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CONTRATTAZIONE COLLETTIVA
Cos’è la contrattazione collettiva è il processo di negoziazione tra
l’organizzazione rappresentativa dei datori di lavoro da un lat, e le organizzazioni
rappresentative dei lavoratori dall’altro, al fine di fissare insieme, nel reciproco
interesse, le condizioni economico e normative del rapporto di lavoro.
Ci sono diversi livelli di contrattazione collettiva:
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PRIMO LIVELLO => Accordo Interconfederale e Contratto Collettivo Nazionale di
Lavoro
SECONDO LIVELLO
=> contratto collettivo territoriale che intercorre tra organizzazioni sindacali dei
datori lavoro e dei lavoratori, ma a livello regionali o provinciale;
=> contratto aziendale e il contratto di prossimità intercorrente tra datore di lavoro
e rappresentanze sindacali aziendali, quindi nell’ambito di una singola impresa.
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2° LEZIONE: IL LAVORO SUBORDINATO E IL CONTRATTO INDIVIDUALE DI
LAVORO
Nel nostro codice civile non è presente una nozione di contratto di lavoro subordinato, ma
è presente la definizione del “prestatore di lavoro subordinato” all’art. 2094 c.c. che
dispone:
- organizzazione d’impresa:
LAV SUB: non ha una sua organizzazione di impresa che è del datore di lavoro;
LAV AUT: deve organizzarsi con i propri mezzi professionali;
- rischio d’impresa:
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LAV SUB: non ha rischi d’impresa che sono a carico del datore;
LAV AUT: si assume il rischio della sua impresa;
- orario di lavoro:
LAV SUB: ha l’obbligo di osservare un orario di lavoro imposto dal datore;
LAV AUT: non ha alcun obbligo;
Come nasce un rapporto di lavoro tra datore e lavoratore? con l’assunzione del
lavoratore da parte di una impresa e la sottoscrizione di un CONTRATTO
INDIVIDUALE DI LAVORO: infatti i datori di lavoro sono obbligati ad assumere i
lavoratori a retribuirli e a pagare i contributi previdenziali e i premi assicurativi. In
mancanza di assunzione ci troveremo di fronte ad un rapporto di lavoro IN
NEROSENZA POSSIBILIT’ DI RECLAMARE DIRITTI SE NON IN SEDE GIUDIZIARIA.
Il contratto di lavoro individuale deve contenere:
- l’indicazione della società che assume e i connotati del lavoratore;
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- l’inquadramento professionale con il Livello retributivo attribuiti al lavoratore, ed anche la
descrizione sommaria delle MANSIONI DI LAVORO, ovvero le caratteristiche o la
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La particolarità del rapporto parasubordinato è data dal fatto che esso si pone a
metà strada tra lavoro autonomo e lavoro subordinato vero e proprio, in quanto
I C.C.N.L. nel tempo hanno aggiunto la figura dei FUNZIONARI e degli INTERMEDI.
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Vi è una differenza tra: “QUALIFICA” e “MANSIONE
QUALIFICA: è concetto giuridico è la “forma” di cui l’ordinamento giuridico si serve per
“inquadrare” il lavoratore.
MANSIONE individua concretamente l’attività che il singolo lavoratore svolge in una
determinata realtà lavorativa.
Le categorie legali, sebbene tutt’oggi esistenti sono usate meno frequentemente in quanto
sostituite a livello sindacale, infatti con i contratti collettivi è stato creato il c.d.
INQUADRAMENTO UNICO
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che abbia successivamente acquisito o a mansioni riconducibili allo stesso livello e
categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte.
IUS VARIANDI il datore di lavoro può, entro certi limiti, modificare le iniziali mansioni
attribuite al proprio dipendente. Il D.Lgs. n.81/2015 ha modificato il vecchio art. 2113 c.c.
attribuendo al datore di lavoro la facoltà di modificare unilateralmente le mansioni a
condizione che le nuove siano riconducibili allo stesso livello di inquadramento e categoria
legale di assunzione (esempio un lavoratore assunto con livello 3 –operaio-mansioni
cuoco, viene lasciato sempre nel livello 3 –operaio, ma mansione cameriere).
La modifica in peggio delle mansioni di lavoro però non può avvenire liberamente, da parte
del datore di lavoro, ma solo nei seguenti due casi:
- modifica degli assetti organizzativi aziendali che incidono sulla posizione del
lavoratore;
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- ipotesi previste dalla contrattazione collettiva.
Vi possono poi essere degli “accordi individuali tra datore di lavoro e lavoratore” volti
alla modifica in peggio, con il consenso del lavoratore, delle mansioni, della categoria
legale, del livello di inquadramento e della retribuzione, ma solo per queste motivazioni:
– per conservare il posto di lavoro e non essere licenziati;
– per acquisire una diversa professionalità;
– per il miglioramento delle condizioni di vita del lavoratore.
La stipula di tali accordi dovrà essere fatta in sede protetta ovvero in sede sindacale
o comunque dinanzi alle commissioni di certificazione dell’ispettorato del lavoro. Il
lavoratore potrà farsi assistere da un rappresentante sindacale cui aderisce o
conferisce mandato, da un avvocato o da un consulente del lavoro.
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instaurazione del rapporto di lavoro sia condizionata al preventivo esperimento di un
periodo di prova;
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3° LEZIONE : OBBLIGHI E DIRITTI DEL LAVORATORE E DEL DATORE
- obbligo di fedeltà art. 2015 c.c. Consiste nel dover tenere un comportamento
leale verso il datore di lavoro e di tutelare gli interessi di quest’ultimo e si collega ai
generali principi di correttezza e buona fede: il lavoratore ha l’obbligo di non fare
concorrenza al datore di lavoro, ossia di astenersi di trattare affari per conto proprio
o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore. Ha altresì un obbligo di riservatezza,
ossia di non rivelare i segreti dell’organizzazione o attività che il datore pone in
essere. Tali obblighi vigono finchè dura il contratto di lavoro e si estinguono con la
cessazione dello stesso.
