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Lezione del 14.3.

2023 (seconda parte)


Marketing e Tecniche di comunicazione

Questo consentiva una funzione completamente diversa perché ci si poteva sedere in un ristorante italiano certificato,
assaggiare una serie di ricette e garantirsi a distanza la stessa esperienza che si era vissuta lì, quindi stesse posate e stessi
piatti e ogni piatto avrebbe avuto la mise en place tipica del posto. Per fare questo si è dovuto inventare un modello che
desse certezza al fatto che effettivamente si utilizzava per esempio il parmigiano con un dato invecchiamento preso da
quel fornitore. Come si fa a fare ciò? Tutto questo deve essere improntato sul fatto che bisogna essere credibile e noi
abbiamo due livelli di credibilità a cui bisognava dare risposta:
- uno inerente al consumo finale e questo si può gestire più facilmente;
- la maggiore credibilità ce l'avevi con chi ti conferiva la ricetta, perché affidava a me un suo posizionamento, la sua storia,
il suo valore e se il mio progetto non riusciva il danno che si arrecava era direttamente a lui quindi per dare queste
garanzie si è sviluppato in blockchain un modello che desse garanzie ai processi. Mostrando in questo modo che il
prodotto si comprava effettivamente dal fornitore e si potesse rintracciare in qualsiasi momento.
Quindi ogni ricetta avrà un certificato blockchain e inquadrandolo il cliente saprà tutto di quel piatto, quindi, avrà
informazioni su tutto ciò che sta mangiando (ogni ingrediente). Così si è creata la prima ricetta con blockchain ovvero la
panzanella dello chef Antonio Colonna e per creare ciò il professore insieme al suo collega ha monitorato il pomodoro nel
campo in cui veniva coltivato, ha inserito una stazione di monitoraggio collegata a dei server che controllavano la crescita
del pomodoro, il tempo di innaffiamento, il tempo di piantagione, il tempo di raccolta eccetera. Questo serviva perché da
garanzie, se per esempio si ha un campo di tre ettari attraverso cui si coltivano pomodori X da cui si estrapolano circa 5
quintali di pomodoro, non si può pensare di arrivare ad estrapolarne 8 quintali perché ci sarà un block ovvero non si
riuscirà a venderli, viceversa se in qualche modo avessi delle performance di mercato vorrebbe dire che si ha comprato
altri pomodori a più basso costo rispetto a questo.
La stessa cosa è stata fatta con la birra Peroni e quindi tutta una tracciabilità circa il grano utilizzato per produrre tale birra.

Questo per dire e per mostrare come tecnologie nate in altri ambiti condizionino il mercato. La gente oggi vuole verità e
trasparenza immediata e se non si può dare ciò ovviamente si va a perdere occasioni. Tutto ciò è collegato al tema della
personalizzazione cioè clienti più esigenti oggi non vogliono il prodotto standard. Questa personalizzazione deve far conto
con la sostenibilità perché essa per definizione è la capacità di replicare nel tempo e di garantire la sopravvivenza nel
tempo a un determinato business di mercato e se questo business da 1:100 diventa 1:1 ovviamente aumentano i costi e
se il valore di questa personalizzazione non è sufficientemente comparato con il prezzo che si è disposti a pagare per la
personalizzazione, si crepa il sistema. Chiaramente l'accelerazione di questa dinamica oltre alla tecnologia crea
sicuramente interconnessione, per cui oggi quando si parlava ad esempio del marketing a due vie è quasi immediato. Oggi
il consumatore chiede informazioni sul prodotto prima di averlo acquistato, cioè mentre prima (esempio negli anni '80 e
'90) ci si occupava di ciò dopo aver venduto il prodotto, oggi la gente lo vuole sapere prima.

La responsabilità sociale dell’impresa è uno degli elementi fondamentali dell’approccio al mercato e in generale a qualsiasi
attività di business o sociale perché se non si riesce a capire ciò non si riesce neanche a governare le regole del mercato.
Per spiegare ciò facciamo riferimento al gioco del lotto che negli anni passati era un qualche cosa di prettamente culturale,
sociale e di scambio facendo riferimento anche al Totocalcio e alle schedine che venivano compilate. Poi però si è
sviluppata la ludopatia e un mercato parallelo che dava risposte a un bisogno simile ma ovviamente con soggetti diversi.
Slot machine, l'isolamento, la periferia ecc.. sono tutti elementi che hanno condizionato talmente tanto quel tipo di
approccio a questo mercato che anche chi fa lotto oggi è condizionato da regole di questo nuovo mercato e dalla
produzione di questi, per cui non si può più fare pubblicità del lotto, non si possono più fare perché è vietata la
promozione e stimolazione del gioco. Questo perché è diventato un mercato nero così come un altro esempio è il tabacco
che negli anni '70-80 sponsorizzava tutti gli sport.
Quindi se chi faceva quel mercato non avesse compreso come stava cambiando la normativa e la sicurezza e si fosse
armato di una responsabilità sociale di restituzione almeno del disvalore che con il proprio business produceva sarebbe
scomparso.
Tutta questa cura e attenzione 20-30 anni fa non c’era ma questo vale per l'etica, per i consumi, per l'energia. Quindi
“questo che cosa ha fatto?” Ha esteso i confini dell’impresa, del territorio e dell'interlocutore perché prima l’interlocutore
unico era il cliente e l’unico strumento su cui mettere valore era il prodotto. Adesso c'è una dinamica cliente-prodotto è
esploso in un ecosistema dove il prodotto è diventato tutta la filiera di produzione ovvero l'impatto, l'energia, la logistica,
dove consumo, dove compro, chi lo produce eccetera eccetera. Il consumatore è diventato la comunità, quindi, bisogna
preoccuparsi non solo di chi compra, ma soprattutto di chi non compra perché quelli sono i maggiori nemici, poiché sono
quelli che in qualche modo possono parlare bene o male dell'attività e quindi ritorniamo al marketing relazionale quindi
quanto aumentano le relazioni, quanto è cambiata la coscienza. Negli anni '80 non c'erano associazioni di consumatori,

