Sei sulla pagina 1di 52

1° LEZIONE

NOZIONE DI DIRITTO DEL LAVORO


Il diritto del lavoro è il complesso di norme che disciplinano il rapporto lavoro e che
tutelano oltre che l’interesse economico, anche la libertà, la dignità e la personalità
del lavoratore.
Ciò che rileva nel diritto del lavoro è la relazione giuridica tra il datore di lavoro ed il
lavoratore.
Dal punto di vista giuridico, il datore di lavoro e il lavoratore operano formalmente
sullo stesso piano di parità, ma dal punto di vista economico, il prestatore di lavoro è
in una posizione di inferiorità rispetto al datore di lavoro
 si dice che è la parte debole del rapporto, come tale soggetto al potere del datore
di lavoro..
Le norme del diritto del lavoro hanno, pertanto, la finalità di tutelare il lavoratore,
contemperando gli interessi del capitale con quelli del lavoro.
LE PARTIZIONI DEL DIRITTO DEL LAVORO
Il diritto del lavoro si distingue in:
Diritto del lavoro in senso stretto, che comprende la materia oggetto del contratto
individuale e del rapporto di lavoro;
Diritto sindacale, che comprende la disciplina dei rapporti sindacali e la
contrattazione collettiva;
Legislazione sociale, che comprende le norme che regolano i rapporti tra lo Stato, i
datori e i lavoratori, le norme in materia di previdenza e assistenza sociale.
LE FONTI DEL DIRITTO DEL LAVORO
Le fonti che concorrono a disciplinare il rapporto di lavoro possono distinguersi:
Fonti internazionali o sovranazionali
Fonti legislative
Fonti contrattuali e/o sindacali
1
FONTI SOVRANAZIONALI
DIRITTO INTERNAZIONALE Sono norne di natura pattizia, cioè i trattati,
che sono fonti indirette ed hanno bisogno di essere ratificate con legge dello Stato
Italiani per entrare a far parte del ns. Ordininamento Giuridico ed ad essi deve essere
data esecuzione affinché diventano vincolanti e applicabili; ricordiamo tra le più
importanti norme sovranazionali
 Carta Internazionale del Diritto di Lavoro firmata a Versailles nel 19191; Carta
Sociale Europea firmata a Torimo nel 1961,; Codice europeo di sicurezza Sociale del
1964 – ed ancora le Convenzioni dell’OIL
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA il diritto dell’Unione europea è
costituito dalle disposizioni convenute nei trattati istitutivi dall’Unione europea ed
integrati dalla Giurisprudenza della Corte di Giustizia e dai regolamenti, direttive e
decisioni emanati dagli Organi dell’Unione Europea.

LE FONTI DELL’ORDINAMENTO GIURIDICO ITALIANO


COSTITUZIONE artt. 35, 36, 37, 38, 39 e 40 dedicati esclusivamente ai principi
in materia di diritto del lavoro e legislazione sociale e sindacato.

LEGGE NAZIONALE ovvero il codice civile e molte leggi e decreti leggi e


decreti legislativi; vi è anche una normativa regionale, seppure in minima parte.

CONTRATTAZIONE COLLETTIVA
Cos’è la contrattazione collettiva è il processo di negoziazione tra
l’organizzazione rappresentativa dei datori di lavoro da un lat, e le organizzazioni
rappresentative dei lavoratori dall’altro, al fine di fissare insieme, nel reciproco
interesse, le condizioni economico e normative del rapporto di lavoro.
Ci sono diversi livelli di contrattazione collettiva:
2
PRIMO LIVELLO => Accordo Interconfederale e Contratto Collettivo Nazionale di
Lavoro
SECONDO LIVELLO
=> contratto collettivo territoriale che intercorre tra organizzazioni sindacali dei
datori lavoro e dei lavoratori, ma a livello regionali o provinciale;
=> contratto aziendale e il contratto di prossimità intercorrente tra datore di lavoro
e rappresentanze sindacali aziendali, quindi nell’ambito di una singola impresa.

Il contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) disciplina il rapporto di lavoro di


tutti i lavoratori appartenenti ad un determinato settore merceologico (es:
metalmeccanici, edili, domestici, chimici, ecc.).
E’ formato da due parti:
NORMATIVA E ECONOMICA sono norme che hanno la funzione di determinare
il contenuto dei contratti individuali di lavoro e disciplinano, per esempio: il minimo
di retribuzione, gli scatti di anzianità, la durata della prova, festività, ferie, riposi, ecc.
OBBLIGATORIA E GESTIONALE regola i rapporti tra i rappresentanti dei
lavoratori e quelli dei i datori di lavoro.
IL C.C.N.L. ha una durata triennale, alla scadenza vi sarà un RINNOVO, si apriranno
nuove trattative con apposite rivendicazioni da parte di entrambe le categorie, che
formano oggetto di proposte. Una volta raggiunto l’accordo, chiamato IPOTESI,
questo viene sottoposto a referendum o assemblea nelle aziende per l’approvazione e
dopo sarà definito il nuovo c.c.n.l.
Ogni settore del commercio ha un proprio contratto collettivo: edili, metalmeccanico,
domestico, logistica e trasporti.
Sui contratti di secondo livello, diciamo sommamente che HANNO la funzione di
integrare il CCNL nazionale per rispondere alle esigenze specifiche delle aziende di
un determinato settore o a livello territoriale o a livello di una singola azienda.
3
 Se i c.c.n.l. di secondo livello prevedono condizioni migliorative rispetto al
c.c.n.l. nazionale, tali migliori condizioni si applicano a tutti i lavoratori, sia iscritti
che non iscritti al sindacato;
DOMANDA: e se contengono delle condizioni peggiorative?? In linea d massima
NON DOVREBBERO VALERE per i non iscritti al sindacato, ma la giurisprudenza
ha sancito che valgono anche le condizioni peggiorative, perché se i lavoratori si
avvalgono delle condizioni di miglior favore non è giusto che non devono accettare
anche quelle peggiorative.
In linea con l’interpretazione della giurisprudenza, nel 2011 sono nati i
CONTRATTI DI PROSSIMITA’ che  Hanno la capacità di derogare alla
disciplina del ccnl e della legge, sia in senso peggiorativo che migliorativo ed hanno
efficacia generalizzata a tutti i lavoratori interessati (da quel territorio e/o azienda)
ovvero, si dice, hanno efficacia erga omnes.
Un chiarimento generale fa fatto sulla efficacia dei contratti collettivi:
detti contratti nel nostro ordinamento non hanno valore di legge applicabile a tutti,
ma sono contratti di CARATTERE PRIVATO e come tali dovrebbero avere effetto
solo tra le parti che lo sottoscrivono, OVVERO solo tra le IMPRESE e i
LAVORATORI che aderiscono e sono iscritti ai rispettivi sindacati.
Allora come mai nei fatti le norme di un contratto collettivo nazionale di lavoro si
applicano, a tutti i lavoratori di quel determinato settore, anche se NON SONO
ISCRITTI AL SINDACATO?
Il problema è stato affrontato per anni e superato grazie alla giurisprudenza
 i Giudici hanno così ragionato: siccome l’art. 36 della Cost. riconosce il diritto ad
ogni lavoratore ad una retribuzione sufficiente ad assicurare a lui ed alla propria
famiglia un’esistenza libera e dignitosa, allora la giurisprudenza ha considerato che
nel contratto collettivo, le parti sociali insieme determinano un TRATTAMENTO
RETRIBUTIVO E NORMATIVO CHE GARANTISCE UN MINIMO DI DIRITTI
4
IN FAVORE DEI LAVORATORI ECCO ALLORA che a di sotto del
trattamento minimo previsto dal c.c.n.l. ( C.D. minimo sindacale) non si può andare,
tanto che anche laddove il datore di lavoro e lavoratore si fossero “accordati” per una
retribuzione inferiore a quella sindacale, tale pattuizione NON E’ VALIDA E VIENE
SOSTITUITA DI DIRITTO CON IL MINIMO PREVISTO NEL C.C.N.L.,
ovviamente ciò avverrà solo se il lavoratore si rivolgerà al Giudice per far valere i
suoi diritti.
Ecco perché alla fine, le società preferiscono da subito, nel contratto individuale di
lavoro far riferimento alla disciplina del c.c.n.l. di settore.

5
2° LEZIONE: IL LAVORO SUBORDINATO E IL CONTRATTO INDIVIDUALE DI
LAVORO

Nel nostro codice civile non è presente una nozione di contratto di lavoro subordinato, ma
è presente la definizione del “prestatore di lavoro subordinato” all’art. 2094 c.c. che
dispone:

 E' prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a


collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle
dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore.

Contrapposta alla nozione di lavoratore subordinato vi è quella di lavoratore autonomo, la


cui definizione la troviamo all’art. 2222 del codice civile che definisce il Contratto d'opera
statuendo che  quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo
un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di
subordinazione nei confronti del committente.

ELEMENTO QUALIFICANTE DEL RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO è quindi,


la SUBORDINAZIONE, INTESA QUALE SOGGEZIONE DEL PRESTATORE DI LAVORO
ALLE DIRETTIVE RICEVUTE DAL DATORE DI LAVORO INERENTI ALLO
SVOGLIMENTO DELLA SUA MANSIONE DI LAVORO NELL’AMBITO
DELL’ORGANIZZAZIONE D’IMPRESA.
Quali le Differenze tra lavoratore autonomo e subordinato:
- oggetto della prestazione:
LAV SUB: mette le proprie energie lavorative in favore del datore di lavoro;
LAV AUT: deve un risultato al committente e si organizza la sua attività;

- organizzazione d’impresa:
LAV SUB: non ha una sua organizzazione di impresa che è del datore di lavoro;
LAV AUT: deve organizzarsi con i propri mezzi professionali;
- rischio d’impresa:

1
LAV SUB: non ha rischi d’impresa che sono a carico del datore;
LAV AUT: si assume il rischio della sua impresa;

- forma della retribuzione:


LAV SUB: fissa in ragione del tempo di lavoro svolto;
LAV AUT: commisurata al risultato;

- orario di lavoro:
LAV SUB: ha l’obbligo di osservare un orario di lavoro imposto dal datore;
LAV AUT: non ha alcun obbligo;

- continuità temporale della prestazione:


LAV SUB: il lavora subordinato ha una sua durata nel tempo
LAV AUT: termine il lavoro quando l’opera o il servizio viene consegnato al committente.

LA SUBORDINAZIONE: il tratto che connota il rapporto di lavoro subordinato sta nel


potere direttivo del datore di lavoro che impartisce ordini al lavoratore sulla prestazione di
lavoro da svolgere, nel potere di controllo e sorveglianza da parte del datore sul lavoro
svolto o da svolger, infine nell’attribuzione al datore di lavoro di poteri disciplinari volti a
rendere effettivi i poteri di controllo e direzione.