Diverso dall’art. 2015 c.c. è l’art. 2125 c.c. che prevede il “patto di non
concorrenza” che viene stipulato per iscritto tra datore di lavoro e lavoratore e
consiste in un impegno formale assunto dal lavoratore che, anche dopo la cessazione
del rapporto di lavoro e per un certo periodo di tempo prestabilito, non dovrà svolgere
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attività in concorrenza con l’imprenditore. Tale patto è valido se è redatto in forma
scritta, c’è una precisa descrizione dell’attività in concorrenza da non svolgere o
divulgare, c’è indicazione precisa del tempo in cui vige tale divieto ( per i funzionari
massimo 5 anni, per gli altri lavoratore massimo 3 anni) e DEVE ESSERE
VERSATO UN CORRISPETTIVO AL LAVORATORE.
l’inosservanza delle norme recanti gli obblighi del lavoratore può dar luogo
all’applicazione delle sanzioni disciplinari come stabilite dallo Statuto dei lavoratori
(legge n. 300/1970) oppure dai contratti collettivi.
retribuzione: l’art. 36 della Costituzione stabilisce che deve essere proporzionale alla
quantità e qualità del lavoro e sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia
un'esistenza libera e dignitosa; di solito è il c.c.n.l. di settore che determina la
retribuzione minima per ogni lavello; ma con un accordo il lavoratore può percepire
anche di più, DI MENO NO!
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riposo settimanale: il lavoratore ha diritto, ogni sette giorni, ad un periodo di riposo
di almeno 24 ore consecutive (in pratica dopo 6 giorni di lavoro vi è normalmente un
giorno di riposo), di regola coincidente con la domenica,
riposo giornaliero, ferie e festività: sono stabilite dalla legge e dai CCNL.
diritto allo studio: se un lavoratore segue corsi scolastici ha diritto ad effettuare turni
e orari di lavoro particolari che si conciliano con i corsi da frequentare e godere di
permessi per frequentare tali corsi;
sicurezza sul lavoro: il datore di lavoro deve attuare le misure necessarie a tutelare la
salute e l'integrità fisica del lavoratore, nel rispetto di quanto previsto dal Testo Unico
sulla Sicurezza sul Lavoro (D.Lgs. n. 81/2008, integrato e corretto dal D.Lgs. n.
106/2009).
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attività sindacale: il lavoratore ha diritto di aderire ad associazioni sindacali, di
manifestare il proprio pensiero e di svolgere attività sindacale;
parità uomo – donna: alla donna lavoratrice spettano gli stessi diritti che spettano al
lavoratore uomo (su questo esiste un apposito codice delle pari opportunità tra uomo
e donna, contenuto nel D.Lgs. del 11 aprile 2006, n. 198).
L'attuale livello di garanzia dei lavoratori è frutto di un percorso che ha visto una
graduale conquista di diritti. A tale percorso hanno contribuito i sindacati svolgono
tuttora un ruolo fondamentale nel promuovere e tutelare gli interessi dei lavoratori,
compito che realizzano attraverso la stipula dei contratti collettivi e con servizi di
assistenza individuale ai lavoratori.
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DIRITTI E I DOVERI DEL DATORE DI LAVORO
poteri disciplinare, che serve a sanzionare il lavoratore inadempiente ossia che viene
meno ai suoi doveri contrattuali. Tale potere disciplinare è sottoposto alle forme di
esercizio e di controllo indicate dallo STATUTO DEI LAVORATORI e
precisamente art. 7 Legge n. 300/1970.
Il datore di lavoro deve prima di tutto contestare per iscritto con lettera al lavoratore
la presunta inadempienza e dargli un termine (minimo 5 giorni) per dare le sue
giustificazioni. Il lavoratore ha diritto di chiedere di essere sentito con
l’accompagnamento di un sindacalista.
Dopo le giustificazioni, il datore di lavoro può accettare quando detto dal lavoratore
ed archiviare la contestazione. Oppure può ritenere quel comportamento non
giustificabile e quindi, può comminare una sanzione.
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Il datore di lavoro deve pubblicare il c.d. codice disciplinare, il quale serve a far
conoscere a tutti i lavoratori le norme disciplinari e le relative sanzioni, infrazioni e
procedure di contestazioni connesse.
Il codice disciplinare di solito coincide con le norme previste dal singolo c.c.n.l. di
settore, ma ogni azienda può munirsi di un proprio codice disciplinare.
rimprovero verbale;
rimprovero scritto;
la multa;
Queste sono definite “sanzioni conservative” perché il lavoratore non perde il posto
di lavoro. La sanzione più grave è senz’altro il LICENZIAMENTO DISCIPLINARE
legato ad una grave condotta colposa o dolosa del lavoratore.
L’esercizio di tali poteri da parte del datore non è tuttavia assoluto in quanto egli
deve rispettare, in ogni caso, alcuni principi riconosciuti dalla Costituzione, di
uguaglianza, e protezione del lavoratore e di esercizio dei diritti sindacali, nonché i
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diritti fondamentali della dignità e della tutela della vita privata. I limiti che incontra
il datore di lavoro sono individuati all’interno dello Statuto dei Lavoratori.