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oggi questi non sono il singolo consumatore ma sono dei gruppi aggregati che fanno attività di monitoraggio per cui non è
soltanto la soddisfazione del cliente ma è la reputazione che si costruisce intorno al business. La verità che io affermo deve
essere reale e sicura, perché ci sarà qualcuno che me la vorrà contestare.
Quindi ogni operatore di marketing deve avere degli alibi sui propri stakeholder che possono essere interni o esterni alle
imprese, di solito sono interni (dipendenti) e sono la voce dell'impresa. Un esempio è quello della campagna 5 per mille in
cui nella propria dichiarazione dei redditi è possibile indicare un beneficiario di una categoria specifica a cui destinare
questo 5 per mille nella dichiarazione stessa, se non si segna nessuno questo 5 per mille viene incanalato nello Stato.
ESEMPIO: al Gemelli anni fa era stato deciso di comprare degli spot pubblicitari su Rai 1 per pubblicizzare questa
campagna.
Inizialmente si erano spesi 500mila € per la campagna pubblicitaria che dopo 2 anni (perché il 5 per mille è postergato nel
tempo) ha portato a un guadagno di 450mila €, quindi meno rispetto a quanto si era speso. Dopo aver riflettuto sul fatto
che il Gemelli ha un afflusso di 12mila persone al giorno, si è deciso di non continuare a pagare gli slot pubblicitari su Rai 1,
vista anche l’enorme concorrenza.
L'anno successivo il budget è stato ridotto di 4/5 e con questo budget si è tappezzato l’ospedale di cartelloni con slogan
del 5 per mille, si sono scritte e-mail a tutti gli utenti in database.
Risultato raggiunto: triplicate le sottoscrizioni con 1/5 dei valori!

Ciò che abbiamo visto è che il marketing non crea bisogni ma valori, questo ha a che fare con la relazione e con le persone,
la relazione è sempre a due vie ovvero comunico e ascolto e non ci può essere la non comunicazione, cioè non si può
scegliere di non comunicare.

L'altro elemento è quello della complessità cioè nel marketing il marker è un osservatore costante della realtà che cambia.
Ad oggi i cambiamenti sono estremamente più rapidi di quello che erano 10,15,20 anni fa. Lo scopo del marker è quello di
avvicinare l’offerta, il prodotto o il servizio dell’azienda al bisogno delle persone interpretandolo e creando un valore
aggiuntivo che in qualche modo da sempre risposte nuove a bisogni vecchi perché magari cambiano o evolvono ma sono
già radicati.

Cosa fa il marker? Il marker attrae gli interessi dei clienti ma non di tutti i clienti, perché ogni proposta deve puntare su un
target specifico (come nel caso del 5 per mille che non ha senso metterla su Rai1), per fare questo bisogna studiare. Il
marketing ha due grandi dimensioni:
- strategica e analitica
- operativa

Ma le dimensioni chiave del marketing sono:


1. la dimensione strategica è quella più importante perché crea le precondizioni per lavorare in un determinato
mercato. Nella dimensione strategica non c'è il prodotto, perché il prodotto ha a che fare con l'operatività. Infatti,
il marketing strategico è anche chiamato analitico, cioè ha a che fare soltanto con lo studio e l'osservazione di n.
elementi alcuni interni e alcuni esterni all'azienda;
2. operativa, cioè le scelte di strategia operativa;
3. organizzativa, del posizionamento distintivo cioè come voglio essere, quale è quel valore che io voglio, nell’atto di
vendita, trasferire agli utenti;
4. dei mercati cioè se io voglio entrare nel mercato, parlare con un utente e vendere un determinato prodotto, come
mi voglio collocare? Cioè a che livello voglio essere? Voglio essere l'ultimo arrivato, quello che vende di più, quello
che vende di meno ma ad alto prezzo perché il prodotto è distintivo e tutto questo ha a che fare con le scelte e
l’aumento di mercato.
La dimensione strategica è quella sicuramente più importante e tecnica perché studia i mercati, quindi parte da un macro-
ambiente che vuol dire fare indagini, raccogliere dati, avere rapporti con i centri statistici, studiare i comportamenti sociali
e di consumo con assetti demografici, capire chi c'è già nel mercato o come sono collocato rispetto alla concorrenza e
valutare il mio posizionamento rispetto al mercato, quali sono i punti di forza e le mie debolezze e le opportunità e le
minacce. Questo lo avete già visto nello swot analysis dove swot è un acronimo che sta per opportunità, minacce, punti di
forza e debolezza dove i primi punti di forza e di debolezza sono sempre interni all’azienda, cioè hanno a che fare con il
mio approccio e con quello che io posso determinare. Le opportunità e le minacce, invece, sono esterne all'azienda quindi
valuta quello che sta succedendo nel mercato, una nuova legge che arriva, un nuovo bisogno che può aprire opportunità o
portare minacce. Questa cosa qui si concretizza in un piano strategico che è proprio la definizione macro da cui parte il
marketing operativo che lo trasforma poi in iniziative.