Come nasce un rapporto di lavoro tra datore e lavoratore?  con l’assunzione del
lavoratore da parte di una impresa e la sottoscrizione di un CONTRATTO
INDIVIDUALE DI LAVORO: infatti i datori di lavoro sono obbligati ad assumere i
lavoratori a retribuirli e a pagare i contributi previdenziali e i premi assicurativi. In
mancanza di assunzione ci troveremo di fronte ad un rapporto di lavoro IN
NEROSENZA POSSIBILIT’ DI RECLAMARE DIRITTI SE NON IN SEDE GIUDIZIARIA.
Il contratto di lavoro individuale deve contenere:
- l’indicazione della società che assume e i connotati del lavoratore;

2
- l’inquadramento professionale con il Livello retributivo attribuiti al lavoratore, ed anche la
descrizione sommaria delle MANSIONI DI LAVORO, ovvero le caratteristiche o la

descrizione dell’attività che il lavoratore svolgerà;


- l’orario di lavoro da osservare, se full time o part-time;
- la retribuzione e tutti gli elementi che la compongono;
- se è concordato il patto di prova;
- se vi è un termine finale al rapporto
- il luogo dove si svolgerà il rapporto di lavoro.
Per ogni altra indicazione di solito si fa riferimento al c.c.n.l. di settore applicabile al
rapporto in questione.
Il nostro codice civile non prevede che l’assunzione debba per forza avvenire per iscritto,
se non per categorie di contratti di lavoro o per clausole particolari; quindi in linea di
massima non è necessaria la forma scritta per essere assunti, in effetti anche verbalmente
può instaurarsi un rapporto di lavoro.
Solo che nel tempo si sono aggiunte norme particolari a tutela del lavoratore, soprattutto ai
fini del contrasto del lavoro nero, nonché la consegna dell’informativa obbligatoria sulla
privacy, che di fatto impongono al datore di far sottoscrivere al lavoratore la lettera di
assunzione e di dargliene anche una copia.
L’accesso minimo per accedere al lavoro è di 16 anni, quindi un ragazzo di tale età
può sottoscrivere da solo il contratto.

Una posizione intermedia tra lavoro autonomo e lavoro subordinato è il c.d.


LAVORO PARASUBORDINATO
Il lavoro parasubordinato è una forma d'impiego atipica, è un rapporto instaurato tra due
soggetti: collaboratore e committente.
Il collaboratore è semplicemente la persona che s'impegna a realizzare un'opera oppure
fornire un servizio, prevalentemente di carattere personale, in cambio di un corrispettivo; il
committente, invece, è colui per il quale viene eseguita quell'attività, quindi una realtà
aziendale che richiede quella prestazione.

3
La particolarità del rapporto parasubordinato è data dal fatto che esso si pone a
metà strada tra lavoro autonomo e lavoro subordinato vero e proprio, in quanto

presenta caratteristiche tipiche sia dell'uno che dell'altro.


Il collaboratore parasubordinato, infatti, da un lato ha la possibilità di eseguire l'attività in
piena autonomia e senza vincoli di subordinazione (quindi senza dover sottostare del tutto
al potere direttivo del datore di lavoro), dall'altro, però, è comunque obbligato a
"coordinarsi" con l'attività del committente, cioè ad adeguarsi all'organizzazione aziendale
e rispettarne finalità e necessità, il committente può, di conseguenza, anche fornirgli delle
direttive per questo, ma deve comunque sempre rispettare i limiti dell'autonomia
professionale del collaboratore.
Un tipo di lavoro parasubordinato è la c.d. “ Co.Co.Co.”, acronimo di COLLABORAZIONE
COORDINATA E CONTINUATIVA ; o ancora gli Agenti o Rappresentanti del commercio.

DISTINZIONE DEI LAVORATORI IN BASE ALLE ATTIVITA’ SVOLTE.

L’ART. 2095 C.C. indica le CATEGORIE DEI LAVORATORI

 I PRESTATORI DI LAVORO SI DISTINGUONO IN DIRIGENTI, QUADRI, IMPIEGATI


E OPERAI=> queste sono le categorie legali

 I C.C.N.L. nel tempo hanno aggiunto la figura dei FUNZIONARI e degli INTERMEDI.

4
Vi è una differenza tra: “QUALIFICA” e “MANSIONE
QUALIFICA: è concetto giuridico è la “forma” di cui l’ordinamento giuridico si serve per

“inquadrare” il lavoratore.
MANSIONE individua concretamente l’attività che il singolo lavoratore svolge in una
determinata realtà lavorativa.
Le categorie legali, sebbene tutt’oggi esistenti sono usate meno frequentemente in quanto
sostituite a livello sindacale, infatti con i contratti collettivi è stato creato il c.d.
INQUADRAMENTO UNICO

 Le singole mansioni vengono predeterminate in base ad una serie di LIVELLI


identificati con numeri o lettere (dal minore al maggiore) all’interno dei quali vengono
raggruppate una serie di mansioni. Le mansioni vengono inserite nello “stesso livello”
perché, anche se sono differenti tra loro, hanno degli elementi di base comune: per
esempio sono tutte mansioni semplici per le quali non necessità un titolo di studio
particolare; oppure sono raggruppate in un altro livello le mansioni che richiedono un
grado di preparazione ed esperienza superiore per svolgerle con un certo grado
responsabilità.
I lavoratori raggruppati in un dato “livello” al di là della mansione svolta, avranno una
uguale retribuzione.

ART. 2113 C.C.==> DISCIPLINA ALL’ASSEGNAZIONE DELLE MANSIONI AL


LAVORATORE NEL RAPPORTO DI LAVORO. LO IUS VARIANDI
Il lavoratore ha il diritto, al momento della firma del suo contratto individuale, di conoscere
la mansione per la quale è stato assunto.
La disciplina generale dell’art. 2103 c.c. prevede che il lavoratore deve essere adibito alle
mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti all’inquadramento superiore

5
che abbia successivamente acquisito o a mansioni riconducibili allo stesso livello e
categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte.

IUS VARIANDI  il datore di lavoro può, entro certi limiti, modificare le iniziali mansioni
attribuite al proprio dipendente. Il D.Lgs. n.81/2015 ha modificato il vecchio art. 2113 c.c.
attribuendo al datore di lavoro la facoltà di modificare unilateralmente le mansioni a
condizione che le nuove siano riconducibili allo stesso livello di inquadramento e categoria
legale di assunzione (esempio un lavoratore assunto con livello 3 –operaio-mansioni
cuoco, viene lasciato sempre nel livello 3 –operaio, ma mansione cameriere).

Il daore può anche variare le mansioni del lavoratore in peggio, assegnandolo a


compiti inferiori (esempio: da capo cuoco a aiuto cuoco). L’assegnazione di
mansioni inferiori è previsto sempre dall’art. 2013 c.c. che precede che il datore di
lavoro di assegnare il lavoratore, anche senza il suo consenso, a mansioni appartenenti
ad un livello di inquadramento inferiore rispetto a quello per il quale fu assunto, purché
rientranti nella medesima categoria legale di assunzione (se era impiegato deve rimane
impiegato).
Tale demansionamento potrà (se necessario) essere accompagnato da una adeguata
formazione del lavoratore alla nuova mansione. Si tenga presente che il lavoratore,
sebbene adibito a mansioni riconducibili ad un livello d’inquadramento inferiore, ha
comunque diritto alla conservazione del livello d’inquadramento originario ed al
trattamento retributivo goduto, salvo per alcuni elementi retributivi tipici della mansione
precedente (esempio: l’indennità di cassa spetta solo ai cassiere, se il lavoratore viene
adibito a far il banconista di macelleria, non avrà più l’indennità di cassa).

La modifica in peggio delle mansioni di lavoro però non può avvenire liberamente, da parte
del datore di lavoro, ma solo nei seguenti due casi:
- modifica degli assetti organizzativi aziendali che incidono sulla posizione del
lavoratore;

6
- ipotesi previste dalla contrattazione collettiva.

Vi possono poi essere degli “accordi individuali tra datore di lavoro e lavoratore” volti
alla modifica in peggio, con il consenso del lavoratore, delle mansioni, della categoria
legale, del livello di inquadramento e della retribuzione, ma solo per queste motivazioni:
– per conservare il posto di lavoro e non essere licenziati;
– per acquisire una diversa professionalità;
– per il miglioramento delle condizioni di vita del lavoratore.
La stipula di tali accordi dovrà essere fatta in sede protetta ovvero in sede sindacale
o comunque dinanzi alle commissioni di certificazione dell’ispettorato del lavoro. Il
lavoratore potrà farsi assistere da un rappresentante sindacale cui aderisce o
conferisce mandato, da un avvocato o da un consulente del lavoro.

CASO DI ASSEGNAZIONE A MANSIONI SUPERIORI


nel caso in cui il lavoratore venga adibito a mansioni superiori ha diritto al trattamento
corrispondente all’attività svolta e se l’assegnazione non ha avuto luogo per sostituire un
lavoratore assente dal servizio, diviene definitiva dopo il periodo fissato dagli accordi
collettivi o, in mancanza, dopo sei mesi continuativi, sempre qualora vi sia il consenso del
lavoratore.

Art. 2113 cc ultimo commaTRASFERIMENTO DEL LAVORATORE


Il lavoratore al momento dell’assunzione viene assegnato ad una sede aziendale  non
può essere trasferito da un’unità produttiva ad un’altra se non per comprovate ragioni
tecniche, organizzative e produttive.

ART. 2096 C.C. PATTO DI PROVA


il patto di prova deve risultare per iscritto nel contratto individuale ed è l'accordo con il
quale lavoratore e il datore di lavoro stabiliscono volontariamente che la definitiva

7
instaurazione del rapporto di lavoro sia condizionata al preventivo esperimento di un
periodo di prova;

Il patto di prova ha lo scopo di permettere sia al lavoratore sia al datore di lavoro di


valutare la convenienza del rapporto di lavoro.
Il lavoratore avrà l’opportunità di valutare le condizioni lavorative offerte, mentre il datore
potrà verificare le effettive competenze e l’attitudine del lavoratore ad integrarsi nel
contesto produttivo aziendale.
Il contratto di lavoro ha pieno valore e sin dall’inizio del rapporto il lavoratore gode di tutti i
diritti,  l’unica particolarità è che in tale periodo le parti possono recedere liberamente
dal contratto senza obbligo di preavviso e senza obbligo di motivazione.
Al termine della prova, in mancanza di recesso di una delle parti, il rapporto di lavoro si
considera a tempo indeterminato sin dall’assunzione.
Il periodo di prova non può in nessun caso superare 6 mesi per tutti i lavoratori.
I contratti collettivi solitamente fissano la durata del periodo di prova rapportandone la
durata al livello di inquadramento.

8
3° LEZIONE : OBBLIGHI E DIRITTI DEL LAVORATORE E DEL DATORE

POSIZIONE DEL LAVORATORE

Gli obblighi essere classificati in cinque distinti gruppi:

- prestare la propria attività lavorativa: il lavoratore è tenuto ad adempiere


unicamente a quanto sia previsto nel suo contratto individuale; l’attività lavorativa
può essere svolta unicamente dalla persona intestataria del contratto, non è possibile
delegare altre persone affinché adempiano ai propri compiti.

