o di messa in liquidazione dellimpresa. La garanzia offerta dal Fondo si prescrive entro un anno ed il pagamento non cumulabile con il trattamento di CIG fruito nei 12 mesi precedenti la procedura concorsuali, n tanto meno cumulabile con lindennit di mobilit corrisposto nei 3 mesi successivi alla risoluzione del rapporto di lavoro. La nuova direttiva 75/2002, invece, ha previsto una tutela a favore dei lavoratori le cui imprese siano presenti in 2 Stati europei differenti e costituite nello Stato diverso da quello di appartenenza del lavoratore.

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Vincoli alla destinazione del credito Il credito che il lavoratore vanta in forza della propria attivit lavorativa non tutelato dalla legge solo nei confronti del debitore, per cui abbiamo visto le cause di prelazione, ma anche nei confronti dei creditori del lavoratore: gravano, sul credito da lavoro subordinato, dei vincoli alla destinazione. La legge stabilisce lassoluta indisponibilit degli assegna familiari, i quali per hanno carattere previdenziale e non retributivo, mentre per i crediti da stipendio o salario e per le indennit di anzianit previsto che essi siano pignorabili, sequestrabili e soggetti a compensazione o cessione di credito nella misura di un quinto (molto spesso si sente parlare della cessione del quinto dello stipendio: proprio a questa misura che si fa riferimento; il lavoratore vincola un quinto della sua retribuzione per aver accesso a prodotti finanziari). Anche i fondi speciali di previdenza, predisposti dallimprenditore a favore dei lavoratori, sono vincolati nella loro destinazione, costituendo patrimonio separato sul quale i creditori non possono rifarsi. INTEGRAZIONE APPENDICE DI AGGIORNAMENTO: va aggiunto, a quanto appena detto, che le somme percepite dal lavoratore a titolo di retribuzione o di qualsivoglia indennit, su provvedimento del giudice competente per materia, possono essere pignorate per crediti alimentari. Il pignoramento previsto, anche, nella misura di 1/5 per i debiti da tributi dovuti allo Stato, alle Province ed ai Comuni. Volontariamente, infine, il lavoratore pu cedere 1/5 del proprio credito da retribuzione ai propri creditori o al datore di lavoro per debiti con lo stesso. Trasferimento dazienda: tutela dei crediti di lavoro e delloccupazione. Profili generali. Unulteriore forma di garanzia dei crediti, accanto ai vincoli alla destinazione ed alle cause di prelazione, quella offerta dallart.2112 c.c., il quale va a disciplinare gli effetti del trasferimento dazienda sui rapporti di lavoro, tutelando linteresse non solo ai diritti di credito dei lavoratori, ma anche alla conservazione del posto di lavoro. Il trasferimento dazienda stato oggetto di ben 3 direttive europee, la 77/187, la 98/50 ed infine la 2001/23. LItalia, come spesso avviene, risultata inottemperante alladeguamento dellordinamento interno ed allattuazione della direttiva. Inoltre gli interventi di attuazione in seguito posti in essere, sono risultati confusionari, novellando dapprima una parte dellart.2112 c.c. ed in seguito, per ben due volte, lintero articolo del codice, nonch lart.47 della L.428/1990, attuativo delle direttive europee. Nozione di trasferimento dazienda. Concetto di entit economica organizzata Per capire quale sia il campo di applicazione della disciplina legale che tutela i lavoratori, dobbiamo fornire una definizione di trasferimento dazienda, contenuta principalmente allinterno dellart. 2112 c.c. comma 5: per trasferimento dazienda sintende unoperazione volta al cambiamento della titolarit di unattivit economica organizzata, per mezzo di fusione o cessione, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identit, al di l di quale sia la tipologia negoziale o il provvedimento che determina il trasferimento. Rientrano, quindi, in tale definizione tutti mutamenti della persona dellimprenditore, purch persista unattivit economica organizzata. La seconda parte del comma 5 prevede, poi, che possano essere trasferite anche parti dazienda, intese come articolazioni funzionalmente autonome di unattivit economica organizzata, individuate come tali
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AL MOMENTO DEL TRASFERIMENTO, e non precedentemente come invece pretendeva la prima parte del comma in questione. Ci stato previsto per garantire la cessione di parti dazienda prive di una propria autonomia funzionale prima del trasferimento. Per la Corte di giustizia dellUnione Europea, inoltre, si considera trasferimento dazienda anche il semplice mutamento di soggetti nello svolgimento di unattivit, senza che sia necessario il trasferimento di elementi patrimoniali materiali o immateriali. Per uniformare il diritto comunitario, il legislatore europeo ha dovuto emanare la direttiva 98/50, per fare in modo che quanto previsto dalla Corte di giustizia fosse inglobato anche nel testo della vecchia direttiva 77/187. Uno degli interventi legislativi italiani in materia, il D.Lgs. 276/2003, ha previsto che lacquisizione di personale gi impiegato in un appalto, a seguito del subentro di un nuovo appaltatore, non sia da considerarsi come trasferimento dazienda o di parte di essa. Il testo di tale decreto sembrerebbe in contrasto con linterpretazione della Corte di Giustizia e con la direttiva comunitaria che ne ha recepito il volere, almeno che non si interpreti in senso limitativo il disposto del legislatore italiano, ossia nel senso che il mero trasferimento di personale non possa essere considerato come integrante la fattispecie del trasferimento di unattivit economica organizzata. P.S. a mio parere la dottrina e lautore del libro hanno cercato una giustificazione al dettato legislativo, che si presenta nettamente in contrasto con la direttiva. Principio della continuit del rapporto di lavoro e cessione di parti o fasi dellattivit produttiva Uno degli interessi principali del lavoratore in caso di trasferimento dazienda la conservazione del posto di lavoro, senza tra laltro mutamenti nelle proprie condizioni lavorative. Lart. 2558 c.c., in tema di successione nei contratti in caso di cessione dazienda, prevede il subentro dellacquirente in tutti i contratti dellalienante, salvo patto contrario con lo stesso alienante. In tema di rapporti di lavoro la norma inderogabile, nel senso che non pu esistere un tale accordo tra cedente e cessionario, salva la possibilit del recesso giustificato del cedente. Si tende quindi a tutelare i rapporti di lavoro preesistenti rispetto al trasferimento. Il consenso dei lavoratori non in alcun modo richiesto, ma essi hanno comunque diritto, nei tre mesi successivi al trasferimento e qualora riscontrino una variazione delle condizioni lavorative, a rassegnare le dimissioni per giusta causa, avendo cos diritto allindennit di mancato preavviso. La tutela apprestata dallart. 2112 c.c. per vantaggiosa solo nel caso di trasferimento totale dellazienda, mentre in caso di trasferimento di parti autonomamente o meno funzionali, i lavoratori potrebbero trovarsi dinanzi a contratti collettivi meno favorevoli o alla mancata attuazione dellart. 18 dello Statuto dei lavoratori per evidenti limiti dimensionali e quindi alla mancanza di applicazione della tutela reale. Tutela individuale e collettiva del lavoratore nel trasferimento. Trasferimento dazienda in caso di procedure concorsuali e crisi aziendali A tutela del lavoratore lart.2112 comma 2 c.c. prevede la solidariet tra cedente e cessionario per i crediti retributivi e contributivi vantati dai lavoratori prima del trasferimento: il cedente, quindi, rimane obbligato insieme al cessionario, solidalmente appunto, per il pagamento degli stessi, salvo liberazione del cedente tramite procedure conciliative. Se tra cedente e cessionario, inoltre, previsto un contratto dappalto a seguito del trasferimento dazienda, per i trattamenti retributivi e contributivi prevista la responsabilit solidale dellalienante e dellacquirente per il periodo di un anno dalla cessazione dellappalto.
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I lavoratori, inoltre, in seguito al trasferimento dellazienda, devono conservare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi. Per quanto riguarda la consultazione sindacale, che tutela collettivamente i lavoratori, lart. 47 della L.428/1990 prevede che sia cedente che cessionario, se lazienda di cui si vuole perfezionare il trasferimento ha pi di 15 dipendenti, devono comunicare in forma scritta la volont di addivenire ad una cessione alle r.s.u. o r.s.a. o comunque ai sindacati di categoria, almeno 25 giorni prima della conclusione dellatto di trasferimento, inserendo tutte le informazioni inerenti i motivi del trasferimento e le conseguenze economiche, giuridiche e sociali per i lavoratori. Entro 7 giorni le rappresentanze sindacali possono far richiesta di un esame congiunto della situazione ed il cedente ed il cessionario dovranno provvedervi entro 7 giorni dalla richiesta. Laccordo dovr essere raggiunto entro 10 giorni, altrimenti lesame congiunto si riterr esaurito. La violazione degli obblighi fin qui previsti viene considerata come condotta antisindacale. Qualora si tratti di azienda in crisi o sottoposta a procedura concorsuali, impossibilitata nella continuazione dellesercizio di unattivit economica organizzata, la legge favorisce il trasferimento dazienda, anche qualora questo porti ad una conservazione parziale delloccupazione. I lavoratori licenziati avranno diritto di precedenza nelle assunzioni fatte entro un anno dallacquirente dellazienda, essendo inoperante per essi, come per i lavoratori non licenziati, lart. 2112 c.c., ossia il diritto al mantenimento dei diritti precedenti al trasferimento dazienda. SEZIONE B: LE RINUNZIE E LE TRANSAZIONI. LA CERTIFICAZIONE. Compressione della facolt di disposizione dei diritti del prestatore di lavoro E facile immaginare come un lavoratore, al quale norme inderogabili contenute in leggi o in contratti collettivi attribuiscano dei diritti, possa essere portato a privarsene tramite una compressione, o addirittura tramite una soppressione, della propria facolt di disposizione. Lart. 2113 c.c., novellato dalla L.533/1973 sulla riforma del processo di lavoro, prevede infatti linvalidit delle rinunzie e delle transazioni del lavoratore in tali casi. Origini della limitazione della facolt di disposizione, loriginario 2113 c.c. e la riforma del 1973 La tutela del lavoratore per quanto concerne la limitazione della facolt di disposizione, in origine partiva dal fatto che la volont del lavoratore, nel porre in essere una rinunzia od una transazione, fosse viziata da un timore reverenziale, assimilabile ad una violenza morale, del lavoratore nei confronti del proprio datore di lavoro. Ci port ad una distinzione tra i negozi di disposizione antecedenti o susseguenti alla cessazione del rapporto di lavoro, ritenendo invalidi i primi e validi i secondi. Il codice civile accolse quanto appena detto solo parzialmente allinterno dellart.2113, in quanto equipar i negozi di disposizione antecedenti e successivi alla cessazione del rapporto di lavoro, ma fiss un termine di tre mesi (dal negozio o dalla cessazione) entro il quale proporre la domanda giudiziale di annullamento del negozio di disposizione. In un certo senso, quindi, partendo dalla cessazione del rapporto di lavoro, i negozi successivi sarebbero risultati invalidi, mentre quelli precedenti, qualora fossero trascorsi i tre mesi, sarebbero rimasti validi. Il nuovo testo dellart.2113 c.c., come novellato dalla L.533/1973, ha semplicemente prolungato il termine per limpugnazione da 3 a 6 mesi, rendendo la stessa stragiudiziale e non giudiziale. La norma stata,
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inoltre, estesa ai lavoratori autonomi la cui opera prevalentemente personale abbia carattere continuativo e coordinato allimpresa del datore di lavoro. Invalidit delle rinunzie e transazioni del lavoratore Lart.2113 c.c. dispone che siano invalide le rinunzie e le transazioni diritti del prestatore di lavoro derivanti da norme inderogabili di legge o da contratti/accordi collettivi concernenti rapporti di lavoro subordinato o autonomo ed associato. Sono, quindi, esclusi i casi di lavoratori autonomi titolari dimpresa o che abbiano con limpresa un rapporto discontinuo. Linvalidit pu essere fatta valere tramite impugnazione stragiudiziale per iscritto: si tratta di un negozio unilaterale recettizio, in quanto la comunicazione della volont di non dare effetto alla rinunzia od alla transazione deve pervenire al datore di lavoro, entro il termine di 6 mesi dalla cessazione del rapporto o dal negozio dispositivo, in caso di atto successivo alla cessazione. Tuttavia dovr sempre essere un giudice con sentenza costitutiva ad accertare linvalidit dellatto, in quanto esso si configura come annullabile e non come nullo, con tutte le conseguenze del caso. Lazione si prescrive in 5 anni dalla data dimpugnazione stragiudiziale, che rimane presupposto della suddetta azione giudiziaria. I termini previsti tutelano tanto il lavoratore, quanto il datore di lavoro. Inderogabilit delle norme di legge e dei contratti collettivi ed i limiti allautonomia dispositiva del lavoratore La ratio dellart.2113 c.c. non da ricercare nella volont del legislatore di privare totalmente il lavoratore del potere di disposizione dei propri diritti, bens nella volont di aiutare una categoria socialmente sottoprotetta come quella dei prestatori di lavoro. Il lavoratore, infatti, non pu disporre dei diritti a lui attribuiti OLTRE certi limiti previsti dallordinamento: oltre quindi il minimo inderogabile di trattamento economico e normativo. Inoltre lo stesso art.2113 comma 4 del codice, prevede che siano VALIDE le rinunzie e le transazioni avvenute in sede di conciliazione delle controversie individuali, in cui la disposizione dei diritti avviene con lassistenza dellorgano conciliatore. Ad esse, inoltre, sono equiparate le sedi di CERTIFICAZIONE, introdotte dal D.Lgs. 276/2003. Tutto ci dimostra come non ci sia una carenza del potere di disposizione del lavoratore inerente i propri diritti, bens una limitazione di tale potere nel suo stesso interesse. Per ci che concerne le transazioni collettive poste in essere dai sindacati, esse necessitano della ratifica dei lavoratori coinvolti, in quanto devono essere manifestazione del volere del lavoratore. Il negozio di rinunzia ed il contratto di transazione. Le c.d. quietanze a saldo. La rinunzia tacita Diamo (finalmente) una definizione di rinunzia e di transazione. La rinunzia un negozio unilaterale recettizio tendente alla dismissione, da parte del titolare, di un diritto soggettivo. La transazione (art.1965 c.c.) un contratto mediante il quale le parti, tramite reciproche concessioni, prevengono o risolvono una lite. La transazione, in realt, pu ben celare una rinunzia: per tal motivo che lart.2113 c.c. accomuna i due casi. In una lite esistente o nella prevenzione di una eventuale, infatti, il peso specifico del lavoratore di gran lunga inferiore a quello del datore di lavoro, il che potrebbe portare alla realizzazione di pretese del datore di lavoro, pi che a concessioni reciproche proprie della transazione.
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Particolare il caso delle quietanze a saldo o quietanze liberatorie, ossia dichiarazione del prestatore di lavoro con cui egli asserisce, al momento della cessazione del rapporto di lavoro, di aver ricevuto quanto gli spettava e di non aver diritto a nientaltro da parte del datore di lavoro, rinunciando cos a future pretese. Esse sono semplici dichiarazioni di scienza, non idonee a dar luogo ad un negozio giuridico. Altra ipotesi meritevole di attenzione quella della rinunzia tacita, ossia della possibilit, da parte del lavoratore, di manifestare la volont di dismettere un proprio diritto tramite un comportamento concludente. Per i negozi successivi alla cessazione del rapporto di lavoro, una simile ipotesi impossibile, in quanto il termine di decadenza decorre dalla data del negozio, e quindi implicitamente richiesta la forma scritta. Per le transazioni, addirittura, lo stesso art.1965 c.c. a richiedere ad probationem la forma scritta. Per i rapporti in corso, invece, ritenuta insufficiente la mera inerzia o tolleranza del lavoratore per manifestare la dismissione di un proprio diritto. Certificazione La certificazione uno strumento finalizzato allidentificazione degli effetti del contratto ed alla qualificazione a stregua delle c.d. tipologie di rapporto previste: le parti hanno lonere di indicare sullistanza quali effetti civili, amministrativi, previdenziali o fiscali intendono far accertare. Gli effetti della certificazione permangono non solo tra le parti, ma anche verso terzi (istituti previdenziali, autorit pubbliche in genere ecc.). Vi poi lindividuazione degli organi competenti alla certificazione dei contratti di lavoro: commissioni istituite presso Direzioni provinciali del lavoro, Universit, Province, Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, enti bilaterali (organismi costituiti grazie ad una o pi associazioni dei prestatori di lavoro, soggetti quindi creati dallautonomia collettiva). Le commissioni di certificazione svolgono, poi, un ruolo di consulenza ed assistenza delle parti, sia in fase di attuazione del rapporto di lavoro, sia in fase di stipulazione, per la determinazione di obblighi e diritti futuri tra le parti. Il Ministro del lavoro ha, inoltre, il compito di stabilire con proprio decreto codici di buone pratiche per individuare quali siano clausole indisponibili inerenti trattamenti economici e normativi da accertare in face di certificazione. Per contestare la certificazione occorre un ricorso al giudice del lavoro, dopo aver esperito tra laltro un tentativo obbligatorio di conciliazione dinanzi alla stessa commissione di certificazione. Latto di certificazione pu, inoltre, essere impugnato per violazione procedurale o per eccesso di potere dei soggetti legittimati al ricorso ordinario. SEZIONE C: PRESCRIZIONE E DECADENZA Prescrizione dei diritti dei lavoratori In linee generali, i diritti del prestatore di lavoro (crediti retributivi) sono soggetti alla prescrizione quinquennale disposta dallart.2948 c.c., consistendo in un pagamento periodico ad anno o in termini pi brevi e non alla prescrizione ordinaria decennale. Tuttavia, ad essa sono riconducibili tutti quei diritti diversi dalla retribuzione (diritto alla qualifica superiore, risarcimento del danno contrattuale, risarcimento per mancato versamento dei contributi assicurativi che decorre dalla perdita della prestazione previdenziale e non dallinadempimento).
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La prescrizione, appena il caso di ricordarlo, non pu riguardare diritti indisponibili della persona, e quindi anche del lavoratore, quali quello allintegrit fisica ed alla sicurezza del lavoro. Diversa dalla prescrizione estintiva di diritti la prescrizione presuntiva, la quale ammette prova contraria, sebbene solo tramite confessione giudiziale o giuramento decisorio, fornita dalla controparte del pagamento del debito. Essa di un anno per il diritto dei prestatori a retribuzioni corrisposte a periodi non superiori ad un mese ed a tre anni per quelle corrisposte a periodi di oltre un mese. Condizione necessaria per il decorso del periodo di prescrizione linerzia del titolare del diritto. Il regime della prescrizione inderogabile, oltre che irrinunciabile. Leffetto estintivo della prescrizione in qualche modo accomunabile alleffetto dismissivo della rinunzia e della transazione di cui allart.2113 c.c. Decadenza. Clausole di decadenza nei contratti collettivi La decadenza, disciplinata dallart.2964 c.c., prende anchessa, al pari della prescrizione, in considerazione il decorso del tempo ed in tal caso lesercizio di un diritto viene sottoposto ad un termine perentorio. Diversamente dalla prescrizione, per, essa non produce la perdita del diritto a favore di un diverso titolare, ma semplicemente la preclusione dallesercizo del diritto. Essa pu essere tanto legale, quanto contrattuale, ossia apposta dalla legge o dallautonomia delle parti. E,infatti, molto diffusa nei contratti collettivi, specie in tema di instaurazione delle controversie di lavoro. Intervento della Corte costituzionale in materia di prescrizione Prescrizione e decadenza, secondo quanto abbiamo detto, producendo la perdita o la preclusione dellesercizio del diritto, di fatto realizzano quanto previsto dalla rinunzia o dalla transazione: il lavoratore perde una situazione di vantaggio, un vero e proprio diritto soggettivo. Questo avrebbe dovuto portare, secondo una parte della dottrina, a decretare limprescrittibilit e lindisponibilit dei diritti del prestatore di lavoro. La Corte costituzionale, con la sentenza 63/1966, intervenuta in materia dichiarando lillegittimit di alcuni articoli del codice (2948 n.4, 2955 n.2 e 2956 n.1) nella parte in cui prevedono che la prescrizione del diritto alla retribuzione decorra in pendenza del rapporto di lavoro. Il diritto alla retribuzione un diritto costituzionalmente garantito, al pari della situazione soggettiva di sottoprotezione sociale del lavoratore, il quale, nel timore di un eventuale licenziamento, potrebbe non agire, rimanendo cos inerte, per far valere il proprio diritto alla retribuzione. La Corte ha previsto il differimento del termine per la prescrizione alla fine del rapporto: solo da quel momento acquista rilievo linerzia del prestatore. Stessa cosa vale per la decadenza. Si tratta di un vero e proprio esempio di giurisprudenza creativa ed innovativa, configurandosi la suddetta sentenza come manipolativa di illegittimit parziale. Giurisprudenza costituzionale in tema di prescrizione dopo il 1966 Nelle pronunce successive a quella del 1966, la Corte costituzionale tornata sui suoi passi, sostenendo che con lart.18 dello Statuto dei lavoratori, la resistenza al licenziamento divenuta pi forte, rendendo cos inutile il mancato decorso della prescrizione in pendenza del rapporto di lavoro, decisa nella sentenza 63 proprio in ragione del timore di licenziamento del lavoratore. La Corte stata criticata ampiamente dalla dottrina, per non aver tenuto conto che il datore di lavoro pu manifestare la propria posizione di
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strapotere nei confronti del lavoratore anche tramite vie diverse dal licenziamento. La Corte, comunque, interrogata svariate volte sulla questione, rimasta ferma al pensiero che la prescrizione possa decorrere anche durante il rapporto di lavoro, ridando vita cos ad una norma dapprima ritenuta estranea allordinamento. La prescrizione, quindi, non decorre durante il rapporto di lavoro solo nei casi di libera recedibilit o nei rapporti tutelati da stabilit obbligatoria. SEZIONE D: TUTELA GIURISDIZIONALE DIFFERENZIATA DEL LAVORATORE Composizione stragiudiziale delle controversie di lavoro: conciliazione ed arbitrato Per garantire strumentalmente i diritti del prestatore di lavoro, previsto che la composizione delle controversie individuali possa avvenire sia informa giudiziale che stragiudiziale. Partiamo dalla conciliazione. Essa pu essere sia: Giudiziale, ed in tal caso pu essere tentata in ogni momento del processo dal giudice, il quale deve tentarla sin dallinizio. Qualora venga raggiunta va redatto il processo verbale, che considerato titolo esecutivo; Stragiudiziale, esperibile in sede sindacale, prevista dagli accordi collettivi, o in sede amministrativa, sempre per mezzo dei sindacati, dinanzi ad apposite commissione della Direzione provinciale del lavoro.