Si pensi alle guardie giurate che possono essere impiegate dall’imprenditore soltanto
per la tutela del patrimonio aziendale; le visite sulla persona del lavoratore
dipendente sono ammesse soltanto quando siano indispensabili ai fini della tutela del
patrimonio dell’azienda, in tutti gli altri casi le visite di controllo sui lavoratori sono
vietate.
Sempre nel campo della salute del lavoratore, il datore di lavoro non può, in nessun
caso, compiere direttamente gli accertamenti sull’assenza del lavoratore per malattia
o infortunio. In questi casi, infatti, dovrà ricorrere al controllo imparziale di medici
del SSN.
Il datore di lavoro è tenuto a garantire un sistema diretto a prevenire gli infortuni sul
lavoro e le malattie professionali, in virtù dei principi costituzionali, in materia di
sicurezza sul posto di lavoro.
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l’esperienza e la tecnica necessarie. Ciò significa che il datore di lavoro dovrà
valutare i potenziali rischi in un ambiente di lavoro. La scrupolosa osservanza delle
norme antinfortunistiche, tuttavia, non basta.
Il datore di lavoro è tenuto ad adottare ogni misura necessaria per prevenire non
soltanto gli infortuni e le malattie sul lavoro, ma anche i rischi da stress lavoro-
correlato, o ancora le ipotesi di mobbing.
Sussiste responsabilità contrattuale per il datore di lavoro che non abbia rispettato a
pieno gli obblighi di sicurezza. In questa ipotesi, il lavoratore dovrà però provare in
sede giudiziaria la colpa del datore e il danno che ha subìto.
(Art. 2087 c.c. - Legge n. 300/1970 (Stat.Lavoratori) -D.lgs. 9 aprile 2008 n. 81)
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4° LEZIONE RETRIBUZIONE ED ISTITUTI CONNESSI
Obbligazione principale posta in capo al datore di lavoro è il pagamento della
retribuzione come sancito dall’art. 2099 del c.c.
L’Art. 36 Costituzione dispone che: LA RETRIBUZIONE DEVE ESSERE
PROPORZIONALE ALLA QUALITA’ E QUANTITA’ DEL LAVORO SVOLTO
ED ESSERE SUFFICIENTE PER IL SOSTENTAMENTO DEL LAVORATORE E
DELLA FAMIGLLIA come parametro per ritenere una retribuzione sufficiente si
adottano i minimi salariali stabiliti da contrattazione collettiva.
Infatti in ogni contratto collettivo è prevista la retribuzione spettante ad ogni
lavoratore per il Livello contrattuale di appartenenza.
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OBBLIGATO ed indica gli elementi della retribuzione: la paga base, la contingenza,
scatti di azianità, lo straordinario, le ferie e festività godute o da godere, ecc.
ORARIO DI LAVORO
L’attuale disciplina è contenuta nel D.Lgs n. 66/2003
È applicabile a tutti i lavoratori e in tutti i settori pubblici e privati ad eccezione della
“gente di mare”, del personale di volo nell’aviazione civile, del personale della
scuola, forze di polizia, forze armate.
Comunque ogni c.c.n.l. di settore ha una regolamentazione ad hoc dell’orario di
lavoro.
Cosa di intende per ORARIO DI LAVORO: “è qualsiasi periodo in cui il lavoratore
sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o
delle sue funzioni” .
La legge prevede un orario normale di lavoro in 40 ore settimanali e non prevede
nulla riguardo al limite giornaliero, i contratti collettivi possono anche stabilire un
limite inferiore.
Il limite massimo settimanale è di 48 ore comprensive delle ore di straordinario è
un limite che non deve essere osservato rigidamente in ciascuna settimana, ma in
modo flessibile, cioè con una media in un periodo di massimo 4 mesi.
Però il limite massimo giornaliero ridi lavoro è ricavabile a contrario dall’art 7 d.lgs
66/2003 che impone un riposo giornaliero non inferiore a 11 ore consecutive =>
ne consegue che il limite massione di ore che si possono lavorare in un giorno è di 13
ore ma ciò non avviene quasi mai, i contratti collettivi pongono limiti assai ristretti
per tutelare la salute del lavoratore.
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Il lavoratore deve essere autorizzato dal datore di lavoro a svolge lavoro
straordinario, in mancanza di autorizzazione il datore di lavoro può legittimamente
rifiutare di corrispondere il trattamento economico previsto.
Oni CCNL di riferimento prevede la maggiorazioni in percentuale spettante in caso
di straordinario.
IL LAVORATORE CHE SVOLGE STRAORDINARIO HA FACOLTA’ DI
CHIEDERE, in luogo del pagamento del pagamento delle ore in più lavorate, dei
riposi compensativi, oppure un accantonamento delle ore di lavoro straordinario al
fine di fruire di riposi compensativi in un secondo momento concordato il periodo
con il datore di lavoro.
LAVORO NOTTURNO
L’art. 2108 c.c. prevede altresì una maggiorazione retributiva nel caso di prestazione
lavorativa notturna: i limiti entro i quali è consentito il lavoro notturno sono previsti
dalla legge e dai singoli contratti collettivi: per esempio la legge pone limiti al lavoro
notturno di donne e bambini.;
Periodo notturno è considerato tale quello incluso in almeno 7 ore consecutive
nella fascia oraria tra la mezzanotte e le 5 del mattino successivo; comunque nei
c.c.n.l. tale fascia è diversamente distribuita dalle 22,00 alle 5,00; dalle 23,00 alle
6,00 o dalle 24,00 alle 7,00. Anche in questo caso è il C.C.N.L. di settore che
disciplina la maggiorazione per il lavoro notturno e le modalità di svolgimento.
Lavoratore notturno = è colui che svolge la propria attività durante il periodo
notturno per almeno tre ore al giorno in modo abituale e continuativo (lavoratore
notturno orizzontale); oppure almeno tre ore per almeno 80 giorni lavorativi nell’arco
di un anno (lavoratore notturno verticale).
