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Mercato del Lavoro – Manuale per la preparazione
ESPANSIONE SEMPLIFICATA
Diritto del lavoro
Questa espansione semplificata ha la funzione di fornire a coloro che, per la prima volta,
studiano il diritto del lavoro, una sorta di «pista di lettura» degli istituti trattati nel libro, tramite
il chiarimento dei concetti fondamentali e delle parole chiave della materia.
Per porre rimedio a questa situazione di disparità e di squilibrio di potere, a tutela del lavo-
ratore, sono previste norme imperative, che non sono cioè derogabili dalle parti.
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Tipica funzione del sindacato è la contrattazione collettiva, attività finalizzata alla stipula-
zione di contratti collettivi, in cui i lavoratori e i datori di lavoro, rappresentati dalle rispettive
associazioni di categoria (sindacati e associazioni datoriali), concordano le condizioni di lavoro
che verranno successivamente applicate nei rapporti individuali di lavoro.
La struttura della contrattazione collettiva è articolata su due livelli, quello nazionale e quello decentrato:
il contratto collettivo nazionale di categoria ha la funzione di regolare i rapporti di lavoro e garantire la
certezza dei trattamenti economici e normativi comuni per tutti i lavoratori del settore, ovunque impiegati
nel territorio nazionale; il contratto collettivo aziendale o territoriale è finalizzato ad adattare la disci-
plina generale alle specifiche realtà produttive. Ma qual è il rapporto tra i due livelli di contrattazione? Il
contratto collettivo nazionale è gerarchicamente sovraordinato rispetto al contratto collettivo aziendale:
la contrattazione collettiva aziendale si esercita per le materie delegate dal contratto collettivo nazionale
di lavoro di categoria o dalla legge.
Nel nostro ordinamento, tuttavia, il contratto collettivo vincola esclusivamente gli iscritti
alle organizzazioni sindacali che lo hanno stipulato: viene detto, infatti, contratto collettivo di
diritto comune, in quanto regolato dalle norme di diritto comune valide in materia contrattuale.
Tuttavia, nel tempo, si sono formati diversi meccanismi che hanno reso possibile l’applicabilità
del contratto collettivo anche ai soggetti non iscritti alle parti stipulanti: ad esempio, il contratto
individuale può fare riferimento ad un determinato contratto collettivo.
Premessi questi principi di carattere generale, chiediamoci quale sia il rapporto tra contratto
collettivo e legge. In base al criterio dell’ordine gerarchico, poiché la norma di ordine superiore
prevale su quella di ordine inferiore, le norme della Costituzione, del diritto sovranazionale e
delle leggi nazionali prevalgono su quelle del contratto collettivo: le disposizioni del contratto
collettivo, quindi, non possono essere mai in contrasto con la legge o derogare alla stessa. Tuttavia,
il criterio dell’ordine gerarchico non ha applicazione assoluta nel campo lavoristico in quanto, a
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tutela del lavoratore, tra più fonti regolatrici del rapporto di lavoro, prevale quella più favorevole
verso il lavoratore medesimo. Pertanto, la norma di legge può essere derogata dal contratto
collettivo ogni qual volta esso preveda condizioni migliorative (cd. derogabilità in melius);
viceversa, il contratto collettivo non può mai prevalere sulla legge quando disponga in senso
peggiorativo per il lavoratore rispetto alla previsione legislativa (cd. inderogabilità in peius).
Per quanto riguarda, invece, i rapporti tra contratto collettivo e contratto individuale,
nonostante essi si collochino sullo stesso piano all’interno della gerarchia delle fonti (in quanto
entrambi costituiscono espressione dell’autonomia privata), tuttavia, per la funzione di tutela
svolta dalla contrattazione collettiva, è prevista l’inderogabilità da parte del contratto indi-
viduale delle disposizioni del contratto collettivo, fatta eccezione per l’ipotesi in cui le dispo-
sizioni del contratto individuale siano più favorevoli.
c) L’onerosità
Il lavoro subordinato è caratterizzato dall’onerosità: come detto, infatti, ai sensi dell’art. 2094
c.c., il prestatore di lavoro subordinato «si obbliga mediante retribuzione».
