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Tosi Treu
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anche nell'ambito delle attivit operative telefoniche svolte dai call-center purch sussistano i
seguenti presupposti:
Sia possibile individuare un preciso progetto o programma di lavoro;
il collaboratore deve essere autonomo nella gestione dei tempi di lavoro;
devono essere contemplate le modalit di coordinamento consentite tra il committente ed il
collaboratore.
A favore del collaboratore a progetto sono comunque previste delle garanzie alcune
deducibili dalla disciplina che il codice riserva al lavoro autonomo art. 2222 (criterio di
organizzazione per la determinazione del corrispettivo) altre nuove (previsione che la
gravidanza, la malattia e l'infortunio del collaboratore non comportino l'estinzione del
rapporto di lavoro).
In recesso prima del termine ammesso solo per giusta causa e per altre causali stabilite dalle parti,
ma non giustificato il motivo soggettivo.
Il Decreto Legislativo n 276/2003
Esso conferma la graduatoria tradizionale della gerarchia delle fonti, in cui la legge statale ha il
ruolo di protagonista. Permette l'esaltazione dell'autonomia privata individuale e consente di
spaziare all'interno di un ricchissimo panorama di rapporti, istituti e soggetti.
La riforma del Titolo V della Costituzione
La legge costituzionale n 3/2001 ha riscritto il Titolo V della Costituzione , infatti adesso l'art. 117
Cost. elenca esattamente le competenze esclusive dello Stato e quelle concorrenti tra Stato e
Regioni, lasciando alla competenza di queste ultime tutte le materie residuali.
Il legislatore ha incluso tra le materie di competenza legislativa concorrenti, la tutela e sicurezza del
lavoro, riservando alla competenza esclusiva dello Stato quella del diritto del lavoro, in quanto
facente parte dell'ordinamento civile.
CAPITOLO PRIMO
IL TIPO LAVORO SUBORDINATO
Che la subordinazione?
La subordinazione viene considerata la chiave di accesso alla disciplina di tutela prevista dal
diritto del lavoro.
1- La questione della subordinazione
Il codice del 1942 non ci da la definizione di subordinazione, ma ci dice quando la prestazione
lavorativa pu essere considerata subordinata. Lart.. 2094 c.c. ci dice che: subordinata la
prestazione che si svolge nellorganizzazione del datore di lavoro, alle dipendenze e sotto la
direzione dello stesso. Nasce quindi lesigenza di definire il campo di applicazione della disciplina
garantista contenuta nel codice civile e soprattutto nella legislazione speciale la quale si applica
esclusivamente al lavoro subordinato. Anche perch la capacit qualificatoria della nozione di
subordinazione contenuta allart. 2094, quale modo dessere della prestazione lavorativa molto
fragile. Perch leterodeterminazione ossia la soggezione alle altrui decisioni e direttive pu
manifestarsi anche nellambito di altri rapporti aventi ad oggetto unattivit lavorativa. (vedi il
contratto dopera che consente una accentuata ingerenza del committente nellesecuzione dellopera
stessa, es: attraverso la nomina da parte del committente del direttore dei lavori, ma in ogni caso il
potere direttivo del cliente in tal caso non potr mai essere paragonato al potere direttivo del datore
di lavoro, di contro leterodeterminazione pu risultare molto attenuata nellambito del rapporto di
lavoro subordinato si pensi ad es: al lavoro dei dirigenti o lavoro altamente specializzato). Stabilire
quando c o non c subordinazione significa stabilire i confini del diritto del lavoro cio
quando il cittadino che presta attivit lavorativa ha determinati diritti di protezione sociale,
assicurativa previdenziale, cassa integrazione, pensione di invalidit ecccio quando alla
prestazione lavorativa viene applicata quella disciplina inderogabile che impone il rispetto dei
minimi retributivi, delle mansioni, del trattamento di malattia La subordinazione deve consentire
non solo la precisa delimitazione della fattispecie tipica rispetto alle altre, ma anche la riconduzione
ad essa dello specifico rapporto da qualificare.
Cosa implica linterpretazione pi o meno estensiva della subordinazione?
Essa rinvia a dei concetti non ad una casistica specificatamente individuata. E il concetto di
dipendenza che deve essere interpretato. Lelemento fondamentale del lavoro subordinato secondo
una impostazione pi moderna, lassoggettamento del lavoratore alle altrui direttive ed il
vincolo della subordinazione consiste nellaccettazione, espressa o per fatti concludenti, da
parte del lavoratore dellesercizio del potere direttivo con cui egli specifica la prestazione
lavorativa. Il potere direttivo un potere fondamentale del datore di lavoro che inerisce al merito
sulle modalit di esecuzione che attiene al risultato dellattivit lavorativa. Tanto pi vi
uninterpretazione elastica di queste nozioni tanto pi potr giungere ad escludere dei lavoratori. Es.
il lavoro dellinformatore medico scientifico che si deve attenere ad un programma di lavoro,
molto difficile dire quando tale rapporto pu essere considerato subordinato e quando in ampia
autonomia garantire un risultato.
Particolarmente insistenti si sono rivelati anche i tentativi di agganciare la subordinazione a profili
vari della condizione socio-economica del prestatore di lavoro, quali: estraneit ai mezzi di
produzione, inerenza dellattivit lavorativa al ciclo produttivo, inferiorit economica ecc
Nella giurisprudenza ha fatto capolinea una nozione di subordinazione allargata che ha consentito
linserimento di figure professionali che normalmente avrebbero dovuto essere escluse:
vedi CO.CO.CO collaboratori a progetto
ossia la tendenza espansiva ha operato anche nel senso della esportazione di tratti della disciplina
tipica al di l del tipo legale nel senso della applicazione della disciplina tipica a rapporti diversi
da quello di lavoro subordinato e quindi ad una lettura estensiva della definizione contenuta nellart.
2094 c.c..
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Disponibilit del tipo legale? Cio il legislatore pu escludere dallapplicazione della normativa
lavori che hanno le caratteristiche del lavoro subordinato
Indisponibilit del tipo legale? Non pu dissociare la fattispecie sostanziale dalla disciplina
protettiva o norme corrispondenti
5- Parasubordinazione, lavoro autonomo, lavoro a progetto e occasionale
Il lavoro autonomo consiste nel compimento di unopera o di un servizio, con lavoro
prevalentemente proprio che il lavoratore svolge senza vincolo di subordinazione, verso un
corrispettivo, nei confronti del committente. Tale definizione discende dallart. 2222 del c.c.
(speculare allart. 2094) che disciplina il contratto dopera cui si applicano le disposizioni degli artt.
2223-2228 riguardanti: lesecuzione dellopera, le modalit di determinazione del corrispettivo, le
conseguenze nel caso in cui lopera non sia stata eseguita in modo esatto, il recesso unilaterale dal
contratto, limpossibilit sopravvenuta dellesecuzione dellopera.
Il lavoro autonomo si pone in linea di principio agli antipodi del lavoro subordinato. Tuttavia non
sempre facile differenziare le fattispecie. Anche perch il contenuto dellart. 2222 pone laccento
solo sullassenza del vincolo di subordinazione. Ma il lavoro pu svolgersi con modalit tali da
rendere difficile distinguere in modo netto le due tipologie. Inoltre esistono forme di lavoro che
hanno natura autonoma ma esistendo un coordinamento con il committente, si fuoriesce dallambito
di applicazione dellart. 2222 per rientrare in quello della parasubordinazione.
Dottrina e giurisprudenza
Tradizionalmente, guardando alloggetto della prestazione, si riteneva che nel lavoro autonomo esso
fosse costituito dal risultato finale dellattivit del prestatore (locatio operis), mentre nel lavoro
subordinato dalle stesse energie lavorative del prestatore (locatio operarum). In base a tale
distinzione si parlava di obbligazione di risultato, e di obbligazione di mezzi. Questo criterio oggi
non ha ormai rilevanza perch anche per talune categorie di lavoro autonomo pu essere esclusa la
responsabilit per un certo risultato (vedi avvocati, medici) in quanto oggetto del rapporto soltanto
la prestazione di unattivit, mentre nello schema causale del contratto di lavoro subordinato ben
pu rientrare la prestazione di un risultato utile per il datore di lavoro. E altres escluso che la
distinzione tra lav. Autonomo e subordinato possa essere fatta sul tipo di attivit dedotta in
contratto. Secondo a giurisprudenza ogni attivit umana, economicamente rilevante, pu essere
espletata nelle forme del rapporto di lavoro subordinato o di quello autonomo, in relazione alla
scelta liberamente compiuta dalle parti circa lo schema pi idoneo ha soddisfare i loro rispettivi
interessi.
La parasubordinazione L. 533/1973; anni 70 (riforma del processo del lavoro)
La diffusione di lavoratori giuridicamente qualificati come autonomi, ma che di fatto si trovano in
una posizione di dipendenza (subordinazione) verso il committente ha fatto si che la dottrina e la
giurisprudenza creassero una vera e propria categoria: la parasubordinazione.
Perno della elaborazione di tale categoria stata la valorizzazione della debolezza del prestatore di
lavoro nei confronti del committente, connesso alla ratio protettiva della disciplina tipica.
Tale categoria ha ricevuto il primo riconoscimento legislativo nellambito del diritto processuale
civile perch la l. 533/73 nel modificare lart. 409 c.p.c. ha esteso lapplicazione delle disposizioni
sul processo del lavoro ai rapporti di agenzia e di rappresentanza commerciale e a tutti gli altri
rapporti di collaborazione con prestazione dopera continuativa e coordinata, anche se non a
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carattere subordinato ( i c.d. co.co.co), nellambito dei co.co.co rientrano tutti i rapporti in cui la
prestazione lavorativa ha i seguenti requisiti:
- Essere prevalentemente personale (prevalenza dellattivit del lavorato sugli altri fattori
impiegati x lesecuzione dellobbligazione prevista, anche sul capitale)_
- Continuativa (collaborazione durevole nel tempo)
- Coordinata con lattivit de committente (implica un collegamento funzionale del
collaboratore con lattivit economica del committente- inoltre assenza di vincoli di orario di
lavoro, e libert di organizzazione)
Per quanto riguarda la tutela, il lavoro parasubordinato e quello autonomo non differiscono.
Nel diritto del lavoro la concretizzazione dei principi costituzionali si avuta negli anni 70 con la
nascita dello Statuto dei lavoratori poi confluito nella Riforma del lavoro contenuta nel Libro
Bianco (2001). Con questa riforma stata introdotta la tutela per tutte le forme di lavoro rese a
favore di terzi, a prescindere dalla loro qualificazione giuridica al fine di superare la
contrapposizione tra lavoratore autonomo e subordinato.
Lelemento che maggiormente differenzia la parasubordinazione dal lavoro autonomo e che lo
avvicina al lavoro subordinato il coordinamento dellattivit lavorativa del lavoratore con quella
del committente con il suo inserimento nellorganizzazione produttiva di questultimo. A differenza
del lavoro subordinato, per, nella parasubordinazione la coordinazione non connessa al potere
direttivo del committente.
Dal punto di vista della disciplina sostanziale di tutela il lavoro parasubordinato non si differenzia
da quello autonomo.
Nel concreto svolgimento dei rapporti di lavoro, spesso lo strumento dei co.co.co stato utilizzato
per eludere la normativa su lavoro subordinato.
Per evitare tale utilizzo il legislatore ha introdotto con il d.lgs. 276/2003 (contratto a progetto) che
i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, prevalentemente personale e senza vincolo di
subordinazione, devono essere riconducibili ad uno o pi progetti specifici e programmi di lavoro o
fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del
risultato, indipendentemente da tempo impiegato per lesecuzione della prestazione. Tale previsione
si traduce nel divieto di rapporti di co.co.co. atipici, cio senza losservanza della disciplina del
lavoro a progetto. E infatti previsto che nel caso in cui non sussista un progetto o un programma di
lavoro, il rapporto si presume di natura subordinata e a tempo indeterminato sin dal momento in
cui esso ha avuto inizio.
Dalle disposizioni sul lavoro a progetto restano esclusi, oltre che la pubblica amministrazione,
alcuni specifici rapporti (agente di commercio, professioni intellettuali, nonch rapporti occasionali,
che costituiscono leccezione di carattere generale. Prestazione occasionale si intende il rapporto di
durata complessiva non sup. a 30 gg. Ne corso dellanno solare con lo stesso committente salvo che
il compenso percepito sia sup. a 5000 nel quale caso di applicano le disposizioni del lavoro a
progetto.
Una fattispecie particolare di prestazione occasionale il cd. lavoro accessorio (Es. lavori domestici
retribuiti con pagamento in buoni)
Il lavoro a progetto deve essere stipulato per iscritto ai fini della prova, deve contenere
lindicazione del progetto, della durata, del corrispettivo, delle forme di coordinamento , delle
eventuali misure per la tutela della salute e sicurezza del lavoratore.
A favore del collaboratore a progetto sono comunque previste delle garanzie alcune deducibili dalla
disciplina che il codice riserva al lavoro autonomo art. 2222, (Criterio di proporzionalit per la
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CAPITOLO SECONDO
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Capacit giuridica speciale e capacit al lavoro. Quando si parla di capacit giuridica speciale, si
intende la particolare disciplina (penalmente sanzionata), che fissa i requisiti d'et per l'accesso al
lavoro c.d. capacit al lavoro, che si acquista con l'et minima di ammissione al lavoro, indicata
nella L. 977/1967 che recita l'et minima per l'ammissione al lavoro fissata al momento in cui il
minore ha concluso il periodo di istruzione obbligatoria e comunque non pu essere inferiore ai 15
anni compiuti, recentemente modificata ed ampliata dal D. Lgs. 345/1999 a seguito della Direttiva
94/33/CE, per la protezione dei giovani al lavoro.
Per il pubblico impiego, il legislatore ha previsto come et minima il compimento dei 18 anni,
mentre il limite di et massimo di 40 anni invece venuto meno, a seguito dell'emanazione della L.
127/97, salvo alcune deroghe dettate da regolamenti delle singole amministrazioni, connesse alla
natura del servizio o ad oggettive necessit di amministrazione.
Bambini. E' tuttavia legittimo l'impiego del bambino in attivit lavorative di carattere culturale,
artistico, sportivo, pubblicitario, di spettacolo, purch non pregiudichino la sicurezza, la salute, lo
sviluppo, l'istruzione e le possibilit di formazione (L. 977/1967).
Adolescenti. I minori di et compresa tra i 15 ed i 18 anni, non pi soggetti all'obbligo scolastico
hanno invece piena capacit al lavoro.
Il difetto della capacit giuridica speciale, integra la fattispecie di mancanza di un presupposto
essenziale per la validit del contratto di lavoro, determinandone la sua nullit.
Il difetto della capacit di agire, cio del contratto stipulato da parte del soggetto provvisto dell'et
minima di ammissione al lavoro, determina l'annullabilit del contratto.
2- Minori e lavoro
La legge 977/1967 applica speciali garanzie in favore dei giovani lavoratori minori dei 18 anni,
riconducendo a lungo lo stesso ambito protettivo di quello femminile. I primissimi provvedimenti di
legislazione sociale, accomunavano in un'unica tutela le c.d. Mezze forze (donne e minori), con
l'intento di scoraggiare l'impiego a condizioni di minore costo.
I Principi costituzionali. L'esigenza di una disciplina differenziata in materia emersa con l'art. 37
della Costituzione che ha sancito 3 principi fondamentali:
Il principio della costituzionalizzazione della competenza legislativa in tema di et minima
dell'ammissione al lavoro;
Il principio della creazione dell'istituto della tutela speciale per il lavoro minorile
distinguendolo da quello femminile;
Il principio per cui il minore a parit di lavoro, ha diritto alla stessa retribuzione dell'adulto.
La disciplina internazionale e comunitaria. La tutela speciale del lavoro minorile indicata nell'art. 37
Cost. si tradotta nelle disposizioni della L. 977/1967 che a sua volta si allinea pienamente agli
standard internazionali ed all'art. 32 della Carta dei diritti fondamentali dell'U.E., successivamente
la normativa a subito una modifica con il D. Lgs. 345/1999 per adattarsi alla Direttiva n 94/33/CE,
sul divieto di lavoro minorile e la protezione dei giovani sul luogo di lavoro, con l'obiettivo di
privilegiare l'istruzione e l'inserimento professionale mediante formazione, nonch la sicurezza dei
minori, in quanto gruppo a rischio particolarmente sensibile.
Et e condizioni di lavoro nella L. 977/1967. Nella tutela speciale si contemplano due generali
requisiti di ammissibilit al lavoro minorile:
1) Che il datore di lavoro effettui la valutazione dei rischi ambientali;
2) Che il minore sia riconosciuto idoneo a svolgere la specifica prestazione oggetto del
contratto con visita medica pagata dal datore ed eseguita prima dell'assunzione nonch ogni
anno.
Il lavoro notturno proibito per tutti i minori, salvo il caso delle prestazioni culturali, artistiche,
sportive, pubblicitarie e dello spettacolo. La notte intesa come un periodo di almeno 12 ore
consecutive comprensivo del lasso di tempo che va dalle ore 22 alle ore 06 o dalle 23 alle 07.
3- Il datore di lavoro
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Per il datore di lavoro si applicano le regole civilistiche sulla capacit giuridica e di agire destinate
alla generalit dei soggetti, piuttosto nel versante datoriale, si rileva la distinzione tra:
Imprenditori;
Non imprenditori, titolari di un'attivit organizzata a fini non lucrativi (es. ONLUS);
C) LA FORMAZIONE DEL CONTRATTO
1- La forma del contratto di lavoro
La legge non prescrive per il contratto di lavoro alcuna forma e quindi vige il principio generale
della libert della forma.
Molti contratti collettivi del settore privato prescrivono la forma scritta del contratto di lavoro, ma
assai dubbio che questa sia richiesta ai fini della validit del negozio, come disposto dall'art. 1352
c.c., presupponendo quest'ultimo che la stipulazione per iscritto sia stata voluta nel comune
interesse delle parti.
Diversamente deve dirsi per il mancato rispetto dell'obbligo di forma scritta del contratto
individuale del lavoro prescritto per tutti i contratti collettivi di comparto del settore pubblico.
Casi di riforma vincolata. Eccezioni al principio della libert di forma sono previste con riguardo a
una serie di ipotesi. In questi casi il vincolo di forma inteso il pi delle volte ad substantiam ossia
ai fini di validit del contratto, con conseguente nullit dello stesso.
Altre volte la forma scritta richiesta ad probationem, con il principio che il contratto sar
comunque valido, ma in presenza di contestazioni sulla sua esistenza, l'interessato non potr fornire
prova testimoniale, salvo che il documento non sia stato perduto senza propria colpa.
Quanto al contratto stipulato tra Agenzia fornitrice de prestatore di lavoro, la forma scritta
richiesta, sempre ad substantiam, ai sensi del D. Lgs. 368/2001, se il contratto concluso a termine.
Il decreto delegato n 276/2003 prevede poi la forma scritta ad probationem per tutte le tipologie
flessibili di contratto di lavoro di nuova introduzione: il lavoro ripartito, intermittente finanche per il
lavoro a progetto, per il quale, data l'essenzialit della predisposizione del progetto, ci si aspettava
piuttosto il requisito ad substantiam.
Devono essere stipulati per iscritto i contratti di apprendistato, nonch il contratto di inserimento in
cui la legge prevede esplicitamente, che in caso di mancanza di forma scritta, lo stesso venga
convertito in contratto a tempo indeterminato.
2- Consenso, vizi del consenso e simulazione
Consenso tra le parti. La definizione dei contenuti dell'accordo solo parzialmente oggetto di
reciproco scambio del consenso tra le parti, poich normalmente, la proposta di lavoro proviene dal
datore di lavoro e risulta formulata sulla scorta delle disposizioni di legge e di contratto collettivo,
che possono essere derogate solo in melius, ove il lavoratore, per la sua particolare forza sul
mercato, abbia la capacit di imporre condizioni pi favorevoli di quelle legislative o negoziali
collettive.
