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Marco Mocella - Le fonti del diritto del lavoro: le fonti nazionali

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Indice

1 IL SISTEMA DELLE FONTI DEL DIRITTO DEL LAVORO ...................................................................... 3


2 LA COSTITUZIONE ......................................................................................................................... 4
3 LA COMPETENZA STATALE E REGIONALE ...................................................................................... 5
4 LE ULTERIORI FONTI ...................................................................................................................... 6
Marco Mocella - Le fonti del diritto del lavoro: le fonti nazionali

1 Il sistema delle fonti del diritto del lavoro

Lorem Il diritto del lavoro incontra le sue prime peculiarità già nel sistema delle

fonti che derivano dalla complessa realtà sociale per cui il diritto originato dalle

tradizionali fonti legislative statali viene ad essere affiancato e talvolta superato da

elementi di diritto di formazione extralegislativa.

Da un lato, assumono un particolare rilievo i contratti collettivi di lavoro dall’altro

la giurisprudenza fornisce spesso un necessario bilanciamento tra i diversi interessi

finendo quindi per aversi una rilevante formazione eteronoma normativa.

Dall’altro, va notato che alle fonti interne si affiancano quelle internazionali e

europee che spesso prevalgono su quelle nazionali.

Naturalmente, fonte primaria del diritto del lavoro è la nostra Carta

costituzionale del 1948.

Quali fonti legislative invece, oltre ad alcune norme del Codice civile del 1942,

vi sono numerose leggi ordinarie che hanno integrato la scarna disciplina codicistica

dando inoltre attuazione ai principi costituzionali.

Naturalmente, la fonte peculiare per eccellenza è il contratto collettivo


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2 La Costituzione

La Costituzione, come noto, richiama il lavoro fin dall’art. 1 come momento essenziale dello

sviluppo dei cittadini, e ancora nei richiami che gli articoli 2 e 3 effettuano evidenziando come la

tutela del lavoro sia uno degli obiettivi finalistici dell’intervento statale per favorire l’elevazione ed il

progresso della società civile.

Centrale poi è la dichiarazione programmatica dell’art. 4 che evidenzia ancora una volta

la rilevanza del fattore lavoro nella vita del cittadino.

Norme maggiormente rilevanti non soltanto programmatiche come quelle viste sono quindi

contenuti nel titolo III, dedicato ai rapporti economici, dove sono racchiuse una serie di tutele

relative al lavoro dipendente che si pone quindi in una posizione privilegiata rispetto al cittadino.

Se da un lato l’art. 35 tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni, quindi non

soltanto ai lavoratori subordinati, nelle disposizioni successive sono contemplate norme destinate

prevalentemente ai lavoratori subordinati.

L’art. 36 attribuisce ai lavoratori il diritto alla retribuzione sufficiente, alla limitazione oraria

della giornata lavorativa, il diritto alle ferie e al riposo settimanale; l’art. 37 garantisce la parità di

trattamento e la tutela delle donne e dei minori nei rapporti di lavoro; l’art. 38 tutela il diritto alle

prestazioni previdenziali ed assistenziali; l’art. 39 garantisce la libertà di organizzazione sindacale;

l’art. 40 riconosce il diritto di sciopero; l’art. 46 prevede la partecipazione dei lavoratori alla

gestione delle aziende.

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da
copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e
per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633).

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3 La competenza statale e regionale

Più di recente, si è però manifestata l’esigenza di regolare situazioni specifiche, mediante la

possibilità di accordi sindacali ido- nei ad integrare le tutele legislative.

La legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ha modificato il Titolo V della parte seconda

della Costituzione, modificando la ripartizione di competenze fra Stato e Regioni dell’art. 117 Cost.

Alcune materie sono quindi affidate alla competenza esclusiva statale ed altre disciplinate

da norme regionali emanate nei limiti di principi fondamentali stabiliti dallo stato.

Tutte le altre sono invece di competenza regionale.

Se prima della riforma del titolo V le competenze regionali di diritto del lavoro erano

pressoché nulle poiché si limitavano alla «istruzione artigiana e professionale», lo stato riserva oggi a

sé la nozione «ordinamento civile».

Effettivamente esiste una residuale competenza regionale in relazione alla «tutela e

sicurezza del lavoro», tra cui la disciplina relativa al collocamento ed ai servizi per l’impiego e le

politiche attive del lavoro. Regionale è invece contrario la materia della formazione professionale

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4 Le ulteriori fonti

Con riguardo infine agli usi, in alcuni casi talune norme del codice civile fanno rinvio ad essi

come fonte integrativa della disciplina contrattuale (v. artt. 2109, comma 1, 2110, comma 2, 2118

c.c.). Si ritiene che gli usi più favorevoli ai lavoratori prevalgano sulle norme dispositive di legge, alla

stregua del principio generale del favor lavoratoris suddetto.

Non rientrano tra gli usi di cui al codice civile i cd. usi aziendali, comportamenti ripetuti dal

datore di lavoro di carattere non obbligatorio, i quali difettano del carattere della generalità

proprio dell’uso normativo. Gli usi aziendali non debbano essere confusi con gli usi normativi in

quanto i primi, a differenza dei secondi, non sono fonti di diritto oggettivo, perché operano sul

piano del contratto individuale integrandone il contenuto quali usi negoziali (v. art. 1340 c.c.).

Le sentenze della Corte costituzionale, non solo di accoglimento, ma anche di

accoglimento parziale, che annullano una disposizione limitatamente a talune parole, con la

conseguenza che la norma risulta solo parzialmente caducata, rivestono rilevanza particolare le

sentenze interpretative di accoglimento, le quali annullano non già il testo legislativo ma se ne

vincolano l’interpretazione alla stregua di quella fornita dalla Corte e quelle cd. «manipolatrici»,

«additive» o «sostitutive», le quali aggiungono una norma implicita, ricavata dalla stessa Corte sulla

base dell’applicazione dei principi costituzionali.

Altra caratteristica peculiare del diritto del lavoro è l’esigenza di garantire un minimo

inderogabile ai lavoratori a tutela della disuguaglianza delle posizioni tra i contraenti,

giustificandosi quindi l’esistenza di una disciplina imperativa e la restrizione dell’autonomia privata.

Di conseguenza, nel contratto di lavoro vige tradizionalmente il principio della

inderogabilità della norma, che si riflette sulla indisponibilità del diritto da essa derivante; sebbene

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allo stesso sia lasciata la scelta di farla valere o meno entro un termine di decadenza (v. art. 2113

c.c.).

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per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633).

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