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Diritto del lavoro.

Cap. 2- Le fonti: Costituzione, legge e contratto nella disciplina


del rapporto di lavoro. Diritti fondamentali.

-Lavoro, persona, cittadinanza nell’impianto costituzionale.


La Costituzione pone il lavoro come il fondamento dell’Italia come repubblica de-
mocratica. Dall’art. 4 si evince il diritto alla libera scelta del lavoro e il dovere di
svolgere un’attività che concorra al progresso della società.
Il lavoro è una componente della cittadinanza.
È tutelato in tutte le sue forme ed applicazioni ed è investito dal principio di ugua-
glianza sostanziale. La condizione di subordinazione del lavoratore si riscontra nel
contratto di lavoro subordinato, in una situazione di dipendenza socio-economica
in cui il soggetto mette a disposizione le proprie energie lavorative a favore di un
altro soggetto.
Obiettivo del nostro ordinamento è promuovere una concezione di lavoro che as-
sicuri il pieno sviluppo della persona umana e la sua partecipazione all’organizza-
zione politica, economica e sociale del Paese.

-La priorità della Costituzione nella prospettiva interna ed esterna.


Da una prospettiva esterna è indiscussa la limitazione della sovranità nazionale,
ma anche l’esistenza di limiti alle fonti esterne, rappresentati dai principi fonda-
mentali dell’ordinamento. L’integrazione tra l’ordinamento nazionale e quello eu-
ropeo presenta spesso problematiche e incompatibilità, poiché quello europeo tal-
volta mette in discussione principi fondamentali dell’ordinamento nazionale.
Nella prospettiva interna il diritto di lavoro ha lo scopo di permettere al lavoratore
di integrarsi come persona nella società e di attivarsi come cittadino.
La Costituzione traccia una duplice tutela del lavoro:
Statica, attraverso le tutele dirette;
Dinamica, mediante il soggetto collettivo-sindacale il cui scopo è definire gli
interessi e gli assetti da perseguire per il lavoratore.
Da qui emerge l’elemento del contratto collettivo, che è uno strumento per con-
temperare esigenze di tutela del lavoro e di produttività dell’impresa e che svolge
il compito di produzione dinamica delle regole del lavoro.

-Subordinazione, organizzazione, inderogabilità.


Nel corso degli anni si è assistito ad un ampliamento delle tutele del lavoro subor-
dinato culminato con lo statuto dei lavoratori.
Una delle caratteristiche principali delle norme di lavoro è l’inderogabilità unila-
terale, posta a protezione del soggetto debole del rapporto. Questa protegge il con-
traente debole nella tutela dei valori costituzionali fondamentali di lavoro-persona-
cittadinanza. Assolve anche allo scopo di definire il quadro di regole necessario
per la leale concorrenza tra imprese, per evitare una competizione a ribasso sulle
condizioni di lavoro.
Il diritto al lavoro si è differenziato dal diritto comune dei privati, l’inderogabilità
non è, infatti, un tratto intrinseco delle norme del diritto privato.
L’inderogabilità trova applicazione sull’intero sistema di produzione delle regole
del lavoro e finisce per estendersi al contratto collettivo.
Vincolo derivante dall’inderogabilità del diritto del lavoro è l’indisponibilità del
tipo, quindi il tipo contrattuale è rigido verso le parti, che non possono apportare
modifiche o integrazioni, e sono proibiti schemi atipici.
Il legislatore deve operare nel rispetto dei principi, diritti e garanzie costituzionali
in materia di lavoro, e non può attribuire alle parti la facoltà di escludere l’appli-
cabilità della disciplina inderogabile prevista a tutela dei lavoratori.

-Legislazione speciale e attuazione costituzionale.


La fonte di diritto oggettivo della regolazione del contratto di lavoro e la legge.
In mancanza di diversa indicazione normativa, essa non può essere modificata in
senso peggiorativo per il lavoratore.
Il legislatore ha ampliato le tutele minimali e con lo statuto dei lavoratori, si è
mirato a creare un contrappeso sindacale al potere assoluto dell’imprenditore in
azienda, dando maggiore forza ad alcune posizioni individuali del lavoratore.
L’art. 18 dello statuto sottolinea l’importanza della protezione contro il licenzia-
mento. Il legislatore statutario si è posto l’obiettivo di rafforzare gli interessi del
lavoratore per raggiungere l’equilibrio del contratto di lavoro e per consentire al
lavoratore di esprimere sé stesso come persona all’interno dell’organizzazione po-
litica, economica e sociale del paese.
Con la crisi del 1973 e l’avvio della legislazione di emergenza, cambiano gli sce-
nari economici e ci si concentra sul contenimento del costo del lavoro a sostegno
delle imprese in crisi e ai relativi processi di ristrutturazione. Secondo la tesi so-
stenuta in quel periodo, maggior flessibilità significa minore tutela del lavoratore,
ma può portare ad una maggior possibilità d’impiego per coloro che sono privi di
lavoro. Questa tesi sarà poi rigettata.
Negli ultimi anni vi è un indebolimento dell’inderogabilità, com’è avvenuto per il
Jobs act, che ha introdotto regole riguardanti l’apposizione del termine al contratto
di lavoro e il licenziamento ingiustificato nel contratto a tempo indeterminato.
Portando un indebolimento della posizione del lavoratore circa la possibilità di
mantenere il proprio impiego lavorativo.
-La declinazione della relazione legge-contratto collettivo.
La legge rinvia al contratto collettivo ove a questo sono attribuiti poteri derogatori,
questa tecnica è definita garantismo collettivo, il legislatore vi ricorre per trovare
soluzioni tempestive.
Il modello di relazioni tra poteri pubblici e parti sociali è improntato a una colla-
borazione detta concertazione. Metodo usato dall’azione politica per ricercare il
massimo consenso possibile delle parti sociali.
Il legislatore ha posto un limite alla contrattazione collettiva, dato dall’inderogabi-
lità bilaterale della norma legale, che esclude qualsiasi tipo di modifica ad opera
dell’autonomia negoziale.

-Centralità del contratto collettivo.


Nella costituzione il contratto collettivo racchiude la libera attività sindacale, stru-
mento volto a compensare la debolezza del singolo lavoratore. Per garantire la tu-
tela del lavoratore è necessaria un’efficacia sul piano soggettivo, data dalla produ-
zione di vincoli nei confronti dei lavoratori, e oggettivo, cioè la sostituzione delle
difformi pattuizioni individuali.
Nella seconda parte dell’art. 39 è prevista l’efficacia nei confronti di tutti gli ap-
partenenti alla categoria riferita, ma non trova attuazione.
Per quanto riguarda l’efficacia erga omnes dei contratti si ci basa sull’effettività
delle relazioni che le parti sociali riescono a sviluppare facendo perno sull’unità
delle confederazioni sindacali, che hanno sviluppato un quadro di regole sul fun-
zionamento della rappresentanza sindacale (testo unico sulla rappresentanza).
È nata una nuova figura di contratto collettivo di prossimità che attribuisce il potere
di derogare alla legge e al contratto collettivo nazionale.

-Ruolo del contratto collettivo.


Inizialmente il contratto di scambio risponde a intenti conservatori e legittima l’au-
tocrazia aziendale, per cui il contratto diviene uno strumento di costrizione.
Dopo, la critica a questa concezione sfocerà nelle teorie istituzionalistiche comu-
nitarie, in cui il rapporto di lavoro trarrebbe origine dall’inserimento del lavoratore
nell’impresa. Questa sembra accolta dal codice civile che regola la subordinazione,
e inserisce la prestazione di lavoro nell’impresa, intesa come struttura gerarchica
e funzionalizzata all’interesse superiore della produzione nazionale.
Spesso si è chiesto maggiore spazio per l’autonomia individuale, consentendo alle
parti di modificare in senso migliorativo le norme di legge e il contratto collettivo.
Dal lato del datore di lavoro per la possibilità di contrattare con il lavoratore così
da consentire più elasticità del lavoro. Dal lato del lavoratore cosicché possa rea-
lizzare facilmente i suoi interessi e le proprie scelte.
Ridurre la rigidità del contratto collettivo e della legge è stata necessaria per af-
frontare la crisi economica. Ad assumere rilevanza è l’indebolimento della posi-
zione del lavoratore in seguito alla riduzione dei vincoli nella disciplina del con-
tratto a termine, e alla restrizione della tutela contro il licenziamento ingiustificato.

-Articolazione del potere legislativo tra Stato e regioni.


L’art. 117 ha distinto 3 tipi di potestà legislativa: esclusiva dello stato, concorrente
tra stato e regioni (ove lo stato indica i principi fondamentali e la regione dispone
la disciplina nel dettaglio) e residuale delle Regioni, per le materie non riservate
allo stato. Tutela e sicurezza del lavoro sono di competenza concorrente.
La previdenza sociale è attribuita alla potestà esclusiva statale, mentre la previ-
denza complementare e integrativa è attribuita alla competenza concorrente.

-Fonti di diritto internazionale.


Per quanto riguarda il diritto internazionale le fonti relative al diritto del lavoro
sono, i principi generali e le norme di carattere consuetudinario e i trattati interna-
zionali, la cui efficacia è subordinata ad un atto formale di ratifica ed esecuzione.

-Diritto del lavoro europeo.


Il diritto del lavoro europeo ha affrontato più fasi:
 Mercantile, che va dall’istituzione della CEE fino a metà anni 80, caratterizzata
dalla prevalenza delle esigenze di mercato e della libera concorrenza.
 Delle politiche sociali, che inizia a dare maggior importanza ai diritti sociali.
 Della costituzionalizzazione dei diritti sociali, che inizia con il trattato di Nizza
e con la proclamazione della carta dei diritti fondamentali dell’unione europea.
Questo procedimento si era fermato nel 2004, ed è ripreso nel 2009 con il trattato
di Lisbona. Alcuni paesi hanno scelto di limitare il rilievo della carta europea nei
propri ordinamenti (Regno Unito).
Nel 2017 è stato proclamato il Pilastro europeo dei diritti sociali, che comprende
un elenco di principi e diritti fondamentali, anche se non è un atto formalmente
vincolante. Negli ultimi anni, a causa della crisi, ha avuto luogo un aggiustamento
del metodo di coordinamento delle politiche occupazionali, attraverso l’articola-
zione su base triennale e le misure di flexicurity volte a combinare la flessibilità e
sicurezza nel rapporto di lavoro e nel mercato di lavoro.

-Assetto delle fonti.


Le fonti vanno distinte in primarie e secondarie. I regolamenti sono fonti vincolanti
direttamente applicabili, le direttive sono fonti vincolanti non direttamente appli-
cabili, essendo necessario un atto di trasposizione.
La regolamentazione delle materie di politica sociale può avvenire anche mediante
la contrattazione collettiva europea, con un procedimento normativo speciale.
Ruolo importante svolge la corte di giustizia che agisce come Corte internazionale
quando vi sono controversie tra stati membri e opera come Corte europea negli
altri casi. Negli ultimi anni è stato difficile approvare nuove direttive, quindi ci si
è spostati su misure non vincolanti.

-Competenze dell’Ue in materia di politiche sociali.


Vi sono una serie di materie di politica sociale e diritto del lavoro di competenza
dell’UE. Per ripartire le competenze tra unione e stati membri si ricorre al principio
di sussidiarietà. Per 4 settori specifici opera la procedura legislativa speciale in cui
il Consiglio delibera all’unanimità, previa consultazione del parlamento, per le al-
tre opera la procedura legislativa ordinaria.
Le materie di retribuzione, diritti di associazione, diritto di sciopero e diritto di
serrata sono escluse dalla competenza dell’Ue.

-Diritti fondamentali dei lavoratori.


Per quanto riguarda i diritti fondamentali la loro qualificazione distingue i diritti
per il rango che occupano nella gerarchia delle tutele. Nell’ambito dei diritti pre-
visti dalla Costituzione bisogna distinguere quelli fondamentali.
L’orientamento preferibile si basa su 2 aspetti: Formale, pone in rilievo la tipologia
delle fonti che riconoscono i diritti fondamentali; Sostanziale, rimarca la connes-
sione dei diritti fondamentali con determinati valori irrinunciabili.
Questo approccio è sintetizzato in una sentenza della Corte di cassazione che
elenca anche i documenti sopranazionale da cui dedurre tali diritti.
La fase della costituzionalizzazione nazionale è stata caratterizzata dalla contrap-
posizione di 2 scuole di pensiero: una voleva tradurre in tutele rigide legali tutti i
diritti riconosciuti ai lavoratori dalla costituzione; l’altra voleva puntare sul plura-
lismo sociale come base del diritto del lavoro e da intendersi come riconoscimento
graduale dei diritti dei lavoratori affidato soprattutto alla contrattazione collettiva.
Importante è quindi il fondamento costituzionale del potere collettivo.
Nella costruzione del diritto dell’Ue il fulcro erano le 4 libertà economiche e la
cultura politica ed economica liberista. Ciò ha fatto sì che la costruzione del mer-
cato unico europeo coinvolgesse solo limitatamente le istituzioni sociali, e che ci
fosse una scarsa attenzione per i diritti sociali.
Dal 2000 si è lavorato per stilare una carta contenente i diritti fondamentali degli
europei tra cui si trovano i diritti sociali individuali e collettivi, da bilanciare con
le 4 libertà fondamentali.
L’OIL dispone la dichiarazione relativa ai principi e ai diritti fondamentali del la-
voro. Dal 2016 si stanno affermando movimenti politici che sottolineano l’impor-
tanza dei propri stati nazionali, un esempio è avvenuto nel 2017 con il Pilastro
europeo dei diritti sociali. Le fonti da cui ricavare l’insieme dei diritti fondamentali
sono varie. Bisogna partire dalla carta dei diritti fondamentali dell’Ue.
Fanno parte dei diritti fondamentali quelli alla dignità umana, alla libertà (in par-
ticolare per la protezione dei dati di carattere personali e alla libertà di riunione e
di associazione) e alla libertà di impresa.
Per quanto riguarda i diritti dell’uguaglianza, l’uguaglianza formale riconosciuto
dall’Ue ha un’ampiezza maggiore rispetto a com’è nella carta italiana. Mentre il
concetto di uguaglianza sostanziale non è menzionato dalla carta dell’Ue.
Nella carta dell’Ue non è menzionata la libertà di organizzazione sindacale, seppur
garantita da alcune convenzioni OIL.
Per quanto riguarda le tutele al minore la carta dell’Ue sancisce il divieto di lavoro
minorile, facendo coincidere l’età minima per lavorare con l’età in cui termina la
scuola dell’obbligo. La costituzione garantisce ai minori, a parità di lavoro, il di-
ritto alla parità di retribuzione.
La carta UE riconosce ad ogni persona il diritto ad un congedo di maternità retri-
buito e a un congedo parentale dopo la nascita o adozione di un figlio.
Per la carta UE la tutela contro il licenziamento ingiustificato rappresenta un diritto
fondamentale del lavoratore.
I diritti sociali sono da collegare al Welfare State, che è costruito intorno ai diritti
dei lavoratori.

-Contenuto dei diritti fondamentali.


Per ogni diritto bisogna verificare l’articolazione della legislazione di dettaglio, i
meccanismi sanzionatori ecc, e da questo si creano spazi di differenziazione tra i
vari diritti nazionali. Vi è un intreccio di fonti che intervengono sui diritti fonda-
mentali, perciò ci si affida a 2 principi:
Il primo riguarda la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamen-
tali;
Il secondo è la garanzia del contenuto essenziale del diritto.
I diritti riconosciuti dalla carta Ue e dalla costituzione possono subire delle limita-
zioni al loro esercizio, che devono essere previste dalla legge, essere necessarie e
rispondere a finalità di interesse generale o all’esigenza di proteggere i diritti e
libertà altrui.
Per quanto riguarda l’ambito di applicazione della carta Ue si prevede che le di-
sposizioni si applicano alle istituzioni, organi e organismi dell’Unione come agli
Stati membri nell’attuazione del diritto dell’Unione. Quindi i diritti riconosciuti
dalla carta non possono essere imposti ai singoli Stati se sullo specifico istituto non
vi siano già altre norme del diritto dell’Unione già vincolati.

-Ruolo dei diritti fondamentali nel diritto del lavoro.


Il diritto del lavoro è in trasformazione, poiché il lavoro è oggetto di una relazione
contrattuale che si ritrova in un contesto di mercato. Esso rischia di essere domi-
nato da teorie o ideologie di tipo iperliberista che richiamano all’analisi economica
del diritto, che rende il contratto uno strumento più funzionale al mercato che alla
garanzia di determinati diritti. Una reazione a queste teorie si manifesta nel tenta-
tivo di considerare il lavoro come bene comune, cioè posseduta da tutti e da garan-
tire indipendentemente dalla relazione contrattuale.

Cap. 4.-I contratti di lavoro.


-Contratto di lavoro come espressione di autonomia negoziale privata.
Col termine contratto intendiamo la fonte volontaria dei diritti e doveri connessi
ad un rapporto di lavoro. Mediante questo strumento ci si libera dai sistemi prece-
denti caratterizzati dalla schiavitù e dai sistemi servili, basati su restrizioni della
libertà personale.
Il concetto di giustizia da porre alla base della regolamentazione del contratto in-
dividuale, essendo connesso ad un’economia di mercato, segue le logiche della
giustizia commutativa. Tuttavia avendo alla base il concetto essenziale del lavoro
risponde a logiche di giustizia distributiva.
È l’intervento della legislazione inderogabile a mitigare le preoccupazioni di un
uso strumentale della funzione organizzativa del contratto. I suoi contenuti nego-
ziale vengono determinati dalla legge o dalla contrattazione collettiva.

-Le parti.
Le parti del contratto individuale di lavoro sono:
 Il datore di lavoro, cioè la figura del capo dell’impresa da cui dipendono gerar-
chicamente i suoi collaboratori. L’applicazione della disciplina sul lavoro su-
bordinato è estesa ai rapporti non inerenti all’esercizio di un’impresa, in quanto
compatibile con la specialità del lavoro.
 Il lavoratore, importante è la sua capacità giuridica. Con la maggiore età si ot-
tiene la normale capacità di agire, fatte salve le leggi speciali che stabiliscono
un’età inferiore in materia di capacità a prestare lavoro. L’età minima per lavo-
rare è sottoposta al duplice requisito: compimento dell’età minima prevista (16
anni) e l’assolvimento dell’obbligo di istruzione (per almeno 10 anni).

-La disciplina della forma e della volontà negoziale.


Al contratto si applica il principio generale della libertà della forma: la stipulazione
del contratto non richiede particolari requisiti formali e può essere anche pattuita
verbalmente. Eccezioni si trovano nella disciplina dei contratti di lavoro flessibile
per i quali è richiesta la forma scritta.
In capo al datore di lavoro vi sono una serie di obblighi di informazione, da fornire
al lavoratore entro 30 giorni dalla data di assunzione per quanto concerne: luogo
di lavoro, durata, qualifica attribuita, orario di lavoro, durata delle ferie ecc.
Oltre all’obbligo di consegnare ai lavoratori una copia della comunicazione
dell’instaurazione del rapporto di lavoro, prima dell’inizio dell’attività lavorativa,
è imposto l’obbligo ai datori di lavoro privati di tenere un libro unico del lavoro
dove iscrivere tutti i lavoratori subordinati, collaboratori, gli associati ecc.
Nel lavoro pubblico la scelta del contraente incontra il limite previsto dall’art. 97
della Cost.: la stipulazione del contratto deve avvenire a seguito di formali proce-
dure selettive e direttive per accertare la professionalità del lavoratore e la scelta
del contraente è subordinata alla collocazione nella graduatoria.
L’accordo deve essere immune da vizi del consenso:
 Non vi deve essere errore che possa incidere sul processo di formazione del
consenso, che deve essere essenziale e riconoscibile;
 Non vi deve essere dolo che consiste in raggiri ai quali ricorre uno dei contraenti
per indurre in errore l’altra parte. Affinché sia rilevante è sufficiente provare
che, senza dolo, la parte indotta non avrebbe mai concluso l’accordo;
 La simulazione si distingue fra: relativa in cui l’accordo dissimulato è valido
perché sussistono i requisiti di forma e sostanza, e assoluta in cui il contratto
non produce effetti tra le parti.

-Patto di prova.
Il patto di prova consiste nella previsione di un periodo iniziale in cui le parti pos-
sono recedere senza obbligo di preavviso. È un elemento accidentale previsto dal
contratto di lavoro, da considerare come una condizione risolutiva del contratto,
dato che la sua prosecuzione viene preclusa dall’esito negativo della prova.
Tale patto deve risultare da atto scritto, la cui mancanza determina una nullità solo
parziale del contratto. Deve contenere la specifica indicazione delle mansioni da
espletare, senza la quale non è possibile un’effettiva valutazione di capacità e pro-
fessionalità. La durata della prova è stabilita dai contratti collettivi e non può ec-
cedere i 6 mesi. Occorre che si consenta un effettivo svolgimento della prova.
In caso contrario, il lavoratore può impugnare il licenziamento se determinato da
motivi illeciti, e se vi è interruzione del periodo prima dei 6 mesi il lavoratore può
chiedere di proseguirla fino alla scadenza del periodo pattuito, o vedersi risarcito
il danno, quantificato con riguardo alle retribuzioni dovute durante la prova.

-La fattispecie contrattuale sotto il profilo causale.


È prestatore di lavoro subordinato colui che si obbliga mediante retribuzione a
collaborare nell’impresa prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle
dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore.
Il contratto di lavoro è un contratto di scambio, nel quale una parte si obbliga a
collaborare con l’altra mediante una retribuzione, da fissare in maniera proporzio-
nata alla quantità e qualità del lavoro prestato e sufficiente a garantire al lavoratore
un’esistenza libera e dignitosa.
Il contratto di lavoro ha una funzione organizzatrice in quanto l’adempimento della
prestazione lavorativa deve realizzarsi sotto la direzione dell’imprenditore.
Nel lavoro subordinato la prestazione deve essere eseguita personalmente dal la-
voratore ed è definita solo a grandi linee nel contratto (le modalità di esecuzione).
Nel lavoro autonomo sono le condizioni stabilite dal contratto a legittimare inter-
venti del datore di lavoro, volti a verificare che la prestazione non si discosti dagli
impegni negoziali presi.
Si è introdotto l’istituto della certificazione che comporta che il contratto può es-
sere sempre sottoposto a verifica giudiziale per difformità tra il programma nego-
ziale e la sua successiva attuazione, con la conseguenza che prevale la qualifica-
zione giudizialmente accertata.