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Il marketing analitico definisce dove voglio competere e quello strategico ci dice da dove parto e dove voglio arrivare,
quindi consegna al marker operativo il macro obiettivo in termini di posizionamento e non ancora di numeri, quindi non
ho ancora un valore ma lo consegna in termini di visione, di promesse, la proposta unica di vendita che mi legittima e dice
io posso stare in questo mercato e ho pieno diritto di starci questo poi si traduce attraverso i marketing operativo nel
prezzo, nella produzione, la comunicazione e quindi tutte le leve operative.
Quali sono i principali obiettivi? Nel marketing strategico la cosa più importante è segmentare il mercato, ad esempio
all'origine del bisogno del bere possono rispondere diversi enti (la fontanella oppure il bar che fa lo spritz) ovvero due
estremi che fanno parte dello stesso mercato. Chiaramente due enti che in termini di prodotto, di prezzo, di risultato e del
target sono molto diversi. Questo significa che la segmentazione non ha ancora a che fare con la scelta, ma ha a che fare
con lo spacchettamento del mercato e va a identificare diverse variabili. A questo punto si sceglie l'ambito e nell'ambito il
target cioè il soggetto al quale si vuole guardare (si sceglierà il turista che si prenderà lo spritz piuttosto che chi andrà a
correre la mattina alle 6).

L'ultima fase è il posizionamento ovvero una volta stabilito di voler stare in quel mercato e di voler parlare con un
determinato utente, si decide di lanciare una sfida a chi sta in vetta a questo mercato oppure prendere solo una nicchia di
questo mercato e tutto ciò rientra nel marketing strategico che non vuol dire aver già realizzato il prodotto ma renderlo
economicamente sostenibile.

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Nel mercato operativo sono importanti: le politiche di branding ovvero le sponsorizzazioni, come ad esempio il testimonial
che trasferisce il fascino, le competenze, il risultato di una persona fisica, che è appunto testimone di questa azienda,
all’immagine della stessa. Importanti anche sono le politiche di prodotto, ma anche tutto quello che riguarda le politiche
commerciali, scelte distributive con i mercati e le dimensioni del mercato all'interno cui io voglio stare (l'online, il mercato
periferico, la grande distribuzione), le politiche di prezzo, le promozioni (come ad esempio il black Friday), quando usarle o
non usarle, a che condizioni utilizzarle e con che convenienza (ci sono stati dei fallimenti pazzeschi all'interno della storia o
casi anche di successo molto elevati).
È molto importante anche la comunicazione, anzi per meglio dire uno degli elementi fondamentali. Ma siccome il
marketing deve misurare i risultati non si può pensare che un'ipotetica farmacia o l'industria all'interno cui si lavora, di
non pretendere un monitoraggio analitico dei risultati e ritorna anche qui l'esempio del 5 per mille, perché se non si riesce
a capire alla singola leva che tipo di esito si ottiene il risultato è completamente nullo anche un risultato positivo perché
non è replicabile e non aumenta il valore delle competenze.

Le famose 4 P (leve principali del marketing operativo) sono:


1. il prodotto;
2. il prezzo;
3. il place che ha a che fare con la distribuzione (quindi i luoghi);
4. promozione.

Su questo assioma per circa 20 anni si è mosso il marketing mettendo queste leve nel marketing mix in funzione di quelli
che potevano essere gli obiettivi, cioè se si ha un prodotto nuovo si deve spingere di più in comunicazione o si può
mettere ad un prezzo più alto; invece, se ho un prodotto ad esempio maturo si spinge più sulla produzione si abbassa la
comunicazione perché non ci serve e lo si può mettere a un prezzo più basso.

