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DIRITTO PRIVATO – 13/03/2023

DIRITTO DEL LAVORO


In questa lezione andremo ad affrontare il tema della gerarchia delle fonti del diritto del lavoro. Come nel
diritto privato e nel diritto civile, all’apice della gerarchia delle fonti troviamo il diritto internazionale e il
diritto dell’unione europea.
Per quanto riguarda il diritto internazionale, il punto di riferimento del nostro ordinamento è rappresentato
dagli art. 10 e 11 della costituzione, che sono gli articoli attraverso i quali la repubblica italiana “cede parte
della propria sovranità” a favore di organismi internazionali. Questi due articoli della costituzione fanno sì
che le fonti internazionali possano essere recepite dal nostro ordinamento. Ciò avviene tramite un
procedimento chiamato ratifica attraverso il quale il nostro ordinamento, il governo, più precisamente il
presidente della repubblica, ratifica i trattati internazionali.
Nell’ambito del diritto del lavoro le fonti principali del diritto internazionale sono quelle emanate
dall’organizzazione internazionale del lavoro che inizialmente nasce come un organismo a se stante con il
trattato di Versailles, poi con il corso degli anni diventa un’agenzia delle nazioni unite a cui, a livello
internazionale, è attribuita la competenza e la possibilità di emanare atti più o meno vincolanti in ambito del
diritto del lavoro, quindi di trattamenti che i vari stati aderenti all’organizzazione delle nazioni unite devono
garantire ai lavoratori. Accanto a queste fonti di diritto internazionale abbiamo le fonti dell’unione europea
che trovano applicazione nel nostro ordinamento in quanto l’Italia aderisce all’unione e sono principalmente
3:
- Direttive
- Regolamenti
- Decisioni
Queste tre fonti hanno più o meno forza vincolante a seconda della tipologia di atto. Anche in questo caso
gli aspetti che rilevano i diritti del lavoro sono quelli che di volta in volta vengono disciplinati attraverso le
direttive, i regolamenti e le decisioni, che vincolano l’ordinamento nazionale ad adattare alla propria
legislazione interna a queste fonti sovranazionali.
A livello nazionale abbiamo poi come apice della gerarchia delle fonti la costituzione, che si compone di un
nucleo essenziale che disciplina i diritti fondamentali del lavoro. Gli articoli più importanti per quanto
riguarda il diritto del lavoro sono:
- Art. 1 in cui la costituzione specifica che l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro. Da questo articolo
possiamo individuare qual è l’importanza del lavoro e del diritto del lavoro nel nostro paese.
- Art. 36 disciplina a livello costituzionale (al grado più alto della gerarchia delle fonti) il principio in base
al quale ogni lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del
lavoro svolto e una retribuzione/un compenso idoneo a garantire una vita dignitosa per il lavoratore
e la sua famiglia.
Non va però a definire in modo specifico qual è una retribuzione idonea a raggiungere questo scopo ma
l’importanza di questo articolo viene rilevata se letto con un’altra delle fonti fondamentali del diritto del
lavoro che è la contrattazione collettiva. La retribuzione di ogni singolo dipendente è stabilita da un
contratto collettivo applicato dal datore di lavoro; quindi, se un lavoratore ritiene che la propria
retribuzione non sia in linea con le aspettative di vita e la qualità e la quantità del lavoro svolto può
rivolgersi al giudice che, applicando l’art. 36 della costituzione, verificherà se effettivamente la
retribuzione è proporzionale. L’Art. 36 è perciò una norma che, sebbene non preveda dei limiti e standard
predefiniti, viene usata come metro di giudizio dal giudice in una valutazione.