L'errore sulle qualit del lavoratore. Sul piano del contratto di lavoro, causa di annullamento
l'errore che sulle qualit personali del lavoratore che devono riguardare quelle che abbiano diretta
attinenza con la prestazione lavorativa (es. alla rilevanza dei precedenti penali del lavoratore con
mansioni fiduciarie, come il cassiere o il custode).
La rilevanza dell'errore in ogni caso subordinata alla sua riconoscibilit da parte del lavoratore,
qualora quest'ultimo abbia causato l'errore, con affermazioni false (dolo commissivo) o reticenti
(dolo omissivo).
L'errore di diritto. ex all'art. 1429 c.c., con riguardo all'esempio in cui il datore di lavoro abbia
proceduto all'assunzione senza il rispetto della graduatoria concorsuale, confidando sulla clausola
preferenziale della residenza contenuta nel bando di concorso che poi viene dichiarata nulla.
La simulazione. Questa disciplina non si discosta da quella del diritto comune per i negozi simulati,
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ma per lo pi viene diversamente fondata, per questa possono prospettarsi 3 diverse ipotesi:
1) Simulazione assoluta, viene simulato un contratto di lavoro subordinato in assenza della
volont di dar vita ad un rapporto ed in assenza di una prestazione lavorativa (es. per ragioni
fiscali);
2) Simulazione relativa, essa si distingue in due ipotesi:
a) viene simulato un contratto diverso, ad es. di lavoro autonomo, ma le parti intendono dar
vita e comunque di fatto danno vita ad un rapporto di lavoro subordinato, il problema
viene risolto con la corretta qualificazione del rapporto;
b) viene simulato un contratto di lavoro subordinato che nasconde un contratto autonomo,
in questo caso il rapporto di lavoro subordinato non pu trovare applicazione, qualora
quell'assetto di interessi non ricorra effettivamente
3- La clausola della prova
Ai sensi dell'art. 2096 c.c. il contratto di lavoro pu prevedere un periodo di prova, durante il quale
ciascuna delle parti pu recedere senza obbligo di preavviso e al termine del quale l'assunzione
diviene definitiva ed il servizio prestato si computa nell'anzianit si servizio del lavoratore
Il legislatore ha espressamente previsto l'apponibilit del patto di prova anche nel contratto di
lavoro somministrato, nonch in quello di apprendistato.
Anche tutti i contratti collettivi di comparto hanno imposto l'indicazione della durata del periodo di
prova nel contratto individuale di lavoro., l'assunzione del lavoratore per un periodo di prova deve
risultare da atto scritto, richiesto ad substantiam.
Il patto finalizzato alla verifica della capacit professionale e della complessiva personalit del
lavoratore in relazione alle mansioni affidate e al contesto aziendale in cui sono destinate a
svolgersi.
La durata. L'ordinamento impone la predeterminazione della durata massima della prova,
normalmente stabilita dai contratti collettivi in misura non superiore ad un semestre a differenza per
operai, impiegati e dirigenti.
Il trattamento. Salvo il profilo del recesso senza preavviso, la disciplina legislativa del rapporto in
prova non differisce da quella del rapporto definitivo, atteso l'orientamento della giurisprudenza
costituzionale che riconosce al lavoratore in prova il normale trattamento economico e normativo.
CAPITOLO III
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contestuale abrogazione del sistema previgente sono avvenute soltanto il 2 luglio 2004 con
l'emanazione dei Decreti Ministeriali attuativi.
Nonostante l'abrogazione integrale della disciplina sul divieto generale di interposizione di
manodopera e sul lavoro temporaneo, molte di quelle disposizioni sono rifluite (pi o meno
esplicitamente) nel nuovo testo normativo, creando quindi non poche affinit fra il previgente
sistema e l'attuale
Il legislatore italiano, sia nel 1997 sia nel 2003, ritiene che il fenomeno interpositorio possa perdere
la sua connotazione negativa e pericolosa ed esplicare una funzione economica positiva, solo
quando l'attivit di somministrazione (o fornitura) di manodopera e le attivit a questa
propedeutiche di ricerca vengono esercitate professionalmente, sottoposte a controlli e limiti,
circondate delle necessarie garanzie per la tutela dei lavoratori "somministrati" accompagnate da un
articolato apparato sanzionatorio per il caso di esercizio dell'attivit da parte di soggetti non
autorizzati e senza il rispetto delle regole.
2- Fenomeni interpositori e fattispecie a confine
Il profilo che ha suscitato maggiori interrogativi fin dall'entrata in vigore della L. 1369/1960 stato
l'inquadramento giuridico di questo che possiamo chiamare in senso atecnico lavoro in affitto. Il
problema che ha occupato dottrina e giurisprudenza era quello di distinguere le fattispecie vietate di
fornitura di manodopera (intermediazione e interposizione o appalto di mere prestazioni di lavoro)
dal contratto di appalto vero e proprio.
Secondo l'opinione prevalente in dottrina e giurisprudenza, il tratto differenziale consisteva nel fatto
che l'oggetto del divieto di cui all'art. 1 della L. n 1369/60 era un'obbligazione di dare, cio fornire
lavoro subordinato altrui, mentre nel contratto di appalto di cui all'art. 1655 c.c. vie
un'obbligazione di fare, cio di realizzare un'opera o un servizio, quindi fornire un autonomo
risultato produttivo.
Di fronte agli appalti di servizi non implicanti l'impiego di un0organizzazione complessa (c.d. a
bassa intensit organizzativa) e con prevalenza di apporto del fattore lavoro piuttosto che di
capitale (c.d. ad alta intensit di lavoro o labour intensive) la giurisprudenza operava il
distinguo accertando chi organizzasse il fattore lavoro, quindi chi esercitasse i poteri tipici del
datore di lavoro, verso i dipendenti (poteri direttivo, di controllo, disciplinare).
Esempio: il contratto di appalto si realizza allorquando l'appaltante chiede all'appaltatore il
compimento di un'opera o di un servizio con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a
proprio rischio e non l'utilizzo di mere prestazioni di lavoro. Se ad esempio una impresa gestisce
direttamente un servizio mensa aziendale con proprie attrezzature chiedendo ad un terzo solo di
assumere cuochi e camerieri che essa poi utilizzer, si delinea una classica ipotesi di fornitura di
manodopera, illecita in quanto vietata dalla L. 1369/60; se viceversa, il terzo apporta proprie
attrezzature (posaterie, frigo, ecc.) e materie prime, organizza e coordina i vari fattori produttivi ed
assume il rischio complessivo (economico ed organizzativo) del servizio, si tratta di un vero e
proprio contratto di appalto del tutto lecito.
Perch vi sia un contratto d'appalto, certamente indispensabile che l'appaltatore sia un
imprenditore genuino, cio dotato di sufficiente autonomia organizzativa e gestionale.
Il legislatore del 1960, non si era limitato a porre il divieto di interposizione nei rapporti di lavoro,
ma si era preoccupato, altres, di disciplinare gli appalti leciti di opere e di servizi introducendo
alcune garanzie in favore dei dipendenti dell'appaltatore nel caso del c.d. appalti interni (es. i lavori
di pulizia e di manutenzione ordinaria degli impianti), in modo da integrare la disposizione dell'art.
1676 c.c.
Appalto e somministrazione nella riforma del 2003. Il legislatore del 2003 ritiene opportuno fare
chiarezza tra i due fenomeni affini: la fornitura di lavoro, oggi chiamata somministrazione e
l'appalto, in particolare dei servizi (c.d. labour intensive) cio quegli appalti in cui risulta prevalente
l'apporto del fattore lavoro piuttosto del fattore capitale. L'appalto ritenuto non genuino, cio
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privo dei requisiti di cui all'art. 29 comma 1, punito con la stessa sanzione penale
contravvenzionale della somministrazione non autorizzata.
3- La somministrazione di lavoro del D.Lgs. N 276/2003
La riforma del 2003, nell'abrogare completamente sia la L. 1369/1960 sia la disciplina del lavoro
temporaneo di cui alla L. 196/1997 (art. 1-11), riconferma il divieto del fenomeno interpositorio,
salvo la deroga ammessa dal legislatore, ricavata dal fatto che ammesso a svolgere attivit di
somministrazione, cio di fornitura professionale di manodopera, solo un soggetto appositamente
autorizzato.
E' pertanto lecita la somministrazione se la triangolazione avviene nei limiti e alle condizioni
previste dalla disciplina della somministrazione di lavoro, di cui agli art. 20 e 21 del D.Lgs. n
276/2003. Lo schema il solito, un soggetto imprenditore o non imprenditore, denominato
utilizzatore, si rivolge ad un altro soggetto, denominato agenzia di somministrazione (dotato di
apposita autorizzazione) per ottenere una fornitura di manodopera a tempo indeterminato o a
termine. I lavoratori oggetto della fornitura sono assunti e retribuiti dall'agenzia di
somministrazione ma svolgono la propria attivit lavorativa per l'utilizzatore. Utilizzatore pu
anche essere una P.A. Che per pu stipulare con l'agenzia solo contratti di somministrazione a
termine.
Diversamente dalla L. 196/1997, la fornitura di manodopera di cui al D.Lgs. 276/2003 pu avvenire
sia per mezzo di un contratto di somministrazione a tempo determinato, sia per mezzo di un
contratto di somministrazione a tempo indeterminato, ritenuto una delle novit pi importanti della
c.d. Riforma Biagi.
Allo scopo di garantire la trasparenza del mercato del lavoro per il contratto di somministrazione
sono previsti precisi requisiti di forma (l'atto scritto ad substantiam) e di contenuto (i c.d. Elementi
obbligatori: numero dei lavoratori, data di inizio, e durata della somministrazione, mansioni e
inquadramento dei lavoratori, luogo ed orario, ecc.)
Obbligo di informazione del lavoratore. Tutte le informazioni inerenti il contratto di
somministrazione devono essere fornite dall'agenzia al lavoratore all'atto della stipulazione del
contratto di lavoro subordinato o dell'invio presso l'utilizzatore a pena di sanzione amministrativa.
I casi vietati. La somministrazione di lavoro espressamente vietata:
1) Per la sostituzione di lavoratori in sciopero;
2) Per le unit produttive e per le mansioni interessate, nel 6 mesi precedenti, da licenziamenti
collettivi e da integrazioni salariali;
3) Da parte di imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ex D.Lgs. 626/1994
Il contratto di lavoro subordinato. Secondo il classico schema della triangolazione, accanto al
contratto di somministrazione (a termine o a tempo indeterminato) stipulato tra l'agenzia autorizzata
e l'utilizzatore, troviamo il contratto di lavoro subordinato tra l'agenzia e lavoratore, esso pu essere
stipulato a tempo pieno o a tempo parziale, a tempo determinato, prorogabile con il consenso del
lavoratore e per atto scritto nei casi previsti dal contratto collettivo applicato all'agenzia, avvero a
tempo indeterminato, con il diritto del lavoratore, per i periodi di non lavoro in cui resta in attesa di
assegnazione, ad una indennit di disponibilit.
Rapporto tra lavoratore e utilizzatore. Il rapporto tra lavoratore ed utilizzatore, risulta regolato dalla
legge, come gi avveniva nella L. 196/1997, i lavoratori somministrati risultano alle dirette
dipendenze dell'agenzia, titolare del contratto di lavoro, ma al contempo, essi svolgono la propria
concreta attivit lavorativa nell'interesse nonch sotto la direzione ed il controllo dell'utilizzatore.
Sull'agenzia, in quanto datore di lavoro, gravano in favore dei lavoratori gli obblighi retributivi e
contributivi, previdenziali ed assistenziali (art. 21).
Somministrazione e appalto, gioco delle convenienze. In conclusione emerge che il D.Lgs.
276/2003 pur ampliando molto la deroga al divieto di interposizione in realt rende
economicamente pi conveniente il contratto di appalto rispetto alla somministrazione di lavoro. Il
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CAPITOLO IV
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IL DECENTRAMENTO PRODUTTIVO
1- Il distacco
Il fenomeno del decentramento produttivo assume forme ed aspetti diversi, in parte leciti, in parte
vietati. Decentrare, in senso lato, vuol dire scorporare o comunque commissionare a terzi pezzi del
processo produttivo necessario per produrre il bene o servizio proprio dell'attivit di una certa
impresa.
Dopo aver analizzato il fenomeno della triangolarizzazione nel suo duplice aspetto di fornitura
vietata di manodopera e di somministrazione di lavoro lecita, passiamo ora a considerare un altro
fenomeno interpositorio lecito, molto usato nelle pubbliche amministrazioni e nelle imprese
collegate, consistente nell'invio di un dipendente di un datore di lavoro (c.d. distaccante) presso un
diverso datore, con il permanere della titolarit del rapporto e dell'obbligo retributivo e contributivo
in capo al primo anche se il lavoratore distaccato viene assoggettato al potere direttivo, di controllo
ed eventualmente disciplinare del secondo.
Si tratta di un'ipotesi di somministrazione autorizzata, costituisca uno strumento lecito di
decentramento produttivo. Questo istituto stato denominato alternativamente distacco o
comando, anche se i due termini non sono sempre intesi come sinonimi, nel pubblico impiego.
Il distacco nel D.Lgs. n 276/2003. Esso considera il distacco come ipotesi legittima di
somministrazione di lavoro posta in essere da un soggetto che non esercita professionalmente
l'attivit di fornitura di lavoro altrui. Lo schema sempre quello della c.d. triangolazione in cui
un datore di lavoro distaccante, per soddisfare un proprio interesse pone temporaneamente un
proprio lavoratore (o pi di uno) a disposizione di altro soggetto (c.d. distaccatario) per
l'esecuzione di una determinata attivit lavorativa pur rimanendo direttamente responsabile del
trattamento economico e normativo a favore del lavoratore.
Requisiti di liceit del distacco. Per configurare il legittimo distacco necessario come elemento di
continuit l'interesse proprio del datore distaccante. Per la definizione di interesse del datore si
potr far ricorso alla giurisprudenza pregressa, che lo aveva ravvisato in motivazioni di ordine
tecnico, produttivo, organizzativo oppure di natura morale o solidale, ma certamente non lo si potr
svuotare riducendolo al mero interesse alla fornitura di manodopera (a scopo di lucro) in quanto
oggetto dell'attivit di somministrazione professionale di lavoro per l'esercizio della quale
necessaria l'autorizzazione.
A conferma del fatto che l'art. 30 del D.Lgs. 276/2003 configura un'ipotesi lecita di
somministrazione di lavoro, sta la norma che colpisce il distacco avvenuto in assenza dei requisiti
sopra previsti con la stessa sanzione civile che punisce la somministrazione illecita: su domanda il
lavoratore interessato pu ottenere l'imputazione del rapporto in capo all'effettivo utilizzatore.
Un tale potere incontra due limiti posti dall'art. 30 del D.Lgs 276/2003 che rappresentano senz'altro
una grande novit:
In primo luogo, il distacco che comporti un mutamento di mansioni deve avvenire con il
consenso del lavoratore interessato;
In secondo luogo, quando comporti un trasferimento a una unit produttiva sita a pi di 50
Km da quella in cui il lavoratore adibito, il distacco pu avvenire soltanto per comprovate
ragioni tecniche, organizzative, produttive e sostitutive.
2- Il rapporto di lavoro nei gruppi di impresa e in imprese collegate.
Un fenomeno spesso strettamente connesso al comando o distacco quello rappresentato dal
collegamento fra pi imprese, individuali o collettive, societ di persone o di capitali. Qualora tale
collegamento si presenti particolarmente intenso, con situazioni di controllo o di direzione unitaria,
gli interpreti sono soliti parlare di gruppo di imprese o di imprese di gruppo. Tuttavia, nel
nostro ordinamento non esiste una nozione giuridica unitaria di gruppo.
3- Il trasferimento d'azienda (o ramo d'azienda)
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La disciplina del trasferimento d'azienda o di una sua parte ad un terzo, configurando un'ipotesi di
modificazione soggettiva del rapporto di lavoro dal lato datoriale, viene declinata in modo da
garantire, di massima, la prosecuzione del rapporto di lavoro presso l'acquirente e da predisporre
una forma di garanzia dei diritti dei lavoratori soggettivamente rafforzata, coinvolgendo sia il
cedente che il cessionario dell'azienda nelle posizioni debitorie nei confronti dei lavoratori.
I ripetuti interventi regolatori del legislatore comunitario e nazionale ispirati dalla volont di
rafforzare le tutele dei lavoratori e ampliarne la portata applicativa, sono conseguenza del fatto che
il trasferimento dell'azienda o di un suo ramo rappresentano uno strumento sempre pi utilizzato
dalle imprese per realizzare il decentramento produttivo (c.d. outsourcing).
Il trasferimento d'azienda, evoluzione normativa. A testimoniare l'importanza, l'attualit e la
dimensione assunta oggi dal fenomeno stanno i numerosi interventi legislativi. La norma base
ancora oggi racchiusa nell'art. 2112 c.c. e nell'art. 47 L. 428/1990 (attuazione della Direttiva
77/187/CE) sui quali ha inciso in maniera sensibile il legislatore del nuovo millennio dapprima con
il D.Lgs. n 18/2001 (di attuazione alla Direttiva 98/187/CE) e dopo due anni con l'art. 32 del D.lgs
276/2003.
Il principio base delle Direttive n 77/187/CE e 98/50/CE e delle norme interne di attuazione
quello del mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d'azienda e di
conservazione del posto di lavoro, che si realizza garantendo il passaggio dei lavoratori al nuovo
titolare dell'azienda o di un suo ramo. La razio quella di garantire una sostanziale indifferenza dei
rapporti di lavoro rispetto alle vicende circolatorie dell'azienda o di suoi rami, cio rispetto a
vicende attinenti alla propriet o alla titolarit dell'azienda.
Outsourcing/Insourcing. Il citato fenomeno dell'esternalizzazione (c.d. outsourcing) si accompagna
spesso a quello della internalizzazione (c.d. insourcing). In altre parole ci accade quando
l'acquirente del segmento aziendale esternalizzato si impegna con il cedente a fornirgli beni o
servizi realizzati mediante il segmento ceduto. Si pensi all'esternalizzazione da parte di una societ
automobilistica della costruzione dei pezzi in plastica dell'autovettura in favore di una societ
specializzata in lavorazioni plastiche e al connesso contratto di appalto (internalizzazione),
mediante il quale tale societ specializzata si impegna a fornire un certo numero di pezzi in plastica
alla societ automobilistica.
Il collegamento con l'appalto. Nel tentativo di accompagnare e disciplinare il decentramento
produttivo nel suo duplice aspetto, il legislatore del 2003 aggiunge un 6 comma all'art. 2112 c.c.
con il quale dispone, per il caso in cui l'alienante stipuli con l'acquirente un contratto di appalto la
cui esecuzione avvenga utilizzando il ramo di azienda oggetto di cessione, che appaltante e
appaltatore siano obbligati in solido verso i lavoratori dipendenti dell'appaltatore entro il limite di
un anno dalla cessazione dell'appalto. Venendo al cuore della materia, la nozione trasferimento
d'azienda da sempre costituisce uno snodo cruciale della disciplina. Per trasferimento si intende,
qualsiasi operazione che comporti il mutamento nella titolarit dell'azienda (o del ramo) a
prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento
attuato.
Anche l'oggetto del trasferimento, cio a dire il concetto di azienda viene ampliato, infatti l'attuale
formulazione allude al trasferimento di un'attivit economica organizzata, con o senza scopo di
lucro.
La definizione consente di allentare ogni aggancio con l'art. 2555 c.c. nel quale la nozione di
azienda appare imperniata sul complesso di beni organizzati dall'imprenditore e sposta l'accento
sull'attivit e sull'organizzazione.
La smaterializzazione dei processi produttivi. Il nuovo dato normativo, induce a ritenere sufficiente
ai fini dell'applicazione dell'art. 2112 c.c., anche la traslazione di una attivit realizzata solo
mediante l'impiego di un insieme di lavoratori all'uopo organizzati, senza il supporto di un apparato
strumentale.