In questo equilibrio si muove storicamente il marketing degli anni ‘60 fino agli anni ‘90 e il punto principale è il prodotto
con tutte le sue caratteristiche di funzionalità freschezza e valore percepito. Negli anni ‘80 fino ai primi anni del 2000, alle
4 P sono state aggiunte altre tre che hanno a che fare con il servizi, quindi non è più solo il prodotto ad essere centrale ma
si inquadra il pacchetto completo come dicevamo prima ad esempio della spedizione gratuita che non ha a che fare con il
prodotto ma è un servizio che diventa fondamentale nel percepire il valore del prodotto che ti portano a casa. Quindi si
aggiungono:
1. le persone, basti pensare a determinate forze di vendita come sono in qualche modo interpreti dei valori (i
commessi-modelli da Abercrombie & Fitch);
2. il processo;
3. le forze fisiche ovvero ha a che fare con i colori, gli odori quindi sono cose che non sono proprio del prodotto ma
aumentano il valore del prodotto stesso (i negozi dell’Apple, nonostante tu possa ordinare online c’è gente che fa
la fila per entrare nei negozi perché attirata dall’atmosfera).

L’ultima evoluzione di questo modello è quello delle 4C che è quello più utilizzato ad oggi e si ritorna al modello iniziale
delle 4 P ma si vive in modo molto più decentrata per cui il protagonista non è né il prodotto né in servizio bensì il cliente,
poiché il prodotto è solo lo strumento per arrivare alla soddisfazione del cliente, quindi centrale è la sua soddisfazione,

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perché da questa derivano tutta una serie di ricadute, in termini di valore economico ,per l'azienda molto più elevate e a
costo molto più contenuto rispetto ad un eventuale investimento sul prodotto.
Queste 4 C sono:
1. cliente al posto di prodotto;
2. costo al posto di prezzo;
3. comunicazione al posto di promozione;
4. convenienza al posto di place (distribuzione)
Il concetto di costo si sostituisce a quello di prezzo e il costo è tutto ciò che concerne le informazioni per arrivare a capire
che prodotto comprare, quindi il costo ha a che fare con il tempo, la fatica ed è una dimensione molto più ampia. Inoltre il
costo è relativo mentre il prezzo è assoluto poi ovviamente c'è chi se lo può e chi non ce lo può permettere. Il costo è
assolutamente relativo in termini di prezzo e costi sono stati completamente sconvolti e questo ha a che fare con il
concetto della personalizzazione perché non c'è più un prezzo per tutti ma varia in virtù dei servizi e dei costi aggiuntivi
quindi inglobale le ulteriori 3P.
La promozione è unidirezionale cioè decido io a che prezzo vendere una cosa quindi è un qualche cosa che decido io e te
la propongo; la comunicazione invece è un processo bilaterale ovvero comunicazione e ascolto e questo è la chiave del
successo nel processo di marketing bidirezionale moderno.
La convenienza è collegata alla distribuzione cioè non più dove vendo il prodotto, ma quanto conviene al target che io ho
scelto trovare il prodotto a una circostanza con un'altra circostanza, cioè la convenienza è quel mix di tempo e distanza
che c'è tra il prodotto e l'utilizzatore finale e anche qui è molto più interessante perché prima la filiale della distribuzione
era solo una scelta strategica dell'azienda dettata dall'efficienza, mentre ora la convenienza mette al centro i bisogni del
cliente e del consumatore.

Queste sono le leve di marketing operativo e come queste pesano nei mercati di specifici beni.
I beni banali sono quelli di acquisto frequente (esempio il cibo), il prodotto pesa il 25% e la comunicazione sta perdendo
punti a vantaggio della distribuzione, cioè si passa da un 35% a un 26% oggi della comunicazione mentre la distribuzione
passa dal 24 % al 28%. Questo qui fa capire quanto in qualche modo sui beni di poco conto si tiene conto dei temi della
accessibilità, della convenienza e di quel minimo di comunicazione che serve a costruire la fiducia perché essa pesa
sempre un 26% rispetto al prodotto che pesa un 25%, c’è ancora un equilibrio tra prodotto e comunicazione. Se ci si
sposta nell'ambito dei beni problematici, che sono i beni di acquisto più complessi tra cui la casa, l'assicurazione sulla vita
e quegli acquisti che si fa una tantum, il prodotto assume un valore molto più pesante e rilevante, infatti arriva fino al 30%,
quindi cinque punti in più rispetto ai beni banali e tutto il tema della comunicazione si appiattisce e acquista valore il
prezzo cioè tutto sommato se io devo comprare una casa guardo il prezzo, comincia cioè a diventare qualche cosa di
pesante rispetto ai beni banali ( se io devo comprare un kg di frutta a 1,99€ piuttosto che a 1,80€ me ne frego, ma se io
devo comprare un i-phone a 1350€ piuttosto che 1400€ io attraverserò la città per pagarlo meno).
Tutte queste informazioni alimentano il piano di marketing operativo che è fondamentalmente dice se è vero che io voglio
stare in questo mercato ci voglio stare con queste caratteristiche, quindi voglio diventare il leader di mercato e governare
l’innovazione con tutto il resto. Questo porterà ad ottenere determinati obiettivi, quindi si ottiene il risultato economico di
marker share nel senso tecnico e quindi declino le attività che voglio fare e programmo le attività con tutti i tempi e i costi
che mi permetteranno la misurazione. Per questo è un piano annuale sottoposto a periodi di verifica (nelle aziende

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complesse questo è suddiviso in campagne periodiche, mentre altri mercati sponsorizzano i propri mercati stagionalmente,
altri una volta solo durante l'anno tipo quello di costumi da bagno).