Inizialmente non era prevista lobbligatoriet del tentativo di conciliazione. La legge 108/1990 introdusse tale obbligatoriet per le sole ipotesi di tutela obbligatoria, imponendo il tentativo di conciliazione come presupposto necessario di procedibilit in giudizio della domanda di riassunzione del lavoratore ingiustamente licenziato. La privatizzazione del pubblico impiego port allapplicazione della suddetta obbligatoriet anche nei confronti di coloro alle dipendenze delle pubbliche amministrazione. Infine nel 1998 venne introdotta per tutte le controversie di lavoro quale condizione necessaria di procedibilit della domanda giudiziale. Il D.Lgs. 276/2003 ha, inoltre, previsto che in caso di ricorso contro certificazione, debba essere esperito il tentativo di conciliazione obbligatorio dinanzi alla commissione che ha emesso latto di certificazione. Ulteriore strumento di tutela giurisdizionale del lavoratore larbitrato, istituto tramite il quale le parti deferiscono la decisione di una controversia ad un terzo. Tale deferimento pu essere contenuto tanto in un compromesso, vero e proprio negozio di deferimento del potere decisorio, tanto in una clausola compromissoria appositamente apposta al contratto. Possiamo da subito attuare una distinzione tra arbitrato rituale ed irrituale. Larbitrato rituale, la cui disciplina codicistica stata modificata nel 2006, ha i medesimi effetti di una decisione giurisdizionale, non potendo, per, inerire a diritti indisponibili. In materia di controversie di lavoro, tra laltro, il ricorso allarbitrato rituale possibile solo qualora sia previsto dalla legge o dai contratti collettivi, quindi anche il compromesso o la clausola compromissoria che lo prevedano devono essere inclini alle previsioni normative.
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In generale nellarbitrato rituale la decisione degli arbitri pu avvenire secondo diritto o secondo equit, qualora le parti abbiano previsto questultima ipotesi: in materia di lavoro, per, prevista la sola pronuncia secondo diritto. La decisione incorporata nel lodo, il quale diviene equiparabile ad una sentenza tramite unomologazione del giudice, il quale si attiene semplicemente ad un controllo di regolarit formale. Dinanzi alla Corte dAppello possibile impugnare il lodo per nullit, revocazione o per opposizione di un terzo ed sempre ammessa, per le controversie di lavoro, limpugnazione per violazione delle regole di diritto. Larbitrato irrituale (libero) quando le parti, sempre per mezzo di compromesso o clausola compromissoria, prevedano che un terzo (larbitro) si pronunci sulla controversia in via negoziale e non giurisdizionale, ossia per ci che attinente la natura e gli effetti del contratto. Anche larbitrato irrituale possibile solo in caso di previsione legislativa (arbitrato irrituale legalmente nominato) o dei contratti collettivi, che devono, per, prevedere anche le norme procedurali per giungere al lodo, il quale impugnabile dinanzi al giudice del lavoro, la cui decisione non sar a sua volta impugnabile se non in Cassazione. Dopo 30 giorni dal lodo, salva accettazione preventiva delle parti per iscritto o rigetto del ricorso del tribunale, il lodo viene depositato presso la cancelleria del Tribunale e viene dichiarato esecutivo con decreto. La sostanziale differenza tra arbitrato rituale ed irrituale la ritroviamo nel fatto che quello rituale pu essere alternativo alla giurisdizione secondo una previsione vincolante in via preventiva delle parti. Disciplina processuale delle controversie di lavoro In materia di diritto del lavoro, considerata la situazione di sottoprotezione sociale del lavoratore e di parte contrattualmente debole, vi un rafforzamento della tutela giurisdizionale, in quanto il prestatore di lavoro viene considerato parte debole non solo per ci che attiene al rapporto, ma anche allinterno della controversia. La L.533/1973, modificando il Titolo IV del Codice di procedura civile dedicato alle controversi di lavoro, ha modificato tutta la disciplina del processo di lavoro. La tutela differenziata dei lavoratori subordinati stata estesa, inoltre, anche ai lavoratori associati nei contratti agrari, nonch a quelli autonomi che svolgano un lavoro prettamente personale coordinato e continuato nei confronti di unimpresa: non si tratta di una parificazione, in questo ambito, dei lavoratori subordinati e di quelli autonomi, ma semplicemente di uneguale tutela dei lavoratori autonomi in posizione di subordinazione. Le controversie di lavoro vengono decise da un giudice monocratico del Tribunale, in funzione di giudice del lavoro, il quale, essendo necessaria losservazione dei principi dellimmediatezza (tempi pi brevi del processo), della concentrazione (difese precise ed indicazione dei mezzi di prova sin dallinizio del processo) e delloralit (interrogatorio delle parti e discussione orale), risolve la controversia allinterno di ununica udienza, pronunciando la sentenza al termine della stessa e leggendone il dispositivo. Solo nel caso in cui sia necessaria la risoluzione di una questione inerente lefficacia, la validit o linterpretazione di clausole apposte in un contratto collettivo, il giudice deve sospendere ludienza e decidere con sentenza su tale questione, contro la quale si pu ricorrere in Cassazione nel termine di 60 giorni, attendendo in tal caso la pronuncia della Corte. Le norme del codice di procedura civile (artt.432, 431, 423, 429), inoltre, assicurano una forte tutela al lavoratore: il giudice, per quanto riguardo i crediti di retribuzione, deve effettuare una valutazione equitativa dellammontare della prestazione dovuta, disponendone la liquidazione quanto sia certo il
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diritto da cui essa nasce; la sentenza di condanna per i crediti di lavoro munita della clausola di provvisoria esecuzione; inoltre lesecuzione forzata in favore del lavoratore pu essere iniziata in forza del solo dispositivo della sentenza e pu essere sospesa, su istanza di parte, qualora superi le vecchie 500.000 lire se ci apportasse un gravissimo danno alla parte soccombente; infine, senza che il lavoratore sia gravato dallonere di dimostrare il maggior danno subito, il datore di lavoro, in conseguenza del ritardato pagamento, deve anche il risarcimento del maggior danno derivante da svalutazione monetaria dei crediti di lavoro: si ha un effetto non solo rafforzativo della tutela del credito di lavoro, ma anche punitivo dello stesso datore soccombente. Depenalizzazione delle sanzioni previste per violazione di norme di lavoro. Vigilanza ed ispezioni Negli anni 90 si assistito ad un processo di depenalizzazione delle sanzioni per illeciti in materia di diritto del lavoro. La L.449/1993 ha conferito al Governo il potere di revisione delle sanzioni corrisposte in violazione di norme protettive del lavoro ed i vari decreti che si sono susseguiti nel tempo hanno portato a termine tale processo. Tuttavia si conservata la rilevanza penale di tutte quelle condotte che possano pregiudicare lintegrit psico-fisica del lavoratore (far svolgere lavori pericolosi a donne in gravidanza o puerpere o a minori), mentre negli altri casi il legislatore ha ritenuto sufficiente la sola sanzione amministrativa, sempre o quasi sempre pecuniaria, a carico del datore di lavoro. Il D.Lgs.124/2004 ha, poi, innovato la disciplina legislativa in materia di servizi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, garantendo una maggiore efficienza degli stessi (tramite una riorganizzazione territoriale) ed una maggiore efficacia dellazione di vigilanza (revisione degli strumenti giuridici conferiti agli ispettori: prescrizione obbligatoria, ed in tal caso lispettore ha rilevato violazioni di carattere penale, punibile con larresto o lammenda, ma non sanabili, e diffida, prevista se lispettore, bench abbia rilevato delle violazioni, le ritenga sanabili). Particolare attenzione merita la conciliazione monocratica presso le Direzioni provinciali del lavoro, strettamente collegata allattivit ispettiva. Con essa si giunge ad una soluzione conciliativa della controversia.

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CAPITOLO NONO RAPPORTI SPECIALI DI LAVORO


Introduzione. La specialit come differenza per lattuazione di una diversa tutela del lavoratore Accanto al modello normativo-tipo contrattuale del rapporto di lavoro subordinato, esistono dei sottotipi qualificabili come rapporti speciali di lavoro. Bisogna tener presente, infatti, le differenze esigenze di tutela del lavoratore, attuate tramite i contratti o accordi collettivi che vanno a disciplinare queste forme speciali di lavoro, nonch da parte del legislatore, talune volte in sostituzione della stessa autonomia collettiva insufficiente o del tutto assente. Numerose discipline speciali, ultimamente, al fine di favorire loccupazione, hanno introdotto rapporti lavorativi flessibili o atipici, attenuando le tutele in materia di lavoro subordinato, proprio per salvaguardare interessi pubblici o collettivi. SEZIONE A: RAPPORTI SPECIALI CARATTERIZZATI DALLA TIPICITA DEGLI INTERESSI PUBBLICI COINVOLTI Rapporto di lavoro dei marittimi e della gente in aria Primo rapporto di lavoro speciale che esaminiamo quello inerente il personale addetto alla navigazione marittima e della gente dellaria. Tale rapporto disciplinato allinterno del Codice di navigazione, fonte esclusiva della disciplina dellintera materia nautica e quindi anche per ci che concerne i rapporti di lavoro. La disciplina speciale dedicata a questa categoria di lavoratori dovuta a ragioni di interesse pubblico riguardanti la sicurezza e la regolarit della navigazione, nonch la conservazione del patrimonio navigante. Per il personale marittimo lassunzione deve avvenire tramite atto pubblico dinanzi allautorit marittima per il contratto di arruolamento, mentre per il personale di volo occorre solo la forma scritta del contratto di lavoro. Inoltre entrambe le categorie di lavoratori sono iscritte in appositi albi e registri, dai quali si evince la propria idoneit al servizio o abilitazione professionale. I crediti lavorativi dei lavoratori marittimi e dellaria sono assistiti da privilegio speciale sulla nave o sullaeromobile e nel loro caso la prescrizione non pu decorrere in costanza del rapporto di lavoro. Inoltre i marittimi hanno diritto alla retribuzione in ogni caso di sospensione del servizio per malattia o lesione, oltre a dover essere mantenuti a bordo della nave se il proprio diritto di credito sia rimasto insoddisfatto, con la continuazione della stessa retribuzione. E prevista, inoltre, per queste due categorie speciali di lavoratori, una deroga alla L.300/1970 (statuto dei lavoratori), la quale afferma che pur essendo prevista unapplicazione generale dello Statuto, si rinvia alla contrattazione collettiva in materia (principio di cui stato ridotto il rilievo dalla Corte costituzionale in materia di licenziamento e sanzioni disciplinari). Pubblico impiego. Origini storiche Un altro esempio di rapporti di lavoro speciale ci viene offerto da quei particolari rapporti che intercorrono tra le amministrazione pubbliche (prima fra tutte lo Stato, nonch gli enti territoriali) ed i prestatori di lavoro. Tali rapporti, fino agli anni 90, venivano definiti come di pubblico impiego. Originariamente tale figura nacque per disciplinare il lavoro dei c.d. funzionari, i quali rappresentavano lamministrazione pubblica e dipendevano dal potere politico. Limpiegato pubblico intratteneva con lamministrazione un duplice rapporto: uno organico, o dufficio, in base al quale egli era legittimato ad esercitare i poteri connessi al proprio ufficio, ed uno di servizio, dal quale dipendevano diritti ed obblighi tanto dellamministrazione, quanto del lavoratore. Il rapporto organico, tuttavia, prevaleva notevolmente su
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quello di servizio, tanto che la materia era disciplinata dal diritto pubblico amministrativo, il quale imprimeva al rapporto una supremazia ed un carattere autoritario da cui scaturivano diverse conseguenze: Il rapporto non prevedeva contratto, ma solo un provvedimento di nomina; Il rapporto era disciplinato interamente da leggi e regolamenti in tutti i suoi aspetti; La subordinazione era gerarchica, connessa alla struttura degli uffici, e non tecnico-funzionale, ossia connessa alladempimento della prestazione lavorativa; Il giudice competente era quello amministrativo (TAR in primo grado e Consiglio di Stato in appello). Tale configurazione, col tempo, ha riguardato sempre pi soggetti non investiti di una pubblica funzione (come invece avveniva per i funzionari) e si applicava anche ai dipendenti di enti pubblici economici, ossia enti che svolgevano unattivit dimpresa in settori in seguito privatizzati (poste, banche, energia). Solo negli anni 70 la situazione mutata, coinvolgendo anche loperato dei sindacati ed attribuendo rilevanza allautonomia collettiva. La L.93/1983, definita come legge-quadro sul pubblico impiego, ha stravolto la materia, distinguendo il pubblico impiego dal lavoro privato, ma avvicinando notevolmente le due categorie. Le due fasi della riforma del pubblico impiego e la contrattualizzazione del rapporto Sono individuabili due fasi nel processo di riforma del pubblico impiego: una avviatasi con la L.421/1992, la quale ha conferito al Governo la delega per riformare la materia del pubblico impiego, cui sono seguiti interventi normativi notevoli; laltra ripresa con la L. 59/1997, la quale ha riaperto il termine della delega per riformare il lavoro pubblico ed equipararlo maggiormente a quello privato, per giungere ad una riduzione degli sprechi gestionali e ad un recupero di efficienza nel settore pubblico. La prima fase ha fatto in modo che venisse contrattualizzato il rapporto di pubblico impiego, programmando un abolizione della giurisdizione amministrativa in materia a favore del giudice ordinario per quanto riguardava le controversie di lavoro dei pubblici dipendenti. La L.421/1992 ha mantenuto la distinzione tra lavoro pubblico e privato, riservando al lavoro pubblico lo status di rapporto di lavoro speciale, anche se di natura privatistica. Inoltre la legge suddetta ha lasciato alla sola disciplina di norme di legge e di regolamento ben sette materie, inerenti aspetti dellorganizzazione burocratica, organizzazione degli uffici, ruoli e dotazioni organiche, responsabilit giuridica dei singoli operatori. La seconda fase, invece, ha previsto anzitutto una delega legislativa in tema di contrattazione collettiva e rappresentativit sindacale nellarea del lavoro pubblico, nonch unestensione completa al lavoro pubblico delle disposizioni del Codice civile e delle leggi sui rapporti di lavoro privato nellimpresa. Oltre a ci stata disposto il completo trasferimento di competenza al giudice ordinario di tutte le controversie relative al rapporto di lavoro. Va sottolineato che sotto la disciplina del codice civile non rientrano alcune categorie: magistrati, avvocati e procuratori dello Stato, personale militare e forze di polizia, personale delle carriere diplomatiche e prefettizie.

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Profili fondamentali di specialit del rapporto pubblico. Disciplina della dirigenza pubblica La riforma del lavoro pubblico, pur avendo assoggettato il rapporto in questione allautonomia privata individuale e collettiva, non ha eliminato i profili di specialit in riferimento alla prevalenza di un interesse pubblico. Analizziamoli nel dettaglio. 1. Emerge una prima manifestazione di specialit per quanto concerne il sistema delle fonti di disciplina del lavoro pubblico: la contrattazione collettiva non deve essere continuamente modificata e stravolta da successivi interventi del legislatore. Per tal motivo i rapporti regolati contrattualmente, pur essendo modificabili da leggi e regolamenti, permangono in tale stato di modificazione sino ad un nuovo intervento del contratto collettivo. Gli incrementi retributivi, inoltre, introdotti dal legislatore, sono in vigore sino a nuova disposizione dei contratti collettivi. Infine previsto che la disciplina del lavoro pubblico sotto il profilo retributivo sia derogabile contrattualmente, ma nel rispetto di quanto previsto dai minimi retributivi imposti dalla contrattazione collettiva; 2. Unaltra forma di specialit si evince nella definizione della qualifica dirigenziale e delle relative responsabilit del dirigente. Egli ha sia una responsabilit di indirizzo politico, dovendo attenersi alle linee guida imposte dal potere politico, sia una responsabilit di direzione amministrativa, dovendo garantire lefficienza della P.A. anche per quanto riguarda i rapporti di lavoro. Lorganizzazione dellapparato a cui preposto il dirigente e la gestione dei rapporti di lavoro dello stesso, sono di competenza del dirigente in questione: egli, oltre ad essere responsabili per lattuazione dei programmi politici, deve far in modo che la macchina organizzativa funzione e sia quanto pi efficiente ed efficace. Il ruolo dirigenziale si presenta oggi articolato in due fasce: il passaggio dalla seconda alla prima fascia costituisce un premio ed unincentivazione al lavoro svolto dal dirigente, in quanto egli, per potersi attuare il passaggio, deve aver ricoperto per almeno 3 anni un incarico di direzione di uffici generali, senza essere incorso in alcuna responsabilit dirigenziale. Lattribuzione di tali incarichi non pu avere durata inferiore a tre anni e superiore a cinque. Bench il rapporto di lavoro dei dirigenti sia stato contrattualizzato, esso non individua le funzioni dirigenziali, le quali sono previste in un provvedimento di conferimento di incarico, che vada a specificare oggetto dellincarico, obiettivi e durata. Gli altri dirigenti, invece, svolgono un ruolo di ricerca, consulenza e studio, nonch funzioni ispettive od altre funzioni previste dallordinamento. Per evitare lavvicendarsi continuo di dirigenti in base ai cambiamenti al governo di schieramenti politici, previsto il sistema dello spoilsystem, secondo cui possono variare solo i vertici apicali decorsi 90 giorni dalla fiducia data al nuovo Governo: cessa lincarico, non il rapporto di lavoro, dei dirigenti uscenti; 3. Unaltra connotazione speciale del lavoro pubblico la possiamo ritrovare nellintervento del legislatore in merito ad alcuni istituti di particolare rilievo inerenti il rapporto di lavoro in questione. Se vero, infatti, che lo Statuto dei lavoratori si applica anche alle pubbliche amministrazioni indipendentemente dal numero di dipendenti e che il rapporto di lavoro pubblico oggi disciplinato dalle disposizioni codicistiche e dai contratti collettivi, non di meno bisogna sottolineare come il legislatore sia intervenuto in svariati casi: Lassunzione in posti di lavoro pubblico avviene tramite concorso, come costituzionalmente previsto, ma in due modi diversi: laddove per il posto di lavoro sia richiesta la sola scuola
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dellobbligo, il reclutamento avverr tramite i Centri per limpiego; nel momento in cui, invece, sono richiesti particolari requisiti, si svolger una vera e propria prova di verifica della professionalit (concorsi), adeguata ai criteri di pubblicit ed imparzialit, nonch a meccanismi oggettivi di valutazione e rispetto delle pari opportunit; Nel lavoro pubblico listituto del part-time pu essere realizzato solo su richiesta del lavoratore e concesso dallamministrazione per cui lavora. Qualora residui il 50% della prestazione normale, il lavoratore potr esercitare anche altro lavoro autonomo o subordinato ed essere iscritto ad albi professionali. Lamministrazione pu negare la concessione del part-time in base a proprie esigenze. La riforma del mercato del lavoro attuata tramite il D.Lgs.276/2003 non si applica alle pubbliche amministrazioni; Anche le amministrazioni pubbliche possono avvalersi di tipologie contrattuali di lavoro flessibile, ma essendo state escluse dallapplicazione del D.Lgs.276/2003, non possono utilizzare il contratto a progetto, ma solo e solamente contratti a tempo determinato, contratti di formazione e lavoro, somministrazione a tempo determinato e contratti di collaborazione continuativa e coordinata, e tra laltro solo per esigenze temporanee ed eccezionali; Per ci che concerne il potere disciplinare e la responsabilit del lavoratore, previsto un sistema analogo a quello dellart.7 dello Statuto dei lavoratori, il quale predilige una sorta di patteggiamento secondo il quale, in presenza dellaccordo delle parti, il lavoratore viene sanzionato in misura ridotta rinunciando allimpugnazione delle sanzione stessa. Inoltre le funzioni del collegio di conciliazione e dellarbitrato sono devolute allo specifico collegio di conciliazione per le controversie dei lavoratori pubblici; Per quanto riguarda le mansioni, inoltre, va segnalato come il dipendente debba essere adibito alle mansioni per le quali stato assunto o a mansioni equivalenti, mentre lassegnazione temporanea a mansioni superiori possibile solo per un periodo di 6 mesi per carenza di organico, prorogabile a 12 mesi per sostituire un lavoratore che abbia diritto alla conservazione del posto. Lattribuzione a mansioni superiore, bench dia diritto alla retribuzione superiore per quel periodo, non costituisce presupposto del diritto alla promozione; Va poi analizzato il caso di eccedenze di personale, disciplinato in maniera totalmente diversa rispetto al lavoro privato. I lavoratori in eccedenza, infatti, vengono collocati in disponibilit per un periodo massimo di 24 mesi con retribuzione a carico della stessa amministrazione e pari all80% della retribuzione base, ma a differenza di ci che avviene per la mobilit, la disponibilit non risolve il rapporto di lavoro, in quanto nella maggior parte dei casi il lavoratore verr riutilizzato diversamente con il consenso dello stesso. 4. Ultimo profilo di specialit rinvenibile nella disciplina delle controversie relative al rapporto di lavoro pubblico. Abbiamo gi precisato che tali controversie devono essere, oggi, risolte dal giudice ordinario ed stato reso necessario anche il tentativo di conciliazione. Rimangono di competenza del giudice amministrativo le sole controversie inerenti le assunzioni in seguito a concorso pubblico

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(quelle senza concorso sono competenza del giudice ordinario) e quelle relative ai rapporti non contrattualizzati. Contrattualizzazione del lavoro pubblico ed interessi generali Nonostante per molti aspetti il lavoro pubblico sia stato parificato, in termini di disciplina, a quello privato, trasformandosi cos da rapporto di impiego in contratto di lavoro, permane un collegamento funzionale NECESSARIO tra il rapporto e linteresse istituzionale della pubblica amministrazione allorganizzazione dei propri uffici, che si estrinseca nel potere negoziale per le micro-organizzazioni dei rapporti di lavoro, pertanto simili allorganizzazione del lavoro privato, ma nella natura pubblicistica o istituzionale delle macro-organizzazione inerenti gli atti generali di organizzazione. La potest di autorganizzazione della pubblica amministrazione prevale, quindi, sui connotati privatistici della disciplina del rapporto e dei poteri del datore di lavoro. INTEGRAZIONE APPENDICE DI AGGIORNAMENTO: il Governo Berlusconi entrato in carica nel 2008 ha deciso di riformare nuovamente la disciplina del lavoro pubblico, per rendere la macchina pubblica italiana maggiormente efficiente tramite unopera di risanamento e ristrutturazione. Un primo intervento stato attuato dal D.L.112/2008, con cui si opera una riduzione della spesa pubblica attuando uno specifico piano in tema di reclutamento, di alcuni istituti del rapporto di lavoro e di relazioni sindacali. Anzitutto stato arrestato il turn-over inerente le assunzioni, in quanto le pubbliche amministrazioni devono adeguare lorganico di cui dispongono alle proprie funzioni. Per far fronte allassenteismo, inoltre, stato previsto un nuovo regime di giustificazioni in caso di assenze per malattia, oltre allintensificazione dei controlli ed alla previsione che nei primi 10 giorni di malattia venga corrisposto il solo trattamento economico fondamentale. Altro istituto ad essere toccato dalla riforma stato quello del lavoro part-time pubblico: non pi diritto del lavoratore chiedere la trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale, ma si tratta di una concessione dellamministrazione. Inoltre laccesso allassunzione part-time ora pi agevole per la PA: sebbene per le esigenze ordinarie essa sia tenuta ad assumere a tempo indeterminato, per le esigenze secondarie a carattere temporaneo essa pu, al pari delle imprese private, far ricorso allistituto del lavoro part-time, nonch ad altre forme contrattuali di lavoro flessibile, utilizzando il medesimo lavoratore con pi tipologie contrattuali, sebbene per un limitato periodo di tempo (3 anni in un quinquennio). Anche la materia della cessazione del rapporto di lavoro stata profondamente innovata: E stato introdotto lesonero dal servizio, il quale pu essere richiesto dai lavoratori a cui manchino 5 anni al raggiungimento del 40esimo anno di contribuzione: lamministrazione pu concedere, a sua discrezione, tale esonero, retribuendo per 5 anni il lavoratore al 50% della sua retribuzione economica e garantendogli il 100% di quella contributiva, in modo tale che il lavoratore acceder alla pensione come se avesse lavorato normalmente in quei 5 anni; Sono state apportate modifiche per il trattenimento in servizio: il lavoratore pu farne richiesta un anno prima del compimento dellet massima prevista dal proprio ordinamento; lamministrazione ha la facolt di negare o concedere il trattenimento, salvo il caso di soggetti che non siano ancora in possesso dei requisiti pensionistici;