- obbligo di diligenza art. 2104 c.c.  La prestazione lavorativa deve essere


adempiuta con la necessaria attenzione e precisione. Maggiori saranno le
responsabilità dell’attività richiesta dall’impresa e maggiore sarà il peso della
diligenza.
Tale articolo contiene un obbligo di obbedienza: consiste nel dover compiere quanto
dispone il datore di lavoro o chi ne fa le veci. È importante osservare le direttive date
ed esplicarle nel modo migliore possibile;

- obbligo di fedeltà art. 2015 c.c.  Consiste nel dover tenere un comportamento
leale verso il datore di lavoro e di tutelare gli interessi di quest’ultimo e si collega ai
generali principi di correttezza e buona fede: il lavoratore ha l’obbligo di non fare
concorrenza al datore di lavoro, ossia di astenersi di trattare affari per conto proprio
o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore. Ha altresì un obbligo di riservatezza,
ossia di non rivelare i segreti dell’organizzazione o attività che il datore pone in
essere. Tali obblighi vigono finchè dura il contratto di lavoro e si estinguono con la
cessazione dello stesso.

Diverso dall’art. 2015 c.c. è l’art. 2125 c.c. che prevede il “patto di non
concorrenza” che viene stipulato per iscritto tra datore di lavoro e lavoratore e
consiste in un impegno formale assunto dal lavoratore che, anche dopo la cessazione
del rapporto di lavoro e per un certo periodo di tempo prestabilito, non dovrà svolgere
1
attività in concorrenza con l’imprenditore. Tale patto è valido se è redatto in forma
scritta, c’è una precisa descrizione dell’attività in concorrenza da non svolgere o
divulgare, c’è indicazione precisa del tempo in cui vige tale divieto ( per i funzionari
massimo 5 anni, per gli altri lavoratore massimo 3 anni) e DEVE ESSERE
VERSATO UN CORRISPETTIVO AL LAVORATORE.

- obblighi di sicurezza (art. 20 e 21 del D.Lgs. 81/2008) ogni lavoratore deve


prendersi cura della propria salute e sicurezza ed evitare che le sue azioni siano
pericolose anche per gli altri lavoratori; deve avere un a informazione e formazione
adeguata ed osservare le istruzioni ricevute dal datore ed usare i dispositivi di
sicurezza che gli sono stati forniti dal datore di lavoro.

Art. 2016 c.c. SANZIONE DISCIPLINARI 

l’inosservanza delle norme recanti gli obblighi del lavoratore può dar luogo
all’applicazione delle sanzioni disciplinari come stabilite dallo Statuto dei lavoratori
(legge n. 300/1970) oppure dai contratti collettivi.

I DIRITTI DEL LAVORATORE:

retribuzione: l’art. 36 della Costituzione stabilisce che deve essere proporzionale alla
quantità e qualità del lavoro e sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia
un'esistenza libera e dignitosa; di solito è il c.c.n.l. di settore che determina la
retribuzione minima per ogni lavello; ma con un accordo il lavoratore può percepire
anche di più, DI MENO NO!

orario di lavoro: la durata dell'orario normale di lavoro è fissata per legge in un


massimo di 40 ore settimanali (tuttavia i CCNL possono prevedere una durata
inferiore, ad esempio 38 o 39ore).

2
riposo settimanale: il lavoratore ha diritto, ogni sette giorni, ad un periodo di riposo
di almeno 24 ore consecutive (in pratica dopo 6 giorni di lavoro vi è normalmente un
giorno di riposo), di regola coincidente con la domenica,

riposo giornaliero, ferie e festività: sono stabilite dalla legge e dai CCNL.

congedo matrimoniale: tutti i lavoratori dipendenti hanno diritto, in occasione di


matrimonio ad un congedo retribuito, la cui durata generalmente è stabilita in 15
giorni.

maternità/paternità: il Testo unico per la tutela ed il sostegno della maternità e


paternità (D.Lgs. n. 151/2001) prevede varie forme di tutela in materia che vanno dal
divieto, in via generale, di licenziamento della lavoratrice madre dall'inizio della
gestazione fino al compimento di un anno del bambino; alla garanzia di un periodo di
astensione obbligatoria dal lavoro, di uno facoltativo a discrezione della lavoratrice,
di una serie di permessi retribuiti e/o non retribuiti per l'assistenza e la cura del
bambino;

molti di questi diritti sono riconosciuti al padre in alternativa alla madre.

diritto allo studio: se un lavoratore segue corsi scolastici ha diritto ad effettuare turni
e orari di lavoro particolari che si conciliano con i corsi da frequentare e godere di
permessi per frequentare tali corsi;

malattie e infortuni sul lavoro/malattie professionali: in caso di malattia o infortunio


sul lavoro/malattie professionali viene garantita la conservazione del posto di lavoro
per il tempo stabilito dai CCNL (cosiddetto periodo di comporto). Nel caso di
malattia il lavoratore ha diritto a ricevere la retribuzione.

sicurezza sul lavoro: il datore di lavoro deve attuare le misure necessarie a tutelare la
salute e l'integrità fisica del lavoratore, nel rispetto di quanto previsto dal Testo Unico
sulla Sicurezza sul Lavoro (D.Lgs. n. 81/2008, integrato e corretto dal D.Lgs. n.
106/2009).

3
attività sindacale: il lavoratore ha diritto di aderire ad associazioni sindacali, di
manifestare il proprio pensiero e di svolgere attività sindacale;

sciopero: art. 40 Cost. è un diritto, la retribuzione viene sospesa durante il periodo di


sciopero;

parità uomo – donna: alla donna lavoratrice spettano gli stessi diritti che spettano al
lavoratore uomo (su questo esiste un apposito codice delle pari opportunità tra uomo
e donna, contenuto nel D.Lgs. del 11 aprile 2006, n. 198).

L'attuale livello di garanzia dei lavoratori è frutto di un percorso che ha visto una
graduale conquista di diritti. A tale percorso hanno contribuito i sindacati svolgono
tuttora un ruolo fondamentale nel promuovere e tutelare gli interessi dei lavoratori,
compito che realizzano attraverso la stipula dei contratti collettivi e con servizi di
assistenza individuale ai lavoratori.

Nella legislazione è possibile trovare conferma al percorso di affermazione dei diritti


che ha trovato il suo culmine nella più bella legge per i lavoratori: la legge n. 300/70,
nota come Statuto dei lavoratori, costituisce un punto di riferimento essenziale in
quanto definisce il quadro generale delle tutele.

4
DIRITTI E I DOVERI DEL DATORE DI LAVORO

I poteri del datore di lavoro

potere direttivo=> permette all’imprenditore di dare ordini al lavoratore su come una


attività deve essere svolta per soddisfare le esigenze aziendali;

potere di vigilanza e controllo, è strettamente collegato a quello direttivo, ed è


diretto a verificare se l’esecuzione del lavoro viene effettuata secondo le modalità
stabilite dal datore di lavoro. A tale potere lo STATUTO DEI LAVORATOI, ha
posto dei limiti per garantire la libertà e dignità del lavoratore.

Il datore di lavoro ha un potere di controllo soprattutto per tutelare il patrimonio


aziendale, ha il potere di accertare se le condizioni fisiche e di salute del lavoratore
siano idonee per lo svolgimento dell’attività lavorativa per la quale è stato assunto.

poteri disciplinare, che serve a sanzionare il lavoratore inadempiente ossia che viene
meno ai suoi doveri contrattuali. Tale potere disciplinare è sottoposto alle forme di
esercizio e di controllo indicate dallo STATUTO DEI LAVORATORI e
precisamente art. 7 Legge n. 300/1970.

Il datore di lavoro deve prima di tutto contestare per iscritto con lettera al lavoratore
la presunta inadempienza e dargli un termine (minimo 5 giorni) per dare le sue
giustificazioni. Il lavoratore ha diritto di chiedere di essere sentito con
l’accompagnamento di un sindacalista.

Dopo le giustificazioni, il datore di lavoro può accettare quando detto dal lavoratore
ed archiviare la contestazione. Oppure può ritenere quel comportamento non
giustificabile e quindi, può comminare una sanzione.

5
Il datore di lavoro deve pubblicare il c.d. codice disciplinare, il quale serve a far
conoscere a tutti i lavoratori le norme disciplinari e le relative sanzioni, infrazioni e
procedure di contestazioni connesse.

Il codice disciplinare di solito coincide con le norme previste dal singolo c.c.n.l. di
settore, ma ogni azienda può munirsi di un proprio codice disciplinare.

Le sanzioni previste, in ordine di gravità, sono:

rimprovero verbale;

rimprovero scritto;

la multa;

sospensione dal lavoro.

Queste sono definite “sanzioni conservative” perché il lavoratore non perde il posto
di lavoro. La sanzione più grave è senz’altro il LICENZIAMENTO DISCIPLINARE
legato ad una grave condotta colposa o dolosa del lavoratore.

La sanzione deve essere sempre adeguata e proporzionale all’inadempimento.

Vi è una rilevanza della recidiva cioè un’infrazione commessa più volte e


sanzionata: e lo statuto dei lavoratori stabilisce che non si può tenere conto delle
sanzioni disciplinare decorsi 2 anni dalla loro applicazione.

Le sanzioni disciplinari possono essere impugnate dal lavoratore: con un’azione


giudiziaria innanzi al Tribunale del Lavoro o in sede di Ispettorato del Lavoro o in
una Commissione Arbitrale prevista dal contratto collettivo.

2. I limiti del potere di controllo del datore di lavoro

L’esercizio di tali poteri da parte del datore non è tuttavia assoluto in quanto egli
deve rispettare, in ogni caso, alcuni principi riconosciuti dalla Costituzione, di
uguaglianza, e protezione del lavoratore e di esercizio dei diritti sindacali, nonché i

6
diritti fondamentali della dignità e della tutela della vita privata. I limiti che incontra
il datore di lavoro sono individuati all’interno dello Statuto dei Lavoratori.

Si pensi alle guardie giurate che possono essere impiegate dall’imprenditore soltanto
per la tutela del patrimonio aziendale; le visite sulla persona del lavoratore
dipendente sono ammesse soltanto quando siano indispensabili ai fini della tutela del
patrimonio dell’azienda, in tutti gli altri casi le visite di controllo sui lavoratori sono
vietate.

Lo Statuto dei Lavoratori vieta espressamente al datore di lavoro di indagare circa le


opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore. Questo divieto è stato previsto
soprattutto con lo scopo di prevenire illecite discriminazioni, il cui verificarsi è
sanzionato anche penalmente.

Sempre nel campo della salute del lavoratore, il datore di lavoro non può, in nessun
caso, compiere direttamente gli accertamenti sull’assenza del lavoratore per malattia
o infortunio. In questi casi, infatti, dovrà ricorrere al controllo imparziale di medici
del SSN.

DOVERI DEL DATORE DI LAVORO

OBBLIGO DI CORRISPONDERE LA RETRIBUZIONE nei modi e termini


previsti dal contratto, di pagare tutte le voci retributive previste e anche di pagare il
TFR.