Il ramo d'azienda. Anche in assenza di una precisa definizione legale, nello specchio normativo
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dell'art 2112 c.c. e dell'art. 47 L. 428/1990 era stato fatto rientrare dalla giurisprudenza il
trasferimento di singole unit produttive, dette rami di azienda, purch suscettibili di costituire un
compiuto strumento di impresa. Una nozione legale di ramo d'azienda, ribattezzato parte
dell'azienda, stata introdotta dal D.Lgs. 18/2001 e modificata dal D.Lgs 276/2003. Essa consiste
nell'articolazione funzionalmente autonoma di un'attivit economica organizzata, identificata
come tale dal cedente e dal cessionario al momento del trasferimento.
Preesistenza e conservazione dell'identit. Il D.Lgs. 18/2001 richiedeva come requisiti per
l'identificazione della parte dell'azienda, la sua preesistenza rispetto al trasferimento e la
conservazione della propria identit nel trasferimento.
La responsabilit solidale e le sue deroghe. E' comunque consentito che il lavoratore possa liberare
dalla responsabilit solidale uno dei due coobbligati ma, trattandosi di ipotesi di c.d. volont
individuale assistita, ci dovr avvenire secondo modalit precise: nei confronti del cedente innanzi
alla commissione di conciliazione prevista dai contratti collettivi o istituita presso ciascuna
Direzione Provinciale del lavoro oppure in sede sindacale, nei confronti del cessionario
(generalmente pi interessato ad ottenere la liberazione).
Le dimissioni del lavoratore collegate al trasferimento. Al lavoratore che non accetta il
trasferimento non resta che rassegnare le proprie dimissioni, naturalmente con preavviso, se invece
le condizioni di lavoro subiscono una sostanziale modifica nei tre mesi successivi al trasferimento
d'azienda, il lavoratore potr pertanto dimettersi, entro 3 mesi dal trasferimento, con gli effetti della
giusta causa (cio senza dare preavviso).
CAPITOLO V
21
Il dirigente oltre a godere della fiducia del datore, costituisce lalter ego dellimprenditore, preposto
alla direzione dellintera impresa o a un ramo importante autonomo di questa.
2.2-I quadri
La l. n 190/1985, nel modificare lart 2095 c.c., definisce i quadri come quei lavoratori che, pur non
appartenendo alla categoria dei dirigenti, svolgono funzioni con carattere continuativo di rilevante
importanza ai fini dello sviluppo e dellattuazione degli obiettivi dellimpresa; peraltro affida alla
contrattazione collettiva il compito di stabilirne i requisiti di appartenenza.
Gli aspetti della disciplina speciale individuati dalla l. n.190, sono limitati e non sono neppure
necessariamente collegati alla posizione di quadro, ma estendibili a tutti i prestatori che siano
meritevoli di pari considerazione per le mansioni svolte: cos per il diritto alla promozione a una
qualifica superiore, per lassicurazione contro la responsabilit civile.
3-Le mansioni e la qualifica
Lindividuazione delle mansioni, e quindi della qualifica e categoria del lavoratore nel rapporto di
lavoro si determina secondo le regole generali in materia di rapporti contrattuali. il c.d. principio
di contrattualit delle mansioni confermato dallart 2103 c.c., laddove esplicita che il lavoratore
deve essere adibito alle mansioni per le quali stato assunto. Lindividuazione delle mansioni e
della qualifica avviene di norma secondo la tipologia definita dalla contrattazione collettiva.
In mancanza di unindicazione precisa delle mansioni, il punto di riferimento per valutare le
qualifiche, saranno le mansioni effettivamente svolte n modo stabile nellorganizzazione del lavoro.
Le mansioni e la qualifica individuano loggetto della prestazione dovuta dal lavoratore; mentre le
categorie (operai, impiegati, quadri, dirigenti) si determinano sulla base di mansioni e qualifiche.
Niente vieta che un lavoratore provvisto di una certa qualificazione professionale, sia assunto in
mansioni e qualifiche diverse, anche inferiori. Una parziale eccezione a tale regola, introdotta
dalla legge o dalla contrattazione collettiva in certi settori. Qui il titolo di studio costituisce
elemento decisivo per lattribuzione di una certa qualifica, ovvero condizione essenziale per
acquisirla.
Niente vieta altres che le mansioni di assunzione siano polivalenti o promiscue. Anzi la polivalenza
tende ad essere favorita nella prassi aziendale nellinteresse di ambedue le parti: una maggiore
flessibilit del lavoro e minore ripetitivit dei compiti.
Nel caso di mansioni promiscue (a cavallo fra qualifiche diverse), linquadramento se non previsto
in sede collettiva, pu presentare problemi. La giurisprudenza ritiene in tal caso di far riferimento
alle mansioni prevalenti.
4-La disciplina contrattuale delle qualifiche: linquadramento unico
Le qualifiche, insieme con le categorie, costituiscono un oggetto centrale della contrattazione
collettiva dalle sue origini. A tal proposito si rilevato che esse rappresentano i termini di un patto
storico fra imprese e lavoratori.
Fino agli anni 60 stato prevalente nellindustria un sistema di classificazione tradizionale che
aveva le sue origini ancora nella contrattazione degli anni 30. Nel corso degli anni 60, la
contrattazione aziendale speriment nuovi sistemi di classificazione basati su tecniche di
valutazione delle posizioni del lavoro: la c.d. job evaluation. Ma tali esperimenti non si
generalizzano per la debolezza della contrattazione e per la differenza dei sindacati.
Un cambiamento del sistema si realizz a partire dalla fine del decennio 60 con ladozione del c.d.
inquadramento unico. Le novit introdotte riguardano innanzi tutto il superamento (parziale) della
divisione fra operai e impiegati con ladozione di una scala di classificazione unificata. In secondo
luogo si ridusse notevolmente il numero delle categorie contrattuali di inquadramento, chiamate
livelli, in cui si raggrupparono le varie mansioni a fini retributivi.
La classificazione si realizz attraverso declaratorie generiche e con lesemplificazione di singole
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mansioni.
5-Lo jus variandi: dal codice civile allart. 13 St. lav.
Una particolarit della disciplina del rapporto di lavoro risulta dal potere riconosciuto al datore, di
modificare le mansioni del lavoratore oltre lambito convenuto. Un simile potere unilaterale
denominato jus variandi, e non trova riscontro in altri rapporti obbligatori di durata, dove le
modifiche del contenuto obbligatorio sono ammissibili per mutuo consenso.
Tale particolarit sempre stata giustificata con le esigenze flessibili dellorganizzazione del lavoro,
che richiedono sovente modifiche non prevedibili.
La prima disciplina organica dello jus variandi del datore di lavoro fu stabilita nellart 2103 c.c.,
che ne defin le condizioni di esercizio. Nella versione originaria della norma lo jus variandi era
riconosciuto dallimprenditore, in quanto il suo esercizio corrispondesse alle esigenze dellimpresa
e non importasse una diminuzione della retribuzione e un mutamento della posizione del lavoratore.
In concreto, lunico limite che assumeva rilievo di garanzia per il lavoratore risultava quello
dellinvariabilit in peius della retribuzione, mentre la discrezionalit nelluso della forza lavoro
restava alquanto ampia e incontrollata.
Al punto che la giurisprudenza tendeva a riconoscere la possibilit di una modifica consensuale
tacita in peius delle mansioni e correlativamente della retribuzione. Tale interpretazione, affermava
che il lavoratore, il quale non avesse reagito con le dimissioni alle modifiche imposte dal datore
continuando di fatto a lavorare nelle nuove mansioni, manifestava tacitamente di accettare tale
modifica. Lart 13 dello statuto dei lavoratori ha innovato la materia con la riformulazione del
vecchio art 2103 c.c.
ART 13: il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali stato assunto o a
quelle corrispondenti alla categoria superiore o a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente
svolte, senza diminuzione della retribuzione.
5.1-Il limite dellequivalenza delle mansioni
Il dibattito dottrinale e giurisprudenziale intorno al concetto di equivalenza delle mansioni sempre
di notevole attualit, sia per la complessit e la delicatezza dellargomento, sia per i continui
mutamenti delle concrete realt aziendali che comportano un diverso atteggiarsi dei contrapposti
interessi.
Va sottolineato che negli anni novanta, parte della giurisprudenza, ponendosi in contrasto con la
dottrina prevalente, aveva elaborato un concetto statico di equivalenza, affermando che affinch
vi sia equivalenza di mansioni richiesta lomogeneit tra le mansioni pregresse e quelle
successivamente assegnate.
Solo negli ultimi tempi la giurisprudenza, si evoluta su una concezione non pi statica del
concetto di equivalenza, bens dinamica, ritenendo legittima anche lassegnazione a mansioni non
del tutto identiche alle precedenti, ma comunque rientranti nella specifica competenza tecnico
professionale del lavoratore e che non comportino un pregiudizio alla carriera.
Pertanto equivalenza non significa necessariamente identit di mansioni, quindi al dipendente pu
ben essere richiesto di utilizzare lesperienza pregressa in funzioni diverse, purch non si verifichi
un sostanziale depauperamento del suo patrimonio professionale.
5.2-La nullit dei patti contrari
Lultimo comma del nuovo art 2103 sancisce la nullit di ogni patto contrario. Gli accordi nulli cui
si riferisce la norma, sono quelli individuali e collettivi che realizzano un risultato vietato dalla
norma, ad es. lattribuzione a mansioni inferiori (c.d. mobilit verso il basso).
La natura inderogabile della norma pone un problema delicato a fronte di quei patti che dispongono
lo spostamento a mansioni inferiori per soddisfare un interesse qualificato del lavoratore: quello di
evitare un licenziamento giustificato da ragioni oggettiva, ad es, quando lo stesso prestatore non sia
24
CAP VI
25
riduzioni retributive.
Nel frattempo abbiamo lemanazione della Direttiva CE n 104 del 1923 sui tempi di lavoro e di
riposo, essa finalizzata a migliorare lambiente di lavoro e garantire un pi elevato livello di
protezione della sicurezza e salute dei lavoratori, lintervento del legislatore ha per obiettivo la
flessibilit del lavoro in chiave di maggior competitivit per le imprese.
2-Lorario di lavoro: disciplina legale e contrattuale
La disciplina legale tradizionale sulla durata massima del lavoro (R.D.L. n. 692/1923) prevedeva
per le aziende industriali e commerciali- che lorario massimo non potesse eccedere le 8 ore
giornaliere o 48 ore settimanali. La disciplina legale dellorario settimanale ha, per lungo tempo,
segnato i limiti massimi, anche agli effetti dello straordinario, seppur sostituita in toto dalla
normativa contrattuale, che aveva generalizzato, a partire dal 1973, la settimana di 40 ore distribuite
su 5 giorni (lavorativi).
Successivamente lart 13 L n. 196/1997 ha stabilito la riduzione dellorario (massimo) normale di
lavoro
(da 48) a 40 ore settimanali; limite che-sec linterpretazione prevalente- andava ad
aggiungersi a quello giornaliero di 8 ore.
Il D.Lgs n. 66/2003 ha provveduto allintegrale abrogazione delle pregresse disposizioni legislative
e regolamentari. Il legislatore ha in primis , riconfermato in pieno il disposto dellart 13, L. n.
196/1997.
In particolare, oltre a fissare nuovamente lorario (massimo) normale limite oltre il quale la
prestazione lavorativa da considerarsi straordinaria in 40 ore settimanali, ha riproposto la facolt
a favore dei contratti collettivi di stabilire una durata minore rispetto a quella legale e di riferire
lorario normale alla durata media delle prestazioni lavorative per periodi ultrasettimanali non
superiori allanno.
La norma, ha configurato i limiti normali massimi come valori medi nellarco di un periodo
superiore alla settimana, dallaltro, ha consentito il regime di orario c.d. multiperiodale, consistente
nel superamento convenzionale dei limiti normali massimi, salvo compensazione nellanno.
La determinazione della durata massima settimanale dellorario di lavoro demandata ai contratti
collettivi. Tuttavia questi, in ogni caso devono rispettare un limite legale a prima vista basso -48
ore- ma dilatabile dato che va calcolato in modo flessibile.
Il limite di 48 ore per ogni periodo di sette giorni, da calcolarsi, non settimana per settimana,
bens come media in un arco temporale non superiore a quattro mesi. Inoltre tale arco temporale
pu essere elevato, sempre dalla contrattazione collettiva, a sei ovvero a dodici mesi, per ragioni
obiettive, tecniche o inerenti allorganizzazione del lavoro.
Accanto ai limiti settimanali, normale e massimo, la legge non fa pi alcun riferimento ad una
durata della giornata lavorativa. Ci ha implicato linequivocabile venir meno della storica
limitazione della giornata lavorativa ad 8 ore; introdotta dal R:D:L: N: 692/1923 e non ritoccata,
almeno secondo linterpretazione prevalente, nemmeno dalla L. n. 196/1997.
Tuttavia, fermo restando che nulla impedisce alla contrattazione collettiva di fissare tetti di orario
giornaliero, una limitazione della durata della giornata lavorativa pu, comunque, essere ricavata
dalla norma sul riposo giornaliero.
Dal riconoscimento del diritto del lavoratore a undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro
ore e della pausa obbligatoria di almeno 10 minuti si deduce, per mezzo di un mero calcolo
aritmetico, come la durata della giornata lavorativa non possa superare le 12,50 ore.
I limiti stabiliti dal legislatore si riferiscono al lavoro effettivamente svolto.
In realt la lettura della nozione di orario di lavoro della Direttiva CE fornita dalla giurisprudenza
comunitaria, pare escludere che nella stessa rientri soltanto il lavoro caratterizzato da uneffettiva
applicazione delle energie lavorative. Come osserva il giudice comunitario, rientrano nellorario di
lavoro necessariamente anche periodi nellambito dei quali il lavoratore, bench non impegnato in
attivit di lavoro stia cmq mettendo a disposizione le proprie energie lavorative al datore di lavoro,
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essendo cmq obbligato a restare sul luogo di lavoro, per poter fornire a richiesta del datore,
immediatamente la propria prestazione.
Ci si chiesti se il datore di lavoro possa modificare unilateralmente lorario di lavoro,
nellosservanza dei limiti massimi di cui alla disciplina legale.
Per la modifica dellestensione dellorario (e della retribuzione) lopinione dominante nega
lesistenza di un potere unilaterale del datore, richiedendo la genuinit dellassenso del lavoratore.
La regolamentazione generale dellorario di lavoro dettata dal D.lgs n 66/2003 si applica a tutti i
settori di attivit pubblici e privati.
Art 2 del decreto:
Le disposizioni contenute nel presente decreto si applicano a tutti i settori di attivit pubblici e
privati con le uniche eccezioni del lavoro della gente di mare di cui alla direttiva 1999/63/CE, del
personale di volo nella aviazione civile di cui alla direttiva 2000/79/CE e dei lavoratori mobili per
quanto attiene ai profili di cui alla direttiva 2002/15/CE.
2. Nei riguardi delle forze armate e di polizia, dei servizi di protezione civile, ivi compresi quelli
del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonch nell'ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie
e di quelle destinate per finalit istituzionali alle attivit degli organi con compiti in materia di
ordine e sicurezza pubblica, delle biblioteche, dei musei e delle aree archeologiche dello Stato le
disposizioni contenute nel presente decreto non trovano applicazione in presenza di particolari
esigenze inerenti al servizio espletato o di ragioni connesse ai servizi di ordine e sicurezza pubblica,
di difesa e protezione civile, nonch degli altri servizi espletati dal Corpo nazionale dei vigili del
fuoco, cosi' come individuate con decreto del Ministro competente, di concerto con i Ministri del
lavoro e delle politiche sociali, della salute, dell'economia e delle finanze e per la funzione pubblica,
da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
3. Le disposizioni del presente decreto non si applicano al personale della scuota di cui al decreto
legislativo 16 aprile 1994, n. 297.
4. La disciplina contenuta nel presente decreto si applica anche agli apprendisti maggiorenni.
3-Lavoro straordinario (e supplementare)
Una disciplina particolare prevista per il lavoro straordinario, ossia per il lavoro prestato oltre
lorario normale settimanale di lavoro fissato dalla legge. Nel sistema originario, il lavoratore
straordinario era quello eccedente il limite delle 48 ore settimanali o delle 8 ore giornaliere.
Dopo gli interventi della seconda met degli anni 90 e da ultimo, dopo lentrata in vigore del D. Lgs
n. 66/2003 mentre il limite della settimana risulta ridotto a 40 ore, con conseguente abbassamento
della soglia oltre la quale computare lo straordinario legale, il tetto legale della giornata lavorativa
scomparso.
Il ricorso al lavoro straordinario deve essere contenuto oltre che da limiti di natura sostanziale e
procedurale, nonch da disincentivi di ordine economico.
I contratti collettivi sono liberi di regolare le modalit di esecuzione delle prestazioni di lavoro
straordinario anche prevedendo lobbligo del lavoratore di effettuare le prestazioni eccedenti fatto
salvo solo un giustificato motivo di rifiuto.
Viceversa, in mancanza di disciplina collettiva, il ricorso al lavoro straordinario ammesso solo se
la richiesta del datore di lavoro corredata da consenso del lavoratore e nel limite massimo annuale
di 250 ore.
Inoltre, salvo diversa disposizione della disciplina collettiva, il lavoro straordinario pu essere
richiesto, anche prescindendo dal consenso del lavoratore per esigenze tassativamente determinate:
a) eccezionali esigenze tecnico produttive, impossibili da fronteggiare attraverso assunzioni di
altri lavoratori,
b)casi di forza maggiore o casi in cui la mancata esecuzione di prestazioni di lavoro straordinario
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possa dar luogo ad un periodo grave ovvero un danno alle persone o alla produzione,
c) eventi particolari, come mostre, fiere e manifestazioni collegate allattivit produttiva.
Il lavoro straordinario deve essere computato a parte compensato con maggiorazioni retributive.
4-Lavoro notturno e regimi di orario.
Lavoro notturno: lart 2108 cod civ stabilisce che il lavoro notturno non compreso in regolari turni
periodici deve essere retribuito con una maggiorazione rispetto al lavoro diurno.
Lorario di lavoro dei lavoratori notturni non pu superare le 8 ore complessive ( comprensive
anche del lavoro straordinario).
6-Le ferie
Il diritto del lavoratore a un periodo annuale di ferie retribuite riconosciuto dallart 36,3 comma
Cost, che sancisce lirrinunciabilit.
Trova, altres, riconoscimento nellart 10, D. Lgs n. 66/2003, che mantiene in vigore lart 2109 cod
civ. Le ferie rispondono allo scopo tipico di soddisfare primarie necessit fisiche e morali del
dipendente.
La durata minima fissata in 4 settimane, elevabili dai contratti collettivi.
Il periodo di ferie annuale: esso spetta, cio, entro lanno.
Tuttavia perch lo stesso maturi non occorre aver prestato servizio per un intero anno, essendo
garantito, anche a coloro che abbiano lavorato per un periodo inferiore, 1/12 delle ferie per ogni
mese di servizio prestato.
Tale principio c.d della introannualit delle ferie, stato sancito dalla Corte Cost. che ha abrogato
linciso dellart 2109 dopo un anno di ininterrotto servizio.
La scelta del periodo di ferie rientra nel potere dispositivo del datore di lavoro da esercitarsi
secondo buona fede, contemperando le esigenze aziendali con quelle dei lavoratori.
Il potere di determinazione del periodo feriale, riconosciuto dalla legge al datore di lavoro, non
assoluto. Il datore dovr, rispettare il principio secondo cui, salvo diverse previsioni contrattuali
collettive, le ferie vanno godute per almeno due settimane entro lanno di maturazione, mentre per il
restante periodo entro 18 mesi dal termine dellanno di maturazione.
In secondo luogo, lo stesso datore dovr tener conto del fatto che le ferie vanno possibilmente
godute in modo continuativo , in ogni caso riconosciuto al lavoratore il diritto di richiedere il
godimento consecutivo delle prime due settimane.
Lart 2109 cod civ, lart 36 Cost e lart 10 D.Lgs n. 66/2003 stabiliscono che il periodo feriale deve
essere retribuito , senza ulteriori indicazioni.
Per espressa previsione del D.Lgs n. 66/2003, il periodo minimo di 4 settimane e non si possono
rinunziare.
Una questione a lungo controversa stata quella relativa agli effetti della malattia sopravvenuta nel
corso delle ferie.
