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SIMONE 341/4 • Concorso Regione Sicilia 1024 posti Centri per l’impiego sio
EDIZIONI
s p an ine
311 Istruttori (Cod. CPI-OML) • 344 Specialisti (Cod. CPI-SML) E n l
o
Gruppo Editoriale Simone
Mercato del Lavoro – Manuale per la preparazione
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La previdenza complementare
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Il D.Lgs. 252/2005 è stato poi oggetto di successivi importanti interventi di modifica, deri-
vanti anche dalla necessità di recepire la normativa europea, finalizzati a rilanciare la previdenza
complementare e ad offrire ai soggetti che vi aderiscono maggiori tutele.
L’adesione alle forme pensionistiche complementari, oltre che libera e volontaria, è collettiva
o individuale. Le forme pensionistiche complementari si distinguono, infatti in (art. 1, comma
3, D.Lgs. 252/2005):
— collettive, in cui rientrano i fondi pensione negoziali (es. istituiti da un accordo collettivo e
destinati alle categorie di lavoratori individuati nell’accordo), i fondi pensione aperti (istituiti,
ad esempio, da società di intermediazione mobiliare, cd. SIM, o di gestione del risparmio,
cd. SGR e non destinati a categorie limitate) e i fondi pensione preesistenti (così denominati
in quanto già istituiti al 15 novembre 1992 in base alla previgente disciplina). A tali forme è
possibile aderire collettivamente o individualmente.
In materia di parità di genere, la COVIP ha precisato che non possono essere previste, e se previste de-
vono essere rimosse senza indugio, «eventuali disposizioni, criteri, prassi, atti, patti o comportamenti,
riguardanti l’area dei soggetti che possono aderire alle forme pensionistiche complementari collettive,
le condizioni che ne disciplinano l’adesione, nonché le regole in materia di determinazione della mi-
sura e delle modalità di versamento della contribuzione a carico del datore di lavoro e del lavoratore,
che siano tali da produrre un effetto pregiudizievole per taluni lavoratori in ragione del sesso o che
potrebbero, comunque, mettere i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di particolare
svantaggio rispetto ai lavoratori dell’altro sesso» (art. 30bis, D.Lgs. 198/2006; delib. COVIP 22 maggio
2019);
— individuali, cioè quelle attuate mediante fondi pensione aperti e contratti di assicurazione
sulla vita (con finalità previdenziali). A tali forme si aderisce individualmente.
In particolare, le imprese di assicurazione consentono di aderire alla previdenza complementare attra-
verso la sottoscrizione dei cd. PIP, cioè piani individuali pensionistici di tipo assicurativo, ad adesione
individuale ed indipendente dalla situazione lavorativa.
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— regolamenti di enti o aziende, i cui rapporti di lavoro non siano disciplinati da contratti o
accordi collettivi, anche aziendali;
— soggetti che operano nel campo dell’intermediazione finanziaria o assicurativa, limitatamente
ai fondi pensione aperti;
— compagnie di assicurazione, limitatamente alle forme pensionistiche complementari indivi-
duali.
La normativa consente anche alle Regioni di disciplinare, con propria legge, il funzionamento di forme
pensionistiche complementari nel rispetto della disciplina nazionale in materia.
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È altresì consentito ai fondi pensione istituiti negli Stati membri dell’UE raccogliere adesioni
su base collettiva sul territorio della Repubblica, se rientrano nell’ambito di applicazione della
direttiva IORP II e risultano autorizzati dall’Autorità competente dello Stato membro di origine
allo svolgimento dell’attività transfrontaliera (art. 15ter, D.Lgs. 252/2005)
3 I destinatari
Alle forme pensionistiche complementari possono aderire tutti i lavoratori subordinati
indipendentemente dalla tipologia contrattuale con la quale sono stati assunti.
Di conseguenza, la partecipazione è ammessa sia che si abbia un rapporto di lavoro a tempo
indeterminato sia a termine.
Sono esclusi i titolari di rapporto di lavoro domestico.
Deve tenersi comunque presente che possono aderire alla previdenza complementare anche determinate
categorie di lavoratori che non sono titolari di un rapporto di lavoro subordinato quali (art. 2, D.Lgs. 252/2005):
— i lavoratori autonomi e i liberi professionisti, anche organizzati per aree professionali e per territorio;
— i soci lavoratori di cooperative di produzione e lavoro;
— coloro che svolgono lavori non retribuiti in relazione a responsabilità familiari.
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Dal 1° gennaio 2007 i lavoratori subordinati che aderiscono ad un fondo pensione devono
obbligatoriamente conferire integralmente il TFR maturando.
Per effetto della L. 124/2017, è tuttavia possibile la destinazione non integrale del TFR ai
fondi pensione (art. 8, comma 2, D.Lgs. 252/2005): le fonti istitutive possono infatti modulare la
quota di TFR stabilendo la percentuale minima da destinare ai fondi pensione, fermo restando
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che, in mancanza di tale previsione, il conferimento deve intendersi corrispondente al 100% del
TFR annualmente maturato. Ne consegue che la regola ordinaria rimane comunque quella della
devoluzione integrale del TFR (circ. COVIP 5027/2017).
4.3 Le modalità di conferimento del TFR al fondo pensione
Il conferimento del TFR alla previdenza complementare può avvenire (art. 8, comma 7, D.Lgs.