Obbligo di tutelare le condizioni di sicurezza sul lavoro per prevenire infortuni e


danni ai lavoratori;

Il datore di lavoro è tenuto a garantire un sistema diretto a prevenire gli infortuni sul
lavoro e le malattie professionali, in virtù dei principi costituzionali, in materia di
sicurezza sul posto di lavoro.

L’imprenditore deve adottare le misure che appaiono necessarie a tutelare l’integrità


fisica nonché la personalità morale del lavoratore, secondo la particolarità del lavoro,

7
l’esperienza e la tecnica necessarie. Ciò significa che il datore di lavoro dovrà
valutare i potenziali rischi in un ambiente di lavoro. La scrupolosa osservanza delle
norme antinfortunistiche, tuttavia, non basta.

Il datore di lavoro è tenuto ad adottare ogni misura necessaria per prevenire non
soltanto gli infortuni e le malattie sul lavoro, ma anche i rischi da stress lavoro-
correlato, o ancora le ipotesi di mobbing.

Sussiste responsabilità contrattuale per il datore di lavoro che non abbia rispettato a
pieno gli obblighi di sicurezza. In questa ipotesi, il lavoratore dovrà però provare in
sede giudiziaria la colpa del datore e il danno che ha subìto.

(Art. 2087 c.c. - Legge n. 300/1970 (Stat.Lavoratori) -D.lgs. 9 aprile 2008 n. 81)

8
4° LEZIONE RETRIBUZIONE ED ISTITUTI CONNESSI
Obbligazione principale posta in capo al datore di lavoro è il pagamento della
retribuzione come sancito dall’art. 2099 del c.c.
L’Art. 36 Costituzione dispone che: LA RETRIBUZIONE DEVE ESSERE
PROPORZIONALE ALLA QUALITA’ E QUANTITA’ DEL LAVORO SVOLTO
ED ESSERE SUFFICIENTE PER IL SOSTENTAMENTO DEL LAVORATORE E
DELLA FAMIGLLIA come parametro per ritenere una retribuzione sufficiente si
adottano i minimi salariali stabiliti da contrattazione collettiva.
Infatti in ogni contratto collettivo è prevista la retribuzione spettante ad ogni
lavoratore per il Livello contrattuale di appartenenza.

Esistono diversi tipi di retribuzione:


Retribuzione a tempo è la maniera classica di pagamento, la paga è commisurata
alla durata della prestazione, ed è regolata dalla o contrattazione collettiva e/o
dall’accordo delle parti soprattutto quando vi è una deroga migliorativa.
Retribuzione a cottimo viene commisurata non solo al tempo impiegato ma anche
al risultato, alla produttività ovvero, al rendimento del lavoratore => quando si viene
pagati, per esempio, a numero di imballli effettuati in un determinato arco di tempo;
Partecipazione agli utili e al capitale è connessa in tutto o in parte al risultato
dell’impresa, quindi variabile e condizionata dall’andamento degli utili stessi.
In natura si tratta di una forma molto residuale che trova applicazione in alcuni
settori: esempio il lavoro domestico o la pesca i il lavoro in agricoltura.
Provvigione consiste in una percentuale sugli affari conclusi dal prestatore di
lavoro in nome e per conto del datore di lavoro: esempio rappresentanti, assicuratori.

Il lavoratore per controllare la retribuzione ricevuta riceve in consegna il


PROSPETTO PAGA O BUSTA PAGA alla cui consegna il datore di lavoro E’

1
OBBLIGATO ed indica gli elementi della retribuzione: la paga base, la contingenza,
scatti di azianità, lo straordinario, le ferie e festività godute o da godere, ecc.

ORARIO DI LAVORO
L’attuale disciplina è contenuta nel D.Lgs n. 66/2003
È applicabile a tutti i lavoratori e in tutti i settori pubblici e privati ad eccezione della
“gente di mare”, del personale di volo nell’aviazione civile, del personale della
scuola, forze di polizia, forze armate.
Comunque ogni c.c.n.l. di settore ha una regolamentazione ad hoc dell’orario di
lavoro.
Cosa di intende per ORARIO DI LAVORO: “è qualsiasi periodo in cui il lavoratore
sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o
delle sue funzioni” .
La legge prevede un orario normale di lavoro in 40 ore settimanali e non prevede
nulla riguardo al limite giornaliero, i contratti collettivi possono anche stabilire un
limite inferiore.
Il limite massimo settimanale è di 48 ore comprensive delle ore di straordinario è
un limite che non deve essere osservato rigidamente in ciascuna settimana, ma in
modo flessibile, cioè con una media in un periodo di massimo 4 mesi.
Però il limite massimo giornaliero ridi lavoro è ricavabile a contrario dall’art 7 d.lgs
66/2003 che impone un riposo giornaliero non inferiore a 11 ore consecutive =>
ne consegue che il limite massione di ore che si possono lavorare in un giorno è di 13
ore ma ciò non avviene quasi mai, i contratti collettivi pongono limiti assai ristretti
per tutelare la salute del lavoratore.

RIPOSO OBBLIGATORIO SETTIMANALE: ogni 7 giorni, diritto a un


periodo di riposo di almeno 24 ore che di regola cade la domenica; QUESTO
2
DIRITTO è SANCITO DALLA Costituzione art. 36 comma 3 e dall’art. 2109 del c.c.
.
PAUSE GIORNALIERE quando l’orario di lavoro eccede le sei ore giornaliere i
lavoratori hanno diritto a fare delle pause per ritemprarsi; la durata è determinata di
solito dalla contrattazione collettiva, ma in mancanza la legge parla di 10 minuti, da
collocarsi anche tenendo conto del ciclo ed esigenze aziendali;
particolari lavoratori es. “videoterminali”, cioè coloro che stanno innanzi al computer
in modo sistematico ed abituale per oltre 20 ore a settimana, hanno diritto ogni 4 ore
consecutive ad un pausa di almeno 15 minuti; diverse tempistiche sono indicate nei
contratti collettivi.
La pausa è considerata orario di lavoro ed è retribuita.

LAVORO STRAORDINARIO  Lavoro prestato oltre l’orario normale di


lavoro (40 ore settimanali ovvero il minore orario settimanale stabilito dai
contratti collettivi).
Il Lavoro straordinario è disciplinato dal contratto collettivo.
La legge dispone in generale che :
- il lavoro straordinario deve essere compensato con maggiori retribuzioe,
oppure si può in alternativa o in aggiunta si possono effettuare riposi
compensativi;
- il lavoratore ha diritto a minimo 11 ore di riposo giornaliero, quindi il datore di
lavoro non può pretendere oltre 13 ore al dì di lavoro compreso lo
straordinario;
- il ricorso al lavoro straordinario deve essere contenuto in un limite massimo
per legge di 250 ore annuali  è fatta salva una diversa pattuizione tra datore
di lavoro e lavoratore o se si presenta un caso di forza maggiore o eventi
particolari non prevedibili.

3
Il lavoratore deve essere autorizzato dal datore di lavoro a svolge lavoro
straordinario, in mancanza di autorizzazione il datore di lavoro può legittimamente
rifiutare di corrispondere il trattamento economico previsto.
Oni CCNL di riferimento prevede la maggiorazioni in percentuale spettante in caso
di straordinario.
IL LAVORATORE CHE SVOLGE STRAORDINARIO HA FACOLTA’ DI
CHIEDERE, in luogo del pagamento del pagamento delle ore in più lavorate, dei
riposi compensativi, oppure un accantonamento delle ore di lavoro straordinario al
fine di fruire di riposi compensativi in un secondo momento concordato il periodo
con il datore di lavoro.
LAVORO NOTTURNO
L’art. 2108 c.c. prevede altresì una maggiorazione retributiva nel caso di prestazione
lavorativa notturna: i limiti entro i quali è consentito il lavoro notturno sono previsti
dalla legge e dai singoli contratti collettivi: per esempio la legge pone limiti al lavoro
notturno di donne e bambini.;
Periodo notturno  è considerato tale quello incluso in almeno 7 ore consecutive
nella fascia oraria tra la mezzanotte e le 5 del mattino successivo; comunque nei
c.c.n.l. tale fascia è diversamente distribuita  dalle 22,00 alle 5,00; dalle 23,00 alle
6,00 o dalle 24,00 alle 7,00. Anche in questo caso è il C.C.N.L. di settore che
disciplina la maggiorazione per il lavoro notturno e le modalità di svolgimento.
Lavoratore notturno = è colui che svolge la propria attività durante il periodo
notturno per almeno tre ore al giorno in modo abituale e continuativo (lavoratore
notturno orizzontale); oppure almeno tre ore per almeno 80 giorni lavorativi nell’arco
di un anno (lavoratore notturno verticale).
I lavoratori notturni hanno controlli periodici sullo stato di salute in quanto tale
lavoro è considerato usurante e se il lavoratore non più idoneo fisicamente, sarà
spostato a mansioni giornaliere mattutine o pomeridiane.

4
FERIE: periodo di riposo finalizzato al recupero delle energie psico-fisiche, alla vita
di relazione, familiare e sociale; è disciplinato dall’ Art. 2109 c.c. dove si dispone che
il lavoratore ha diritto ad un periodo di ferie retribuite e possibilmente continuativo;
tale diritto è concretamente previsto nei c.c.n.l.;
l’Art. 36 Costituzione dove è considerato un diritto irrinunciabile.
Il D. LGS n. 66/2003 dispone che se i c.c.n.l. nulla dispongono, il periodo di ferie
matura per il lavoratore ogni 12 mesi di effettivo lavoro per almeno 4 settimane; se il
periodo di lavoro è minore i giorni di ferie sono proporzionalmente ridotti.
Le ferie devono essere usufruite nell’anno di maturazione per almeno 2 settimane in
modo consecutivo su richiesta del lavoratore, le restanti 2 settimane devono essere
godute dal lavoratore nei 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione.
Le 4 settimane di ferie devono essere per forza godute dal lavoratore e non può
rinunciarvi né può chiedere che siano monetizzate le ferie non godute.
I c.c.n.l. possono prevedere un termine più lungo di 4 settimane di ferie
Il momento di godimento delle ferie è stabilito dal datore di lavoro che deve però
tenere presente anche le esigenze non solo dell’impresa ma anche del lavoratore.
La determinazione del periodo di chiusura aziendale per ferie è rimessa al datore di
lavoro. Se il lavoratore è in ferie ma sopravviene una sua malattia grave, le ferie si
sospendono e il lavoratore entra in malattia. Occorre ovviamente dare avviso
all’impresa.