Gli obiettivi fondamentali è che essi siano SMART dove SMART è un acronimo dove dal marketing si è passato a settare
tutti gli obiettivi tra cui ad esempio quello delle risorse. Questo qui è uno strumento molto utile per qualsiasi tipo di
obiettivo come ad esempio lo sport bisogna programmare se si vuol fare una maratona in un determinato modo e periodo,
deve essere sfidante perché altrimenti non calcolo l'adrenalina e il sacrificio che metto a fare questa cosa e tenere a
mente gli obiettivi, quindi in qualche modo si deve tenere un livello di equilibrio.

La dimensione organizzativa: quanto pesano il marketing e vendite rispetto ai costi complessivi per l’organizzazione di
un'azienda; ed è molto interessante vedere come a fronte di una tendenziale stabilità del marketing in crescita, aumentino
molto lo studio dei canali perché essi sono quelli che negli ultimi 10 anni hanno avuto lo stravolgimento più grande. La
cosa sconvolgente è quanto poco iniziano a contare invece il personale, perché rischia di essere considerato un bene
fungibile (se non accetti questo salario ne trovo un altro). Questo è il grosso rischio di questo momento perché le persone
sono il vero patrimonio delle organizzazioni delle aziende e tutto quello che riguarda scelte strategiche o di comunicazione
sono tutte indirizzate verso le persone e non avere persone che vivono quel DNA all’interno dell’azienda è una delle forme
di rischio più grande.

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Un’ulteriore cosa impressionante è vedere quanto scenda la produzione ovvero questa passa dal 21% al 13%, quindi quasi
dimezzata perché il prodotto perde importanza; è infatti molto più importante investire nell’inquinamento che genera la
produzione del prodotto piuttosto che l'innovazione per rinnovare il prodotto. Da qui deriva l'intelligenza di alcuni direttori
di aziende (come Ferrero) che pensando a uno schema produttivo già lo pensano replicandolo oppure, appena fatto un
investimento e pensano già come questo possa essere capitalizzato e utilizzato su altri mercati. Questo da idea di
un’efficacia iniziale ma consente di dare risposte a diverse offerte.

Attività e ruoli nel Consumer Marketing


Il marketing ha la dimensione strategica ma chiaramente mentre in una piccola impresa o in una piccola farmacia, ad
esempio, il titolare si ritrova ad assumere sia il ruolo strategico che operativo, in azienda ci sono ruoli molto diversi con
approcci e modi diversi, con capacità e percorsi formativi diversi. Il consumer marketing, comunque, si focalizza sempre
sul marketing strategico e operativo e la parte che ha a che fare con il prodotto e con consumi quindi il posizionamento
del brand, la qualità del prodotto, l'innovazione, la promozione di campagne e le promozioni.

Attività e ruoli nel Trade Marketing


Il Trade marketing è un po' il contrario, nella comunicazione del prodotto, perché gestisce le categorie di prezzo sui canali.
Nei profili manageriali ritroviamo il trade marketing manager, key account manager e costumer manager che hanno il
compito di gestire tot clienti con determinate caratteristiche anche a livello strategico, poi tutti i servizi relativi alla parte
della post-vendita sempre rispetto a questi tipi di clienti. Quindi non c'è creatività da parte delle leve né tanto meno
curiosità cosa che invece richiede il processo di vendita del prodotto.
Qui invece l'aspetto di rapporti negoziali con tutta una serie di relazioni risulta essere molto più importante, quindi
gestiscono meno leve ma hanno un punto di ascolto fondamentale.