- Art. 39, 40 e 41 vanno a disciplinare aspetti fondamentali del diritto del lavoro e del diritto sindacale,
quindi delle organizzazioni dei lavoratori che hanno come scopo la tutela dei lavoratori stessi.
o Art. 39 va a disciplinare e articolare la libertà di organizzazione sindacale che rappresenta una novità
rispetto all’ordinamento fascista e albertino. La grossa differenza risiede nel fatto che durante il
periodo fascista le organizzazioni sindacali erano delle organizzazioni parastatali/para-governative,
cioè disciplinate e controllate in ultima analisi dal governo, quindi non erano delle vere e proprie
controparti rispetto al datore di lavoro o al governo, ma rappresentavano un organismo governativo
statale. L’art. 39 va a regolamentare l’autonomia e la libertà dei sindacati e va ad introdurre un
concetto nuovo, che è quello della libertà dei lavoratori di costituire autonomamente dei sindacati,
che possono trovare il loro riconoscimento tramite delle organizzazioni più piccole, anche
direttamente sui luoghi di lavoro.
L’art. 39 inoltre prevede che i contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali registrate
presso gli uffici statali abbiano l’efficacia erga omnies; quindi, abbiano efficacia equiparata a quella
della legge. Particolarità → per volontà dei sindacati l’art. 39 non ha mai trovato attuazione completa
perché i sindacati memori dell’esperienza appena vissuta dove il governo controllava i sindacati,
hanno deciso di non registrarsi e non dare mai attuazione alla disciplina dell’art. 39, quindi la mancata
registrazione ha fatto venir meno la possibilità di attribuire efficacia erga omnies alla contrattazione
collettiva. Oggi, di conseguenza, il contratto collettivo è un contratto di diritto pubblico, un contratto
che è sottoposto alla medesima disciplina dei contratti che vengono stipulati tra due o più soggetti
privati, non c’è una disciplina che equipara questo tipo di contrattazione alla legge come effetti ma il
contratto collettivo è un contratto di diritto comune a cui si applica la disciplina di diritto privato.
o Art. 40 introduce per la prima volta nel nostro ordinamento il diritto di sciopero. Anche in questo
caso si ha una netta differenza rispetto la disciplina vigente durante l’ordinamento precedente a
quello repubblicano, dove lo sciopero era un reato che poteva essere punito anche con l’arresto. Con
l’art. 40 è stato introdotto un vero e proprio diritto allo sciopero che può essere esercitato da
chiunque e viene definito come un diritto collettivo ad esercizio individuale. Diritto collettivo
perché per avere lo sciopero è indispensabile che l’iniziativa sia introdotta da più lavoratori, non
esiste lo sciopero indetto da un singolo lavoratore, però ogni singolo lavoratore può liberamente
decidere di scioperare e il diritto può essere anche esercitato in negativo, ovvero il diritto di non
scioperare. Il lavoratore che sciopera non può essere sanzionato perché legittimato dall’art. 40, al
contempo però non avrà il diritto alla retribuzione dei giorni in cui sciopera e soprattutto non potrà
essere sostituito per i giorni in cui sciopera; quindi, il datore di lavoro non può in nessun caso andare
a sostituire un lavoratore o più lavoratori scioperanti assumendo anche momentaneamente altri
lavoratori. Questo perché se fosse permesso ciò il diritto di sciopero verrebbe neutralizzato in quanto
la funzione di questo diritto è proprio quella di andare ad interrompere o rallentare la produzione
del datore di lavoro tramite l’assenza di uno o più lavoratori.
Lo sciopero si distingue in base a se si tratta di lavoratori impiegati nel settore privato o nel settore
pubblico o nei servizi pubblici essenziali, come per es. la scuola, la sanità, i trasporti, le forniture.
Nello sciopero nei servizi pubblici essenziali non è possibile come avviene nel privato indire uno
sciopero per un determinato periodo di tempo, ma è necessario dare comunicazione dello sciopero
almeno 2 settimane prima della realizzazione e i sindacati hanno l’obbligo di garantire delle fasce in
cui il servizio viene erogato normalmente (un es. sono i trasporti in cui nelle giornate di sciopero
vengono comunicate delle fasce protette di orario in cui non sono soppressi treni, autobus, metro,
proprio perché trattandosi di servizi essenziali non è possibile che vengano interrotti per un’intera
giornata o più giornate).