La giurisprudenza prevalente ha per lungo periodo escluso leffetto interruttivo della malattia
rispetto alle ferie,
Questo orientamento ha, tuttavia, subito un netto capovolgimento, ha dichiarato illegittimo lart
2109 cod civ nella parte in cui non prevede che la malattia insorta durante il periodo feriale ne
sospenda il decorso.
La pronuncia della Corte Cost ha avuto unapplicazione non pacifica nella giurisprudenza
successiva.
Lorientamento dominante correttamente attribuisce effetti sospensivi non ad ogni malattia, bens
solo a quella che impedisca, in concreto, il normale decorso delle ferie e ne precluda il
raggiungimento delle finalit tipiche (recupero delle proprie energie psico-fisiche).
CAPITOLO VII
30
Tra le norme successive alla Cost. di repressione delle discriminazioni ricordiamo la L. n.7/1963,
sulla nullit delle c.d. clausole di nubilato e del licenziamento per causa di matrimonio, la L.
1204/1971 sulla tutela della maternit, la L. 903/1977 in cui viene sancita la parit fra i sessi nel
lavoro e la L. 125/1991 che riguarda le pari opportunit.
4-La tutela contro le discriminazioni per ragioni di sesso. parit di trattamento e parit
retributiva nella L. 903/1977.
La legge 903/1977 pone specifici divieti di discriminazione per ragione di sesso e viene considerata
attuazione del principio di eguaglianza formale. La legge vieta esplicitamente anche ogni
discriminazione fra uomini e donne nellattribuzione delle qualifiche, delle mansioni e nella
progressione di carriera.
La legge 903/1977 estende poi il principio di parit tra sessi allarea della previdenza sociale: solo
parzialmente, con lart 4 sullet del pensionamento delle donne; completamente con lart 9 che
parifica le condizioni di erogazione degli assegni familiari e con lart 11 che parifica le condizioni
per ottenere le prestazioni previdenziali ai superstiti.
La legge 903/1977 introduce anche un procedimento speciale, sicch qualora vengano posti in
essere comportamenti discriminatori, il lavoratore potr ricorrere al giudice al fine di ottenere in via
durgenza un decreto immediatamente esecutivo, contenente lordine di cessazione del
comportamento e di rimozione degli effetti.
La legge si preoccupa di ribadire la parit di retribuzione per prestazioni uguali o di eguale valore
tra lavoratori e lavoratici.
Lapplicazione dei principi della legge sono stati insoddisfacenti nella prassi; persistono a tuttoggi
forti sperequazioni, specie retributive, tra lavoratori di sesso diverso, che svolgono la medesima
professione.
5- Pari opportunit e azioni positive nella Legge 125/1991
La legge n.125/1991 animata da almeno un duplice obiettivo:
1) Rimediare ad alcune debolezze della l. 903/1977;
2) Porsi in unottica di uguaglianza sostanziale.
Discriminazioni indirette per ragioni di sesso. La legge provvede ad una definizione esplicita delle
discriminazioni per ragioni di sesso, distinguendole tra: dirette e indirette.
Con laggettivo dirette si qualificano tutte le discriminazioni operanti sul piano individuale, cio
quei trattamenti differenziati, basati su condizioni soggettive (sesso, razza, origine etnica).
Alla luce di ci, la legge definisce la discriminazione sessuale diretta come qualsiasi atto, patto o
comportamento che produce un effetto pregiudizievole discriminando anche in via indiretta le
lavoratrici o i lavoratori in ragione del loro sesso. Ad es. a parit di curriculum viene assunto Tizio
piuttosto che Caio solo perch il datore di lavoro non vuole donne nella sua azienda.
Discriminazioni indirette per ragioni di sesso. La nozione di discriminazione indiretta invece pi
sottile e complessa, scivolando dal piano individuale a quello collettivo. Secondo la legge,
costituisce discriminazione sessuale indiretta qualsiasi comportamento pregiudizievole, da
chiunque posto in essere, conseguente alladozione di criteri formalmente neutri ed eguali fra
soggetti, ma che svantaggiano in modo proporzionalmente maggiore i lavoratori di un sesso
(tipicamente le donne) senza alcuna giustificazione. Ad es. viene richiesto il possesso di una statura
minima senza che ci sia essenziale alle mansioni da svolgere.
La direttiva 2002/73/CE e nozione di discriminazione sessuale indiretta. Per effetto della direttiva
2002/73/CE, la nozione di discriminazione indiretta per ragioni di sesso in procinto di essere
novellata. Il quadro normativo si appresta ad acquisire una progressiva omogeneit per ciascuno dei
tre ambiti considerati: discriminazioni di sesso, di razza e origine etnica.
La direttiva, per discriminazione sessuale indiretta ricomprende ogni comportamento
pregiudizievole, fondato su criteri o prassi apparentemente neutri, ma che di fatto mettono o
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sessuale.
Si ha discriminazione diretta quando in ragione di tali motivi una persona trattata meno
favorevolmente di quanto sia, sia stata, o sarebbe stata trattata unaltra in una situazione analoga.
Esempio: un annuncio di lavoro, che escluda espressamente gli inabili handicappati dallambito dei
suoi destinatari.
La discriminazione indiretta ricorre quando una disposizione, un criterio, una prassi,
apparentemente neutri possono mettere le persone di una determinata razza od origine etnica, di una
determinata religione, o di una particolare et, in una situazione di particolare svantaggio rispetto
alle altre persone.
Esempio: Tizio si rivolge ad unagenzia per lassunzione di personale, e ordini a questa di non
selezionare lavoratori appartenenti ad una determinata razza o credo religioso.
Lo stesso deve dirsi per le molestie, entro cui il legislatore ricomprende qualsiasi comportamento
indesiderato, che abbia lo scopo o leffetto di violare la dignit delle persone e di creare un clima
intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo.
A) IL POTERE DI CONTROLLO
1-I limiti al potere di vigilanza: controlli nellattivit e visite personali
Limiti al potere di vigilanza. le guardie giurate. La disciplina statutaria assoggetta a limiti specifici
il potere di vigilanza del datore sullattivit lavorativa. Al personale di vigilanza si rivolgono gli
artt. 2 e 3 St. lav.
Lart 2 si riferisce alle guardie giurate con compiti di tutela del patrimonio aziendale e dotato di
particolari privilegi connessi a tale funzione (diritto di portare armi);
Il personale di vigilanza sul lavoro. Lart 3 rafforza lart 2, imponendo la preventiva comunicazione
ai lavoratori interessati dei nominativi e delle mansioni specifiche del personale di vigilanza sul
lavoro, distinto dalle stesse guardie giurate e privo dei loro particolari poteri. Le due norme mirano
non ad abolire la funzione di vigilanza nellimpresa, ma a privarla degli aspetti polizieschi, talora
storicamente assunti con la costituzione di vere e proprie polizie interne.
Tale normativa implica che, il datore di lavoro non potr tener conto in sede disciplinare degli
elementi acquisiti a carico del lavoratore da guardie giurate, nonch da personale di vigilanza, al di
fuori delle loro attribuzioni. stato tuttavia affermato che i limiti discendenti dagli artt. 2 e 3, non
possono essere invocati, qualora il controllo riguardi non lattivit lavorativa, bens condotte
illecite, cio mancanze specifiche dei dipendenti. Ad es. sono stati considerati legittimi i controlli
effettuati da una banca allinsaputa del dipendente tramite alcuni clienti appositamente contattati, al
fine di verificare la regolarit del comportamento di una cassiera.
Controlli a distanza. Lart 4 precisa i controlli esercitabili dal datore di lavoro, stabilendo che essi
non possono realizzarsi mediante impianti audiovisivi (es. televisioni a circuito chiuso) e altre
apparecchiature atte a sorvegliare a distanza lattivit dei lavoratori. Controlli a distanza possono
giustificarsi solo se richiesti da esigenze organizzative (ad. es. al ricorso di telecamere a circuito
chiuso necessario x motivi di sicurezza allinterno delle banche).
Per rafforzare leffettivit dellart 4, prevista una garanzia procedurale a vari livelli: sindacale,
amministrativo e giudiziale. Le apparecchiature di controllo richiesto da esigenze obiettive, ma da
cui possa derivare un controllo delle attivit del lavoratore, sono installabili solo previo accordo con
tutte le RSA o in mancanza, con la commissione interna.
Qualche problema sorge relativamente allefficacia soggettiva di simili accordi sindacali.
Usualmente sono ritenuti vincolanti per tutti i lavoratori interessati, iscritti e non iscritti al sindacato
stipulante, anche se tale efficacia generale non facilmente spiegabile allinterno del nostro sistema
sindacale, con la conseguenza che il tipo di contratto collettivo oggi sottoscritto privo di una tale
valenza, e si applica, ai soli iscritti.
Visite personali di controllo sul lavoratore. Principi simili a quelli dellart 4 sono stabiliti dall art 6
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a proposito di visite personali di controllo sul lavoratore, cio le perquisizioni personali. Tale prassi
ammessa solo se indispensabile ai fini della tutela del patrimonio aziendale e a condizione che le
visite siano svolte alluscita dei luoghi di lavoro. La Corte Cost. ha salvato la disposizione, in
quanto supportata da obiettive giustificazioni e garanzie per i lavoratori, i quali possono sempre
rifiutare la perquisizione.
Controllo delle malattie. Lart 5 limita il potere di controllo dellimprenditore nei confronti del
lavoratore assente dal lavoro per infermit (o infortunio). Pi precisamente vieta la prassi dei
controlli tramite medici nominati e pagati dal datore di lavoro, e affida laccertamento ai servizi
ispettivi degli istituti competenti: lINAIL per gli infortuni e lASL e lINPS per le malattie. Questi
sono tenuti a compierlo quando il datore lo richieda.
Controllo sull'idoneit fisica del lavoratore. Il 3 comma dellart 5 riserva ad enti pubblici anche il
controllo sullidoneit fisica del lavoratore, vale a dire sulla capacit di proseguire il rapporto di
lavoro.
2-Il divieto di indagine sulle opinioni e la tutela della privacy.
Lart 8 vieta al datore di lavoro, ai fini dellassunzione e nel corso del rapporto, di effettuare
indagini, anche tramite terzi, sulle opinioni politiche, religiose sindacali del lavoratore, nonch su
tutti i fatti non rilevanti ai fini della valutazione dellattitudine professionale di questo.
Nellintento di garantire il rispetto dei diritti, delle libert fondamentali e della dignit delle persone
nel trattamento dei dati personali, le regole appaiono diverse per i dati ordinari e per quelli sensibili
e giudiziari.
I dati ordinari sono definiti come tutti quei dati che non sono sensibili e giudiziari. Il loro
trattamento ammesso solo con il consenso espresso dellinteressato, salvo tassative eccezioni;
i dati sensibili sono quelli idonei a rivelare lorigine razziale od etnica, le convinzioni religiose,
filosofiche, le opinioni politiche, ladesione a partiti, sindacati;
i dati giudiziari sono quelli idonei a rivelare provvedimenti giudiziari in materia di sanzioni
amministrative, carichi pendenti, o la qualit di imputato o di indagato. Tali dati possono essere
oggetto di trattamento solo con il consenso scritto dellinteressato e previa autorizzazione de
Garante per la protezione dei dati personali.
La regola del consenso e autorizzazione, conosce delle eccezioni. Esiste un novero di ipotesi nelle
quali il trattamento ammesso anche senza consenso, sulla base della sola autorizzazione del
garante. Ad. es. in caso di trattamento effettuato da organismi senza scopo di lucro, nel caso di
trattamento svolto per adempiere a specifici obblighi di legge per la gestione del rapporto di lavoro.
In forza di ci, il datore di lavoro potr trattare la gran parte dei dati sensibili attinenti ai propri
lavoratori senza ottenere il preventivo consenso.
Per quando riguarda il Garante, ha esonerato dallobbligo della richiesta di autorizzazione i datori di
lavoro privati che debbano trattare dati sensibili in tutta una serie di occasioni. Tra queste
ricordiamo:
-ladempimento di obblighi previsti ai fini dellinstaurazione, gestione ed estinzione del rapporto di
lavoro, o in materia di igiene e sicurezza del lavoro.
Il lavoratore ha diritto di accedere ai dati personali e pu opporsi, per motivi legittimi, al loro
trattamento.
Alla luce della normativa sulla privacy, va risolto anche il problema della legittimit dei controlli
sulle comunicazioni telefoniche del lavoratore, nonch sullutilizzo di parte di questi del computer
aziendale.
Nel caso di un dipendente, che aveva effettuato conversazioni private con il telefono aziendale,
stato considerato legittimo il licenziamento, ed ancor prima, la registrazione ad opera del datore dei
numeri telefonici chiamati.
Unattenzione ancora maggiore suscitano le questioni legate alla vigilanza sulluso di
apparecchiature elettroniche da parte del personale, ad. es. il computer aziendale. V da capire se si
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tratti di strumenti di lavoro utilizzabili solo per scopi professionali o anche per fini personali. La
questione si posta, nella specie, per il controllo sulluso della posta elettronica ad opera dei
dipendenti. Secondo il Garante, la posta elettronica andrebbe protetta, con conseguente piena
applicabilit della normativa penale. La giurisprudenza ha escluso gli estremi del reato ex art 616
c.p. nella condotta del datore che, allinsaputa del lavoratore, ne aveva controllato la posta
elettronica e ci proprio in ragione della natura non privata, bens aziendale dellindirizzo email.
Problemi analoghi ha sollevato il controllo sulla navigazione internet del lavoratore. I giudici hanno
ritenuto legittimo il licenziamento di un prestatore di lavoro da ci erano emersi collegamenti
giornalieri sul web di durata lunghissima per scopi personali.
C) IL POTERE DISCIPLINARE
1-Il fondamento del potere disciplinare
Lart 2106 c.c. stabilisce che linosservanza, da parte del prestatore di lavoro, degli obblighi previsti
pu dar luogo allapplicazione di sanzioni disciplinari, secondo la gravit dellinfrazione o in
conformit delle norme corporative.
2-I requisiti sostanziali.
Presupposti sostanziali del potere disciplinare sono: la sussistenza del fatto addebitato e la
proporzionalit tra infrazione e sanzione. Riguardo a questultimo presupposto influisce
correntemente leventuale recidiva, vale a dire la circostanza che una determinata infrazione sia
stata gi sanzionata. Lultimo comma dellart 7 St. lav. stabilisce che non pu tenersi conto delle
sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione.
3-I requisiti procedimentali.
I requisiti invece, introdotti dallart 7 sono definiti procedimentali. I requisiti procedimentali,
disciplinati dai commi 2,3 e 5 dellart. 7 dello Statuto dei Lavoratori, si identificano nel rispetto di
regole procedurali atte a garantire la conoscibilit da parte dei lavoratori delle infrazioni idonee a
determinare lapplicazione di sanzioni e le conseguenti pene irrogabili. La loro assenza si traduce
nellinesistenza del potere e conseguentemente nella nullit della sanzione. I requisiti
procedimentali sono:
-preesistenza del codice disciplinare aziendale , vale a dire di un testo nel quale il datore che
indichi le infrazioni e le relative sanzioni. La previsione di un codice disciplinare consente al
lavoratore di conoscere quali violazioni agli obblighi contrattuali debbono ritenersi punibili e quali
sanzioni saranno applicabili.
Per quanto concerne la tipologia delle sanzioni, occorre precisare che questa si ricava dalla
contrattazione collettiva e prevede, in ordine di gravit:
richiamo verbale;
ammonizione scritta;
multa;
sospensione dallattivit lavorativa;
licenziamento disciplinare;
-pubblicit del codice disciplinare: si intende che il codice venga portato a conoscenza dei
lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti.
Secondo la giurisprudenza (Cass. Sezione Lavoro n. 20733 del 3 ottobre 2007, in particolare,)
affinch i locali in cui sono affisse le disposizioni (il c.d. codice disciplinare) possano dirsi
accessibili liberamente a tutti i lavoratori occorre che essi siano comodamente raggiungibili. Ne
consegue che questobbligo non pu essere ristretto alla necessit che i locali in cui viene effettuata
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laffissione non siano chiusi e che tutti i dipendenti abbiano piena libert di accedervi senza
impedimenti di sorta e senza dover chiedere permessi particolari, in quanto la possibilit di recarsi
nei locali in cui sono esposte le norme disciplinari deve essere effettiva, non meramente teorica.
-preventiva e specifica contestazione delladdebito. Ai sensi dellart. 7, comma 2, dello Statuto
dei Lavoratori, il datore di lavoro non pu procedere allirrogazione di una sanzione disciplinare
senza prima aver contestato la relativa infrazione al lavoratore e senza averlo sentito a sua difesa.
La contestazione deve avvenire per iscritto, fatta eccezione per il caso del semplice rimprovero
verbale. Il lavoratore potr farsi assistere da un rappresentante dellassociazione sindacale cui
aderisce o conferisce mandato.
Laddebito deve essere contestato con immediatezza e specificit. Tra conoscenza del fatto e sua
contestazione non pu trascorrere pi del tempo ragionevolmente necessario al datore di lavoro per
fare un minimo di accertamenti, ed assumere la decisione di dare inizio al procedimento
disciplinare.
La contestazione ritenuta congrua allorch appare idonea a realizzare il risultato perseguito dalla
norma, cio a consentire una puntuale difesa da parte del lavoratore. La contestazione deve
insomma individuare addebitati con sufficiente precisione.
-diritto di difesa del lavoratore. Affinch la sanzione irrogata sa valida, non sufficiente la
preventiva contestazione delladdebito, in quanto occorre che il lavoratore venga messo nelle
condizioni di potersi difendere. Per tale ragione, dopo la contestazione delladdebito il lavoratore
pu richiedere di essere sentito oralmente e di presentare delle memorie scritte al fine di approntare
delle difese.
In ogni caso, i provvedimenti disciplinari pi gravi del rimprovero verbale non possono essere
applicati prima che siano trascorsi 5 giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato
causa.
Il periodo di attesa era finalizzato a favorire una pausa di riflessione per lo stesso datore di lavoro,
scongiurando decisioni a caldo, e che comunque il lavoratore doveva essere in condizioni di poter
integrare le proprie difese per tutto quel periodo.
La norma non prevede invece un termine entro cui il datore di lavoro debba assumere il
provvedimento disciplinare. Sono stati allora i contratti collettivi a colmare il vuoto legislativo,
stabilendo un termine decadenziale, trascorso il quale il provvedimento disciplinare non pu essere
pi irrogato.
Lart 7 non prevede alcun obbligo in capo al datore di motivare il provvedimento disciplinare in
concreto adottato. Qualora il codice disciplinare (o il contratto collettivo) preveda lobbligo del
datore di motivare la sanzione, la sua inosservanza comporter la nullit del provvedimento
disciplinare. Lart 7 prevede che il lavoratore possa impugnare il provvedimento, ovvero
promuovere, nei 20 giorni successivi, anche x mezzo dellassociazione sindacale alla quale sia
iscritto (o conferisca mandato), la costituzione di un Collegio di conciliazione ed arbitrato. Si tratta
di un arbitrato irrituale. Tale scelta comporta la sospensione della sanzione.
D) I DOVERI DEL DATORE DI LAVORO
1-Lobbligo di sicurezza e lart 2087 c.c.
Lart 2087 vincola il datore ad un obbligo di sicurezza nei confronti dei lavoratori, imponendogli di
adottare tutte le misure che, secondo la particolarit del lavoro, esperienza e la tecnica, sono
necessarie a tutelare lintegrit fisica e la personalit morale dei prestatori di lavoro.
Nonostante lampiezza dellart 2087, il diritto alla sicurezza partecipa della debolezza tipica di
qualsiasi situazione attiva rilevante sul mero piano del rapporto individuale.
In prevalenza esso stato invocato per ottenere il risarcimento dei danni dovuti a infortuni o lesioni
gi verificatesi, mentre non ha avuto rilievo nella sua funzione preventiva.
2-Dallart 9 St. lav. al D. Lgs n. 626/1994 e successive modifiche.
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Lart 9 attribuisce ai lavoratori il diritto di controllare lapplicazione delle norme per la prevenzione
degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, lelaborazione e lattuazione
di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrit fisica.