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Indipendentemente dallet anagrafica, inoltre, la PA pu risolvere il contratto qualora il lavoratore abbia raggiunto i 40 anni di servizio, dando un preavviso di almeno 6 mesi. Si ribadita, inoltre, la responsabilit dei dirigenti per violazione di norme imperative nella costituzione di rapporti di lavoro (che non danno mai vita, nella PA, alla costituzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ma che danno diritto al risarcimento del danno per il lavoratore). La L.15/2009, poi, al fine di migliorare la produttivit del lavoro pubblico e lefficienza, oltre che la trasparenza, delle pp.aa., ha concesso una delega al Governo per intervenire su alcuni aspetti del lavoro pubblico, quali: il sistema delle fonti in materia di lavoro pubblico, per cui stato previsto che la deroga concessa ai contratti collettivi in materia pu operare solo per espressa previsione di legge; la disciplina della dirigenza: il dirigente deve essere indipendente del tutto dalla politica e dai sindacati; deve avere una responsabilit maggiore, rispondendo anche economicamente del proprio operato; deve accedere alla prima fascia dirigenziale tramite concorso. E limitato, inoltre, il ricorso a dirigenti esterni; il miglioramento del sistema di valutazione delle pp.amm, dei loro dirigenti e dipendenti, con lintroduzione di unAutorit indipendente che garantisca trasparenza dei sistemi di valutazione, affidata alla Corte dei conti ed agli stessi cittadini/utenti; il sistema disciplinare, il quale deve mirare al miglioramento dellefficienza dei vari uffici, potenziandone la produttivit e combattendo lassenteismo. Sono state precisate, infatti, alcune tipologie di infrazioni suscettibili di licenziamento. SEZIONE B: RAPPORTI SPECIALI DI LAVORO CARATTERIZZATI DALLA TIPICITA DELLA POSIZIONE DEL DATORE E/O PRESTATORE DI LAVORO Cenni generali Si procede con lanalisi di tutti quei rapporti di lavoro qualificati come speciali non in forza di un interesse pubblico, bens della posizione del datore e/o del prestatore di lavoro. Tuttavia non la semplice diversit normativa a caratterizzare il rapporto di lavoro speciale, in quanto occorre che tale diversit incida su elementi del rapporto di lavoro subordinato tipico (collaborazione, subordinazione, retribuzione) indicato dallart. 2094 c.c., come avviene per il lavoro subordinato a domicilio, per il lavoro sportivo e per diversi altri. Lavoro subordinato a domicilio: definizione e caratteristiche La nozione di lavoratore subordinato a domicilio la ritroviamo allinterno dellart.1 della L.877/1973, dove previsto che si per lavoratore a domicilio si intenda chiunque, con vincolo di subordinazione, nel proprio domicilio o in locale di cui abbia la disponibilit, anche con laiuto di membri familiari conviventi e a carico, ma esclusi apprendisti o manodopera salariata, eserciti un lavoro retribuito per conto di uno o pi imprenditori, utilizzando materie prime ed attrezzature proprie o dello stesso imprenditore. Quindi, anzitutto vediamo come il legislatore abbia voluto evitare la condotta, in passato molto spesso posta in

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essere, di quegli imprenditori che, per sfruttare il lavoro a domicilio, utilizzavano la prestazione di manodopera esterna allazienda, regolando il rapporto come lavoro autonomo o come appalto. Il comma 2 del suddetto articolo precisa, poi, la distinzione tra lavoratore subordinato a domicilio e lavoratore autonomo, prevedendo e sottolineando il vincolo di subordinazione esistente nel primo caso, il quale obbliga il lavoratore ad attenersi alle direttive dellimprenditore nellesecuzione della prestazione. Si tratta, appena il caso di dirlo, di una subordinazione tecnico-funzionale per cui sufficiente attenersi al potere direttivo dellimprenditore, senza esserne alle dirette dipendenze. Ovviamente necessario che il committente, nel caso di cui stiamo trattando, sia un imprenditore, altrimenti si tratta di lavoro autonomo, cos come necessario che lattivit venga svolta in locali direttamente riconducibili al prestatore di lavoro. Nel lavoro subordinato a domicilio si realizza un vero e proprio decentramento dellattivit di impresa, collocando allesterno una parte di essa, sebbene il prestatore, in tal caso, goda di un determinato potere di gestione. Disciplina del lavoro subordinato La prestazione oggetto del contratto di lavoro subordinato a domicilio non pu, in alcun modo, riguardare attivit che comportino limpiego di sostanze nocive o pericolose, cos di fatto escludendo la possibilit di violare le norme di tutela sul posto di lavoro. E vietato, inoltre, affidare lavoro a domicilio per la durata di un anno, a tutte quelle aziende che abbiano disposto licenziamenti, cos salvaguardando limpiego della manodopera nelle imprese. Per quanto riguarda, invece, la durata del lavoro e la retribuzione, essendo inipotizzabile un controllo sulla durata effettiva dellattivit lavorativa, il prestatore di lavoro a domicilio potr essere retribuito solo a cottimo, ossia in funzione del risultato produttivo, ed in nessun caso a tempo. Le tariffe per la retribuzione a cottimo pieno, inoltre, dovranno evincersi dalla contrattazione collettiva di categoria. Particolare la disciplina della concorrenza tra imprenditore e lavoratore: se il primo ha affidato al secondo una quantit di lavoro tale da procurargli una prestazione lavorativa corrispondente allorario normale di lavoro, il secondo non potr in alcun modo entrare in concorrenza con limpresa. Limpiego di lavoratori a domicilio, inoltre, consentito solo previa comunicazione di unapposita richiesta agli organi istituiti dalle Regioni (la materia stata modificata dalla riforma dei servizi per limpiego). Imprenditore e lavoratore, infine, sono tenuti alla conservazione di una documentazione scritta dalla quale si possa evincere, in qualsivoglia momento, loggetto della prestazione, la durata e la retribuzione, nonch (solo per limprenditore) lindividuazione dei prestatori di lavoro subordinato a domicilio. Il lavoro domestico Il lavoro domestico caratterizzato da una prestazione eseguita nellabitazione del datore di lavoro o, per meglio dire, in convivenza con lo stesso. La disciplina contenuta allinterno degli artt.2240 al 2246 c.c. ed allinterno della L.339/1958, che non ha sostituito gli articoli codicistici, in quanto ha ad oggetto solo prestazioni continuative e di almeno 4 ore giornaliere.

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La contrattazione collettiva in materia si avuta solo recentemente, in quanto lart.2068 comma 2 c.c., oggi abrogato, non permetteva alla stessa di disciplinare il lavoro domestico. Contenuto ed oggetto del lavoro domestico sono i medesimi del lavoro subordinato in genere. Va aggiunto che nel calcolo della retribuzione sono inclusi il vitto e lalloggio del prestatore, in quanto convivente con il datore di lavoro, che deve provvedere, in caso di malattia del prestatore, alle cure ed allassistenza medica dello stesso. E esclusa, dato lambito familiare in cui si attua questo tipo di lavoro, la tutela obbligatoria tanto quanto quella reale contro i licenziamenti. Il datore di lavoro deve, al pari delle situazioni generali, garantire il riposo settimanale, nonch quello giornaliero e notturno. Per ci che concerne durata del periodo di prova e ferie, il legislatore attua una distinzione tra lavoratori con mansioni impiegatizie e prestatori dopera manuale, riservando un trattamento di minor favore ai secondi per ci che concerne lindennit di mancato preavviso. Il lavoro sportivo Il lavoro sportivo configura un altro rapporto speciale di lavoro subordinato, allinterno del quale figurano come datore di lavoro una societ sportiva e come prestatore uno sportivo professionista, intendendosi con tale definizione gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi ed i preparatori atletici che esercitano lattivit sportiva a titolo oneroso per un periodo di tempo continuativo nellambito di discipline regolate dal CONI ed avendo conseguito tale qualificazione dalle federazioni sportive nazionali con losservanza di direttive stabilite dal CONI per la differenziazione tra attivit dilettantistica e professionistica. La subordinazione, nel caso di lavoro sportivo, ricorre solo se lattivit sportiva esercitata continuativamente ed il rispetto di uno dei tre requisiti che andiamo adesso ad elencare, presuppone lassenza della subordinazione stessa, configurando il lavoratore come autonomo. I requisiti sono i seguenti: svolgimento dellattivit nellambito di una sola manifestazione o di poche manifestazioni in un breve periodo di tempo; mancanza del vincolo contrattuale di osservanza di sedute di preparazione e allenamento; prestazione continuativa sportiva che non superi le 8 ore settimanali, i 5 giorni mensili o i 30 giorni annuali. I contratti sportivi devono rispettare la forma scritta secondo i contratti tipo predisposti dalle federazioni nazionali mediante accordo triennale; ogni clausola peggiorativa della condizione dellatleta automaticamente sostituita da quella dei contratti-tipo. I contratti individuali devono essere depositati dalla societ stipulante presso la federazione per essere convalidati. Per rispettare, poi, il vincolo di subordinazione, latleta deve essere tenuto allosservanza degli scopi agonistici e delle istruzioni tecniche impartitegli. Non si applica la disciplina limitativa dei licenziamenti individuali. Il contratto pu avere durata massima di 5 anni, rinnovabile alla scadenza. Frequente , inoltre, la cessione del contratto da una societ sportiva ad unaltra prima della scadenza contrattuale, previo consenso dellatleta. E stato, inoltre, abolito il vincolo sportivo, consentendo allo sportivo professionista di recedere unilateralmente dal contratto. Unico vincolo si ha per gli atleti il cui addestramento e la cui formazione tecnica sono stati assicurati da una societ sportiva, che ha il diritto di stipulare con lo stesso il primo contratto professionistico.

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SEZIONE C: I CONTRATTI DI LAVORO CON FINALITA FORMATIVA Origini del contratto di apprendistato Il contratto di apprendistato, dal Codice definito come tirocinio e disciplinato negli artt.2130 al 2134 c.c., risale agli statuti corporativi del Medioevo: gi allepoca, infatti, esisteva lapprendista, colui che, tramite un tirocinio darte o una professione inquadrata nella corporazione, mirava a diventare maestro o socio dellartigiano, per poter esercitare il mestiere. Quindi lapprendistato, per propria definizione, fa in modo che un soggetto impari un mestiere ed acquisisca delle competenze professionali utili nellesercizio della propria attivit e questo ci che per lungo tempo avvenuto, anche in epoca moderna. Infatti giovani bisognosi, col passare del tempo ed attraverso un tirocinio, hanno acquisito una qualifica professionale che gli ha assicurato un posto di lavoro. Con levolversi della societ e lalternarsi dellorganizzazione taylorista e fordista allindustria tecnologica, lapprendistato ha conosciuto un netto periodo di crisi, in quanto la maggior parte delle mansioni sono risultate per diverso tempo troppo elementari e per altrettanto tempo troppo complicate. Oggi non sufficiente un semplice addestramento o tirocinio, ma occorre una formazione professionale adeguata, ecco perch il contratto di apprendistato stato notevolmente rivisto, dopo essere stato utilizzato solo e solamente nellartigianato, mentre la medio grande impresa prediligeva il contratto di formazione e lavoro. Il D.Lgs. 276/2003 ha previsto un nuovo apprendistato, distinto in tre diverse specie, che ha abbracciato anche uno dei tipi del vecchio c.f.l., mentre il secondo tipo si trasformato nel contratto di inserimento, il quale pi che mirare alla formazione di un soggetto, mira alloccupazione di lavoratori appartenenti a fasce deboli. Le tre specie di contratto di apprendistato Abbiamo detto che esistono tre tipologie di apprendistato: 1. Qualificante: serve ad espletare il diritto-dovere di istruzione e formazione, ossia a conseguire una qualifica professionale da parte di soggetti che abbiano compiuto il 15esimo anno di et e pu durare al massimo 3 anni; 2. Professionalizzante: serve ad acquisire una qualificazione attraverso la formazione sul lavoro, ed destinato ai giovani tra i 18 ed i 29 anni. Pu durare da un minimo di 2 anni ad un massimo di 6, anche se la durata stabilita dai contratti collettivi; 3. Specializzante: serve per lacquisizione di titoli di studio secondari ed universitari, nonch di alta formazione o di specializzazione tecnica superiore. E rivolto ai giovani tra i 18 ed i 29 anni. Durata e regolamentazione sono rimesse alle Regioni per quanto concernente la formazione. Fino allemanazione delle leggi regionali, tale disciplina rimessa alla contrattazione collettiva. Profilo causale. Fonti di regolazione del nuovo apprendistato Il vecchio contratto di apprendistato disciplinato allinterno del Codice civile prevedeva che il datore di lavoro si avvalesse della prestazione lavorativa dellapprendista, impartendogli linsegnamento necessario per diventare un lavoratore qualificato e corrispondendogli una retribuzione per il lavoro svolto. La situazione, con il nuovo apprendistato diviso in tre tipologie, non mutata. Si mira sempre alla formazione dellapprendista ed alla sua retribuzione, sebbene la prima funga da obbligazione primaria del
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datore di lavoro. Il problema nella disciplina, in quanto il D.Lgs.276/2003 non ha regolamentato, se non sotto i profili essenziali, la materia. Si ritiene che debba applicarsi la disciplina del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Disciplina contrattuale e del rapporto di lavoro nelle tre specie di apprendistato Il D.Lgs.276 detta una serie di principi valevoli per le tre tipologie di apprendistato. Anzitutto il numero di apprendisti alle dipendenze di un datore di lavoro non pu superare il 100% dei lavoratori qualificati gi dipendenti. Se il datore non ha lavoratori o ne ha meno di tre, potr assumere 3 apprendisti. Inoltre gli apprendisti non possono avere una categoria di inquadramento di oltre 2 livelli inferiore rispetto ai lavoratori addetti a mansioni che richiedono le qualificazioni che lapprendista raggiunger al termine della formazione. Sono previsti degli incentivi di carattere normativo ed economico a favore di imprese che accoglieranno apprendisti al proprio interno. Il decreto in questione, inoltra, fissa dei principi comuni per ci che riguarda lapprendistato qualificante e quello professionalizzante, lasciando escluso e privo di disciplina il terzo tipo, quello specializzante. Per i primi due previsto che il contratto rispetti la forma scritta ad substantiam e che contenga la prestazione lavorativa oggetto dello stesso contratto ed un piano di formazione individuale per il soggetto con individuazione della relativa qualifica. Lapprendista, inoltre, deve essere retribuito a tempo e non a cottimo. Il datore di lavoro, al termine dellapprendistato pu liberamente recedere dal contratto, dandone preavviso, mentre in costanza del rapporto non pu recedere se non per giusta causa o giustificato motivo. I periodi di apprendistato del primo tipo possono sommarsi a quelli del secondo tipo per il raggiungimento dellobiettivo formativo del secondo, ossia per il riconoscimento di una qualifica professionale. Formazione professionale nelle 3 forme di apprendistato Spetta alle leggi regionali stabilire la disciplina relativa ai tre tipi di apprendistato. Se, per, per quanto concerne il terzo tipo non vi alcun vincolo previsto dal decreto 276, per il primo e secondo tipo di apprendistato sono previsti dei criteri direttivi, che limitano loperato delle Regioni. Uno di questi limiti costituito da un tetto di ore minimo di formazione esterna o interna allazienda, congruo al raggiungimento della qualifica (per lapprendistato del secondo tipo deve essere di almeno 120 ore annue). Per entrambe le forme di apprendistato, inoltre, lapprendista ha diritto a conseguire la qualifica professionale inerentemente al percorso di formazione interna o esterna allimpresa, la quale deve essere registrata su un libretto formativo. Lapprendista deve essere affidato ad un tutor aziendale che abbia competenze adeguate. La materia, comunque, resta di competenza concorrente tra Stato e Regioni. INTEGRAZIONE APPENDICE DI AGGIORNAMENTO: La L.133/2008 di conversione del D.L.112/2008, sulla scorta di un precedente Protocollo tra Governo e Parti sociali del 2007, ha modificato la materia dellapprendistato del secondo (professionalizzante) e del terzo tipo (specializzante), lasciando inutillizabile il primo.

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Per lapprendistato professionalizzante stato prevista la soppressione della durata minima di 2 anni, lasciando inalterata la durata massima di 6 e rimettendo alla contrattazione collettiva la decisione circa la durata dello stesso. Sotto il profilo della formazione stato introdotto un canale parallelo di formazione interamente previsto dalla contrattazione collettiva, con lesclusione della competenza regionale. Per lapprendistato specializzante stato previsto che esso possa essere utilizzato per conseguire il titolo di dottore di ricerca in ambito universitario. Tale tipologia di apprendistato, inoltre, tramite una convenzione tra Universit e datore di lavoro, pu operare anche in assenza di regolamentazioni regionali. Infine stata estesa anche allapprendistato specializzante la disciplina di quello professionalizzante per ci che concerne gli incentivi ed i principi disciplinanti (forma scritta, compenso NON a cottimo ecc). Inoltre la nuova disciplina ha abrogato, a grandi linee, gran parte della vecchia inerente lapprendistato (visita sanitaria preassuntiva degli apprendisti, informativa semestrale alla famiglia, comunicazione alla Regione degli apprendisti e dei relativi tutori aziendali per la formazione esterna). Contratto dinserimento. Progetto individuale dinserimento Il D.Lgs.276 disciplina il contratto di inserimento, un nuovo tipo di contratto che, tramite ladattamento delle competenze professionali del lavoratore ad un determinato contesto lavorativo, mira a favorire linserimento di lavoratori appartenenti alle c.d. fasce deboli del mercato. Anche qui si ha una finalit formativa, su cui per preponderante linserimento del lavoratore. Per quanto riguarda i lavoratori, possono accedere alla stipulazione di un contratto dinserimento: Giovani di et compresa tra i 18 ed i 29 anni; Disoccupati di lunga durata di et compresa tra i 29 ed i 32 anni; Lavoratori con pi di 50 anni di et privi di posto di lavoro; Donne di qualsiasi et appartenenti ad aree geografiche il cui tasso di occupazione femminile sia inferiore del 20% rispetto a quello maschile, o il cui tasso di disoccupazione femminile sia superiore del 10% rispetto a quello maschile; Lavoratori che vogliono riprendere lattivit lavorativa e che non lavorino da almeno 2 anni; Soggetti affetti da grave handicap fisico, psichico o mentale. Per ci che concerne i datori di lavoro, invece, possono stipulare il contratto dinserimento: Enti pubblici economici; Imprese e consorzi; Gruppi di imprese; Associazioni professionali, sportive e socio-culturali; Fondazioni; Enti di ricerca pubblici e privati;
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Organizzazioni ed associazioni di categoria. Sono esclusi i datori di lavoro che non abbiano mantenuto in servizio almeno il 60% dei lavoratori il cui contratto di inserimento sia scaduto nei 18 mesi precedenti, salvo che si tratti di un solo contratto scaduto. Per la validit del contratto il datore di lavoro deve aver predisposto, daccordo con il lavoratore, un progetto di inserimento individuale. I piani individuali possono scaturire, anche, da contratti collettivi nazionali o territoriali. La formazione eventualmente maturata deve essere registrata sul libretto formativo. Disciplina del contratto dinserimento e del rapporto di lavoro. Incentivi economici Per il contratto dinserimento prevista la forma scritta ad substantiam, oltre alla previsione del piano individuale dinserimento: in mancanza dellosservanza di queste regole, il lavoratore si considera assunto a tempo indeterminato. Il contratto stesso non pu avere durata inferiore ai 9 mesi e superiore ai 18 (36 per portatori di handicap). Il rinnovo del contratto vietato, ma concessa la proroga di altri 18 mesi (36 per i portatori di handicap). Si applica la disciplina del contratto a tempo determinato cos come prevista dal D.Lgs.368/2001, salvo che i contratti collettivi non stabiliscano diversamente. Analogamente a quanto previsto per lapprendistato, il lavoratore, durante il rapporto, non pu avere una categoria dinquadramento inferiore di pi di due livelli a quella dei lavoratori regolarmente assunti le cui mansioni corrispondano alla qualifica che il lavoratore vuole conseguire. I lavoratori assunti con contratto dinserimento non possono essere computati nei limiti numerici previsti da leggi o contratti collettivi per lapplicazione di determinate normative. Inoltre i datori di lavoro hanno diritto ad incentivi economici per la stipulazione di contratti dinserimento, che perdono in caso di gravi inadempienze nella realizzazione del progetto individuale di inserimento. Il contratto di formazione e lavoro (c.f.l.) Il contratto di formazione e lavoro stato totalmente vietato, allinterno del settore privato, dalla riforma del mercato del lavoro del 2003. Tuttavia, essendo ancora possibile stipularlo da parte delle pubbliche amministrazioni, doverosa una trattazione dellargomento, ricordando che la riforma suddetta non ha riguardato il settore pubblico. Con il c.f.l. possono essere assunti lavoratori tra i 16 ed i 32 anni ed esistono due tipologie di c.f.l.: una destinata allacquisizione di professionalit intermedie o elevate, nella quale prevale una finalit formativa, laltra volta ad agevolare linserimento professionale del giovane dopo un adeguamento delle proprie capacit professionali, in cui prevale appunto linserimento occupazionale. Come possiamo notare, la prima tipologia di c.f.l. assomiglia allapprendistato, mentre la seconda quasi identica al contratto di inserimento. Il c.f.l. di primo tipo pu avere durata massima di 24 mesi, mentre quello di secondo tipo pu durare 12 mesi. Inoltre le amministrazioni interessate devono predisporre un progetto formativo (un po come avviene per linserimento), da sottoporsi allapprovazione preventiva di competenti organi individuati dalle regioni, salvo che il progetto non sia conforme a quanto previsto dallautonomia collettiva.
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Anche in caso di c.f.l. vi sono, poi, dei tetti orari di formazione teorica oltre allattivit lavorativa: 20 ore per la seconda tipologia ed 80 e 130 per la prima. Il contratto di formazione e lavoro deve essere stipulato in forma scritta ad substantiam e copia del contratto deve essere consegnata al lavoratore. La disciplina contrattuale quella del rapporto di lavoro subordinato in generale, almeno per le parti non derogate da leggi speciali. Alle amministrazioni pubbliche che stipulano questo tipo di contratti vengono garantiti incentivi economici, consistenti in una ridotta contribuzione previdenziale, che la Commissione Europea ha ritenuto, in alcuni casi, configurare lipotesi di aiuti di Stato alle imprese, pertanto vietati. Ecco perch il c.f.l. stato vietato per quanto concerne il settore privato.