o Art. 41 introduce la libertà di iniziativa economica. Tramite questo art. la costituzione garantisce e
tutela l’iniziativa privata economica, cioè l’iniziativa economica che non viene svolta dallo stato ma
direttamente dal privato. Questa norma è particolarmente rilevante perché, sebbene non introduca
una disciplina di dettaglio, è anch’essa una norma parametro per il giudice → è un parametro che il
giudice deve utilizzare tutte quelle volte in cui ritiene che una disciplina possa essere in contrasto
con l’iniziativa economica, che immotivatamente va a comprimere e limitare l’iniziativa economica
dei privati. Questo perché l’art. 41 individua questa libertà come un elemento fondamentale per lo
sviluppo tecnologico, economico e sociale della repubblica, oltre che costituire una fonte di ricchezza
per la repubblica tramite i gettiti fiscali e contributivi, per i lavoratori che ricevono una retribuzione
e per i vari nuclei familiari dei lavoratori, quindi è un elemento che genera ricchezza e benessere e
sviluppo tecnologico, sociale e culturale per tutti i cittadini al di la del fatto che il singolo venga
implicato o meno in un’impresa pubblica. L’attività economica privata viene equiparata sotto il
profilo di importanza all’attività economica pubblica.

Al di sotto della costituzione abbiamo la legge e gli atti aventi forza di legge, quindi i decreti legislativi e i
decreti-legge. Questi atti sono emanati nel caso delle leggi dal parlamento, mentre nel caso dei decreti
legislativi e i decreti-legge dal governo e in alcuni casi dal parlamento.
La legislazione che ha rilevanza nel diritto del lavoro è rappresenta in primis dal codice civile che prevede
tutta una serie di norme dedite ad alcuni limiti della disciplina del lavoro, quindi del rapporto di lavoro in
tutte le sue sfaccettature, ma il diritto del lavoro è un diritto speciale perché trova la maggior parte della
propria regolamentazione in leggi speciali.
Le leggi sono tantissime, ma la legge fondamentale è la legge 300 del 1970, che viene definita statuto dei
lavoratori. Questa legge è fondamentale per il periodo storico in cui è stata emanata, è il frutto delle lotte
politiche e studentesche di fine anni 60’ ed è fondamentale perché va ad introdurre una disciplina di
dettaglio nel rapporto di lavoro sui luoghi di lavoro; quindi, tutti i diritti di cui sono titolari i lavoratori sui
luoghi di lavoro. In questo statuto vi è tutta una prima parte è dedicata ai diritti dei lavoratori, quindi al
diritto di libertà di parola e pensiero, al divieto del datore di lavoro di svolgere indagini sulle opinioni politiche
dei lavoratori, al divieto di svolgere controlli fisici sui lavoratori all’ingresso e all’uscita dall’azienda e
divieto di discriminazione dei lavoratori in base all’orientamento sessuale, politico e religioso.
Un art. che ha introdotto l’innovazione più rilevante è l’art. 19 dello statuto dei lavoratori che è una sorta
di specificazione dell’art. 39 della costituzione perché consente l’istituzione e la creazione di
rappresentanze sindacali e locali; quindi, rappresenta per i lavoratori la possibilità di introdurre delle unità
sindacali, dei piccoli sindacati all’interno di ogni unità produttiva. Tramite lo statuto dei lavoratori i sindacati
e i lavoratori hanno potuto introdurre in ogni singola azienda e unità produttiva un sindacato con tutto ciò
che esso comporta, ovvero esercitare i diritti sindacati previsti dallo stato dei lavoratori, degli art. 20 e
successivi dello statuto stesso:
- Diritti di assemblea, quindi la possibilità per ogni sindacato di indire delle assemblee nella azienda
- Diritto ad avere dei locali aziendali all’interno dei quali svolgere attività aziendale
- Diritto di avere delle bacheche aziendali all’interno delle quali affiggere volantini e materiale sindacale
- La possibilità di esercitare il diritto di proselitismo all’interno azienda → la possibilità che ogni sindacato
ha di svolgere quell’attività propedeutica ad avere nuovi iscritti. Attività attraverso la quale il sindacato
propone ai singoli lavoratori di iscriversi a quella determinata sigla sindacale.
Al di sotto gerarchicamente della legge nazionale e degli atti avente forza di legge, ci sono le leggi regionali.