Lart 2087 c.c. e lart 9 St. lav. possono oggi ritenersi assorbite nel D. Lgs 19 settembre 1994, n.
626. Tale testo normativo, regolamenta ex novo la materia in ordine alla salvaguardia della
sicurezza del lavoro.
Le norme del D. Lgs hanno determinato un importante salto di qualit nella concezione della
sicurezza nei luoghi di lavoro. Si parla di prevenzione, da realizzarsi tramite una valutazione di tutti
i rischi presenti in azienda. Lobiettivo di eliminarli alla fonte, ove possibile, o comunque di
ridurli al minimo.
il c.d. modello partecipato della sicurezza: accanto al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti,
nonch agli organismi pubblici di controllo gi presenti, il legislatore contempla nuovi soggetti
destinatari di diritti ed obblighi: il servizio di prevenzione e protezione ed il suo responsabile, il
medico competente, i lavoratori, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS).
Ciascuno, in relazione alle proprie responsabilit, chiamato a dare attuazione al principio di
prevenzione.
Lobbligo di sicurezza, posto a carico del datore, viene scomposto in una serie di specifici
adempimenti.
Il primo adempimento consiste nella valutazione dei rischi connessi allo svolgimento della
prestazione lavorativa, al fine di individuare le fonti di pericolo e lentit del danno che ne pu
derivare.
Il secondo rappresentato dalla redazione del c.d. documento per la sicurezza, da custodire presso
lazienda e contenente:
Una relazione sulla valutazione dei rischi;
Lindividuazione delle misure di prevenzione;
Le modalit ed i tempi per la realizzazione del programma di sicurezza.
Entrambe sono funzioni organizzative non delegabili, che il datore di lavoro deve esercitare in
collaborazione con il responsabile di servizio di prevenzione e protezione e con il medico
competente, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza.
Questultimo viene consultato anche in merito alla designazione degli addetti al servizio di
prevenzione ed allorganizzazione della formazione dei lavoratori. Egli riceve tutte le informazioni
in materia, elabora proposte ecc. Deve essere eletto o designato dai lavoratori in tutte le aziende.
I dipendenti devono contribuire con il datore di lavoro alladempimento degli obblighi in tema di
tutela della salute (c.d. principio del coinvolgimento del lavoratore) ed in particolare:
-ubbidire alle direttive generali loro impartite in materia;
-utilizzare correttamente macchinari, attrezzature e dispositivi di protezione.
Essi hanno diritto di allontanarsi dal posto di lavoro in caso di pericolo grave, immediato ed
inevitabile. nuovo il fatto che la violazione degli obblighi ricostruiti in capo al lavoratore venga
sanzionata (anche penalmente).
3-Lassicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali
Alla tutela dei lavoratori finalizzato il sistema delle assicurazioni sociali obbligatorie contro gli
infortuni sul lavoro e le malattie professionali attualmente gestito dallINAIL.
La normativa si applica ai lavoratori addetti a particolari lavorazioni indicate come potenzialmente
pericolose.
Il D. Lgs. n. 38/2000 ha esteso lobbligo assicurativo ai lavoratori parasubordinati, oltre che ai
lavoratori dellarea dirigenziale, agli sportivi professionisti, ai lavoratori italiani operanti in Paesi
extracomunitari, e ricomprese nellambito dellassicurazione obbligatoria anche le ipotesi di
infortunio c.d. in itinere cio subito dal lavoratore nel recarsi sul luogo di lavoro o nel normale
tragitto di andata e ritorno rispetto al luogo ove il lavoratore consuma il pasto, in assenza di un
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potrebbe rivendicare una retribuzione maggiore solo perch altri lavoratori con analoghe qualifiche
o mansioni godono di un trattamento pi favorevole.
Sulla questione intervenuta la Corte Cost. con la sentenza n. 103/1989: tale pronuncia, nel
rigettare la questione di costituzionalit, si richiama alla normativa legale, la cui applicazione
garantirebbe il diritto ad uneguale retribuzione a parit di mansioni.
B) NOZIONE DI RETRIBUZIONE
1-Il concetto di retribuzione. Definizioni legislative
La retribuzione costituisce la prestazione fondamentale cui obbligato il datore di lavoro nei
confronti del lavoratore. Indica il quindi il compenso del lavoro prestato, cio il trattamento
economico che spetta al lavoratore in ragione del rapporto di lavoro.
discusso se di retribuzione esista un concetto unitario o se ne esistono molteplici. In realt una
pluralit di definizioni risulta da fonti legali e contrattuali che si occupano a vari fini della disciplina
dellistituto.
Fra le definizioni legali, oltre a quelle generiche contemplate dagli artt. 2094c.c. ( prestatore di
lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nellimpresa, prestando il
proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dellimprenditore) e 2099
c.c.( la retribuzione del prestatore di lavoro pu essere stabilita a tempo o a cottimo, e deve essere
corrisposta con le modalit e nei termini in uso nel luogo in cui il lavoro viene eseguito. In
mancanza di accordo tra le parti, la retribuzione determinata dal giudice) la pi importante
quella dellart 2121 c.c.( lindennit deve calcolarsi computando le provvigioni, i premi di
produzione, le partecipazioni agli utili o ai prodotti ed ogni altro compenso di carattere
continuativo, con esclusione di quanto corrisposto a titolo di rimborso spese).
La legge 297/1982 ha introdotto una diversa nozione di retribuzione cio devono essere considerati
tutti gli emolumenti corrisposti a titolo non occasionale.
Una nozione altrettanto ampia viene adoperata dal legislatore ai fini contributivi e fiscali. Per lungo
tempo si trattato di due nozioni distinte, ma sono state ravvicinate dal D. Lgs n. 314/1977, che ha
riformulato lart 12 della L. 30 aprile 1969 n. 153 e lart 48 del TUIR (testo unico delle imposte sui
redditi che identifica la retribuzione ai fini fiscali). Oggi lart 12 della L.153/1969 rinvia per la
nozione generale del reddito ai fini contributivi allart 48 del TUIR: Il reddito di lavoro dipendente
e' costituito da tutti i compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta anche sotto
forma di partecipazione agli utili in dipendenza del rapporto di lavoro, comprese le somme
percepite a titolo di rimborso di spese inerenti alla produzione del reddito e le erogazioni liberali.
Si tratta di una nozione pi ampia di quella cui faceva riferimento lart 12 L. 153/1969 ( Per la
determinazione della base imponibile per il calcolo dei contributi di previdenza ed assistenza
sociale, si considera retribuzione tutto ci che il lavoratore riceve dal datore di lavoro in danaro o in
natura, al lordo di qualsiasi ritenuta, in dipendenza del rapporto di lavoro) : alla precedente
espressione utilizzata dalla norma in dipendenza del rapporto di lavoro si sostituisce con quella
attuale in relazione al rapporto di lavoro.
2-La nozione giurisprudenziale onnicomprensiva. Critica
Di fronte a questa variet di forme retributive, notevoli problemi si sono presentati alla
giurisprudenza. Essa ha elaborato nel tempo il c.d. concetto unitario o onnicomprensivo di
retribuzione, alla base del quale sta anzi tutto lindividuazione di alcuni caratteri strutturali che
sarebbero propri della retribuzione:
-determinatezza: richiesta dallart. 2099 per definire la quantit in misura sia fissa sia variabile;
-obbligatoriet: che escluderebbe la discrezionalit del datore;
-corrispettivit: nel senso non di corrispondenza con specifiche prestazioni di lavoro ma di
generica riconducibilit casuale al rapporto di lavoro;
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Solo in tale ultimo caso saremmo di fronte a prestazioni indennitarie o a rimborsi spese in senso
tecnico.
Nellampia tipologia delle indennit (retributive), rientrano ad es. quelle legate ai seguenti fattori:
particolari modalit temporali di svolgimento del lavoro (indennit di turno), particolari condizioni
ambientali (indennit per lavori nocivi o pesanti), particolari rischi professionali (indennit di cassa,
maneggio di denaro).
D. LADEMPIMENTO DELLOBBLIGO RETRIBUTIVO
1-L'adempimento dell'obbligo retributivo.
Ladempimento dellobbligo retributivo, quale obbligazione di dare, regolato dagli artt. 1176 e
1218 c.c. Lart 2099 c.c. stabilisce pi specificamente che i tempi e le circostanze del pagamento
devono essere quelli in uso nel luogo dove il lavoro eseguito. Il diritto al pagamento della
retribuzione sorge a lavoro compiuto. Di qui il principio generale c.d. della postnumerazione: i
pagamenti seguono cadenze periodiche stabilite dai contratti (per lo pi a mese anche per gli
operai).
Periodicit diverse sono stabilite ad es. per la tredicesima e i premi di produzione.
Luguale cadenza per ladempimento dellobbligo retributivo fra operai e impiegati (c.d.
mensilizzazione), non ha alterato la distinzione terminologica. Si parla infatti di salario per gli
operai e stipendio per gli impiegati.
La L. 4/1953 obbliga il datore di lavoro a consegnare al lavoratore, contestualmente alla
corresponsione della retribuzione, il c.d. prospetto di paga, nel quale sono indicati nome e
qualifica professionale del lavoratore medesimo, periodo di riferimento e lelenco di tutti gli
elementi che compongono la retribuzione corrisposta.
CAPITOLO IX
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impiegati ed operai.
Gli impiegati, hanno diritto al mantenimento della retribuzione a carico del datore di lavoro,
integrale per un certo periodo di tempo e parziale per il periodo successivo.
Gli operai, viceversa, ricevono un'indennit previdenziale posta a carico dell'Istituto
pubblico competente (INPS per malattia e INAIL per infortunio), ma anticipata dal datore di
lavoro.
Obblighi accessori del lavoratore connessi alla malattia e controllo delle assenze da parte datoriale.
In proposito, la L. 638/1983 ha imposto ai lavoratori l'obbligo di reperibilit in determinate fasce
orarie (ore 10-12 e 17-19 di ogni giorno anche festivo) salvo giustificato motivo, ai fini della
sottoposizione a visita medica.
Es. se Tizio, dipendente dell'azienda di Caio ammalato da 15 giorni dovesse risultare
ingiustificatamente assente dalla visita di controllo effettuata dal medico competente dell'ASL alla
ore 11.00 della domenica, gli potrebbe senz'altro essere sanzionato con la perdita dell'intero
trattamento economico, ma ci solo per i primi 10 giorni di malattia, con riguardo al restante
periodo, la sanzione , corrispondente al dimezzamento (e non alla perdita) della retribuzione,
potrebbe scattare esclusivamente ove lo stesso lavoratore risultasse irreperibile ad una seconda
visita di controllo. In ogni caso le sanzioni scattano a prescindere dal fatto che il dipendente assente
sia o meno effettivamente malato. Al fine di permettere i controlli in esame, la disciplina
contrattuale fa carico al lavoratore di comunicare tempestivamente al datore di lavoro le cause
dell'assenza: immediatamente in caso di infortunio, normalmente entro due giorni nel caso di
malattia, trasmettendo al datore di lavoro l'attestazione sull'inizio e la durata presunta della malattia
ed all'INPS, il certificato di diagnosi, entrambi redatti dal medico curante. L'inosservanza di tali
obblighi comporta la perdita dell'indennit INPS per i giorni di ritardo, salvo che il ritardo sia
giustificato da ragioni serie ed apprezzabili.
Le cure idrotermali. Diversa regolamentazione riservata alle cure termali, di cui previsto il
godimento in misura superiore ai 15 giorni l'anno, esclusivamente per esigenze terapeutiche o
riabilitative, su motivata prescrizione di un medico specialista pubblico.
3- Gravidanza, puerperio e congedi parentali.
In considerazione dell'esigenza di assicurare alla madre e al bambino quella speciale adeguata
protezione, costituzionalmente sancita (art. 37 e 31 Cost.) le donne lavoratrici sono beneficiarie di
una speciale tutela legislativa nel corso della gravidanza e del puerperio. L'attuale disciplina
contenuta nel D.Lgs. 151/2001, che raccoglie in un testo unico le disposizioni legislative per la
tutela ed il sostegno della maternit e della paternit, tra cui le stesse norme della L. 1204/1971, gi
novellate dalla L. 53/2000, attuativa della Direttiva n 96/31/CE sui congedi parentali.
Il congedo di maternit pre-parto. Solo la lavoratrice madre naturale, in ragione dell'esigenza di
tutelarne la gestazione imposta la fruizione del c.d. Congedo di maternit pre-parto, con
conseguente divieto di lavoro:
a) nei 2 mesi precedenti la data presunta di parto;
b) l'interdizione dal lavoro deve essere anticipata nel caso di complicanze della gravidanza o
quando le condizioni di lavoro o ambientali possono risultare pregiudizievoli per la salute
della gestante e del nascituro.
Il congedo di maternit post-parto. Nell'intento di proteggere la salute della madre e del bambino, la
legge obbliga, poi, la lavoratrice ad astenersi dal lavoro anche nella fase immediatamente
successiva al parto. E' il c.d. Congedo di maternit post-parto, che copre:
a) i 3 mesi dopo il parto;
b) gli ulteriori giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata
rispetto a quella presunta (tali giorni sono infatti aggiunti al periodo di congedo di maternit
dopo il parto);
Nel complesso, la donna gode, pertanto, di un congedo di maternit pari a 5 mesi. L'inosservanza di
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La garanzia del posto di lavoro ormai riconosciuta sia nel caso del servizio di leva, cui vengono
assimilati il volontariato civile nei Paesi in via di sviluppo, sia nel caso di richiamo alle armi.
La garanzia del reddito prevista, invece, solo per il caso di richiamo alle armi.
Va tuttavia, ricordato che il reclutamento su base obbligatoria delle forze armate stato sospeso a
decorrere dal 01/01/2005, sancendo cos la sostituzione dei militari in servizio di leva con volontari
di truppa.
5- Altri casi di sospensione.
Oltre ai casi sopra riportati, esistono altre ipotesi, di origine legale o contrattuale, caratterizzate
dalla temporanea interruzione dell'obbligazione lavorativa con diritto alla conservazione
dell'occupazione, e talvolta, anche del reddito.
Disabili. La legge riconosce al disabile il diritto alla sospensione non retribuita del rapporto di
lavoro nel caso di aggravamento delle proprie condizioni di salute.
Congedi familiari. Aspettative speciali, con o senza retribuzione, sono previste in occasione di
particolari circostanze familiari: morte o malattia di parenti prossimi, matrimonio, ecc.. Il congedo
matrimoniale fissato nella misura di 15 giorni consecutivi retribuiti per tutti i lavoratori (non in
prova nel settore privato).
Congedi formativi. Il legislatore riconosce ai lavoratori occupati, specifici congedi da godere
nell'arco della propria vita lavorativa (L. 53/2000), contemplando due diverse tipologie di congedi:
i congedi per la formazione, c.d. congedi sabbatici , sono finalizzati al completamento
della scuola dell'obbligo, al conseguimento del titolo di studio di secondo grado, del diploma
universitario o di laurea, alla partecipazione ad attivit formative diverse da quelle poste in
essere o finanziate dal datore di lavoro. Si tratta di congedi utilizzabili per coltivare interessi
anche totalmente slegati dall'attivit professionale. Il congedo per la formazione, comporta
la sospensione non retribuita del rapporto di lavoro. Il datore di lavoro pu rifiutare la
richiesta del lavoratore ovvero pu differirne l'accoglimento nel casi di comprovate esigenze
organizzative;
i congedi per la formazione continua, sono, invece, di tipo aziendalistico, con conseguente
diritto per i lavoratori, occupati e non occupati, ad intraprendere percorsi formativi per tutto
l'arco di vita, cos da accrescere conoscenze e competenze professionali. In tal caso, la
formazione pu corrispondere ad un'autonoma scelta del lavoratore ovvero essere
predisposta dall'azienda, attraverso piani formativi aziendali o territoriali concordati con le
parti sociali. Essa, ad ogni modo, dovr essere finalizzata alla valorizzazione delle
competenze utilizzate nell'ambito del rapporto di lavoro, essendo funzionale anche
all'interesse del datore di lavoro al miglioramento della professionalit dei suoi dipendenti.
Nullit del licenziamento. Il licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione dei congedi
formativi nullo.
Permessi per motivi di studio. I lavoratori studenti, hanno diritto a fruire di permessi giornalieri
retribuiti per sostenere le prove d'esame con l'obbligo di produrre, a richiesta del datore di lavoro,
idonea certificazione comprovante tale partecipazione. La norma limita la concessione del permesso
al giorno di svolgimento dell'esame, senza affrontare la questione della preparazione e della
frequenza dei vari corsi. La contrattazione collettiva nazionale ha, per diversi settori, colmato
alcune lacune estendendo il diritto anche oltre il giorno d'esame, per un monte ore complessivo
annuale (inizialmente 150 ore, poi esteso a 250 ore).
Lavoratori tossicodipendenti. Un periodo di aspettativa della durata massima di tre anni, senza
retribuzione, n decorrenza dell'anzianit spetta al tossicodipendente per seguire programmi
terapeutici e riabilitativi.
Donatori di sangue e di midollo osseo. La legge ha poi riconosciuto ai donatori di midollo osseo e
di sangue il diritto a permessi retribuiti;
Sospensione consensuale. La sospensione del rapporto pu risultare anche dall'accordo individuale
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tra le parti, nel qual caso sar lo stesso accordo a stabilire le conseguenze circa i diritti e doveri
derivanti dal rapporto sospeso.
Partecipazione alle operazioni elettorali. La legge ha sancito altres il diritto ad assentarsi dal lavoro
per tutto il periodo corrispondente alla durata delle operazioni elettorali, incluse le consultazioni
referendarie e le elezioni europee, sia per coloro che adempiono funzioni presso gli uffici elettorali,
sia per i rappresentanti dei partiti i gruppi politici ed i promotori dei referendum. Tali assenze dal
lavoro vanno considerate a tutti gli effetti giorni di attivit lavorativa.
B) SOSPENSIONI DIPENDENTI DALL'IMPRESA
1- La Cassa Integrazione Guadagni: l'evoluzione normativa
La Cassa Integrazioni Guadagni (CIG) rappresenta una forma di intervento pubblico sul mercato del
lavoro atta a garantire la sopravvivenza dell'impresa, nonch la salvaguardia dell'occupazione e del
reddito dei lavoratori durante periodi di contrattazione dell'attivit aziendale. Al tempo stesso, la
GIG rappresenta un'ipotesi di sospensione del rapporto di lavoro per fatti inerenti all'impresa.
Se si applicasse il diritto comune dei contratti, l'imprenditore sarebbe esonerato dall'obbligo
retributivo solo laddove la sospensione della prestazione fosse riconducibile ad una impossibilit
sopravvenuta a lui non imputabile. La CIG ha funzioni sia di sostegno all'impresa sia di garanzia del
reddito e dell'occupazione, cercando di scongiurare o ritardare il pi possibile il rischio di perdita
del posto di lavoro.
L'evoluzione della disciplina della Cassa Integrazione. La sua evoluzione normativa comporta
quattro fasi:
1) La prima caratterizzata da una graduale crescita della Cassa Integrazione, secondo esigenze
diverse, in questa fase matura la necessit di estendere oltremodo la CIG: in presenza di una
interruzione o contrazione dell'attivit aziendale non pi solo involontaria e breve in vista
una prossima e sicura ripresa, ma anche programmata e lunga senza una prospettiva certa di
rioccupazione della forza lavoro;
2) La seconda fase copre gli anni del c.d. diritto dell'emergenza ed in parte del c.d. diritto
della crisi segnata da un'espansione senza selezione e senza limiti temporali della CIGS. In
tale periodo l'istituto andato acquisendo un carattere largamente assistenziale.
3) La terza fase caratterizzata da una ridefinizione del ruolo della GIG fissando come
obbiettivo il problema delle eccedenze di personale nel mercato del lavoro. Nella met degli
anni '80 il legislatore interviene su un duplice versante.
a) Un primo filone indiretto dato da misure intese a diminuire il ricorso alla Cassa
integrazione, quali i prepensionamenti;
b) Un secondo filone costituito da alcune modifiche della CIGS, nel senso di restringerne
l'ambito.