252/2005):
1. con modalità esplicite: ogni lavoratore, entro 6 mesi dalla data dell’assunzione, può conferire
il TFR maturando alla forma di previdenza complementare prescelta;
2. con modalità tacite: il lavoratore, entro il termine semestrale indicato, non esprime alcuna
volontà (cd. meccanismo del silenzio-assenso).
In caso di silenzio-assenso, l’individuazione del fondo pensione competente a ricevere le quote matu-
rande di TFR avviene con i criteri indicati dal D.Lgs. 252/2005 (v. infra).
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In tal caso, il lavoratore può richiedere al Fondo di integrare presso la gestione di previdenza
complementare interessata i contributi risultanti omessi, se da tale omissione non possa essergli
corrisposta la prestazione alla quale avrebbe avuto diritto.
Sono garantiti dal Fondo, il contributo sia del datore di lavoro che del lavoratore o la quota
di TFR conferita al fondo pensione che il datore di lavoro abbia trattenuto e non versato.
— il riscatto parziale (50%) della posizione individuale maturata, in caso di cessazione dell’at-
tività lavorativa che comporti l’inoccupazione per un periodo di tempo non inferiore a 12 mesi
e non superiore a 48 mesi, ovvero in caso di ricorso da parte del datore di lavoro a procedure
di cassa integrazione guadagni;
— il riscatto totale della posizione individuale maturata per i casi di invalidità permanente che
comporti la riduzione della capacità di lavoro a meno di un terzo e a seguito di cessazione
dell’attività lavorativa che comporti l’inoccupazione per un periodo di tempo superiore a 48 mesi.
Il diritto al riscatto totale è riconosciuto anche gli eredi dell’aderente, o ai diversi soggetti dallo stesso
designati, in caso di decesso prima della maturazione del diritto alla prestazione pensionistica;
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— un capitale che però non può superare il 50% del montante finale accumulato. In tal caso, la
parte residua viene corrisposta in forma di rendita.
Nel calcolare l’importo complessivo del capitale devono essere detratte le somme che sono state
eventualmente già erogate a titolo di anticipazione e che non sono state reintegrate.
Il limite del 50% non opera tuttavia in due casi: il primo, se convertendo almeno il 70% del montante
finale la rendita risulta inferiore al 50% dell’importo dell’assegno sociale; il secondo, se si tratta di
un «vecchio» aderente alla previdenza complementare (antecedente cioè al 29 aprile 1993).
In caso di morte del pensionato (cioè del soggetto che sta percependo la pensione comple-
mentare), le persone da lui designate possono beneficiare, in alternativa:
— della restituzione del montante residuo alla data del decesso;
— oppure della erogazione di una rendita (una sorta di pensione di reversibilità), calcolata in
base al montante residuale.
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Il lavoratore è libero di scegliere quanta parte del montante accumulato impegnare a titolo
di rendita anticipata che pertanto può gravare integralmente sulla posizione individuale o su
una porzione.
Per l’erogazione della RITA, al richiedente sono addebitate delle spese in cifra fissa dirette alla coper-
tura dei relativi oneri amministrativi (delib. COVIP 19 maggio 2021).
.
Se non viene utilizzata l’intera posizione individuale a titolo di RITA, sulla porzione residua, che
continuerà ad essere gestita dalla forma pensionistica complementare, l’iscritto potrà chiedere
le anticipazioni e i riscatti e usufruire al momento della maturazione dei requisiti pensionistici
ordinari delle prestazioni in capitale e/o in rendita (circ. COVIP 888/2018).
Durante il periodo di erogazione della RITA è possibile versare eventuali contributi che, nel caso di RITA
parziale, incrementano il montante non utilizzato, mentre, in caso di RITA totale, costituiscono un montante
a sé stante (circ. COVIP 4209/2020).
Possono presentare la domanda per la RITA, ferma la facoltà di revoca sulla base delle mo-
dalità stabilite da ogni forma pensionistica, i lavoratori che (art. 11, comma 4, D.Lgs. 252/2005):
— cessano l’attività lavorativa.
Tale requisito deve sussistere al momento della presentazione della domanda di accesso alla RITA, ben
potendo l’aderente intraprendere successivamente un’attività lavorativa in qualsiasi forma (circ. COVIP
4209/2020);
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La RITA è altresì riconosciuta ai lavoratori che risultano inoccupati per un periodo di tempo
superiore a 24 mesi (è invece ritenuto possibile il successivo svolgimento di attività lavorativa, ex
circ. COVIP 4209/2020) e che maturano, nel regime obbligatorio di appartenenza, l’età anagrafica
per la pensione di vecchiaia entro i 10 anni successivi.
Tra i requisiti di accesso alla RITA vi è la prossimità (di 5 o 10 anni) alla maturazione dell’età anagrafica
per la pensione di vecchiaia, quale prevista al momento della presentazione dell’istanza sulla base delle
disposizioni di legge, e relativa normativa attuativa, tempo per tempo vigenti, con la conseguenza che non
possa essere preso in considerazione, tra i requisiti per la RITA, la prossimità a eventuali pensionamenti
anticipati (circ. COVIP 888/2018).
In caso di morte dell’iscritto in corso di percezione della RITA, il residuo montante corri-
spondente alle rate non erogate, ancora in fase di accumulo, potrà essere riscattato dagli eredi
secondo le previsioni generali.
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