I lavoratori notturni hanno controlli periodici sullo stato di salute in quanto tale
lavoro è considerato usurante e se il lavoratore non più idoneo fisicamente, sarà
spostato a mansioni giornaliere mattutine o pomeridiane.
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FERIE: periodo di riposo finalizzato al recupero delle energie psico-fisiche, alla vita
di relazione, familiare e sociale; è disciplinato dall’ Art. 2109 c.c. dove si dispone che
il lavoratore ha diritto ad un periodo di ferie retribuite e possibilmente continuativo;
tale diritto è concretamente previsto nei c.c.n.l.;
l’Art. 36 Costituzione dove è considerato un diritto irrinunciabile.
Il D. LGS n. 66/2003 dispone che se i c.c.n.l. nulla dispongono, il periodo di ferie
matura per il lavoratore ogni 12 mesi di effettivo lavoro per almeno 4 settimane; se il
periodo di lavoro è minore i giorni di ferie sono proporzionalmente ridotti.
Le ferie devono essere usufruite nell’anno di maturazione per almeno 2 settimane in
modo consecutivo su richiesta del lavoratore, le restanti 2 settimane devono essere
godute dal lavoratore nei 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione.
Le 4 settimane di ferie devono essere per forza godute dal lavoratore e non può
rinunciarvi né può chiedere che siano monetizzate le ferie non godute.
I c.c.n.l. possono prevedere un termine più lungo di 4 settimane di ferie
Il momento di godimento delle ferie è stabilito dal datore di lavoro che deve però
tenere presente anche le esigenze non solo dell’impresa ma anche del lavoratore.
La determinazione del periodo di chiusura aziendale per ferie è rimessa al datore di
lavoro. Se il lavoratore è in ferie ma sopravviene una sua malattia grave, le ferie si
sospendono e il lavoratore entra in malattia. Occorre ovviamente dare avviso
all’impresa.
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I lavoratori sono legittimati ad assentarsi dal lavoro usufruendo di permessi o congedi
disciplinati dalla legge o anche dalla contrattazione collettiva.
Permessi e congedi retribuiti: donare il sangue; lavoratori-studenti hanno diritto a
permessi giornalieri per sostenere gli esami; ore di permesso per aggiornamento
professionale; le lavoratrici gestanti; i rappresentanti sindacali; i lavoratori che sono
chiamati come scrutatori o presidenti segretari di seggio; diritto di 15 giorni per
matrimonio.
Permessi e congedi non retribuiti si possono chiedere per motivi di salute
propri o dei familiari stretti congiunti. In questo caso si ha diritto alla conservazione
del posto di lavoro ma non alla retribuzione. I c.c.n.l. definiscono meglio questi
periodi.
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5° LEZIONE : CONTRATTO A TEMPO INDETERMINATO E TIPOLOGIE
DIVERSE DI CONTRATTI INDIVIDUALI DI LAVORO
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CONTRATTO DI LAVORO A TEMPO PARZIALE
Viene regolamentato dal D.lgs 61/2000 e dal D.lgs 81/2015 (artt. 4-12);
Consiste in una minore durata in termini di orario della prestazione lavorativa rispetto
al parametro dell’orario normale di lavoro. Molti aspetti concreti del contratto part-
time sono anche demandati alla contrattazione collettiva.
Il lavoro PART- TIME DEVE RISULTARE da forma scritta e ciò al fine di provare
la esistenza di tale tipo di contratto=> in mancanza di prova scritta il lavoratore può
chiedere ed ottenere in sede giudiziale la dichiarazione della sussistenza di rapporto a
tempo pieno la trasformazione però non avviene dall’inizio del rapporto, ma dalla
pronuncia del giudice, per il passato rimane il diritto del lavoratore alla retribuzione e
contributi percepiti.
Il contratto di lavoro deve specificare per iscritto e in modo puntuale la durata della
prestazione e della collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, al
mese e all’anno.
Il datore di lavoro di solito non può varie la collocazione dell’orario di lavoro rispetto
a quanto scritto nel contratto; tuttavia per consentire una maggiore flessibilità
nell’ambito del rapporto, il legislatore ammette che possa essere variato a mezzo di
appositi condizioni chiamate “Clausole elastiche” attraverso le quali al datore
di lavoro è consentito variare la durata o la collocazione temporale della
prestazione lavorativa a due condizioni:
1.deve dare al lavoratore un preavviso di almeno 2 giorni lavorativi
2. deve compensare il lavoratore o con riposi compensativi o con una maggiorazione
delle retribuzione.
La disciplina specifica delle clausole elastiche si trova in tutti i contratti collettivi a
cui il contratto individuale può fare riferimento; oppure possono essere regolamentare
direttamente nel contratto individuale di lavoro.
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Se varia in aumento l’orario di lavoro il lavoratore part-time ha diritto ad un
compenso.
Il lavoratore svolge LAVORO SUPPLEMENTARE quando lavora oltre l’orario
concordato ma comunque nei limiti dell’orario normale di lavoro ( nei limiti delle 40
ore settimanali), ha diritto ad una maggiorazione la cui quantificazione di solito si
ritrova nel c.c.n.l. o regolamentato tra le parti.
Il lavoratore può legittimamente rifiutare di svolgere il lavoro supplementare ove
giustificato per motivi di lavoro, di salute, familiare o per formazione professionale.
LAVORO STRAORDINARIO è consentito nel contratto di lavoro a tempo
parziale ma scatterà quando sarà superato l’orario settimanale massimo (40 ore o la
diversa quantità prevista nel ccnl.