Le leggi regionali sono previste all’art. 117 della costituzione. L’art. 117 individua la competenza dello stato
o delle regioni in determinate materie elencate dallo stesso art. 117, in particolare avremo:
- Materie di competenza esclusiva statale, quindi materie che possono essere disciplinate esclusivamente
dagli atti avente forza di legge emanate a livello nazionale,
- Materie di competenza esclusiva regionale, quindi materie che possono essere regolamentate
esclusivamente dalle leggi regionali
- Materie che sono regolate da una competenza concorrente, ovvero da un lato lo stato va a emanare e
individuare i principi generali e linee guida che dovranno essere rispettate dalla legge regionale che andrà
nel dettaglio a disciplinare le materie individuate dalla linea generale. Quindi la legge statale individua il
principio guida generale che deve essere seguito e poi ogni singola regione interverrà andando ad
introdurre una disciplina di dettaglio applicabile sul proprio territorio.
La soluzione delle controversie che intervengono in queste materie è di tipica competenza della Corte
costituzionale, che è l’unico organo del nostro ordinamento che ha la competenza a determinare tutte quelle
ipotesi in cui una regione o uno stato ritengano lesa la propria competenza. Se quella regione emana una
normativa che lo stato ritiene nelle proprie competenze o viceversa potrà adire la Corte costituzionale che
dichiarerà l’incostituzionalità di quella norma perché ha violato i criteri di ripartizione e le competenze fissate
dall’art. 117. Una cosa simile accade quando una norma viene ritenuta in contrasto con la disciplina
dell’unione europea, in questo caso potrà intervenire anche il singolo giudice, non necessariamente la Corte
costituzionale, che è tenuto a disapplicare la norma nazionale ritenuta in contrasto con la norma europea.
Al di sotto della legge nella gerarchia delle fonti del diritto del lavoro troviamo la contrattazione collettiva,
la quale è una delle fonti più importanti del diritto del lavoro. Perché è cosi importante? Per contratto
collettivo si intende quel contratto che viene stipulato dalle organizzazioni rappresentative dei datori di
lavoro con le organizzazioni rappresentative dei lavoratori, quindi da un lato abbiamo i sindacati che
rappresentano i datori di lavoro e dall’altro lato i sindacati che rappresentano i lavoratori.
La contrattazione collettiva a livello nazionale si va a svolgere per singoli settori merceologici, ovvero nel
nostro ordinamento avremo contratto collettivo dei metalmeccanici, del commercio, della sanità privata, del
settore farmaceutico, delle comunicazioni, del trasporto aereo… e parallelamente si applica ai lavoratori e ai
datori di lavoro impiegati in quel settore merceologico. Quindi per il contratto collettivo dell’industria
metalmeccanica, per esempio, si incontrano i sindacati rappresentativi dei datori di lavoro, quindi delle
aziende che operano nel settore metalmeccanico e i sindacati rappresentativi dei lavoratori impiegati nel
settore metalmeccanico.
Il contratto che viene stipulato al termine delle trattative troverà applicazione esclusivamente a quei
soggetti e qui troviamo il principio in base al quale il contratto collettivo è un contratto di diritto comune e
come ogni contratto di diritto comune si applica solamente ai soggetti che lo vanno a sottoscrivere.
La particolarità del contratto collettivo è che a differenza dei contratti tipici del diritto privato non viene
stipulato direttamente tra i singoli soggetti nei confronti dei quali troverà applicazione, non abbiamo il
singolo operatore per ogni singolo datore di lavoro, ma viene mutuato un principio tipico del diritto privato
che è quello della rappresentanza, ovvero il soggetto che ha ricevuto un mandato dai lavoratori o dai datori
di lavoro a rappresentarli in quella sede, quindi al tavolo delle trattative dove viene redatto il contratto
collettivo.
Il contratto collettivo è la fonte gerarchicamente sovraordinata al contratto individuale di lavoro, perciò il
contratto individuale di lavoro, ovvero il contratto che ogni singolo lavoratore sottoscrive con il proprio
datore di lavoro deriva la propria disciplina dal contratto collettivo ed è vincolato alla disciplina del contratto
collettivo.