Dunque, il lavoro gratuito non è ammissibile ed è legittimo solo se l’attività viene svolta gra-
tuitamente in virtù di un vincolo di cortesia, affetto o compiacenza (es. lavoro familiare) o anche
perché vi è un rilevante interesse del prestatore, che può consistere nello scopo di solidarietà
per cui è svolto il lavoro (es. volontariato).
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prestato, cioè il complessivo trattamento economico che deve essere corrisposto al lavoratore
in dipendenza del rapporto di lavoro.
Il contratto di lavoro, infatti, è un contratto a prestazioni corrispettive, cioè un contratto di
scambio, nel quale la prestazione del datore di lavoro è strutturalmente e funzionalmente col-
legata a quella del lavoratore.
I contratti a prestazioni corrispettive sono in generale caratterizzati dal fatto che, tra le due prestazioni,
si stabilisce un nesso di corrispettività (cd. sinallagma), che consiste nell’interdipendenza tra esse, per cui
ciascuna parte non è tenuta alla propria prestazione se non è effettuata anche la prestazione dell’altra
parte. Tuttavia, la posizione di «contraente debole» del lavoratore differenzia il contratto di lavoro dagli
altri contratti a prestazioni corrispettive: ciò spiega perché la legge, in determinate ipotesi individuate
tassativamente, prevede che il datore di lavoro sia tenuto al pagamento della retribuzione anche in assenza
di prestazione lavorativa (es. ferie annuali).
b) Caratteristiche
Il contratto di lavoro, oltre ad essere oneroso e sinallagmatico, presenta anche altre carat-
teristiche.
È infatti un contratto commutativo, nel senso che la legge e i contratti collettivi stabiliscono
esattamente l’entità delle prestazioni e delle controprestazioni; eterodeterminato, poiché il
contenuto del contratto di lavoro, ovvero la disciplina del rapporto da esso nascente, è in gran
parte predeterminato dovendosi recepire le disposizioni di legge e del contratto collettivo, con
un limitato margine per l’autonomia negoziale individuale.
c) I soggetti
Del contratto di lavoro sono parte il lavoratore e il datore di lavoro: il lavoratore si obbliga a
mettere a disposizione del datore di lavoro la sua attività di lavoro e quest’ultimo si obbliga a
corrispondere al primo la retribuzione.
Tali soggetti (detti anche «parti» o «contraenti») devono presentare determinati requisiti,
alcuni derivanti dalle norme di carattere generale, altri peculiari della disciplina del diritto del
lavoro: tali requisiti, detti soggettivi, sono la capacità giuridica e la capacità d’agire.
La capacità giuridica consiste nell’attitudine giuridicamente riconosciuta ad essere titolare
di diritti e obblighi e costituisce il necessario presupposto di un qualsiasi contratto, compreso
quello di lavoro subordinato. La capacità di agire indica, invece, l’attitudine a compiere ma-
nifestazioni di volontà idonee a modificare la propria situazione giuridica: in particolare, nel
diritto del lavoro, essa designa la capacità di stipulare il contratto di lavoro e di esercitare i diritti
e le azioni che ne discendono. Mentre per il datore di lavoro valgono i comuni criteri stabiliti dal
codice civile (acquista la capacità giuridica alla nascita e la capacità d’agire al compimento dei
18 anni), per il lavoratore valgono regole diverse: la capacità giuridica si acquista al compimento
dell’età anagrafica stabilita dalla legge per l’accesso al lavoro che, fermo restando l’assolvimento
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dell’obbligo di istruzione e formazione, coincide con l’età minima di 16 anni (cd. capacità giu-
ridica speciale); la capacità d’agire può acquistarsi anche prima dei diciotto anni di età. Infatti,
una volta che si ha l’età minima fissata dalla legge per l’accesso al lavoro (come visto, di regola,
16 anni), è anche possibile stipulare direttamente il contratto di lavoro ed esercitare i diritti e le
azioni che da esso derivano.
