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L’art. 39, Cost. statuisce una disciplina legale in materia di contratto collettivo i
sindacati si sarebbero infatti dovuti registrare in uffici locali o centrali, ottenendo
personalità giuridica, e di qui i sindacati maggioritari ( in proporzione ai loro iscritti)
avrebbero potuto stipulare contratti collettivi efficaci erga omnes. Disciplina rimasta
inattuata. I sindacati infatti non hanno personalità giuridica; il timore del sindacato
era quello di possibili ingerenze. L’art. 39 prevedeva come requisito la base
democratica dell’associazione sindacale.
Per estendere gli effetti erga omnes, nel 1959, venne prevista la l. d. n. 741/1959,
con cui veniva data delega al governo di recepire in decreti legislativi il contenuto
dei contratti collettivi, in modo da attribuire agli stessi efficacia generale. In questo
modo il contratto collettivo diviene in maniera effettivi atto di legge e assume
efficacia generale. Tuttavia la delega deve avere un limite temporale; ciò significa
che una volta raggiunto il termine di scadenza della delega, si prevede una proroga
del termine. Viene sollevata una questione di legittimità costituzionale: i decreti
legislativi sono contrari ad art. 39 Cost., perché realizzano un contratto collettivo
erga omnes in contrasto con la disposizione. La Corte costituzione asserisce che il
d.l. n. 741/1959 è costituzionalmente legittimo perché può transitoriamente
prevedere la delega, ma la proroga è incostituzionale, pertanto i decreti legislativi
con proroga diventano illegittimi.
Si possono distinguere quattro tipologie di contratto di diritto comune nel corso del
tempo:
Nel lavoro pubblico, per quanto concerne la fase di stipulazione del contratto,
quest’ultimo può essere sottoscritto solo con rappresentanze firmatarie con almeno
il 51%. Il problema sta poi nel comprendere se tale percentuale vada calcolata
esclusivamente entro il perimetro dei sindacati che hanno partecipato alla
negoziazione o se debba comprendere la totalità dei sindacati.
Efficacia soggettiva del contratto collettivo Il contratto collettivo non può che
avere efficacia inter partes; il datore di lavoro o le associazioni non hanno alcun
obbligo di applicazione del contratto collettivo. Per fronteggiare questo problema
sono stati fatti molti sforzi, tra cui il tentativo del ’59. Si evince poi un’altra tecnica
del legislatore, che si trova nell’art. 40 St. Lav., secondo cui coloro che partecipano
ad agevolazioni pubbliche possono conseguire tali vantaggi solo applicando il
contratto collettivo ( siamo negli anni ’70). Nel 1989 ci si è chiesti quale fosse l’entità
del contributo che il datore di lavoro corrispondeva all’Inps e si statuisce che si
calcoli alla luce dei contratti collettivi di categoria, che vengono assunti come valore,
pur non essendo imposti. Altra fase fu quella di definizione dell’apprendistato o dei
contratti a termine, anche in questo caso viene fatto rinvio a contratti collettivi di
categoria dei sindacati più rappresentativi. Tramite la tecnica del rinvio lo spettro di
efficacia del contratto collettivo si è estesa tangibilmente.
Altra tecnica giurisprudenziale prevede che sia sufficiente l’iscrizione del datore di
lavoro per l’applicazione del contratto collettivo ai lavoratori non iscritti. Infatti il
datore di lavoro iscritto ad associazione datoriale è obbligato ad applicare il
contratto collettivo.
Come ben sappiamo, in realtà, il contratto collettivo dispiega la propria efficacia solo
laddove entrambe le parti siano iscritte ad associazioni sindacali, tuttavia la
giurisprudenza forza questo principio.
Il lavoratore anche non iscritto, per rendere vincolante il contratto collettivo, vi può
rinviare. Il rinvio può essere statico o dinamico; se è dinamico, le clausole si
conformeranno in itinere alle condizioni stabilite da contratto collettivo.
Altra ipotesi da farsi è quella di un lavoratore, che sia iscritto alla Fiom; la Fiom non
sottoscrive il nuovo contratto collettivo e pertanto il lavoratore pretende
l’osservanza del contratto collettivo precedente. In questo caso il contratto collettivo
precedente non è estinto per il sindacato non firmatario, è in corso di vigenza.