Un principio fondamentale del nostro regolamento è infatti che il contratto individuale di lavoro non può
prevedere delle condizioni inferiori e peggiorative rispetto al contratto collettivo nazionale di riferimento.
Questo vuol dire che se un lavoratore sottoscrive un contratto individuale con il proprio datore di lavoro e a
quel contratto individuale si applica il contratto collettivo commercio, il contratto individuale non può
contenere delle inferiori al contratto collettivo commercio. Per es. se la retribuzione per quella categoria e
mansione è fissata a 1600 euro lordi dal contratto collettivo, il contratto individuale non può prevedere una
retribuzione inferiore a quel limite e questo in base anche all’art. 36. Questo perché il giudice quando deve
valutare se la retribuzione percepita dal lavoratore è proporzionata alla qualità del lavoro e idonea a
garantire una vita dignitosa al lavoratore usa come parametro il contratto collettivo firmato dai sindacati
maggiormente rappresentanti.
Il contratto collettivo si compone di due parti fondamentali:
1. La parte normativa → prevede le norme applicabili al contratto individuale/al rapporto di lavoro e
quindi questa prima parte è dedicata:
o Alla disciplina del rapporto al lavoro a tempo determinato,
o All’orario di lavoro,
o Alla disciplina delle mansioni,
o Ai permessi,
o Alle ferie, quindi tutti quegli aspetti normativi che sono disciplinate in linea generale dalla legge.
La legge va a prevedere una disciplina generale di un determinato istituto come il contratto a tempo
determinato e poi attribuisce ai contratti collettivi la possibilità di prevedere una normativa più di
dettaglio, con alcune modifiche che possono essere introdotte solamente dalla contrattazione collettiva.
L’importanza del contratto collettivo è anche questa che l’unica fonte che può andare ad intervenire in
alcuni ambiti circoscritti e definiti dalla legge.
2. La parte economica → è quella oggetto della vera contrattazione; infatti, la parte normativa viene
modificata e aggiornata unicamente nell’ipotesi in cui non è più in linea con la normativa vigente; quindi,
viene aggiornata semplicemente per renderla in linea con la normativa vigente. Se ad es. la normativa
relativa al contratto a termine è stata modificata necessariamente il contratto collettivo deve essere
modificato per essere in linea con la normativa vigente.
Nella parte economica si realizza la trattiva sindacale perché in questa parte vengono fissate le
retribuzioni di tutti i lavoratori.
Se si apre un contratto collettivo si trovano delle tabelle in cui individuiamo per ogni categoria e mansione
la retribuzione che deve essere corrisposta per ogni lavoratore.
In genere i contratti collettivi hanno durata di 5 anni; quindi, ogni 5 anni si avvia 6 mesi o 1 anno prima della
scadenza la trattiva tra il rappresentante dei datori di lavoro e quello dei lavoratori per il rinnovo quanto
meno della parte economica. Ci sono dei periodi in cui il rinnovo deve essere anticipato, come per es. un
periodo storico caratterizzato da un alto livello di inflazione e di conseguenza le retribuzioni non sono più
aderenti alla realtà economica. In questi casi spesso accade che i sindacati dei lavoratori sollecitano i
sindacati dei datori di lavoro al fine di anticipare la trattativa in relazione almeno alla parte economica.
Da alcuni anni il nostro ordinamento ha introdotto la possibilità di stipulare dei contratti collettivi aziendali,
che si pongono nella gerarchia delle fonti a metà tra il contratto collettivo nazionale e il contratto individuale.
Il contratto collettivo nazionale è sottoposto alla legge e il contratto collettivo aziendale è sottoposto a quello
nazionale e l’ultima fonte è il contratto individuale. La legge concede una facoltà ai datori di lavoro di
stipulare questi contratti collettivi ma non c’è un vero e proprio obbligo di stipulare contratti collettivi
aziendali.