-La fattispecie contrattuale e le sue ricadute socio-strutturali.


L’attività lavorativa subordinata determina la dipendenza dall’organizzazione,
cioè che il lavoratore dipende dall’attività organizzatrice del suo datore di lavoro.
La funzione organizzatrice del contratto di lavoro genera subordinazione e quindi
dipendenza.
L’ordinamento è tenuto a tutelare il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni,
perciò deve tenere conto della dipendenza, che richiede regole per far sì che non
generi un eccesso di dipendenza inaccettabile.

-Tendenza del 3° millennio.


La dipendenza richiede interventi correttivi. Si è intervenuti sulla fattispecie con-
trattuale, sottoponendo a limiti tutti i poteri organizzati dal datore di lavoro.
L’ordinamento ha prodotto un potenziamento degli strumenti legali per garantire
ai lavoratori una rappresentanza correttiva, garantendo il diritto di sciopero e la
contrattazione collettiva. Ciò ha comportato la nascita di altre fattispecie dirette a
realizzare una collaborazione coordinata e continuativa tra impresa e lavoro
(co.co.co).
Vi è una fuga dalla subordinazione, si è registrata una domanda crescente di colla-
borazione senza subordinazione, ciò ha generato una frammentazione del mercato
del lavoro.
Con la riforma Fornero ci si pose l’obiettivo di rendere dominante il contratto di
lavoro a tempo indeterminato e di incentivare i contratti flessibili con più garanzie.
Ma si finì ad intervenire sulla flessibilità del lavoro, riducendo i vincoli al licen-
ziamento che rappresentano lo strumento contro la subordinazione che genera in
dipendenza.
Con il Jobs act è stata rivisitata la riforma Fornero, per rendere più chiara la ridu-
zione dei vincoli al potere di licenziamento per tutti gli assunti con contratti a tutele
crescenti, il quale è l’unico contratto utilizzabile per assumere lavoratori subordi-
nati a tempo indeterminato da marzo 2015.

-La parasubordinazione.
L’art. 409 c.p.c. estendeva le regole del processo sul lavoro anche a prestazioni
lavorative coordinate e continuative senza vincolo di subordinazione (co.co.co)
che aprono la strada della parasubordinazione.
Requisiti per l’applicazione dell’art. 409 sono:
 Continuità, ricorre quando la prestazione non è occasionale;
 Coordinazione, cioè la connessione funzionale derivante da un inserimento
nell’organizzazione aziendale;
 Personalità, si ha nel caso di prevalenza del lavoro personale del contraente
sull’opera svolta da collaboratori.
I co.co.co. hanno il vantaggio di non avere rigidità legislativa e di essere meno
costosi, perché non vi è applicazione delle aliquote degli oneri previdenziali.
Tra gli anni 70/80 cresce l’impiego di contratti di lavoro autonomo, insieme all’af-
fermazione di nuove professionalità che utilizzano forme contrattuali diverse dal
lavoro subordinato (contratti a termine, part-time).
Nel 2003 la riforma Biagi introduce le collaborazioni coordinate a progetto
(co.co.pro) che si affiancano alle co.co.co.
Per la stipulazione del contratto per i co.co.pro occorre la forma scritta, e il lavoro
a progetto deve essere riconducibile a 1 o + progetti specifici determinati dal com-
mittente e gestiti dal collaboratore. Vengono previste alcune precauzioni per evi-
tare l’abuso dei co.co.pro.: il progetto deve essere legato ad un determinato risul-
tato e non può comportare lo svolgimento di compiti esecutivi e ripetitivi, oltre ad
avere una durata predeterminata o determinabile.
Il Jobs act ha abrogato i co.co.pro e diviso i co.co.co in:
Liberamente stipulabili anche a tempo indeterminato da tutti i datori di lavoro
privati, purché abbiano determinate caratteristiche da distinguerli dalla presta-
zione di lavoro subordinato;
Che si concretizzano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, conti-
nuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente;
Individuati da specifiche discipline sul trattamento economico, contenute in ac-
cordi collettivi stipulati dai sindacati o perché riguardanti esercizio di profes-
sioni intellettuali, prestazioni svolte in ambito di organismi collegiali, presta-
zioni a fini istituzionali in favore di associazioni ed enti che svolgono attività
sportiva.

-Lavoro occasionale.
Si può fare ricorso al lavoro occasionale se lo svolgimento della prestazione dà
luogo a compensi di importo non superiore a 5000€, e per ciascun lavoratore o per
le prestazioni rese da ogni lavoratore in favore del medesimo utilizzatore che diano
luogo a compensi di importo non superiore a 2500€.
A tale lavoro possono ricorrere sia le persone fisiche che non esercitino attività
d’impresa/professionale, che società sportive mediante il libretto famiglia, acqui-
stabile mediante la piattaforma INPS per il pagamento di prestazioni occasionali
rese per lavori domestici, assistenza domiciliare, insegnamento privato ecc.
Gli utilizzatori privati che non possono usare il libretto, fanno ricorso al contratto
di prestazione occasionale, l’utilizzatore deve dichiarare all’INPS: i dati anagrafici
e identificativi del prestatore, il luogo di svolgimento della prestazione, la data e
l’ora d’inizio e di termine ecc.
È vietato ricorrere al lavoro occasionale per: -gli utilizzatori che hanno alle proprie
dipendenze + di 5 lavoratori subordinati; -le imprese del settore agricolo; -le im-
prese dell’edilizia; -nell’ambito dell’esecuzione di appalti di opere/servizi.
Le amministrazioni pubbliche possono adottare questa forma di lavoro in caso di
ipotesi temporanee o eccezionali (es. lavori di emergenza a seguito di calamità
naturali, attività di solidarietà ecc).
Sono riconosciute tutele come l’assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia, contro
gli infortuni sul lavoro o malattie, diritto al riposo giornaliero e pause e riposi set-
timanali.
Sono sanzionati pecuniariamente violazioni del divieto di utilizzare il lavoro occa-
sionale o ricorrere al contratto di prestazione occasionale senza comunicare
all’INPS i dati.

-Lavoro autonomo.
Sono garantite al lavoratore autonomo tutele come:
 Considerare abusivo il rifiuto del committente di stipulare il contratto per
iscritto;
 Considerare inefficaci le clausole contrattuali che attribuiscono unilateralmente
il potere di modificare il contratto o di recedere senza congruo preavviso nei
contratti di durata, o prevedere termini di pagamento superiori ai 60 giorni dal
ricevimento della fattura;
 Applicare l’abuso della dipendenza economica, che sanziona con nullità con-
dizioni contrattuali ingiustamente gravose o discriminatorie;
 Estendere le protezioni legate alla sicurezza sul lavoro, maternità, malattia ecc.
Nel 2019 sono state introdotte garanzie per i riders autonomi, che sono definiti
“lavoratori autonomi che svolgono attività di consegna di beni per conto altrui, in
ambito urbano e con l’ausilio di velocipedi a motore… attraverso anche piatta-
forme digitali. La legge impone:
Un contratto stipulato per iscritto;
Criteri per la determinazione di un compenso complessivo fissato da contratti
collettivi o il diritto ad un compenso minimo orario pari ai minimi tabellari pre-
visti dai contratti collettivi nazionali di settori affini;
Indennità per lavoro notturno, festivo o con cattivo tempo;
Divieti di discriminazione, protezione dei dati personali e coperture assicurative
contro infortuni sul lavoro.

-Lavoro agile/ Smart work.


Si è introdotto uno strumento per favorire la flessibilità dei tempi e dei luoghi di
svolgimento del lavoro subordinato, detto lavoro agile (smart work), caratterizzato
da:
 Assenza di alcuni vincoli riguardanti il lavoro (luogo di svolgimento);
 Assenza di precisi vincoli di orario di lavoro;
 Possibile utilizza di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività.
Tale istituto è stato introdotto per incrementare la competitività delle imprese ed
agevolare la conciliazione fra tempi di lavoro e non lavoro.
La modalità di tale lavoro è stabilita con un accordo scritto tra le parti, mentre la
legge rimette alla volontà delle parti le forme di esercizio del potere direttivo e di
controllo sulla prestazione.
Vi è la protezione della salute e del rischio di confusione fra tempi di lavoro e non,
con previsione obbligatoria di tempi di riposo e delle misure utili alla disconnes-
sione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche del lavoro.

-Lavoro e organizzazioni in forma associativa.


Per il lavoro a favore di organizzazioni che ricorrono alle forme di tipo associativo,
si parla di contratto di associazione in partecipazione, questo contratto dissimula
un rapporto di lavoro subordinato nel quale l’associante compensa l’associato con
una quota degli utili derivanti dalla gestione dell’impresa.
È vietato che l’apporto della persona fisica associata sia una prestazione di lavoro.
Si ha un problema dove il socio-lavoratore conferisce la sua quota associativa in
termini di una prestazione lavorativa.
Nel caso in cui venga riconosciuta la natura subordinata al rapporto del socio-la-
voratore vengono riconosciute regole speciali in materia di licenziamento, retribu-
zione, diritti sindacali ecc.

-Rapporti speciali di lavoro.


Il diritto di lavoro da un lato tende a garantire diritti e tutele omogenee per tutti i
lavoratori, dall’altro tende a differenziare la regolamentazione del diritto di lavoro
in relazione a una serie di variabili, ritenute meritevoli di rilevanza.

-Contratto di lavoro e pubbliche amministrazioni.


La disciplina dei rapporti di lavoro con le P. A., fino alla riforma sulla privatizza-
zione, era caratterizzata da tratti di marcata specialità, giustificata dalle peculiarità
giuridiche, istituzionali e organizzative del datore di lavoro, e quindi incentrata su
una disciplina contenuta in leggi o fonti unilaterali con l’esclusione delle pattui-
zioni individuali o collettive.
Questa configurazione giuridica era sensata poiché le P. A. erano costituite da mi-
nisteri o da organizzazioni simili. Quando i ministeri iniziarono a perdere la loro
centralità ci si accorse che la concezione giuridica del lavoro pubblico non era al
passo con i principi del diritto sindacale, col tempo si giunse alla privatizzazione
del pubblico impiego. Parte dei rapporti di lavoro con le P.A. vengono assoggettate
alla disciplina che si applica ai rapporti di lavoro subordinato. Si stabilisce che:
 I rapporti di lavoro dei dipendenti delle P.A. sono regolati contrattualmente,
ponendo a fondamento del sistema regolativo il contratto individuale e collet-
tivo;
 Tutti gli atti di organizzazione degli uffici e di gestione dei rapporti di lavoro
sono assunti secondo le regole del codice civile e delle leggi sul lavoro nell’im-
presa, salvo alcune eccezioni.
Restano escluse dalla privatizzazione alcuni dipendenti pubblici, poiché a causa
della delicatezza della loro funzione pubblica si preferisce la disciplina pubblici-
stica.

Cap. 5- Fenomeno sindacale e Costituzione.


-Lavoro e interesse collettivo-sindacale.
Il singolo lavoratore tende ad unirsi ad altri individui, nelle sue stesse condizioni,
con fine principale di contrattare le regole del rapporto di lavoro.
La scelta di aggregarsi corrisponde alla necessità dei lavoratori di difendersi dal
potere del datore di lavoro, contro ogni forma di sopruso e sfruttamento.
Il fenomeno sindacale è finalizzato a garantire ai suoi membri la capacità di con-
trattare le condizioni di lavoro senza subire le pressioni del datore di lavoro.
Seppur nasce per sostenere l’individuo, si basa sul concetto di interesse collettivo,
quindi il singolo deve essere disposto a mettere in discussione il proprio interesse,
poiché aggregandosi accetta di coordinarsi con gli altri.
Gli interessi individuali costituiscono il punto di partenza per il raccordo intersog-
gettivo, nel quale le originarie impostazioni acquistano un nuovo contenuto.
Il singolo ha libertà di uscire da un gruppo, esistono diverse organizzazioni sinda-
cali.

-Soggetti sindacali e moduli organizzativi.


Il principio costituzionale della libertà sindacale assicura al soggetto sindacale la
più ampia scelta di moduli e strutture. Si distinguono:
Sindacato di mestiere, che fa riferimento al mestiere esercitato dai lavoratori;
Sindacato per ramo d’industria, che fa riferimento all’attività svolta dalle im-
prese e quindi al settore produttivo.
Sindacati confederati (CGIL, CISL, UIL), in esse sono poi confederate diverse
organizzazioni sindacali di categoria (federazioni) es. FIM in CISL. A livello
europeo tali sindacati aderiscono alla Confederazione europea dei sindacati
(CES) e alla confederazione sindacale internazionale (CIS);
Sindacati autonomi, cioè organizzazioni sindacali sorte per la tutela degli inte-
ressi più circoscritti, di specifiche professioni o settori.
Le federazioni esercitano la rappresentanza dei lavoratori del settore di riferimento
e svolgono l’attività di contrattazione collettiva per la categoria produttiva.
Le confederazioni definiscono le strategie dell’azione politica e sindacale e coor-
dinano le federazioni aderenti. La loro attività si concretizza con la stipula degli
accordi interconfederali, volti ad indicare e definire discipline uniformi per una
pluralità di categorie.
Ulteriore distinzione è fra:
Strutture sindacali verticali, che riflettono l’articolazione interna sul territorio
di ciascuna federazione di categoria;
Strutture sindacali orizzontali, si riferiscono alle articolazioni intercategoriali
delle confederazioni, a loro volta strutturate in livelli regionali e provinciali.
Per quanto riguarda le organizzazioni dei datori di lavoro, abbiamo un’organizza-
zione verticale (associazioni) e una orizzontale (confederazioni). Ricordiamo Con-
findustria, Confcommercio, Confagricoltura, ciascuna con le proprie articolazioni
sul territorio. Vi sono organizzazioni a livello europeo come Business europe o
UAPME, che operano per le imprese medio-grandi/piccole, e la CEEP per le im-
prese pubbliche.
Negli ultimi anni per le organizzazioni datoriali vi è da un lato la tendenza ad ag-
gregarsi, in strutture associative che accordano ambiti sempre più estesi di rappre-
sentanza, dall’altro una tendenza all’articolazione e alla frammentazione organiz-
zativa.

-Contrattazione collettiva e struttura.


Le organizzazioni sindacali dei lavoratori e datori di lavoro danno vita a una rete
di relazioni, mirate alla regolazione dei rapporti di lavoro, mediante la contratta-
zione collettiva.
La struttura della contrattazione collettiva riflette l’articolazione dell’organizza-
zione sindacale e assume una struttura con diversi livelli, soggetti, competenze e
procedure. Vi sono 3 livelli di contrattazione:
 Accordi interconfederali, sono stipulati dalle confederazioni al fine di indica-
zioni o regolazioni normative uniformi per più categorie;
 Contratto di categoria, ha lo scopo di regolare a livello nazionale i rapporti in-
dividuali di lavoro;
 Contratto decentrato, è utilizzato per definire gli istituti del rapporto di lavoro
legati ai singoli contesti produttivi e organizzativi. Il contratto territoriale si sti-
pula nei settori dell’edilizia, del commercio e dell’agricoltura. Il contratto azien-
dale riguarda la singola impresa o anche ambiti + piccoli come una filiale.
Un accentramento della struttura contrattuale nelle fasi di difficoltà o scarso svi-
luppo economico riflettono una debolezza sindacale, mentre il decentramento della
struttura contrattuale, nei casi di andamento positivo dell’economia comporta una
crescita occupazionale.
Negli anni 50 assistiamo ad un predominio del livello interconfederale, poi
un’apertura per i contratti di categoria stipulati dalle varie federazioni.
Nel 1962 vi è l’affermazione della contrattazione collettiva articolata, dominata
dal CCNL, che rimette attraverso il rinvio alcune materie al livello di contratta-
zione aziendale.
Nel boom economico abbiamo un’autonomia tra i vari livelli contrattuali e una
contrattazione decentrata;
Negli anni 70 si assiste ad un accentramento mediante l’accordo interconfederale
sulla scala mobile;
Con l’ampliamento dei mercati e della competizione fra imprese ci sarà un nuovo
decentramento, e si riproporrà un’ordinata struttura contrattuale nel tentativo di
ridefinire il sistema sindacale assegnando al CCNL un ruolo centrale;
Agli inizi del nuovo secolo ha inizio la marginalizzazione dei grandi sindacati con-
federali, segnati dalla rottura dell’unità di azione tra le 3 confederazioni.
Nel 2014 con il T.U. sulla rappresentanza sindacale abbiamo un ripristino
dell’unità sindacale. Le parti condividono l’obiettivo di favorire lo sviluppo e la
diffusione della contrattazione collettiva di secondo livello, le cui competenze
sono delegate dal CCNL, per l’attivazione di strumenti utili per soddisfare le esi-
genze degli specifici contesti produttivi e gestire situazioni di crisi o per favorire
lo sviluppo economico e occupazionale.
Con l’accordo interconfederale Patto della fabbrica le parti sociali hanno confer-
mato il contenuto del T.U. del 2014 nonché il sistema sindacale nel suo complesso.
Viene dato rilievo alla rappresentatività dei datori di lavoro, al fine di contrastare
la frammentazione datoriale. L’accordo si propone di incentivare lo sviluppo della
contrattazione di secondo livello, orientando le intese aziendali verso il riconosci-
mento di trattamenti economici legati a reali e concordati obiettivi di crescita della
produttività aziendale. La tendenza al decentramento si è avuta anche con l’intro-
duzione del contratto collettivo di prossimità.

-La libertà di organizzazione sindacale.


L’art. 39 della Cost. dispone che l’organizzazione sindacale è libera, mostrando
l’intenzione del costituente di affermare il principio di libertà sindacale.
Anche il diritto di sciopero si inserisce in questo contesto.
Il principio di libertà sindacale è contemplato anche da fonti internazionali (Con-
venzione OIL), e in ambito europeo (carta dei diritti sociali fondamentali di Stra-
sburgo e di Nizza).
L’organizzazione sindacale è riconosciuta come formazione sociale dove si svolge
la personalità del singolo ed è riconosciuta come strumento per l’uguaglianza so-
stanziale.
Lo statuto dei lavoratori riconosce ai lavoratori di costituire associazioni sindacali
e di svolgere l’attività sindacale, vieta qualsiasi patto o atto diretto o subordinare
l’occupazione di un lavoratore all’adesione o alla non adesione al sindacato, di-
scriminandolo a causa della sua affiliazione. Sono vietati trattamenti economici
collettivi discriminatori per effetto di un’adesione o non adesione al sindacato.
Sul piano collettivo si ha il riconoscimento della libertà della forma del sindacato
e delle regole che disciplinano gli assetti e la sua organizzazione.
La limitazione dell’autonomia negoziale dell’organizzazione sindacale è ricono-
sciuta al legislatore solo per la salvaguardia di interessi generali e in situazioni
circoscritte. Il sindacato può assumere qualunque forma giuridica.

-L’ambito soggettivo.
La libertà sindacale è riferita alle esperienze tutela del lavoro subordinato e quindi
soltanto all’aggregazione dei lavoratori, mentre l’associazione datoriale è da ricon-
durre agli art. 18 e 41 della Cost.
Lo statuto dei lavoratori vieta a datori e alle loro associazioni di costituire o soste-
nere associazioni sindacali dei lavoratori, allo scopo di evitare ogni distorsione
della dialettica datori-sindacali. I lavoratori della polizia e delle forze armate hanno
diritto di aderire a organizzazioni sindacali solo se costituite e rappresentate da
appartenenti alla loro categoria, col divieto di affiliarsi e confederazioni esterne, è
vietato anche l’esercizio del diritto di sciopero.

-Sindacato e contratto collettivo con efficacia generale.


Il costituente ha approvato di configurare un micro-sistema funzionale all’attribu-
zione di efficacia soggettiva generalizzata al contratto collettivo, mediante l’art. 39
Cost. I sindacati sono chiamati a chiedere la registrazione, per cui è necessaria
l’adozione di uno statuto interno a base democratica. I sindacati registrati acqui-
stano personalità giuridica. I sindacati possono stipulare un contratto collettivo con
efficacia generale per tutti gli appartenenti alla categoria.
Le ragioni dell’inattuazione della seconda parte dell’art. 39 sono molteplici, a par-
tire dall’avversione delle organizzazioni sindacali sul controllo del numero degli
iscritti e sulla democraticità dello statuto necessario per la registrazione. Le grandi
confederazioni si trovano d’accordo nel preferire lo sviluppo del sistema sindacale
di fatto, basato sull’unità di azione fattuale tra le grandi confederazioni di lavora-
tori e il riconoscimento della controparte datoriale.

-La partecipazione sindacale.


L’art. 46 Cost. sancisce il fondamento della partecipazione sindacale, in cui si ri-
conosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle
leggi, alla gestione delle aziende. Solo grazie alla contrattazione collettiva negli
anni 70 avremmo le prime forme di partecipazione sindacale alla gestione delle
imprese, ma solo nell’ambito della partecipazione debole, circoscritta all’attribu-
zione di diritti di informazione o consultazione.

-Ricostruzione privatistica del fenomeno sindacale.


Le organizzazioni sindacali hanno scelto di assumere la forma scarsamente rego-
lata di associazione non riconosciuta, risultando autoregolate e dotate solo di sog-
gettività giuridica. L’ordinamento interno e l’amministrazione sono regolate dagli
accordi tra gli associati. L’associazione può stare in giudizio tramite coloro a cui è
conferita la presidenza o direzione. Da un punto di vista patrimoniale abbiamo il
fondo comune formato dai contributi degli associati, che costituisce la garanzia
patrimoniale per le obbligazioni assunte per conto dell’associazione, pur restando
ferma la responsabilità personale e solidale di coloro che hanno agito per nome e
per conto dell’associazione. Per quanto riguarda l’attività contrattuale dell’asso-
ciazione, dovrà basarsi sul potere di rappresentanza che il singolo lavoratore attri-
buisce all’associazione, mediante conferimento del mandato.