d) I requisiti
Il contratto di lavoro, per essere valido, deve presentare determinati requisiti, che corrispon-
dono a quelli previsti per la disciplina del contratto in generale (art. 1325 c.c.), cioè:
— la volontà. Il contratto di lavoro si costituisce, infatti, mediante l’accordo del datore di lavoro
e del prestatore di lavoro;
— la causa che, nel contratto di lavoro, come visto può identificarsi nello scambio tra lavoro
e retribuzione;
— l’oggetto, costituito dalla prestazione e dalla retribuzione;
— la forma, quando risulta che è prescritta dalla legge sotto pena di nullità.
La forma del contratto di lavoro, infatti, è generalmente libera, non essendo previste particolari modalità
di manifestazione del consenso; tuttavia, in determinate ipotesi, la legge espressamente prevede una
forma particolare (forma vincolata).
I requisiti appena descritti sono essenziali: questo vuol dire che, se mancano, il contratto
è nullo.
Tuttavia, come per qualsiasi negozio giuridico, anche per il contratto di lavoro subordinato,
possono esistere requisiti accidentali, che non sono cioè necessari all’esistenza del contratto di
lavoro ma, una volta inseriti nel contratto medesimo, ne diventano parte integrante e incidono,
quindi, sulla sua efficacia.
Gli elementi accidentali più frequenti del contratto di lavoro sono: la condizione e il termine.
La condizione rappresenta un avvenimento futuro e incerto che incide sull’efficacia del
contratto e, secondo i principi civilistici, può essere sospensiva (nel qual caso gli effetti del con-
tratto si producono solo al verificarsi dell’evento) o risolutiva (in questo caso, il rapporto cessa
al verificarsi dell’evento).
Un esempio di condizione sospensiva nel rapporto di lavoro è il patto di prova (art. 2096),
clausola con la quale le parti subordinano l’assunzione definitiva del lavoratore all’esito positivo
di un periodo di prova.
L’apposizione di un termine al contratto di lavoro fa sì, invece, che esso sia sottoposto ad
una scadenza predeterminata.
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la precarizzazione del mercato del lavoro, ha limitato l’utilizzo indiscriminato di tale tipologia
contrattuale, stabilendo una serie di regole da rispettare (es. un limite massimo di durata) o, in
alcuni casi, di divieti (es. per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero).
La legge prevede, però, l’obbligo per tutti i datori di lavoro di effettuare una comunicazione di
assunzione al Ministero del lavoro: la comunicazione è detta «anticipata», perché deve essere
effettuata entro il giorno antecedente l’instaurazione del rapporto di lavoro (anche se festivo).
Sono previste tuttavia delle ipotesi eccezionali, in cui l’obbligo di comunicazione viene meno o in cui
il termine per comunicare è diverso.
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La comunicazione preventiva deve essere effettuata per tutte le tipologie contrattuali di lavoro
subordinato (anche quelle relative ai cd. contratti speciali).
L’occupazione di lavoratori senza che risulti effettuata la comunicazione preventiva di as-
sunzione si configura come lavoro in nero e determina l’applicazione di pesanti sanzioni (cd.
maxisanzione).
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Va, poi, ricordato il diritto ad eseguire la prestazione lavorativa: anche se, infatti,
l’esecuzione di tale prestazione costituisce l’obbligo principale del lavoratore, vi sono casi
in cui assume specifica rilevanza l’interesse personale e professionale del lavoratore stesso
ad eseguire la prestazione e, in tal senso, assume la qualifica di «diritto» (es. nell’apprendi-
stato, nel quale lo svolgimento dell’attività è finalizzato alla formazione professionale del
lavoratore).