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CAPITOLO DECIMO TUTELA DEL LAVORATORE NEL MERCATO DEL LAVORO


Tutela del lavoratore nel mercato del lavoro: diritto al lavoro Lart.4 della Costituzione italiana del 1948 sancisce il diritto al lavoro di qualsiasi cittadino, sottolineandone limportanza, al comma 2, anche dal punto di vista del dovere. Il diritto al lavoro contempera due interessi diversi: quello del cittadino a poter accedere ad unattivit lavorativa tramite la quale esprimere le proprie capacit e quella del soggetto a poter percepire, in cambio proprio dellattivit lavorativa, una retribuzione che funga da mezzo di sostentamento dellindividuo. Se, infatti, il lavoratore visto come appartenente ad una categoria socialmente sottoprotetta e parte debole a livello contrattuale gi allinterno del rapporto di lavoro, dal punto di vista sociale il singolo soggetto bisognoso di unattivit lavorativa di per s debole, in quanto necessita di unattivit lavorativa per poter ricavare un reddito. Da un diverso punto di vista, lart.41 comma 1 della Costituzione garantisce la libert diniziativa economica privata (vincolata alla sicurezza, libert e dignit della persona, nonch allutilit sociale), la quale esprime la possibilit del soggetto di poter esercitare unattivit dimpresa. La tutela del diritto al lavoro si scontra obbligatoriamente con le decisioni economiche delle imprese: per questo motivo la disciplina del mercato del lavoro deve regolare le relazioni di interdipendenza tra DOMANDA ed OFFERTA. Ruolo preminente, in tal senso, assume lattivit dei pubblici poteri, i quali devono garantire da un lato politiche economiche volte a far crescere le attivit e gli investimenti produttivi, e dallaltro devono combattere la disoccupazione. Questultima, tra laltro, determina non solo la perdita del reddito, ma anche lesclusione sociale di tutti coloro che ne sono colpiti, ed per tal motivo che contro la disoccupazione si mossa anche lUnione Europea, promuovendo lo sviluppo del livello occupazione come proprio obiettivo e cercando di garantire, tramite larmonizzazione delle legislazioni degli Stati membri, un sistema europeo in grado di accogliere i lavoratori di qualsiasi cittadinanza. SEZIONE A: I SERVIZI ALLIMPIEGO Le origini dellistituto del collocamento Ruolo preminente, tra i servizi allimpiego, spetta sicuramente allistituto del collocamento, per mezzo del quale si realizza un primo incontro tra domanda ed offerta nel mercato di lavoro, antecedente allinstaurazione dei vari rapporti lavorativi. Con esso il legislatore mira a contrastare tanto la disoccupazione strutturale, quanto quella frizionale, ossia derivata dallandamento ciclico delleconomia. Nel periodo corporativo le leggi del tempo introdussero il monopolio pubblico del collocamento: nessun intermediario privato avrebbe potuto fungere da tramite tra domanda ed offerta. Tale principio, tra laltro, stato mantenuto anche allinterno della prima legge successiva alla caduta del sistema corporativo, la L.264/1949, la quale ha previsto che il collocamento vada a realizzare lequa ripartizione delle occasioni di lavoro mediante la c.d. richiesta numerica: le imprese indicano di quanto personale e di quali categorie necessitano, mentre il collocamento ad occuparsi dellavviamento della forza lavoro. Dal controllo pubblico sullincontro tra domanda ed offerta di lavoro alle politiche attive per loccupazione Durante il periodo del boom economico italiano, avvenuto tra gli anni 50 e 60 del secolo scorso, e soprattutto in seguito ad esso, la disciplina dei servizi per limpiego risultata sempre pi insufficiente e
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carente. Occorreva trasformare la semplice struttura amministrativa in una vera e propria attivit per garantire lincontro tra domanda ed offerta. Il collocamento, rimasto dattualit solo nellarea delle assunzioni obbligatorie, si dimostrato insufficiente per realizzare un sempre crescente impiego e per tal motivo si trasformato, nel corso del tempo, in un sistema integrato di servizi per favorire la crescita del livello occupazionale: in un primo momento si passati dalla richiesta numerica alla richiesta nominativa (le imprese indicavano il nome del lavoratore da assumere) ed in seguito addirittura allassunzione diretta, svuotando di significato lo stesso collocamento. Inoltre questultimo ha perso il carattere monopolistico che aveva in precedenza, per lasciar spazio ad operatori privati con identico ruolo dintermediazione nel mercato del lavoro. Sono nati, proprio per attuare una politica attiva della manodopera, sistemi formativi per garantire che le imprese trovino lavoratori professionalmente pronti per essere impiegati nella forza lavoro. Riforma del mercato del lavoro operata dal decentramento amministrativo La normativa in materia di servizi per limpiego stata ampiamente modificata in seguito alla riforma del titolo V della Costituzione avvenuta nel 2001. Prima di essa, tuttavia, nel 1997 si era attuato un sistema decentrato, con lattribuzione alle Regioni di un notevole numero di competenze, in sostituzione di un sistema centralizzato non pi in grado di rispondere alle esigenze ed allevoluzione del mercato del lavoro. Il decentramento amministrativo ha previsto la costituzione, a livello provinciale, di Centri per limpiego, in sostituzione dei precedenti uffici del collocamento, ed ha soppresso la Commissione centrale per limpiego, sostituendola con la Conferenza Stato-Regioni per i relativi compiti. Molte introduzioni a livello regionale attuate dal decentramento, inoltre, sono state col tempo dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale, in quanto configgenti con lautonomia delle Regioni, gi riconosciuta in determinate materie prima della riforma costituzionale del 2001. Unimportante innovazione stata costituita dal Servizio Informativo Lavoro (SIL), il quale ha posto in essere una rete di governo del mercato del lavoro, introducendo una sezione anagrafica nella quale iscrivere i lavoratori in cerca di occupazione, con le relative schede professionali, in modo tale da garantire tanto agli intermediari quanto alle aziende un database a loro disposizione. La riforma costituzionale La L.Cost.3/2001, la quale ha riformato il Titolo V della seconda parte della Costituzione, ha continuato nellopera di decentramento attuata in precedenza, facendo rientrare la materia di tutela e sicurezza del lavoro, e quindi anche la disciplina dei servizi allimpiego, nella competenza concorrente tra Stato e Regioni, laddove previsto che lo Stato fissi i principi fondamentali e la Regione, attenendosi ad essi, disciplini la materia nel dettaglio. Questa previsione ha permesso alle Regioni di attuare un decentramento dei servizi e degli uffici, dapprima impossibile, introducendo anche strumenti di formazione utili per la preparazione dei lavoratori ad operare nelle imprese.

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Disciplina dei servizi per limpiego. Le politiche sociali comunitarie. Le discipline normative contenute nel provvedimento di decentramento amministrativo e di riforma costituzionale, hanno portato allabrogazione delle norme contenute nella legge del 1949 sul collocamento, oggi non pi visto come struttura di regolazione dellincontro tra domanda e offerta, ma come servizio per limpiego. Lunico operatore monopolistico del collocamento, stato sostituito dalle agenzie per il lavoro, operatori privati che si occupano di gestire il mercato del lavoro, iscritti in appositi albi ed a cui imposto il divieto di percepire compensi dal lavoratore che vanno ad aiutare, salvo specifici casi (lavoratori altamente professionalizzati e specifici servizi). Il D.Lgs.276 ha previsto 5 tipi di agenzie per il lavoro: Agenzie di somministrazione del lavoro, adibite a svolgere i compiti previsti dallart.20; Agenzie di somministrazione a tempo indeterminato, adibite a svolgere una sola funzione prevista dallart.20; Agenzie di intermediazione; Agenzie di ricerca e selezione del personale; Agenzie di supporto alla ricollocazione del personale. Le agenzie di somministrazione del lavoro possono svolgere anche attivit di intermediazione, di ricerca e selezione del personale e di supporto alla ricollocazione dello stesso. Le agenzie di intermediazione possono svolgere anche attivit di ricerca e selezione, nonch di ricollocazione del personale. Le agenzie che percepiscano compensi dai lavoratori, in cambio dei propri servizi, sono soggette a sanzione penale ed a cancellazione dallalbo. Anche altri soggetti possono affiancarsi alle agenzie: universit pubbliche e private, associazioni di datori di lavoro e lavoratori pi rappresentative che stipulino contratti collettivi, associazioni nazionali di tutela ed assistenza degli imprenditori, del lavoro e della disabilit, cos come le camere di commercio, i comuni, le scuole medie superiori, fondazioni volte a tal scopo. Le competenze provinciali sono rimaste intatte cos come previsto dal D.Lgs.469/1997, ritenute dalla Corte costituzionale legittime purch operanti in continuit con le regioni. E stata istituita, inoltre, la Borsa continua nazionale del lavoro, un sistema aperto di incontro tra domanda ed offerta di lavoro, a cui possono accedere tanto imprenditori quanto lavoratori in cerca di occupazione o di un cambio di occupazione. Esso stato affiancato al SIL e la diffusione dei dati immessi deve essere autorizzata dai soggetti che vi accedono. Inoltre, stato ribadito dal D.Lgs.276/2003 il principio di non discriminazione nelleffettuare indagini, trattamento di dati o preselezione di lavorato: queste operazioni, infatti, non possono essere svolte sulla base di discriminazioni di qualsivoglia genere, se non nel caso di attivit lavorativa per cui sia necessaria una determinata situazione (religiosa, culturale o di altro tipo). I Centri per limpiego istituiti presso le Province hanno oggi il mero ruolo di accertamento dello stato di occupazione/disoccupazione, utile per lerogazione di sussidi.
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Quindi, nellottica delle modificazioni apportate dai vari interventi legislativi, il disoccupato deve assumere un atteggiamento attivo nella ricerca di un lavoro, onde evitare di permanere nel suo stato di inattivit. Lo stato di disoccupazione viene meno nel momento in cui il soggetto inizia a lavorare o non si presenti, senza giustificato motivo, ad una convocazione del Centro per limpiego oppure rifiuti una congrua offerta di lavoro nellambito del bacino territoriale di appartenenza. Sui datori di lavoro grava, poi, lobbligo di comunicazione ai Centri per limpiego in caso di modificazione delle originarie condizioni di assunzione di un lavoratore, per sopravvenute modifiche contrattuali. Il servizio offerto dalle amministrazioni locali, quindi, si configura come un servizio pubblico a sostegno delloccupazione, in concorrenza con quello offerto dai privati ed in base alle discipline regionali che si vanno moltiplicando in materia. Il problema dellarresto della crescita occupazionale riguarda tutta lUnione Europea, il che ha giustificato linserimento, da parte del Trattato di Amsterdam, del raggiungimento di un elevato livello occupazionale e di protezione sociale da parte, allinterno degli obiettivi dellUE previsti nellart.2 TUE. INTEGRAZIONE APPENDICE DI AGGIORNAMENTO: gi allinterno del testo, al di l dellappendice, si avuto modo di precisare che il datore di lavoro obbligato, nella maggior parte dei rapporti lavorativi (subordinati o autonomi in forma coordinata e continuativa, anche a progetto o nel caso di socio lavoratore di cooperativa e di associato in partecipazione con apporto lavorativo), a dare comunicazione dellinstaurazione di un rapporto lavorativo un giorno prima della stessa al Servizio per limpiego competente a livello territoriale. Inoltre ogni datore di lavoro era obbligato a tenere il libro paga ed il libro matricola, unificati dal D.L.112/2008 (convertito con L.133/2008) allinterno del LIBRO UNICO, il quale deve contenere informazioni retributive, previdenziali, fiscali ed assicurative di tutti i lavoratori. Sono obbligati ad averlo tutti i datori di lavoro privati, ad eccezione di quelli domestici, ed allinterno dello stesso vanno iscritti tutti i lavoratori subordinati, anche a domicilio, i collaboratori continuativi e coordinati, anche quelli a progetto, nonch gli associati in partecipazione con apporto di lavoro, anche misto. Solo collaboratori di imprese familiari, coadiuvanti di imprese commerciali e soci lavoratori di attivit commerciale e di imprese in forma societaria sono esclusi. Il libro pu essere conservato presso la sede legale dellimpresa, presso lo studio del consulente del lavoro o presso le associazioni di categorie delle imprese artigiane e delle piccole imprese. Va precisato che i rapporti di lavoro devono rientrare nellambito della legalit ed il legislatore, infatti, si scagliato contro il lavoro in nero, ossia contro il lavoro esercitato da quei soggetti che non risultano da alcuna scrittura o da altra documentazione obbligatoria. Per i datori di lavoro che si avvalgono del lavoro in nero prevista una sanzione amministrativa da 1500,00 sino a 12.000 per ciascun lavoratore, maggiorata di 150,00 per ogni giornata di lavoro effettivo e comminata dalla Direzione provinciale del lavoro. E prevista, inoltre, la sospensione dellattivit dimpresa in caso di reiterate violazioni o nel caso in cui si riscontri che il 20% almeno del totale dei lavoratori sia a nero. Collocamento in agricoltura. Collocamenti speciali. Lavoratori italiani disponibili a lavorare in Paesi extra-comunitari e lavoratori extra-comunitari La riforma del mercato del lavoro ha riguardato, oltre al collocamento ordinario, anche il collocamento in agricoltura, nonch i collocamenti speciali dapprima previsti. In tema di agricoltura, infatti, il collocamento
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concepito come incontro tra la domanda e lofferta, aveva fallito nel proprio compito, specie con riferimento alle regioni meridionali. Sono stati, pertanto, soppressi gli uffici del Ministero del lavoro per il collocamento in agricoltura, le cui competenze sono passate ai Centri per limpiego e la cui disciplina deve essere emanata dalle Regioni. Anche gli altri sistemi di collocamento speciale sono venuti meno o comunque sono stati ricondotti alla disciplina delle Regioni: lavoratori dello spettacolo e lavoratori a domicilio. Presso le regioni, tuttavia, vi sono delle speciali liste per ci che concerne i lavoratori italiani disposti a svolgere la propria attivit allestero in Paesi extra-comunitari, a cui continua ad applicarsi una disciplina speciale. Per ci che riguarda, al contrario, i lavoratori extra-comunitari nel nostro Paese, previsto un controllo dei flussi migratori tramite la previsione annuale del Governo delle quote massime di stranieri che possono lavorare nel nostro Paese, tenuto conto delle quote-flussi, misure di protezione temporanea volte ad occupare pi lavoratori italiani. Inoltre il cittadino extra-comunitario che voglia lavorare allinterno dello Stato italiano necessita di un contratto di soggiorno per lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato, o per lavoro stagionale: in tale contratto previsto che il datore di lavoro si faccia garante della disponibilit di un alloggio, che deve rispettare determinati standard, per il lavoratore, nonch delle spese per il ritorno del lavoratore nel Paese dorigine. Unintegrazione socio-economica , invece, prevista per i lavoratori regolarmente immigrati, nei confronti dei quali non si deve applicare alcuna discriminazione. SEZIONE B: IL COLLOCAMENTO DEI DISABILI Dal collocamento obbligatorio al collocamento mirato dei disabili La disciplina del collocamento originaria, bench agevolasse lincontro tra domanda ed offerta, non vincolava, per la generalit dei lavoratori, lautonomi privata dei datori di lavoro in alcun modo. Per gli invalidi di guerra, ed in seguito per un numero sempre crescente di categorie di disabili, era prevista, invece, unulteriore tutela, dovuta alla pi ampia debolezza sociale e contrattuale dei soggetti in questione. Era posto a carico dei datori di lavoro lobbligo a contrarre nei confronti di queste categorie in cambio di agevolazioni di vario tipo: il datore di lavoro che non avesse ottemperato a tale obbligo sarebbe andato incontro a sanzioni amministrative e per la PA anche penali. La disciplina stata modificata dalla L.68/1999, la quale prevede un sistema di sostegno e collocamento mirato dei disabili coordinato con il sistema dei servizi allimpiego: sono le Regioni a doversi occupare dellintera disciplina in materia, prevedendo anche dei nuovi servizi per limpiego che vadano a sostituire le vecchie commissioni provinciali per il collocamento obbligatorio. Inserimento al lavoro dei disabili Rientrano nella disciplina della L.68/1999 le persone disabili, una volta accertata la propria situazione di disabilit, secondo criteri stabiliti dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, la quale deve stabilire anche come effettuare il controllo di permanenza di tale stato invalidante.

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I datori di lavoro pubblici e privati che abbiano alle proprie dipendenze pi di 15 dipendenti, devono impiegare anche un numero variabile di disabili: 1 disabile se occupano dai 15 ai 35 dipendenti, 2 disabili se occupano dai 36 ai 50 dipendenti, il 7% dei lavoratori impiegati se occupano pi di 50 dipendenti. In queste quote, definite come quote di riserva, non rientrano i lavoratori gi dipendenti divenuti inabili con una riduzione della capacit lavorativa di almeno il 60% qualora tale inabilit sia dovuta a malattia o infortunio o, comunque, quando linabilit sia dovuta allinottemperanza delle regole di sicurezza sul lavoro da parte dellimprenditore. Non sono, inoltre, computabili nelle quote di riserva i lavoratori a tempo determinato assunti per un periodo inferiore a 9 mesi, i disabili gi occupati dal datore di lavoro ed i dirigenti, nonch gli apprendisti e coloro assunti con contratto dinserimento o di formazione e lavoro nel caso di PA. Tra laltro sono esclusi dallassumere disabili le agenzie di somministrazione ed alcuni soggetti (partiti politici e sindacati) per cui lobbligo non eliminato, ma temperato. E sospeso, ovviamente, tale obbligo per le imprese per cui in corso la CIG o una procedura di mobilit. Sulla base di unapposita richiesta, i datori di lavoro possono ripartire i lavoratori disabili tra pi unit produttive, oppure chiedere lesonero parziale in quanto impossibilitati ad assumere, pagando un piccolo contributo per ogni disabile non occupato. Presso i Centri per limpiego si trovano appositi elenchi di disoccupati disabili da poter impiegare ed il Ministero del lavoro pretende, entro determinati periodi, che i datori di lavoro presentino dei prospetti dai quali si evinca quanti lavoratori disabili sono occupati, nonch i posti di lavoro disponibili per gli stessi. Se la quota dobbligo di unimpresa risulti scoperta, entro 60 giorni il datore di lavoro deve presentare, al Centro per limpiego di riferimento, una richiesta di avviamento del disabile, tramite richiesta nominativa e numerica per i privati, solo numerica per la PA. Le imprese, anche qualora non siano vincolate ed obbligate, possono stipulare delle convenzioni per linserimento dei lavoratori disabili, in cambio di agevolazioni di vario genere. Oltre che con lassunzione del disabile, il datore di lavoro pu coprire la propria quota dobbligo tramite una commessa di lavoro a favore di una cooperativa sociale. INTEGRAZIONE APPENDICE DI AGGIORNAMENTO: la disciplina dellinserimento al lavoro dei disabili ha subito alcune modificazione che meritano di essere evidenziate. La L.247/1997 ha previsto che per le convenzioni di inserimento lavorativo temporaneo con finalit formativa, si instauri un rapporto trilaterale tra imprenditore obbligato allassunzione, soggetti ospitanti (per tali intendendosi le cooperative sociali di tipo b) o imprese sociali e disabile: il datore di lavoro/imprenditore affida delle commesse ai soggetti ospitanti che faranno lavorare il disabile e contestualmente questultimo viene assunto dallimprenditore, cos risultando nella quota di riserva. Diverso il caso delle convenzioni di inserimento lavorativo definitivo, allinterno delle quali sussiste sempre il rapporto trilaterale, ma il disabile viene assunto dai destinatari, non dagli imprenditori obbligati, che si limitano a conferire le commesse ai destinatari ( possibile solo in caso di imprese con pi di 50 dipendenti e nel limite del 10% della quota di riserva, nonch per un periodo massimo di 3 anni, rinnovabile una sola volta per altri 2, al termine del quale il datore pu chiedere il rinnovo o assumere il lavoratore disabile). La L.247/1997 ha poi previsto che siano le Regioni e le Province autonome a stabilire
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gli incentivi a favore di imprese che adoperino disabili. Tutte le modifiche della L.247/1997 sono state apportate alla L.68/1999, di cui abbiamo parlato. Tutela del disabile nel rapporto di lavoro Nei confronti del lavoratore disabile assunto obbligatoriamente non devono essere poste in essere condotte discriminatorie, in quanto egli ha diritto al trattamento retributivo e normativo disposto dalle leggi e dai contratti collettivi, oltre a non poter essere impiegato in modo incompatibile con la propria disabilit. Qualora la disabilit di un soggetto si aggravi, egli ha diritto alla sospensione non retribuita del rapporto di lavoro fino a che laggravamento persiste. Tuttavia se laggravamento, ovviamente accertato da apposite commissioni, si presenta come definito, il datore di lavoro pu ottenere la risoluzione del rapporto, tramite esercizio del diritto di recesso, ossia per mezzo di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Il disabile, inoltre, pu essere licenziato anche per giusta causa o giustificato motivo al pari di ogni altro lavoratore che non attenga alla sua condizione personale di inabilit, o anche per riduzione del personale, sempre che non si leda la quota di riserva, in quanto in tal caso il licenziamento annullabile. Comunque il datore di lavoro dovr sostituirlo con altro disabile. La Corte costituzionale, tra laltro, prima dellemanazione della L.68/1999 aveva previsto che lassunzione obbligatoria prevista a favore dei disabili non anticostituzionale, in quanto garantisce losservanza dellart.38 comma 3 della Costituzione, secondo cui gli inabili ed i minorati hanno diritto alleducazione ed allavviamento professionale. SEZIONE C: FORMAZIONE PROFESSIONALE Formazione professionale e trasformazioni economiche. Lalternanza scuola-lavoro La misura di politica attiva del lavoro sicuramente pi idonea a garantire lincremento delloccupabilit e quindi un crescente numero della forza lavoro qualificata offerta dalla formazione professionale, intesa come linsieme di interventi finalizzati ad agevolare lingresso, il reingresso e la permanenza nel mercato del lavoro, in quanto la sempre maggiore evoluzione tecnologica e la conoscenza di essa non permette solo ai disoccupati di accedere a nuove attivit lavorative, ma anche ai gi occupati di mantenere il proprio posto di lavoro senza che limprenditore necessiti di nuovo personale maggiormente qualificato. Inoltre la crisi del contratto di lavoro a tempo indeterminato e lagevolazione, consecutiva, di forme di lavoro subordinato flessibili (o atipiche) ha permesso il moltiplicarsi di offerte di lavoro diversificate, in cui richiesta, volta per volta, una formazione professionale diversa. La materia della formazione professionale , in forza dellart.117 della Costituzione dopo la riforma del 2001, di competenza esclusiva delle regioni: ci significa che solo a tali enti territoriali, e non pi al sistema centralizzato dello Stato, permesso intervenire in materia, salvo casi eccezionali di mancanze da parte delle Regioni. Tra laltro la stessa Unione Europea ha posto la formazione professionale tra i propri obiettivi per garantire un livello crescente di occupazione, allinterno di un sistema in cui il mercato del lavoro sembra in crisi continua.

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Tra laltro la formazione professionale deve sposarsi anche con listruzione obbligatoria prevista dalla legge, innalzata di recente al compimento del diciottesimo anno di et. Tuttavia pu essere prevista una forma di alternanza tra istruzione e formazione professionale, dettata da unorganizzazione del sistema: le scuole medie superiori possono prevedere lavvicendarsi di orari scolastici e periodi di apprendimento in situazioni lavorative. Inserimento dei giovani nel mondo del lavoro: gli stages in azienda Il legislatore ha previsto la possibilit, per garantire linserimento dei giovani nel mondo del lavoro, di poter realizzare unalternanza tra tirocini formativi e studio scolastico allinterno delle scuole superiori. Oltre a questo, per, stata prevista la possibilit, anche per coloro che abbiano gi assolto lobbligo scolastico, di poter effettuare degli stages di orientamento e preparazione allinterno di aziende, affiancati da un tutor preparato e competente: questo strumento permetterebbe ai giovani non solo di entrare in contatto col vero mondo del lavoro, ma anche di avere una maggiore conoscenza delle scelte professionali alle quali potrebbero andare incontro.