-Teoria dell’ordinamento intersindacale.


Con la teoria dell’ordinamento intersindacale abbiamo l’inquadramento del si-
stema sindacale di fatto, che si propone di superare i limiti dell’inattuazione della
seconda parte dell’art. 39 cost.
Si sostiene che il fenomeno sindacale rappresenta qualcosa di nuovo per l’ordina-
mento e le categorie dell’autonomia individuale non possono comprenderlo.
Le grandi organizzazioni sindacali e datoriale hanno dato vita a un sistema fattuale
di produzione di norme, finalizzato a garantire un equilibro dinamico tra gli inte-
ressi delle parti, dove assumono rilievo le regole sui rapporti individuali di lavoro
e quelle concernenti le relazioni tra soggetti collettivi.
Il fulcro di tutto è il reciproco riconoscimento delle parti, ciascuna riconosce l’altra
e la legittima come portavoce nell’ambito di riferimento.
Le grandi confederazioni si caratterizzano per l’unità di azione improntata su un
criterio di parità tra le stesse. Assume rilievo il concetto di rappresentatività, cioè
la capacità del sindacato di interpretare e tutelare in concreto gli interessi dei pre-
statori di lavoro. Vi sono dei rimedi autosanzionatori, il maggiore è lo sciopero al
quale ricorrere quando la controparte datoriale non rispetti le regole pattuite.
Cap. 9-Doveri del lavoratore e poteri datoriali.
-Principi e tecniche del contemperamento.
La subordinazione consiste nell’assoggettamento ai poteri del datore di lavoro e
nella previsione di obblighi in capo al lavoratore. Sul piano normativo ciò si tra-
duce nel vincolo di collaborazione e di cooperazione che lega il datore e il lavora-
tore. Al contratto di lavoro si ritiene applicabile gli art. 1175 e 1375 del c.c. che
impongono al debitore e creditore un comportamento improntato sulla correttezza
ed esecuzione del contratto secondo buona fede.

-Specificazione dell’obbligazione di lavoro.


Obblighi a carico del lavoratore sono:
Diligenza, in basa alla quale il lavoratore, nell’adempiere la propria prestazione,
è tenuto ad usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta,
dall’interesse dell’impresa e dall’interesse della produzione nazionale.
Parametri per determinare la diligenza sono: -Natura della prestazione, da cui si
deduce l’oggetto del contratto, è un parametro tecnico-professionale legato alle
abilità e alla preparazione richieste per lo svolgimento dell’attività lavorativa;
-Interesse dell’impresa, cioè il raccordo della prestazione con la specifica orga-
nizzazione imprenditoriale nella quale la prestazione deve svolgersi;
-Interesse della produzione nazionale, adesso privo di rilievo.
Obbedienza, cioè di osservare le disposizioni per l’esecuzione e per la disciplina
del lavoro che il datore di lavoro impartisce al lavoratore anche attraverso i suoi
collaboratori gerarchicamente in posizione di supremazia rispetto al lavoratore
stesso. Il lavoratore può rifiutare di adempiere se vi siano ordini illeciti o per
un’autotutela conservativa, cioè quando l’osservanza della disposizione do-
vesse pregiudicare alcuni diritti fondamentali del lavoratore.

-Obbligo di fedeltà.
L’obbligo di fedeltà impone un divieto di fare, a garanzia di specifici valori azien-
dali, come la capacita competitiva. Il lavoratore non deve trattare affari, per conto
proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, né divulgare notizie attinenti
all’organizzazione e ai metodi di produzione, o farne uso per arrecare pregiudizio
all’impresa. Vi sono:
 Divieto di concorrenza, vieta qualsiasi condotta del lavoratore pregiudizievole
per l’imprenditore e che si traduca in un vantaggio competitivo a favore di
un’altra impresa. Ciò mira a proteggere il datore della concorrenza differenziale.
 Divieto di divulgazione delle notizie relative all’impresa, inibisce la diffusione
di tutte le informazioni aziendali che possano pregiudicare l’impresa, ad ecce-
zione delle informazioni entrate nel patrimonio del lavoratore, che non sussiste
quando le informazioni riguardino segreti aziendali.
L’obbligo di fedeltà vincola il lavoratore per tutta la durata del rapporto, mentre al
momento della cessazione si ritiene che debba essere rispettato solo il patto di non
concorrenza, che non può essere prorogato per oltre 3 anni (5 per i dirigenti) dalla
cessazione. Per quanto riguarda le informazioni del segreto professionale si ritiene
che il divieto continui anche dopo la cessazione del rapporto.

-Il potere di controllo.


Il datore deve vigilare e controllare l’andamento dell’esecuzione della prestazione
lavorativa. L’ordinamento riconosce al datore di lavoro uno speciale potere di con-
trollo. Vengono previste una serie di tutele e garanzie nello statuto dei lavoratori.
Per quanto riguarda il personale di vigilanza, il nominativo e le mansioni devono
essere comunicate ai dipendenti interessati.
Non è consentito controllare in maniera occulta l’attività lavorativa del dipendente
attraverso dispositivi funzionanti a distanza.
Possibili controlli a distanza possono essere consentite solo per esigenze organiz-
zative e produttive, per la sicurezza del lavoro e la salvaguardia del patrimonio
aziendale. Tali strumenti possano essere installati previo accordo collettivo stipu-
lato dalla rappresentanza sindacale. Le informazioni raccolte sono utilizzabili a
tutti i fini connessi al rapporto di lavoro, a condizione che sia data al lavoratore
l’adeguata informazione delle modalità d’uso, nel rispetto della normativa sulla
privacy. Altre modalità di controllo possono riguardare gli accertamenti dello stato
di salute del lavoratore (accertamenti sanitari).
È vietato al datore di lavoro compiere accertamenti sull’idoneità e sull’infermità
per malattia o infortunio del dipendente, essendo possibile fare ciò solo attraverso
servizi ispettivi degli istituti previdenziali. Si mira ad evitare che i controlli siano
effettuati da un medico di fiducia.
Nelle fasce orarie di reperibilità il lavoratore ha l’onere di restare presso il proprio
domicilio per la visita medica, che necessita del consenso del lavoratore, il cui
diniego produce conseguenze disciplinari. L’irreperibilità ingiustificata è causa di
perdita o riduzione del trattamento economico previsto per malattia.
Le guardie giurate, impiegate per scopi di controllo e salvaguardia del patrimonio
aziendale, non possono contestare ragioni o fatti inerenti all’attività lavorativa di-
versi da vicende che riguardano la lesione dei beni aziendali.
Le visite personali di controllo sono ammesse solo in caso siano indispensabili, ma
devono essere eseguite all’uscita dei luoghi di lavoro, tutelando la dignità e la ri-
servatezza del lavoratore, e i lavoratori da sottoporre a controllo devono essere
selezionati in maniera imparziale. Restano inammissibili le ispezioni che possano
ledere l’intimità dei lavoratori, altrimenti il datore incorre in una sanzione penale.

-Privacy e rapporto di lavoro.


La tutela della privacy riguarda la riservatezza per regolare l’utilizzo delle infor-
mazioni raccolte. È consentito al datore di conoscere le informazioni personali del
lavoratore inerenti alla valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore. È
sancito un doppio divieto:
 Assoluto, riguardo opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore;
 Relativo, per fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine profes-
sionale del lavoratore.
Grande attenzione è rivolta ai dati sensibili (religione, opinioni politiche, orienta-
mento sessuale ecc) e ai dati giudiziali, che possono costituire fonte di discrimina-
zione. Sono tutelati anche i whisteblowers, cioè quei lavoratori che segnalino reati
o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito del rapporto di lavoro,
ad essi è garantito l’anonimato e una speciale protezione contro i rischi di ritor-
sione e discriminazione derivanti dalle loro segnalazioni.

-Il potere e la responsabilità disciplinare.


Al datore di lavoro è attribuito un potere disciplinare, da impiegare in caso di vio-
lazione del lavoratore, ma sono previsti dei principi per evitare gli eccessi di di-
screzionalità datoriale.
Vi è un principio di proporzionalità, secondo il quale la misura delle sanzioni di-
sciplinari dev’essere proporzionata alla gravità dell’infrazione.
Il datore può comunque attivare tutte le azioni per il risarcimento del danno patito
a causa dell’inadempimento del lavoratore.
L’art. 7 dello Statuto dei lavoratori implementa le condizioni dell’esercizio del po-
tere disciplinare. Tutte le norme disciplinari relative a sanzioni, infrazioni, e pro-
cedure di contestazione devono essere contenute in un codice e portate a cono-
scenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti.
Non possono essere previste sanzioni disciplinari che mutino definitivamente il
rapporto ad eccezione del licenziamento. Le sanzioni previste sono: rimprovero
verbale, ammonizione scritta, multa (non superiori a 4 ore di lavoro retribuito) e
sospensione (non + di 10 g).
Il procedimento disciplinare si deve aprire con la contestazione del fatto, completa
di tutti gli elementi idonei al fine di consentire al lavoratore di esercitare le sue
difese. L’applicazione della sanzione disciplinare può avvenire solo se il lavoratore
sia stato convocato per essere ascoltato o per giustificarsi, che potrà essere assistito
da un rappresentante sindacale dell’associazione.
Decorsi 5 giorni il datore procederà all’irrogazione della sanzione.
Il provvedimento può essere impugnato stragiudizialmente entro 20 g, innanzi ad
un collegio di conciliazione e arbitrato da costituire ad hoc, e l’efficacia della san-
zione è sospesa fino al momento della decisione del collegio.
In alternativa è possibile ricorrere all’autorità giudiziale (di cui l’azione si pre-
scrive entro 5 anni) che preclude l’altra procedura conciliativa e arbitrale.
Per le infrazioni meno gravi provvede il responsabile della struttura, per quelle più
gravi provvede un ufficio competente per i procedimenti.
Il responsabile della struttura segnala entro 10 giorni all’ufficio competente i fatti
rilevanti, l’ufficio provvede alla contestazione scritta dell’addebito e convoca l’in-
teressato (con preavviso min. 20 g.), per l’audizione in contraddittorio in sua di-
fesa, in caso di grave impedimento può chiedere di differire la sua audizione.
Infine l’ufficio chiuderà il procedimento con l’atto di archiviazione o con l’irroga-
zione della sanzione. In caso di trasferimento del lavoratore, il procedimento è
concluso dalla nuova amministrazione, e può proseguire anche in caso di dimis-
sioni. L’unico modo per impugnare questi provvedimenti è il rimedio giurisdizio-
nale.

Cap. 5- Professionalità del lavoratore.


-Oggetto del contratto, poteri datoriali e diritti del lavoratore.
L’oggetto del contratto dev’essere lecito, possibile, determinato o determinabile,
senza ciò il contratto è nullo, salvo che la nullità riguardi singole clausole.
Nel caso di lavoro subordinato l’oggetto non è facilmente definibile, perciò va pre-
stata attenzione alla predeterminazione dei criteri per individuare l’oggetto.

-Prestazione professionale.
Il contenuto del contratto di lavoro si definisce riguardo alla prestazione, oggetto
dell’obbligazione del lavoratore, che viene individuata attraverso la categoria e la
qualifica assegnati al lavoratore in relazione alle mansioni per cui è assunto.
Sono le mansioni ad individuare i compiti del lavoratore. La definizione delle man-
sioni comporta l’assegnazione al lavoratore della qualifica oggettiva (che riguarda
i compiti svolti in un’organizzazione), che si distingue dalla qualifica soggettiva
(definita in relazione alla qualificazione personale del lavoratore.
L’insieme delle qualifiche dà vita al sistema di inquadramento dei lavoratori.
Le qualifiche devono essere ricondotte alle categorie legali dei prestatori di lavoro
che sono: dirigenti, quadri, impiegati e operai.
Le mansioni determinano il contenuto del contratto di lavoro al momento della
stipulazione (profilo statico), mentre il resto della disciplina professionale assolve
ad altre funzioni (es. retribuzione, definire i parametri per misurare la diligenza del
lavoratore, ecc.) che assolvono ad un profilo dinamico della prestazione personale.

-Categorie legali.
I lavoratori sono distinti in 4 categorie legali, riflettendo un’organizzazione azien-
dale basata su gerarchie sociali nelle quali gli operai sono separati dagli altri di-
pendenti. L’impiegato è colui che svolge attività professionale al servizio
dell’azienda, con funzioni di collaborazione.
Il dirigente è considerato un alter ego dell’imprenditore, colui che è preposto alla
direzione dell’organizzazione aziendale, investito di poteri che gli consentano di
orientare il governo dell’azienda o di una sua parte, nell’osservanza di quanto de-
ciso dall’imprenditore.
Con i contratti collettivi è stato utilizzato l’inquadramento unico, per cui oggi la
scala classificatoria è unica e alcuni livelli di inquadramento raggruppano qualifi-
che operaie e impiegatizie. A questo tipo di classificazione reagirono i quadri por-
tando al riconoscimento legale della categoria di quadri intermedi, e si impose alle
imprese di riconoscere le specifiche qualifiche di quadro.
L’individuazione dei requisiti di appartenenza e delle differenziazioni nei tratta-
menti economico-normativi viene rimessa alla contrattazione nazionale o azien-
dale. Una caratteristica delle mansioni del quadro è l’elevata responsabilità riguar-
danti la direzione, coordinamento e controllo di altri lavoratori. Tali compiti non
possono condizionare la vita dell’impresa o di un suo ramo, che resta prerogativa
del dirigente.

-Diritto alla formazione.


L’art. 14 della carta dei diritti fondamentali UE riconosce ad ogni persona il diritto
all’istruzione e all’accesso alla formazione professionale e continua.
In Italia vi sono norme che sostengono i diritti di ciascun lavoratore alla forma-
zione e all’aggiornamento professionale, dove si ritrovano strumenti come i piani
formativi aziendali o territoriali concordati fra le parti sociali e finanziabili attra-
verso specifici fondi. Parte di questo diritto è ancora rimesso alle istituzioni pub-
bliche e alla contrattazione collettiva.
Obbligo del datore è tutelare il patrimonio professionale del lavoratore come parte
della sua integrità psico-fisica. Vi è una tutela risarcitoria, diretta a risarcire il la-
voratore dai danni subiti arrecati da comportamenti datoriali del tutto insensibili
all’esigenza di mantenere la professionalità del lavoratore.

-Lo jus variandi previsto dalla legge.


L’art. 2103 c.c. afferma che il prestatore di lavoro non può restare inchiodato alle
mansioni di assunzione, il datore di lavoro ha il potere di variare le mansioni ini-
ziali, adibendo lavoratore a:
 Mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento
delle ultime svolte (mobilità orizzontale) o a mansioni corrispondenti all’inqua-
dramento superiore che abbia successivamente acquisto.
 Mansioni appartenenti ad un solo livello di inquadramento inferiore, purché
nell’ambito della medesima categoria legale, solo in caso di modifica degli as-
setti organizzativi aziendali che incide sulla posizione del lavoratore e purché
comunicate per iscritto (mobilità verticale discendente).
 Mansioni superiori a quelle in cui è inquadrato (mobilità verticale ascendente).
Mentre l’assegnazione a mansioni superiori incontra limiti non codificati (es. man-
canza di competenza che espone il lavoratore al rischio di non corretto adempi-
mento), negli altri casi livello di inquadramento e categoria sono le nozioni legali
che delimitano la massima estensione della prestazione professionale.
Oltre la categoria legale occorre verificare quali mansioni sono comprese in cia-
scun livello di inquadramento, previsto in genere dai contratti collettivi.
Vi sono 2 esigenze: -Quella datoriale di poter disporre di una flessibilità interna
delle competenze del lavoratore; -Quella del lavoratore di non vedersi spostato e
assegnato a mansioni meno pregiate sotto il profilo professionale (declassamento)
senza che vi sia un nesso tra le posizioni diverse ricoperte.
Con le clausole di fungibilità si considerano interscambiabili ruoli in cui si svol-
gono solo temporaneamente mansioni non equiordinate nella scala classificatoria
per sopperire a esigenze aziendali.
In caso di declassamento il lavoratore ha diritto alla conservazione del livello di
inquadramento e del trattamento retributivo. L’imprenditore può adibire il lavora-
tore a mansioni superiori per 6 mesi continuativi, decorso questo periodo il lavo-
ratore acquisisce il diritto alla qualifica corrispondente alle mansioni superiori alle
quali è stato assegnato. L’effettivo svolgimento delle mansioni superiori conferi-
sce al dipendente il diritto alla corresponsione delle differenze retributive corri-
spondenti alle mansioni svolte.

-Modifiche pattizie.
L’art. 2103 contiene una sanzione di nullità dei patti contrari, in passato applicata
anche in caso di declassamento pattuito con il lavoratore allo scopo di evitare il
licenziamento. In seguito si sono sottratte alla nullità alcune modifiche pattizie
all’inquadramento dei lavoratori. Patti derogatori ai limiti legali sono ammessi se:
Il declassamento è previsto da contratti collettivi;
Le modifiche avvengono con accordi individuali aventi ad oggetto mansioni,
categoria legale, livelli di inquadramento, retribuzione, a condizione che:
-Siano stipulati nelle sedi di conciliazione o davanti alle Commissioni di certi-
ficazione;
-Siano stipulati nell’interesse del lavoratore alla conservazione dell’occupa-
zione, all’acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle
condizioni di vita.

-Tutela della professionalità nel lavoro pubblico.


Regole simili sono previste per il lavoro pubblico. Sono stati fissati dei vincoli al
fine di introdurre criteri di selezione meritocratica, specie nelle promozioni.
Si prevede che il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato
assunto o a quelle equivalenti nell’ambito dell’area di inquadramento. L’assegna-
zione a mansioni superiori può avvenire solo:
 Per sostituire un altro dipendente assente con diritto alla conservazione del po-
sto di lavoro;
 Per coprire un vuoto organico, ma max per 12 mesi, e l’assegnazione deve im-
mediatamente seguire l’avvio delle procedure per coprire definitivamente il po-
sto in organico.
I contratti collettivi distinguono la progressione orizzontale, che riguarda solo in-
crementi economici, da quella verticale, che consente al lavoratore di conseguire
un livello di inquadramento superiore.

Cap. 11-La sicurezza nei luoghi di lavoro.


-Tutela dell’integrità psico-fisica nei luoghi di lavoro.
L’art. 2087 c.c. prevede l’obbligo del datore di lavoro di garantire la sicurazza dei
suoi dipendenti: “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le
misure che sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei
dipendenti”.
La costituzione riconosce la previdenza sociale come diritto per i lavoratori, ga-
rantendo loro mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, ma-
lattia, invalidità, vecchiaia ecc.
Con lo Statuto dei lavoratori si era iniziato a parlare di tutela collettiva circa la
sicurezza sul lavoro, ma ha continuato a prevalere una tutela volta alla riparazione
del danno, piuttosto che alla prevenzione.
Per misure necessarie si intendono, quelle stabilite dalle norme antinfortunistiche
e quelle imposte dall’obbligo generale del datore che è tenuto a valutare quali mi-
sure si debbano ritenere indispensabili, valutando i rischi e le nocività della lavo-
razione, le conseguenze dannose prevedibili ed i necessari aggiornamenti delle mi-
sure di sicurezza (criterio della massima sicurezza tecnologicamente fattibile).
È tutelato sia il danno fisico che quello morale.
Il lavoratore che ha ricevuto un danno può: -chiedere l’esecuzione coattiva delle
misure di sicurezza; -rifiutare la prestazione senza ritorsioni; -costituirsi parte ci-
vile nei procedimenti convenzionali. Dal punto di vista penale possono configu-
rarsi i reati di lesioni colpose o omicidio colposo.
L’inosservanza dell’obbligo del datore costituisce inadempimento contrattuale,
con conseguente obbligo del risarcimento del danno.

-Testo unico.
La principale finalità del Testo unico è garantire l’uniformità della tutela dei lavo-
ratori. Il lavoratore è definito la persona che svolge un’attività lavorativa nell’am-
bito dell’organizzazione di un datore di lavoro, con o senza retribuzione, anche
con il solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione.
Datore di lavoro è soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore, o il
soggetto che ne ha la responsabilità in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa.
Gli obblighi di igiene e sicurezza sono a carico anche di dirigenti e preposti, è
dirigente la persona che attua le direttive del datore, organizzando l’attività lavo-
rativa e vigilando su essa; Preposto è la persona che sovrintende all’attività lavo-
rativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta
esecuzione da parte dei lavoratori.
Il datore è tenuto a dotarsi di uno staff tecnico e medico che lo supporti nella rea-
lizzazione del sistema di prevenzione in azienda. Lo staff consiste in:
 Un servizio di prevenzione e protezione;
 Un medico competente.
Il datore è tenuto ad effettuare valutazioni dei rischi per la sicurezza e la salute dei
lavoratori e a redigere un documento di valutazione dei rischi, ha l’obbligo di for-
nire a ciascun lavoratore adeguata informazione, formazione e addestramento.
I lavoratori devono collaborare all’applicazione della normativa, utilizzando cor-
rettamente attrezzature, materiali ecc, e partecipando ai programmi di formazione
e addestramento e sottoponendosi ai controlli sanitari.
È prevista l’istituzione in tutte le aziende dei rappresentanti dei lavoratori per la
sicurezza, nei cui confronti si applicano le stesse tutele previste per i rappresentanti
sindacali. Sono eletti tra i lavoratori, nelle grandi aziende in cui vi sono rappresen-
tanze sindacali la scelta avviene tramite elezione o designazione nell’ambito delle
rappresentanze esistenti.
La vigilanza sull’applicazioni delle normative è svolta in prevalenza dall’azienda
sanitaria locale competente per territorio e la mancata osservazione può integrare
gli estremi di reati.