Altra dimensione fondamentale del marketing è quella del valore, infatti, abbiamo visto che il marketing non crea bisogni
ma crea valore, che ha determinate caratteristiche e il suo obiettivo è quello di trasferire. Basti pensare all'esempio di un
bambino che arriva a scuola con l'iPhone 14, ovviamente non si può sapere se quel bambino lo ha comprato perché ha le
possibilità economiche, gliel'hanno regalato o lo ha vinto in qualche modo, ma il fatto che lui arriverà con l'iPhone 14
automaticamente genererà invidia da parte di altri bambini che non lo hanno e vorranno capire come ha fatto a
permettersi tale telefono. Quindi questo esempio si può riallacciare al marketing dove si vuole ottenere un prodotto per
trasferirlo poi al cliente finale, la promessa è tutto questo dove il prodotto è l'ultima delle cose, cioè se ad esempio si
andasse a creare un iPhone 15 con le stesse caratteristiche dell'iPhone 14, (quindi non cambia assolutamente nulla)
cambiando solo i colori, vedrei come questo diventerebbe oggetto di desiderio da parte delle persone che lo andranno poi
a comprare. Questo fa capire come tante aziende, come ad esempio nel campo della moda (Nike) riesca ogni volta a
cambiare prodotto variando piccole cose, come il colore, e in ogni caso invogliano la gente a comprarlo!
Importante anche il lavoro degli stock perché tirano fuori una variante che trasformerà il prodotto in qualche cosa che si
esaurisce in breve tempo e faranno salire il percepito del valore di chi è arrivato prima a comprare il prodotto.
Tutto ciò è condizionato da scelte che a volte sono a volte funzionali, come ad esempio al posizionamento e alla
dimensione del valore delle macchine nel mercato dell'automobile; chi compra ad esempio una Subaru sa che sta
comprando una macchina che dichiara a chi lo vende che è un uomo che va in montagna e non gli interessa l’apparenza
ma punta più sull'aspetto funzionale. Chi invece per andare a montagna compra una Mercedes va ovviamente a esibire il
suo lusso più che puntare su un aspetto funzionale.
Di tutto questo apparato bisogna considerare quanto si è disposto a pagare (modello value for money) perché se si guarda
a tutto il trasferimento e il valore molto probabilmente la soglia cresce. Questo è quello che per esempio è successo nel
campo degli orologi ovvero la Swatch aveva nei propri valori la freschezza, la semplicità, l'accessibilità con un prezzo
demografico con la serietà di un'azienda svizzera. La Swatch è proprietario dell'Omega e ha fatto una di quelle azioni che
con il senno di poi tutti dicono geniale, perché si è trasferito soltanto il posizionamento del concetto di Omega (il design)
con il materiale di Swatch e i suoi movimenti ma non c'è niente di tutto quello che ha sempre promesso la Swatch bensì
c'è solo il design di un orologio Omega vestito però di Swatch. Così gente che aveva già l'Omega che è l'orologio per
eccellenza, appena uscito questo modello che prevedeva una certa fusione tra Swatch e Omega lo è andato a comprare
perché voleva il prodotto fresco e accessibile che dava appunto lo Swatch. Così chi non si poteva permettere un Omega
perché costava troppo era disposto a comprare questo nuovo tipo di Swatch che veniva venduto a un prezzo raddoppiato
rispetto allo Swatch originale. Appena questo prodotto è stato messo sul mercato è andato fuori stock, tanto da provocare
un danno incredibile a Swatch. Questi orologi sono andati a finire sul mercato parallelo, rivenduti anche a 2000€. Tutto
questo però non ha a che fare con la qualità del prodotto ma con il valore del posizionamento del prodotto sul mercato.
Questo prodotto ha superato addirittura il Rolex, perché era un prodotto esclusivo ma accessibile (in senso economico),
che cos'è che non lo rendeva accessibile? La reperibilità quindi questo incrocio e tutti i valori creano in qualche modo il
posizionamento e adesso le aziende stanno iniziando a capire come giocarci, perché prima i valori che erano intoccabili
invece adesso con intelligenza sono declinabili e se lo fai bene questo esercizio vale molto di più di quello che si è fatto

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prima.
Questo appena citato è un esempio incentrato su un brand, vediamo adesso invece un esempio di una categoria di
prodotti generici: consideriamo i valori del latte, formaggi, yogurt. Ognuno di questi tre elementi ha un valore: il latte è
l'elemento di base, è vita, è essenziale per una dieta sana, lo yogurt invece inquadra più il concetto di fitness, benessere,
dieta, invece i formaggi ad oggi hanno un ruolo molto più centrale perché riguardano il mercato, la tradizione, l'eccellenza.
Tutti questi valori nel mercato te li trovi già trasferiti, ma attenzione perché ci si ritrova in un mercato con player che
hanno già creato questi valori, bisogna quindi che chi arriva oggi dovrà essere all'altezza, dovrà rinnovare, supportare e
alimentare tali valori.
Questo ha a che fare con la dimensione del mercato perché a oggi sono poche le aziende che fanno direttamente il
business prodotto-consumatore perché c'è intermediazione di altri mediatori. Ai fini del marketing che cos'è che fa la
differenza? Se io devo convincere a comprare il mio prodotto un'azienda o un utente, se io sono Ferrero ad esempio,
sicuramente oltre al marker devo avere il consenso di tutta la fila distributiva, ma io parlo direttamente al consumatore
quindi il mio marketing è B2C: business to consumer (mercato-azienda-consumatore finale). Se vendo servizi di logistica
come DHL, ha un B2B e un B2C, quando vende alle aziende ci saranno una serie di politiche: cioè gli strumenti,
l’assistenza, il costo; quando vende al privato cambiano completamente queste politiche. Bisogna capire quindi in quale
mercato si opera e a che condizioni si va ad impostare il mercato.