Nonostante tutto ci , la necessit di una riforma globale rester immutata. Nel 1991 viene
emanata la Legge 223 iniziando la riforma della razionalizzazione della CIG ormai attesa da
tempo. L'intervento riguarda la (CIG Ordinaria), nel senso si cerca di renderla pi omogenea
rispetto a quello straordinario (CIG Straordinario), ma soprattutto la riforma tocca la CIGS
al fine di ricondurlo alle sue finalit originarie, di sostegno temporaneo all'impresa. In tale
ottica la Cassa Integrazione non dovrebbe essere pi l'anticamera dei licenziamenti
collettivi.
4) La linearit della riforma operata con la Legge 223/1991 per subito interrotta dalla
successiva sequenza legislativa, che introduce nella CIGS una fitta spesso contraddittoria
serie di modifiche. Si tratta di disposizioni che dilatano, in senso soggettivo ed oggettivo
l'ambito di applicazione dell'integrazione salariale, prevedendo deroghe provvisorie e poi
introducendo numerose proroghe ai rispettivi termini di scadenza. A fronte di una
perpetuazione della logica delle proroghe e degli interventi a pioggia di tipo assistenziale,
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perdita dell'integrazione per le sole giornate di lavoro effettuate. In mancanza di tale comunicazione
il lavoratore decade dal diritto di integrazione e a sua volta l'eventuale datore tenuto a versare una
somma a titolo di penale. Il lavoratore decade altres in caso di mancata frequenza dei corsi di
formazione professionale.
CAPITOLO X
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Malattia. L'art. 2110 c.c. recita, il lavoratore in malattia non pu essere licenziato fino alla
cessazione dello stato morboso o alla scadenza del periodo di comporto, per cui la malattia
sopravvenuta durante il periodo di preavviso, ne sospende il decorso.
Indennit sostitutiva del preavviso. L'art. 2118 c.c. autorizza la parte che recede dal rapporto di
lavoro a sostituire il periodo di preavviso con la relativa indennit, pari alla retribuzione che sarebbe
spettata in ipotesi di preavviso lavorato, che viene calcolata in un numero di mensilit o di giorni
stabilito dai contratti collettivi, con l'esclusione del rimborso spese.
La c.d. realit del preavviso. La mera sostituzione del preavviso con l'indennit, non per idonea
a produrre l'anticipata risoluzione del rapporto, il quale resta giuridicamente attivo fino al termine
del periodo di preavviso, sicch eventuali incrementi retributivi, intervenuti in quel periodo,
producono effetti in favore del lavoratore, tuttavia lecito l'accorso, mediante il quale il datore ed il
lavoratore prevedano la risoluzione immediata del rapporto, precludendo istantaneamente la
maturazione di ulteriori vantaggi economici e normativi.
Fallimento e liquidazione coatta amministrativa. L'art. 2119 c.c. esclude che il fallimento o la
liquidazione coatta, integrino una giusta causa di licenziamento. Pertanto la dichiarazione di
fallimento e l'inizio della procedura di liquidazione coatta amministrativa non comportano
automaticamente la cessazione dell'attivit dell'impresa, anzi espressamente previsto che
all'esercizio provvisorio dell'impresa, possa essere autorizzato il curatore del fallimento o
liquidatore. In tal caso i rapporti di lavoro continuano regolarmente ed il licenziamento potr essere
intimato soltanto se si verifica un inadempimento dei lavoratori ovvero se l'attivit aziendale venga
realmente a cessare. A conferma di questa ricostruzione l'art. 3 L. 223/1991 prevede qualora
l'attivit non continui neppure in parte, la possibilit di innestare sull'iter fallimentare un
licenziamento collettivo o una procedura di mobilit.
3-L'introduzione della regola della necessaria giustificazione del licenziamento
Se dal piano astratto e paritario il diritto contrattuale nella realt le dimissioni del lavoratore creano
al datore il mero fastidio di una sostituzione, il licenziamento costituisce generalmente per il
lavoratore un dramma in ragione della difficolt di reperirne un altro, in un mercato del lavoro
ostile. Con l'avvento della Carta Costituzionale, l'ostilit recepita dal codice civile, gener l'auspicio
che si affermasse il divieto dei licenziamenti immotivati.
La Legge 604/1996. Una specifica legge sui licenziamenti individuali fu tuttavia varata nel 1996 la
n 604, facendo per rimanere intatta la disciplina delle dimissioni, cui continuava ad applicarsi la
normativa codicistica. Cosicch la L. 604/1996 canonizz il principio della giustificazione
obiettiva del potere di recesso, dichiarando illegittimo il licenziamento non sorretto da giusta
causa o da giustificato motivo. L'art. 5 della L. 604 pose l'onere della prova della giusta causa o del
giustificato motivo a carico del datore di lavoro, chiamando cos a supportare anche sul piano
probatorio la legittimit del recesso. L'art. 8 previde l'ipotesi di licenziamento non assistito da giusta
causa o da giustificato motivo un regime sanzionatorio:
Riassunzione del lavoratore o a scelta del datore, pagamento di una penale risarcitoria
ragguagliata ad un numero di mensilit di retribuzione.
Nei fatti i datori di lavoro optavano quasi sempre per il pagamento dell'indennit risarcitoria. In
sostanza, il licenziamento ingiustificato veniva salvaguardato dal potere del datore di lavoro di
estinguere anche immotivatamente il rapporto, salva l'efficacia dissuasiva dell'onere economico.
Soltanto per i licenziamento di rappresaglia determinati cio da ragioni ideologiche, religiose,
politiche, sindacali, veniva apprestato ad un regime di pi radicale nullit.
Art. 18 Statuto dei Lavoratori. Un decisivo passo avanti sul piano di una tutela effettiva della
stabilit del posto di lavoro stato compiuto con l'art. 18 Stat. Lav. Infatti, allorquando il Giudice
ritenga che il licenziamento non sia assistito da giusta causa o da giustificato motivo deve ordinare
la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro senza alcuna possibilit alternativa di tipo
risarcitorio ovvero senza alcuna possibilit di monetizzare la stabilit del rapporto. Oltre alla
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reintegrazione il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal
lavoratore, commisurato alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento fino a quello
dell'effettiva reintegrazione. In sostanza il datore di lavoro pu anche non reintegrare nel posto di
lavoro il lavoratore ingiustamente licenziato, ma dovr continuare a pagargli ininterrottamente una
indennit pari alle retribuzioni correnti, con ci realizzandosi un forte incentivo alla effettiva
reintegrazione ed utilizzazione del lavoratore. Soltanto il lavoratore potr liberare il datore dalla
reintegra e dall'obbligo risarcitorio, chiedendo in sostituzione della reintegrazione una indennit
pari a 15 mensilit della retribuzione, ovvero non riprendendo servizio nel termine di 30 gg
dall'invito rivoltogli dal datore di lavoro, in tale ultimo caso il rapporto si intende risolto allo spirare
dei 30 giorni.
La disciplina dell'art. 18 si applica ai datori di lavoro e alle unit produttive che superano
determinate soglie occupazionali, esso ha anche esteso la disciplina ai licenziamenti per
rappresaglia ed ai licenziamenti inefficaci per vizio di forma.
4-La giusta causa
L'art. 2119 c.c. autorizza ciascuna delle parti a recedere per giusta causa dal contratto qualora si
verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. In tale
ipotesi, come anticipato , la parte recedente non tenuta a dare il preavviso. Parte della dottrina e
della giurisprudenza ravvisa la giusta causa non soltanto in un gravissimo inadempimento degli
obblighi contrattuali, ma anche in qualsiasi altra circostanza o situazione esterna al rapporto di
lavoro, verificatasi nella sfera del lavoratore ed idonea a ledere il vincolo di fiducia perci ad
impedire la prosecuzione del rapporto.
Da altri la giusta causa viene identificata esclusivamente con un vistoso inadempimento degli
obblighi contrattuali, imputabile a colpa o dolo del prestatore.
L'art. 9 della legge sull'impiego privato (R.D.L. 1825/1924), alludeva ad una mancanza cos grave
da non consentire la prosecuzione anche provvisoria del rapporto, mentre il codice civile del
1942, pur ripetendo l'antica formula, ha sostituito il termine mancanza con quello pi ampio e
neutro di causa.
Elasticit della giusta causa. Ai fini della sussistenza della giusta causa, non sufficiente una
valutazione in astratto, ma occorre, che la mancanza commessa, per le sue modalit soggettive ed
oggettive, si riveli talmente grave da non consentire la prosecuzione del rapporto. Con riguardo alle
c.d. organizzazioni di tendenza tipicamente orientate al perseguimento di finalit ideologiche (partiti
politici, sindacati, giornali politicamente orientati), il concetto di giusta causa, viene reso pi
elastico sino a ricomprendere situazioni di incompatibilit personale, rispetto agli scopi o
allideologia dellorganizzazione, giacch in tal caso il profilo fiduciario attiene strettamente al
contratto di lavoro ed alle obbligazioni assunte.
La giusta causa consiste in un fatto di tale gravit, da imporre limmediata estromissione del
prestatore di lavoro, mentre resta ininfluente leffettivo pregiudizio o danno subito dal datore: ad es.
nel caso di un guardiano che si allontani, magari pi volte, dal luogo o dalloggetto da custodire, si
ritenuta configurabile giusta causa a prescindere dal verificarsi in concreto di episodi di furto o
danneggiamento.
Sovente i contratti collettivi provvedono ad elencare i fatti definibili in concreto come giusta causa.
Dottrina e giurisprudenza sono orientate a negare la vincolativit di tali elencazioni, in quanto non
esimono il giudice dallindagare sulla reale entit e gravit della mancanza (nel caso specifico) ai
fini delleventuale prosecuzione del rapporto: un addebito, pur qualificato come giusta causa dal
contratto collettivo, pu non esserlo in concreto, tenuto conto delle pi diverse circostanze di fatto.
Viceversa, altro fatto pu essere considerato come giusta causa dal giudice pur se non risulta
ricompreso tra quelli espressamente contemplati nel contratto collettivo, restando sovrana la
prudente valutazione del magistrato.
La pendenza di un procedimento penale a carico del lavoratore non rappresenta di per s giusta
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causa: ci che rileva invece il fatto oggetto dellimputazione, che pu integrare giusta causa di
licenziamento a seconda dellincidenza sullaspettativa o probabilit di adempimento.
Taluni contratti collettivi richiedono che il fatto sia stato accertato in sede penale con sentenza
passata in giudicato. Nel vigore del c.c., lorientamento prevalente ammetteva la conversione del
licenziamento intimato per giusta causa, poi considerata insussistente, il licenziamento ad nutum
con pagamento dellindennit sostitutiva del preavviso.
5-Il giustificato motivo soggettivo
La definizione del giustificato motivo, che pu essere soggettivo o oggettivo, contenuta nellart 3
L. n. 604/1966. Il giustificato motivo soggettivo si realizza quando il prestatore di lavoro incorre in
un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali che legittima il licenziamento con preavviso,
cos da differenziarsi dalla giusta causa che, come visto, esclude il preavviso in quanto non consente
la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto di lavoro.
Per chi ritiene che il concetto di giusta causa identifichi soltanto un inadempimento contrattuale, il
giustificato motivo si caratterizzerebbe per la minore gravit dellinadempimento capace di
consentire la prosecuzione del rapporto. Chi, viceversa, sostiene che la giusta causa abbracci quei
comportamenti extracontrattuali idonei a ledere la fiducia nellesattezza dei successivi
adempimenti, dovr concludere che la differenza anche qualitativa. La giusta causa comprende sia
ipotesi di giustificato motivo aggravato, sia fatti o comportamenti estranei ad un inadempimento
attuale.
Linadempimento pu riguardare solo gli obblighi discendenti dal contratto di lavoro, cio i
corollari della diligenza, nonch gli obblighi di correttezza e buona fede, di non divulgazione di
notizie aziendali e di non concorrenza.
Peraltro solo un inadempimento notevole integra gli estremi del giustificato motivo. Il criterio di
identificazione del carattere notevole dellinadempimento va individuato nel grado di colpa del
lavoratore e non nellunit del datore compromessa dallinadempimento.
In ogni caso ampia la discrezionalit del giudice nel classificare un determinato inadempimento
come giusta causa di licenziamento (presupposto di risoluzione immediata) o come giustificato
motivo soggettivo (produttivo di estinzione solo al termine del periodo di preavviso).
Il legislatore ha espressamente escluso la configurabilit di un giustificato motivo di licenziamento
nel caso di rifiuto del lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo
parziale. Con riguardo al lavoro part-time, stato stabilito che leffettuazione di prestazioni di
lavoro supplementare richiede il consenso del lavoratore interessato, e che leventuale rifiuto dello
stesso non integra gli estremi del giustificato motivo di licenziamento. Parimenti il rifiuto da parte
del lavoratore di stipulare il patto concernente le c.d. clausole flessibili non pu integrare in nessun
caso gli estremi del giustificato motivo di licenziamento.
6-Il giustificato motivo oggettivo, ai sensi dellart 3 L. n. 604/1966, consiste in ragioni inerenti
allattivit produttiva, allorganizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa, e legittima
il recesso del datore di lavoro sempre nel rispetto del periodo di preavviso.
Tale formula riguarda ad es. la riduzione di commesse, perdite in bilancio, o profili concernenti pi
strettamente le modalit del produrre ad es. lorganizzazione del lavoro.
Nel contrasto tra linteresse del lavoratore alla conservazione del posto e quello del datore di
espellere unit lavorative realmente non pi funzionali, il secondo a prevalere. Due sono per le
condizioni richieste:
Leffettivit delle esigenze aziendali richiamate nella motivazione del licenziamento;
Un preciso nesso di causalit tra tali esigenze ed il licenziamento.
Il giudice deve accertare leffettiva soppressione di una posizione lavorativa allinterno
dellazienda. Le ipotesi che possono legittimare la soppressione del posto ricalcano le causali del
licenziamento collettivo, ossia la riduzione o trasformazione di attivit o di lavoro.
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celebrazioni del matrimonio. Sono ritenute nulle le dimissioni rassegnate nel medesimo periodo, a
meno che esse non vengano confermate entro un mese presso l'Ufficio del Lavoro, esso imposto
per bloccare qualsiasi valutazione dal datore di lavoro circa la convenienza dell'ulteriore
occupazione della lavoratrice, nel timore di una futura maternit o pi in generale della minore
disponibilit della lavoratrice per il suo status familiare. Nel sancire la nullit del licenziamento,
stabilisce che alla lavoratrice licenziata per causa di matrimonio spetta la retribuzione dal
licenziamento fino all'effettivo ripristino del rapporto.
Maternit e paternit. Un divieto generale di licenziamento contemplato, a pena di nullit, dell'art.
54 D.Lgs. 151/2001 anche per la lavoratrice madre a per il lavoratore padre, rispettivamente
dall'inizio del periodo di gravidanza fino al termine del congedo di maternit o paternit, nonch
fino al compimento di un anno di et del bambino.
Il lavoratore licenziato deve presentare al datore di lavoro idonea documentazione dalla quale risulti
l'esistenza all'epoca del licenziamento delle condizioni che lo vietavano.
Il divieto di licenziamento non si applica nel caso:
a) di colpa grave costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto;
b) di cessazione dell'attivit dell'azienda;
c) di ultimazione della prestazione per la quale si stati assunti;
d) per la risoluzione del rapporto per la scadenza del termine;
e) esito negativo della prova.
Nell'ipotesi di adozione e di affidamento il divieto di licenziamento si applica fino ad un anno
dall'ingresso del minore nel nucleo familiare.
Operativit del recesso per giusta causa. La previsione d'irricedibilit non esclude la possibilit del
licenziamento per giusta causa, ma solo del recesso ad nutum e di quello per giustificato motivo.
Ovviamente nei periodi d'irricedibilit la giusta causa pu riguardare solo la violazione degli
obblighi accessori (svolgimento di attivit lavorativa presso terzi incompatibile o in concorrenza).
Cessazione dell'attivit aziendale. L'unico fatto oggettivo ritenuto capace di estinzione durante il
comporto la cessazione dell'attivit aziendale, che determina l'impossibilit materiale della
prosecuzione anche provvisoria del rapporto.
8-La forma e la procedura di irrogazione del licenziamento.
La presenza dei requisiti sostanziali per giusta causa o giustificato motivo condizione necessaria,
ma non sufficiente, occorre, infatti, che il licenziamento venga irrogato secondo ben precise
modalit a garanzia del lavoratore.
8.1-Il licenziamento non disciplinare.
Forma e procedura. Il licenziamento deve essere comunicato per iscritto al lavoratore, non
necessaria l'indicazione dei motivi, i quali possono essere richiesti dal lavoratore entro 15 giorni
dalla comunicazione del licenziamento; in tal caso il datore di lavoro tenuto ad esplicitarli per
iscritto entro 7 giorni dalla richiesta. Diversa la procedura di irrogazione del licenziamento
disciplinare.
Eccezioni. Solo per i lavoratori domestici, per i lavoratori oltre i 60 anni in possesso dei requisiti
pensionistici, per i lavoratori in prova permane un principio di libert di forma, nel senso che il
licenziamento pu essere intimato oralmente e senza motivazione.
Dirigenti. Nel licenziamento dei dirigenti obbligatoria la forma scritta ma non l'obbligo di
motivazione.
Comunicazione. Il licenziamento, in quanto atto unilaterale recettizio; produce effetto dal
momento in cui perviene a conoscenza del lavoratore (art. 1334 c.c.) e ci rileva a vari fini
(decorrenza del termine per la richiesta dei motivi da parte del lavoratore, decorrenza del termine di
decadenza per l'impugnativa del licenziamento ex art. 6, L. n. 604/1966, ecc.).
L'onere della forma scritta rispettato anche nel caso in cui il datore di lavoro offra in consegna
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lettera di licenziamento al dipendente che rifiuti di riceverla, dovendo in questo caso il datore
fornire la prova per testimoni dell'episodio. L'atto si reputa altres conosciuto nel momento in cui
giunge all'indirizzo del destinatario, salva la prova della impossibilit incolpevole di effettiva
conoscenza.
Sanzioni: tutela reale e tutela di diritto comune. Il licenziamento carente di forma o di motivazione
(se richiesta), resta assoggettato alla medesima disciplina del licenziamento privo di giusta causa o
di giustificato motivo (reintegrazione + risarcimento ragguagliato ad almeno 5 mensilit di
retribuzione): in tal senso depone lo stesso art. 18 St. lav.
Il licenziamento viziato nella forma viene qualificato dalla L. n. 604/1966 come inefficace. Dottrina
e giurisprudenza prevalenti sostengono che dall'inefficacia derivino l'improduttivit di effetti
giuridici del licenziamento ed il diritto del lavoratore ad ottenere il risarcimento del danno,
commisurato alle mancate retribuzioni fino al concreto ripristino del rapporto di lavoro.
Rinnovazione del licenziamento. Il licenziamento viziato per ragioni di forma pu essere rinnovato
osservando le modalit prescritte e la cessazione del rapporto si produrr solo a momento della
rinnovazione.
8.2- Il licenziamento disciplinare.
Pi articolata la procedura di irrogazione del licenziamento disciplinare, essa l'espressione
dell'esercizio del potere disciplinare del datore di lavoro, in quanto non bastano la mera
comunicazione del licenziamento e l'eventuale successiva specificazione dei motivi, ma occorre
rispettare gli oneri processuali art. 7 St. lav. Prevede. Gli oneri sono:
l'affissione del codice disciplinare in luogo accessibile ai lavoratori;
la contestazione per iscritto degli specifici addebiti mossi al lavoratore;
la concessione di un termine al dipendente per presentare le proprie giustificazioni;
la previsione di una pausa di riflessione (5 giorni) tra la contestazione dell'addebito e
l'applica provvedimento disciplinare.