-Tutele contro vessazioni, mobbing.


Altra problematica della sicurezza nei luoghi di lavoro è il mobbing.
Per mobbing si intende la condotta tenuta nei confronti di un lavoratore da parte
del datore o del superiore gerarchico o del collega o del parigrado, protratta nel
tempo e che si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili, che finiscono
per assumere forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica, da cui conse-
gue la mortificazione morale e l’emarginazione del lavoratore, con effetto lesivo
del suo equilibrio psico-fisico e del complesso della sua personalità.
Elementi caratteristici sono: reiterazione delle condotte, intenzionalità dell’autore,
emersione del danno a carico della vittima, nesso tra la condotta e il danno.
Il danno deve essere accertato da un punto di vista medico, in quanto deve deter-
minare un’alterazione psichica della vittima.

-Risarcimento del danno alla salute.


Il risarcimento del danno non patrimoniale è previsto solo nei casi previsti dalla
legge. La corte costituzionale ritiene che devono essere compresi i danni morali,
biologici ed esistenziali. Il danno biologico impone all’INAIL l’onere di corrispon-
dere al lavoratore che subisce un infortunio sul lavoro o una malattia professionale
una somma di denaro per risarcire il danno. Il danno biologico è una lesione all’in-
tegrità psico-fisica della persona, che determina un’incidenza negativa sulle atti-
vità quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato.
Il lavoratore dovrà fornire la prova dell’esistenza della lesione accertabile in via
medica e riceverà la somma dall’INAIL, se il lavoratore intende ottenere una
somma ulteriore dovrà provare che la lesione derivi da una condotta penalmente
rilevante del datore.
Danno esistenziale è ogni pregiudizio accertabile che alteri abitudini e assetti rela-
zionali di un soggetto, manifestandosi in disagi e turbamenti di tipo soggettivo che
compromettono i normali ritmi di vita del danneggiato che si vede costretto a mo-
dificare le normali attività quotidiane e ad operare scelte di vita diverse.

Cap. 12-Il diritto alla retribuzione e la produttività.


-L’obbligazione retributiva.
Il datore è per contratto obbligato a corrispondere la retribuzione. (È prestatore di
lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa;
il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del
suo lavoro e comunque sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia un’esi-
stenza libera e dignitosa). La retribuzione inoltre:
 Costituisce la base imponibile per calcolare l’imposta sul reddito (IRPEF), do-
vuta al lavoratore e anticipata dal datore, e i contributi previdenziali (oneri so-
ciali), ripartiti tra il datore e il lavoratore. Ciò compone il cuneo fiscale, cioè la
differenza tra quanto viene corrisposto al lavoratore in cifra netta e quanto ri-
sulta dalla busta paga.
 È un elemento decisivo per gli equilibri occupazionali del mercato del lavoro, è
un fattore di inflazione, una delle voci della spesa pubblica ecc., ed è per questo
che la sua regolazione spetta anche ad altre branche del diritto oltre al diritto del
lavoro.
Il diritto di retribuzione si compone di un’obbligazione sociale, diretta a garantire
al lavoratore un’esistenza libera e dignitosa, e un’obbligazione corrispettiva, di-
retta a correlare l’entità della retribuzione al lavoro svolto.

-Sistemi di calcolo, garanzia dei minimi retributivi.


Per calcolare e corrispondere la retribuzione, l’art. 2099 c.c. distingue 3 sistemi: a
tempo, a cottimo, e con una partecipazione + o – diretta ai risultati dell’impresa.
Questi sistemi individuano gradi diversi di coinvolgimento del lavoratore rispetto
al rischio di impresa. Nei sistemi a tempo è minimo, cresce in quelli a cottimo ed
è massimo nei sistemi in cui il calcolo della retribuzione è legata ai risultati
dell’impresa. Il c.c. prevede regole specifiche per la retribuzione a cottimo, san-
cendone l’obbligatorietà quando il lavoratore sia vincolato all’osservanza di un
determinato ritmo produttivo o la valutazione della sua prestazione sia basata sulla
misurazione dei tempi di lavorazione.
Vanno sempre e comunque garantiti i minimi retributivi previsti, nelle tabelle sa-
lariali. I giudici nel decidere il salario minimo, devono combinare la garanzia co-
stituzionale con la disciplina dei contratti collettivi (che differenziano la retribu-
zione in base al livello di inquadramento).

-Costituzione, legge e contratto.


Nel regolare la retribuzione si è verificato un conflitto tra legge e contratto collet-
tivo, su cui si è pronunciata la Corte Costituzionale affermando che fin quando
l’art. 39 Cost. non sarà attuato non si può ipotizzare alcun conflitto tra attività nor-
mativa dei sindacati e attività legislativa del Parlamento. Il contratto collettivo è
posto come atto di autonomia negoziale è posto in una posizione gerarchicamente
subordinata rispetto alla legge.
Sul rapporto tra legge e contratto in materia salariale, la Corte ha ritenuto conforme
alla Cost. il rinvio ai contratti collettivi operato da una legge per determinare la
retribuzione dei dipendenti di una cooperativa.

-Differenze fra pubblico e privato.


Nel rapporto tra legge e contratto collettivo nel lavoro pubblico sono considerate
fonti del diritto equiparate:
La regola che consente al contratto collettivo successivo di prevalere sulla
norma di legge che introduca una particolare disciplina dei rapporti di lavoro,
la cui applicabilità sia limitata ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche
garantendo così la permanenza della delegificazione. Tale regola per i tratta-
menti retribuiti prevede che le disposizioni di legge, regolamenti o atti ammini-
strativi che attribuiscono incrementi retribuiti non previsti da contratto, cessano
di avere efficacia a far data dall’entrata in vigore del relativo rinnovo contrat-
tuale;
Altra regola è la riserva di competenza in riferimento ai trattamenti economici
a favore della contrattazione collettiva.
Si prevede anche che le pubbliche amministrazioni debbano garantire la parità di
trattamento contrattuale, regola che riguarda soprattutto la materia retributiva, per-
ciò le amministrazioni devono applicare i trattamenti economici previsti dai con-
tratti collettivi a tutti i propri dipendenti.

-Tutela del salario reale e la politica dei redditi.


L’art. 36 dispone che il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla
quantità e qualità del suo lavoro, e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla
famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
Dopo la seconda guerra mondiale, vi era un sistema di indicizzazione dei salari
incentrato sulla scala mobile, cioè su un meccanismo di calcolo di una indennità
di contingenza costituita dal valore dei punti di contingenza, che scattavano a se-
guito del variare dei prezzi di un paniere di beni di cui si monitorava l’andamento.
Tale sistema è stato poi abbandonato.
Il protocollo del 1993 attribuiva al CCNL la funzione di garantire che gli effetti
economici del contratto siano coerenti con i tassi di inflazione programmati assunti
(con rinnovo contrattuale per la parte normativa a 4 anni e per quella retributiva a
2). E introduceva l’istituto delle indennità di vacanza contrattuale, che garantiva
l’automatica copertura dopo la scadenza del CCNL in caso di vacanza contrattuale,
cioè di un periodo in cui non vi era un contratto collettivo valido e applicabile.
Questo sistema viene modificato da un Accordo interconfederale del 2009 al quale
non aderisce la CGIL.
Il rinnovo contrattuale viene fissato per parte retributiva e normativa a 3 anni, viene
scelto come indicatore per gli effetti economici l’IPCA (indice dei prezzi al con-
sumo armonizzato) elaborato dall’ISTAT a cui viene affidato il compito di moni-
torare eventuali scostamenti tra inflazione prevista e reale. L’indennità di vacanza
contrattuale viene sostituita da un meccanismo che riconosca una copertura eco-
nomica a favore di tutti i lavoratori in servizio alla data di raggiungimento dell’ac-
cordo. Con l’accordo interconfederale 2012 (cui il CGIL non aderisce) si attribui-
sce al CCNL il compito di rendere gli effetti economici del contratto coerenti con
le tendenze dell’economia, del mercato del lavoro e degli andamenti si settore.
Il CCNL acquisisce l’obiettivo di tutelare il potere di acquisto della retribuzione.
Ciò viene confermato dall’accordo interconfederale del 2018 in cui si prevede un
rapporto dinamico tra il trattamento economico minimo e quello complessivo.
Gli strumenti di adeguamento devono assicurare che non si verifichi uno scosta-
mento che sarebbe indice sintomatico di violazione del principio di sufficienza
retributiva.

-Retribuzione e produttività.
La parte variabile della retribuzione è detta salario accessorio, è la possibilità di
variare la retribuzione complessiva in considerazione dei risultati realizzati. Nel
2007 per promuovere la contrattazione sul salario variabile, furono introdotti
sgravi contributivi e nel 2008 si aggiunse anche un regime fiscale agevolato basato
sulla detassazione di una quota del salario in quanto corrisposto come retribuzione
di produttività. Con l’accordo del 2012 venne introdotta la regola dello sdoppia-
mento funzionale degli aumenti salariali, questi derivanti dai rinnovi dei CCNL
sono in parte rimessi alla contrattazione periferica (una parte degli aumenti è pre-
vista dai contratti collettivi nazionali, l’altra dai contratti decentrati.
Tale regola è stata criticata: se gli aumenti salariali rappresentano una garanzia per
tutti i lavoratori, non possono essere distinti in quota fissa e quota variabile da
collegarsi ad incrementi di produttività e redditività. La quota di salario da poter
collegare alla produttività/redditività dell’impresa è solo quella residua dopo aver
garantito la tutela del salario reale.

-Retribuzione e merito nel lavoro pubblico.


Per il lavoro pubblico si è cercato di garantire una quota che venisse corrisposta a
seguito di una valutazione formale dei risultati realizzati da ciascun dipendente
(sistema premiale). Inizialmente fu reso obbligatorio solo per i dirigenti poi è stato
esteso a tutti i dipendenti pubblici. Oggi è la contrattazione collettiva nazionale a
definire il sistema premiale nelle P.A.

-Retribuzione differita.
Il TFR è disciplinato dall’art. 2120 c.c. e assume la natura giuridica di retribuzione
differita, poiché è un elemento del trattamento retributivo che viene corrisposto in
un momento diverso rispetto a quello della sua maturazione.
Nel 1982 l’indennità di anzianità si trasformava in TFR, è consentita la riscossione
anticipata di un importo non superiore al 70% del trattamento maturato al momento
della richiesta. Il TFR:
 Si calcola mediante addizione, di tutte le retribuzioni dovute per ciascun anno
di servizio divise per 13,5 e, per evitare effetti dell’inflazione, si prevede che
l’accantonamento annuo sia incrementato al 31/12 di ogni anno con l’applica-
zione di un tasso costituito dal 1,5% in misura fissa e dal 75% dell’aumento
dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati calcolato
dall’ISTAT;
 La base di calcolo del TFR è costituita da tutte le somme annualmente corrispo-
ste in dipendenza del rapporto di lavoro a titolo non occasionale e con esclu-
sione di quanto corrisposto come rimborso spese.
Dal 2005 si è previsto che il TFR venga destinato al finanziamento di fondi di
previdenza complementare (salvo che il lavoratore non manifesti, entro 6 mesi
dall’assunzione, la volontà di mantenere il TFR presso il datore di lavoro). Il TFR
rimane presso il datore solo se questi ha meno di 50 dipendenti, negli altri casi
viene accantonato in un fondo gestito dall’INPS. Così il TFR diviene una fonte di
finanziamento del sistema previdenziale pubblico.

Cap. 13- Luogo, durata della prestazione e sospensione.


-Luogo della prestazione, trasferimento e trasferta.
La determinazione del luogo della prestazione lavorativa è rimessa alla volontà
delle parti. Il lavoratore non può essere trasferito da un’unità produttiva ad un’altra
se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive. Il trasferi-
mento rientra nel potere direttivo del datore, purché sussista una delle ragioni og-
gettive indicate.
Causa del trasferimento del singolo lavoratore è l’incompatibilità ambientale, cioè
quando il trasferimento ha luogo in seguito a difficoltà relazionali fra il lavoratore
e colleghi o superiori. Lo statuto dei lavoratori esclude il trasferimento come san-
zione disciplinare. La giurisprudenza lo consente quando l’incompatibilità si tra-
duce in un’oggettiva difficoltà organizzativa e gestionale nell’unità produttiva.
Maggiori garanzie sono previste per il sindacalista interno che non può essere in
mancanza del nulla osta dell’associazione sindacale di appartenenza, la cui con-
cessione è rimessa alla discrezionalità del sindacato.
La trasferta è uno spostamento temporaneo del lavoratore dal luogo di adempi-
mento della prestazione, a cui non si applica la disciplina codicistica in tema di
trasferimento. Di solito è riconosciuta al lavoratore un’apposita indennità.

-Orario di lavoro.
L’orario di lavoro nel 1923 era fissato in 48 ore settimanali, ridotte a 40 nel 1997.
È orario di lavoro qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione
del datore e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni.
La legge fissa l’orario di lavoro nel limite delle 40 ore settimanali, con la possibi-
lità per i contratti collettivi di stabilire una durata minore e di riferire l’orario nor-
male alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore
all’anno. La contrattazione collettiva può stabilire che la media vada collocata ssu
un periodo di 6 mesi, di modo che in un mese l’orario può eccedere le 40 ore set-
timanali, purché tale eccedenza sia poi compensata da una riduzione nel mese suc-
cessivo. È stabilita la durata massima settimanale dell’orario, che include l’even-
tuale lavoro straordinario. La legge fissa il valore medio a 48 ore a settimana. Per
quanto riguarda l’orario giornaliero, viene fissato in 13 ore, derogabile dalla con-
trattazione collettiva.
La legge con riferimento alla variazione dell’orario di lavoro propende per la ne-
cessità del consenso delle parti contrattuali. Si ritiene che la collocazione della
prestazione rientri nel potere del datore.
La regolamentazione del lavoro notturno prevede in alcuni casi un divieto e in altri
un non obbligo, per il lavoratore al lavoro notturno.

-Il lavoro straordinario, notturno e a turni.


Il lavorio straordinario è quello svolto oltre i limiti dell’orario normale di lavoro.
La legge assegna alla contrattazione collettiva la regolamentazione delle modalità
di esecuzione delle prestazioni di lavoro straordinario, prevedendo che in man-
canza della disciplina negoziale, il lavoro straordinario sia ammesso solo previo
accordo tra datore e lavoratore e non oltre le 250 ore annuali.
Non è previsto il diritto ad una maggiorazione retributiva, ma è possibile preve-
derla e può essere sostituita da riposi compensativi.
Il Periodo notturno, qualsiasi periodo di almeno 7 ore comprendente l’intervallo
fra 00:00 e le 5.
Lavoratore notturno, qualunque lavoratore che durante il periodo notturno svolga
almeno 3 ore del suo orario giornaliero normale.
La contrattazione collettiva determina il periodo di lavoro notturno, prevedendo
un max di 8 ore di lavoro nell’intervallo 00 e le 5, come prescritto dalla normativa
europea. I minori hanno un divieto al lavoro notturno, derogabile parzialmente e
in via eccezionale e solo a determinate condizioni (chi ha compiuto 16 anni). Altro
divieto esiste per le lavoratrici madri (in stato di gravidanza fino al compimento di
1 anno di età del bambino), mentre esiste il non obbligo a svolgere il lavoro not-
turno per i lavoratori genitori (con figli minori di 3 anni o affidatari di un figlio
convivente minore di 12 anni, e che hanno a carico un disabile).
Il lavoro a turni è qualsiasi metodo di organizzazione del lavoro, anche ciò è ri-
messa alla contrattazione collettiva. L’art. 10 dello Statuto dispone che i lavoratori
studenti hanno diritto a turni di lavoro che agevolino la frequenza ai corsi e la
preparazione agli esami. È riconosciuto il diritto a usufruire delle turnazioni pre-
viste dalla contrattazione collettiva, se intendono svolgere attività di volontariato
in enti del terzo settore.
L’accesso anticipato al pensionamento è consentito per il lavoro notturno svolto
durante tutto l’anno o nell’ambito di un regime di turni.

-Riposo giornaliero e settimanale.


È previsto il riposo giornaliero fissandolo in 11 ore consecutive ogni 24, limite
derogabile dalla contrattazione collettiva. Tale riposo deve essere fruito in modo
consecutivo, salvo che sia obbligato a restare a disposizione del datore anche al di
fuori dell’orario di lavoro. L’art. 36 Cost. riconosce al lavoratore il diritto irrinun-
ciabile al riposo settimanale e si specifica che tale riposo deve essere almeno di 24
ore consecutive ogni 7 giorni. Non vi è retribuzione nel giorno di riposo settima-
nale e non è previsto il diritto ad un compenso ulteriore per il lavoro prestato du-
rante il riposo.

-Ferie.
L’art. 36 garantisce il diritto irrinunciabile alle ferie annuali retribuite, il cui fine è
assicurare il necessario riposo e di consentire al lavoratore di svolgere attività ex-
tra-lavorative meritevoli di tutela. La legge stabilisce che il lavoratore ha diritto a
un periodo minimo annuale inderogabile di ferie retribuite non inferiore a 4 setti-
mane. Anche il lavoratore che abbia meno di un anno continuativo di servizio.
La collocazione del periodo feriale spetta al datore, che deve tener conto degli in-
teressi del lavoratore. Nel caso in cui non possono essere consumate a causa della
risoluzione del rapporto di lavoro, le ferie possono essere sostituite da un’inden-
nità. La malattia sopravvenuta durante il periodo feriale, se è tale da impedire la
fruizione delle ferie o se comporti almeno 3 giorni di prognosi, ne sospende il de-
corso in modo che il lavoratore possa recuperare i giorni persi.
-Part-time.
Il lavoro part-time ha una forma scritta ai fini della prova dell’orario ridotto e nel
contratto di lavoro deve essere indicata la durata e la collocazione temporale della
prestazione lavorativa con riguardo a giorno, settimana, mese o anno.
Si può avere un part-time orizzontale (quindi una riduzione dell’orario giorna-
liero), o uno verticale (e quindi l’attività lavorativa sia svolta a tempo pieno, ma
solo in determinati periodi), o un part-time misto, cioè un mix.
Può accadere che vi sia una trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno
a part-time, è richiesto un accordo risultante da atto scritto. È previsto un diritto
nella trasformazione per i lavoratori affetti da patologie oncologiche o cronico-
degenerative gravi. Sussiste una priorità alla trasformazione del rapporto da full a
part-time per i lavoratori che hanno coniugi, figli o genitori affetti da patologie
oncologiche o cronico-degenerative gravi, o con figli convivente di età <13 o por-
tatore di handicap, o che assiste una persona convivente con totale inabilità lavo-
rativa grave e con necessità di sostegno continuo.
La trasformazione da part a full-time può avvenire in qualunque momento previo
accordo, sussiste un diritto di precedenza per i lavoratori part-time in caso di as-
sunzione di personale a tempo pieno.
Il rifiuto del lavoratore alla trasformazione del rapporto di lavoro, non costituisce
giustificato motivo di licenziamento. Nei rapporti part-time può essere effettuato
il lavoro supplementare, però entro i limiti del tempo pieno e segue le stesse regole
previste per il lavoro straordinario, richiede il consenso del lavoratore che può ri-
fiutarlo solo per giustificato motivo.
Possono essere previste clausole elastiche che consentono al datore di modificare
la collocazione temporale della prestazione lavorativa o l’aumento della sua durata
entro i limiti del tempo pieno, queste sono clausole accessorie che richiedono il
consenso del lavoratore una sola volta.
Se in presenza della contrattazione collettiva, il lavoratore ha diritto ad un preav-
viso di 2 giorni, mentre in mancanza possono essere pattuite solo davanti alla com-
missione di certificazione e prevedere le condizioni con le quali il datore può mo-
dificare la collocazione temporale della prestazione ecc con preavviso di 2 giorni
lavorativi.
È previsto il principio di non discriminazione fra lavoratori part-time e full-time,
la disciplina italiana dispone che il lavoratore part-time non deve ricevere un trat-
tamento meno favorevole rispetto al lavoratore full-time di pari inquadramento, ed
ha gli stessi diritti di un lavoratore full-time comparabile. Nel trattamento econo-
mico si applica il criterio del riproporzionament, che comporta la riduzione dei
trattamenti in proporzione al minor orario svolto.

-Lavoro intermittente.
Il lavoro intermittente è il contratto mediante il quale un lavoratore si pone a di-
sposizione di un datore che può utilizzare la prestazione lavorativa in modo inter-
mittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi.
Questo contratto può essere stipulato anche in mancanza di una fonte collettiva,
ma solo nei casi previsti da un decreto del ministro del lavoro.
In mancanza di entrambi solo quando si tratta di soggetti con meno di 24 anni e
con più di 55 anni di età in quanto va loro assicurata l’occupazione anche mediante
fattispecie meno garantite. Per evitare abusi la legge introduce il limite temporale
di utilizzo di 400 giornate di effettivo lavoro nell’arco di 3 anni, ad eccezione dei
settori del turismo, pubblici esercizi e spettacolo. Si vieta il ricorso al lavoro inter-
mittente:
 Per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
 Presso unità produttive in cui nei 6 mesi precedenti si è proceduto a licenzia-
menti collettivi;
 Presso unità produttive in cui sono operanti il regime di cassa integrazione o
sospensione del lavoro;
 Ai datori che non hanno effettuato la valutazione dei rischi previsti dalla nor-
mativa sulla salute e sicurezza.
Vi sono 2 tipi di lavoro intermittente:
Uno caratterizzato dalla stipula di un contratto con cui il lavoratore di impegna
a mettersi a disposizione e a rispondere alla chiamata del datore, in cambio di
un’indennità di disponibilità, di cui il rifiuto ingiustificato può costituire motivo
di licenziamento e comporta la restituzione della quota di indennità di disponi-
bilità riferita al periodo successivo al rifiuto;
L’altro caratterizzato dal fatto che con il contratto il lavoratore non si obbliga a
rispondere alla chiamata del datore.

