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DIRITTO

DEL LAVORO – SINDACALE (appunti pre-apello)



Il diritto del lavoro nasce nel periodo pre-corporativo, a cavallo tra la metà del 1800 e i primi del 1900 in
corrispondenza della prima industrializzazione dell’Italia.
Per DIRITTO DEL LAVORO si intende “l’insieme di regole che sono connesse con lo sviluppo del sistema capitalistico
fondato sulla grande fabbrica industriale, fabbrica meccanizzata finalizzata alla produzione in serie di merci
destinate al consumo di massa”.
Con lo sviluppo del sistema economico e dell’economia di mercato emergono nuove forze produttive, in
particolare: Capitale (impresa) e Lavoro (salariato, oggi definito come lavoro subordinato nell’art.2094cc).

[Storia e restante parte su appunti]

Analizzando l’art. 39 comma 1 Cost. (“l’organizzazione sindacale è libera”), lo definiamo come pilastro del diritto
sindacale in Italia. Esso definisce che l’organizzazione sindacale è libera sia per i lavoratori che per i datori di lavoro
(imprenditori e associazioni à associazioni di categoria).
La libertà sindacale dei singoli lavoratori è declinata su un duplice profilo:
• Individuale
• Collettivo
Fonti della libertà sindacale:
• Internazionali à
o OIL (1919 - Ginevra); organismo internazionale che dal ’44 fa parte dell’ONU con composizione
tripartita, ogni stato membro (vi si può aderire su base volontaria) ha un rappresentante. Le sue
funzioni sono ampie e riguarda anche quella di regolamentazione (funzione normativa) con due
strumenti: Convenzioni à le quali ogni stato ratifica tale convenzione con proprie leggi ordinarie;
Raccomandazioni à sono un invito a legiferare su determinati temi e non sono vincolanti per gli
Stati.
o Consiglio d’Europa (1949 - Strasburgo) à è un’organizzazione (non europea) ma internazionale
a cui ha aderito anche l’UE con il Trattato di Lisbona. Essa è nata per promuovere la democrazia
e i diritti umani e l’identità culturale europea.
Nel 1950 essa ha adottato la Convenzione Europea per i Diritti Umani (CEDU) e nel 1961 la Carta
Sociale Europea che menziona diritti in materia di lavoro tra cui anche la contrattazione collettiva.
La CEDU è affiancata dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo che garantisce l’applicazione della
convenzione e che giudica gli eventuali ricorsi presentati.
o Unione Europea à regolamenta il diritto del lavoro attraverso gli strumenti: Regolamenti (non
hanno bisogna di una ricezione con leggi perché sono direttamente vincolanti) e Direttive
(strumento di armonizzazione dei diritti degli stati membri e hanno bisogno di una legge di
ricezione nazionale all’interno di ogni stato, esse contengono solo dei principi guida delle materie
regolamentate così che ogni stato membro possa adeguarsi attraverso le proprie peculiarità),
entrambe sono fonti secondarie dell’UE, mentre quelle primarie sono i Trattati. L’UE ha emanato
anche la carta dei diritti fondamentali dell’UE, con la stessa efficacia dei trattati, essa prevede
alcuni diritti del lavoro come: libertà sindacale, contrattazione collettiva e partecipazione dei
lavoratori alla gestione dell’impresa.

• Costituzionali à art. 39 comma 1 con duplice profilo:
o Individuale à ovvero libertà sindacale per il singolo lavoratore e datore di lavoro,
originariamente solo da parte del lavoratore per contrastare la forza del datore; questo significa
sia libertà sindacale:
§ Positiva (art. 39 Cost; art. 14 Statuto dei Lavoratori) à libertà di fare sindacato cioè
costituirlo e/o aderirne e svolgere anche attività sindacale.
§ Negativa (art. 15 Statuto dei Lavoratori – “divieto di discriminazione”) à diritto a non
aderire/iscriversi a nessun sindacato poiché è in Italia il fenomeno sindacale è libero e
volontario.
o Collettivo à ovvero cosa significa libertà sindacale per il sindacato (cioè l’organizzazione di più
lavoratori).
Si ha un duplice significato di libertà:
§ di Organizzazione à cioè la scelta del proprio modello organizzativo. Ciò ha fatto si che
in Italia si diffondessero diversi modelli di sindacato dei lavoratori.