FESTIVITA’: giornate che si aggiungono ai riposi, riconosciute dall’ordinamento


giuridico come festive, per le quali viene garantita l’astensione dalla prestazione
lavorativa=> sono prefissate per legge ( 1/1, 25 e 26/12, 1/5 2574 … tutti i rossi in
calendario + il Santo Patrono della città)

PERMESSI E CONGEDI RETRIBUITI

5
I lavoratori sono legittimati ad assentarsi dal lavoro usufruendo di permessi o congedi
disciplinati dalla legge o anche dalla contrattazione collettiva.
Permessi e congedi retribuiti: donare il sangue; lavoratori-studenti hanno diritto a
permessi giornalieri per sostenere gli esami; ore di permesso per aggiornamento
professionale; le lavoratrici gestanti; i rappresentanti sindacali; i lavoratori che sono
chiamati come scrutatori o presidenti segretari di seggio; diritto di 15 giorni per
matrimonio.
Permessi e congedi non retribuiti si possono chiedere per motivi di salute
propri o dei familiari stretti congiunti. In questo caso si ha diritto alla conservazione
del posto di lavoro ma non alla retribuzione. I c.c.n.l. definiscono meglio questi
periodi.

CONGEDI PER LA FORMAZIONE


Lo Statuto dei Lavoratori all’art. 10 prevede che i lavoratori dipendenti, sia privati
che pubblici, possano usufruire di permessi o di particolari agevolazioni per la
realizzazione del diritto allo studio, allo scopo di elevare la propria cultura e di
sviluppare le proprie capacità professionali; per le modalità di esecuzione, però, il
lavoratore deve fare riferimento al proprio contratto nazionale del lavoro, nel quale
sono indicate le ore di permesso che si possono richiedere durante l’anno e le
istruzioni per la richiesta.
Nel settore privato si fa riferimento all’art. 5 della L. n, 53/2000 Congedi per la
formazione  i dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati, che abbiano almeno
cinque anni di anzianità di servizio presso la stessa azienda, possono richiedere una
sospensione del rapporto di lavoro per congedi per la formazione per un periodo non
superiore ad undici mesi, continuativo o frazionato, nell'arco dell'intera vita
lavorativa.
Per "congedo per la formazione" si intende quello finalizzato al completamento della
scuola dell'obbligo, al conseguimento del titolo di studio di secondo grado, del
6
diploma universitario o di laurea, o a corsi di formazione legalizzati che rilasciano un
titolo valido. Durante il periodo di congedo per la formazione il dipendente conserva
il posto di lavoro e non ha diritto alla retribuzione.
Il datore di lavoro può non accogliere la richiesta di congedo per la formazione
ovvero può differirne l'accoglimento nel caso di comprovate esigenze organizzative.
Permessi giornalieri i lavoratori studenti hanno diritto inoltre a permessi di studio
giornalieri al fine di sostenere gli esami.

SOSPENSIONE DAL LAVORO per malattia o infortunio sul lavoro.


Una rilevante ipotesi di sospensione del rapporto di lavoro si ha in caso di malattia
del lavoratore tutelato anche dall’art. 38 della Costituzione.
Il lavoratore ha diritto a percepire la retribuzione nel periodo di malattia chiamata
indennità giornaliera di malattia, è pagata dall’Inps in parte e in parte dal datore di
lavoro. Il lavoratore deve certificare la sua assenza dal lavoro inviando entro due
giorni dal sorgere della malattia un certificato medico: oggi è molto più controllata la
situazione perché il medico curante emana un certificato telematico immediato
all’INPS e poi consegna una copia al lavoratore che la dovrà a sua volta consegnare
segna al datore di lavoro.
Il lavoratore è tenuto durante l’assenza di malattia ad osservare delle fasce di
reperibilità: nel senso che deve restare a casa per permettere al datore di lavoro o
all’INPS di verificare il reale stata di malattia: dalle 10,00 alle 12,00 e dalle 17,00
alle 19,00. Compreso sabato e domenica e festivi.
Il lavoratore ha diritto a conservare il suo posto di lavoro anche per assenze molto
lunghe: di solito questo periodo massimo è indicato dal c.c.n.l.==> di chiama
“periodo di comporto”, superato il quale il datore può licenziare il lavoratore.

Nel caso di infortunio sul lavoro o contrazione di una malattia professionale,


interviene una disciplina speciale e la presenza dell’INAIL.

7
5° LEZIONE : CONTRATTO A TEMPO INDETERMINATO E TIPOLOGIE
DIVERSE DI CONTRATTI INDIVIDUALI DI LAVORO

Il modello standard di lavoro subordinato è rappresentato dal contratto di


lavoro a tempo indeterminato=> un rapporto stabile nel tempo finché una delle due
parti non recede.
Vi sono varie figure di rapporti contrattuali che hanno una durata limitata nel tempo.
Nel 2015 con il Job Act è nato il contratto di lavoro a tempo indeterminato a
tutele crescenti per tutti i lavoratori che sono assunti dal 7.3.2015 con la
qualifica di operai, impiegati e quadri, esclusi quindi i dirigenti.
Si chiama così non perché garantisce forme diverse e limitate di tutela dei diritti del
lavoratore, anzi tutti i diritti e doveri del lavoratore sono uguali, ma con il termine
“tutele crescente” si fa riferimento esclusivamente al regime di tutela che spetta al
lavoratore nel caso di licenziamenti illegittimi.
Per questi lavoratori è stata introdotta una nuova disciplina in tema di licenziamenti
che prevede, nel caso di licenziamento illegittimo solamente dalla un risarcimento
di natura sola risarcitoria, commisurata all’anzianità di servizio oltre che di altri
criteri indicati dalla legge NON E’ PIU’ PREVISTA LA REINTEGRA NEL
POSTO DI LAVORO, se non nel caso di licenziamento NULLO perché
discriminante o fatto contro la lavoratrice madre o per motivi di matrimonio.
Per i lavoratori assunti prima del 7.3.2015 trovano invece applicazioni le previgenti
leggi, più tutelanti per il lavoratore, perché prevedevano anche la reintegra nel posto
di lavoro.

1
CONTRATTO DI LAVORO A TEMPO PARZIALE
Viene regolamentato dal D.lgs 61/2000 e dal D.lgs 81/2015 (artt. 4-12);
Consiste in una minore durata in termini di orario della prestazione lavorativa rispetto
al parametro dell’orario normale di lavoro. Molti aspetti concreti del contratto part-
time sono anche demandati alla contrattazione collettiva.
Il lavoro PART- TIME DEVE RISULTARE da forma scritta e ciò al fine di provare
la esistenza di tale tipo di contratto=> in mancanza di prova scritta il lavoratore può
chiedere ed ottenere in sede giudiziale la dichiarazione della sussistenza di rapporto a
tempo pieno la trasformazione però non avviene dall’inizio del rapporto, ma dalla
pronuncia del giudice, per il passato rimane il diritto del lavoratore alla retribuzione e
contributi percepiti.
Il contratto di lavoro deve specificare per iscritto e in modo puntuale la durata della
prestazione e della collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, al
mese e all’anno.
Il datore di lavoro di solito non può varie la collocazione dell’orario di lavoro rispetto
a quanto scritto nel contratto; tuttavia per consentire una maggiore flessibilità
nell’ambito del rapporto, il legislatore ammette che possa essere variato a mezzo di
appositi condizioni chiamate “Clausole elastiche” attraverso le quali al datore
di lavoro è consentito variare la durata o la collocazione temporale della
prestazione lavorativa a due condizioni:
1.deve dare al lavoratore un preavviso di almeno 2 giorni lavorativi
2. deve compensare il lavoratore o con riposi compensativi o con una maggiorazione
delle retribuzione.
La disciplina specifica delle clausole elastiche si trova in tutti i contratti collettivi a
cui il contratto individuale può fare riferimento; oppure possono essere regolamentare
direttamente nel contratto individuale di lavoro.

2
Se varia in aumento l’orario di lavoro il lavoratore part-time ha diritto ad un
compenso.
Il lavoratore svolge LAVORO SUPPLEMENTARE quando lavora oltre l’orario
concordato ma comunque nei limiti dell’orario normale di lavoro ( nei limiti delle 40
ore settimanali), ha diritto ad una maggiorazione la cui quantificazione di solito si
ritrova nel c.c.n.l. o regolamentato tra le parti.
Il lavoratore può legittimamente rifiutare di svolgere il lavoro supplementare ove
giustificato per motivi di lavoro, di salute, familiare o per formazione professionale.
LAVORO STRAORDINARIO è consentito nel contratto di lavoro a tempo
parziale ma scatterà quando sarà superato l’orario settimanale massimo (40 ore o la
diversa quantità prevista nel ccnl.
Nel part-time il Trattamento economico (anche previdenziale) è parametrato in
ragione della ridotta prestazione lavorativa; vi è anche una riduzione quantitativa dei
diritti connessi alla quantità di ore lavorative prestate : es. i permessi, ferie, .
Un contratto di lavoro che è iniziato a tempo pieno può ESSERE TRASFORMATO
IN PART-TIME purchè venga fatto per iscritto e con il consenso del
lavoratore.
Il rifiuto del lavoratore ALLA TRASFORMAZIONE PROPOSTA DAL DATORE
non costituisce Giustificato motivo di licenziamento
Anche il datore di lavoro non è obbligato ad accettare una richiesta del lavoratore di
trasformazione del rapporto in part-time, tranne nel caso in cui il lavoratore è colpito
da gravi patologie.
Invece nel caso di più richieste di trasformazioni da full time in part-time, vi è una
priorità verso il lavoratore che fa valere come motivi della trasformazione la presenza
di gravi patologie dei familiari, assistenza ad inabile lavorativo (legge 104), figlio
convivente con handicap; congedo parentale, donne vittime di violenza di genere.
Il lavoratore che aveva un rapporto a tempo pieno trasformato in part-time, se chiede
di ritornare in full time ha un diritto di precedenza rispetto a nuovi assunti con le
medesime mansioni.

3
LAVORO INTERMITTENTE
La legge n. 81/2015 disciplina il contratto di lavoro intermittente e lo definisce come
quel contratto, anche a tempo determinato, mediante il quale un lavoratore si pone a
disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in
modo discontinuo o intermittente.
In un contratto di lavoro subordinato classico il dipendente si impegna a recarsi al
lavoro tutti i giorni nell’orario di lavoro previsto dal contratto stesso.
Nel lavoro intermittente il dipendente si obbliga solo a mettersi a disposizione del
datore di lavoro il quale può chiamarlo o meno per lavorare  da ciò deriva anche la
definizione di “lavoro a chiamata”.
E’ una forma molto precaria di lavoro perché la retribuzione del dipendente dipende
dalla decisione dell’azienda di chiamarlo o meno.
Il contratto di lavoro intermittente non può essere stipulato liberamente ma solo nelle
ipotesi indicate dalle legge, ovvero:
a. Per lo svolgimento di prestazioni di carattere “discontinuo” che di solito vengono
individuate dal c.c.n.l., o in mancanza si fa riferimento ad un apposito decreto del
Ministero del Lavoro che indica le occupazioni discontinue ( custodi, guardiani
diurni e notturni, guardie daziarie, portinai, fattorini, uscieri e inservienti, commessi
di negozio e molti altri)
b. Al dì là delle figure professionali individuate dai contratti collettivi o dal decreto, è
sempre possibile assumere con contratto di lavoro intermittente, per svolgere
qualsiasi attività, soggetti con meno 24 anni di età e con da 55 anni in sù.
Lavoro intermittente: durata massima vi è un limite all’utilizzazione del
lavoratore intermittente previsto dalla legge. Infatti, il contratto di lavoro
intermittente è ammesso, per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro, per
un periodo complessivamente non superiore a quattrocento giornate di effettivo
lavoro nell’arco di tre anni solari. In caso di superamento del predetto periodo il
relativo rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.