-Contratto di lavoro e sospensioni della prestazione lavorativa.


I casi di sospensione lavorativa sono quelli in cui il rapporto resta giuridicamente
in vita, pur non potendo avere corso la prestazione. Le sospensioni possono avere
fonte legale o essere concordate. La più diffusa è la malattia e l’infortunio, che
garantisce il lavoratore:
 Assicurando la conservazione della retribuzione (un’indennità o forme di assi-
stenza/ previdenza);
 Garantendo la conservazione del posto di lavoro (per un periodo determinato
dalla legge o dal contratto collettivo);
 Prevedendo il computo del periodo di assenza nell’anzianità di servizio.
Sono previsti obblighi e oneri dei lavoratori: la malattia va comunicata al datore
tempestivamente, e provata con apposito certificato medico, con indicazione del
domicilio in modo da consentire l’effettuazione dei controlli, altrimenti l’assenza
si ritiene ingiustificata.
Ha l’obbligo di reperibilità in alcune fasce orarie, salvo giustificato motivo, pena
la decadenza del lavoratore da ogni trattamento economico fino a 10 g. e l’irroga-
zione di sanzioni disciplinari.

-Gravidanza, maternità e paternità.


L’art. 31 Cost. impegna la repubblica a proteggere la maternità, l’art. 37 richiede
che le condizioni di lavoro della donna debbano consentire l’adempimento della
sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino un’adeguata
protezione. L’art. 33 della carta dei diritti fondamentali dell’UE sancisce il diritto
a un congedo di maternità retribuito e a un congedo parentale dopo la nascita o
l’adozione di un figlio.
Il congedo di maternità che si compone di un congedo precedente e uno successivo
al parto, il primo comporta il divieto di lavoro nei 2 mesi precedenti la data pre-
sunta del parto (anticipata in caso di complicanze nella gravidanza o quando le
condizioni di lavoro o ambientali risultino pregiudizievoli per la saluta della madre
o del nascituro), il secondo comporta l’astensione dal lavoro per i 3 mesi successivi
e per gli ulteriori giorni non goduti prima del parto, qualora questo sia avvenuto
prima della data presunta. Durante il periodo di astensione le lavoratrici hanno
diritto ad una indennità giornaliera a carico dell’INPS, pari all’80% della retribu-
zione normale e il periodo di congedo è computato all’anzianità di servizio.
Il congedo di maternità spetta alle lavoratrici che hanno adottato un minore ed è
fruito durante i primi 5 mesi successivi all’ingresso del minore nella famiglia della
lavoratrice. Nel caso dell’affidamento di minore il congedo può essere goduto en-
tro 5 mesi dall’affido, per un periodo massimo di 3 mesi.
Al termine del congedo di maternità la lavoratrice ha diritto di rientrare con l’adi-
bizione alle precedenti mansioni o equivalenti nella stessa unità produttiva.
Il congedo post-parto spetta anche al padre lavoratore, ma solo in casi gravi previsti
dalla legge: morte o grave infermità della madre, abbandono del minore, affida-
mento esclusivo al padre, inoltre è facoltativo.

-Esigenze personali e familiari.


Vi sono congedi parentali previsti per consentire ad entrambi i genitori di conci-
liare il lavoro con la cura dei figli, questi sono facoltativi e non possono eccedere
il limite complessivo di 10 mesi.
I genitori che ne fruiscono hanno diritto a un’indennità pari al 30% della retribu-
zione. Per i minori portatori di handicap in situazioni di gravità, il congedo è pro-
lungato. I genitori hanno diritto di astenersi dal lavoro durante le malattie di cia-
scun figlio di età <a 3 anni, e nel limite di 5 giorni all’anno per le malattie di ogni
figlio di età compresa tra 3 e 8 anni. Le assenze del lavoro non sono retribuite, ma
tali periodi sono computati all’anzianità di servizio. Esigenza che legittima l’asten-
sione dal lavoro è il diritto riconosciuto al disabile circa la sospensione non retri-
buita nel caso di aggravamento delle proprie condizioni di salute o di significative
variazioni dell’organizzazione del lavoro, incompatibili con la prosecuzione
dell’attività lavorativa, la sospensione perdura fino a che sussista l’impossibilità.
Il rapporto si risolve nel caso in cui le commissioni accertino l’impossibilità di
reinserire il lavoratore disabile nell’azienda.
Vi sono permessi giornalieri retribuiti per ragioni di studio, o congedi per la for-
mazione che possono essere richiesti dai lavoratori con almeno 5 giorni di anzia-
nità di servizio presso lo stesso datore di lavoro.

-Diritti e doveri politici.


Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo ne-
cessario al loro adempimento e di conservare il posto di lavoro, il legislatore ha
previsto delle ipotesi di astensione dal lavoro. È prevista un’aspettativa non retri-
buita per tutta la durata del mandato. Il diritto all’elettorato passivo del lavoratore
prevale sull’obbligo dell’adempimento della prestazione lavorativa.

Cap.14- Estinzione del contratto di lavoro.


-Le modalità di estensione dei rapporti di lavoro.
Il rapporto di lavoro a tempo indeterminato può estinguersi per:
 Morte di 1 dei contraenti. Nel caso di morte del datore, il contratto si estingue
se si tratta di una persona fisica, se si tratta di un imprenditore occorre distin-
guere: per piccolo imprenditore il contratto si estingue, negli altri casi il con-
tratto può proseguire con l’organizzazione imprenditoriale;
 Risoluzione consensuale, detta mutuo consenso, per volontà di entrambe le
parti. Con la clausola risolutiva espressa i contraenti possono convenire che il
contratto si risolva nel caso che un’obbligazione non sia adempiuta secondo le
modalità previste. Anche la cessione del contratto richiede il consenso del lavo-
ratore.

-Licenziamento, dimissioni ecc.


Se il recesso è posto dal datore abbiamo un licenziamento, se è posto dal lavoratore
abbiamo una dimissione.

-Formalizzazione delle dimissioni.


Ciascuna delle parti può recedere dal contratto dando un congruo preavviso all’al-
tra, del preavviso può farsi a meno ove ricorre una causa che non consenta la pro-
secuzione del rapporto, detta giusta causa.
Nel caso di soggetti in condizioni di debolezza le dimissioni sono nulle salvo con-
ferma entro 1 mese dinnanzi alla direzione provinciale del lavoro. Per le dimissioni
della lavoratrice durante il periodo di gravidanza e di entrambi i genitori durante i
primi 3 anni di vita del bambino, queste non hanno bisogno di preavviso e danno
diritto alle indennità previste dalla legge e dal contratto per il licenziamento, ma
devono essere convalidate dal servizio ispettivo.
Desta allarme il fenomeno delle dimissioni in bianco, cioè predisposte senza l’in-
dicazione di una data, su iniziativa del datore e sottoscritte dal lavoratore all’atto
della sua assunzione o durante il rapporto con la possibilità per il datore di usarle
discrezionalmente per simulare un licenziamento.
Si ci può dimettere attraverso modalità telematiche su appositi moduli disponibili
sul sito del ministero del lavoro e trasmessi dal lavoratore al datore e alla direzione
territoriale, rispettando l’identificazione del rapporto e la datazione certa dell’atto,
o formalizzandole nelle sedi conciliative o dinanzi alle commissioni di certifica-
zione. Con le stesse modalità il lavoratore può, entro 7 giorni, revocare le dimis-
sioni o il consenso prestato alla risoluzione consensuale.

-Disciplina del licenziamento.


Il recesso ordinario dal contratto a tempo indeterminato può essere attuato dando
un congruo preavviso all’altra parte, se sussiste una causa che impedisce la prose-
cuzione del rapporto il datore può licenziare senza preavviso.
L’atto estintivo deve essere scritto, pena nullità, e basarsi su un giustificato motivo,
che se non comunicato insieme al licenziamento va reso noto entro un breve ter-
mine su richiesta del lavoratore. Il datore ha l’onere di provare la sussistenza della
giusta causa o del giustificato motivo. È nullo il licenziamento determinato da ra-
gioni di credo politico, fede religiosa, appartenenza ad un sindacato e partecipa-
zioni ad attività sindacali. La legge dispone in caso di licenziamento illegittimo la
riassunzione o il pagamento di un’indennità il cui importo va da un minimo di 2,5
ad un massimo di 6 mensilità, a scelta del datore.

-Giusta causa e giustificato motivo di licenziamento.


Per giusta causa si fa riferimento a qualunque causa che non consente la prosecu-
zione del rapporto. Giustificato motivo si distingue in: -oggettivo, si concretizza
in ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare
funzionamento di essa; -soggettivo, riguarda un inadempimento degli obblighi
contrattuali del lavoratore.
Nel caso di giusta causa il datore non ha l’obbligo del preavviso, che sussiste nel
giustificato motivo. Nella giusta causa si valorizza l’elemento fiduciario al punto
da ritenere rilevanti le condotte estranee all’esecuzione della prestazione lavora-
tiva, ma che incidono sull’integrità del vincolo fiduciario. C’è chi sostiene la con-
cezione soggettiva della giusta causa, che evidenzia la maggiore gravità dell’ina-
dempimento costituente giusta causa di licenziamento.

-Lo statuto dei lavoratori.


Lo statuto dei lavoratori impone la sanzione esclusiva della reintegrazione. Ma il
campo di applicazione è limitato a ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o
reparto autonomo che occupa più di 15 dipendenti o 5 nelle imprese agricole.
Il meccanismo sanzionatorio garantisce però al lavoratore solo il pagamento delle
retribuzioni dovute dal momento in cui il giudice pronuncia la sentenza, integrato
da un risarcimento del danno subito fissato in un minimo di 5 mensilità, ma non
l’effettivo reinserimento al lavoro.
Il datore potrebbe decidere di corrispondere al lavoratore le retribuzioni al dipen-
dente senza richiedere la controprestazione.
Se il datore invita il lavoratore a riprendere servizio, questi è tenuto a farlo entro
30 giorni, altrimenti il rapporto si ritiene risolto.
I licenziamenti per giusta causa e giustificato motivo soggettivo vengono conside-
rati disciplinari e quindi, prima di essere adottati, devono essere preceduti da una
procedura disciplinare.
La legge 108/1990 estende la tutela reale, che prevede la reintegrazione, a tutti i
casi di licenziamento discriminatorio e a tutti i datori che abbiano più di 60 dipen-
denti, anche se occupati in unità produttive, non meno di 15 o se agricole di 5
dipendenti. Il lavoratore reintegrato può, in alternativa alla reintegrazione, ottenere
un’indennità di 15 mensilità aggiuntiva al risarcimento del danno.
Si prevede che se il lavoratore fornisce elementi idonei a fondare la presunzione
dell’esistenza di comportamenti discriminatori, spetta al datore provare l’insussi-
stenza della discriminazione.
La legge 231/1991 dà attuazione alle direttive europee in tema di licenziamenti
collettivi, che vengono regolati assicurando ai sindacati un ruolo di primo piano.
La legge 183/2010, detta collegato lavoro, impone ai giudici di tenere conto della
contrattazione collettiva nel definire le nozioni di giusta causa e giustificato mo-
tivo. Prevedendo che le conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro possono
essere oggetto di intese sindacali.
Il legislatore deroga alle norme in tema di sanzioni per licenziamenti illegittimi,
affidando ad accordi aziendali o territoriali il compito di individuare tali sanzioni,
tranne che in alcuni casi in cui i licenziamenti sono lesivi della dignità del lavora-
tore. Ad essa sono seguiti la riforma Fornero e quella Renzi.

-Le riforme del 2012, 2014 e 2015.


La riforma Fornero interviene nel licenziamento per giustificato motivo oggettivo,
assicurando la tutela reintegratoria solo nell’ipotesi che il licenziamento sia affetto
da un vizio grave: se il licenziamento è discriminatorio; se si fonda su fatto insus-
sistente; se il datore ha adottato il licenziamento in un’ipotesi in cui la contratta-
zione collettiva prevedeva una sanzione conservativa (quali: rimprovero verbale o
scritto, multa, la sospensione ecc). Se il licenziamento è di tipo economico il lavo-
ratore è reintegrato solo se la ragione del provvedimento è manifestamente insus-
sistente, negli altri casi il legislatore consente al datore di conseguire l’effetto estin-
tivo del contratto di lavoro sanzionandolo con un indennizzo economico.

-Licenziamenti viziati prima e dopo il 7 marzo 2015.


Sono affetti da nullità i licenziamenti:
Discriminatori;
Intimati in concomitanza con il matrimonio o in violazione dei divieti previsti
sui congedi parentali;
Dovuti al motivo illecito determinante;
Riconducibili ad altri casi di nullità previsti dalla legge, es. carenza di forma
scritta;
Collettivi per riduzione di personale viziati per ragioni di forma.
Sono annullabili i licenziamenti:
 Disciplinari, annullabile per insussistenza del fatto, o poiché il fatto è punito
dalla contrattazione collettiva con sanzioni conservative;
 Per giustificato motivo oggettivo annullabile per manifesta insussistenza del
fatto o consistente nell’idoneità fisica o psichica del lavoratore viziato per di-
fetto di giustificazione;
 Intimati in violazione dell’art. 2110, che prevede che nei casi di infortunio, ma-
lattia e gravidanza, il datore può recedere dal contratto di lavoro solo decorso il
periodo previsto per il preavviso;
 Collettivo per riduzione di personale viziato per violazione dei criteri di scelta.
Vizi meno gravi in cui il licenziamento è idoneo ad estinguere il rapporto di lavoro:
 Licenziamento inefficace per violazione del requisito di motivazione;
 Licenziamento disciplinare inefficace per violazione della procedura art. 7 dello
statuto;
 Licenziamento per giustificato motivo oggettivo o soggettivo o per giusta causa
privo di estremi;
 Licenziamento per giustificato motivo oggettivo inefficace per violazione della
procedura di conciliazione;
 Licenziamento collettivo per riduzione di personale per ragioni procedurali.

-Molteplicità dei regimi sanzionatori e dei regimi probatori.


La riforma Fornero si applica ai rapporti di lavoro stipulati prima della riforma
Renzi, a tali lavoratori si assicurano:
 Tutela reintegratoria forte, che prevede la reintegrazione del lavoratore nel po-
sto di lavoro e un risarcimento del danno con un limite minimo di 5 mensilità.
Trova applicazione anche nelle piccole imprese e ai dirigenti, ed è assicurata: al
licenziamento discriminatorio; al licenziamento nullo per causa di matrimonio
o maternità; al licenziamento basato su motivo illecito determinante; al licen-
ziamento inefficace perché intimato in forma orale;
 Tutela reintegratoria debole, che prevede la reintegrazione e un risarcimento del
danno fissato nel limite massimo di 12 mensilità, che è assicurata in tutte le
ipotesi che determinano l’annullabilità del licenziamento tranne quella sui li-
cenziamenti collettivi;
 Tutela obbligatoria rafforzata, che prevede un indennizzo che va da 12 a 24
mensilità e si applica a tutti i casi di licenziamento illegittimo;
 Tutela obbligatoria ordinaria, che prevede un indennizzo che va da 6 a 12 men-
silità, e si applica alle ipotesi di licenziamento inefficace per: mancanza di mo-
tivazione o per violazione della procedura di conciliazione.
La riforma Renzi prevede una diversa disciplina delle sanzioni previste per i licen-
ziamenti illegittimi, applicabile ai dipendenti assunti dopo il 7/03/15.
L’illegittimità non può mai comportare la reintegrazione del lavoratore nel posto
di lavoro, ma solo un indennizzo economico. I nuovi contratti di lavoro a tempo
indeterminato come contratti a tutele crescenti (detti CATUC).
È assicurata la reintegrazione forte solo ai casi di licenziamenti nulli o discrimina-
tori, e la reintegrazione debole in alcune ipotesi di licenziamento per giustificato
motivo soggettivo o giusta causa. In tali casi se il lavoratore dimostra in giudizio
l’insussistenza del fatto materiale contestato, il giudice annulla il licenziamento e
condanna il datore alla reintegrazione. È consentito al datore di addurre anche solo
un fatto materiale, purché esistente, per evitare la reintegrazione. È necessario che
l’insussistenza del fatto deve essere provata dal lavoratore.
Si esclude la reintegrazione nei casi di licenziamento per giustificato motivo og-
gettivo e di licenziamenti collettivi.
Le tutele crescenti consistono nella modalità di calcolo dell’indennità cui ha diritto
il lavoratore che viene licenziato con un atto affetto da vizi formali o sostanziali
diversi dalla discriminazione e che non determinano nullità dell’atto.
Se il lavoratore impugna nei termini il licenziamento e il giudice ne accerta l’ille-
gittimità, questi deve condannare il datore a pagare ½ mentalità dell’ultima retri-
buzione di riferimento per ogni anno di servizio del lavoratore, a partire da un
minimo di 2/6 fino ad un massimo di 12/36.
È intervenuta la Corte Cost. che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale parziale
del CATUC, alle parole di importo pari a 2 mensilità dell’ultima retribuzione di
riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio.
La determinazione dell’indennità è riaffidata ai giudici i quali potranno adattare la
sanzione sulla base di altri elementi.
Inoltre la corte cost. ha ritenuto che determinare l’indennità sulla base della sola
anzianità è contrario ai principi costituzionali di ragionevolezza e uguaglianza.
Il datore che vuole evitare il giudizio può formulare un’offerta di conciliazione,
che consiste nel corrispondere subito al lavoratore 1 mensilità di retribuzione per
ogni anno di anzianità, non assoggettata ad alcun onere fiscale o contributivo.
Spetta al datore provare la sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo
del licenziamento. È ammessa la prova presuntiva statistica per il licenziamento
discriminatorio e l’inversione dell’onere della prova.
Per gli assunti con CATUC spetta al lavoratore provare l’insussistenza del fatto
posto alla base del licenziamento.

-La qualificazione del licenziamento.


La riforma Fornero contiene il termine fatto, che va interpretato in senso giuridico.
Si consente al datore di addurre anche solo un fatto materiale per evitare la reinte-
grazione.

-Tratti di specialità della disciplina dei licenziamenti.


Si riconosce al datore un diritto al ripensamento sulla decisione di licenziare (re-
voca del licenziamento), da esercitare entro 15 giorni dalla comunicazione dell’im-
pugnazione del licenziamento da parte del lavoratore.
L’impugnazione va proposta entro 60 giorni della comunicazione del licenzia-
mento, dopo che il lavoratore ha 180 giorni (dall’impugnazione) per depositare il
ricorso al giudice o comunicare la richiesta di conciliazione ed arbitrato.
Oggi restano liberamente licenziabili solo: i lavoratori in prova (il patto di prova
deve essere scritto e può durare max 6 mesi); gli apprendisti (alla fine del periodo
di formazione); i lavoratori ultrasessantenni che hanno maturato i requisiti pensio-
nistici (a meno che non optino per la prosecuzione del rapporto); i lavoratori do-
mestici (per i quali è ammesso anche il licenziamento orale); i dirigenti, per i quali
vi è una tutela economica prevista dai contratti collettivi per i licenziamenti privi
di giustificazione.

-Licenziamenti collettivi.
I licenziamenti collettivi per riduzione di personale ricorrono quando:
 I lavoratori da licenziare sono almeno 5 in un lasso temporale di 120 giorni;
 Il licenziamento sia conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o
di lavoro o della cassazione dell’attività.
È previsto un doppio controllo sulla decisione datoriale, prima ad opera dei sinda-
cati e poi, se non si raggiunge un accordo, ad opera di organismi amministrativi.
Al primo controllo vi è l’obbligo dell’impresa di comunicare per iscritto ai soggetti
aziendali una serie di informazioni per consentire una verifica sulle motivazioni
dei licenziamenti, quantità e qualità dei lavoratori coinvolti, sui tempi della ridu-
zione di personale ecc. Fino al 1/1/2017 l’avvio della procedura costava al datore
una somma, da versare all’INPS, pari a 6 volte il trattamento mensile di mobilità
dovuto per ciascun lavoratore. Dopo si è previsto il ticket di licenziamento pari al
41% del massimale mensile di NASPI per ogni anno di anzianità aziendale, fino
ad un massimo di 3.
Le rappresentanze sindacali entro 7 giorni dalla data di ricevimento della comuni-
cazione del datore, possono chiedere l’esame congiunto durante il quale può rag-
giungersi un accordo (che deve intervenire entro 45 giorni). L’esame e l’accordo
devono riguardare tutte le misure utilizzabili per evitare o contenere i licenzia-
menti.
Se l’accordo non si raggiunge, ha luogo il controllo da parte degli organi ammini-
strativi. Le parti vengono convocate dal direttore della direzione provinciale del
lavoro per un tentativo di raggiungere un accordo.
Al termine di questa procedura il datore ha facoltà di licenziare, dandone comuni-
cazione nel rispetto dei termini di preavviso. In caso di accordo si parla di licen-
ziamento collettivo acausale, in quanto il controllo giudiziale circa l’esistenza dei
presupposti sostanziali del licenziamento è escluso.
Al contrario non è escluso il controllo giudiziale, il singolo lavoratore può impu-
gnare il singolo licenziamento contestandone la fondatezza oggettiva.
Quanto ai criteri di scelta dei lavoratori da licenziare possono essere previsti
dall’accordo sindacale, se non vi è l’accordo il datore dovrà ispirarsi a 3 criteri
legali sussidiari, licenziando prioritariamente i lavoratori: con maggiori carichi di
famiglia; meno anziani; più toccati dalle esigenze tecnico-produttive che inducono
alla riduzione di personale.

-La segmentazione delle tutele.


Ai rapporti di lavoro con le P.A. trova applicazione la tutela reintegratoria piena.
Il licenziamento illegittimo comporta la reintegrazione del dipendente nel posto di
lavoro e il riconoscimento di un risarcimento danni rapportato alla retribuzione
(per il periodo tra il licenziamento e il provvedimento del giudice, per un massimo
di 24 mensilità).

-Il regime speciale dei licenziamenti durante l’emergenza Covid.