Il sindacalismo industriale in Italia ha determinato una struttura confederale al cui interno confluiscono federazioni
di categoria o di comparto produttivo. L’ascesa del capitalismo industriale ha comportato il passaggio da
organizzazioni sindacali di mestiere a organizzazioni di categoria. Tuttavia i sindacati di mestiere non sono mai
scomparsi anzi ce ne sono davvero svariati.
Organizzazione à I Sindacati Storici sono CGIL, CISL e UIL hanno una organizzazione confederale e di categoria e
sono strutturati al proprio interno secondo associazioni sindacali, ovviamente non riconosciute, con una duplice
linea organizzativa: orizzontale – ovvero territoriale cioè partendo dal livello nazionale fino a quello provinciale;
verticale – intersecando quella orizzontale con diverse federazione a livello nazionale, regionale e provinciale per
categoria o comparto produttivo (es. federazione dei metalmeccanici, dei tessili, del legno arredo, ecc…). Le
federazioni, in genere, hanno compiti in materia di contrattazione collettiva ovvero svolgono la contrattazione
collettiva a livello nazionale, diversamente invece per la contrattazione collettiva aziendale. I sindacati non storici
vengono definiti “non confederali o autonomi” e sono prevalentemente di mestiere e molto presenti nell’impego
pubblico dove le professionalità hanno certo rilievo nel tracciare i bisogni/ rivendicazioni/ status dei lavoratori. In
corrispondenza del capitalismo digitale è in atto una ricomparsa dei sindacati di mestiere come quelli dei rider o
dei lavoratori su piattaforme digitali, per esempio.
I sindacati dei datori di lavoro o degli imprenditori si diversificazione secondo macro-settori economici: industria,
agricoltura, commercio, artigianato, ecc; all’interno di macro settori abbiamo diverse associazioni di categoria, ad
esempio: Industria à Confindustria, Confapi; Commercio à Confcommercio, Confesercenti; Agricoltura à
Coldiretti, CIA, Confagricoltura; Artigianato à Confartigianato, CNA.
Il principio dell’art. 39 comma 1 preserva e protegge anche le aggregazioni spontanee che non costituiscono
aggregazioni sindacali vere e proprie. Quindi anche gruppi spontanei di lavoratori per sostenere rivendicazioni
senza darsi una struttura stabile nel tempo (quindi un’associazione non riconosciuta con statuto proprio e atto
costitutivo).

§ di Azione à di scegliere le proprie politiche sindacale e gli strumenti piu consoni per
portare avanti l’azione sindacale ovvero l’azione di autotutela degli interessi dei
lavoratori (o degli imprenditori).