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CAPITOLO UNDICESIMO - LA DISCIPLINA DELLA DOMANDA DI LAVORO C.D. FLESSIBILE


Dalla legislazione antifraudolenta alla flessibilit controllata Per lungo tempo, nonostante le pressioni provenienti dal mercato e dalle imprese, il legislatore italiano ha ritenuto opportuno imporre una legislazione antifraudolenta in difesa del lavoratore, assicurando allo stesso continuit e stabilit delloccupazione. A partire dagli anni 70, tuttavia, si assistito ad un ampliamento delle ipotesi in cui consentita la stipulazione di contratti a tempo determinato, consentendo alla contrattazione collettiva di allentare i limiti imposti alla flessibilizzazione. Nel 1997, con la disciplina del lavoro temporaneo o interinale, dando luogo a forme di flessibilit controllata e negoziata, si assistito ad unaltra tappa della graduale liberalizzazione del ricorso a forme di lavoro flessibile. Nel 2001, poi, stata emanata una disciplina legislativa che permette le assunzioni a tempo determinato per ragioni oggettive e nel 2003, il gi pi volte citato D.Lgs.276, ha disciplinato nuovamente il lavoro interinale, definito ora come somministrazione di lavoro, rendendo la disciplina meno vincolistica per le imprese. Ovviamente tutti questi interventi normativi hanno reso la sicurezza di un posto sicuro sempre pi lontana dalle aspettative di un giovane che si affaccia sul mondo del lavoro. SEZIONE A: CONTRATTO DI LAVORO A TEMPO DETERMINATO Evoluzione della disciplina legislativa a partire dal codice civile Il contratto di lavoro a tempo determinato caratterizzato dallapposizione di un termine di scadenza del rapporto di lavoro fissato dalle parti o comunque sui cui le parti sono daccordo, il quale si conclude in quel momento senza necessit di alcuna dichiarazione. Il codice civile, allinterno dellart.2097 c.c., guardava con sfavore a tale tipo di contratto, vedendolo in sostanza come potenzialmente fraudolento e teso ad eludere le norme in materia di contratto a tempo indeterminato. Per tale motivo, larticolo prevedeva che, nel caso in cui non fosse stata rispettata la forma scritta ad substantiam o nel caso in cui si fosse dimostrata lintenzione fraudolenta del datore di lavoro, il contratto sarebbe stato considerato come a tempo INDETERMINATO. Ovviamente lonere di dimostrazione gravava in capo al lavoratore, per il quale sarebbe stato abbastanza difficile dimostrare una tale volont da parte del datore di lavoro. Per tal motivo il legislatore ha emanato la L.230/1962, con la quale non solo ha abrogato lart.2097 c.c., ma ha riformato lintera materia, guardando al contratto di lavoro a tempo determinato come unipotesi di eccezionalit nei casi espressamente previsti dalla legge o nel caso di dirigenti, e prevedendo un forte sistema sanzionatorio. La normativa stata sostituita dal D.Lgs.368/2001, che ha attuato, anche in forza di previsioni di matrice europea, una liberalizzazione controllata della materia, mutando il proprio indirizzo politico originario. Direttiva europea e nuova disciplina del D.Lgs.368/2001. Requisiti per lapposizione del termine; forma e onere di prova In attuazione della Direttiva comunitaria 99/70, contenente laccordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso tra le organizzazioni sindacali a livello comunitario, il Governo italiano ha emanato il D.Lgs.368/2001, che ha riformato la disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato, abrogando totalmente la L.230/1962 e le norme ad essa collegate, fatta eccezione per le ipotesi di assunzione a
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termine dei lavoratori in mobilit e per quelli assunti in sostituzione di lavoratori in congedo parentale, di maternit e paternit. In linea con la precedente L.230, anche il decreto suddetto prevede che il contratto di lavoro a tempo determinato debba recare delle causali, ma priva esse del carattere della tassativit, prevedendo che debbano semplicemente rispondere a ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo e sostitutivo. Vengono, quindi, rimossi i limiti alleccezionalit del rapporto di lavoro a tempo determinato, consentendo allautonomia contrattuale di prevedere una moltitudine di casi in cui permesso stipulare questo tipo di contratto. Ovviamente la causa giustificatrice deve realmente esistere ed anche nella nuova disciplina previsto che il contratto sia stipulato per iscritto ad substantiam, anche se il carattere di norma aperta permette al datore di lavoro di trovare una qualsivoglia giustificazione alla conclusione di un contratto a tempo determinato in luogo di uno a tempo indeterminato. Il contratto deve specificare la causa e la scadenza del termine ed essere consegnato entro 5 giorni lavorativi dallinizio della prestazione al lavoratore, altrimenti perder di efficacia e verr considerato come contratto a tempo indeterminato. Il giudice, tra laltro, che si dovesse ritrovare dinanzi allimpugnazione di un siffatto contratto, potr, senza entrare nel merito, verificare la sussistenza effettiva della causa giustificatrice. Divieti; esclusioni; discipline speciali Lapposizione del termine vietata e pertanto il contratto si considera come a tempo indeterminato nei casi di: Sostituzione di lavoratore in sciopero; Unit produttive dove sono stati licenziati collettivamente lavoratori adibiti alle medesime funzioni, salvo che si tratti di sostituzione di lavoratori assenti, assunzione di lavoratori in mobilit o di contratti di durata inferiore a tre mesi; Unit produttive interessate da riduzione di orario o sospensioni di lavoro con diritto allintegrazione salariale per lavoratori adibiti alle medesime funzioni di quelli da assumere; Imprese inadempienti agli obblighi di sicurezza e tutela della salute dei lavoratori sul posto di lavoro Linteresse dellimprenditore, in questi casi, non merita la tutela del legislatore, dato il contrapporsi dinteressi con alto valore sociale. Sono esclusi, inoltre, dallapplicazione della disciplina del D.Lgs.368/2001 il contratto di formazione e lavoro, il contratto di apprendistato, il contratto di lavoro temporaneo (poi reintegrato nella disciplina ad opera del D.Lgs.276/2003 che ha previsto la somministrazione di lavoro in luogo del lavoro temporaneo), il rapporto di lavoro degli operai a tempo determinato nellagricoltura, nonch i rapporti a termine instaurati con aziende di esportazione, importazione ed commercio allingrosso di prodotti ortofrutticoli, ed i c.d. rapporti a giornata di durata inferiore a 3 giorni. Discipline speciali sono poi dedicate a determinate categorie di lavoratori. Per i dirigenti previsto che il contratto non superi la durata di 5 anni, che non debba prevedere obbligatoriamente la forma scritta, che dia la facolt al dirigente di recedere dopo un triennio, sebbene con preavviso, e che lapposizione del
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termine libera. Tutto ci in ragione della maggiore facilit con cui il dirigente pu spostarsi nel mercato del lavoro. Altra disciplina speciale quella inerente il settore del trasporto aereo e dei servizi aeroportuali, per cui libera lapposizione del termine. Proroga del termine e successione di pi assunzioni a tempo indeterminato La proroga (continuazione) e la reiterazione (successione di pi stipulazioni) del contratto di lavoro a tempo determinato non sono vietate allinterno del D.Lgs.368/2001, ma semplicemente vincolate al rispetto di determinati termini o periodi di tempo, il cui mancato rispetto comporta uno o pi effetti sanzionatori nei confronti del datore di lavoro. In caso di proroga il termine fissato allinterno del contratto pu essere liberamente (senza forma scritta) prorogato solo se la durata del contratto stesso inferiore a tre anni e se la proroga resa necessaria da una causa sopravvenuta, anche identica a quella del contratto originario. Inoltre la proroga ammessa una sola volta e comunque la durata totale del rapporto, in forza della proroga, non pu essere superiore a tre anni (ci vuol dire che se nel contratto era previsto un termine di 2 anni e 11 mesi, la proroga potr essere di un solo mese). In mancanza, tra laltro, della prova della necessit della proroga, il contratto si considera a tempo indeterminato a partire dalla scadenza del termine. Diversa dalla proroga la continuazione del rapporto di lavoro oltre il limite contrattuale: in tal caso prevista una maggiorazione della retribuzione del 20% per i primi 10 giorni e del 40% per i successivi entro il limite di 20 giorni per i contratti di durata inferiore a 6 mesi e 30 giorni per i contratti di durata superiore a 6 mesi. Se il rapporto prosegue oltre i limiti dei periodi di tolleranza (20 o 30 giorni a seconda della durata del contratto), il contratto diventa a tempo indeterminato a partire dalla scadenza dei termini. Diversa ancora la reiterazione o successione di pi assunzioni a termine del medesimo lavoratore. Essa non vietata, ma tra la scadenza di un contratto a tempo determinato e la stipulazione del successivo devono decorrere alcuni periodi di tempo: 10 giorni se il contratto aveva durata inferiore a 6 mesi e 20 giorni se aveva durata superiore a 6 mesi. Se tali periodi di tempo non vengono rispettati, il contratto diventa a tempo indeterminato. Disciplina del rapporto di lavoro a tempo determinato Al rapporto di lavoro a tempo determinato si applica la medesima disciplina, in unottica di non discriminazione, del lavoro a tempo indeterminato: il lavoratore ha diritto allo stesso trattamento economico e normativo, oltre che alle ferie, alla tredicesima mensilit, al t.f.r. e ad ogni altro trattamento di cui gode il lavoratore assunto a tempo indeterminato. Ovviamente tutti i trattamenti si devono riferire al periodo lavorativo del soggetto, in forza del termine apposto al proprio contratto. Linosservanza di tutti questi obblighi da parte del datore di lavoro, legittima una responsabilit per inadempimento di questultimo, con le relative sanzioni amministrative pecuniarie. I lavoratori a tempo determinato, qualora il contratto abbia durata superiore a 9 mesi, sono computabili ai fini numerici per lapplicazione della disciplina dattivit sindacale. Anche tali lavoratori, tra laltro, hanno diritto ad una formazione professionale che, aumentandone capacit e preparazione, possa farli integrare definitivamente nellimpresa in cui lavorano o in altra impresa.
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Per ci che concerne lo scioglimento ante tempus del contratto escluso il recesso unilaterale, data lapposizione del termine, se non nel caso di giusta causa che non permette la prosecuzione, neppure temporanea, del rapporto. E escluso il giustificato motivo. Limitazioni quantitative allapposizione del termine; esenzioni; diritto di precedenza Abbiamo visto come il D.Lgs.368/2001 abbia aperto allindividuazione da parte dellautonomia individuale della cause giustificatrici del contratto a tempo determinato, eliminando la tassativit prevista dalla L.230/1962 inerente le stesse. Tuttavia il decreto ha rimesso allautonomia collettiva ed ai contratti nazionali di lavoro stipulati dai sindacati pi rappresentativi lindividuazione di limitazione quantitative delluso del contratto a tempo determinato. Si tratta delle c.d. clausole di contingentamento che, a secondo di diversi criteri (numero di lavoratori, numero di lavoratori con una specifica mansione, numero di lavoratori in un determinato territorio), limitano luso diffuso del contratto in questione. Lo stesso decreto, per, ha previsto tutta una serie di casi, contenuti allinterno dellart.7, esenti dalla limitazioni quantitative: Avvio di nuove attivit limitatamente a periodi definiti; Attivit stagionali e ragioni di carattere sostitutivo; Intensificazione dellattivit in determinati periodi (punte periodiche); Specifici spettacoli o programmi televisivo-radiofonici; Esecuzione di opera o servizio a carattere straordinario o occasionale; Contratti di inserimento di giovani dopo un tirocinio o stage, o di lavoratori con pi di 55 anni di et; Contratti di durata non superiore a 7 mesi (o altra durata stabilita dallautonomia collettiva). Inoltre il lavoratore che esercita attivit stagionali o in determinati periodi dellanno, entro 3 mesi (termine di decadenza) dalla cessazione del rapporto di lavoro, pu manifestare la propria volont ad esercitare il diritto di precedenza nel caso in cui limpresa volesse porre in essere unassunzione. Tale diritto di precedenza si estingue entro un anno dalla cessazione del rapporto (prescrizione estintiva breve). INTEGRAZIONE APPENDICE DI AGGIORNAMENTO DELLINTERA SEZIONE A: La L.247/2007 ha modificato notevolmente la normativa in materia di lavoro a tempo determinato contenuta nel D.Lgs.368/2001. Oggi previsto che, in presenza di pi contratti a termine ed indipendentemente da quale sia larco di tempo trascorso tra i vari contratti, qualora il rapporto nel complesso superi i 36 mesi non ammessa alcuna reiterazione ed il rapporto stesso diviene a tempo indeterminato. Un ulteriore contratto a termine pu essere stipulato solo dinanzi alla Direzione provinciale del lavoro con lassistenza di un rappresentante sindacale che coadiuvi il lavoratore. La durata massima sar stabilita da avvisi comuni adottati dalle parti sociali. Sono esclusi dal limite di 36 mesi le attivit stagionali e quelle eventualmente individuate dai contratti collettivi nazionali e dagli avvisi comuni, nonch i dirigenti (ai quali la disciplina sul contratto a termine non si applica) ed i contratti somministrazione a tempo determinato, di apprendistato e quelli con finalit formative. Altre modifiche sono state previste per ci che concerne il diritto di precedenza dei lavoratori a tempo determinato: previsto che essi, qualora abbiano lavorato per almeno 6 mesi, hanno precedenza nelle
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assunzione a tempo indeterminato effettuate nei successivi 12 mesi dallimprenditore. Stesso diritto hanno i prestatori di lavoro di attivit stagionali. La volont di esercitare il diritto di precedenza deve essere comunicata entro 6 mesi dalla cessazione del rapporto nel caso di assunzioni a tempo indeterminato ed entro 3 mesi nel caso di attivit stagionali. SEZIONE B: LA SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO. DISCIPLINA DEGLI APPALTI E DEL COMANDO O DISTACCO Intermediazione ed esternalizzazioni interposizione nel rapporto di lavoro. Decentramento produttivo ed

Il fenomeno dellinterposizione ed intermediazione nel rapporto di lavoro, configurabile per mezzo di diverse forme giuridiche (somministrazione, appalto ecc), prevede la presenza di un soggetto terzo, intermediario tra i prestatori di lavoro e limprenditore. In sostanza unimpresa, senza la necessit di assumere personale, si rivolge ad un intermediario, che gli procurer la manodopera necessario per lesercizio dellattivit lavorativa e che si accoller il rischio economico e giuridico della gestione della forzalavoro, tutto ci per ricavare, dalla differenza tra il monte-salari ed il costo sopportato dallimpresa, un proprio guadagno. Ovviamente ci comporta una minore tutela del lavoratore: un qualsivoglia evento potrebbe condurre alla decisione dellimpresa di non necessitare pi della forza-lavoro, il che lascerebbe i lavoratori tutelati inferiormente rispetto a quanto lo sarebbero se fossero stati assunti dallimpresa stessa. Per tal motivo il legislatore del 1960 guardava con sfavore a questa tipo di rapporto lavorativo, ponendo un divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro. Diversamente dalla mediazione codicistica, che agevola la formazione e la conclusione di un contratto, lintermediazione nei rapporti di lavoro finalizzata al soddisfacimento dellinteresse delle imprese. Al di l della semplice intermediazione, inoltre, ritroviamo altre fattispecie interpositorie che attuano un decentramento produttivo, il quale prevede una dislocazione allesterno dellazienda principale di segmenti del complessivo processo produttivo (esternalizzazione o outsourcing). Il fenomeno in questione utilizza diversi tipi contratti sia sotto il profilo commerciale (appalto, franchising ecc), sia lavorativo (lavoro autonomo, subordinato, parasubordinato). Divieto di intermediazione ed interposizione nel rapporto di lavoro. Il lavoro temporaneo La L.1369/1960 aveva introdotto un divieto assoluto di intermediazione ed interposizione nel rapporto di lavoro, vietando in sostanza tanto la fornitura di manodopera reclutata dallassuntore interposto e messa al servizio dellimprenditore interponente (somministrazione di lavoro), quanto lappalto di manodopera utilizzata dallinterponente sotto la direzione dellimprenditore (pseudo-appalto, differente dallappalto in quanto si fornisce solo una prestazione di lavoro, senza organizzazione dello stesso e gestione dimpresa a proprio rischio). In caso di violazione delle norme previste dalla L.1369 erano previste sanzioni penali,a carico dellimprenditore e dellintermediario, e sanzioni civili, in quanto i prestatori di lavoro venivano considerati come dipendente dellimprenditore. La L.1369, inoltre, dettava una nuova disciplina propria degli appalti leciti, distinguendo tra appalti interni, inerenti il normale ciclo produttivo dellimpresa committente, ed appalti esterni, estranei al normale ciclo
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produttivo della stessa. Era prevista ununiformit di trattamento normativo e retributivo, nel caso di appalto interno, tra i dipendenti dellappaltante e quelli dellappaltatore. La L.1369, impedendo la somministrazione di manodopera, lasciava lItalia fuori da un quadro normativo pressoch unico dei Paesi industrializzati, europei e non. La L.196/1997 introdusse il lavoro interinale (fornitura di lavoro temporaneo), il quale configurava un rapporto trilaterale in forza del quale unagenzia intermediatrice (o impresa fornitrice) inviava temporaneamente la forza lavoro, da essa assunta, presso un terzo (utilizzatore) per effettuare una prestazione lavorativa a favore di questultimo. Venivano alla luce, quindi, due rapporti distinti: quello di fornitura, intercorrente tra lintermediario fornitore e limprenditore-utilizzatore, e quello di lavoro, stipulato tra lagenzia fornitrice ed i prestatori di lavoro. Va sottolineato come i lavoratori, pur essendo dipendenti del fornitore, obbedivano al potere direttivo e di controllo dellutilizzatore. La disciplina, per, appariva molto rigida: solo le agenzie autorizzate dal Ministero del lavoro, in quanto societ di capitali o cooperative con unico scopo sociale la fornitura, potevano ricorrere al lavoro interinale ed esercitare attivit di fornitura. Inoltre lutilizzatore doveva avvalersi del lavoro interinale solo per esigenze temporanee, individuate tassativamente dai contratti collettivi stipulati dai sindacati pi rappresentativi. La L.1369/1960, tra laltro, non risultava abrogata dalla L.196/1997 e continuava ad operare per il pseudoappalto. Somministrazione di lavoro: ipotesi di ricorso alla somministrazione Il D.Lgs.276/2003, in attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro di cui alla L.30/2003 (Legge Biagi), ha abrogato definitivamente la L.1369/1960 inerente il divieto di intermediazione ed interposizione, nonch gli artt.1 al 11 della L.196/1997 in tema di lavoro interinale, introducendo una nuova disciplina normativa in tema di somministrazione del lavoro. Essa permette ad agenzie per il lavoro, autorizzate dal Ministero del Lavoro in base a requisiti di professionalit ed affidabilit e distinte tra agenzie abilitate alla somministrazione a tempo determinato ed agenzie abilitate alla somministrazione a tempo indeterminato, di esercitare lattivit di somministrazione. La somministrazione a tempo determinato, unica ipotesi possibile in caso di pubbliche amministrazioni, consentita solo in caso di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo e sostitutivo riferibili allordinaria attivit dellutilizzatore (art.20 comma 4). Limiti quantitativi a questo tipo di somministrazione possono essere previsti dai contratti collettivi stipulati dai sindacati pi rappresentativi. La somministrazione a tempo indeterminato (art.20 comma 3) consentita nei casi TASSATIVAMENTE elencati dalla legge, in presenza di ragioni di carattere tecnico, produttivo ed organizzativo: Per servizi di consulenza/assistenza nel settore informatico; Per servizi di custodia, portineria e pulizia; Per servizi di trasporto persone, merci e macchine da e per lo stabilimento; Per la gestione di parchi, biblioteche, musei, archivi, magazzini;