Nel 2020 per contenere i danni dovuti all’epidemia. Si sono adottate misure riguar-
danti i licenziamenti economici. Sono state sospese le procedure il licenziamento
collettivo e di licenziamento individuale partite dopo il 23/02/2020 e sono stati
vietati tutti i licenziamenti economici da adottare tra il 17/03 e il 17/08/2020. Tali
norme sono state prorogate fino al 31/12/2020.
Un licenziamento adottato in violazione di tale divieto è da considerare nullo, con
applicazione della tutela reintegratoria piena.
Cap. 15- il lavoro a termine e i contratti con finalità formative.
-Evoluzione dell’istituto.
Il contratto di lavoro a termine è stato al centro di continui interventi legislativi.
L’art. 2097 c.c. prevedeva la possibilità di apporre un termine al contratto di lavoro
solo se giustificata dal rapporto o se risultante da atto scritto, in mancanza scattava
una presunzione di tempo indeterminato.
La legge 230/1962 l’ha abrogato e, oltre alla necessità della forma scritta, dispose
un’elencazione tassativa di una serie di cause giustificatrici, rispondenti ad occa-
sioni di lavoro oggettivamente temporanee.
Il d.lgs. 368/2001 l’ha abrogato e prevede per la stipula legittima di un contratto a
termine la sussistenza e formalizzazione per iscritto di ragioni di carattere tecnico,
produttivo, organizzativo e sostitutivo, pena la trasformazione in contratto a tempo
indeterminato. Prevedendo anche un limite temporale pari a 36 mesi di durata mas-
sima del rapporto a termine.
La riforma Fornero consentendo di stipulare un primo contratto a termine, di durata
non superiore a 12 mesi, senza la necessità di alcuna ragione giustificatrice.
Con il d.lgs. 81/2015 non era più richiesta una causa che giustificasse il ricorso al
contratto a termine, ma veniva introdotta una restrizione quantitativa, confermata
a 36 mesi la durata massima dei contratti a termine.

-Le ipotesi di legittima apposizione del termine.


D.l. 87/2018 è previsto che il termine di durata apposto non può essere superiore
12 mesi e la durata massima di tali contratti viene ridotta a 24 mesi prevista però
solo per alcune condizioni: esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria
attività, esigenze di sostituzione di altri lavoratori, esigenze connesse a incrementi
temporanei. La disciplina dettata si applica solo ai contratti stipulati dopo la sua
entrata in vigore. Si può ricorrere al contratto a termine entro il limite del 20% del
numero dei lavoratori a tempo indeterminato.
Per i datori che occupano fino a 5 dipendenti è sempre possibile stipulare il con-
tratto a tempo determinare.

-Decorrenza del termine.


Quanto alla prosecuzione di fatto è riconosciuta la possibilità che allo scadere del
termine vi sia un’esigenza di continuazione dell’attività.
Per i contratti a tempo indeterminato inferiori a 6 mesi è consentito che il rapporto
continui per un periodo che non può superare i 30 giorni, per quelli superiori a 6
mesi il rapporto può continuare per 50 giorni.
Il datore dovrà corrispondere al lavoratore una maggioranza retributiva per ogni
giorno di continuazione del rapporto pari al 20% fino al decimo giorno successivo,
al 40% per ciascun giorno ulteriore.
Per la proroga del contratto a termine occorre il consenso del lavoratore, solo
quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a 2 anni, per un massimo di 4
volte nell’arco di 24 mesi a prescindere dal numero di contratti.
Nei primi 12 mesi il contratto può essere liberamente prorogato, dopo sono richie-
ste le condizioni che legittimano la stipula di contratti a termine di durata superiore
a 12 mesi.
Per la riassunzione del lavoratore sono previsti dei limiti. Prima di procedere alla
nuova assunzione è necessario che intercorrano 10 giorni se il contratto a termine
non superi i 6 mesi, 20 giorni se il contratto superi i 6 mesi. Tale limite può essere
superato stipulando un contratto a tempo determinato tra gli stessi soggetti, della
durata massima di 12 mesi, presso la direzione territoriale del lavoro competente
per territorio. Tale limite non trova applicazione: per le assunzioni stagionali e per
le assunzioni a termine effettuate dalle imprese start-up per i primi 4 anni, per tutte
le ipotesi in cui la contrattazione collettiva lo disponga.

-Divieti di assunzione a termine.


L’assunzione a tempo determinato non è ammessa quando:
Attraverso essa si miri alla sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto allo
sciopero;
Qualora le imprese non abbiano effettuato la valutazione dei rischi in applica-
zione della normativa della tutela e della sicurezza dei lavoratori;
Presso unità produttive nelle quali si è proceduto, nei 6 mesi precedenti, a licen-
ziamenti collettivi che hanno riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni
cui si riferisce il contratto a termine.

-I diritti dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato.


Sussistono i principi di non discriminazione e di uniformità di trattamento econo-
mico e normativo tra tutti i lavoratori, a prescindere del tipo di contratto.
È previsto un diritto di precedenza garantito sia nei confronti di coloro che eserci-
tano attività stagionali, nel caso di successive assunzioni a termine per le stesse
attività, sia nei confronti dei lavoratori a tempo determinato, in caso di assunzioni
con contratti a tempo indeterminato per le mansioni già espletate, quando essi ab-
biano prestato attività lavorativa per più di 6 mesi.
Tale diritto deve essere richiamato nell’atto scritto ed è riconosciuto solo laddove
il lavoratore, entro 3 e 6 mesi dalla cessazione del rapporto, manifesti la volontà di
goderne. Il diritto si estingue entro 1 anno dalla scadenza del contratto.

-Violazione delle norme sul contratto a tempo determinato.


In caso di violazione del datore della disciplina dei contratti a tempo determinato,
sono previste delle sanzioni. Vi è la trasformazione legale del rapporto in contratto
a tempo indeterminato per:
 Se viene violata la forma scritta;
 Quando, superati 12 mesi non si è in presenza di una delle ipotesi che ne dele-
gittimano la proroga o la riassunzione;
 Nelle ipotesi di superamento del limite massimo del termine di 24 mesi;
 Si supera il termine apposto nel contratto o se vengono violati i divieti di assun-
zione a termine.
In tutte le ipotesi il giudice condanna anche il datore al risarcimento del danno a
favore del lavoratore.
È prevista anche una responsabilità amministrativa se il datore supera il limite pre-
visto dalle clausole di contingentamento, è tenuto a pagare una sanzione ammini-
strativa per ciascun lavoratore pari al 20% della retribuzione, se il numero di lavo-
ratori assunti in violazione del limite percentuale non è superiore a 1, se è superiore
l’importo da pagare sarà pari al 50% della retribuzione. La sanzione amministra-
tiva è prevista anche se il datore non osserva obblighi di parità di trattamento tra
lavoratori a termine e a tempo indeterminato.
I vari vizi devono essere fatti valere dal lavoratore, che è tenuto ad impugnare la
nullità del termine e la violazione delle norme previste sul rapporto di lavoro a
tempo determinato, entro 180 giorni dalla scadenza del contratto e, nei successivi
180 giorni deve depositare l’eventuale ricorso giudiziale o comunicare alla contro-
parte la richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato.

-Discipline speciali.
Sono previste discipline speciali per determinati lavoratori. Per i contratti di lavoro
a tempo determinato riguardanti i dirigenti ed i lavoratori della pubblica ammini-
strazione è previsto che:
 Quanto ai contratti a termine con i dirigenti, non possono avere durata superiore
a 5 anni, salvo il diritto del dirigente di recedere trascorsi i 3 anni;
 Le P.A. possono ricorrere a contratti a termine per rispondere ad esigenze tem-
poranee o eccezionali;
 I contratti illegittimi sono nulli, non è prevista la sanzione della trasformazione
legale, però sussiste la sanzione del risarcimento del danno da parte dei dirigenti
per i lavoratori illegittimamente assenti.

-L’apprendistato e il contratto di formazione e lavoro.


L’apprendistato è un contratto mirato a consentire l’apprendimento di un mestiere.
All’apprendista il codice riconosce una retribuzione, il diritto all’istruzione pro-
fessionale, un attestato del tirocinio compiuto, e l’applicazione di tutte le norme
sul contratto di lavoro compatibili con la specialità del rapporto e non derogate da
leggi speciali. L’apprendistato è definito un contratto a causa mista, dal momento
che lo scambio contrattuale riguarda l’erogazione di lavoro in cambio di una retri-
buzione e l’obbligo di formare o far formare il lavoratore, ed è questo che giustifica
la riduzione del costo dell’apprendista.
Prevista l’età degli apprendisti che doveva essere compresa tra i 15 ed i 21 anni, è
sancita la durata massima del contratto di apprendistato (5 anni), e sono state det-
tate anche circa le autorizzazioni ed i controlli da parte delle P.A.
Non si è riusciti a impedire che l’apprendistato divenisse uno strumento di legitti-
mazione formale dello sfruttamento del lavoro giovanile.
Negli anni 80 il contratto di apprendistato lasciò spazio a nuovi tipi contrattuali,
come il contratto di formazione lavoro (CFL), durato una ventina di anni.
L’apprendistato venne rilanciato con la riforma Biagi e vennero introdotti 2 con-
tratti:
Uno rivolto a consentire l’acquisizione di una formazione professionale negli
ultimi anni del percorso scolastico, destinato ai giovani di età compresa tra
15/18 anni;
L’altro diretto a consentire un intreccio tra alta formazione post-scolare ed espe-
rienza lavorativa, utilizzabile anche fino ai 29 anni.
La riforma della Cost. aveva determinato confusione sulle competenze dello stato
e delle regioni, venne fatta chiarezza con 2 sentenze della Corte costituzionale:
 Il legislatore statale ha competenza esclusiva in materia di regolazione degli
istituti del contratto di apprendistato;
 La legge regionale può intervenire al fine di regolare la formazione professio-
nale extra-aziendale;
 La contrattazione collettiva interviene negli ambiti ad essa riconosciuti dal le-
gislatore statale;
 L’attività in materia deve ispirarsi al principio della leale collaborazione tra tutti
i soggetti pubblici e le parti sociali.
Il T.U. per incrementare l’utilizzo dell’apprendistato ne incrementò il numero (3
ogni 2 lavoratori qualificati o specializzati). Il d.lgs. 81/2015 ha poi previsto:
 L’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istru-
zione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore,
destinato ai giovani tra 15 e 25 anni privi di qualifica che vogliano acquisirla:
per essi la formazione deve avere durata di 400 ore, integrabile da una forma-
zione aziendale;
 L’apprendistato professionalizzante, destinato ai giovani tra 18 e 29 anni che
vogliano acquisire una qualifica contrattuale: la formazione può arrivare a 120
ore nel triennio;
 L’apprendistato di alta formazione e di ricerca, destinato ai giovani tra 18 e 29
anni, coniugabile con i percorsi di diploma di scuola superiore, la laurea, il dot-
torato di ricerca, il praticantato professionale: può essere attivato a seguito di
convinzioni tra datori e istituzioni educative e la formazione è regolata dal si-
stema pubblico.
Per tutti e 3 è prevista la forma scritta, con la previsione di un sintetico piano for-
mativo individuale, l’indicazione di un tutor e della qualifica da conseguire al ter-
mine del rapporto e la previsione di una durata del contratto non inferiore a 6 mesi.
La disciplina oggi vigente conferma la configurazione dell’apprendistato come
contratto a tempo indeterminato, con limitata licenziabilità nel suo svolgimento,
ma con libera recedibilità alla scadenza del periodo in apprendistato.
Se lo prevedono i contratti collettivi, l’apprendista può essere retribuito in una mi-
sura percentuale, e in modo graduato all’anzianità di servizio.
La riforma del 2015 ha escluso l’obbligo retributivo a carico del datore nel caso di
contratto di apprendistato del terzo tipo, mentre per il contratto per la qualifica e il
diploma professionale, il datore dovrà corrispondere una retribuzione pari al 10%
di quella ordinaria. Sono previste riduzioni degli oneri previdenziali.
In caso di violazione il datore ha l’obbligo di integrare la contribuzione versata con
riferimento alla qualifica ad acquisire, maggiorata del 100%.

Cap. 16- Lavoro esternalizzato, articolazioni dell’imprese.


-Lavoro esternalizzato ed articolazione dell’attività d’impresa.
Spesso accade che le imprese beneficino di manodopera assunta da altri o posta
all’esterno dell’impresa, determinando un aumento dei profitti ed auna riduzione
dei costi, ciò a scapito delle normative poste a tutela del lavoro. Vi sono 3 ipotesi:
 Decentrando alcune attività del loro ciclo produttivo attraverso l’affidamento a
soggetti terzi;
 Impiegando indirettamente manodopera, attraverso un soggetto interposto;
 Diversificando e distribuendo le attività produttive tra + soggetti economici, se-
condo gli schemi di collegamento e controllo societario tipici dei gruppi di im-
prese.
La legge 1369/1960 introdusse un divieto di interposizione nel rapporto di lavoro,
era fatto divieto agli imprenditori di utilizzare personale assunto da soggetti terzi.
Dato che nella realtà la pratica interpositoria può confondersi dietro lo schema di
un appalto, tale legge prevedeva a tutela dei lavoratori una speciale forma di soli-
darietà tra questi 2 soggetti per i crediti di lavoro, nonché l’obbligo di un tratta-
mento equivalente tra i lavoratori dell’appaltante e quelli dell’appaltatore.

-Il lavoro a domicilio.


Il lavoro a domicilio il datore affida ad un collaboratore posto all’esterno dei luoghi
di lavoro la realizzazione di prodotti o lo svolgimento di attività pertinenti e con-
nesse alla propria attività d’impresa. Tale rapporto si inquadra nella categoria della
specialità ad esso si applicano le norme del codice civile in quanto compatibili con
la specialità del rapporto.
La subordinazione del lavoratore a domicilio ricorre quando quest’ultimo è tenuto
ad osservare le direttive dell’imprenditore circa le modalità di esecuzione, le ca-
ratteristiche e i requisiti del lavoro da svolgere nell’esecuzione parziale, nel com-
pletamento o nell’intera lavorazione di prodotti oggetto dell’attività dell’impren-
ditore committente.
È lavoratore a domicilio chiunque esegue nel proprio domicilio o in locale di cui
abbia disponibilità, lavoro retribuito per conto di 1 o + imprenditori, utilizzando
materie prime o accessorie e attrezzature proprie e dell’imprenditore.
È annullato il potere di vigilanza. La retribuzione viene erogata secondo la tecnica
del cottimo e quindi in relazione ai risultati e alla produttività del lavoratore, i la-
voratori a domicilio non si conteggiano ai fini della valutazione della dimensione
aziendale.
Non possono affidarsi a domicilio lavorazioni che comportino l’utilizzo di so-
stanze o materiali nocivi o pericolosi per la salute o l’incolumità del lavoratore e
dei suoi familiari. Vi è il divieto di ricorrere a tale rapporto di lavoro, per le aziende
che hanno attivato procedure di licenziamento o di sospensione del rapporto.
Il datore è obbligato alla rendicontazione e di pubblicità inerenti il numero dei
lavoratori a domicilio impiegati e i termini del loro utilizzo.

-L’evoluzione.
Il progresso ha fatto si che ci si concentri all’esterno dell’azienda in attività di
lavoro contraddistinte dal ricorso a strumenti digitali e telematici.
Si parla di telelavoro che si distingue dal lavoro agile, che si caratterizza per essere
una modalità di esecuzione del lavoro mediante accordo tra le parti.
Il telelavoro è la prestazione di lavoro eseguita in qualsiasi luogo ritenuto idoneo,
collocato al di fuori della sede di lavoro, dove la prestazione sia possibile, con il
prevalente supporto di tecnologie dell’informazione e della comunicazione, che
consentano il collegamento con l’amministrazione cui la prestazione stesa inerisce.

-La somministrazione di lavoro.


Il contratto di somministrazione di lavoro, è il contratto con il quale un’agenzia di
somministrazione autorizzata mette a disposizione di un’utilizzatore 1 o + dipen-
denti, i quali per la durata del lavoro svolgono la propria attività nell’interesse e
sotto la direzione e il controllo dell’utilizzatore.
Oggi le agenzie di somministrazione sono società che possono operare nel campo
della somministrazione solo dietro apposita autorizzazione, vi sono:
Un contratto commerciale tra agenzia di somministrazione e utilizzatore, deve
essere stipulato in forma scritta e contenere: gli estremi dell’autorizzazione ri-
lasciata all’agenzia; il numero di lavoratori da somministrare; la data di inizio e
la durata prevista del contratto; le mansioni e l’inquadramento del lavoratore;
luogo, orario e trattamento economico/normativo delle prestazioni. L’utilizza-
tore assume l’obbligo di comunicare al somministratore il trattamento econo-
mico e normativo applicabile ai suoi lavoratori dipendenti che svolgono le
stesse mansioni dei lavoratori da somministrare e si obbliga di rimborsare al
somministratore gli oneri retributivi e previdenziali da questo sostenuti.;
Contratto di lavoro tra Agenzie e lavoratore, per cui si applica la disciplina ge-
nerale dei rapporti a tempo indeterminato o a termine.
Per il contratto di somministrazione a tempo indeterminato, il numero dei lavora-
tori somministrati non può eccedere il 20% del numero di lavoratori a tempo inde-
terminato in forza presso l’utilizzatore al 1/1 dell’anno di stipula del contratto.
Per quello a tempo determinato il numero di lavoratori assunti con contratto di
somministrazione non può eccedere il 30% del numero dei lavoratori a tempo in-
determinato in forza presso l’utilizzatore al 1/1 dell’anno di stipula di tali contratti.
Possono essere somministrati a tempo indeterminato i lavoratori assunti dal som-
ministratore a tempo indeterminato, è chiesta la coincidenza fra 2 contratti.
Non vi si può ricorrere quando questo si pone in contrasto con diritti fondamentali
dei lavoratori (es. per sostituire lavoratori in sciopero).
L’agenzia titolare del contratto e l’utilizzatore rispondono nei confronti di terzi dei
danni a essi arrecati dal lavoratore nello svolgimento delle sue mansioni.
Al lavoratore è garantita la parità di trattamento i lavoratori del somministratore
hanno diritto a condizioni economiche e normative pari a quelle dei dipendenti di
pari livello dell’utilizzatore.
L’utilizzatore è obbligato in solido a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retri-
butivi e a versare i relativi contributi previdenziali.
Vi sono norme che garantiscono il rispetto degli obblighi in materia di sicurezza e
salute sui luoghi di lavoro. Se l’utilizzatore adibisce il lavoratore a mansioni supe-
riori rispetto a quelle indicate nel contratto, deve comunicarlo per iscritto al som-
ministratore. I lavoratori somministrati devono essere informati dall’utilizzatore
dei posti vacanti in azienda affinché possano aspirare a ricoprire posti di lavoro a
tempo indeterminato.
Nel caso di somministrazione irregolare il lavoratore può chiedere la costituzione
di un rapporto di lavoro alle dipendenze dell’utilizzatore al lavoratore spetta anche
un indennizzo a titolo di risarcimento del danno. Tali violazioni sono punite anche
con la sanzione amministrativa pecuniaria da 250 a 1250 €.

-Le tutele del lavoro negli appalti.


Il contratto di appalto si distingue dalla somministrazione per l’organizzazione dei
mezzi necessari da parte dell’appaltatore, che può risultare dall’esercizio del potere
organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, nonché
per l’assunzione da parte dello stesso appaltatore del rischio d’impresa.
Nell’appalto vige anche la regola della solidarietà, il committente è obbligato in
solido con l’appaltatore a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e pre-
videnziali. Tale garanzia si applica anche ai rapporti di subfornitura, ai contratti
con cui un imprenditore si impegna a effettuare per conto di un’impresa commit-
tente lavorazioni su prodotti semilavorati o si impegna a fornire all’impresa pro-
dotti o servizi destinati ad essere utilizzati nell’ambito dell’attività economica del
committente.
Le disposizioni previste per il contratto di appalto non si applicano ai contratti di
appalto stipulati dalle P.A.
L’anzianità di servizio del lavoratore che passa alle dipendenze dell’impresa su-
bentrante nell’appalto, si computa tenendo conto dell’intero periodo durante il
quale questi è stato impiegato nell’attività appaltata.

-Distacco, gruppi e reti d’impresa.


Il distacco si configura quando un datore, per soddisfare un proprio interesse, pone
1 o + lavoratori a disposizione di un altro soggetto per l’esecuzione di un’attività
lavorativa. Fondamentale è la presenza di un interesse lecito del datore di spostare
il lavoratore presso un altro imprenditore. L’interesse deve essere produttivo e utile
al datore, non può coincidere solo con la somministrazione di lavoro altrui.
Si prevede la possibilità di stipulare un contratto di rete con causale di solidarietà,
per favorire il mantenimento dei livelli occupazionali delle imprese appartenenti
alle filiere in difficoltà economica. Le imprese che stipulano il contratto di rete
possono ricorrere al distacco e alla codatorialità per:
L’impiego di lavoratori delle imprese partecipanti alla rete che sono a rischio di
perdita del posto di lavoro;
L’inserimento di persone che hanno perso il posto di lavoro per chiusura di at-
tività o crisi d’impresa;
L’assunzione di figure professionali necessarie a rilanciare le attività produttive
nella fase di uscita dalla crisi.
Il distacco deve essere motivato da ragioni tecniche, organizzative, produttive e
sostitutive nel caso di spostamenti a un’unità produttiva collocata a + di 50 km da
quella in cui il lavoratore è adibito. Altro requisito è la temporaneità.
Se l’esecuzione dell’attività richiede che questi svolga mansioni diverse da quelle
per le quali è adibito, è necessario il suo consenso. Il datore originario resta re-
sponsabile del trattamento economico e normativo spettante al lavoratore.
È previsto che il lavoratore possa chiedere la costituzione di un rapporto di lavoro
alle dipendenze del soggetto che ha utilizzato la prestazione lavorativa da questi
resa.
-Trasferimento di azienda.
L’art. 2112 c.c. prevede che in caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di la-
voro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne deri-
vano. È previsto che il cessionario applichi i trattamenti previsti dai contratti col-
lettivi vigenti. Il legislatore ha previsto come giusta causa di dimissioni nei 3 mesi
successivi al trasferimento d’azienda, la modifica delle condizioni di lavoro.
Cedente e cessionario sono obbligati in solido per tutti i crediti che il lavoratore
aveva al tempo del trasferimento e prevede la possibile liberazione del cedente
attraverso le procedure conciliative.
Per trasferimento si intende qualsiasi operazione che comporti il mutamento nella
titolarità di un’attività organizzata preesistente al trasferimento e che conserva la
propria identità. Tali disposizioni si applicano anche al trasferimento di parte
dell’azienda, da intendersi come un’articolazione autonoma di un’attività econo-
mica organizzata, identificata come tale dal cedente o dal cessionario al momento
del suo trasferimento. Si prevede il coinvolgimento dei sindacati nel caso di tra-
sferimento de azienda in cui sono occupati + di 15 dipendenti, avendo la possibilità
di sottoscrivere accordi derogatori.
Cedente e cessionario hanno l’obbligo di informare le rappresentanze sindacali
prima di concludere l’accordo definitivo sulla cessione, dando conto: della data del
trasferimento, dei suoi motivi, delle sue conseguenze per i lavoratori ecc.
In violazione vi è la possibilità di interpellare il giudice affinché questi ordini al
datore la cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione dei suoi effetti.