Gli strumenti a disposizione sono:
1. lo Sciopero “è un’astensione collettiva dal lavoro”, riconosciuto come diritto nell’art. 40 Cost., il quale si
può esercitare solo alle condizioni determinate dalla legge, contro cui ne il datore di lavoro ne lo Stato
può reagire attraverso sanzioni disciplinari ma può solamente sospendere la retribuzione; mentre la
Serrata (per i datori di lavoro) che è una mera libertà ma non un diritto.
Lo sciopero ha diverse forme o modalità, esso è sempre legittimo purché non leda altri beni e diritti
costituzionalmente garantiti come: quelli della persona, alla vita, alla saluta o l’interesse imprenditoriale
alla produttività ovvero la capacità dell’impresa di continuare a produrre per il futuro cioè art. 41 Cost.
nominato “libertà d’impresa”.
Lo scopo o la finalità dello sciopero, esso è sempre legittimo. Infatti lo sciopero non dovuto a scopi
contrattuali e quello economico – politico è legittimo (finalizzato a portare avanti delle rivendicazioni non
contro il datore di lavoro ma nei confronti dello Stato, quando questo vuole intervenire su tematiche
economico-sociali).
Resta solo una libertà lo sciopero politico, mentre rimangono reati gli scioperi atti a sovvertire
l’ordinamento costituzionale e l’esercizio della democrazia diretta (o sovranità popolare).
Solo nei servizi pubblici essenziali sono intervenute delle leggi che regolamentano il diritto di sciopero –
L.146/1990 à essa esplicita delle regole per i servizi essenziali (anche se erogato da società a cui è stato
conferito un appalto e individuati mediante l’idoneità a garantire l’esercizio di una serie di diritti della
persona, per esempio quello alla vita, alla saluta, alla libertà di circolazione, allo studio, ecc…): obbligo di
preavviso e d’indicazione della durata e garantire le prestazioni indispensabili attraverso un servizio
minimo che deve essere comunque erogato durante lo sciopero.

2. Attività sindacale nei luoghi di lavoro, regolamentato dallo Statuto dei Lavoratori, L.300/1970:

a. Libertà Sindacale (Titolo II; art. 14 - 18) à rappresentano l’applicazione della libertà ai luoghi di
lavoro e sono diritti in capo a tutti i lavoratori:
o Art. 14 – Libertà Sindacale Positiva.
o Art. 15 – Divieto di Discriminazione o Libertà sindacale Negativa.
o Art.16 – Divieto di Trattamenti Economici Collettivi Discriminatori (es. premio antisciopero).
o Art.17 – Divieto di Sindacati di Comodo, ovvero quei sindacati costituiti e finanziati dal datore di
lavoro per i propri interessi.
o Art. 18 – Contro Licenziamento Ingiustificato del lavoratore; non c’è libertà sindacale se il posto
di lavoro non è garantito e quindi tutelato da licenziamenti ingiustificati.

b. Attività Sindacale (Titolo III):
o Art. 26 – Contributi sindacali; sarebbe da inserire nel Titolo II perché è un diritto; che indica di
fare attività di Proselitismo ovvero di propaganda e di raccogliere contributi economici per il
proprio sindacato. Tuttavia tutto ciò deve avvenire senza pregiudicare il normale svolgimento
dell’attività aziendale – unico limite generale applicabile a tutti i diritti del Titolo II.
o Art. 19 – Costituzione delle RSA (rappresentanze sindacali aziendali);
si riconosce a queste rappresentanze dei diritti di azione con unico limite minimo di lavoratori di unità
produttive: 15 dipendenti o 5 in caso di imprese agricole, o anche unità piu piccole nel caso siano
localizzate nello stesso territorio comunale e che raggiungono tali limiti.
In queste unità produttive, le RSA possono esercitare specifici diritti sindacali e che non hanno un
limite nel normale esercizio dell’attività aziendale, infatti vengono detti DIRITTI POTESTATIVI (non
hanno limiti).
Caratteri delle RSA:
• rappresentanza a canale unico à costituita ad iniziativa di tutti i lavoratori (iscritti e non)
dell’unità produttiva ma deve avere un collegamento con un sindacato esterno, nel testo
originario doveva essere una federazione aderente a confederazioni maggiormente
rappresentative sul piano nazionale o che avesse stipulato un contratto collettivo nazionale
o privinciale applicato nell’unità;
• non necessariamente elettiva à vuole solamente che sia costituita e non eletta, inizialmente
questa rappresentanza era eletta per costituire il CONSIGLIO DI FABBRICA ma poi ha assunto,
grazie allo statuto, i tratti di una rappresentanza solamente associativa, con dirigenti
sindacali aziandali all’interno e diretta emanazione dei sindacati;
• sostanzialmente espressione delle federazioni espressione delle confederazioni
maggiormente rappresentative (solo nel testo originario del 1970).
Crisi dell’Art. 19 – 2 Problemi:
• Natura non necessariamente elettiva della RSA che non le consente di essere realmente
democratica. Infatti col tempo le RSA e i suoi dirigenti venivano elette dai sindacati
rappresentativi nel cui ambito essa veniva costituita, non essendo piu diretta espressione
dell’unità. Quindi diventa una rappresentanza meramente associativa.
• Le RSA sono state monopolizzate dai sindacati (federazioni) maggiormente
rappresentativi, nello specifico CGIL, CISL e UIL. Questo bloccava la democraticità delle
RSA all’interno delle aziende.
Quali reazioni ha comportato ciò?
• Per il 1° problema à nel 1993 con uno specifico Protocollo sfociato in Accordo
Interconfederale (CGIL, CISL, UIL, CONFINDUSTRIA, STATO) nascono le RSU
(rappresentanze sindacali unitarie), ovvero una rappresentanza non associativa ma
elettiva. Le RSU non nascono per emanazione di una legge ma di un accordo.
• Per il 2° problema à si ha un referendum abrogativo che mira ad abrogare la lettera “a”
e riscrive la lettera “b” facendo cadere gli aggettivi “provinciali” e “nazionali” dell’art. 19.