La prima caratteristica di questi contratti è che possono prevedere solamente dei trattamenti migliorativi
rispetto a quelli previsti dal contratto collettivo nazionale. Quindi la prima caratteristica di questi contratti
è che non possono prevedere dei trattamenti inferiori a quello della contrattazione di livello nazione.
Un’altra particolarità di questi contratti è che sono aziendali quindi vengono stipulati da ogni singolo datore
di lavoro con i sindacati presenti in azienda, quindi non c’è più, come avviene a livello nazione, il sindacato
rappresentativo dei datori di lavoro che avvia una trattiva con i sindacati rappresentativi dei lavoratori, ma
abbiamo l’azienda alfa rappresentata da un soggetto con una specifica deroga che tratta con i sindacati
aziendali. Quindi c’è una trattativa a livello aziendale che va a vincolare unicamente i dipendenti implicati in
quella azienda.
Come dicevamo prima questi contratti si basano sul principio della rappresentatività à i contratti collettivi
sono stipulati dal lato dei lavoratori da dei soggetti qualificati che sono i sindacati, che tramite l’iscrizione
di ogni singolo lavoratore ricevono la delega a svolgere l’attività di trattativa e hanno la delega a tutelare i
diritti dei lavoratori; quindi, sono dei soggetti portatori dell’interesse collettivo, ovvero l’interesse dei
lavoratori iscritti a quel sindacato. Nel concreto i sindacati dato che agiscono per conto dei lavoratori nel
corso delle trattative sindacali non possono prendere delle iniziative autonome ma sono vincolati dalle
indicazioni che ricevono dai lavoratori, quindi durante le trattive ogni sindacato che partecipa alla trattiva
indice una o più assemblee, regolate dallo statuto dei lavoratori, le quali hanno la finalità da un lato di
aggiornare i lavoratori sull’andamento della trattativa e dall’altro di vincolare il sindacato che potrà accettare
determinate condizioni purché siano state autorizzate dal lavoratori. Quindi nel corso dell’assemblea c’è un
confronto tra i sindacati e i lavoratori al fine di definire quali sono le condizioni che i lavoratori sono disposti
ad accettare o al di sotto delle quali non hanno interesse a firmare il contratto collettivo, in altre parole
vincolano il sindacato a firmare un contratto che abbia quelle determinate condizioni. Una volta trovato
l’accordo sul testo del contratto la firma può essere apposta dai sindacati solamente all’esito del
referendum, che è una votazione alla quale viene sottoposta la bozza di contratto collettivo che il sindacato
sta per firmare. Anche in questo caso la funzione è quella di permettere ai lavoratori di conoscere la bozza
del testo e verificare che sia corrispondente alle loro richieste economiche e normative. Solamente se si
raggiunge la maggioranza il sindacato è autorizzato e legittimato a sottoscrivere il contratto collettivo.
Può accadere che i sindacati rappresentativi dei lavoratori non siano tutti d’accordo sulla bozza di
contratto e quindi uno o più sindacati decidono di non sottoscrivere il contratto collettivo. Se si verifica ciò,
soprattutto con riferimento al contratto aziendale, si applica una regola molto particolare. La regola
generale è quella in base alla quale il contratto collettivo aziendale si applica a tutti i lavoratori iscritti ai
sindacati firmatari del contratto stesso; quindi, se un lavoratore è iscritto a un sindacato “dissenziente”, un
sindacato che non ha firmato il contratto collettivo aziendale, quel lavoratore può chiedere al proprio
datore di lavoro di applicare al proprio rapporto individuale non il contratto aziendale ma quello
nazionale. In questo caso nell’azienda i rapporti individuali sono regolati da due fonti diverse:
- Contratto collettivo aziendale
- Contratto collettivo nazionale
È un’ipotesi che capita in moltissime aziende che vi siano lavoratori che sono impiegati nella stessa azienda
e svolgono le stesse medesime attività ma ognuno di loro si applica un contratto collettivo differente.
Ultime fonti del diritto del lavoro:
- Contratto individuale: è il contratto del singolo che stipula con il proprio datore di lavoro ed è il
contratto attraverso il quale si da vita al rapporto di lavoro e sorge per il lavoratore l’obbligazione di
prestare la propria attività lavorativa e la corrispondente obbligazione da parte del datore di lavoro di
remunerare questa prestazione ovvero di erogare la retribuzione.