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Per attivit di consulenza direzionale, ricerca e selezione del personale, gestione dello stesso, programmazione delle risorse; Per attivit di marketing, analisi del mercato; Per la gestione di call-center; Per lavvio di iniziative imprenditoriali previste dallUnione Europea in zone ad alta disoccupazione; Per costruzioni edilizie in stabilimenti, per installazioni/smontaggio di macchinari ed impianti, per particolari attivit produttive legate alledilizia e cantieristica navale; Altre ipotesi contemplate da contratti collettivi stipulati dai sindacati pi rappresentativi. La somministrazione, sia essa a tempo determinato o indeterminato, vietata per la sostituzione di lavoratori in sciopero, per imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi, per lavoratori adibiti ad unit produttive interessate da licenziamenti collettivi o da intervento della CIG. Disciplina del contratto di somministrazione Il contratto di somministrazione deve essere stipulato in forma scritta e contenere una serie di elementi fondamentali, che andranno comunicati anche al lavoratore, per iscritto, al momento della stipulazione del contratto o al momento dellinvio presso lutilizzatore, e sono: Gli estremi dellautorizzazione rilasciata al somministratore; Il numero dei lavoratori da somministrare; Le ragioni che giustificano la somministrazione; I rischi per la salute del lavoratore; Data di inizio e durata del contratto; Mansioni alle quali adibire il lavoratore; Luogo, orario e trattamento economico/normativo delle prestazioni lavorative; Assunzione da parte del somministratore dellobbligazione del pagamento del trattamento economico e degli onere previdenziali al lavoratore; Assunzione da parte dellutilizzatore dellobbligo di rimborsare al somministratore le somme di cui sopra; Assunzione dellutilizzatore dellobbligo del pagamento diretto al lavoratore, qualora il somministratore sia inadempiente, salvo il diritto di rivalsa. Disciplina del contratto e del rapporto dei lavoratori soggetti a somministrazione Anzitutto dobbiamo specificare che il D.Lgs.276/2003 non disciplina palesemente il contratto di lavoro dei prestatori soggetti a somministrazione, ma gli elementi principali sono rinvenibili allinterno del decreto.
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E previsto, infatti, che la somministrazione possa essere tanto a tempo determinato, ed in tal caso andr applicata la disciplina del D.Lgs.368/2001 sul lavoro a tempo determinato, quanto a tempo indeterminato, applicando in questo caso la disciplina generale dei rapporti di lavoro. Ovviamente le discipline legislative si applicano laddove siano compatibili. In caso di somministrazione a tempo determinato, per esempio, non si applicano le norme contenenti il divieto di riassunzione del lavoratore laddove non siano trascorsi 10 o 20 giorni: per il lavoratore assunto ai fini della somministrazione, infatti, previsto che il contratto possa essere prorogato con il consenso del prestatore e per iscritto, nei casi stabiliti dai contratti collettivi. Un altro esempio di disciplina speciale per la somministrazione lo ritroviamo nel caso di assunzione a tempo indeterminato: qualora i prestatori di lavoro non stiano esercitando la propria attivit presso alcun utilizzatore, essi dovranno percepire unindennit mensile di disponibilit salvo che, per giustificato motivo o giusta causa, non operi una risoluzione del contratto. Inoltre nel caso di fine dei lavori relativi alla somministrazione, non si applicano le norme in materia di procedura di mobilit, ma quelle previste nel caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Per ci che concerne, poi, il rapporto di lavoro previsto che i prestatori di lavoro nel caso di somministrazione, bench dipendano da unagenzia, operano sotto la direzione ed il controllo dellutilizzatore, ma non sotto il suo potere disciplinare, anche se questultimo potr esercitarlo indirettamente, rivolgendosi allagenzia di fornitura. I prestatori, comunque, hanno diritto allo stesso trattamento retributivo e normativo dei dipendenti dellutilizzatore, nonch a svolgere le mansioni per cui sono stati assunti, in quanto qualora vengano assegnati a mansioni superiori, dovranno ricevere, loro cos come lagenzia di somministrazione, una comunicazione da parte dellutilizzatore, che altrimenti risponder in via esclusiva per le differenze di retribuzione e per leventuale risarcimento del danno. Ovviamente il prestatore di lavoro in caso di somministrazione gode anchegli dei diritti sindacali previsti dallo Statuto dei lavoratori, che potr esercitare presso lutilizzatore. R.s.a. ed r.s.u., inoltre, devono essere informate del numero dei lavoratori somministrati di cui si avvale lutilizzatore, nonch delle motivazioni per cui se ne avvale, cos come ogni 12 mesi devono essere informate degli eventuali contratti di somministrazione conclusi. Lapparato sanzionatorio Qualora il contratto di somministrazione non rispetti la forma scritta nullo, ritenendo che il prestatore sia alle dipendenze dellutilizzatore. La violazione degli altri requisiti formali da luogo, inoltre, a sanzioni amministrativo pecuniarie, cui vanno incontro tanto lutilizzatore, quanto lagenzia di somministrazione. A carico di questi ultimi, infine, sono previste sanzioni penali nel caso di attivit di somministrazione illegittima, in quanto non autorizzata. INTEGRAZIONE APPENDICE DI AGGIORNAMENTO DELLINTERA DISCIPLINA DELLA SOMMINISTRAZIONE: la L.247/2007 ha abolito il contratto di somministrazione a tempo indeterminato e quindi tutte le norme in materia contenute nel D.Lgs.276/2003 (e quindi tutta la trattazione del libro di testo). E stata modificata anche la disciplina della somministrazione a tempo determinato, prevedendo che si applichi la disciplina del contratto a tempo determinato, laddove compatibile, con lesclusione per dell apparato sanzionatorio previsto per la violazione delle norme in materia di riassunzioni a termine, della disciplina in tema di successione di contratti a termine (che ha fissato un limite temporale massimo di 36 mesi) e del
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diritto di precedenza del lavoratore sia nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro nei successivi dodici mesi, sia con riferimento alle nuove assunzioni a termine nei lavori stagionali. Inoltre il nuovo Testo Unico in materia di sicurezza sul lavoro ha disposto che tutti gli obblighi di prevenzione e protezione sono a carico dellutilizzatore. Va sottolineato, infine, che i lavoratori somministrati devono essere iscritti sia nel Libro unico dellagenzia di somministrazione, sia in quello dellutilizzatore (solo dati identificativi). Disciplina degli appalti Dopo lemanazione del D.Lgs.276/2003, venendo meno la L.1369/1960, anche la disciplina dellappalto mutata. Si ritiene lecito il c.d. appalto di manodopera, in forza del quale in relazione alla particolare natura e modalit dellopera o servizio oggetto dellappalto, lorganizzazione dei mezzi da parte dellappaltatore, richiesta dallart.1655 c.c., si risolva nella mera organizzazione delle prestazioni dei lavoratori utilizzati. Vietato, al contrario, rimane lo pseudo-appalto, vera ipotesi di interposizione illecita, che si configura nel momento in cui la natura e la modalit dellopera o servizio oggetto dellappalto non giustifichino una tale semplificazione dellorganizzazione della sola manodopera. Nel caso in cui si configuri una tale situazione, il lavoratore potr richiedere giudizialmente linstaurazione di un rapporto di lavoro alle dipendenze del soggetto che ha utilizzato la sua prestazione, al quale andr notificato il ricorso giudiziale a norma dellart.414 c.p.c. Inoltre va sottolineato come il committente imprenditore (non persona fisica che non eserciti attivit dimpresa) e lappaltatore siano obbligati in solido, nel limite di un anno dalla cessazione dellappalto, a corrispondere ai lavoratori trattamenti retributivi e previdenziali. INTEGRAZIONE APPENDICE DI AGGIORNAMENTO: anzitutto interventi normativi pi recenti hanno previsto che sia raddoppiato da uno a due anni dalla cessazione dellappalto il termine di decadenza entro il quale i dipendenti dellappaltatore possono far valere la responsabilit solidale tra committente e appaltatore. Inoltre, la suddetta disciplina stata estesa anche ai dipendenti del subappaltatore. La responsabilit solidale riguarda anche il versamento delle ritenute fiscali sui redditi da lavoro dei dipendenti addetti allappalto ed al subappalto ed al risarcimento danni non indennizzati dallINAIL. Tale regime di solidariet inderogabile, anche da parte dei contratti collettivi. Le catene di appalti, specie dopo labolizione della somministrazione a tempo indeterminato, risultano fondamentali per i processi di esternalizzazione, anche se il legislatore si disinteressa delluniformit di trattamento tra dipendenti di appaltatori e subappaltatori. Va ricordato, infine, che ai licenziamenti derivanti da una cessazione dellappalto, pur in presenza dei requisiti numerici, dimensionali e temporali, non si applica la procedura prevista per i licenziamenti collettivi, a condizione che il datore di lavoro subentrante riassuma tutti i lavoratori e offra condizioni economico normative previste dai contratti collettivi nazionali di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente pi rappresentative. Vale la pena ricordare che a far data dal 1 luglio 2007, tutti i benefici sia normativi che contributivi, previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale sono subordinati al possesso, da parte dei datori di lavoro, del documento unico di regolarit contributiva (DURC). Il rilascio del DURC inoltre necessario negli appalti privati in edilizia soggetti al rilascio di concessione, ovvero a denuncia di inizio
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attivit (DIA) e costituisce un requisito per la partecipazione a gare per appalti pubblici di servizi e forniture. Il documento attesta la regolarit dei versamenti dovuti agli istituti previdenziali e per i datori di lavoro nelledilizia, la regolarit dei versamenti dovuti alle casse edili. Possono rilasciare il DURC, lINPS, lINAIL nonch gli altri istituti previdenziali che gestiscono forme di assicurazione obbligatoria previa stipulazione di apposita convenzione con gli enti predetti. Il comando o distacco Listituto del comando (o distacco) del lavoratore da unazienda ad unaltra stato per lungo tempo disciplinato solo dalla giurisprudenza, la quale prevedeva che qualora un datore di lavoro decidesse di far beneficiare un altro soggetto della prestazione lavorativa di un proprio dipendente, egli avrebbe dovuto avere un interesse al distacco, in mancanza del quale lo stesso sarebbe stato considerato come ipotesi di interposizione vietata dalla L.1369/1960. Lart.30 del D.Lgs.276/2003 ha modificato la materia, in realt tramutando in legge quelle che erano le previsioni giurisprudenziali: il datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o pi lavoratori a disposizione di un altro soggetto per lesecuzione di una determinata attivit lavorativa; vediamo quindi come la temporaneit e linteresse del datore di lavoro siano essenziali affinch, nonostante labrogazione della L.1369, non si configuri unipotesi di interposizione vietata e non si dia luogo al ricorso giudiziale, attuato dal lavoratore a norma dellart.414 c.p.c., per far costituire un rapporto di lavoro tra lui e lutilizzatore della propria prestazione, ossia il beneficiario del comando. Il datore di lavoro rimane, in ogni caso, responsabile del trattamento retributivo e normativo dei lavoratori distaccati. Egli, inoltre, pu attuare un comando che comporti il trasferimento ad unit produttiva distante pi di 50 km da quella a cui adibito il lavoratore, solo in caso comprovate ragioni tecniche, produttive ed organizzative o per evitare licenziamenti. Il comando pu configurarsi anche come uno strumento di scambio di personale tra diverse societ collegate, secondo la definizione che delle stesse offre lart.2359 c.c. INTEGRAZIONE APPENDICE DI AGGIORNAMENTO: in forza delle nuove disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro, previsto che gli obblighi di prevenzione e protezione gravino sul distaccatario, mentre sono a carico del distaccante gli obblighi di informazione e formazione del lavoratore sui rischi connessi allattivit che andr a svolgere. Nel Libro Unico del distaccante devono risultare a tutti gli effetti i lavoratori comandati, mentre in quello del distaccatario devono risultare solo a fini indicativi. Distacco di lavoratori in una prestazione di servizi transnazionale Data la continua crescita di societ multinazionali operanti in diversi Stati europei, lUE ha emanato la direttiva 96/71 in materia di distacco di lavoratori nel quadro di una prestazione di servizi transnazionali. Il D.Lgs.72/2000 ha dato applicazione a tale normativa comunitaria, prevedendo ununiformit di trattamento tra i lavoratori stranieri operanti allinterno del territorio italiano in forza di un contratto di appalto o di fornitura di servizi ed i lavoratori comparabili normalmente operanti in tal ambito.
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SEZIONE C: IL CONTRATTO DI LAVORO A TEMPO PARZIALE E LE ALTRE TIPOLOGIE CONTRATTUALI AD ORARIO FLESSIBILE Direttiva 97/81 e D.Lgs.61/2000. Modifiche introdotte dal D.Lgs.276/2003 Il rapporto di lavoro a tempo parziale (part-time) il tipico esempio di strumento di flessibilit dellimpiego con riferimento al tempo: esso caratterizzato da un orario di lavoro ridotto rispetto a quello normalmente previsto, al fine di incentivare loccupazione e fornire una migliore conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro. Della materia si occupata lUE con lemanazione della direttiva 97/81, alla quale ha fatto seguito il D.Lgs.61/2000 di attuazione della stessa, dettando una nuova normativa in tema di lavoro part-time, tesa ad incentivare la diffusione dello stesso. In materia poi intervenuto anche il D.Lgs.276/2003, per garantire la diffusione allinterno del nostro ordinamento dello strumento del part-time, il quale per si applica solo ai privati e non alle pubbliche amministrazione, alle quali continua ad applicarsi il D.Lgs.61/2000. Disciplina del rapporto di lavoro a tempo parziale Il D.Lgs.61/2000 sancisce che nel rapporto di lavoro subordinato lassunzione pu avvenire tanto a tempo pieno quanto a tempo parziale. Individuiamo, quindi, le rispettive nozioni. Per tempo pieno si intende lorario normale di lavoro previsto dalla legge o dagli specifici contratti collettivi; per tempo parziale (part-time) si intende lorario fissato dal contratto individuale di lavoro, ridotto rispetto allorario normale. Allinterno della categoria del tempo parziale, ritroviamo poi altre definizioni: per part-time orizzontale sintende una riduzione del tempo di lavoro, rispetto allorario normale, su scala giornaliera, mentre per part-time verticale sintende una riduzione del tempo di lavoro su scala settimanale, mensile o annuale, essendo previsto, allinterno della giornata, un orario normale di lavoro; per part-time misto, infine, sintende una riduzione dellorario di lavoro data dalla combinazione tra il part-time orizzontale e quello verticale. Inoltre i contratti collettivi, o addirittura le r.s.a o r.s.u. aziendali, possono prevedere riduzioni dellorario lavorativo del tutto assestanti. Il contratto part-time deve rispettare la forma scritta ad probationem, ossia per poter essere provato in giudizio, e deve contenere lindicazione della durata dellattivit lavorativa e delle relativa ripartizione dellorario di lavoro. Annualmente, tra laltro, limpresa deve rendere noto landamento delle assunzioni part-time ai rispettivi sindacati. Sia la normativa comunitaria, quanto quella italiana, prevedono che sia adottato, nei confronti dei lavoratori a tempo parziale, il principio di non discriminazione (o uniformit di trattamento) secondo cui alcuna diversit di trattamento, rispetto ai lavoratori a tempo pieno della stessa categoria e con le stesse mansioni, deve essere posta in essere nei confronti dei lavoratori part-time, se non quella inerente la diversa retribuzione e proporzione dei diritti (es.ferie). Il lavoratore, inoltre, pu optare per il lavoro a tempo parziale, qualora in quel momento lavori a tempo pieno, o addirittura fare il contrario in alcune ipotesi. In alcun modo, per, il rifiuto del lavoratore di cambiare da part-time a pieno o viceversa, potr costituire giustificato motivo soggettivo di licenziamento. Potr, per, figurare come giustificato motivo oggettivo in caso di importanti esigenze produttive e organizzative dellimpresa. Qualora un lavoratore accetti di passare dal tempo pieno a quello parziale, egli

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dovr convalidare la sua scelta presso la Direzione provinciale del lavoro ed avr un diritto di precedenza rispetto alle nuove assunzioni, per ci che concerne il ritorno al tempo pieno. La disciplina del tempo di lavoro; clausole elastiche, lavoro supplementare e straordinario Abbiamo gi detto che il D.Lgs.276/2003 ha modificato la disciplina del lavoro part-time (almeno per i privati) rispetto al D.Lgs.61/2000. Una delle modificazioni ha riguardato il lavoro supplementare e straordinario e le c.d. clausole elastiche. Per lavoro supplementare sintende il lavoro svolto oltre lorario di lavoro concordato ed entro il limite del tempo pieno ed esso applicabile solo e solamente al part-time orizzontale (es. lavoro giornalmente per 4 ore: il lavoro supplementare sar costituito da un numero di ore superiore a 4 e fino ad 8, che di solito configurano il tempo pieno). Ai contratti collettivi, in caso di lavoro supplementare, rimesso il compito di stabilire un numero massimo di ore di lavoro supplementare e lobbligo di corresponsione di una maggiorazione retributiva. In presenza di un contratto collettivo, non occorre il consenso del lavoratore, che per potr legittimamente rifiutarsi, non costituendo ci giustificato motivo di licenziamento. Per lavoro straordinario, invece, sintende il lavoro svolto oltre il normale orario di lavoro giornaliero, in caso per di part-time verticale o misto, dove abbiamo visto che durante larco della giornata si lavoro lo stesso numero di ore dei lavoratori a tempo pieno, mentre la riduzione dellorario avviene su scala settimanale, mensile o annuale. Inoltre nei contratti di lavoro a tempo parziale, dopo le modifiche apportate dal decreto 276, possibile apporre specifiche clausole flessibili, che comportino la modificazione unilaterale della collocazione temporale dellattivit lavorativa (es. lavoravi la mattina, lavorerai la sera), cos come possibile apporre clausole elastiche, che comportino un aumento della durata della prestazione lavorativa nel suo insieme a seguito di una scelta da parte del datore di lavoro, che deve comunicarlo ai prestatori almeno due giorni prima. Laccordo tra le parti sullinserzione di clausole flessibili e di clausole elastiche deve essere contemplato in un atto scritto, ed il rifiuto di stipulare il patto non costituisce giustificato motivo di licenziamento. Normativa incentivante ed apparato sanzionatorio La normativa in materia di lavoro part-time ha sempre avuto, come obiettivo primario, la promozione delloccupazione, per realizzare la quale il legislatore ha previsto delle incentivazioni di carattere economico a favore dei datori di lavoro che vedremo pi avanti. Altra forma dincentivazione allassunzione part-time da parte delle imprese la ritroviamo prendendo in considerazione la consistenza dellorganico delle stesse: i lavoratori part-time vengono computati nel numero complessivo dei dipendenti in relazione allorario svolto rapportato al tempo pieno e larrotondamento opera per le frazioni di orario eccedenti la somma degli orari individuati a tempo parziale corrispondente ad unit intere di orario a tempo pieno. Sotto il profilo previdenziale, inoltre, previsto il riproporzionamento tra tempo lavorato e contribuzione previdenziale. Oltre ad un apparato incentivante, inoltre, previsto un sistema sanzionatorio per tutelare il rapporto di lavoro part-time. Anzitutto abbiamo detto che la forma scritta del contratto richiesta solo ad
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probationem, quindi ai fini della prova giudiziale dellesistenza dello stesso: il legislatore ha sancito che la prova per testimoni ammessa solo in caso di perdita senza colpa dellatto scritto (art.2725 c.c.), aggiungendo che, in difetto di tale prova, il lavoratore potr chiedere che venga accertata lesistenza di un rapporto di lavoro a tempo pieno a partire dal momento in cui il giudice ha accertato che manchi la prova scritta. Se manca, poi, lindicazione della durata allinterno del contratto, il giudice potr dichiarare lesistenza di un rapporto a tempo pieno a partire dalla sentenza. Qualora manchi, invece, lindicazione della collocazione temporale della prestazione, questa sar determinata dal giudice, secondo i contratti collettivi o secondo equit. Inoltre nel caso di violazione del diritto di precedenza del lavoratore part-time nellipotesi di nuove assunzioni a tempo pieno, egli avr diritto al risarcimento del danno, calcolato tramite la differenza tra la propria retribuzione e quella che avrebbe conseguito se fosse passato a tempo pieno, moltiplicata per sei mesi (tale diritto non opera automaticamente, dopo il decreto 276 deve essere inserito nel contratto individuale). Specialit del rapporto di lavoro a tempo parziale e ruolo della contrattazione collettiva Il rapporto di lavoro part-time si configura come un rapporto speciale, volto a rispondere allesigenza di flessibilit dei datori di lavoro con la forza-lavoro disponibile a lavorare ad orario ridotto. Si tratta, quindi, di un rapporto che garantisce la crescita occupazionale. In precedenza un ruolo di riferimento era detenuto dalla contrattazione collettiva, che avrebbe dovuto, nellinteresse generale, derogare ed integrare la normativa in materia. Il decreto 276/2003 sembra non avere riconosciuto un tal ruolo allautonomia collettiva, ponendo in risalto lautonomia individuale. INTEGRAZIONE APPENDICE DI AGGIORNAMENTO: mentre in precedenza abbiamo detto che lautonomia individuale poteva introdurre clausole elastiche e flessibili, la L.247/2007 ha previsto che tale introduzione non sia pi consentita in assenza di una disciplina collettiva. Il periodo di preavviso dato al lavoratore in funzione dellaumento della durata della prestazione o della diversa collocazione temporale della stessa viene aumentato da 2 a 5 giorni lavorativi. Il lavoratore che da rapporto a tempo pieno sia passato al rapporto a tempo parziale ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo pieno, SENZA CHE SIA UN ACCORDO INDIVIDUALE A DOVER PREVEDERE TALE DIRITTO. Infine, anche ai lavoratori del settore pubblico affetti da patologie oncologiche riconosciuto il diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, salvo tornare automaticamente al lavoro a tempo pieno su richiesta dello stesso soggetto. Il lavoro intermittente Una forma particolare di contratto a tempo parziale si ha con il lavoro intermittente o, anche detto, a chiamata. Esso stato disciplinato ed introdotto dal D.Lgs.276/2003. Con il contratto di lavoro intermittente il lavoratore mette le proprie energie a disposizione del datore di lavoro, il quale, qualora ne necessiti, contatta il prestatore per usufruirne, retribuendolo per il periodo effettivamente lavorato e riconoscendogli unindennit di disponibilit per il periodo di attesa. Lo svolgimento delle prestazioni quindi discontinuo ed la disciplina collettiva ad individuare per quali attivit sia consentito il lavoro a
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chiamata (in assenza si osserva il R.D.2657/1923, contenente lelenco delle occupazioni che richiedono lavoro discontinuo). Possono concludere il contratto di lavoro a chiamata solo giovani sotto i 25 anni di et o lavoratori con pi di 45 anni, anche pensionati. E vietato il ricorso al lavoro intermittente per sostituire lavoratori in sciopero, o lavoratori licenziati collettivamente o posti in CIG. Per tale contratto richiesta la forma scritta ad probationem, la quale deve provare una serie di elementi inerenti il rapporto di lavoro a chiamata, ossia la durata, il luogo, le modalit di disponibilit del lavoratore e la consecutiva indennit, le modalit di preavviso del prestatore (il quale deve avvenire almeno un giorno prima), tempi e modalit di pagamento, nonch tutte le indicazioni previste dalla contrattazione collettiva. Il prestatore di lavoro intermittente viene computato nellorganico dellimpresa in proporzione allorario di lavoro svolto nellarco di 6 mesi. Abbiamo visto come il lavoratore soggetto ad un tal tipo di rapporto debba prestare la propria disponibilit, affinch il datore di lavoro, qualora ne necessiti, possa avvalersi della sua prestazione. Legittimo motivo di rifiuto della chiamata la malattia o un evento che renda impossibile la prestazione, ma in ogni caso si perde lindennit di disponibilit. Qualsiasi altra giustificazione addotta dal lavoratore pu rappresentare un motivo di risoluzione del contratto. Nessuna discriminazione deve essere posta in essere nei confronti del lavoratore a chiamata, n indiretta n diretta, n tanto meno dovuta al particolare contratto di lavoro, in quanto nei periodi di attivit lavorativa, il prestatore a chiamata ha diritto ad una retribuzione e ad un trattamento normativo pari a coloro che svolgono le medesime mansioni a tempo pieno. Ovviamente intuibile che il lavoratore avr diritto ad trattamento retributivo, previdenziale e normativo proporzionati alla quantit del proprio lavoro, ma sar ugualmente tutelato in caso di malattia, infortunio sul lavoro, maternit, malattia professionale. Quindi notiamo come una gran parte del contratto a chiamata sia stabilita non dalle parti, ma dal solo datore di lavoro, il che potrebbe condurre la Corte costituzionale a pronunciarsi contro la legittimit di una tale previsione legislativa. INTEGRAZIONE APPENDICE DI AGGIORNAMENTO: la disciplina del lavoro intermittente stata abrogata allinterno della L.247/2007, per poi essere ripresa ripristinata del tutto dal D.L.112/2008. La disciplina rimane, pertanto, immutata. Il lavoro ripartito Un altro tipo di contratto a lavoro parziale costituito dal contratto di lavoro ripartito, introdotto dallart.41 del decreto 276, in forza del quale due lavoratori assumono solidalmente ladempimento dellobbligazione di lavoro nei confronti del datore. Entrambi rispondono per lintera obbligazione, concordando autonomamente la ripartizione del lavoro, ma limpossibilit di uno dei due ricade anche sullaltro e la risoluzione del rapporto causata da uno, si ripercuote anche sullaltro lavoratore, almeno che il datore di lavoro non chieda al prestatore non colpevole di assumere su di se lintera obbligazione. Il contratto deve rispettare la forma scritta per provare una serie di elementi, quali la misura e la collocazione temporale della prestazione di ogni lavoratore, nonch il trattamento economico e normativo spettante ad ognuno.
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SEZIONE D: I CONTRATTI PARASUBORDINATI Il lavoro a progetto ed il lavoro occasionale A partire dagli anni 80 si assistito ad un continuo proliferare delle collaborazioni coordinate e continuative. Il D.Lgs.276/2003 ha ridisegnato la fattispecie, al fine di differenziare i rapporti di collaborazione autonoma da quelli che mascherano un lavoro subordinato, ha introdotto una nuova disciplina inerente il lavoro autonomo coordinato e continuativo a progetto. Per alcune attivit lavorative, tuttavia, rimane in vigore la figura tradizionale della collaborazione continuativa e coordinata: Rapporti di agenzia e di rappresentanza commerciale; Professioni intellettuali per le quali richiesta liscrizione in appositi albi o elenchi; Collaborazioni rese da amministratori, sindaci di societ, soggetti che percepiscono la pensione di vecchiaia; Settore della PA, escluso palesemente dallapplicazione dellintero decreto. Il contratto di lavoro a progetto sembra configurare un sottotipo del contratto dopera previsto dallart.2222 c.c. Tale contratto, infatti, deve OBBLIGATORIAMENTE prevedere un progetto specifico, un programma di lavoro o una fase dello stesso, ma mentre per il progetto specifico potremmo pensare che occorra una particolare professionalit e competenza, il concetto di programma di lavoro o fase di lavoro potremmo ricondurlo ad una qualsiasi attivit, anche elementare, per cui non richiesta alcuna particolare preparazione. Il progetto o programma, comunque, definisce loggetto della prestazione lavorativa, nonch il limite di durata del contratto: eseguito lo stesso, infatti, il contratto pu ritenersi risolto. Il contratto deve rispettare la forma scritta ad probationem, proprio per poter provare alcuni degli elementi fondamentali del rapporto, quali la durata determinata o quanto meno determinabile dettata dalla realizzazione del progetto o programma. Si tratta comunque di un rapporto parasubordinato, in quanto bench permanga un autonomia del prestatore nel compimento del programma/progetto/fase di lavoro, egli rimane pur sempre dipendente dalla necessit del committente, suo datore di lavoro. E tutelata comunque lattivit inventiva del collaboratore, al quale viene riconosciuta la propriet intellettuale delle invenzioni realizzate in costanza del rapporto. In caso di impossibilit temporanea della prestazione, il prestatore ha diritto ad una sospensione non retribuita del rapporto in caso di gravidanza, malattia ed infortunio, ma solo in gravidanza tale sospensione garantita per un periodo di 180 giorni, mentre per malattia o infortunio non si ha proroga del termine contrattuale, della durata contrattuale, cosicch il contratto si estingue alla scadenza, ed anzi il committente prima della scadenza del termine se la sospensione si protrae per oltre 30 giorni o oltre 1/6 della durata contrattuale. Il contratto, comunque, come abbiamo gi detto, si estingue al momento della realizzazione del progetto o programma, anche se consentito il recesso ante tempus per giusta causa o con preavviso nei casi stabiliti dalla contrattazione collettiva o dalle parti. Il contratto a progetto un contratto a causa rigida, in quanto la mancata previsione di uno specifico progetto o programma o fase di lavoro, da luogo alla conversione in contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, anche se la conversione non opera automaticamente, ma pu essere decisa solo e solamente dal giudice, che potr optare anche per altre soluzioni e tipologie contrattuali.
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Sono escluse dalla tipologia del contratto a progetto le prestazioni di lavoro occasionali, che non eccedono i 30 giorni annui di lavoro ed i 5000 euro di compenso. In caso contrario, ossia in caso di travalicamento dei limiti fissati, si applicano le disposizioni sul lavoro a progetto. INTEGRAZIONE APPENDICE DI AGGIORNAMENTO: la recente disciplina legislativa ha avvicinato il lavoro autonomo coordinato e continuativo a progetto al lavoro subordinato: il compenso per la prestazione a progetto deve essere uguale a quello corrisposto per prestazioni di analoga professionalit sulla base dei contratti collettivi di riferimento. Una speciale indennit stata prevista per i casi di malattia, ed alle donne assunte con contratto a progetto stato riconosciuto di non poter lavorare durante la gravidanza ed il puerperio e di aver diritto al congedo di maternit. Sono state, inoltre, modificate le norme che limitavano a 180 giorni la durata del periodo di sospensione del rapporto per gravidanza ed escludevano lerogazione del corrispettivo in caso di malattia e di infortunio. Resta salva la possibilit del committente, qualora il periodo di sospensione sia superiore a 30 giorni o ad 1/6 della durata contrattuale, di recede ante tempus. Una pronuncia di illegittimit costituzionale ha travolto la previsione secondo cui si dovevano conservare i contratti di collaborazione continuativa e coordinata preesistenti alla riforma SOLO PER IL PERIODO DI UN ANNO: essi proseguono fino alla scadenza originaria.