4
Questa regola si applica a tutti i settori tranne il settore del turismo, dei pubblici
esercizi e dello spettacolo.
Lavoro intermittente è vietato:
- per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
- presso unità produttive nelle quali si è proceduto, nei sei mesi precedenti, a
licenziamenti collettivi oppure nelle quali sono operanti una sospensione del
lavoro o una riduzione dell’orario in regime di cassa integrazione guadagni;
- nei confronti di quei datori di lavoro che non hanno effettuato la valutazione dei
rischi in applicazione della normativa di tutela della salute e della sicurezza dei
lavoratori.
Lavoro intermittente: la disponibilità
I contratti di lavoro intermittente si dividono in due specie:
a. contratti in cui il dipendente può rispondere all’eventuale chiamata del datore di
lavoro o meno, il lavoratore non è obbligato a rispondere alla chiamata.
b. contratti nei quali il dipendente si assume l’obbligo di rispondere alla chiamata,
purché la stessa avvenga nelle forme e con il preavviso previsto nel contratto steso. In
questo secondo caso, il lavoratore intermittente ha diritto ad una indennità fissa,
perché avendo l’obbligo di essere a disposizione del datore, non può accettare altre
chiamate da società diverse, è una reperibilitàsi tratta di una somma fissa
predeterminata dalle parte o in mancanza dal Ministero del Lavoro.
In questi casi inoltre, se il lavoratore intermittente si ammala o, comunque, gli
succede qualsiasi altro evento che gli rende temporaneamente impossibile rispondere
alla chiamata, deve informarne tempestivamente il datore di lavoro, specificando la
durata dell’impedimento, durante il quale non matura il diritto all’indennità di
disponibilità.
Essendosi assunto l’obbligo di rispondere alla chiamata, salvo i casi di impedimento
che abbiamo visto, il rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata può costituire
motivo di licenziamento e comportare la restituzione della quota di indennità di
disponibilità riferita al periodo successivo al rifiuto.

5
Il contratto di lavoro intermittente deve essere stipulato in forma scritta
LAVORO AGILE
E’ stato introdotto dal Job act l. n. 81/2015
È sempre una forma di lavoro subordinato ma un modo diverso di lavorare; vi è un
accordo tra le parti “per conciliare e agevolare i tempi di vita e lavoro” e a tal fini il
datore di lavoro e lavoratore si accordano per svolgere l’attività anche svincolata:
- da osservanza di un orario di lavoro,
- dentro o fuori della sede aziendale
- utilizzando strumenti tecnologici.
E’ un contratto che può essere a tempo indeterminato o determinato e deve risultare
per iscritto nell’accordo scritto il datore e lavoratore stabiliscono i tempi di lavoro
e quelli di riposo, il datore può controllare l’attività lavorativa.
Si può recedere da questa forma di contratto con un preavviso di almeno 30 giorni per
ritornare a lavorare in azienda come un comune lavoratore.
Essendo un comune contratto di lavoro subordinato, si applicheranno le norme
tipiche di questo lavoro.

CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO


Il contratto a tempo determinato si ha quando al contratto viene apposta una
clausola di durata del rapporto di lavoro che quindi avrà un inizio ed una fine.
Tali tipi di contratti hanno subito nel tempo una serie di modifiche, prima era molto
osteggiato, oggi abbiamo una disciplina più permissiva.
Con il Job Act L. 2015 n. 81 si era previsto che il datore di lavoro poteva assumere a
tempo determinato senza indicare un motivo specifico;
oggi il DECRETO DIGNITA’- L. n. 96/2018- impone qualche limite .

6
Il contratto a tempo determinato deve essere fatto in FORMA SCRITTA e deve
riportare la data di scadenza del rapporto, in mancanza di forma scritta l’apposizione
del termine è priva di effetto e il contratto si considera a tempo indeterminato.
Il datore di lavoro può assumere il lavoratore per 12 mesi o periodi inferiori,
liberamente, nel senso che NON HA L’OBBLIGO DI INDICARE LA CAUSA
DELL’ASSUNZIONE.
Può accadere che il datore voglia avvalersi delle prestazioni del lavoratore a termine,
in questo caso ha due possibilità:
PROROGARE IL TERMINE vi sarà una continuazione del contratto precedente,
solo che prima della scadenza viene modificato il termine che viene allungato, NON
VI E’ CESSAZIONE DEL CONTRATTO CHE, QUINDI, CONTINUA SINO
ALLA NUOVA SCADENZA.
RINNOVO DEL CONTRATTO si ha quando alla scadenza del contratto viene
stipulato un nuovo contratto diverso da quello precedente, il primo rapporto cessa e il
lavoratore viene riassunto con il nuovo contratto.

Cosa dice in merito il DECRETO DIGNITA’


PROROGA il datore non può prorogare il contratto all’infinito. La legge lo
impedisce imponendo due limiti:
1° limite== durata massima del contratto a termine
2° limite== numero massimo di proroghe.
In relazione al primo limite il contratto può avere anche una durata superiore ai 12
mesi ma comunque NON ECCEDENTE 24 MESI, ma solo se ci sono le seguenti
condizioni che il datore dovrà specificare:
1) per esigenze temporanee oggettive estranee all’ordinaria attività dell’impresa
2) per incrementi temporanei, giustificati e non programmabili dell’attività
ordinaria di impresa.

7
Anche in presenza delle suddette causali la durata dunque del rapporto di lavoro a
tempo determinato tra uno stesso datore di lavoro e lavoratore, per lo svolgimento di
mansioni di pari livello e categoria legale, non può superare 24 mesi.

In merito al SECONDO LIMITE Nel rispetto delle causali di cui sopra e dei 24
mesi complessivi, il rapporto può essere PROROGATO PER MASSIMO 4 VOLTE.
Se il numero di proroghe è superiore, il contratto si trasforma a tempo
indeterminato.
Raggiunto il massimo di 24 mesi, le parti possono stipulare un nuovo contratto a
termine per la durata di altri 12 mesi massimo solo innanzi all’Ispettorato del lavoro
che lo deve certificare in un apposito accordo se non si osserva questa procedura, il
contratto si trasformerà a tempo indeterminato.

NEL CASO DI RINNOVO abbiamo detto che viene stipulato un nuovo contratto a
tempo determinato con lo stesso dipendente, in questi casi la legge imponer uno
stacco temporale tra un contratto e l’altro:
10 giorni dalla data di scadenza se il contratto a tempo precedente aveva un durata
inferiore a 6 mesi,
20 giorni se aveva una durata superiore a 6 mesi.
Anche i rinnovi come le proroghe devono rispettare il limite complessivo di 24 mesi
e ogni rinnovo deve essere sempre giustificato con le cause di cui sopra: per esigenze
temporanee oggettive estranee all’ordinaria attività dell’impresa o per incrementi
temporanei, giustificati e non programmabili dell’attività ordinaria.
Se non sono rispettati tali termini, dal secondo contratto il rapporto si trasforma a
tempo indeterminato.

Se dopo la scadenza del termine il lavoro prosegue “di fatto” ossia senza contratto,
ovvero:
30 giorni se il contratto a termine aveva una durata inferiore a 6 mesi

8
50 giorni se il contratto a termine aveva una durata superiore a 6 mesi.
In questo periodo il datore ha l’obbligo di corrispondere al lavoratore una
maggiorazione retributiva per ogni giorno di continuazione (20% in più fino a 10
gg.—40% per ogni giorno successivo al decimo). Scaduti questi giorni, 30 o 50 ,
periodo chiamato “cuscinetto” , il rapporto si trasformazione in contratto a tempo
indeterminato.
Per tutta la durata del rapporto il lavoratore ha gli stessi diritti di ogni lavoratore.
Nel caso in cui vi è violazione di legge, il lavoratore deve impugnare il contratto a
tempo determinato ENTRO 180 GIORNI dalla cessazione del contratto stesso:
ovviamente per ottenere la declaratoria di trasformazione del rapporto a tempo
indeterminato occorre rivolgersi al giudice.

9
10
LEZIONE 6° ALTRE TIPOLOGIE DI CONTRATTI DI LAVORO

CONTRATTO DI APPRENDISTATO
I contratti di apprendistato sono stati disciplinati dal d.lgs. n. 81/2015 art. 41 e ss., e sono definiti
come "un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e alla occupazione
dei giovani".
Anche se è definito a tempo indeterminato è bene ricordare che alla scadenza del periodo obbligatorio
di formazione le parti hanno la facoltà di disdettare il contratto, in mancanza di recesso, il contratto
continuerà ininterrottamente.
Il contratto di apprendistato dovrà essere stipulato per iscritto e contenere, seppure in forma sintetica,
il piano formativo individuale e dovrà essere indicato il nome del tutor aziendale.
Si tratta di un rapporto con “causa mista”: oltre alla prestazione lavorativa c’è l’elemento
imprescindibile che è la formazione

Le tipologie di apprendistato si articolano in:


1. apprendistato di primo livelloper conseguire la qualifica, il diploma professionale, il
diploma di istruzione secondaria superiore, o il certificato di specializzazione tecnica superiore;
è rivolto a giovani tra i 15 e i 25 anni. La durata è in funzione della qualifica o diploma che si vuole
conseguire, nel limite di tre anni oppure quattro anni nel caso di diploma quadriennale regionale.
2. apprendistato di secondo livello: ovvero Apprendistato professionalizzante=> consente ai
giovani di età compresa tra i 18 ed i 29 anni (se un soggetto è già in possesso di una qualifica
professionale l’assunzione può essere anticipata a 17 anni). La durata di tale contratto di apprendistato
non può superare i tre anni, ma per alcune professioni del settore artigiano (ad esempio orafi o
falegnami), può durare fino a cinque.
Tale tipo di contratto può essere utilizzato anche per l’assunzione di lavoratori disoccupati o in
mobilità senza alcun limiti di età e serve per la ricollocazione sul mercato di questi soggetti.
3. apprendistato di terzo livello=> ovvero Apprendistato di alta formazione e ricerca per giovani
con età compresa tra i 18 e i 29 anni compiuti e già in possesso di un diploma di scuola
secondaria superiore; è finalizzato al conseguimento di titoli di studio universitari e di alta
formazione compresi i dottorati di ricerca, la specializzazione tecnica superiore o per l’accesso agli
ordini professionali. La durata varia a seconda del titolo che si vuole conseguire.

Per ogni tipo di contratto di apprendistato la regolamentazione degli aspetti formali è rimessa
alla legislazione regionale e alla contrattazione collettiva.

1
Comunque ogni c.c.n.l. di settore definisce il monte ore e le modalità di erogazione della formazione
in relazione ad ogni tipo di contratto di apprendistato.