La situazione oggi:
1. Modello delle RSU (per Accordo Interconfederale) à è sopravvissuta nel tempo a causa della conferma
avvenuta negli accordi del 2011 e 2013. Oggi è contemplata nel TESTO UNICO SULLA RAPPRESENTANZA
ovvero un accordo interconfederale tra CGIL, CISL, UIL e CONFINDUSTRIA con cui queste parti sociali
disciplinano per il settore privato la contrattazione collettiva e l’attività sindacale nelle aziende.
Caratteristiche della RSU: eletta nelle unità produttiva con piu di 15 dipendenti, a canale unico perché
chiama in causa tutti i lavoratori iscritti e non, elezioni attraverso liste sindacali e quindi ha una
rappresentanza unitaria sia dei lavoratori iscritti ai sindacati e non.

2. Modello delle RSA (per Legge – Statuto dei Lavoratori, L.300/1970) à caratteristiche: a canale unico,
rappresentanza associativa (costituita) non unitaria i cui dirigenti sono designati dal sindacato, costituita
nell’ambito di associazioni firmatarie o semplicemente negoziatrici di contratto collettivo applicato
nell’unità produttiva (questo dopo la sentenza n°231 della Corte Costituzionale che ha reinterpretato la
parola “firmatarie” in senso lato e non in senso stretto, in quanto pur non essendo firmataria del contratto
sono comunque soggetti rappresentativi).

RSA e RSU à generalmente non si trovano nella stessa unità produttiva perché il TESTO UNICO prevede regole
che evitano la situazione anche se la coesistenza non è inverisimile, ciò in quanto, chi aderisce al T.U. può costituire
una RSU, mentre chi non aderisce al modello (purché abbia i requisiti dell’Art.19) può costituire una RSA.

I c.d. Diritti Potestativi del Titolo III dello Statuto dei Lavoratori si applicano sia a RSA che RSU:
o Diritti sindacali appartenenti alla RSA, e per transito anche alla RSU come organismo:
§ Assemblea
§ Referendum
§ Diritto di Affissione – spazi / bacheca per l’affissione di comunicati e testi sindacali
§ Diritto ai Locali
o Diritti sindacali appartenenti ai dirigenti della RSA e ai componenti della RSU:
§ Permessi Retribuiti (per i dirigenti)
§ Permessi non retribuiti (per i dirigenti)

c. Nel Titolo IV à Art. 28 - Condotta Antisindacale; è una norma processuale di chiusura dello
Statuto che consente al sindacato in particolare agli organismi provinciali delle organizzazioni
sindacali nazionali di agire in giudizio qualora si violi con un comportamento oggettivamente
lesivo, da parte del datore di lavoro, la loro libertà sindacale, l’attività e il diritto di sciopero. Nel
caso il giudice dopo il c.d. procedimento d’urgenza ravvisi l’illeceità dell’atto, ordina la cessazione
e la rimozione degli effetti e ha efficacia immediata con sanzione penale nel caso inottemperanza.