Nel part-time il Trattamento economico (anche previdenziale) è parametrato in
ragione della ridotta prestazione lavorativa; vi è anche una riduzione quantitativa dei
diritti connessi alla quantità di ore lavorative prestate : es. i permessi, ferie, .
Un contratto di lavoro che è iniziato a tempo pieno può ESSERE TRASFORMATO
IN PART-TIME purchè venga fatto per iscritto e con il consenso del
lavoratore.
Il rifiuto del lavoratore ALLA TRASFORMAZIONE PROPOSTA DAL DATORE
non costituisce Giustificato motivo di licenziamento
Anche il datore di lavoro non è obbligato ad accettare una richiesta del lavoratore di
trasformazione del rapporto in part-time, tranne nel caso in cui il lavoratore è colpito
da gravi patologie.
Invece nel caso di più richieste di trasformazioni da full time in part-time, vi è una
priorità verso il lavoratore che fa valere come motivi della trasformazione la presenza
di gravi patologie dei familiari, assistenza ad inabile lavorativo (legge 104), figlio
convivente con handicap; congedo parentale, donne vittime di violenza di genere.
Il lavoratore che aveva un rapporto a tempo pieno trasformato in part-time, se chiede
di ritornare in full time ha un diritto di precedenza rispetto a nuovi assunti con le
medesime mansioni.
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LAVORO INTERMITTENTE
La legge n. 81/2015 disciplina il contratto di lavoro intermittente e lo definisce come
quel contratto, anche a tempo determinato, mediante il quale un lavoratore si pone a
disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in
modo discontinuo o intermittente.
In un contratto di lavoro subordinato classico il dipendente si impegna a recarsi al
lavoro tutti i giorni nell’orario di lavoro previsto dal contratto stesso.
Nel lavoro intermittente il dipendente si obbliga solo a mettersi a disposizione del
datore di lavoro il quale può chiamarlo o meno per lavorare da ciò deriva anche la
definizione di “lavoro a chiamata”.
E’ una forma molto precaria di lavoro perché la retribuzione del dipendente dipende
dalla decisione dell’azienda di chiamarlo o meno.
Il contratto di lavoro intermittente non può essere stipulato liberamente ma solo nelle
ipotesi indicate dalle legge, ovvero:
a. Per lo svolgimento di prestazioni di carattere “discontinuo” che di solito vengono
individuate dal c.c.n.l., o in mancanza si fa riferimento ad un apposito decreto del
Ministero del Lavoro che indica le occupazioni discontinue ( custodi, guardiani
diurni e notturni, guardie daziarie, portinai, fattorini, uscieri e inservienti, commessi
di negozio e molti altri)
b. Al dì là delle figure professionali individuate dai contratti collettivi o dal decreto, è
sempre possibile assumere con contratto di lavoro intermittente, per svolgere
qualsiasi attività, soggetti con meno 24 anni di età e con da 55 anni in sù.
Lavoro intermittente: durata massima vi è un limite all’utilizzazione del
lavoratore intermittente previsto dalla legge. Infatti, il contratto di lavoro
intermittente è ammesso, per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro, per
un periodo complessivamente non superiore a quattrocento giornate di effettivo
lavoro nell’arco di tre anni solari. In caso di superamento del predetto periodo il
relativo rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.
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Questa regola si applica a tutti i settori tranne il settore del turismo, dei pubblici
esercizi e dello spettacolo.
Lavoro intermittente è vietato:
- per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
- presso unità produttive nelle quali si è proceduto, nei sei mesi precedenti, a
licenziamenti collettivi oppure nelle quali sono operanti una sospensione del
lavoro o una riduzione dell’orario in regime di cassa integrazione guadagni;
- nei confronti di quei datori di lavoro che non hanno effettuato la valutazione dei
rischi in applicazione della normativa di tutela della salute e della sicurezza dei
lavoratori.
Lavoro intermittente: la disponibilità
I contratti di lavoro intermittente si dividono in due specie:
a. contratti in cui il dipendente può rispondere all’eventuale chiamata del datore di
lavoro o meno, il lavoratore non è obbligato a rispondere alla chiamata.
b. contratti nei quali il dipendente si assume l’obbligo di rispondere alla chiamata,
purché la stessa avvenga nelle forme e con il preavviso previsto nel contratto steso. In
questo secondo caso, il lavoratore intermittente ha diritto ad una indennità fissa,
perché avendo l’obbligo di essere a disposizione del datore, non può accettare altre
chiamate da società diverse, è una reperibilitàsi tratta di una somma fissa
predeterminata dalle parte o in mancanza dal Ministero del Lavoro.
In questi casi inoltre, se il lavoratore intermittente si ammala o, comunque, gli
succede qualsiasi altro evento che gli rende temporaneamente impossibile rispondere
alla chiamata, deve informarne tempestivamente il datore di lavoro, specificando la
durata dell’impedimento, durante il quale non matura il diritto all’indennità di
disponibilità.
Essendosi assunto l’obbligo di rispondere alla chiamata, salvo i casi di impedimento
che abbiamo visto, il rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata può costituire
motivo di licenziamento e comportare la restituzione della quota di indennità di
disponibilità riferita al periodo successivo al rifiuto.
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Il contratto di lavoro intermittente deve essere stipulato in forma scritta
LAVORO AGILE
E’ stato introdotto dal Job act l. n. 81/2015
È sempre una forma di lavoro subordinato ma un modo diverso di lavorare; vi è un
accordo tra le parti “per conciliare e agevolare i tempi di vita e lavoro” e a tal fini il
datore di lavoro e lavoratore si accordano per svolgere l’attività anche svincolata:
- da osservanza di un orario di lavoro,
- dentro o fuori della sede aziendale
- utilizzando strumenti tecnologici.