Licenziamento nel contratto di apprendistato


Il datore di lavoro può recedere dal contratto di apprendistato solo alla scadenza del contratto; è
possibile il licenziamento solo in presenza di giusta causa o giustificato motivo.
L’apprendista può dare le dimissioni rispettando il periodo di preavviso previsto dal c.c.n.l. di settore,
o secondo gli accordi presi nel contratto.
Se nessuna delle due parti al termine della formazione recede dal contratto, il rapporto prosegue
automaticamente come ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Contratto di apprendistato a tempo determinato


Il contratto di apprendistato a tempo determinato può essere stipulato solo per i datori di lavoro che
svolgono la propria attività in cicli stagionali, sarà la contrattazione collettiva nazionale a prevedere
le modalità.

RETRIBUZIONE E’ in ogni caso espressamente vietato retribuire l’apprendista a cottimo.


La retribuzione è stabilita dalla contrattazione collettiva; è possibile stabilire la retribuzione in misura
percentuale e in modo graduale all’anzianità di servizio.
In alternativa alla retribuzione in percentuale, il lavoratore apprendista può essere inquadrato fino a
due livelli inferiori rispetto al livello che dovrà raggiungere a fine contratto, e in questo caso percepirà
la corrispondente retribuzione.
L’apprendista ha diritto:
- ai contributi previdenziali; all’assegno per il nucleo familiare; alla maternità; alla NASPI;
all’assicurazione contro gli infortuni.

Il datore di lavoro che stipula un contratto di apprendistato gode di importanti incentivi economici
sulla retribuzione dell’apprendista, ed inoltre paga contributi in quantità molto ridotta.

2
CONTRATTO DI SOMMINISTRZIONE (in passato chiamato INTERINALE) art 34 D. Lgs
81/2015
Le Agenzie del Lavoro (ex interinali) fanno da intermediari tra i lavoratori e i datori di lavoro,
assumono direttamente i lavoratori e li mettono a disposizione delle società richiedenti, quindi
abbiamo tre soggetti:
i lavoratori sono assunti dall’impresa di somministrazione che è il datore di lavoro, vengono poi
mandati in missione presso l’impresa utilizzatrice che ne fa richiesta; i lavoratori per tutta la durata
della missione sono sotto la direzione e il controllo dell’utilizzatore.
Tale tipo di contratto può essere a tempo indeterminato o determinato:
nel caso di contratto a tempo indeterminato, quando il lavoratore non è in missione presso ditte
utilizzatrici rimane a disposizione dell’agenzia di somministrazione ed avrà diritto a un’indennità di
disponibilità; la misura di tale indennità è prevista dai contratti collettivi delle agenzie di
somministrazione e comunque non può essere inferiore a quella prevista dal Ministero del Lavoro.
nel caso di contratto a tempo determinato si applica la disciplina del contratto a termine, ma con delle
limitazioni: può essere apposto un termine fino a 12 mesi senza causale; può anche avere una durata
fino a 24 mesi però in tal caso l’obbligo della causale ricade sull’impresa utilizzatrice.
L’agenzia applica delle TARIFFE che comprendono:
lo stipendio da pagare al lavoratore aumentato della commissione da pagare alla stessa agenzia
Il lavoratore non deve pagare all’agenzia interinale alcuna tariffa o commissione=> ogni richiesta di
questo tipo è illegale.
Il contratto di somministrazione può riguardare qualsiasi settore e qualsiasi categoria di lavoratori:
operaio, impiegati, quadri e anche funzionari.
I lavoratori dipendenti dall’Agenzia di somministrazione hanno diritto a un trattamento economico e
normativo complessivamente non inferiore a quello dei dipendenti di pari livello e pari mansioni
dipendenti dell'impresa utilizzatrice, inoltre l'utilizzatore è obbligato in solido con il somministratore
a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali.
Il lavoratore è libero di recedere dal contratto in qualsiasi momento anche senza una motivazione,
deve solo dare il preavviso pari ad 1 giorno ogni 15 giorni (esempio se un lavoratore non interinale
deve dare un preavviso di 45 giorni, il lavoratore interinale ne deve dare 3 , ovvero con rapporto di 1
a 15).
Il lavoratore deve rispettare le direttive sull’organizzazione di lavoro dell’impresa utilizzatrice, ma il
potere disciplinare è solo in capo alla società interinale.

3
APPALTO E TUTELA DEI LAVORATORI
Diverso dalla somministrazione è il caso dell’appalto:
mentre nel contratto di somministrazione l’agenzia si limita a fornire all’utilizzatore solo mere
prestazioni di lavoro, ossia fornisce lavoratori che sono pagati dal somministratore ma sono diretti
dall’utilizzatore;
nel caso di appalto, l’impresa appaltatrice deve fornire un “servizio” o “un’opera” al committente
attraverso una propria organizzazione societaria, con propri mezzi e con proprio personale che
l’appaltatore dirige, organizza e paga direttamente.
Si ha quindi un appalto genuino quando l’appaltatore ha una propria organizzazione e si assume
direttamente il rischio di impresa: se non vi è appalto genuino allora ci si trova di fronte ad una
interposizione fittizia di manodopera, e vi è un illecito e in questi casi il lavoratore potrà agire in
giudizio per la costituzione del rapporto di lavoro in capo all’utilizzatore.
Vi è una solidarietà in caso di appalto: dei trattamenti retributivi , del TFR e dei contributi rispondono
in solido il committente e l’appaltatore ed eventuali sub appaltatori ( art. 29 D.Lgs 276/2003); in
questo caso i lavoratori devono agire in giudizio entro due anni dalla fine dell’appalto.

Quando scade il contratto di appalto può subentrare una nuova società appaltatrice, si parla in
questo caso di successione di appalti.
Può accadere che l’appaltatore sia obbligato ad assumere i lavoratori già impegnati nel precedente
appalto, è l’ipotesi della c.d. “clausola sociale” prevista in alcuni contratti collettivi.
In questi casi il legislatore, con l’art. 2112 c.c., ha previsto il cambio di appalto non si realizza una
ipotesi di trasferimento di azienda e quindi l’appaltatore subentrante applicherà ai lavoratori assorbiti
il proprio contratto collettivo e non è responsabile nei loro confronti dei crediti che questi avanzino
dalla precedente impresa appaltatrice.
La legge però precisa che per non aversi ipotesi di trasferimento di azienda, è necessario che la nuova
appaltatrice subentrante abbia una propria identità ed organizzazione societaria, tale da potersi
considerare una identità indipendente rispetto al recedente appaltatore; se invece, la nuova società
appaltatrice ha di diverso solo il nome, ma nei fatti utilizza i medesimi locali, materiali ed attrezzature
della precedente società appaltatrice e anche quasi tutti i lavoratori, allora in sostanza non c’è
discontinuità, in questo caso si applicheranno tutte le norme ex art. 2112 c.c. del trasferimento di
azienda.
Molto importante vedere in merito cosa dicono i contratti collettivi perché potrebbero prevedere
norme di favore per i lavoratori.

4
IL TRASFERIMENTO DELL’AZIENDA EX ART. 2112 C.C.
L’art. 2112 del c.c. detta la disciplina in caso di trasferimento d’azienda, stabilendo che
 in caso di qualsiasi mutamento della titolarità dell’azienda, il rapporto di lavoro esistente presso
la società cedente prosegue senza alcuna interruzione in capo alla società cessionaria, senza alcun
mutamento sia retributivo che contributivo, permanendo tutti i diritti già maturati dal lavoratore:
quindi stesso livello, stessa retribuzione, stessa anzianità di servizio maturata, stesse ferie ed altro;
Vi è responsabilità solidale del cedente e del cessionario a garanzia dei crediti vantati dal lavoratore
all’epoca del trasferimento
il cessionario deve applicare i trattamenti retributivi e normativi previsto dal c.c.n.l. del cedente
fino alla sua naturale scadenza;
il trasferimento di azienda NON E’ UN MOTIVO CHE LEGITTIMA IL LICENZIAMENTO DEI
DIPENDENTI.
il lavoratore può anche non accettare il trasferimento e sarà così abilitato a dimettersi per giusta
causa, oppure nei tre mesi successivi al trasferimento potrà presentare le sue dimissioni per giusta
causa quando le condizioni di lavoro subiscono una sostanziale modifica.

JOB SHARING o LAVORO RIPARTITO


Il job sharing è l’alternativa al classico lavoro, in quanto due impiegati condividono volontariamente
le stesse responsabilità di un lavoro full time, ricevendo lo stesso salario e gli stessi benefici.
E' un contratto assimilabile al part-time ma se ne differenzia perchè esiste un unico contratto di lavoro
subordinato e non due distinti contratti part-time. Ciascun lavoratore è personalmente e direttamente
responsabile dell'adempimento della intera prestazione: quindi risponde anche delle inadempienze
dell’altro collega.
Per quanto riguarda il trattamento economico, vige il principio di parità di trattamento rispetto ai
lavoratori di pari livello e mansione ci sarà solo una ripartizione dello stesso stipendio tra i due
lavoratori in proporzione alla prestazione lavorativa svolta.

5
IL TIROCINIO FORMATIVO O DI ORIENTAMENTO
Il tirocinio o stage introdotti con la L. 196/1997 non è un LAVORO SUBORDINATO
È una forma di inserimento temporaneo all’interno di una impresa, permettendo al titocinante una
formazione professionale o un addestramento pratico direttamente sul luogo di lavoro.
La disciplina dei tirocini è demandata a ciascuna Regione. Nell’osservanza delle Linee Guida 2017
I soggetti coinvolti nel tirocinio extra-curriculare sono tre:
Promotori del tirocinio  colui che dà impulso al tirocinio, lo progetta e ne controlla lo
svolgimento. L’individuazione di questi soggetti è demandata alla Regione.
I tirocini possono essere promossi da: Servizi per l’impiego , istituti scolastici, università, Istruzione
Tecnica Superiore (ITS), Agenzie regionali per il lavoro, ANPAL, cooperative sociali, ed altri
indicati dalla legge.
Ospitante possono essere imprese private o enti pubblici
Il rapporto di tirocinio si attiva con una convenzione tra promotore ed ente ospitante, vi deve essere
un progetto formativo che deve definire il tipo di tirocinio da svolgere; tale progetto viene firmato dal
tirocinante, promotore e ente ospitante.
TIROCINANTI sono i soggetti che possono fare tirocinio, ovvero: disoccupati, lavoratori a
rischio di disoccupazione, chi ha una forma di cig o tutela del reddito, disabili o svantaggiati, occupati
in cerca di altra occupazione.
Durata del tirocinio formativo
La durata del tirocinio varia in base alla normativa territoriale e alla tipologia dei soggetti coinvolti,
non può essere inferiore ai 2 mesi e non può essere superiore a 12 mesi; per tirocini con soggetti
disabili si arriva fino a 24 mesi.
Compenso
E’ prevista un’indennità non inferiore a 300 euro lordi mensili. Il compenso deve risultare dal
cedolino paga.
Tutor=> il tirocinante è seguito dal Tutor aziendale che lo affianca sul luogo di lavoro per assicurare
lo svolgimento del piano formativo; anche il soggetto promotore deve nominare un Tutor che
collabora alla stesura del progetto formativo e monitora l’andamento del tirocinio fino
all’attestazione finale.
Al termine del tirocinio l’ente ospitante deve effettuare una valutazione dell’attività svolta dal
tirocinante e delle competenze acquisite che serviranno al soggetto promotore per rilasciare
un’attestazione

6
7° LEZIONE : LA CESSAZIONE DEL RAPPORTO DI

L’interruzione del rapporto di lavoro può aversi per:

licenziamento, dimissioni, risoluzione consensuale, la fine del termine

apposto al contratto, la morte del lavoratore, oppure la impossibilità

sopravvenuta.