La tesi ontologicadel licenziamento disciplinare. La sentenza n. 204/1982 della Corte
Costituzionale, puntualizza che il licenziamento deve ritenersi disciplinare quando sia correlato ad
un comportamento imputabile a titolo di colpa al lavoratore, essendo irrilevante la sua esplicita
previsione nella specifica disciplina (collettiva o individuale). Secondo tale impostazioni (c.d.
ontologica) il licenziamento disciplinare copre quindi per intero l'area del licenziamento per
giustificato motivo soggettivo e quasi totalmente quella del licenziamento per giusta causa.
Tuttavia, secondo un successivo orientamento della Corte di Cassazione, la mancata affissione del
codice disciplinare non inficia la legittimit del licenziamento quando i fatti addebitati al dipendente
configurino illeciti penali o gravi violazioni di doveri fondamentali del lavoratore poich in tali
ipotesi, il lavoratore non rischia di incorrere in sanzioni per fatti da lui non preventivamente
conosciuti come mancanze.
Della tutela obbligatoria e del recesso ad nutum. La giurisprudenza giunta a ritenere, che il
licenziamento disciplinare che presenti vizi di procedura non affetto da nullit, ma produce gli
effetti propri del licenziamento illegittimo per carenza dei presupposti giustificativi ai sensi dell'art.
8, L. n. 604/1966 (che prevede la scelta del datore tra riassunzione del lavoratore e pagamento di
un'indennit).
9-L'impugnativa del licenziamento.
La Legge 604/1966 stabilisce che il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza
entro 60 giorni dalla ricezione della sua comunicazione ovvero dalla comunicazione dei motiviove
questa non sia contestuale a quella del licenziamento. La decadenza ritenuta applicabile al
licenziamento ingiustificati, a quello nullo, al licenziamento disciplinare viziato per mancato
rispetto del procedimento previsto (art. 7 St. lav).
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porre a fondamento del licenziamento una semplice ragione giustificativa (giusta causa o
giustificato motivo, oppure la ricorrenza di un'ipotesi di licenziamento collettivo, ecc.), mentre il
lavoratore deve eventualmente eccepire (e provare) la ricorrenza, di reali ragioni di discriminazioni
politica, sindacale o religiosa.
Si tratta di una prova difficile giacch il lavoratore dovrebbe essere in grado di dimostrare la
destinazione a fini discriminatori di licenziamenti che si presentano apparentemente giustificati.
La prova del licenziamento orale. Infine occorre considerare il caso del lavoratore che agisce in
giudizio per ottenere la declaratoria di inefficacia del licenziamento per carenza di forma scritta o
per mancata o intempestiva comunicazione dei motivi richiesti.
Il datore di lavoro in non pochi casi pu essere indotto ad opporre che il rapporto si in realt
interrotto in forza di dimissioni presentate oralmente dal lavoratore.
In tale ipotesi, il lavoratore che si fa attore in giudizio contestando l'illegittimit del licenziamento
orale, spetta a questi provare che esso si effettivamente verificato nella realt e che non si
dunque trattato, come asserisce l'imprenditore, di dimissioni.
11. Il regime sanzionatorio del licenziamento invalido.
Per il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo, previsto un doppio,
alternativo regime sanzionatorio:
quello della c.d. tutela obbligatoria, delineato dall'art. 8 della L. n. 604/1966 che si applica
ai datori che non superano determinate soglie occupazionali
quello della c.d. tutela reale, delineato dall'art. 18 St. lav., che si applica al sopra di tali
soglie occupazionali.
11.1-La tutela obbligatoria.
Secondo l'art. 8 della L. n. 604/1966 dall'annullamento del licenziamento privo di giusta causa o di
giustificato motivo discende un'obbligazione alternativa a carico del datore di lavoro il datore di
lavoro tenuto a riassumere il prestatore di lavoro entro il termine di tre giorni o, in mancanza, a
risarcire il danno versandogli un'indennit di importo compreso tra un minimo di 2,5 e un massimo
di 6 mensilit dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo al numero di dipendenti
occupati, alle dimensioni dell'impresa (se dipendenti da datore di lavoro che occupa pi di 15
prestatori di lavoro), all'anzianit di servizio del prestatore di lavoro.
1) Per il prestatore di lavoro con anzianit superiore a 10 anni, la misura massima della
predetta indennit pu essere maggiorata fino a 10 mensilit;
2) Per il prestatore di lavoro con anzianit superiore a 20 anni pu essere maggiorata fino a
14 mensilit.
11.2-La tutela reale
Diverso invece il regime sanzionatorio del licenziamento privo di giusta causa o di giustificato
motivo delineato dall'art. 18 St. lav. ed operante per i datori di lavoro che presentino maggiori
livelli occupazionali. Introducendo un sistema di stabilit reale, l'art. 18 considera il rapporto di
come non interrotto dal licenziamento ingiustificato, che ne impedisce giuridicamente la sola
funzionalit di fatto; pi in particolare la norma prevede:
la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro;
il risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento ingiustificato,
risarcimento la cui misura comunque non potr essere inferiore a 5 mensilit, anche se dal
licenziamento alla reintegrazione sia trascorso un periodo di tempo minore.
Questo regime sanzionatorio esteso alle ipotesi di nullit del licenziamento determinato da
ragioni discriminatorie nonch alle ipotesi di inefficacia del licenziamento per vizi formali o
procedurali nelle imprese di maggiori dimensioni.
a) L'ordine di reintegrazione
61
Secondo una prima lettura, nel sistema dell'art. 18 St. lav. l'ordine di reintegrazione sarebbe quasi
superfluo o avrebbe un valore meramente etico in quanto il rapporto di lavoro, interrotto solo di
fatto dall'illegittimo licenziamento, non richiede in alcun modo di essere ripristinato, poich esso
prosegue automaticamente a seguito dell'accertamento dell'invalidit del recesso datoriale.
Attuazione coattiva della reintegrazione. Secondo una prima e prevalente opinione, non sarebbe
suscettibile di esecuzione forzata per una fondamentale ragione di principio: l'ordine imporrebbe, al
datore di lavoro un obbligo di fare infungibile. Nessuno potrebbe in sostanza imporre al datore di
reintegrazione effettiva del lavoratore.
La prevalente giurisprudenza sembra comunque orientata a negare l'esecuzione forzata dell'obbligo
di reintegra e a riconoscere nei fatti al datore la possibilit di non ottemperare a tale obbligo e di
lasciare inutilizzato il lavoratore pur regolarmente retribuito.
Invito a riprendere servizio. Se il lavoratore non riprende servizio entro 30 giorni dall'invito rivolto
dal datore di lavoro il rapporto di lavoro si intende risolto allo spirare dei 30 giorni, salvo un
giustificato motivo di assenza. La reintegrazione deve avvenire nello stesso posto occupato al
momento del licenziamento. Nulla impedisce che successivamente alla reintegrazione il datore di
lavoro adibisca il lavoratore a diverse mansioni
b) Il risarcimento del danno
Il giudice, quando emette sentenza di reintegra nel posto di lavoro, condanna il datore al
risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento stabilendo un'indennit (e
comunque non inferiore a 5 mensilit di retribuzione) nonch al versamento dei contribuiti
assistenziali e previdenziali maturati nel medesimo lasso temporale.
L'aliunde perceptum. L'applicazione rigida di norme, valevoli a stabilire la quantit di indennizzo,
induce a considerare maggiormente gli elementi variabili del caso concreto, rendendo l'indennit
suscettibile di variazione. A tal proposito possono verificarsi due ipotesi:
1) Quella a favore del datore di lavoro, quando il lavoratore ha percepito compensi da altri
datori di lavoro (in tal caso l'aliunde perceptum, assume una valenza compensatrice);
2) Quella a favore del lavoratore, quando dimostri di aver subito pregiudizi ulteriori al di
della perdita della retribuzione (ad es. sfratto per morosit o l'assunzione di mutui).
Retribuzione globale di fatto. Per retribuzione globale di fatto, deve intendersi il comprensivo
di tutto quanto il lavoratore avrebbe effettivamente e continuativamente percepito nel periodo
considerato;
Rinuncia alla reintegrazione. II prestatore di lavoro che ha ottenuto una sentenza di reintegrazione
ha la facolt di chiedere al datore in sostituzione di tale reintegrazione una indennit pari a 15
mensilit di retribuzione globale di fatto.
12- Tutela processuale del diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro.
Il diritto alla reintegrazione pu essere fatto valere, oltre che attraverso l'ordinario processo del
lavoro, tramite strumenti processuali pi rapidi, quali:
l'art. 700 c.p.c., in base al quale, quando vi fondato motivo di temere che nelle more del
giudizio ordinario il diritto azionato possa subire un pregiudizio imminente e irreparabile, si
pu chiedere al giudice un provvedimento d'urgenza a carattere cautelativo: nella specie una
sospensione del licenziamento (con reintegra provvisoria) sino all'esito del giudizio
ordinario di merito;
L'art. 28 St. Lav., in base al quale, quando il licenziamento sia connesso ad un fine
antisindacale la sua illegittimit pu essere fatta valere anche dal sindacato mediante la
procedura per la repressione della condotta antisindacale del datore di lavoro;
L'art. 18 St. Lav., in base al quale, ai dirigenti delle RSA ed i membri delle commissioni
interne garantisce una tutela del tutto peculiare ai dirigenti delle RSA e ai membri delle
commissioni interne, in ragione della maggiore esposizione ad azioni di rappresaglia
62
nelle imprese.
Per quanto riguarda gli imprenditori, l'istituto del licenziamento collettivo connesso con la Cassa
integrazione guadagni riportata ad una Situazione di sostegno di crisi aziendali reversibili, mentre il
licenziamento collettivo seguito da mobilit diviene lo strumento con cui risolvere i problemi di
eccedenza definitiva di personale attraverso una gestione extra-aziendale, della forza lavoro
esuberante.
La L. n. 223/1991 contempla due fattispecie di licenziamento collettivo: quello per riduzione di
personale e quello per messa in mobilit.
Per dar corso al licenziamento per riduzione di personale necessario che l'imprenditore abbia
un organico complessivo di pi di 15 dipendenti, e che intenda licenziare almeno 5 lavoratori
nella provincia in un arco temporale di 120 giorni.
La causa della dismissione dev'essere riconducibile ad una riduzione o trasformazione di attivit di
impresa o del lavoro.
In ogni caso il giudice, deve solo accertare:
- la sussistenza del presupposto causale invocato sostegno dei licenziamenti collettivi
(verificare, cio, se una riduzione o trasformazione di attivit o di lavoro, denunciata
dall'impresa, vi sia effettivamente:
- il nesso eziologico tra il progettato ridimensionamento ed i singoli provvedimenti di
recesso;
- la correttezza procedurale dell'operazione (il puntuale rispetto, cio, della procedura di
mobilit e dei criteri di scelta dei licenziandi).
Nel caso di licenziamento collettivo, l'indagine del giudice sembra, pi ampia, avendo ad oggetto
anche il rispetto della procedura di mobilit, non prevista nei licenziamenti individuali per
giustificato motivo oggettivo).
La L. n. 223/1991 impone all'imprenditore di comunicare a rappresentanze e organizzazioni
sindacali i motivi che determinano la situazione di eccedenza nonch i motivi tecnici, per i quali
si ritiene di non poter adottare misure idonee a porre rimedio alla predetta situazione ed evitare la
dichiarazione di mobilit.
Licenziamento per messa in mobilit. L'imprenditore (con pi di 15 dipendenti) pu avviare le
procedure di mobilit qualora, durante il godimento o alla fine di un periodo di Cig straordinaria,
ritenga di non essere in grado di reimpiegare tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a
misure alternative.
3-La procedura di mobilit.
Tra il momento in cui, matura la decisione di procedere al licenziamento collettivo ed il momento
dell'effettiva espulsione del singolo lavoratore dal processo produttivo, la legge pone la c.d.
procedura di mobilit la cui funzione quella di attutire, ove possibile, gli effetti del licenziamento
collettivo sulla occupazione aziendale e sul mercato del lavoro.
La legge impone all'imprenditore l'obbligo di comunicare preventivamente per iscritto alle RSA
(ora RSU) ed alle associazioni di categoria:
i motivi tecnici ed organizzativi che determinano la necessit di ridurre il personale; il
numero, la collocazione aziendale e i profili professionali del personale eccedente;
i tempi di attuazione del programma di mobilit;
L'informativa deve essere seria e completa, dettagliata ed analitica idonea ad aprire il confronto
sindacale;
La procedura, introdotta dalla comunicazione, pu articolarsi in due fasi, una preliminare, e l'altra
subordinata all'esito-negativo della prima.
d) La prima fase, c.d. sindacale, pu aver luogo ad iniziativa del sindacato, entro 7 giorni
dalla data di ricevimento della comunicazione e deve, comunque, svolgersi in un arco
temporale non superiore a 45 giorni. Essenzialmente si sostanzia in un libero confronto tra
65
lavoratore facendo questa volta un corretto uso dei criteri di scelta; unico onere sar una
comunicazione preventiva alle rappresentanze sindacali aziendali.
In sostanza la tutela reale, finisce per operare con riguardo ad ogni impresa con pi di 15
dipendenti.
6-L'estensione della L. n. 223/1991 ai datori di lavoro non imprenditori. Il D. Lgs. 8 aprile
2004, n. 110.
Il D. Lgs. 110/2004 ha per esteso l'applicazione della disciplina sui licenziamenti collettivi dettata
dalla L. n. 223/1991 anche ai datori di lavoro non imprenditori. Si tratta - come vedremo d'una
estensione solo parziale. La riforma si resa necessaria a seguito della sentenza di condanna
pronunciata dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea nei confronti dell'Italia, motivata dal fatto
che la normativa nazionale non aveva recepito la direttiva n. 98/59 nella parte in cui prevedeva
l'inclusione tra i destinatari della L. n. 223/1991 di tutti i datori di lavoro e non solo degli
imprenditori.
Di conseguenza, la L. n. 223/1991 si applica ora anche ai privati datori di lavoro non
imprenditori. I dipendenti di questi ultimi, si trovano in una condizione deteriore rispetto ai
dipendenti delle imprese. Essi, infatti, non possono godere degli ammortizzatori sociali previsti
dalla L. n. 223/1991 (ed, in particolare, dell'indennit di mobilit), n delle agevolazioni
contributive a favore del nuovo datore di lavoro in caso di nuova assunzione.
C. IL TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO
1. L'evoluzione legislativa.
L'anzianit di servizio presso il medesimo datore di lavoro assume particolare rilevanza in
occasione della cessazione del rapporto di lavoro, allorquando dovuta al lavoratore una indennit
commisurata, tra l'altro, durata del rapporto.
Alle origini la c.d. indennit di anzianit ha rappresentato una sorta di premio di fedelt per il
lavoratore: riconosciuta inizialmente solo agli impiegati e negata a chi si dimetteva o veniva
licenziato per giusta causa.
Successivamente, estesa a tutti i casi di cessazione del rapporto l'indennit ha invece visto
valorizzato il carattere di corrispettivo retributivo della prestazione complessivamente resa,
corrisposto alla cessazione del rapporto ad es., far fronte alle esigenze del lavoratore nel momento
del venir meno di una stabile fonte di guadagno.
La disciplina attuale dell'istituto, ora denominato trattamento di fine rapporto (TFR), dettata
dalla L. 297/1982.
2-I nuovi criteri di calcolo.
Il meccanismo di calcolo della vecchia indennit di anzianit consisteva nella moltiplicazione
dell'ultima retribuzione per un coefficiente proporzionale alla durata del rapporto.
Secondo l'attuale disciplina, invece, per ciascun anno (calendariale) di servizio occorre isolare una
quota pari alla complessiva retribuzione annuale divisa per 13,5 (poco pi, quindi, d'una
retribuzione mensile).
Nella retribuzione annuale vanno compitate tutte le somme corrisposte in dipendenza del rapporto
di lavoro a titolo non occasionale e con esclusione dei rimborsi spese.
Per evitare ingiustificate e macroscopiche diseguaglianze in sede di TFR, la legge vieta alla
contrattazione di abbassare il divisore 13,5.
L'autonomia collettiva invece libera di espungere alcune voci retributive dalla retribuzione e
dunque di comprimere l'entit del trattamento di fine rapporto, magari in considerazione di una
strategia tesa a valorizzare la retribuzione corrente. La L. n. 297/1982 ha consentilo una piena
equiparazione del trattamento per impiegati ed operai.
Le quote della retribuzione annuale devono essere rivalutate ogni anno al 31 dicembre con
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l'applicazione di un tasso costituito dall'1,5% in misura fissa e dal 75% dell'aumento dell'indice dei
prezzi al consumo accertato dall'Istat.
I nuovi criteri di computo presentano il vantaggio di riflettere fedelmente la storia retributiva di
ciascun lavoratore, impedendo manovre o effetti sperequativi a vantaggio di chi presenta dei picchi
di carriera nella fase terminale del rapporto.
Il nuovo sistema di computo del TFR concerne soltanto le anzianit di lavoro maturate dopo il 31
maggio 1982, mentre i rapporti di lavoro in corso all'entrata in vigore della L. n. 297/1982 restano
assoggettati ad un meccanismo di computo differenziato:
per le anzianit maturate in precedenza viene calcolata l'indennit di anzianit al 31 maggio
1982 alla stregua dei vecchi criteri sanciti nella L. n. 91/1977.
3-Le anticipazioni e il Fondo di garanzia. L'indennit in caso di morte
II lavoratore con almeno 8 anni di servizio presso lo stesso datore pu ottenere, in pendenza del
rapporto, un'anticipazione del TFR non superiore al 70% del trattamento gi maturato.
La legge, per, pone vincoli finalistici alla domanda di anticipazione (spese sanitarie per terapie o
interventi straordinari, acquisto della prima 1 casa di abitazione per s o per i figli, e per astensione
facoltativa dal lavoro dei genitori nei primi otto anni di vita del bambino) e limita il numero dei
beneficiari onde non esporre le aziende ad ingenti quanto improvvisi esborsi di liquidit
Significativa , la previsione (art. 2, L. n. 297/1982) di un Fondo di garanzia, alimentato da
contributi datoriali e destinato a sostituire il datore di lavoro nell'erogazione del TFR in alcuni casi
di insolvenza o di inadempienza.
II Fondo interviene in caso di:
fallimento, quando sia stato depositato lo stato passivo;
concordato preventivo, quando sia stata pubblicata la sentenza di omologazione del
concordato medesimo;
liquidazione coatta amministrativa, quando sia stato depositato lo stato passivo, ovvero sia
stata emessa sentenza che decide sulle eventuali opposizioni o impugnazioni riguardanti il
credito di lavoro;
amministrazione straordinaria.
L'art. 2122 cod. civ., si stabilisce che, in caso di morte del lavoratore, il TFR e l'indennit di
mancato preavviso spettano al coniuge, ai figli, e, se vivevano a carico del prestatore di lavoro, ai
parenti entro il terzo grado ed agli affini entro il secondo.
4-Prospettive di riforma.
Le prospettive di riforma del TFR appaiono intrecciate con l'evoluzione del sistema pensionistico e
col finanziamento della previdenza complementare di cui al D. Lgs. n. 124/1993 (c.d. fondi
pensione). Il D. Lgs. 299/1999 prevedeva, in via sperimentale, la c.d. cartolarizzazione del TFR
in alternativa al versamento in contanti del TFR ai fondi pensione il debito dell'impresa costituito
dalle quote annuali di TFR poteva essere trasformato in strumenti finanziari emessi dalla impresa
stessa e attribuiti al fondo pensione.
Tali strumenti finanziari potevano consistere in azioni obbligazioni convertibili in azioni
L'operazione (consentita dal 1999 e solo per i tre anni successivi) richiedeva il consenso scritto del
lavoratore. L'obiettivo era quello rendere disponibili risorse per la previdenza complementare
cercando, al contempo di salvaguardare l'equilibrio finanziario dell'impresa.
In questo modo si garantiva comunque un ritorno alle aziende in termini di capitale di rischio.
La L. 243/2004, (c.d. riforma Maroni), mira a facilitare l'afflusso del TFR ai fondi pensionistici
complementari di cui al D. Lgs. n. 124/1993. Al riguardo viene previsto una forma di silenzioassenso.