Nel B2B ci sono, a parità di prodotto, soggetti in grado di comprare quantità molto differenti, il privato per quanto possa
essere appassionato di un dato oggetto ne compra in modo e quantità limitate, contrariamente a un'azienda che ne
acquista stock. Quindi i prezzi hanno una volatilità molto più rigida nel mercato B2C, il prezzo deve essere più o meno
simile poi ci sono delle micro-variazioni che sono stabili. Nel B2B invece siccome i volumi possono essere molto
condizionati dagli stock che si comprano, i prezzi arrivano al 30,40,50%, quel che cambia è il livello di distribuzione
Il decisore finale dell'acquisto nel privato è l'individuo, ma in un'azienda c'è il direttore di acquisti, l'individuo che deve fare
la statistica di ripartizione, l’individuo che si occupa di logistica, quindi il prezzo è una decisione condivisa cioè più
complessa, ma è strategicamente più favorevole perché c'è l'interesse che da micro diventa macro quindi grande
attenzione e grande impegno mentre dall’altra parte c’è poco impegno, stessa cosa vale per il tempo.
Chi vende all'interno dell'azienda deve essere un soggetto competente e credibile, chi vende dall'altra parte deve essere
un soggetto in grado di generare emozioni per il trasferimento di valori, di fascino, di capacità che viceversa a un'azienda
non interessa.
I mercati delle aziende sono dei mercati molto più circoscritti mentre il mercato del consumo tipicamente è un mercato
aperto di dimensione sia geografica che sociale.

Una volta che si è deciso di entrare nel mercato bisogna capire quale posizione si vuole avere all'interno di esso, la metrica
è quella del market share, perché in base alle quote di mercato devo essere consapevole di agire attraverso un ruolo
determinato, perché se ad esempio io sono il leader di questo mercato, quindi quello che ha più a cuore di tutti il mercato,
devo gestire e difendere l'espansione di questo mercato e devo in qualche modo difendere la mia quota, quindi il ruolo
principale è quello di difendermi nel mercato. Se io invece sono un challenger, che ha caratteristiche simili al leader in
capacità di innovazioni finanziarie (ad esempio) che lancia una sfida diretta al leader. Quindi il suo scopo è quello di

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erodere il mercato e diventare il leader e questo può provocare a scelte strategiche. Invece il follower è chi sta nel
mercato e segue i comportamenti dell'individuo come nel caso del black-friday il leader lo pensa, il challenger lo sfida e il
follower si adegua. Poi c’è il nicher cioè il gestore di mercati di nicchia che si trova in una situazione di limitato potere di
mercato ma alla quale non corrispondono necessariamente dei fallimenti ma scelte che vengono fatte per strategia per
ritornare in una posizione di nicchia ovvero una condizione comoda quindi non è la dimensione che caratterizza la filologia
di questo mercato ma è l'atteggiamento.

Il leader di mercato deve farsi carico degli investimenti di ricerca e innovazione che costano ed è l'unico che lo può fare
perché la sua posizione è dominante, è riconosciuto leader prima ancora che per le quote, per la sua credibilità. Nei suoi
conti economici deve considerare una fetta molto più elevata rispetto agli altri che in termini di ricerca e sviluppo perché
gli vengono riconosciute delle competenze e capacità (come il rapporto che ha con le istituzioni. ESEMPIO: quando era
necessario mettere le cinture di sicurezza nei seggiolini in macchina, la commissione parlamentare ha chiamato Chicco e
altri due/tre leader, riconoscendo ad essi un ruolo di responsabilità). Quindi nel leader c'è tutta la responsabilità come ad
esempio quella di impegnarsi nell'attuare una legge che lo Stato, dopo che gli è stata richiesta, ha attuato e il leader può
gestire ciò, andare a dedicarsi alla fissazione del prezzo sul mercato, cioè il prezzo di riferimento (benchmark). Quando si
fa analisi la cosa più importante è quello di capire chi è il leader del mercato e cosa fa perché è quello che può
condizionare le scelte. Quindi il termine Benchmark o identifica un profilo o un comportamento tipico, gli esempi sono
Barilla e McDonald's eccetera.

Il challenger è quello che ha le stesse caratteristiche ma è arrivato dopo, quindi il leader è colui che ha occupato per primo
questo ruolo o il secondo arrivato con le capacità maggiori, quindi è potenzialmente il nuovo leader e deve disporre di
grandi investimenti perché per scalzare il leader o deve avere proprietà intellettuali circa un innovazione che l'altro non ha
o deve essere avanzato nelle conoscenze rispetto al leader per potersi differenziare. Questi spesso creano delle vere e
proprie battaglie permanenti dove ci sono quote di mercato che si combattono a vicenda, quindi spesso la leadership è
condivisa e anche gli investimenti lo sono ad oggi, perché ad esempio nel mercato delle automobili i pianali, che sono
elementi che non creano diversificazione quindi su certi punti questi si mettono insieme per bloccare anche un terzo
interlocutore che potrebbe dare diverse garanzie. Questa è una situazione del mercato che vale soprattutto per gli ultimi
arrivati ma è anche tipica invece di chi fa politiche solo di prezzo cioè ad esempio il discount che a oggi è diventato un
mercato a sé stante, ma negli anni '90 hanno fatto una chiara strategia di prezzo e hanno interpretato quello che poteva
essere l'esito in termini di crisi e adesso stanno contaminando i mercati e contengono anche non solo prodotti di
sottomarca ma anche di marca. Che fa quindi il discount, si va a prendere quelle 3-4 referenze sulle quali va anche in
perdita, ma lui prende clientela agli altri supermercati e vende molto di più.