Il rapporto di lavoro è il classico contratto a prestazioni corrispettive e avrò il diritto ad essere pagato se
lavoro ma se non vengo pagato non lavoro.
Come abbiamo detto le condizioni inserite nel contratto individuale, derivano direttamente dal
contratto collettivo, sia esso nazionale o aziendale, e non può scendere mai sotto a questi standard.
Il contratto individuale comprende tutti gli elementi del rapporto di lavoro:
o Individuazione dei soggetti che hanno stipulato il contratto
o Contratto collettivo applicato
o Sede di lavoro
o Orario di lavoro
o Retribuzione
o Mansione
È possibile che il datore di lavoro corrisponda al lavoratore dei trattamenti che vanno al di sopra di quelli
previsti dalla contrattazione collettiva applicata; per es. il datore di lavoro può concedere un numero di
ferie maggiori di quello previsto dalla contrattazione collettiva, può prevedere dei trattamenti ab
personam come incrementi di retribuzione che permettano al lavoratore di percepire una retribuzione
superiore al minimo garantito dalla contrattazione collettiva e qualsiasi altra tipologia di trattamento
migliorativa.
- Usi o la consuetudine: nel diritto del lavoro si parla di usi aziendali. In generale un uso nel diritto è la
fonte più antica del diritto perché è la fonte che è nata prima della codificazione, della scrittura e della
possibilità che il diritto venisse codificato e tramandato in forma scritta. Prima della nascita del diritto
esisteva la consuetudine o l’uso, che si compone di due momenti fondamentali:
o Ripetitività di quel comportamento → quindi affinché si possa parlare di uso o consuetudine è
impensabile che si tratti di un comportamento reiterato nel tempo, quindi un comportamento che si
ripete sempre identico nel tempo, nel corso di un periodo più o meno lungo
o La convinzione da parte di tutti i soggetti che quel comportamento sia lecito e sia accettato da tutti
i consociati
Nell’ordinamento jus lavoristico l’uso è principalmente l’uso aziendale, ovvero si tratta di quei
comportamenti introdotti unilateralmente dal datore di lavoro che sono reiterati nel tempo. Un
comportamento per essere definito come uso aziendale nell’accezione jus lavoristica deve produrre degli
effetti sui rapporti di lavoro. Quindi cos’è un uso? Possiamo immaginare l’ipotesi in cui un datore di lavoro o
una azienda fornisca a una determinata categoria di lavoratori la possibilità di usare gratuitamente senza
alcun obbligo o vincolo le auto aziendali. In questo caso si è realizzato un uso secondo tutti i parametri di
legge, questo uso aziendale diventa una vera e propria fonte del diritto che si va ad incorporare nel contratto
individuale, quindi una nuova fonte al pari del contratto collettivo che va a regolamentare il contratto
individuale.
La particolarità dell’uso aziendale è che, benché si tratti di una fonte unilaterale perché introdotta
unilateralmente dal datore di lavoro, non può essere unilateralmente revocata dal datore di lavoro. Quindi
facendo riferimento all’esempio precedente, se il datore di lavoro ha fornito gratuitamente l’auto aziendale
per 10 anni ad un lavoratore non potrà liberamente da un giorno all’altro revocare questa concessione e
revocare l’uso aziendale.
Proprio perché si tratta di una fonte qualificata del diritto che va a regolamentare un contratto individuale
per essere modificata o revocata richiede al pari del contratto individuale l’accordo delle parti; quindi, nasce
unilateralmente ma può essere eliminato o modificato solamente se vi è l’accordo tra le parti coinvolte.
Ricapitolando le fonti del diritto sono:
- Fonti internazionali e Fonti comunitarie (europee)
- Costituzione
- Legge e le fonti aventi forza di legge emanate dallo stato
- Normativa di livello regionale
- Contrattazione collettiva di livello nazionale o aziendale
- Contratto individuale
- Uso o consuetudine, che può essere equiparata a livello della contrattazione collettiva

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