E’ un contratto che può essere a tempo indeterminato o determinato e deve risultare
per iscritto nell’accordo scritto il datore e lavoratore stabiliscono i tempi di lavoro
e quelli di riposo, il datore può controllare l’attività lavorativa.
Si può recedere da questa forma di contratto con un preavviso di almeno 30 giorni per
ritornare a lavorare in azienda come un comune lavoratore.
Essendo un comune contratto di lavoro subordinato, si applicheranno le norme
tipiche di questo lavoro.
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Il contratto a tempo determinato deve essere fatto in FORMA SCRITTA e deve
riportare la data di scadenza del rapporto, in mancanza di forma scritta l’apposizione
del termine è priva di effetto e il contratto si considera a tempo indeterminato.
Il datore di lavoro può assumere il lavoratore per 12 mesi o periodi inferiori,
liberamente, nel senso che NON HA L’OBBLIGO DI INDICARE LA CAUSA
DELL’ASSUNZIONE.
Può accadere che il datore voglia avvalersi delle prestazioni del lavoratore a termine,
in questo caso ha due possibilità:
PROROGARE IL TERMINE vi sarà una continuazione del contratto precedente,
solo che prima della scadenza viene modificato il termine che viene allungato, NON
VI E’ CESSAZIONE DEL CONTRATTO CHE, QUINDI, CONTINUA SINO
ALLA NUOVA SCADENZA.
RINNOVO DEL CONTRATTO si ha quando alla scadenza del contratto viene
stipulato un nuovo contratto diverso da quello precedente, il primo rapporto cessa e il
lavoratore viene riassunto con il nuovo contratto.
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Anche in presenza delle suddette causali la durata dunque del rapporto di lavoro a
tempo determinato tra uno stesso datore di lavoro e lavoratore, per lo svolgimento di
mansioni di pari livello e categoria legale, non può superare 24 mesi.
In merito al SECONDO LIMITE Nel rispetto delle causali di cui sopra e dei 24
mesi complessivi, il rapporto può essere PROROGATO PER MASSIMO 4 VOLTE.
Se il numero di proroghe è superiore, il contratto si trasforma a tempo
indeterminato.
Raggiunto il massimo di 24 mesi, le parti possono stipulare un nuovo contratto a
termine per la durata di altri 12 mesi massimo solo innanzi all’Ispettorato del lavoro
che lo deve certificare in un apposito accordo se non si osserva questa procedura, il
contratto si trasformerà a tempo indeterminato.
NEL CASO DI RINNOVO abbiamo detto che viene stipulato un nuovo contratto a
tempo determinato con lo stesso dipendente, in questi casi la legge imponer uno
stacco temporale tra un contratto e l’altro:
10 giorni dalla data di scadenza se il contratto a tempo precedente aveva un durata
inferiore a 6 mesi,
20 giorni se aveva una durata superiore a 6 mesi.
Anche i rinnovi come le proroghe devono rispettare il limite complessivo di 24 mesi
e ogni rinnovo deve essere sempre giustificato con le cause di cui sopra: per esigenze
temporanee oggettive estranee all’ordinaria attività dell’impresa o per incrementi
temporanei, giustificati e non programmabili dell’attività ordinaria.
Se non sono rispettati tali termini, dal secondo contratto il rapporto si trasforma a
tempo indeterminato.
Se dopo la scadenza del termine il lavoro prosegue “di fatto” ossia senza contratto,
ovvero:
30 giorni se il contratto a termine aveva una durata inferiore a 6 mesi
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50 giorni se il contratto a termine aveva una durata superiore a 6 mesi.
In questo periodo il datore ha l’obbligo di corrispondere al lavoratore una
maggiorazione retributiva per ogni giorno di continuazione (20% in più fino a 10
gg.—40% per ogni giorno successivo al decimo). Scaduti questi giorni, 30 o 50 ,
periodo chiamato “cuscinetto” , il rapporto si trasformazione in contratto a tempo
indeterminato.
Per tutta la durata del rapporto il lavoratore ha gli stessi diritti di ogni lavoratore.
Nel caso in cui vi è violazione di legge, il lavoratore deve impugnare il contratto a
tempo determinato ENTRO 180 GIORNI dalla cessazione del contratto stesso:
ovviamente per ottenere la declaratoria di trasformazione del rapporto a tempo
indeterminato occorre rivolgersi al giudice.
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LEZIONE 6° ALTRE TIPOLOGIE DI CONTRATTI DI LAVORO
CONTRATTO DI APPRENDISTATO
I contratti di apprendistato sono stati disciplinati dal d.lgs. n. 81/2015 art. 41 e ss., e sono definiti
come "un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e alla occupazione
dei giovani".
Anche se è definito a tempo indeterminato è bene ricordare che alla scadenza del periodo obbligatorio
di formazione le parti hanno la facoltà di disdettare il contratto, in mancanza di recesso, il contratto
continuerà ininterrottamente.
Il contratto di apprendistato dovrà essere stipulato per iscritto e contenere, seppure in forma sintetica,
il piano formativo individuale e dovrà essere indicato il nome del tutor aziendale.
Si tratta di un rapporto con “causa mista”: oltre alla prestazione lavorativa c’è l’elemento
imprescindibile che è la formazione
Per ogni tipo di contratto di apprendistato la regolamentazione degli aspetti formali è rimessa
alla legislazione regionale e alla contrattazione collettiva.
1
Comunque ogni c.c.n.l. di settore definisce il monte ore e le modalità di erogazione della formazione
in relazione ad ogni tipo di contratto di apprendistato.