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La sfida del discount è quella di attrarre il cliente attraverso poche referenze in casa propria, per poi portare il cliente a
fare tutta la spesa e si impronta sulla scia dei leader. Questa ha un posizionamento distruttivo perché abbiamo visto che
l'input principale del mercato è quello della personalizzazione ed è un'occasione in più perché prima la nicchia esisteva
per modifiche del modello di acquisto in cui si è costruita tale nicchia e ci si è adeguati alla sua posizione. Quindi i mercati
di nicchia crescono con l'obiettivo non tanto di aumentare di follower o altro ma comunque rappresenta qualche cosa che
ha degli sbarramenti in ingresso molto diversi perché non si può comprare la risposta con esigenze specifiche che cerca il
consumatore, perché nasce da una sua affezione molto profonda ed è difficilissimo e costosissimo in qualche modo
schermare?. MIN 57.29
Adesso c'è tutto questo concetto di fa ritornare i marchi famosi negli anni passati con il primo boom del marketing e
ricomprarli e indirizzarli a quella clientela che negli anni 80 li acquistavano ma che oggi sono decisori di acquisto.
Questo apre un tema molto importante che è quello del ciclo del cliente perché i fattori più forti e il condizionamento del
nostro approccio al giusto avviene nell'adolescenza e negli anni poco successivi in cui si costruisce il proprio futuro e si
costruisce quello che è anche un determinato successo. Quando il consumatore è molto sensibile non è mai un decisore
d'acquisto, si sedimentano questi bisogni e vengono combattute in questa fase con la frustrazione di non essere un
decisore d'acquisto, come nel caso di un bambino di 15 anni senza patente che guarda una Porsche e sogna di un giorno
potersela comprare e quando avrà 45 o 50 anni se possiede le adeguate condizioni economiche potrà poi comprarsela.
Idealmente questi adolescenti 20 30 anni dopo diventeranno proprio marketing manager di un’azienda per cui si crea una
specularità come nel caso della moda che ritorna sempre negli anni che se vengono capiti ed interpretati questi cicli nel
mercato si possono utilizzare e la stessa cosa avviene nel campo delle macchine, per esempio, d'epoca che è quello più
prevedibile del mondo perché ha a che fare con la tiratura e con il posizionamento della macchina di epoca.

Poi arriviamo a quelle che sono le leve, se io voglio crescere quali sono le regole che devo toccare? Devo arrivare a
cambiare i livelli di penetrazione dei consumi dei prodotti cioè anziché consumare poche volte quel prodotto bisogna
spingere a utilizzare il prodotto in modi diversi. Dopo bisogna lavorare sul posizionamento della marca quindi se io investo
su una marca come l'acqua minerale e per esempio si dice che bere questo bicchiere d'acqua una volta al giorno ogni
mattina tralasciando se sia vero o meno suggerisce che ogni mattina bisogna avere per forza una bottiglia di quell’acqua in
casa, quindi bisogna pensare come un messaggio (forse vero) stimola a comprare il prodotto perché se non si prende quel
bicchiere di acqua ogni mattina non si avrà l'effetto dell'acqua stessa.
Spesso la fedeltà viene spostata per cui se io sono fedele a una determinata marca come biscotti Ringo e trovo il gelato
Ringo quello che per me era affezione a quel biscotto non ha niente a che vedere con il gelato, quindi quello che si può
fare è ampliare la gamma di prodotti di quel brand, poi ovviamente si può lavorare oltre che sul prodotto sui servizi post
vendita e anche sulla promozione.
L'altra cosa che è molto forte è rendere il consumo “estremenziale” come ad esempio le pubblicità degli yogurt dove
proprio c'è il gesto del gusto.
Il valore più grande è la fidelizzazione perché acquisire un nuovo cliente costa 6-7-8 volte rispetto a fidelizzarne uno,
quindi tenersi stretto un cliente costa molto di meno e conviene molto di più piuttosto che acquistarne uno nuovo. Questo
può muovere del 25% i margini che è moltissimo, questo spiega perché anche le farmacie fanno le offerte e le raccolte
punti a chi ha una fidelity-card in virtù che tutti gli esercizi fisici hanno una dimensione di fedeltà ma ad oggi le farmacie
sono negozi molto più complessi dove non si vende più solo il farmaco ma anche tanti altri servizi che vengono offerti
oltre ad un'attenzione particolare nel fascino dell'ambiente, oltre che integrare l’online nella sua dimensione.
Si hanno due livelli di fedeltà; uno che condiziona la marca, e non è il farmacista che può condizionare la scelta di un brand
che sarà anzi lo stesso, la sua storia, la sua qualità a influenzare la scelta del cliente, quindi uno deve capire su che leva
deve fare gioco. Il comportamento di acquisto lo può fare chi gestisce il punto vendita, e quindi di solito fa il 3x2, cambia
gli assortimenti e sconti, quindi fa agire con la fantasia leve molto più pragmatiche e promozionali.

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