Il legislatore individua una serie di strumenti diretti a rafforzare la tutela dei diritti del
lavoratore.
Sul piano sostanziale, tra gli strumenti di tutela rileva, in generale, l’inderogabilità delle norme
che riconoscono diritti al lavoratore, alla quale è direttamente collegata l’indisponibilità dei diritti
del lavoratore medesimo.
Come già evidenziato, infatti, né le singole parti del rapporto né le organizzazioni sindacali possono
inserire, nel contratto di lavoro (rispettivamente, individuale e collettivo), clausole che deroghino in senso
peggiorativo a norme di legge che riconoscono diritti al lavoratore; al contrario, è legittima una clausola
contrattuale che attribuisce al lavoratore un trattamento più favorevole rispetto a quello previsto dalla
norma inderogabile. Tuttavia, il principio dell’inderogabilità delle norme che riconoscono diritti al lavo-
ratore sarebbe svilito se poi, acquisito il diritto, il lavoratore ne potesse disporre senza limiti: ecco perché
l’ordinamento ha affermato anche il principio della indisponibilità dei diritti del lavoratore, dalla quale
deriva l’invalidità delle rinunzie e delle transazioni aventi ad oggetto un diritto del lavoratore.
La garanzia sostanziale dei diritti del lavoratore è integrata, sul piano giurisdizionale, dal
processo del lavoro, che presenta caratteristiche peculiari rispetto al processo ordinario (es.
oralità, massima concentrazione degli atti processuali).
L’intenzione del legislatore è stata quella di assicurare al lavoratore una tutela differenziata,
cioè più efficace e immediata.
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12 Permessi e congedi
I lavoratori sono legittimati ad assentarsi dal lavoro, usufruendo dei congedi e dei permessi
disciplinati dal legislatore: si tratta di ipotesi di previsione legale (o contrattuale) in cui si consente,
per brevi periodi, la sospensione dell’obbligazione di lavoro garantendo, però, la conservazione
del posto di lavoro e, in alcuni casi, anche la retribuzione.
Un esempio di permesso retribuito è quello riconosciuto al lavoratore che contragga matrimonio, al
quale deve essere concesso, a sua richiesta, un periodo di astensione dal lavoro; un esempio di permesso
non retribuito è invece quello riconosciuto per adempiere a doveri civici (es. votazioni).
Rilevanti sono poi i congedi e i permessi retribuiti riconosciuti per la disabilità: in particolare,
ai lavoratori portatori di handicap, ai lavoratori che assistono un familiare con disabilità grave,
nonché ai genitori che assistono un figlio con disabilità grave minore di età.
Per i genitori, inoltre, è prevista una tutela particolare consistente nel riconoscimento del
diritto ad astenersi dal lavoro per il periodo e alle condizioni previste dalla legge (es. congedo
di maternità; congedo di paternità; congedo parentale).
13 Il lavoro agile
Il lavoro agile è stato introdotto dalla L. 81/2017 (cd. Jobs Act del lavoro autonomo) e si sostan-
zia in una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato (non costituisce, quindi,
una nuova tipologia contrattuale), stabilita mediante accordo tra le parti. Queste, infatti, possono
accordarsi affinché, nell’ambito della prestazione di lavoro subordinato, siano adottate forme di
organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, senza rispettare precisi vincoli di orario (entro i soli limiti
di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla con-
trattazione collettiva) o di luogo di lavoro (la prestazione lavorativa può essere resa sia all’interno di
locali aziendali che all’esterno, senza una postazione fissa), anche utilizzando strumenti tecnologici.
Trattandosi comunque di un lavoro subordinato, al lavoro agile si applica la relativa disci-
plina, fatte salve determinate peculiarità derivanti dal fatto che la prestazione è resa in parte in
azienda e in parte all’esterno della stessa.