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CAPITOLO DODICESIMO ECCEDENZE DI PERSONALE E TUTELA DELLOCCUPAZIONE


Introduzione: eccedenze di personale e processi di riaggiustamento industriale Nellambito della disciplina dei rapporti di lavoro e della tutela delloccupazione dobbiamo prendere in considerazione due interessi coesistenti e talvolta confliggenti allinterno del mercato e della societ: quello alloccupazione ed al mantenimento del posto di lavoro e quello alla continuazione dellesecuzione dellattivit economica da parte degli imprenditori. Landamento ciclico delleconomia, la concorrenza con Paesi in cui la manodopera ha un costo nettamente inferiore e la necessit dei processi di ammodernamento della produzione, delle tecnologie e dei sistemi organizzativi, spesso conducono ad un eccedenza del personale allinterno delle imprese e ad una conseguente riduzione dello stesso. Non fa piacere sottolinearlo, ma tale riduzione spesso necessaria per la stessa sopravvivenza di unimpresa allinterno del mercato, in quanto la stessa potrebbe ritrovarsi a non potere sostenere i costi di una consistente manodopera. Importanti, in tal senso, sono stati gli interventi legislativi volti, in certi casi, ad un supporto economico delle imprese nei processi di riaggiustamento industriale ed altrettante volte ad un sostegno dei lavoratori coinvolti nella riduzione del personale. Evoluzione storica della disciplina delle eccedenze di personale Gli interventi legislativi, cui abbiamo accennato nel paragrafo precedente, ha subito unevoluzione storica allinterno della quale distinguiamo 3 fasi. La prima fase, immediatamente successiva al dopoguerra, prevede lintroduzione della gestione ordinaria della CIG, Cassa Integrazione Guadagni e la soppressione del blocco ai licenziamenti. La CIG viene configurata come un mezzo transitorio al quale i datori di lavoro possono fare ricorso in caso di eventi eccezionali, in maniera tale da non dover licenziare i propri dipendenti. La seconda fase, successiva alla L.604/1966 sui licenziamenti individuali, vede lintroduzione della gestione straordinaria della CIG, che configura la CIG come intervento non pi transitorio, ma di lunga durata a favore dei lavoratori ed a sostegno del proprio reddito. Vengono introdotti, inoltre, la disciplina della mobilit interaziendale dei lavoratori in esubero, ed altri strumenti a sostegno dei lavoratori licenziati. Nella terza fase, aperta con la L.223/1991 (Norme in materia di cassa integrazione, mobilit, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunit europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro), i licenziamenti collettivi tornano ad essere lo strumento normale da utilizzare in caso di eccedenze di personale e la CIG viene ridisegnata come strumento anchesso da utilizzare in maniera transitoria, a sostegno della ristrutturazione industriale e non direttamente del reddito dei lavoratori. Nel corso degli anni 90, inoltre, stato previsto che possano essere introdotti nuovi ammortizzatori sociali, quali strumenti di garanzia del reddito di tipo privatistico e non esclusivamente pubblicistico. SEZIONE A: LA CASSA INTEGRAZIONE GUADAGNI Lintervento ordinario della Cassa integrazione guadagni (CIG) Per sostenere le imprese, del settore industriale, in brevi periodi di contrazione dellattivit produttiva previsto lintervento ordinario della CIG, ossia di sospensioni del lavoro o riduzioni dellorario lavorativo
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dovute ad eventi transitori non imputabili al datore o ai prestatori, o a determinate situazioni temporanee del mercato (cause integrabili), per sostenere il reddito dei lavoratori coinvolti. Lintervento finanziato da: Contributi statali; Contributi di tutte le imprese; Contributi dellimpresa coinvolta. Lammontare del trattamento corrisponde, per i primi sei mesi, all80% della retribuzione, ma dopo il primo semestre non pu superare un tetto massimo, che comunque viene incrementato annualmente nella misura dell80% dellaumento dei prezzi di consumo secondo lISTAT. La procedura per giungere alla CIG prevede la consultazione dei sindacati da parte dellimprenditore, nel caso in cui si renda necessaria una sospensione del lavoro o una riduzione dellorario lavorativo: egli deve comunicare alle r.s.a. o, in mancanza, agli organismi provinciali, la durata prevedibile della contrazione/sospensione del lavoro ed il numero di prestatori coinvolti. Successivamente allinformazione e consultazione sindacale, limpresa deve fare richiesta di CIG alla sede provinciale dellINPS, laddove se non lo facesse sarebbe obbligato a corrispondere egli stesso la somma pari allimporto di integrazione non percepita. La durata massima dellintegrazione ordinaria di 3 mesi, tuttavia prorogabile in casi eccezionali sino ad un anno. Qualora si tratti di unintegrazione discontinua, non pu comunque superare il periodo di 12 mesi in un biennio. Lintervento della CIG stato esteso anche ai settori delledilizia e dellagricoltura, in cui fronteggia la discontinuit delloccupazione e non le difficolt dellimpresa. Intervento straordinario della Cassa integrazione guadagni (CIGS). Le fattispecie causali; procedure per la concessione del trattamento; durata dellintegrazione e meccanismi di rotazione tra i lavoratori Lintervento straordinario della CIG, valevole per il settore industriale, assicura, attraverso la sospensione dei rapporti di lavoro, sia la continuit del reddito e delloccupazione dei lavoratori, sia la limitazione dei licenziamenti, per garantire allimpresa di conservare il proprio patrimonio di professionalit. Se, per, lintervento ordinario mira a far fronte a situazioni di tipo congiunturale, quello straordinario tende a fronteggiare situazioni di tipo strutturale, cio di durevole eccedenza di personale. Lintervento straordinario della CIG finanziato nella medesima maniera dellintervento ordinario e la disciplina contenuta allinterno della L.164/1975, nonch allinterno della L.223/1991 che lha ridisegnata, aprendo la terza fase di cui si parlato in precedenza. Sono cause integrabili in presenza della quali pu essere concessa lintegrazione straordinaria: Ipotesi di ristrutturazione, riorganizzazione e conversione aziendale; Crisi aziendale di particolare rilevanza sociale in merito alla situazione produttiva del settore o a quella occupazione locale;
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Ipotesi di procedura concorsuale; Ipotesi di contratto di solidariet interna. Nelle prime 2 ipotesi lobiettivo della CIGS quello di permettere allimpresa in difficolt di continuare ad operare sul mercato senza ricorrere a licenziamenti. Nella terza ipotesi la CIGS ha il compito di evitare che gli organi incaricati dellamministrazione ricorrano ai licenziamenti. Della quarta ipotesi si parler in seguito. Lintegrazione salariale straordinaria spetta ad operai, impiegati e quadri intermedi con unanzianit di almeno 90 giorni, ed a quelle imprese che nei 6 mesi precedenti la richiesta di CIGS abbiano occupato mediamente almeno 15 dipendenti, inclusi apprendisti ed ipotesi di contratto di formazione e lavoro. La procedura di consultazione sindacale, gi descritta per lintervento ordinario della CIG, deve essere obbligatoriamente esperita nelle prime 2 ipotesi di cause integrabili sopra descritte (ristrutturazionee crisi). Richiesta di ammissione allintervento in cui si attesti lavvenuta consultazione sindacale e programma di risanamento vanno, poi, consegnati al Ministro (nelle ipotesi di crisi aziendale) o alla Direzione provinciale del lavoro (nelle altre ipotesi). La presentazione tardiva da luogo alla responsabilit dellimprenditore, che dovr corrispondere egli stesso lintegrazione. Il programma, tra laltro, va approvato dal Ministro del lavoro, previa istruttoria di un apposito comitato tecnico sulla base di criteri generali fissati dal Comitato Interministeriale di Programmazione Economica (CIPE) e tocca al Ministro concedere, con decreto, lintervento straordinario di integrazione salariale. Lintervento pu durare, in caso di ristrutturazione, riorganizzazione e conversione aziendale, al massimo 2 anni, salvo che limpresa, previo confronto con le r.s.a. o comunque con le organizzazione sindacali, non ne chieda una modificazione: il Ministro potr autorizzare massimo 2 proroghe, del periodo di 12 mesi luna, qualora il programma di risanamento presenti delle difficolt di attuazione. In caso, invece, di crisi aziendale, lintervento ha una durata limitata a 12 mesi, non prorogabile ed una nuova concessione, per la medesima causa integrabile, pu essere stabilita solo dopo un periodo pari ai 2/3 di quello relativo alla prima concessione. Abbiamo accennato a come la CIGS, nella seconda fase, fosse divenuta un surrogato dellindennit di disoccupazione, potendosi prolungare per periodo indefiniti. La L.223/1991, rispristinando la funzione originaria della CIGS, ha previsto un periodo massimo di trattamento straordinario pari a 36 mesi in un quinquennio per ogni unit produttiva, al di l della causa di concessione e salvo proroghe o casi in cui la CIG sia stata concessa in forza di un contratto di solidariet interna, secondo le condizioni stabilite dal Ministro. Tra laltro dopo il primo trimestre, lerogazione del trattamento avviene per periodi semestrali, qualora sia stata verificata la regolare attuazione del programma da parte dellimpresa, che tra laltro non potr chiedere lintervento straordinario per le unit produttive per cui ha richiesto quello ordinario. In forza del generale divieto di discriminazione diretta o indiretta dei lavoratori, per quanto concerne lindividuazione dei lavoratori da collocare in CIGS non deve essere attuata alcuna discriminazione o distinzione per sesso o per altro motivo. Limpresa, tra laltro, per continuare ad operare nel mercato, potrebbe non adottare meccanismi di rotazione tra i lavoratori, cos di fatto sfavorendo quelli collocati in CIGS e favorendo quelli rimasti a lavoro: essa deve indicarne i motivi allinterno del programma di risanamento, ma il Ministro del lavoro competente a verificarne la fondatezza e qualora egli ritenga che il
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meccanismo di rotazione debba operare ugualmente, pu tentare per 3 mesi di promuovere un accordo tra le parti; in mancanza di un accordo, stabilisce egli stesso il meccanismo di rotazione da attuare, ed in caso dinottemperanza dellimpresa, previsto un inasprimento del contributo addizionale per disincentivare il comportamento sfavorito. I lavoratori collocati in CIGS, inoltre, non possono rifiutarsi di partecipare e frequentare a corsi di formazione o riqualificazione, in quanto decadrebbero dal trattamento dintegrazione, almeno che la propria residenza non disti pi di 50km dal luogo del corso o che non sia raggiungibile lo stesso con mezzi pubblici in 80 minuti. Intervento della CIG nelle ipotesi di procedure concorsuali Abbiamo detto che anche le imprese sottoposte a procedure concorsuali possono far richiesta di CIGS nel caso in cui vi sia stata dichiarazione di fallimento, provvedimento di liquidazione coatta amministrativa, sottoposizione alla procedura di amministrazione straordinaria, ammissione a concordato preventivo con cessione di beni ed ammesso che NON SIA STATA DISPOSTA O SIA CESSATA LA CONTINUAZIONE DELLATTIVITA PRODUTTIVA. Se, infatti, lattivit continua il curatore, il liquidatore o il commissario possono ugualmente far richiesta di CIGS, ma per cause integrabili diverse ed avendo diritto ad un periodo di trattamento integrativo superiore rispetto ai 12 mesi previsti in caso di procedure concorsuali (aumentabili a 18 se sussistano prospettive di continuazione o ripresa dellattivit, tramite anche una cessione a qualsiasi titolo). Contratti di solidariet interna: nozione e disciplina legislativa Lintervento straordinario della CIG pu essere collegato anche ad un contratto di solidariet interna, introdotto nel 1985 al fine di salvaguardare loccupazione. Tramite tale contratto viene stabilito, in caso di crisi o di ristrutturazione aziendale, un sacrificio che coinvolge tutti i lavoratori, ossia viene distribuito tra gli stessi il tempo di lavoro disponibile, con conseguente diminuzione dellorario lavorativo e calo della retribuzione per tutti. Questo permette allimpresa di continuare ad operare senza ricorrere a licenziamenti dei dipendenti. Tale contratto pu riguardare tanto le imprese industriali, quanto quelle appaltatrici di servizi di mensa e ristorazione, quanto le imprese editoriali, nonch quelle commerciali con pi di 1000 (oggi 200) dipendenti. In tutti questi casi pu essere fatta richiesta di un trattamento di integrazione salariale, pari al 60% della retribuzione perduta per effetto della riduzione dellorario di lavoro, che pu essere corrisposto per un periodo di 24 mesi, rinnovabile per altri 24 (36 per il meridione). Agevolazione contributive sono previste per un biennio per i datori di lavoro. La CIG deve essere autorizzata dal Ministro del lavoro, su parere favorevole dellamministrazione regionale. Estensione progressiva dellambito di applicazione dellintervento straordinario della CIG Il trattamento straordinario dintegrazione salariale stato inizialmente concepito per le sole imprese industriali, mentre in seguito stato esteso a: Imprese industriali addette alla commercializzazione dei prodotti delle imprese aventi diritto alla CIGS; Imprese appaltatrici di servizi di mensa e ristorazione, nonch di servizi di pulizia, che esercitino il proprio lavoro presso unimpresa in crisi e soggetta a sua volta a CIGS;
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Imprese commerciali con pi di 200 (inizialmente dovevano essere 1000) addetti; Imprese artigiane su cui unaltra impresa industriale o commerciale, che abbia dato luogo ad intervento straordinario della CIG, abbia un influsso gestionale prevalente: occorre che limpresa artigiana dipenda, per pi del 50% del proprio fatturato, dalle commesse dellimpresa industriale o commerciale; Soci di cooperative di produzione e lavoro; Imprese operanti nel settore dellinformazione e delleditoria; Personale, anche navigante, di vettori aerei. Nel settore agricolo lintervento ordinario della CIG si ha anche in situazione che nel settore industriale diano luogo allintervento straordinario. Inoltre, anche dopo lemanazione della L.223/1991 e dei limiti rigidi da essa imposti, la CIGS stata spesso utilizzata anche in ambiti esclusi dal suo campo dapplicazione. CIG e sospensione del rapporto di lavoro: disciplina speciale e principi generali di diritto civile Abbiamo avuto modo di precisare, nel corso dei precedenti capitoli, che il contratto di lavoro un contratto a prestazioni corrispettive, in quanto alla prestazione lavorativa di una parte corrisponde quella retributiva dellaltra. Abbiamo anche sottolineato come, al di fuori dei casi di oggettiva impossibilit sopravvenuta della prestazione, limprenditore che rifiuti la prestazione lavorativa, sospendendo di fatto il lavoro, da considerarsi in mora credendi. E quindi ipotizzabile che, se dovessimo attenerci alle regole generali, dovremmo osservare che in molti casi in cui pu essere richiesta la CIG, sia ordinaria che straordinaria, non sussista realmente unimpossibilit sopravvenuta della prestazione retributiva, ma semplicemente una maggiore difficolt nelleseguirla, che non attribuisce allimprenditore il potere di sospendere il rapporto unilateralmente. La verit che alla base della sospensione del rapporto di lavoro vi un accordo, sia pure implicito, tra le parti, in forza del quale il lavoratore, dovendo scegliere tra la continuit del rapporto o le dimissioni per giusta causa, decide di accettare la sospensione dellattivit produttiva, che sta alla base del procedimento amministrativo di concessione dellintegrazione salariale. N.B. trattasi di paragrafo inutile ai fini dellesame, ma utile per capire il diritto in quanto tale. SEZIONE B: I LICENZIAMENTI COLLETTIVI I licenziamenti collettivi per riduzione di personale. Disciplina collettiva ed elaborazione giurisprudenziale A partire dal secondo dopoguerra sino allinizio degli anni 90, il legislatore si pi volte dedicato alla disciplina dei licenziamenti individuali, di cui abbiamo abbondantemente parlato, escludendo sempre e comunque che a tale disciplina fosse accomunabile quella inerente i licenziamenti collettivi, in quanto espressione del potere di organizzazione dellimprenditore, in grado di essere attuato in caso di esigenze di riduzione o trasformazione di attivit o di lavoro. Neanche la L.604/1966, che pure ha introdotto limiti sostanziosi al potere di licenziamento individuale, ha saputo far corrispondere un parallelo accrescimento della tutela dellinteresse collettivo. A tutelare lo stesso dovuta, pi volte, intervenire la giurisprudenza, in assenza di una specifica disciplina legislativa.
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La funzione suppletiva della giurisprudenza e le sua contraddizioni. La disciplina comunitaria Oltre agli accordi interconfederali, quindi, allinterno del sistema italiano non si sono avuti, fino agli anni 90, interventi legislativi inerenti il licenziamento collettivo. Per anni la giurisprudenza ha cercato di indirizzare il legislatore, dapprima prevedendo che, in mancanza di consultazione sindacale, il licenziamento collettivo venisse considerato come una somma di licenziamenti individuali; in seguito prevedendo che la riduzione o trasformazione di attivit o lavoro fosse un requisito per dar luogo al licenziamento collettivo, non essendo possibili licenziamenti dovuti ad altre motivazioni, come quelli tecnologici, scaturiti cio dallammodernamento degli impianti. In seguito la giurisprudenza tornata sui propri passi, includendo tra le motivazioni possibili dei licenziamenti collettivi, anche la riduzione dellattivit produttiva (purch definitiva). Insomma la giurisprudenza, per molto tempo, stata unica fonte della disciplina dei licenziamenti collettivi, seppur spesso sia entrata in contraddizione. Nel 1975 venne emanata, dal Consiglio delle Comunit Europee, la direttiva 75/129 in materia di licenziamenti collettivi, che lo Stato italiano lasci inattuata per anni, fino ad un richiamo della Corte di Giustizia nel 1985. Nel 1991 lo Stato italiano ha dato applicazione alla disciplina comunitaria, tramite la L.223. Tuttavia la direttiva comunitaria stata modificata altre 2 volte da altre due direttive, la 92/56 e la 98/59, di cui lo Stato italiano non ha tenuto conto, in quanto la disciplina interna stata ritenuta sufficiente ad integrare le due direttive successive. La Corte di Giustizia, comunque, ha richiamato allattenzione dello Stato italiano che la L.223/1991 non contempla il caso dei datori di lavoro non imprenditori, inclusi invece nella disciplina comunitaria, alche il legislatore italiano dovuto nuovamente intervenire. La disciplina delle riduzioni di personale introdotta dalla L.223/1991 La tanto auspicata disciplina sui licenziamenti collettivi arrivata nel 1991 con la L.223. Essa, oltre a regolare la fattispecie delleccedenza temporanea di personale, tramite la previsione della CIG, ha regolato anche lipotesi di eccedenza definitiva di personale, distinguendo tra collocamento in mobilit, nel caso in cui leccedenza si manifesti nel corso di un processo di ristrutturazione o di crisi aziendale per cui sia stato concesso lintervento della CIGS, e licenziamento collettivo per riduzione del personale, quando la decisione dellimprenditore prescinde dallintervento o meno della CIGS. A dire la verit la disciplina in materia si pu ritenere unitaria, al di l della differenza terminologica tra le due ipotesi, in quanto il legislatore, nella normativa inerente il licenziamento collettivo per riduzione del personale, molto spesso rinvia al caso di collocamento in mobilit. Va sottolineato, inoltre, come il licenziamento collettivo per riduzione del personale possa essere attuato anche in caso di applicazione della CIGS quando limpresa voglia ugualmente licenziare collettivamente al di fuori dellintervento della Cassa. La disciplina, tra laltro, dal 2004 si applica anche ai datori di lavoro non imprenditori, in quanto il legislatore italiano, per ottemperare alle previsione giurisprudenziale della Corte di Giustizia, ha previsto tale innovazione. Va notato, infine, come il collocamento in mobilit possa intervenire solo per le unit produttive con pi di 15 dipendenti, in quanto esse devono aver fatto ricorso alla CIGS, alla quale, come abbiamo gi detto, possono ricorrere solo le imprese con un tal numero di prestatori di lavoro.
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La procedura di collocamento in mobilit Abbiamo visto come, in tema di CIGS, sia necessario che il datore di lavoro proponga un piano di risanamento dellimpresa per poter avere accesso al trattamento integrativo e per evitare il licenziamento dei lavoratori. Qualora, nel corso dellattuazione di tale piano, limprenditore si renda conto di non poter evitare in alcun modo il licenziamento di tutto o di parte del personale, egli deve avviare una procedura di collocamento in mobilit. Nello specifico la procedura di mobilit prevede che: Limprenditore ha lobbligo di informare immediatamente ed analiticamente le r.s.a. ed i rispettivi sindacati di categoria della situazione di difficolt, indicando i motivi che determinano leccedenza ed impediscono il ricorso a soluzioni alternative, specificando il numero di lavoratori interessati e le relative mansioni; Copia della comunicazione deve essere inviata alla pubblica autorit, in particolare ai relativi uffici competenti regionali; Le r.s.a. e le associazioni di categoria, entro 7 giorni dal ricevimento della comunicazione, possono richiedere un esame congiunto della situazione per cercare, insieme allimpresa, una soluzione che eviti il licenziamento (procedura di consultazione); Se entro 45 giorni dalla consultazione non si trovano soluzioni reali al problema, il responsabile dellUfficio regionale competente, ricevuta comunicazione dellesito dellincontro, tenta una mediazione tra le parti (sindacati ed impresa) che deve esaurirsi entro 30 giorni (se i lavoratori interessati sono meno di 10, i termini diventano rispettivamente di 23 e di 15 giorni). Va specificato che il legislatore, pur di impedire il licenziamento dei lavoratori, permette alle parti di concordare anche cambiamenti di mansioni, in deroga allart.2103 c.c., cos come distacchi di pi lavoratori presso altre imprese, seppur momentanei. Collocamento in mobilit dei lavoratori eccedenti. Aspetti formali del recesso. Sanzioni per licenziamento illegittimo. Esaurita la procedura di mobilit, anche in assenza di accordo con i sindacati limprenditore pu procedere al collocamento in mobilit ed allesercizio del proprio diritto di recesse, tramite la risoluzione del rapporto di lavoro per ci che concerne i lavoratori in esubero. Ovviamente il legislatore ha previsto che dei criteri di scelta siano fissati in concerto con i sindacati pi rappresentativi, ma in assenza di un accordo di tal genere, limprenditore dovr osservare altri criteri: dovr tener conto dei carichi di famiglia, dellanzianit e delle esigenze tecnico-produttive ed organizzative dellimpresa. In ogni caso la percentuale di disabili da licenziare dovr equivalere alla percentuale dei disabili in caso di assunzione; inoltre dovr essere mantenuto il rapporto percentuale tra manodopera femminile e maschile, tenendo presente sempre le esigenze dellimpresa. Alcuna discriminazione, diretta o indiretta, potr essere posta in essere nel collocamento in mobilit. La comunicazione del licenziamento dovr essere individuale e rispettare la forma scritta, altrimenti sar inefficace, non producendo alcun effetto. Dovr, inoltre, essere rispettato lobbligo di preavviso ed una comunicazione con lelenco dei soggetti da licenziare dovr pervenire agli Uffici regionali competenti, con lindicazione dei criteri di scelta. La violazione dei criteri di scelta, tra laltro, comporter non linefficacia,
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bens lannullabilit del licenziamento, con la conseguente reintegrazione, a norma dellart.18 dello Statuto dei lavoratori, nel posto di lavoro. Il licenziamento sar impugnabile entro il termine di 60 giorni, anche in forma stragiudiziale, a pena di decadenza dal diritto allimpugnazione. Se uno o pi licenziamenti vengono annullati per violazione dei criteri di scelta, limprenditore, nel rispetto degli stessi, potr licenziare un numero pari di lavoratori, comunicandolo semplicemente alle r.s.a. Lo statuto dei lavoratori in mobilit: indennit di mobilit ed iscrizione nelle liste di mobilit. Cancellazione dalle liste di mobilit I lavoratori collocati in mobilit, qualora possano vantare un periodo di anzianit aziendale di almeno 12 mesi di cui 6 effettivi (inclusi i periodi di infortunio, ferie e festivit), hanno diritto allindennit di mobilit per un periodo di 12 mesi pari al trattamento dintegrazione salariale goduto prima del licenziamento, elevabile a 24 qualora il prestatore abbia compiuto 40 anni ed a 36 qualora ne abbia gi compiuti 50. Nei mesi successivi ai primi 12, comunque, lindennit diviene pari all80% di quella precedentemente goduta, tuttavia aumentata in base alla rivalutazione annuale dellISTAT. Lindennit, comunque, non pu essere corrisposta per un periodo superiore a quello di anzianit aziendale (se per esempio il lavoratore ha unanzianit aziendale di 18 mesi ed ha compiuto i 40 anni, non potr ricevere lindennit per 24 mesi, ma solo per 18). Tra laltro se un soggetto ha maturato i requisiti per la pensione di vecchiaia non ha diritto alla corresponsione dellindennit di mobilit; stessa cosa nel caso in cui percepisca una pensione di invalidit, incompatibile con la mobilit, al pari del sussidio di disoccupazione. I periodi di corresponsione dellindennit di mobilit vengono computati anche ai fini pensionistici. Un soggetto, tra laltro, pu chiedere la corresponsione in ununica soluzione, qualora egli abbia dei fini imprenditoriali. Dovr, per, restituire le somme percepite qualora, nel termine di 24 mesi, venga assunto e riprenda lattivit lavorativa. I lavoratori collocati in mobilit, inoltre, vengono iscritti in una lista di mobilit, la quale attribuisce loro il diritto di precedenza rispetto alle nuove assunzioni effettuate dalla stessa azienda nel termine di 6 mesi dal licenziamento; la legge, inoltre, assicura alle altre imprese degli incentivi economici e contributivi qualora assumano a tempo indeterminato un lavoratore in mobilit. Medesimi diritti hanno anche coloro che non percepiscono lindennit di mobilit per mancanza dei requisiti di anzianit aziendale: essi, di fatto, sono esclusi solo dagli interventi previdenziali a tutela del reddito. La cancellazione dalle liste di mobilit avviene alla scadenza dei periodi massimi per i quali prevista la corresponsione dellindennit di mobilit, anche per coloro che non ne hanno diritto. Ovviamente la cancellazione segue anche alla cessazione dello stato di disoccupazione, qualora il soggetto venga assunto da qualsivoglia impresa. La cancellazione, inoltre, pu avere anche un fine sanzionatorio, qualora il soggetto si sia rifiutato di prendere parte ad un corso di formazione o abbia rifiutato unofferta lavorativa professionalmente equivalente e che dai contratti collettivi risulti inquadrarlo in un livello retributivo solo del 20% inferiore rispetto a quello delle mansioni di provenienza. Il soggetto pu legittimamente rifiutarsi, senza incorrere nella cancellazione dalla lista di mobilit, qualora il corso di formazione o lofferta lavorativa propinatagli si svolgano in un luogo lontano pi di 50 km dalla propria residenza o non raggiungibile, tramite mezzi pubblici, in 80 minuti.