Il datore di lavoro che stipula un contratto di apprendistato gode di importanti incentivi economici
sulla retribuzione dell’apprendista, ed inoltre paga contributi in quantità molto ridotta.
2
CONTRATTO DI SOMMINISTRZIONE (in passato chiamato INTERINALE) art 34 D. Lgs
81/2015
Le Agenzie del Lavoro (ex interinali) fanno da intermediari tra i lavoratori e i datori di lavoro,
assumono direttamente i lavoratori e li mettono a disposizione delle società richiedenti, quindi
abbiamo tre soggetti:
i lavoratori sono assunti dall’impresa di somministrazione che è il datore di lavoro, vengono poi
mandati in missione presso l’impresa utilizzatrice che ne fa richiesta; i lavoratori per tutta la durata
della missione sono sotto la direzione e il controllo dell’utilizzatore.
Tale tipo di contratto può essere a tempo indeterminato o determinato:
nel caso di contratto a tempo indeterminato, quando il lavoratore non è in missione presso ditte
utilizzatrici rimane a disposizione dell’agenzia di somministrazione ed avrà diritto a un’indennità di
disponibilità; la misura di tale indennità è prevista dai contratti collettivi delle agenzie di
somministrazione e comunque non può essere inferiore a quella prevista dal Ministero del Lavoro.
nel caso di contratto a tempo determinato si applica la disciplina del contratto a termine, ma con delle
limitazioni: può essere apposto un termine fino a 12 mesi senza causale; può anche avere una durata
fino a 24 mesi però in tal caso l’obbligo della causale ricade sull’impresa utilizzatrice.
L’agenzia applica delle TARIFFE che comprendono:
lo stipendio da pagare al lavoratore aumentato della commissione da pagare alla stessa agenzia
Il lavoratore non deve pagare all’agenzia interinale alcuna tariffa o commissione=> ogni richiesta di
questo tipo è illegale.
Il contratto di somministrazione può riguardare qualsiasi settore e qualsiasi categoria di lavoratori:
operaio, impiegati, quadri e anche funzionari.
I lavoratori dipendenti dall’Agenzia di somministrazione hanno diritto a un trattamento economico e
normativo complessivamente non inferiore a quello dei dipendenti di pari livello e pari mansioni
dipendenti dell'impresa utilizzatrice, inoltre l'utilizzatore è obbligato in solido con il somministratore
a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali.
Il lavoratore è libero di recedere dal contratto in qualsiasi momento anche senza una motivazione,
deve solo dare il preavviso pari ad 1 giorno ogni 15 giorni (esempio se un lavoratore non interinale
deve dare un preavviso di 45 giorni, il lavoratore interinale ne deve dare 3 , ovvero con rapporto di 1
a 15).
Il lavoratore deve rispettare le direttive sull’organizzazione di lavoro dell’impresa utilizzatrice, ma il
potere disciplinare è solo in capo alla società interinale.
3
APPALTO E TUTELA DEI LAVORATORI
Diverso dalla somministrazione è il caso dell’appalto:
mentre nel contratto di somministrazione l’agenzia si limita a fornire all’utilizzatore solo mere
prestazioni di lavoro, ossia fornisce lavoratori che sono pagati dal somministratore ma sono diretti
dall’utilizzatore;
nel caso di appalto, l’impresa appaltatrice deve fornire un “servizio” o “un’opera” al committente
attraverso una propria organizzazione societaria, con propri mezzi e con proprio personale che
l’appaltatore dirige, organizza e paga direttamente.
Si ha quindi un appalto genuino quando l’appaltatore ha una propria organizzazione e si assume
direttamente il rischio di impresa: se non vi è appalto genuino allora ci si trova di fronte ad una
interposizione fittizia di manodopera, e vi è un illecito e in questi casi il lavoratore potrà agire in
giudizio per la costituzione del rapporto di lavoro in capo all’utilizzatore.
Vi è una solidarietà in caso di appalto: dei trattamenti retributivi , del TFR e dei contributi rispondono
in solido il committente e l’appaltatore ed eventuali sub appaltatori ( art. 29 D.Lgs 276/2003); in
questo caso i lavoratori devono agire in giudizio entro due anni dalla fine dell’appalto.
Quando scade il contratto di appalto può subentrare una nuova società appaltatrice, si parla in
questo caso di successione di appalti.
Può accadere che l’appaltatore sia obbligato ad assumere i lavoratori già impegnati nel precedente
appalto, è l’ipotesi della c.d. “clausola sociale” prevista in alcuni contratti collettivi.
In questi casi il legislatore, con l’art. 2112 c.c., ha previsto il cambio di appalto non si realizza una
ipotesi di trasferimento di azienda e quindi l’appaltatore subentrante applicherà ai lavoratori assorbiti
il proprio contratto collettivo e non è responsabile nei loro confronti dei crediti che questi avanzino
dalla precedente impresa appaltatrice.
La legge però precisa che per non aversi ipotesi di trasferimento di azienda, è necessario che la nuova
appaltatrice subentrante abbia una propria identità ed organizzazione societaria, tale da potersi
considerare una identità indipendente rispetto al recedente appaltatore; se invece, la nuova società
appaltatrice ha di diverso solo il nome, ma nei fatti utilizza i medesimi locali, materiali ed attrezzature
della precedente società appaltatrice e anche quasi tutti i lavoratori, allora in sostanza non c’è
discontinuità, in questo caso si applicheranno tutte le norme ex art. 2112 c.c. del trasferimento di
azienda.
Molto importante vedere in merito cosa dicono i contratti collettivi perché potrebbero prevedere
norme di favore per i lavoratori.
4
IL TRASFERIMENTO DELL’AZIENDA EX ART. 2112 C.C.