-Istituti interpositori, esternalizzazioni.


Per quanto riguarda il lavoro pubblico, l’equivalente del distacco (nel lavoro pri-
vato) è il comando, che si differenzia per il fatto che l’interesse a distaccare è
spesso un interesse del lavoratore o dell’amministrazione destinataria, inoltre è ri-
chiesto il consenso del lavoratore.
Quanto alla somministrazione, è esclusa quella a tempo indeterminato, mentre
quella a tempo determinato sottostà alla disciplina speciale del lavoro pubblico.
Gli appalti sono sottoposti ad una disciplina contenuta nel d.lgs. 50/2016.
Il trasferimento d’azienda non si ritiene più applicabile al settore pubblico.

Cap. 17- Cassa integrazione guadagni, trattamenti di disocup.


-Ammortizzatori sociali.
In caso di perdita del posto di lavoro o riduzione e sospensione dell’attività il la-
voratore è destinatario di indennizzi e provvidenze di carattere previdenziale e as-
sistenziale. È riconosciuto il diritto al mantenimento e all’assistenza sociale di ogni
cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere, il diritto ai
lavoratori affinché siano preveduti e assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di
vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involon-
taria ecc. A tali compiti provvedono organi ed istituti preposti o integrati dallo
stato, si parla di ammortizzatori sociali.
Lo Stato accomuna a questi sia le indennità di disoccupazione (per chi ha perso il
lavoro) sia la cassa integrazione guadagni (per chi è sospeso dal lavoro).
I lavoratori destinatori di tali concessioni devono essere titolari di contratto di la-
voro.
Oltre ai disoccupati vi sono altre categorie: inoccupati, coloro che non hanno mai
trovato lavoro; disoccupati di lunga durata, coloro che dopo aver perso un lavoro
non sono riusciti a trovarne altri; disoccupati intermittenti o sottoccupati, coloro
che accettano lavori occasionali o ad orario ridotto.
La riforma Fornero ha previsto la disciplina dei trattamenti di disoccupazione detti
ASPI e Mini ASPI.
Poi la Jobs act ha previsto la revisione delle misure di sostegno introducendo nuovi
trattamenti di disoccupazione NASPI (che sostituisce i precedenti), Dis-coll (per
collaboratori coordinati e continuativi) e ASDI (assegno di disoccupazione di tipo
assistenziale) abrogato e inglobato nel REL.
L’UE ha istituito uno strumento di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di
disoccupazione nello stato di emergenza (SURE).

-Il sostegno al reddito in costanza di rapporto di lavoro.


Il nostro ordinamento mira a tutelare il reddito dei lavoratori attraverso la previ-
sione di strumenti previdenziali. La cassa integrazione guadagni evita:
 Che i prestatori perdano la retribuzione;
 Che l’azienda sostenga ulteriori costi di manodopera.
È un’alternativa al licenziamento e fornisce la possibilità di avere alle proprie di-
pendenze i lavoratori, una volta cessata la ragione di sospensione dell’attività.
La prestazione CIG consiste in un’indennità sostitutiva della retribuzione, per so-
spensione, o integrativa, per la riduzione dell’attività lavorativa.
Per goderne è necessario il provvedimento amministrativo dell’INPS di autorizza-
zione dell’intervento. L’indennità sarà anticipata dall’impresa e poi rimborsata
dall’INPS, attraverso il conguaglio tra contributi dovuti e prestazioni corrisposte,
entro un termine di decadenza di 6 mesi.
La somma erogata è equiparata alla retribuzione corrisposta in costanza di rapporto
di lavoro e sarà soggetta ad imposizione fiscale e contributiva.
La CIG si divide in:
 CIGO (cassa integrazione ordinaria) finalizzata alla conservazione dell’occupa-
zione e del reddito;
 CIGS (cassa integrazione straordinaria) il cui finanziamento grava sullo Stato,
destinata a affrontare situazioni strutturali di eccedenze di personale che non
compromettono la continuità dell’attività aziendale.
Sono beneficiari di entrambe tutti i lavoratori subordinati, a condizione che ab-
biano conseguito un’anzianità effettiva di lavoro, presso l’unità produttiva per la
quale è richiesto l’intervento di almeno 90 g.
La misura del trattamento è pari all’80% della retribuzione totale che spetterebbe
per le ore di lavoro non prestate. Nell’integrazione salariale non sono incluse fe-
stività e assenze non retribuite.

-Cassa integrazione guadagni ordinaria.


La CIGO si applica al settore industriale, edile e agricolo. Le cause per accedervi
sono riconducibili ad eventi transitori e non imputabili all’imprenditore o agli ope-
rai, o situazioni temporanee di mercato.
Il ricorso alle integrazioni salariali è sottoposto ad una procedura sindacale.
Chiusa la procedura, per l’intervento ordinario il datore è tenuto a comunicare
all’INPS l’avvenuto adempimento della procedura, il cui espletamento costituisce
condizione di procedibilità alla domanda di ammissione al trattamento. Per i criteri
valgono parametri di buona fede, correttezza e non discriminazione.
Il trattamento ordinario può essere corrisposto fino ad un max di 13 settimane con-
tinuative, con eventuali proroghe trimestrali fino ad un max complessivo di 52
settimane.

-La cassa integrazione guadagni straordinaria.


La CIGS si applica alle imprese industriali, dell’edilizia e del settore lapideo con
+ di 15 addetti, alle imprese esercenti attività commerciali, agenzie di viaggio e
turismo con + di 50 addetti, e alle imprese di vigilanza con + di 15 addetti.
Per le causali crisi aziendali, riorganizzazione aziendale e il contratto di solidarietà
difensivo. Per quanto riguarda la procedura di consultazione sindacale, l’esame
congiunto consiste in una concertazione obbligatoria presso la Regione.
Chiusa la procedura la domanda è inoltrata al Ministero del lavoro entro un termine
predeterminato. La scelta dei lavoratori da collocare in CIGS e le relative garanzie
sono rimesse al sistema di consultazione sindacale, essendo previsto che oggetto
dell’esame congiunto debbano essere i criteri di scelta dei lavoratori da sospendere.
Il criterio della rotazione impone al datore di lavoro di ripartire il periodo di so-
spensione/riduzione dell’attività tra tutti i dipendenti che svolgono la medesima
mansione. Per quanto riguarda la durata della CIGS è riconosciuta entro limiti di
12-24 mesi, variabile in base alla causale integrabile e che premiano il ricorso a
contratti di solidarietà difensivi.

-La cassa integrazione in deroga.


Le leggi di bilancio successive al 2015 hanno continuato a finanziare questi tratta-
menti.
-La cassa integrazione guadagni Covid.
L’ordinamento italiano ha introdotto molte misure utili a supportare aziende e la-
voratori in questo periodo di emergenza. Sono state introdotte norme speciali in
materia di trattamento ordinario di integrazione salariale e assegno ordinario ero-
gato dai fondi di solidarietà bilaterale.
I datori di lavoro che nell’anno 2020 sospendono o riducono l’attività lavorativa
per eventi riconducibili all’emergenza da covid-19, possono presentare domanda
di concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale o di accesso or-
dinario con causale emergenza covid-19 per periodi decorrenti dal 23/02/20 per
una durata max di 9 settimane entro agosto 2020.
Tale assegno è corrisposto anche ai lavoratori dipendenti presso datori iscritti al
fondo di integrazione salariale, che occupano in media + di 5 dipendenti, o ai fondi
di solidarietà e a fondi alternativi. Su istanza del datore può essere concesso con la
modalità di pagamento diretto della prestazione da parte dell’INPS.
Si deroga ai termini ordinari di presentazione della domanda di indennità, che deve
essere presentata (pena decadenza) entro la fine del mese successivo a quello in
cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa.
Requisito è che il lavoratore per il quale si richiede l’intervento, deve essere in
forza dalla data di inizio del periodo d’emergenza, o che sia stato assunto tra il
24/02 e il 17/03/20.
Il datore è esonerato dalla procedura di informazione e consultazione sindacale.
I datori del settore privato non rientranti nel campo di applicazione di ammortiz-
zatori sociali in costanza di rapporto, possono richiedere trattamenti di cassa inte-
grazione salariale in deroga.

-Fondi di solidarietà bilaterali.


I fondi di solidarietà bilaterali sono utilizzati per far fronte a sospensioni, o ridu-
zioni dell’orario di lavoro dei dipendenti di aziende con + di 15 addetti, non coperte
dalla cassa integrazione guadagni. Vi sono 3 tipi:
 Fondi di solidarietà bilaterali di nuova costituzione;
 Fondi di solidarietà alternativi;
 Fondi di solidarietà residuale, detto fondo di integrazione salariale.
Per i fondi vi è l’obbligo di bilancio in pareggio e il divieto di erogare prestazioni
in carenza di disponibilità. I fondi di solidarietà bilaterali e alternativi si applicano
a tutti i datori che occupano + di 5 dipendenti. Le causali sono le stesse previste
per la CIG. L’importo dell’assegno dovrà essere pari a quello previsto per la cassa
interazione, e la durata di erogazione non può essere inferiore a 13 settimane nel
biennio, né superiore alle durate max previste per la cassa integrazione.
Al fondo di integrazione salariale sono obbligati a iscriversi tutti i datori con + di
5 dipendenti che non rientrano nel campo di applicazione della cassa integrazione.
Viene prevista l’erogazione di un assegno di solidarietà corrisposto per max 12
mesi nel biennio, e un assegno ordinario garantito solo ai datori con + di 15 dipen-
denti per un periodo max di 24 settimane.

-Il sostegno al reddito alla cessazione del rapporto di lavoro.


La riforma Fornero ha eliminato l’indennità di mobilità, che veniva corrisposta
quando il lavoratore perdeva il lavoro, il suo importo era variabile: per i primi 12
mesi era pari al 100% del trattamento di CIGS percepito o che sarebbe spettato;
per i periodi successivi era pari al 80%. La durata del trattamento variava a seconda
dell’età anagrafica del lavoratore, e dell’ambito territoriale in cui si trovava.

-NASPI (nuova assicurazione sociale per l’impiego)


È prevista la NASPI come unica misura di sostegno al reddito in caso di perdita
del posto di lavoro, applicabile agli eventi di disoccupazione verificatasi dal
1/1/2015, ne sono esclusi i dipendenti a tempo indeterminato delle P.A., e gli ope-
rai agricoli a cui si applica l’indennità di disoccupazione agricola.
Sono richieste 13 settimane di retribuzione nei 4 anni precedenti l’inizio del pe-
riodo di disoccupazione e 30 giornate di lavoro nei 12 mesi che precedono l’inizio
del periodo di disoccupazione.
Questo trattamento non spetta se il rapporto cessa per dimissioni o risoluzione con-
sensuale.
La NASPI è corrisposta mensilmente, per un numero di settimane pari alla metà
delle settimane di contribuzione degli ultimi 4 anni, quindi per un max di 24 mesi.
Il diritto alla prestazione matura a partire dall’ottavo giorno successivo alla data di
cessazione dell’ultimo giorno di lavoro, o dal giorno successivo a quello in cui
l’avente diritto ha presentato la domanda. Vi è un termine, pena decadenza, entro
il cui presentare domanda che corrisponde a 68 giorni dalla data di cessazione del
rapporto. L’indennità viene interrotta d’ufficio se il lavoratore riprende a lavorare
con un contratto di lavoro subordinato.
La NASPI può essere sospesa per un max di 6 mesi e riprendere a decorrere se il
lavoratore, prima della scadenza, termina il periodo lavorativo.
Se il lavoratore instaura un nuovo rapporto di lavoro il cui reddito sia inferiore a
quello minimo escluso da imposizione fiscale, mantiene il diritto alla prestazione
che però viene ridotta, in misura pari all’80% del reddito che si prevede di perce-
pire. Il lavoratore destinatario può richiedere la liquidazione anticipata di tutto
l’importo non ancora percepito, per iniziare un’attività lavorativa autonoma.
Ai datori che assumono a tempo pieno e indeterminato i beneficiari della NASPI,
è riconosciuta una dote economica pari al 20% dell’indennità mensile residua di
NASPI che sarebbe spettata al lavoratore.
Casi in cui si decade dal trattamento sono: -Perdita dello stato di disoccupazione;
-Inizio attività lavorativa subordinata o autonoma senza provvedere alle comuni-
cazioni previste; -Raggiungimento dei requisiti per il pensionamento; -Acquisi-
zione del diritto all’assegno ordinario di invalidità; -Violazione delle regole di con-
dizionalità. Vi è l’obbligo di restituire l’indennità che il soggetto ha continuato a
percepire dopo tali cause. A causa dell’emergenza covid, il termine di presenta-
zione delle indennità NASPI e dis-coll è stato prorogato a 60 giorni, estendendo il
termine a 128 giorni.

-Assegno di ricollocazione.
È stato introdotto l’assegno di ricollocazione, destinato ai percettori della NASPI
e consente agli interessati di registrarsi presso il portale unico dei servizi per l’im-
piego. Dopo la registrazione i servizi per l’impiego si attivano con un patto di ser-
vizio personalizzato, con cui si delinea il profilo di occupabilità e si definiscono le
azioni da porre in essere per trovare lavoro. A questi lavoratori è destinato un as-
segno individuale di ricollocazione se la disoccupazione eccede i 4 mesi, spendi-
bile presso i soggetti accreditati a svolgere funzioni in materia di politiche attive
del lavoro. Il pagamento avviene solo se l’interessato riesce ad ottenere un con-
tratto a tempo indeterminato, determinato, d’apprendistato o part-time.

-L’indennità di disoccupazione per i lavoratori.


Per i lavoratori coordinati e continuativi come indennità di disoccupazione è pre-
vista la Dis-Coll. Destinatari sono i lavoratori coordinati o continuativi che hanno
perso la propria occupazione, e che si sono iscritti in via esclusiva alla gestione
separata INPS, non pensionati e privi di partita IVA. È necessaria la sussistenza di
almeno 3 mesi di contribuzione dal 1/1 dell’anno precedente l’evento di cessazione
del lavoro. L’indennità è corrisposta mensilmente per un numero di mesi pari alla
metà dei mesi di contribuzione, per una durata di max 6 mesi. Nel caso di nuova
occupazione con contratto di lavoro subordinato si decade dal diritto all’indennità
se di durata superiore a 5 giorni.

-Ammortizzatori sociali per far fronte alla disoccupazione da Covid.


Per tutelare il reddito a seguito del lockdown causato dall’emergenza Covid, sono
state introdotte indennità di vario titolo.
Sono stati estesi i congedi parentali, previsti bonus per l’acquisto di servizi di ba-
bysitting; aumentati i giorni di permessi retribuiti per l’assistenza di familiari di-
sabili. Ai liberi professionisti, titolari di partita IVA attiva dal 23/02/2020, e ai
lavoratori titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, iscritti
alla gestione separata, e ai lavoratori autonomi, iscritti alle gestioni speciali
dell’ago, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbli-
gatorie, è riconosciuta un’indennità per il mese di marzo e aprile 2020 pari a 600€.
Analoga indennità è corrisposta ai lavoratori dipendenti stagionali del settore del
turismo e degli stabilimenti termali; agli operai agricoli a tempo determinato, non
titolari di pensione che nel 2019 hanno effettuato almeno 50 giornate di lavoro
agricolo; ai lavoratori iscritti al fondo pensioni lavoratori dello spettacolo, con al-
meno 30 contributi giornalieri versati nell’anno 2019 al medesimo fondo.
È stata introdotta un’indennità per i lavoratori domestici, non conviventi con il
datore di lavoro.
È stato istituito il Rei che ha sostituito il SIA (sostegno per l’inclusione attiva) e
l’ASDI (assegno di disoccupazione) e costituisce un’unica misura nazionale di
contrasto alla povertà e all’esclusione sociale a carattere universale, basata sul
principio dell’inclusione attiva.
Il REI si compone di un assegno economico, il cui importo varia a seconda del
numero di componenti della famiglia, e un progetto personalizzato di inclusione
attiva che coinvolge l’intero nucleo familiare. La durata di tale misura è di max 18
mesi rinnovabili di altri 12.

-Evoluzione delle misure di inclusione sociale.


Il reddito di inclusione (REI) e poi il Reddito di cittadinanza (RdC), sono misure
volte al sostegno del reddito di soggetti in condizioni economiche disagiate, a
fronte della loro disponibilità a intraprendere percorsi di inserimento sociale e la-
vorativo. Istituti tendenti ad attuare una politica di inclusione sociale sono stati la
carta acquisti ordinaria (misura di contrasto alla povertà assoluta, destinata a citta-
dini italiani inabili al lavoro), e la carta per l’inclusione (versione sperimentale di
uno strumento nazionale di contrasto alla povertà).
È stato istituito il fondo nazionale per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale
finalizzato a finanziare l’attuazione del Piano nazionale di lotta alla povertà, e gli
interventi e i servizi sociali territoriali di contrasto alla povertà.

-Reddito di cittadinanza.
Il reddito di cittadinanza presenta le tipologie di intervento proprie di una politica
di contrasto alla povertà, garantendo un sostegno economico a integrazione dei
redditi familiari, finalizzato al reinserimento lavorativo e sociale.
Il reddito si compone di una parte economica composta da:
 Una componente ad integrazione del reddito familiare, fino alla soglia di 6000€
annui moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza;
 Una componente ad integrazione del reddito nei nuclei familiari residenti in
abitazione in locazione, pari all’ammontare del canone annuo previsto nel con-
tratto di locazione fino ad un max di 3360€ annui.
A seguito della procedura richiesta della prestazione e accertata la sussistenza dei
requisiti, il beneficio economico è erogato attraverso la Carta RdC, utilizzabile per
prelievi, acquisti di beni essenziali e pagamento del canone di locazione.
Alla parte economica si accompagna il diritto-dovere di essere coinvolto nei per-
corsi di inserimento professionale. L’erogazione del beneficio è condizionata alla
dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro, nonché all’adesione ad un per-
corso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e d’inclu-
sione sociale che prevede attività al servizio della comunità, di completamento de-
gli studi ecc. I nuclei familiari in cui sia presente almeno un componente uscito da
poco dal mercato del lavoro, sono convocati dai centri per l’impiego, i restanti dai
servizi sociali, al fine di effettuare una valutazione in grado di identificare i bisogni
del nucleo. Sono tenuti a tali obblighi tutti i componenti del nucleo familiare che
siano maggiorenni, mentre ne sono esclusi i beneficiari di pensione di cittadinanza,
o i beneficiari del RdC titolari di pensione dirette, o di età superiore a 65, nonché
con componenti disabili.
Il richiedente e i componenti del nucleo beneficiari sono tenuti a rendere una di-
chiarazione di immediata disponibilità al lavoro entro 30 giorni dal riconoscimento
del beneficio, sono individuati e resi noti ai centri per l’impiego tramite la piatta-
forma digitale affinché siano convocati entro 30 g. dal riconoscimento del benefi-
cio, se in possesso di 1 o + dei requisiti:
Assenza di occupazione da non + di 2 anni;
Essere beneficiario della NASPI o di altro ammortizzatore sociale per la disoc-
cupazione o averne terminato la fruizione da non + di 1 anno;
Aver sottoscritto un progetto personalizzato.
Sono resi noti ai centri per l’impiego i beneficiari del RdC maggiorenni e di età
minore o pari a 29, affinché siano convocati entro 30 g. dal riconoscimento del
beneficio. Tali beneficiari stipulano presso i centri per l’impiego un patto per il
lavoro, che equivale al patto di servizio personalizzato.
I beneficiari sono tenuti a:
 Collaborare alla definizione del patto di lavoro;
 Accettare gli obblighi e rispettare gli impegni previsti dal patto: registrarsi sulla
piattaforma, consultarla verificando la presenza di offerte di lavoro, accettare di
essere avviato alle attività individuate nel patto, sostenere colloqui psicoattitu-
dinali e prove di selezione, accettare almeno 1 delle 3 offerte di lavoro congue.
In caso di rinnovo del beneficio deve essere accettata, a pena di decadenza del
beneficio, la prima offerta di lavoro congrua.
La congruità dell’offerta di lavoro è definita anche con riferimento alla durata di
fruizione del beneficio e al numero di offerte rifiutate:
a. Primi 12 mesi di fruizione, è congrua l’offerta entro 100km di distanza dalla
residenza del beneficiario o raggiungibile entro un max di 100 minuti, se prima
offerta;
b. Dopo i 12 mesi, entro 250 km dalla residenza del beneficiario;
c. In caso di rinnovo del beneficio, è congrua ovunque sia collocata nel territorio
italiano anche nel caso di prima offerta.
Nel caso i cui nel nucleo sono presenti componenti con disabilità l’offerta è con-
grua se non eccede la distanza di 100 km dalla residenza del beneficiario.
Se nel nucleo sono presenti figli minori l’offerta è congrua se non eccede la di-
stanza di 250 km dalla residenza del beneficiario, questa previsione opera solo nei
primi 24 mesi dall’inizio della fruizione del beneficio.
Nel patto per l’inclusione sociale sono inclusi: interventi per l’accompagnamento
all’inserimento lavorativo, e interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà,
che si ritengono riferiti al RdC.
Il beneficiario è tenuto ad offrire, nell’ambito del patto per il lavoro e del patto per
l’inclusione sociale, la propria disponibilità per la partecipazione a progetti a tito-
larità dei comuni, utili alla collettività, da svolgere nel comune di residenza.
Dovrà mettere a disposizione un numero di ore compatibile con altre attività del
beneficiario, non inferiori alle 8 ore settimanali, aumentabili fino al max di 16 ore
settimanali con il consenso di entrambe le parti.
Il legislatore ha introdotto fattispecie sanzionatorie: -comportanti la perdita o re-
voca del beneficio, come nel caso in cui non si effettui la dichiarazione di imme-
diata disponibilità al lavoro; -rilevanti sul piano penale, come la produzione di do-
cumenti falsi al fine di ottenere indebitamente il beneficio.