Si ha LICENZIAMENTO se l’azienda a voler sciogliere il contratto di lavoro

Si hanno DIMISSIONI quando è il lavoratore che recede dal contratto.

Mentre per le dimissioni, il lavoratore non ha necessità di dare spiegazioni,

per il licenziamento è necessario che il datore di lavoro indichi i motivi del

recesso.

LICENZIAMENTO: Motivazioni

La legge di riferimento è la n. 604/1966, dove all’art. 1 precisa che nel

rapporto di lavoro a tempo indeterminato il licenziamento del prestatore di

lavoro non puo' avvenire che per giusta causa ai sensi dell'articolo 2119

del Codice civile o per giustificato motivo. Il datore di lavoro deve

comunicare per iscritto il licenziamento al lavoratore, in mancanza, un

licenziamento solo verbale è del tutto inefficace, cioè come se non fosse

mai avvenuto.

LA GIUSTA CAUSA Ai sensi dell’art. 2119 c.c.

Il recesso per giusta causa implica l'avveramento di un fatto di gravità tale

da porre in crisi il rapporto fiduciario tra le datore di lavoro e prestatore,

1
cioè deve trattarsi di un inadempimento degli obblighi relativi alla

prestazione lavorativa talmente grave da rendere impossibile la

prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto di lavoro. In questa ipotesi si

può assistere ad un licenziamento anche senza preavviso. (esempio:

assenza ingiustificata del dipendente oltre i termini contrattuali; violenza e

minacce nei confronti del datore di lavoro, di colleghi e/o di superiori;

ingiurie, percosse, minacce; furto di denaro e/o di beni aziendali; ecc.)

GIUSTIFICATO MOTIVO=> art. 3 Legge n. 604/1966

Il licenziamento per giustificato motivo con preavviso é determinato da un

notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro

(motivo soggettivo: ritardi sistematici sul posto di lavoro da parte del

dipendente; carcerazione preventiva del dipendente; assenza per malattia

prolungata o superamento del “comporto”; inidoneità fisica del lavoratore)

ovvero da ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del

lavoro e al regolare funzionamento di essa (motivo oggettivo: cessazione

attività dell’azienda o di una sua filiale; riorganizzazione dell’azienda per

una gestione più economica, ecc…)

Art. 4 Legge n. 604/1966

Il licenziamento determinato da ragioni di credo politico o fede religiosa,

dall’appartenenza ad un sindacato e dalla partecipazione ad attività

2
sindacali é nullo, indipendentemente dalla motivazione adottata=> in

questo caso si parla più precisamente di licenziamento è discriminatorio

perché, al di là del motivo formalmente scritto nella lettera di

licenziamento, l’azienda ha deciso di espellere quel dipendente per la sua

religione, la sua razza, il suo colore della pelle, il suo orientamento

sessuale, etc.

Licenziamento è ritorsivo, sempre nullo, si ha quando, al di là del motivo

formalmente scritto nella lettera di licenziamento, l’azienda ha deciso di

espellere quel dipendente perché ha esercitato un suo legittimo diritto e

l’azienda, per ritorsione, lo caccia. Ad esempio un dipendente scrive una

lettera con cui contesta il mobbing e, di tutta risposta, viene licenziato.

Altre ipotesi di licenziamento nullo si ha quando, viene comunicato in un

periodo in cui la legge vieta il licenziamento: è il caso della donna incinta,

dalla data di concepimento fino ad un anno di vita del bimbo, oppure del

dipendente in malattia, oppure il licenziamento per causa di matrimonio.

In tutti questi casi, ancora oggi, anche con il Job Act, si ha diritto alla

reintegra nel posto di lavoro.

PREAVVISO Art. 2118 c.c.

La legge prevede che vi sia un preavviso sia per il licenziamento che per

dimissioni:

 Il periodo di preavviso è indicato dai contratti collettivi di categoria e

varia in base al livello retributivo e all’anzianità di servizio del lavoratore.

3
Se non viene rispettato il periodo di preavviso si avrà comunque la

cessazione del rapporto di lavoro, però se inadempiente è stato il datore di

lavoro egli dovrà pagare al lavoratore un’indennità economica

corrispondente ai giorni di preavviso non concessi; mentre se inadempiente

è il lavoratore, gli verrà detratta la relativa somma dalla busta paga.

L’art. 2119 C.C.==> precisa che sia il datore di lavoro che il lavoratore sono

esonerati dal preavviso di fronte ad una “giusta causa” del recesso

Il lavoratore ha diritto a dimettersi per “giusta causa” senza preavviso,

ad esempio, il mancato pagamento di stipendio o contributi al lavoratore

Modalità Di Comunicazione

Licenziamento e le dimissioni devono essere comunicati entrambi in forma

scritta SE IL LICENZIMENTO NON E’ COMUNICATO PER ISCRITTO

ESSO E’ INEFFICACE: INFATTI UN LICENZIAMENTO VERBALE è COME

SE NON FOSSE MAI ESISTITO E IL RAPPORTO NELLA SOSTANZA

PROSEGUE SENZA INTERRUZIONE CON OGNI CONSEGUENZA

ECONOMINCA E CONTRIBUTIVA.

Anche le Dimissioni volontarie e la risoluzione consensuale devono

risultare per iscritto e, sono fatte, a pena di inefficacia, esclusivamente in

modalità telematica su appositi moduli resi disponibili dal Ministero del

lavoro e trasmessi al datore di lavoro e alla Direzione territoriale del lavoro

competente.Entro sette giorni dalla data di trasmissione del modulo di

4
dimissioni il lavoratoredeve confermare la sua volontà, egli in questo

periodo ha la facoltà di revocare le dimissioni.

La trasmissione dei moduli tramite dei patronati, delle organizzazioni

sindacali, dei consulenti del lavoro, delle sedi territoriali dell'Ispettorato

nazionale del lavoro nonché degli enti bilaterali

E’ bene ricordare che in caso di dimissioni da parte del dipendente, si

perde il diritto al Naspi (indennità di disoccupazione), salvo nel caso in cui

le dimissioni siano avvenute per giusta causa. In quest’ultimo caso,

accertata la presenza dei motivi previsti dalla legge, si può richiedere

l’indennità di disoccupazione.

Il licenziamento deve essere impugnato entro 60 giorni dal ricevimento

della lettera di licenziamento, con qualsiasi mezzo, se non lo si fa in questo

termine, diventa definitivo.

ART. 2120 C.C.==> In ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro

subordinato, al lavoratore spetta di il TFR, ovvero trattamento di fine

rapporto.

Il TFR si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e

comunque non superiore all'importo della retribuzione dovuta per l'anno

stesso divisa per 13,5=> tale quota è ovviamente se il rapporto di lavoro ha

avuto una durata inferiore all’anno, inoltre si computa come mese intero le

frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni.

5
Esempio: se il rapporto di lavoro ha avuto una durata di 6 anni, 5 mesi e

16 giorni, la quota di TFR si calcolerà su 6 anni e 6 mesi (se i giorni fossero

stati 14, l’arrotondamento era in difetto e quindi 6 anni e 5 mesi).

Facciamo l’ipotesi che la retribuzione annua sia di €.12.000,00 il TFR

spettante sarebbe:

12.000,00:13,5= €. 888,89x6 anni interi=€.5.333,33

888,96:12 mesi=€. 74,07

€,74,07x6mesi=€.444,44

TFR totale spettante €,. 5.333,33+444,44= €. 5.777.77 (oltre la

rivalutazione monetaria calcolata annualmente)

Le somme che concorrono a formare la retribuzione annua, ai fini del

calcolo del TFR comprende tutte le somme, compreso l'equivalente delle

prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a

titolo non occasionale e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di

rimborso spese.

Quindi, per esempio, lo straordinario o il notturno fatto occasionalmente,

non deve essere calcolato, comunque i contratti collettivi possono avere

una disciplina specifica sulle somme da considerare ai fini del TFR.

Il periodo di sospensione del lavoro per malattia o infortunio o per

godimento della cassa integrazione, viene computato e quindi anche su

quel periodo il TFR viene calcolato accantonando l’equivalente della

retribuzione a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale

svolgimento del rapporto di lavoro.

6
ANTICIPAZIONE DEL TFR

Il lavoratore con almeno otto anni di servizio presso lo stesso datore di

lavoro, può chiedere, in costanza di rapporto di lavoro, una anticipazione

non superiore al 70% del TFR cui avrebbe diritto nel caso di cessazione del

rapporto alla data della richiesta.

La richiesta di anticipo del TFR deve essere giustificata dalla necessità di:

a) eventuali spese sanitarie per terapie o interventi straordinari

riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche;

b) acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, documentato

con atto notarile.

L'anticipazione può essere ottenuta una sola volta nel corso del rapporto di

lavoro e viene detratta, a tutti gli effetti, dal trattamento di fine rapporto.

ART. 2113. RINUNZIE E TRANSAZIONI

Durante o al termine del rapporto di lavoro, è possibile che tra il lavoratore

e il datore di lavoro sorgano delle controversie e recriminazioni reciproche.

Non necessariamente per risolverle si deve andare innanzi al Giudice, il

nostro ordinamento prevedere infatti la possibilità che si possa ricorrere a

delle transazioni con rispettive rinunce e composizione della lite.

L’art. 2113 del c.c. dispone, a tutela del lavoratore, che  le rinunzie e le

transazioni che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti

da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi se

vengono effettuate in privato tra datore e lavoratore possono essere

7
impugnate, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla data di

cessazione del rapporto o dalla data della rinunzia o della

transazione, se queste sono intervenute dopo la cessazione

medesima, con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, del lavoratore

idoneo a renderne nota la volontà.

Invece se le transazioni sono fatte IN SEDE GIUDIZIALE, SINDACALE O

INNANZI ALL’ISPETTORATO DEL LAVORO SECONDO SPECIFICHE

PROCEDURE DI LEGGE, allora sono valide sin dalla sottoscrizione e non

sono soggette ad impugnazione, perché il lavoratore in questo caso è stato

rappresentato da un soggetto terzo (sindacalista o ispettorato del lavoro) e

quindi esplica una volontà senza coartazione del datore di lavoro.

Potrebbero piacerti anche