In altri termini: resta fermo il principio di volontariet di adesione al fondo pensione solo che
adesso la volont del lavoratore di non aderirvi dev'essere espressa entro sei mesi dall'entrata in
68
vigore del relativo decreto legislativo ovvero entro sei mesi dall'assunzione, altrimenti silenzio del
lavoratore considerato come volont di aderire a un fondo pensione (e di conferirvi il TFR).
CAPITOLO XI
69
Una volta sottoscritto il patto, il lavoratore si rende disponibile per variare fasce orarie (clausole
flessibili), per aumentare lorario di lavoro concordato (clausole elastiche). In sostanza tali clausole
accessorie attribuiscono al datore un vero e proprio jus variandi temporale.
esplicitamente consentita la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo
parziale, purch vi sia laccordo delle parti e venga convalidato dalla Direzione provinciale del
lavoro competente per territorio.
Il rifiuto del lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo in rapporto a tempo
parziale, o viceversa, non costituisce giustificato motivo di licenziamento. Sostanzialmente la stessa
garanzia vale per il rifiuto del lavoro supplementare, nonch per il rifiuto del patto di elasticit e di
flessibilit.
2-Il lavoro ripartito
Il D.Lgs. n. 276/2003, definisce il lavoro ripartito (job sharing) come speciale contratto di lavoro
subordinato con il quale due lavoratori assumono in solido ladempimento di ununica e identica
obbligazione lavorativa.
Per le sue caratteristiche, il contratto sembra destinato ai lavoratori legati da forti vincoli di
solidariet. Non a caso definito anche lavoro a coppia.
Salvo diverse intese tra le parti contraenti, ogni lavoratore resta personalmente e direttamente
responsabile delladempimento dellintera obbligazione lavorativa nei limiti previsti dal legislatore.
Il vincolo di solidariet passiva che caratterizza il rapporto di lavoro presuppone la piena fungibilit
della prestazione di lavoro.
Al momento della stipulazione le parti devono concordare la quantit e la collocazione temporale
della propria attivit lavorativa.
Salvo diverse intese individuali o collettive, i lavoratori hanno la facolt di modificare
consensualmente la ripartizione dellorario e di sostituirsi a vicenda. Nel qual caso, il rischio
dellimpossibilit della prestazione per fatti attinenti alluno impone allaltro di adempiere per
lintero; quindi ciascuno dei due deve coprire le assenze dellaltro. Nel caso di impedimento di
entrambi i lavoratori, il D.Lgs. n. 276/2003 rinvia alla norma del diritto comune, cio allart 1256
c.c., secondo cui limpossibilit temporanea pu estinguere lobbligazione quando perduri tanto
tempo da far cessare linteresse del creditore della prestazione.
Il contratto di lavoro ripartito deve essere stipulato per iscritto ai fini della prova. La disciplina
generale applicabile, rinviata alla contrattazione collettiva senza selezione di livelli e agenti
negoziali. In assenza di contratti collettivi, si applica la normativa generale del lavoro subordinato
ma soltanto in quanto compatibile con un rapporto in cui la prestazione dovuta da due debitori.
Altro aspetto delicato del lavoro gemellato attiene alla cessazione del rapporto di lavoro. Salvo
diverse intese tra le parti contraenti, le dimissioni o il licenziamento di uno dei due comporta
lestinzione dellintero vincolo contrattuale; a meno che il datore e laltro lavoratore non
convertano il contratto di lavoro ripartito in normale contratto di lavoro subordinato a tempo pieno
o a tempo parziale.
Viceversa, il licenziamento per ragioni aziendali non pu che interessare contemporaneamente
entrambi i lavoratori.
3-Il lavoro intermittente
Il D.Lgs n. 276/2003, introduce e disciplina il lavoro intermittente. La novit consiste nel fatto che
il datore di lavoro pu utilizzare la prestazione lavorativa in modo intermittente, se e quando decida
di farlo, e a sua volta il lavoratore non obbligato a rispondere alla chiamata (lavoro intermittente
senza obbligo di disponibilit). Pertanto un contratto che nasce senza obblighi per le parti. Le cose
cambiano se, con lapposizione di una clausola accessoria, il lavoratore si obbliga a rispondere alla
chiamata del datore di lavoro. Solo in tal caso sorge un correlativo obbligo del datore di
corrispondere lindennit di disponibilit.
72
Il contratto di lavoro intermittente pu essere stipulato anche a tempo determinato, cio fissando un
termine alla possibilit di chiamata o alla disponibilit.
Il lavoro intermittente consentito per periodi predeterminati nellarco della settimana, del mese o
dellanno ai sensi dellart 37 (fine settimana, ferie estive, vacane natalizie e pasquali).
Anche il contratto di lavoro intermittente deve essere stipulato in forma scritta ai soli fini della
prova di vari elementi, fra i quali: lipotesi giustificativa, la durata, il luogo e la modalit della
disponibilit, il trattamento economico e normativo.
Per i periodi non lavorati, il lavoratore non titolare di alcun diritto (e dovere) riconosciuto ai
lavoratori subordinati. Soltanto per i periodi di disponibilit garantita spetta al lavoratore
unindennit mensile nella misura stabilita dai contratti collettivi e comunque non inferiore ad un
minimo fissato con decreto ministeriale.
C) CONTRATTI A CONTENUTO FORMATIVO E DI FORMAZIONE/LAVORO
1-Dall'apprendistato agli apprendistati
Sulla strada dellalternanza e dellintreccio tra formazione e lavoro, la legislazione venuta
proponendo lapprendistato, denominato tirocinio dal codice civile, classico strumento di ingresso
del giovane nel mondo del lavoro.
Lapprendistato un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato, seppur speciale.
Possono essere assunti, in tutti i settori di attivit, con contratto di apprendistato classico, i giovani
di et non inferiore ai 16 anni e non superiore a 24. La valida instaurazione di un contratto di
apprendistato subordinata quindi ad un limite minimo e ad uno massimo di et. Il limite massimo
riguarda esclusivamente il momento in cui il rapporto ha inizio, ma se valicato successivamente non
ne preclude la continuazione.
Al fine di tutelare la salute del lavoratore si fissa lobbligo di visita sanitaria pre-assuntiva per
accertare che le condizioni fisiche di questo ne consentano ladibizione al lavoro per il quale deve
essere assunto. Fino al 23 ottobre 2003 lassunzione doveva anche essere autorizzata
preventivamente dalla Direzione Provinciale del lavoro. consentita lapposizione del patto di
prova che tuttavia non pu avere durata superiore a 2 mesi.
La fissazione della durata dellapprendistato classico rinviata ai contratti collettivi nazionali, in
relazione ai tempi necessari per apprendere le mansioni, tuttavia non potr essere inferiore a 18
mesi e superiore a 4 anni. I periodi di servizio prestato in qualit di apprendista presso pi datori di
lavoro si cumulano ai fini del computo della durata massima del periodo di apprendistato, purch
non separati da interruzioni superiori ad un anno e purch si riferiscano alle stesse attivit.
Durante il rapporto di apprendistato trova applicazione la disciplina limitativa dei licenziamenti,
mentre al termine del periodo il datore di lavoro ha la facolt di dare disdetta ai sensi dellart 2118
c.c.. in difetto di questa, lapprendista mantenuto in servizio con la qualifica conseguita mediante
le prove di idoneit e il periodo di apprendistato considerato utile ai fini dellanzianit di servizio
del lavoratore.
Il D. Lgs. n. 276/2003 prevede per un futuro prossimo la sostituzione del contratto apprendistato
con una trilogia di tipi contrattuali tutti denominati apprendistato:
-del primo tipo, per lespletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione;
-del secondo tipo, professionalizzante;
-del terzo tipo, per lacquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione.
La causa dei tre nuovi contratti di apprendistato sempre mista, mentre let minima e massima
prevista per il lavoratore varia in ragione del tipo. La forma del contratto di apprendistato del primo
e del secondo tipo scritta e deve prevedere lindicazione di un piano formativo individuale.
Quanto al terzo tipo il legislatore non dice nulla, rinviando implicitamente allautonomia collettiva
o individuale.
Lapprendistato del primo tipo ( diritto-dovere di istruzione) consente al minore di entrare nel
73
mondo del lavoro e contemporaneamente di adempiere ai propri obblighi formativi. Possono essere
assunti giovani di et compresa tra i 15 e i 18 anni e la durata massima del contratto di 3 anni,
purch sempre allinterno del limite massimo di et.
Lapprendistato del secondo tipo (quello professionalizzante) quello che maggiormente si
avvicina a quello classico. Questo tipo mira al conseguimento di una qualificazione professionale
attraverso una formazione sul lavoro e un apprendimento tecnico-professionale. Possono essere
assunti soggetti di et compresa tra i 18 e i 29 anni; la durata del contratto non pu essere inferiore a
2 anni e superiore a 6.
Lapprendistato del terzo tipo ( per lacquisizione di un diploma) diretto al conseguimento di un
titolo di studio di livello secondario, ovvero al conseguimento di titoli di studio universitari e di alta
formazione, nonch alla specializzazione tecnica superiore. Possono essere assunti giovani di et
compresa tra 18 e 29 anni.
2-I contratti di formazione e lavoro
omissis ...............
3-I contratti di inserimento
Il D. Lgs. n. 276/2003 prevede una tipologia contrattuale nuova, con finalit pi occupazionali che
formative. Con il contratto di inserimento il legislatore decreta la fine dei contratti di formazione
che sopravvivono solo nelle PA. La disciplina del contratto di inserimento operativa a seguito dell
Accordo interconfederale firmato l11 febbraio 2004 da Confindustria, CGIL, CISL e UIL.
Questo contratto diretto a categorie di persone considerate dal legislatore particolarmente deboli
sul mercato del lavoro:
Soggetti di et compresa tra i 18 e i 29 anni;
Disoccupati di lunga durata da 29 fino a 32 anni;
Lavoratori con pi di 50 anni di et che siano privi di un posto di lavoro;
Lavoratori che desiderino riprendere unattivit lavorativa e che non abbiano lavorato per
almeno 2 anni;
Donne di qualsiasi et residenti in unarea geografica in cui il tasso di occupazione
femminile sia inferiore almeno del 20% di quello maschile o in cui il tasso di
disoccupazione femminile superi del 10% quello maschile;
Persone riconosciute affette da handicap fisico, mentale o psichico.
I datori di lavoro interessati sono principalmente privati
Condizione per lassunzione con contratto di inserimento la definizione, con il consenso del
lavoratore, di un progetto individuale di inserimento finalizzato a garantire ladeguamento delle
competenze professionali del lavoratore stesso al contesto lavorativo.
LAccordo interconfederale firmato l11 febbraio 2004 da Confindustria, CGIL, CISL, UIL dispone
che il progetto individuale di inserimento debba prevedere una formazione teorica non inferiore a
16 ore ripartita tra apprendimento di nozioni di prevenzione antinfortunistica e disciplina del
rapporto e organizzazione aziendale.
Quanto alla forma, anche il contratto di inserimento deve essere stipulato per iscritto, e deve essere
specificamente indicato il progetto individuale di inserimento. In mancanza di forma scritta il
contratto di inserimento nullo e il lavoratore si intende assunto a tempo indeterminato. La durata
non pu essere inferiore a 9 mesi n superiore ei 18 mesi, con leccezione prevista per i lavoratori
disabili, nei confronti dei quali la durata massima pu essere estesa fino a 36 mesi.
Si tratta quindi di una species del genus contratto a termine e per questo, salva diversa
determinazione della contrattazione collettiva, trova applicazione, per quanto compatibile, la
disciplina contenuta nel D. Lgs. n. 386/2001.
74
CAPITOLO XII
75
del lavoratore, con diritto di ottenere il ritorno al tempo pieno alla scadenza di un biennio dalla
trasformazione.
5-Mansioni, inquadramento e jus variandi
In tema di jus variandi permane uno dei pi rilevanti tratti di specialit nella disciplina del rapporto
di lavoro dei dipendenti pubblici privatizzati. La deroga alla disciplina comune, trova una
giustificazione nellesigenza di permettere alla P.A. di controllare sempre, attraverso lutilizzo di
procedure selettive e concorsuali, laccesso a qualifiche superiori da parte dei dipendenti.
Questa deroga ora confermata dallart 52 D. Lgs n. 165/2001 che detta una disciplina privatistica
ad hoc per la materia. Si detto che il dipendente pubblico deve essere adibito alle mansioni di
assunzione o a quelle considerate equivalenti, ovvero alle mansioni corrispondenti alla qualifica
superiore successivamente acquisita.
La specialit pi rilevante riguarda lassegnazione a mansioni superiori. Lart 52 D. Lgs n. 165/2001
prevede uno jus variandi in melius, ma limitato a due ipotesi tassative:
3) Vacanza di posto per un periodo non superiore a 6 mesi;
4) Sostituzione di dipendente assente con diritto alla conservazione del posto per tutto il
periodo di assenza, escluse le ferie.
Ladibizione legittima ed effettiva a mansioni superiori, d diritto al trattamento economico e
normativo corrispondente allattivit svolta (cio quello previsto per la qualifica superiore), ma, in
vistosa deroga allart 2103 c.c., non conferisce mai il diritto allattribuzione definitiva.
7-Il potere disciplinare e il licenziamento per motivi soggettivi
A seguito della privatizzazione anche nel settore pubblico ormai certa la configurazione del potere
disciplinare come potere privatistico della P.A. datore di lavoro, privando la P.A. delle tradizionali
posizioni di supremazia speciale.
Lart 55 del D. Lgs. n. 165/2001, individua le infrazioni nellinosservanza delle disposizioni in
materia di diligenza (art 2104 1 comma c.c.), di obbedienza (art 2104 2 comma c.d.) e di fedelt
(art 2105 c.c.).
Gli obblighi del pubblico dipendente il cui rapporto privatizzato non si differenziano da quelli del
dipendente privato: si tratta di obblighi volti a garantire lesatto adempimento della prestazione
dovuta.
La tipologia e lentit delle infrazioni nonch delle sanzioni sono definite dai contratti collettivi
nellambito del codice disciplinare. Al predetto codice deve essere data idonea pubblicit mediante
affissione in luogo accessibile a tutti.
Lart 7 comma 4 St lav, stabilisce che non possono essere disposte sanzioni che comportino
mutamenti definitivi del rapporto e che la multa non pu essere disposta per un importo superiore a
4 ore della retribuzione base.
Nel novero delle sanzioni deve essere compreso il licenziamento disciplinare (vedi capitolo X). Si
prevede che, salvo il caso in cui le sanzioni da applicare si identifichino con il rimprovero verbale o
scritto, ad irrogarle non sia il capo della struttura, ma, su segnalazione di questo, un apposito ufficio
per i procedimenti disciplinari (U.P.D.), competente per ogni fase del procedimento ed individuato
in ciascuna P.A.
Si tratta di un organismo che rappresenta direttamente la P.A. - datore di lavoro.
lufficio competente per i procedimenti disciplinari che fa tutto:
contesta laddebito al dipendente;
istruisce il procedimento e applica la sanzione;
al capo della struttura in cui il dipendente lavora, resta solo il compito di segnalazione sulle ipotesi
di infrazione.
Laudizione a difesa del dipendente deve avvenire nel termine di 15 giorni dalla convocazione (art
55 comma 5); nei successivi 15 giorni la P.A. deve applicare la sanzione. inoltre i provvedimenti
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disciplinari pi gravi del rimprovero verbale non possono essere applicato prima che siano trascorsi
5 giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa.
Tali disposizioni potrebbero essere coordinate nel modo seguente:
Prima ipotesi: la P.A. contesta laddebito, decorrono 15 giorni ed il dipendente non si
presenta, nei successivi 15 giorni la P.A. pu irrogare la sanzione;
Seconda ipotesi: la P.A. contesta laddebito, il dipendente di presenta per difendersi fra il 1
e il 15 giorno; fra il 5 ed il 15 giorno successivo allaudizione, la P.A. pu irrogare la
sanzione.
Una novit assoluta costituita dal c.d. patteggiamento (art 55, 6 comma D. Lgs n. 165/2001),
cio possibile lapplicazione di una sanzione ridotta, ma questa non suscettibile di
impugnazione, n in via giudiziale n arbitrale.
Infine prevista una procedura di carattere conciliativo-arbitrale da esperirsi secondo le modalit
fissate dai contratti collettivi o in mancanza innanzi al Collegio arbitrale di disciplina istituito presso
ciascuna PA. Nel corso della procedura conciliativo arbitrale la sanzione resta sospesa, mentre
solo la PA ha lobbligo di conformarsi alla decisione del Collegio. Ci non significa che
lAmministrazione sia preclusa limpugnativa giudiziale del provvedimento arbitrale, bens che
esiste per la PA un obbligo legale di immediata esecuzione del provvedimento, a prescindere dalla
sua successiva impugnazione.
Un ulteriore profilo di specialit costituito dalla regolazione legislativa dei rapporti tra processo
penale e procedimento disciplinare per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche. La L. 27
marzo 2001 n. 97 ha introdotto nuove misure cautelari obbligatorie, adottabili dalla PA, nellipotesi
di rinvio a giudizio del dipendente per gravi reati contro la PA. In certi casi la condanna in sede
penale pu comportare lapplicazione da parte del giudice penale, della pena accessoria
allestinzione del rapporto d lavoro.
9-Eccedenze di personale e mobilit collettiva. Il collocamento in disponibilit
Il D. Lgs n. 80/1998 ed il D. Lgs n. 387/1998 (ora confluiti negli artt. 33 e 34 D.lgs n 165/2001)
hanno rivisitato la disciplina delle eccedenze di personale e della mobilit collettiva nelle PA.
La disciplina delle eccedenze di personale nel pubblico impiego risulta articolata in pi fasi:
a) fotografia della consistenza del personale: cio la rilevazione della consistenza del
personale in rapporto al fabbisogno di risorse umane secondo le procedure previste
dallordinamento di ogni amministrazione interessata;
b) Rilevazione delleccedenza e confronto con le organizzazioni sindacali: le PA, quando
leccedenza riguardi almeno 10 dipendenti, sono tenute ad informare le rappresentanze
unitarie del personale e le OO.SS (organizzazioni sindacali).
Le cause di eccedenza devono comunque riguardare sempre questioni organizzative
dellamministrazione. Linformazione al sindacato deve avvenire attraverso una comunicazione
scritta e contenere lindicazione dei motivi che determinano la situazione di eccedenza.
Entro 10 giorni dal ricevimento della comunicazione, a richiesta delle OO.SS. si procede ad un
esame diretto a verificare la possibilit di pervenire ad un accordo sulla ricollocazione totale o
parziale del personale eccedente (anche mediante il ricorso a forme flessibili di gestione del tempo
di lavoro).
c) Messa in disponibilit e ricollocazione del personale eccedente: rilevata leccedenza e
conclusa la procedura, lart 33 comma 7 del D. Lgs. n. 165/2001 prevede che venga
comunicato il collocamento in disponibilit al personale in esubero che non sia stato
possibile impiegare diversamente nellambito della medesima amministrazione o ricollocare
presso altre amministrazioni.
Il collocamento in disponibilit comporta non la risoluzione ma la sospensione del rapporto di
lavoro, col pagamento di unindennit a carico del datore per la durata massima di 24 mesi.
d) Risoluzione del rapporto: se la ricollocazione non riesce, il rapporto di lavoro si intende
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definitivamente risolto alla scadenza dei 24 mesi di durata massima del trattamento.
Si tratta di unipotesi di risoluzione automatica ex lege del rapporto di lavoro, la quale non necessita
di alcun atto di accertamento da parte della P.A. circa lesistenza dei presupposti di legge che
determinano lestinzione del rapporto di lavoro (la scadenza del termine del periodo di
disponibilit).
Non sembra possibile ricondurre la risoluzione del rapporto alla fine del periodo di disponibilit ad
una sorta di licenziamento per riduzione di personale. Peraltro il dipendente il cui rapporto di lavoro
cessa al termine della disponibilit avr la possibilit di impugnare latto di collocamento risalente
ai due anni che precedono per eventuali vizi della gestione delleccedenza da parte della PA. Non
sembra invece dubitabile che il rifiuto, da parte del dipendente di prendere servizio su un posto
vacante determini limmediata risoluzione del rapporto.
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