-Reddito di cittadinanza, covid, rem.


L’emergenza covid ha sospeso per 4 mesi dall’entrata in vigore del decreto gli
obblighi connessi alla fruizione del RdC. È stata introdotta una misura di sostegno
economico (reddito di emergenza- REM), in favore dei nuclei familiari in diffi-
coltà, considerando il reddito familiare e patrimoniale mobiliare.
Il beneficiario della prestazione è l’intero nucleo familiare.
Il REM è erogato per 2 mesi a decorrere da quello della presentazione della do-
manda. L’importo non può superare gli 800€ mensili, elevabili a 840 solo in pre-
senza di disabili gravi o non autosufficienti.
Il REM non è compatibile con le altre indennità Covid, né con i titolari di pensione
diretta/indiretta, né con titolari di un rapporto di lavoro dipendente la cui retribu-
zione è superiore ad alcuni importi, né con percettori del RdC.

-Tirocini formativi e di orientamento.


Il nostro ordinamento prevede iniziative di inserimento lavorativo, di formazione
o riqualificazione. I tirocini formativi e di orientamento, detti stages, sono forme
di inserimento temporaneo all’interno di un’azienda di neo-diplomati o neo-lau-
reati, o appartenenti a categorie disagiate, per realizzare un’alternanza scuola/la-
voro e agevolare le scelte professionali attraverso la conoscenza diretta del mondo
del lavoro e la creazione si un’opportunità per acquisire una specifica professiona-
lità. Nei tirocini fra datore e tirocinante non sussiste rapporto di lavoro, anche se a
volte il tirocinio maschera fittizie dorme di lavoro subordinato.
È previsto un progetto formativo individuale, concordato tra un soggetto promo-
tore, un soggetto ospitante e il tirocinante, in cui sono definiti gli obiettivi formativi
da perseguire e le modalità di attuazione. I tirocini sono misure formative di poli-
tica attiva rivolte a: soggetti disoccupati; lavoratori a rischio disoccupazione, sog-
getti occupati in cera di altra occupazione, soggetti disabili e svantaggiati.
La durata del tirocinio dev’essere indicata nel Pfi nono può essere inferiore a 2
mesi, né superiore a 12. Il tirocinante ha diritto a una sospensione del tirocinio per
maternità, infortunio, o malattia di lunga durata, e per periodi di chiusura aziendale
della durata di almeno 15 g.
L’attivazione dei tirocini avviene sulla base di convenzioni stipulate tra soggetti
promotori e soggetti ospitanti dei tirocinanti.
I soggetti promotori sono soggetti accreditati o autorizzati a promuovere il tiroci-
nio nel proprio territorio, sui quali grava l’obbligo assicurativo per il tirocinante
contro gli infortuni sul lavoro.
Soggetti ospitanti sono gli enti pubblici o privati presso i quali viene realizzato il
tirocinio, i quali devono essere in regola con le norme sulla sicurezza sul lavoro,
rispettare la normativa sul collocamento obbligatorio dei disabili, non aver effet-
tuato licenziamenti nei 12 mesi precedenti l’attivazione del tirocinio ecc.
Il numero dei tirocini attivabile contemporaneamente dipende dalle dimensioni
dell’unità produttiva in cui è inserito il tirocinante (fino a 5 dipendenti 1 tiroci-
nante, da 6 a 20 dipendenti 2 tirocinanti, + di 20 dipendenti non più del 10%
dell’organico. Al tirocinante va corrisposta un’indennità di partecipazione, che non
può essere inferiore a 300 € mensili e che le leggi regionali possono aumentare.
Al termine del tirocinio, viene rilasciata al tirocinante un’attestazione dei risultati
formativi raggiunti, con l’eventuale indicazione delle competenze acquisite.

-Incentivi dell’occupazione.
Il nostro ordinamento prevede degli incentivi all’assunzione riconosciuti ai datori
che assumono determinati soggetti. Per assicurare la trasparenza di tali incentivi,
presso l’Anpal è istituito il repertorio nazionale degli incentivi occupazionali e del
lavoro. Al datore di lavoro privato che comunichi alla piattaforma digitale dedicata
al RdC, presso l’ANPAL, le disponibilità dei posti vacanti e che su tali posti as-
suma a tempo pieno e indeterminato soggetti beneficiari RdC, è riconosciuto l’eso-
nero dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali, nel limite dell’im-
porto mensile del RdC percepito dal lavoratore all’atto di assunzione e per un pe-
riodo pari alla differenza tra 18 mensilità e le mensilità già godute dal beneficiario
stesso e per un importo non superiore a 780€ mensili e per un periodo non inferiore
a 5 mensilità.

Cap. 18-Discriminazioni sul lavoro.


-Fonti e istituzioni del diritto antidiscriminatorio.
Nella cost. è affermata la parità di trattamento retributivo tra lavoratrici e lavora-
tori. Negli anni 60/70 fu riconosciuta la discriminazione sindacale, politica e reli-
giosa e per motivi legati al matrimonio, fino poi a riconoscere anche la discrimi-
nazione dei lavoratori extracomunitari e per i portatori di handicap.
L’insieme di queste norme dà vita al diritto discriminatorio che funziona secondo
tale apparato:
Vi è il comitato nazionale, per l’attuazione dei principi di parità di trattamento
ed uguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici, istituto presso il mini-
stero del lavoro;
I consiglieri di parità, che sono pubblici ufficiali tenuti a segnalare all’autorità
giudiziaria i reati di cui vengono a conoscenza e hanno il potere di agire in giu-
dizio nel caso di discriminazioni collettive. Hanno anche funzioni consultive
per rimuovere i comportamenti antidiscriminatori per sesso nei luoghi di lavoro
e di ogni altro ostacolo che limiti di fatto l’uguaglianza di genere;
Conferenza nazionale delle consigliere e dei consiglieri di parità, che ha finalità
di realizzare scambi di informazione ed esperienze;
Comitato unico di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benes-
sere di chi lavora e contro le discriminazioni, che ha compiti propositivi, con-
sultivi e di verifica volti a realizzare i principi di pari opportunità e a contrastare
qualsiasi forma di discriminazione e di violenza morale o psichica per i lavora-
tori;
L’ufficio nazionale antidiscriminazione razziali, che promuove la parità di trat-
tamento e rimuove le discriminazioni fondate su motivi attinenti alla razza o
all’origine etnica.

-Le nozioni di discriminazione e gli strumenti per evitarle.


La normativa distingue fra:
 Discriminazione diretta, qualsiasi disposizione, criterio, atto, comportamento,
nonché l’ordine di porre in essere un atto che produca un pregiudizio discrimi-
nando le lavoratrici o i lavoratori in ragione del loro sesso e che determini un
trattamento meno favorevole rispetto a quello di un’altra lavoratrice o lavora-
tore nella stessa situazione. La discriminazione diretta deve avere carattere og-
gettivo. Le discriminazioni possono essere dovute per fattori legati a: genere,
razza, religione, handicap, età ecc. Il divieto di discriminazione dirette non è
assoluto, sono previste delle eccezioni: per i concorsi pubblici, quando il sesso
costituisce requisito essenziale per la natura del lavoro; nel caso di mansioni
pesanti individuate attraverso la contrattazione collettiva.
 Discriminazione indiretta, quando una disposizione, atto o comportamento ap-
parentemente neutri mettono i lavoratori in una posizione di particolare svan-
taggio rispetto ad altri lavoratori. La discriminazione ha carattere oggettivo ed
ammette eccezioni quando le differenze riguardano requisiti essenziali allo
svolgimento del lavoro e sono giustificate oggettivamente da finalità legittime.
 Discriminazioni collettive, quelle per causa di matrimonio, gravidanza, mater-
nità o paternità, discriminazioni doppie o multiple. Da qualche anno le discri-
minazioni sono paragonate alle molestie: comportamenti indesiderati che hanno
lo scopo o l’effetto di violare la dignità di un lavoratore/lavoratrice o creare un
clima intimidatorio, ostile, umiliante o offensivo. La molestia sessuale è definita
come un comportamento indesiderato, a connotazione sessuale, espresso in
forma fisica, verbale o non verbale. Nelle molestie si sottolinea l’indesiderabi-
lità dello specifico comportamento. Una disciplina speciale esiste per i dipen-
denti autori di segnalazione di reati o irregolarità di cui sono venuti a cono-
scenza nell’ambito di un rapporto (whistleblowers).
Le pari opportunità rappresentano una garanzia ben radicata nel diritto europeo.
La carda dei diritti fondamentali dell’UE prevede che va assicurata la parità, sono
previste azioni positive che sono dirette a prevenire discriminazioni, eliminare le
disparità, promuovere le parità di chance nella vita lavorativa.
Costituiscono azioni positive le quote, cioè riserve di trattamenti preferenziali
nell’accesso al lavoro, nella progressione di carriera o nella conservazione del po-
sto di lavoro a favore del genere in situazioni svantaggiata (discriminazioni alla
rovescia).

-L’onere della prova e la tutela giudiziaria.


Per la prova delle discriminazioni, se il lavoratore fornisce elementi di fatto, de-
sunti idonei a fondare la presunzione dell’esistenza di atti o comportamenti discri-
minatori, spetta al datore provare l’insussistenza della discriminazione.
La discriminazione può essere fatta valere sia con rito ordinario, sia con un proce-
dimento speciale che ha carattere urgente, e finalità inibitoria e ripristinatoria il
quale può concludersi con un decreto immediato esecutivo, contenente l’ordine di
cessazione del comportamento discriminatorio e di rimozione degli effetti, ed è
corredato da sanzione penale, ma può comprendere anche il risarcimento dei danni
patrimoniali e non.
Contro tutte le discriminazioni è prevista un’azione di carattere istituzionale, cui è
legittimato il consigliere di parità competente per territorio, proponibile al tribu-
nale in funzione di giudice del lavoro o al tribunale amministrativo regionale.
Il giudice può riconoscere il risarcimento dei danni patrimoniali e non, oltre che
ordinare di definire un piano rivolto alla rimozione delle discriminazioni accertate.
Nel caso di discriminazioni diverse dal genere, il soggetto discriminato può rivol-
gersi al giudice scegliendo anche il rito sommario. La possibilità di agire in giudi-
zio spetta al soggetto discriminato che può anche delegare le organizzazioni sin-
dacali. Nel caso di discriminazione collettive, qualora non siano individuabili le
persone lese dalla discriminazione, associazioni ed enti sono legittimati ad agire
autonomamente.

Cap. 19-Negozi dispositivi, prescrizione e decadenza.


-Art.2113 c.c. e le sue origini.
Una delle caratteristiche del diritto del lavoro è il principio di inderogabilità delle
sue norme, le parti non possono pattuire in senso contrario e peggiorativo per il
lavoratore rispetto alla regola stabilita dalla legge o dalla contrattazione collettiva.
Le rinunzie e le transazioni, che hanno per oggetto diritti del lavoratore derivanti
da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi concer-
nenti i rapporti di cui l’art. 409 c.p.c. non sono valide.
Il lavoratore può entro il termine di decadenza di 6 mesi impugnarlo, se il lavora-
tore non propone impugnazione il negozio dispositivo avrà piena efficacia.

-La ricostruzione teorico-sistematica della norma.


Proprio perché il lavoratore non stipula il negozio da solo, il legislatore ritiene che
sia consapevole di ciò che sta facendo, e non viene in rilievo la sua situazione di
debolezza socio-economica.
Bisogna distinguere la regolazione del rapporto da cui nascerà il diritto, per cui si
parla di nullità per la violazione della regola, dal suo svolgimento che riguarda
l’esercizio del diritto e quindi alla sua disposizione, per cui si parla di annullabilità
del negozio dispositivo del diritto.
Il legislatore ha voluto conciliare l’istanza protettiva del lavoratore con l’esigenza
di una risoluzione delle controversie mediante composizioni stragiudiziali, dando
rilievo alla debolezza del lavoratore e alla finalità protettiva dell’ordinamento.
Il legislatore esclude la nullità, ritenendo che l’azione avrebbe generato una situa-
zione di eccessiva incertezza.

-L’ambito di applicazione della disciplina.


Il lavoratore non può disporre dei diritti futuri, o relativi a un’attività lavorativa
non ancora svolta e quindi non ancora maturati, e non può disporre della contribu-
zione relativa il rapporto di previdenza, poiché in tal caso di essa ne è titolare l’ente
previdenziale.

-La prescrizione, i termini.


La prescrizione è un istituto di carattere generale che produce l’estinzione del di-
ritto là dove il suo titolare rimanga inerte per un dato tempo. A essa sono sottratti
solo i diritti indisponibili e altri diritti indicati dalla legge.
I diritti del lavoratore si prescrivono in 10 anni, fanno eccezione il diritto alle in-
dennità spettanti per la cessazione del rapporto di lavoro e i criteri retributivi che
si prescrivono nel termine breve di 5 anni.
-Il dies a quo.
Una sentenza della Corte costituzionale, partendo dal presupposto che il lavoratore
può essere indotto a non esercitare il diritto di cui è titolare per paura di un licen-
ziamento, ha disposto che per i soli diritti che hanno natura retributiva.
Il termine per la prescrizione inizia a decorrere dalla cessazione del rapporto di
lavoro, in tal modo il lavoratore non avrà più alcun timore a farlo valere.

-La decadenza.
Altro istituto di carattere generale è la decadenza, che deve essere indicata dalla
legge o dall’autonomia privata. L’esercizio del diritto si sottopone ad un termine
più breve e perentorio, trascorso il quale sarà precluso.
Il termine di decadenza può anche essere introdotto dall’autonomia privata, con la
regola che è nullo il patto in cui si stabiliscono termini di decadenza che rendono
difficile l’esercizio del diritto ad una delle parti.

-Certificazione.
La certificazione dei contratti è un istituto con cui le parti ottengono una qualifi-
cazione giuridica ufficiale dei contratti che hanno ad oggetto una prestazione la-
vorativa. Può essere chiesta sia in materia di qualificazione giuridica del contratto
sia per accettare la genuinità di clausole interne al contratto.
Ha la finalità di individuare la coerenza formale tra la volontà espressa dalle parti
stipulanti e le clausole contenute nel contratto da certificare.
Gli organi abilitati alla certificazione dei contratti di lavoro sono 5 commissioni,
che possono essere costruite presso: gli ispettorati del lavoro, il ministero del la-
voro, le università, gli enti bilaterali, i consigli provinciali dei consulenti del la-
voro. Viene chiesta in forma scritta ed è una procedura che ha carattere volontario.
Durante la procedura le parti devono presentarsi dinanzi alla commissione e deve
concludersi entro 30 g. dal ricevimento dell’istanza, con l’atto di certificazione che
ha natura amministrativa e motivato. Se la certificazione viene negata le parti pos-
sono presentare una nuova istanza fondata però su presupposti e motivi nuovi.

-Conciliazione.
La conciliazione è un istituto che consente di risolvere in modo consensuale le
controversie che possono sorgere durante il rapporto di lavoro.
Può essere:
 Giudiziale, avviene nel corso del processo e il giudice è tenuto a tentarla sin
dalla prima udienza. Se la proposta di conciliazione viene rifiutata senza un giu-
stificato motivo, il giudice valuta questo comportamento ai fini del giudizio. Se
la proposta va a buon fine, il relativo verbale ha efficacia di titolo esecutivo;
 Stragiudiziale, può avvenire solo in sede amministrativa dinanzi alla commis-
sione di conciliazione costituita presso l’ispettorato del lavoro. Può aversi in
sede sindacale, secondo le modalità previste dai contratti collettivi. Si redige un
verbale che il giudice dichiara esecutivo con decreto.

-L’arbitrato.
L’altra via per risolvere in modo consensuale una controversia di lavoro è l’arbi-
trato. Con esso le parti conferiscono ad un terzo soggetto il potere di decidere la
lite. Distingue in:
 Rituale, il lodo pronunciato dall’arbitrato ed omologato dal giudice, produce gli
stessi effetti della sentenza;
 Irrituale, il lodo rimane sul piano negoziale.
Può ricorrersi all’arbitrato:
 Per la risoluzione di una controversia già insorta, stipulando il contratto di com-
promesso;
 Attraverso la clausola compromissoria, ossia obbligandosi a far decidere all’ar-
bitro le eventuali controversie che possono sorgere dopo la conclusione del con-
tratto.
In materia di lavoro l’arbitrato è possibile solo se è previsto dalla legge o dai con-
tratti collettivi.

-Arbitrato irrituale e norma inderogabile.


Sia nel caso di compromesso che per la clausola compromissoria, è stato previsto
che le parti possono chiedere che la decisione dell’arbitro avvenga secondo equità.
La corte costituzionale ha stabilito che l’inderogabilità delle norme del diritto del
lavoro rappresenta un limite in negativo della decisione dell’arbitro, diretto a proi-
birne il contrasto con gli interessi che si impongono all’autonomia individuale.

-La giustizia del lavoro.


Il processo del lavoro nasce con la legge 533/1973, si caratterizza per speditezza,
immediatezza, oralità, ampiezza dei poteri del giudice.
Il processo è stato innovato dalla riforma Fornero, che ha introdotto un rito spe-
ciale. Le norme sul processo del lavoro si applicano alle controversie relative a:
rapporti di lavoro subordinato, derivanti da contratti agrari, di agenzia, di collabo-
razione continuativa e coordinata, di lavoro dei dipendenti di enti pubblici che
svolgono attività economica, rappresentanza commerciale, altri rapporti di lavoro
pubblico. In primo grado la competenza spetta al tribunale in funzione di giudice
del lavoro.

-Concentrazione ed economica del procedimento.


La domanda giudiziale si propone con ricorso che deve contenere: generalità del
ricorrente e del convenuto, determinazione dell’oggetto della domanda, esposi-
zione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si fonda la domanda, indicazione
dei mezzi di prova e dei documenti offerti.
Alcuni di questi elementi sono essenziali, la cui omissione conduce alla nullità del
ricorso. Il convenuto si costituisce almeno 10 g. prima dell’udienza di discussione,
mediante memoria difensiva. Nell’udienza fissata per la discussione il giudice in-
terroga le parti e tenta la conciliazione della lite formulando a queste una proposta
transattiva. Se questa viene rifiutata, si va avanti con l’istruttoria.
Esaurita la discussione, la causa è pronta per la decisione e il giudice pronuncia
sentenza con cui definisce il giudizio, dando lettura del dispositivo e della motiva-
zione. Tale sentenza è provvisoriamente esecutiva.
La riforma Fornero ha introdotto un procedimento speciale per l’impugnazione dei
licenziamenti individuali. Si applica ai licenziamenti discriminatori, a quelli inti-
mati in concomitanza di matrimonio, a quelli con un motivo illecito determinante.
Non si applica ai licenziamenti dei lavoratori assunti con contratto a tutele cre-
scenti.

-Il ricorso in appello e in cassazione.


La parte soccombente può impugnare la sentenza di primo grado. Quanto all’ap-
pello è consentito l’appello con riserva di motivi e nell’appello può chiedersi anche
la sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza. Quanto al ricorso per Cas-
sazione, possibile solo per motivi di legittimo, questo è esperibile contro le sen-
tenze rese in appello o in un unico grado per violazione e falsa applicazione di
norme di diritto e di norme dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro.

-Particolari garanzie dei crediti del prestatore di lavoro.


Il nostro ordinamento attribuisce al lavoratore subordinato una serie di garanzie a
tutela dei suoi diritti di credito. Il privilegio è una causa legittima di prelazione
accordata dalla legge, che costituisce garanzia patrimoniale sui beni del debitore
in relazione alla causa del credito. Il titolare di un privilegio potrà precedere gli
altri creditori chirografari per essere soddisfatto del proprio credito.
I privilegi generali riguardano tutti i beni mobili del debitore.
L’art. 2751-bis prevede un privilegio generale per le retribuzioni dovute sotto qual-
siasi forma, per le indennità derivanti dalla cessazione del rapporto di lavoro, non-
ché per il credito per i danni conseguenti a omissione contributiva o per licenzia-
mento illegittimo. In caso di insolvenza del datore di lavoro, il lavoratore che ha
cessato rapporto di lavoro senza ricevere soddisfazione del TFR e dei crediti retri-
butivi, può richiederne il pagamento al fondo di garanzia.
La protezione del credito retributivo viene estesa anche nei confronti dei terzi, ai
quali vengono imposte per legge molte limitazioni alla possibilità di aggredire il
patrimonio del lavoratore. Le somme percepite dal lavoratore a titolo di stipendio
e le altre indennità relative alla cessazione del rapporto di lavoro possono essere
oggetto di pignoramento nella misura stabilita dal giudice nel caso si debba soddi-
sfare un credito alimentare di terzi, mai in misura superiore alla metà dello stipen-
dio.

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