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Licenziamento collettivo per riduzione di personale: estensione delle norme sulla procedura, indennit ed iscrizione nelle liste di mobilit Prima di trattare il licenziamento collettivo per riduzione di personale, dobbiamo ricordarci che limprenditore che rientri nel campo di applicazione della CIGS e per cui ricorra una delle cause che potrebbero dar luogo allintervento straordinario della CIGS, non obbligatoriamente deve ricorrere alla stessa, potendo da subito optare per una riduzione del personale, qualora la stessa risulti definitiva da subito. Dobbiamo, infatti, tener conto della necessit di un programma di risanamento per poter accedere alla CIGS, che limprenditore non potrebbe mai porre in essere qualora sia convinto che la riduzione debba essere definitiva, anche se levenienza che egli opti per la riduzione del personale pu verificarsi anche in costanza della CIGS. In attuazione, quindi, della normativa comunitaria, il legislatore italiano, allinterno dellart.24 della L.223/1991, ha disciplinato il licenziamento collettivo per riduzione di personale, stabilendo che: Si applichi alle imprese con almeno 15 dipendenti; Si applichi in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attivit o di lavoro; Si applichi ad almeno 5 dipendenti nellarco di 120 giorni in ununica unit produttiva; Si applichi a licenziamenti riconducibili tutti alla medesima riduzione o trasformazione; Si applichi in caso di cessazione totale e definitiva dellattivit. Lesistenza di tali requisiti va riscontrata nella fase di attivazione della procedura, non in quella conclusiva: i sindacati possono anche convincere limprenditore a licenziare un numero inferiore di lavoratori, ma ci non cambia la situazione, in quanto si permane allinterno della disciplina del licenziamento collettivo. Un eventuale controllo giudiziario, inoltre, pu riguardare solo la sussistenza di una riduzione o trasformazione di attivit o di lavoro, ma non entrare nel merito delle scelte imprenditoriali; ovviamente occorre, anche, che vi sia un nesso di causalit tra scelta imprenditoriale e licenziamento. Per ci che concerne il rispetto dei criteri di scelta, del preavviso e dei vincoli formali, nonch tutti gli aspetti procedurali, si fa espresso rinvio allart.4 della L.223/1991 in materia di collocamento in mobilit. Stessa cosa per il regime di inefficacia ed annullabilit del licenziamento. La legge, tuttavia, nulla prevede in caso di mancanza del nesso di causalit tra licenziamento collettivo e scelta imprenditoriale di riduzione o trasformazione. C chi pensa che il licenziamento collettivo sia soggetto a differente disciplina, in quanto considerato come somma dei licenziamenti individuali. C chi crede che sia invalido per vizio procedurale e che quindi sia invalido e vada applicato lart.18 dello Statuto dei lavoratori. Va detto, comunque, che il licenziamento in tal caso presenta unanomalia, anche se non sono chiare le conseguenze della stessa. Il giudice, comunque, che ravvisi che dei licenziamenti individuali fondati su una riduzione o trasformazione di attivit o lavoro possano rientrare nellapplicazione dellart.24, pu statuire che essi siano inefficaci per inosservanza dei vincoli procedurali, dando cos la possibilit di operare allart.18 dello Statuto. Qualora, tra laltro, il licenziamento collettivo per riduzione di personale riguardi imprese che avrebbero potuto beneficiare dellintervento straordinario della CIG, previsto che i lavoratori licenziati abbiano
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diritto allindennit di mobilit ed alliscrizione nelle liste di mobilit (senza indennit per coloro che manchino del requisito di anzianit di 12 mesi). Il diritto alliscrizione nelle liste di mobilit stato previsto anche per i lavoratori dipendenti da datori di lavoro non imprenditori, cos come per quelli che abbiano subito un licenziamento collettivo ai sensi dellart.24 da imprese non soggette alla disciplina della CIGS. Oneri economici posti a carico delle imprese Il datore di lavoro che opti per una riduzione del personale e che sia soggetto alla disciplina della CIGS va incontro ad oneri economici sostanziosi, ossia al c.d. contributo di mobilit. Per ogni lavoratore licenziato secondo la procedura descritta dallart.4 L.223/1991 (collocamento in mobilit), limpresa deve corrispondere allINPS, in 30 rate mensili, un contributo pari a 6 volte il trattamento mensile iniziale di mobilit; deve corrispondere, invece, un contributo pari a 9 volte qualora abbia eseguito i licenziamenti secondo lart.24 della L.223 (licenziamento collettivo per riduzione di personale). Quindi, come possiamo notare, viene incentivato il ricorso alla CIGSS, proprio per una maggior tutela dei lavoratori. Nel caso in cui ci sia stato un accordo sindacale, gli oneri sono ridotti ad una somma pari a 3 volte il trattamento di mobilit; limprenditore ha diritto ad una riduzione degli oneri anche qualora si sia attivato per cercare occasioni di lavoro per i lavoratori licenziati. Dalla somma complessiva da versare allINPS, inoltre, limprenditore pu detrarre lanticipazione (una mensilit del trattamento massimo di CIGS per ogni lavoratore) versata prima della comunicazione dellattivazione della procedura di mobilit, che recuperer, tra laltro, qualora rinunci alla mobilit o licenzi meno persone. Limprenditore vede aggravarsi lonere a proprio carico qualora il collocamento in mobilit avvenga tra la fine del 12esimo mese dalla concessione della CIG e la fine del 12esimo mese successivo al completamento del programma di risanamento (limporto viene maggiorato del 5% per ogni mese di ritardo). Procedure concorsuali, collocamento in mobilit e licenziamento per riduzione di personale Nel caso in cui sia stata avviata una procedura concorsuale, gli organi della procedura (curatore, liquidatore o commissario) possono optare per diverse scelte, a seconda che sia stata o meno disposta la cessazione dellattivit. Se la continuazione dellattivit non possibile, lart.3 della L.223/1991 prevede che essi possano scegliere di ricorrere al licenziamento collettivo, oppure possono richiedere, laddove sia possibile, lintervento straordinario della CIG per procedura concorsuale, nel cui ambito attivare il collocamento in mobilita. Qualora, invece, lesercizio dellattivit continui, essi, operando come un qualunque imprenditore, possono scegliere la procedura di licenziamento per riduzione del personale in forza dellart.24 L.223, oppure richiedere lintervento straordinario della CIG, stavolta utilizzando come causa integratrice la ristrutturazione, riorganizzazione e conversione dellimpresa o la crisi aziendale, optando per il collocamento in mobilit. Il legislatore, riconoscendo la particolare situazione di imprese soggette a procedura concorsuale, esonera le stesse dal contributo di mobilit, oltre a prevedere tempi pi brevi per la consultazione sindacale. Dobbiamo sottolineare che, laddove sia attuato un trasferimento dazienda o di parte di essa, il trasferimento in se stesso non costituisce giustificato motivo di licenziamento, fermo restando il diritto dellalienante, o anche dellacquirente dopo la cessione, di attuare licenziamenti secondo la disciplina generale.

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Licenziamento collettivo in caso di datori di lavoro privati non imprenditori Si gi accennato al fatto che lItalia stata condannata dalla Corte di Giustizia per mancato ottemperamento alle direttive comunitaria, in quanto con la L.223/1991 non aveva incluso nella disciplina i datori di lavoro NON imprenditori. Ovviamente il legislatore italiano si conformato alla scelta della Corte nel 2004, integrando la L.223. Oggi, quindi, la disciplina contenuta nellart.24, inerente il licenziamento collettivo per riduzione del personale, si applica anche ai datori di lavoro non imprenditori, fermo restando che essi non debbano corrispondere il contributo di mobilit (e quindi neanche lanticipo in sede durante lavvio della procedura) e che i propri lavoratori licenziati non abbiano diritto allindennit di mobilit (in quanto non rientranti nel campo della CIGS), ma solo alliscrizione nelle liste di mobilit con i diritti che ne conseguono. Le sanzioni per licenziamento illegittimo sono le medesime previste per gli imprenditori, ossia inefficacia in taluni casi ed annullabilit in altri, con conseguente tutela reale a favore dei lavoratori prevista dallart.18 dello Statuto. Una sola eccezione prevista per le organizzazioni di tendenza (datori di lavoro non imprenditori che svolgono attivit di natura politica, culturale, sindacale, distruzione o religione, senza fini di lucro): in caso di inefficacia o annullabilit del licenziamento opera solo e soltanto una tutela obbligatoria e non reale. Residua area di operativit della disciplina interconfederale del 1965 La disciplina degli accordi interconfederali, unica disciplina (ricordiamo politica ma non legislativa) sul licenziamento collettivo presente prima della L.223, continua ad operare solo nel caso di licenziamenti collettivi sotto il punto di vista sindacale ma NON legale, o perch adottati da imprese con meno di 16 dipendenti o perch privi di requisiti numerici, temporali e spaziali. Interventi di carattere transitorio ed eccezionale in materia di mobilit. Prepensionamenti e mobilit lunga Cos come per la CIGS, anche in materia di mobilit il legislatore spesso intervenuto a favore dei lavoratori, attuando una disciplina non presente nella normativa a riguardo. Per esempio, molto spesso, si concessa la cosiddetta mobilit lunga a favore di quei lavoratori anziani di difficile ricollocazione allinterno del mercato del lavoro: a loro favore veniva prevista lindennit di mobilit, per un periodo protratto di tempo, che li accompagnasse fino al compimento dellet pensionabile. Praticamente una forma di prepensionamento o se vogliamo di mobilit con accompagnamento alla pensione. Altrettanto spesso, inoltre, si assistito allestensione, da parte del legislatore, del regime di mobilit nei confronti di lavoratori licenziati da imprese con meno di 15 dipendenti. SEZIONE C: SOSTEGNO ED INCENTIVAZIONE DELLOCCUPAZIONE Contratti di solidariet esterna ed altre misure analoghe Il continuo processo di terziarizzazione e le profonde modificazioni del sistema economico ed industriale, hanno fatto in modo, col passare del tempo, che si creasse una vera e propria crisi occupazionale, sia per i lavoratori gi occupati, sia per i giovani non ancora occupati.
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Per tali motivi si sono resi necessari degli interventi legislativi volti ad incentivare loccupazione da parte delle imprese, tramite nuovi sistemi: Il contratto di solidariet ESTERNA che, diversamente da quello di solidariet interna non tende ad evitare il licenziamento di lavoratori gi occupati, ma tramite un accordo con i sindacati pi rappresentativi, tende a promuovere loccupazione di nuovi lavoratori, con conseguente riduzione dellorario lavorativo e della retribuzione per i lavoratori gi occupati, che non beneficiano, tra laltro, di alcuna indennit integrativa da parte dello Stato. Le imprese, invece, beneficiano di incentivi finanziari. Solo i lavoratori pi anziani che accettino di lavorare a tempo parziale beneficiano di incentivi previdenziali; Nel 1991 stato previsto un altro tipo di contratto aziendale volto ad evitare i licenziamenti: tra unimpresa beneficiaria dellintervento straordinario della CIG da pi di 24 mesi ed i sindacati pi rappresentativi, pu essere stipulato un accordo in forza del quale, per favorire loccupazione di nuovi lavoratori o evitare licenziamenti, i lavoratori di et inferiore di non pi di 5 anni a quella prevista per la pensione di vecchiaia e che abbiano almeno 15 anni di contribuzione, possono chiedere la trasformazione del contratto da tempo pieno a part-time, godendo temporaneamente della retribuzione e del trattamento pensionistico; Nel 1994 sono stati concessi notevoli incentivi alle imprese che stipulino contratti part-time per incrementare gli organici esistenti, proprio a favore, quindi, delloccupazione. Lesperienza dei lavoratori socialmente utili Prima di parlare dei lavoratori socialmente utili, necessario specificare la distinzione esistente tra un sistema di welfare ed uno di workfare. Welfare significa benessere, assistenza, sussidio pubblico, aiuto sociale ed indica un sistema che tenda ad aiutare un lavoratore bisognoso tramite interventi previdenziali ed assistenziali. Il concetto di workfare, invece, diverso: in cambio dellaiuto sociale, del sussidio, dellintervento previdenziale ed assistenziale, il ricevente deve eseguire unattivit di assistenza, di utilit sociale. Il concetto di lavoro socialmente utile, introdotto dal D.Lgs.468/1997 proprio per promuovere loccupazione di nuovi lavoratori o occupare temporaneamente quelli che godono di trattamenti previdenziali (indennit di mobilit o di disoccupazione, CIGS), prevede che il soggetto venga impegnato in unattivit di utilit sociale, allinterno di progetti predisposti da soggetti pubblici e privati. Lesperienza dei l.s.u. avrebbe dovuto dare un contributo al sistema occupazione, riqualificando alcuni e collocandone altri, cosa che, invece, non accaduta. Il D.Lgs.81/2000 ha soppresso buona parte delle tipologie di l.s.u. Promozione delle cooperative di produzione e lavoro a fini occupazionali. Inserimento e reinserimento dei lavoratori nel mercato del lavoro Sempre nellottica di promuovere loccupazione, il legislatore ha previsto, con la L.49/1985, lintroduzione delle cooperative di produzione e lavoro, attraverso le quali si attua una mutualit imprenditoriale tra i lavoratori, molto spesso provenienti da aziende in crisi. Tali cooperative vengono incentivate dal legislatore, tramite un privilegio nei finanziamenti.

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Altri interventi hanno riguardato incentivi economici per le imprese che assumono lavoratori disoccupati o collocati in CIGS: gli incentivi consistono in aiuti economici, in sgravi fiscali o contributivi, o in erogazioni una tantum. Anche il D.Lgs.276/2003 che ha riformato il mercato del lavoro intervenuto in materia, prevedendo che le agenzie di somministrazione possano prevedere piani individuali dinserimento o reinserimento di lavoratori svantaggiati nel mercato del lavoro, e che venga meno, in tali casi, il principio di parit di trattamento tra lavoratori somministrati e lavoratori dipendenti dallutilizzatore, potendo questultimo attuare una diversa disciplina retributiva. Il soggetto che gode di unindennit di disoccupazione, decade da tale diritto qualora rifiuti unofferta in tal senso. Forme negoziali di sostegno al lavoro: contratto di reinserimento; lavoro accessorio; contratto di inserimento Per favorire ulteriormente loccupazione, il legislatore del 1991 e del 2003 ha previsto altri tipi di rapporto di lavoro: Contratto di reinserimento, introdotto dalla L.223/1991, destinato a lavoratori che fruiscano da almeno 12 mesi del trattamento speciale di disoccupazione (poi venuto meno) o della CIGS. Essi possono essere assunti con tale contratto da imprese che nellanno precedente non abbiano dato luogo a licenziamenti e che non abbiano, al momento dellassunzione, in corso una CIG. Il contratto deve rispettare la forma scritta ed essere inviato, in copia, allINPS ed alla Direzione provinciale del lavoro. I datori di lavoro che danno luogo a tale rapporto ricevono delle agevolazione contributive; Lavoro accessorio, introdotto dal D.Lgs.276/2003, destinato a categorie di soggetti a rischio di esclusione sociale o non ancora entrati nel mondo del lavoro o in procinto di uscirne, come dice la stessa disciplina. Si tratta di casalinghe, disoccupati da oltre un anno (che non perdono tale status), studenti, pensionati, disabili e soggetti in comunit di recupero, lavoratori extracomunitari che abbiano perso il lavoro da almeno 6 mesi. Essi potranno svolgere prestazioni di tipo accessorio qualora comunichino la propria disponibilit ai servizi per limpiego, che rilascer loro una tessera magnetica che attesti la loro condizione. Potranno svolgere attivit meramente occasionali (insegnamento privato, pulizia e manutenzione di edifici e monumenti, lavoretti in impresa familiare, piccoli lavori domestici e cose del genere). Il soggetto potr soddisfare le esigenze di qualsiasi committente, purch non riceva da ognuno di essi compensi superiori a 5000 euro. Sembra configurarsi, quindi, una fattispecie di lavoro autonomo. Il pagamento dagli utilizzatori/committenti ai soggetti esercenti lavoro accessorio dovr avvenire tramite specifici buoni, che il committente acquister presso le rivendite autorizzate e che il lavoratore tramuter in denaro presso il concessionario. I buoni sono esenti da imposizione fiscale, ma grava sul concessionario lobbligo di versamento contributivo allINPS ed allINAIL, una volta trattenute le proprie competenze. INTEGRAZIONE APPENDICE DI AGGIORNAMENTO: da segnalare che con specifico riguardo alle attivit agricole non integrano in ogni caso un rapporto di lavoro autonomo o subordinato le prestazioni svolte, da parenti e affini sino al quarto grado, in modo meramente occasionale o ricorrente di breve periodo, a titolo di aiuto, mutuo aiuto, obbligazione morale senza corresponsione di compensi, salvo le spese di mantenimento e di esecuzione dei lavori. Concludendo, va precisato come lapplicazione di questo istituto sia ancora in fase sperimentale perch la sua diffusione dipende in buona parte dalla costituzione di una rete informativa tra i
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diversi soggetti coinvolti nella gestione del sistema. In ogni caso utile distinguere tra il lavoro accessorio reso nei confronti delle famiglie e quello reso nei confronti delle imprese. Questultimo, infatti, presenta maggiori rischi di utilizzazione fraudolenta ed a tal fine sono stati individuati particolari limiti procedurali in sede di applicazione della normativa. Per tutti coloro che vogliano utilizzare il lavoro accessorio necessaria la registrazione anagrafica presso lINPS, ma solo per i lavori in agricoltura e nei settori del commercio, turismo e servizi sono necessarie alcune comunicazioni: le indicazioni anagrafiche relative al lavoratore e al periodo di svolgimento dellattivit occasionale, sono immesse telematicamente ed necessaria la comunicazione preventiva allINAIL. Contratto di inserimento, con finalit formative, di cui abbiamo gi parlato. Incentivi alloccupazione. Sostegno allautoimprenditorialit ed allautoimpiego Vi sono, infine, interventi diretti a fronteggiare la disoccupazione tramite la promozione delliniziativa imprenditoriale e dellautoimpiego (lavoro autonomo) nelle aree ad alta disoccupazione e per garantire uneguaglianza sostanziale tra i sessi. Tipico esempio la L.215/1992. INTEGRAZIONE APPENDICE DI AGGIORNAMENTO DELLINTERA SEZIONE C: abbiamo gi accennato a come gli ammortizzatori sociali siano spesso intervenuti, date le continue crisi di molti settori sia a livello nazionale che territoriale, al di fuori del proprio campo di applicazione ed a favore di imprese che non hanno mai contribuito finanziariamente a questo sistema previdenziale. E per tal motivo che spesso si parlato di ammortizzatori sociali in deroga. Nellanno 2009, a causa della crisi mondiale che assale anche lo Stato italiano, stata riconosciuta al Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro delleconomia e delle finanze, la facolt di concedere e prorogare trattamenti di cassa integrazione guadagni, mobilit e disoccupazione speciale, con riferimento a particolari settori produttivi o a particolari aree geografiche, sulla base di specifici accordi governativi e per un periodo massimo di 12 mesi. Ai lavoratori non rientranti nellambito della CIGS, poi, stata riconosciuta lindennit di disoccupazione ordinaria, a condizione che il 20% di tale indennit sia corrisposto dagli enti bilaterali istituiti dalla contrattazione collettiva. Infine, sperimentalmente per il biennio 2009-2011, anche ai lavoratori coordinati e continuativi, se in regime di monocommittenza e solo in caso di fine lavoro, stata riconosciuta unindennit pari al 10% del reddito percepito nellanno precedente. Ovviamente, nel caso di ammortizzatori in deroga, il lavoratore deve sottoscrivere una dichiarazione di immediata disponibilit al lavoro o ad un percorso di riqualificazione professionale.

FINE
N.B. per gli studenti: questopera non solo un riassunto del GHERA (anche), ma una rielaborazione personale dei temi in esso trattati. Aver scartato alcune parti e sottolineato limportanza di altre, non fa di me un docente, ma semplicemente uno studente che fa delle valutazioni personali. Dal canto mio, con una minima vena di vanto ed arroganza, possono dirvi che le mie rielaborazioni mi hanno sempre portato a conseguire voti non inferiori al 27. Tuttavia doveroso, da parte mia, precisare che ognuno di noi portatore di una singolarit che gli permette di recepire le informazioni in maniera diversa, migliore o peggiore che sia. Quello che posso assicurare che, allinterno della mia rielaborazione, non ho trascurato nulla di rilevante, ma pur sempre dal mio punto di vista, che potrebbe differire da quello degli assistenti e
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del docente. Vi invito, pertanto, ad integrare gli argomenti trattati con il libro di testo, scritto da un docente e luminare in materia, qualora lesposizione non vi abbia soddisfatti, o anche a confrontare la mia rielaborazione con quella di altri colleghi. Mi scuso in anticipo, inoltre, qualora doveste riscontrare errori grammaticali, dovuti, vi assicuro, alla stanchezza ed al peso specifico della materia. Rielaborare non mai semplice, per questo motivo in alcune parti ritroverete pari pari le parole del testo, magari selezionate a mia discrezione, magari ricopiate e basta. In altre, invece, troverete elementi di diritto privato (o anche commerciale) che il testo da per scontato che voi abbiate appreso, ma che io ho voluto ricordarvi ugualmente. Spero davvero che questa mini-opera possa esservi daiuto. Vi auguro di prendere un buon voto allesame!!! Foxshark

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