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Il TFR spetta indipendentemente dalla tipologia di contratto con cui è stato assunto il lavo-
ratore subordinato e si determina accantonando, mese per mese, una quota della retribuzione
corrisposta al lavoratore, secondo criteri previsti dalla legge: la somma così accumulata viene
liquidata in un’unica volta al termine del rapporto di lavoro. Il lavoratore, però, in determinate
ipotesi previste dalla legge, può chiedere, in costanza di rapporto di lavoro, un’anticipazione
sul TFR maturato, cioè quello a cui avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto di lavoro.
A tali strumenti vanno aggiunti, poi, i sussidi straordinari, che sono stati introdotti nel tempo, e
perpetuati, al fine di fornire una tutela economica a tutte quelle categorie che non beneficiavano
degli ordinari ammortizzatori sociali.
16 Il lavoro autonomo
Il lavoro autonomo consiste nel compimento di un’opera o di un servizio, con lavoro prevalen-
temente proprio che il lavoratore svolge senza vincolo di subordinazione, verso un corrispettivo,
nei confronti del committente.
Tale definizione discende dall’art. 2222 del codice civile, che disciplina il contratto d’opera
cui si applicano le disposizioni successive (artt. 2223-2228 c.c.).
Il lavoro autonomo si pone, dunque, almeno in linea di principio, agli antipodi del lavoro
subordinato: il primo «senza», il secondo «con» vincolo di subordinazione. Tuttavia, nella prati-
ca, non sempre è facile differenziare le due fattispecie: accade spesso, infatti, che il rapporto di
lavoro sia svolto con modalità tali da rendere difficile una netta distinzione.
Per facilitare la suddetta distinzione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato, la giurisprudenza ha
individuato, nel corso degli anni, una serie di indici che, se riscontrati nello svolgimento del rapporto di
lavoro, possono rivelarne la natura subordinata (es. obbligo di eseguire la prestazione nell’orario stabilito dal
datore di lavoro; predeterminazione e continuità ideale della prestazione). Tali indici sono detti sintomatici:
che significa? Vuol dire che, ai fini della dimostrazione dell’esistenza del vincolo di subordinazione, tali
indici hanno un valore secondario e sussidiario rispetto all’unico elemento determinante per indicare che
si tratta di un rapporto di lavoro subordinato: cioè l’assoggettamento del lavoratore al potere di direzione
e di controllo del datore di lavoro.
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17 Il lavoro parasubordinato
La dottrina e la giurisprudenza hanno tradizionalmente inquadrato nella cd. parasubor-
dinazione la collaborazione nell’attività produttiva, che si realizza attraverso forme di lavoro
autonomo caratterizzate dalla natura prevalentemente personale della prestazione, dalla
continuatività e dalla coordinazione.
Tale categoria ha ricevuto il primo riconoscimento legislativo nell’ambito del diritto proces-
suale civile, quando la L. 533/1973, nel modificare l’art. 409 c.p.c., ha esteso l’applicazione delle
disposizioni sul processo del lavoro ai rapporti di agenzia e di rappresentanza commerciale e a
tutti gli «altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione d’opera continuativa
e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato».
Le caratteristiche essenziali di quelle che sono state poi definite anche collaborazioni coor-
dinate e continuative (co.co.co.) sono da rinvenirsi, quindi, nello svolgimento della prestazione
prevalentemente in prima persona da parte del collaboratore, nella continuità e nel coordinamento
con l’attività del committente. Al fine, poi, di individuare le co.co.co. realmente autonome, la L.
81/2017, nel modificare l’art. 409 c.p.c., ha precisato che le collaborazioni si intendono coordinate
quando, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il
collaboratore organizza autonomamente l’attività lavorativa.
In altri termini, il lavoratore deve coordinarsi con l’organizzazione del committente senza, però, che
sia quest’ultimo a stabilire il quando e il dove e le modalità di esecuzione della prestazione devono essere
decise dallo stesso lavoratore.
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