Inoltre, laddove nella lettera di assunzione non venga fatto rinvio al contratto
collettivo, si pone il problema di quale contratto collettivo applicare. Si verifica che il
contratto collettivo successivo non si sostituisce, ma si affianca accordi separati
2010.
N.B. Quindi spesso per non parlare di una funzione derogatoria del contratto
aziendale rispetto al contratto collettivo, si parla per l’appunto di una successione
dell’accordo aziendale al contratto collettivo.
Per quanto concerne il dissenso, il punto 7 del T.U. su rappresentanza 2014 specifica
che la volontà si forma a maggioranza nella r.s.u., nella r.s.a. la maggioranza è
proporzionale alle deleghe. Se l’accordo su scala aziendale viene stipulato, può
successivamente essere modificato? Nella r.s.u. non può verificarsi una modifica
successiva; nella r.s.a. se vi è una parte dissenziente, essa può essere chiamata a
pronunciarsi sull’accordo e se si raggiunge la percentuale del 30% e la
partecipazione del 50+1%, la modifica è valida.
Nella r.s.u. non viene prevista la consultazione dei lavoratori, perché quest’ultimi
hanno direttamente votato i propri rappresentanti, in forza di quel rapporto diretto
tra rappresentati e rappresentanti che connota la r.s.u. In realtà le intese
modificative di cui si è appena parlato, in materia di contrattazione collettiva
nazionale e aziendale, non vi sono, perché vi è una generale ritrosia dei sindacati a
modificare il contratto nazionale. Ciò non significa che i contratti aziendali non
abbiano derogato ai contratti nazionali, anzi si assiste a numerose deroghe; sembra
un paradosso se si pensa che in materia di intese modificative emerge la regola
prima citata da potersi applicare. In realtà ciò è da spiegarsi alla lue del fatto che già
nell’alveo dei principi generali del contratto e del contratto collettivo esiste la
possibilità di deroga. Sebbene la regola sull’intesa modificativa non sia applicata, ci
fornisce tuttavia uno scorcio del processo di indebolimento del contratto nazionale
di categoria.
Il recesso va distinto dalla disdetta, che viene prevista solo nell’ipotesi in cui si
preveda il rinnovo del contratto collettivo. All’interno del contratto collettivo si può
prevedere una clausola di ultrattività, che faccia dispiegare gli effetti del contratto
collettivo anche dopo il raggiungimento del termine di scadenza e anche nell’ipotesi
di disdetta, sino a rinnovo. Accade che in tal modo il contratto a tempo determinato
assume le sembianze di un contratto a tempo indeterminato, perché manca del
termine di scadenza ( il rinnovo non si può qualificare come un termine, in quanto in
diritto privato il termine deve essere rappresentato da un evento certo e futuro,
invece il rinnovo non è affatto un evento certo). Alla luce di quanto si è appena detto
il contratto a tempo determinato si configura con l’ultrattività come un contratto a
tempo indeterminato e accorda la possibilità del recesso. In ogni caso per evitare il
recesso, si potrebbe prevedere anziché il rinnovo del contratto, la proroga.
Una prima situazione da distinguere è quella di norme legali che rendono necessaria
l’implementazione con contratto collettivo, che quindi prevederà il completamento
da parte del contratto collettivo della fattispecie legale. Se la contrattazione
collettiva non svolge la propria funzione, la regola non si ritiene funzionante. Si
trattava di una tecnica che attribuiva un peso non indifferente al contratto collettivo,
senza la quale la disciplina legale non era autosufficiente.
Riepilogo:
Altro versante è quello dei rinvii: la legge intervenendo a regolare una materia,
rinvia al contratto collettivo per implementarla o per sostituirla. In questo caso il
legislatore utilizza criteri selettivi e individua i soggetti legittimati.
Le formule sono state affinate nel tempo, prima “maggiormente rappresentativi”,
poi “comparativamente più rappresentativi”, infine “ comparativamente più
rappresentativi su base nazionale”.
La questione non si pone per contratti aziendali, che vengono stipulati da r.s.a. o
r.s.u. e laddove non vi siano né r.s.a. né r.s.u., vengono stipulati da associazioni di
categoria più rappresentative su territorio.