L’art. 2112 del c.c. detta la disciplina in caso di trasferimento d’azienda, stabilendo che
in caso di qualsiasi mutamento della titolarità dell’azienda, il rapporto di lavoro esistente presso
la società cedente prosegue senza alcuna interruzione in capo alla società cessionaria, senza alcun
mutamento sia retributivo che contributivo, permanendo tutti i diritti già maturati dal lavoratore:
quindi stesso livello, stessa retribuzione, stessa anzianità di servizio maturata, stesse ferie ed altro;
Vi è responsabilità solidale del cedente e del cessionario a garanzia dei crediti vantati dal lavoratore
all’epoca del trasferimento
il cessionario deve applicare i trattamenti retributivi e normativi previsto dal c.c.n.l. del cedente
fino alla sua naturale scadenza;
il trasferimento di azienda NON E’ UN MOTIVO CHE LEGITTIMA IL LICENZIAMENTO DEI
DIPENDENTI.
il lavoratore può anche non accettare il trasferimento e sarà così abilitato a dimettersi per giusta
causa, oppure nei tre mesi successivi al trasferimento potrà presentare le sue dimissioni per giusta
causa quando le condizioni di lavoro subiscono una sostanziale modifica.
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IL TIROCINIO FORMATIVO O DI ORIENTAMENTO
Il tirocinio o stage introdotti con la L. 196/1997 non è un LAVORO SUBORDINATO
È una forma di inserimento temporaneo all’interno di una impresa, permettendo al titocinante una
formazione professionale o un addestramento pratico direttamente sul luogo di lavoro.
La disciplina dei tirocini è demandata a ciascuna Regione. Nell’osservanza delle Linee Guida 2017
I soggetti coinvolti nel tirocinio extra-curriculare sono tre:
Promotori del tirocinio colui che dà impulso al tirocinio, lo progetta e ne controlla lo
svolgimento. L’individuazione di questi soggetti è demandata alla Regione.
I tirocini possono essere promossi da: Servizi per l’impiego , istituti scolastici, università, Istruzione
Tecnica Superiore (ITS), Agenzie regionali per il lavoro, ANPAL, cooperative sociali, ed altri
indicati dalla legge.
Ospitante possono essere imprese private o enti pubblici
Il rapporto di tirocinio si attiva con una convenzione tra promotore ed ente ospitante, vi deve essere
un progetto formativo che deve definire il tipo di tirocinio da svolgere; tale progetto viene firmato dal
tirocinante, promotore e ente ospitante.
TIROCINANTI sono i soggetti che possono fare tirocinio, ovvero: disoccupati, lavoratori a
rischio di disoccupazione, chi ha una forma di cig o tutela del reddito, disabili o svantaggiati, occupati
in cerca di altra occupazione.
Durata del tirocinio formativo
La durata del tirocinio varia in base alla normativa territoriale e alla tipologia dei soggetti coinvolti,
non può essere inferiore ai 2 mesi e non può essere superiore a 12 mesi; per tirocini con soggetti
disabili si arriva fino a 24 mesi.
Compenso
E’ prevista un’indennità non inferiore a 300 euro lordi mensili. Il compenso deve risultare dal
cedolino paga.
Tutor=> il tirocinante è seguito dal Tutor aziendale che lo affianca sul luogo di lavoro per assicurare
lo svolgimento del piano formativo; anche il soggetto promotore deve nominare un Tutor che
collabora alla stesura del progetto formativo e monitora l’andamento del tirocinio fino
all’attestazione finale.
Al termine del tirocinio l’ente ospitante deve effettuare una valutazione dell’attività svolta dal
tirocinante e delle competenze acquisite che serviranno al soggetto promotore per rilasciare
un’attestazione
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7° LEZIONE : LA CESSAZIONE DEL RAPPORTO DI
sopravvenuta.
recesso.
LICENZIAMENTO: Motivazioni
lavoro non puo' avvenire che per giusta causa ai sensi dell'articolo 2119
licenziamento solo verbale è del tutto inefficace, cioè come se non fosse
mai avvenuto.
1
cioè deve trattarsi di un inadempimento degli obblighi relativi alla
2
sindacali é nullo, indipendentemente dalla motivazione adottata=> in
sessuale, etc.
dalla data di concepimento fino ad un anno di vita del bimbo, oppure del
In tutti questi casi, ancora oggi, anche con il Job Act, si ha diritto alla
La legge prevede che vi sia un preavviso sia per il licenziamento che per
dimissioni:
3
Se non viene rispettato il periodo di preavviso si avrà comunque la
L’art. 2119 C.C.==> precisa che sia il datore di lavoro che il lavoratore sono
Modalità Di Comunicazione
ECONOMINCA E CONTRIBUTIVA.
4
dimissioni il lavoratoredeve confermare la sua volontà, egli in questo
l’indennità di disoccupazione.
rapporto.
Il TFR si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e
avuto una durata inferiore all’anno, inoltre si computa come mese intero le
5
Esempio: se il rapporto di lavoro ha avuto una durata di 6 anni, 5 mesi e
spettante sarebbe:
€,74,07x6mesi=€.444,44
rimborso spese.
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ANTICIPAZIONE DEL TFR
non superiore al 70% del TFR cui avrebbe diritto nel caso di cessazione del
La richiesta di anticipo del TFR deve essere giustificata dalla necessità di:
L'anticipazione può essere ottenuta una sola volta nel corso del rapporto di
lavoro e viene detratta, a tutti gli effetti, dal trattamento di fine rapporto.
L’art. 2113 del c.c. dispone, a tutela del lavoratore, che le rinunzie e le
transazioni che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti
7
impugnate, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla data di