Un’altra questione è la titolarità della libertà sindacale dal punto di vista dei lavoratori; sono titolari tutti i
lavoratori anche quelli subordinati, sia dipendenti del settore privato che pubblico, ma un discorso a parte è
necessario per la Polizia di Stato (nell’1981 una legge attribuisce la possibilità di fare sindacato ma si stabilisce che
possano aderire solo alle associazioni sindacali professionali e non generaliste) e forze dell’ordine inclusi i militari
(il codice di ordinamento militare fino al 2020 ha sancito un divieto di costituzione di sindacati; nel 2020 la Corte
Costituzionale è intervenuta per dichiarando parzialmente incostituzionale la norma precedentemente in vigore
che vietava i sindacati per i militari; siamo ancora in attesa di una norma che si adegui a tale sentenza con le
opportune modalità di esercizio dell’attività sindacale) e non subordinati.


La contrattazione Collettiva
La contrattazione si svolge ai sensi del’art.39. essa è lo strumento principalmente utilizzato dai sindacati nel nostro
Paese. Le regole dovevano essere individuate con una legge ordinaria per dare attuazione ai commi 3 e 4
dell’art.39. infatti dopo aver riconosciuto la libertà sindacale individuava un procedimento di contrattazione
collettiva per arrivare alla stipulazione di contratti efficaci anche oltre i soli sindacati firmatari e vincolare erga
omnes tutti i lavoratori della categoria merceologica. Il legislatore all’epoca pensava in termini dell’epoca e quindi
al contratto collettivo nazionale di categoria produttiva.
Tuttavia la mancata attuazione, a causa di problemi storici e tecnici, ha comportato una serie di
effetti/conseguenze che perdurano anche oggi:
1. Pur rimanendo in vigore nella Costituzione i commi della seconda parte dell’Art.19, essi rimangono solo
sulla carta c.d. Costituzione formale mentre la Costituzione materiale si è sviluppata solo sul primo comma
e quindi sulla contrattazione collettiva libera.
2. A causa della mancata attuazione, i sindacati non hanno un registro a cui iscriversi e quindi sono
associazioni non riconosciute che non acquistano personalità giuridica, pur essendo associazione con
statuto e atto costitutivo, i sindacati si devono rifare alle norme del Codice Civile (art. 36 “ordinamento e
amministrazione delle associazioni non riconosciute” – 37 “fondo comune” - 38 “obbligazioni”) che
disciplinano quelle non riconosciute.
3. Le associazioni sindacali scelgono con cui interloquire senza una regola precisa attraverso il concetto di
autolegittimazione rappresentativa che precisi modelli di comportamento e procedimento di
negoziazione. Quindi il contratto firmato è privo di erga omnes che si spiega nell’ambito delle regole di
diritto privato e ha efficacia solo tra le parti sociali stipulanti e quindi ai lavoratori aderenti al sindacato.
È quindi un contratto collettivo di diritto privato altrimenti detto di diritto comune.

Regola di autolegittimazione rappresentativa del pluralismo sindacale, il fatto che non si possa stipulare un
contratto con efficacia erga omnes fa si che la contrattazione sia completamente libera e fondata sul primo comma
dell’art.39. Infatti non vi sono norme che specificano il processo di contrattazione collettiva.
Tuttavia nell’assenza del legislatore, le confederazioni storiche dei lavoratori e datori di lavoro hanno stipulato
degli Accordi Interconfederali per autoregolarsi nel processo di contrattazione. Il piu importante accordo è
stipulato tra CGIL, CISL, UIL e Confindustria ovvero il TESTO UNICO del 2014 con anche la regolamentazione delle
RSU, in aggiunta al T.U. si ha il c.d. Patto per la Fabbrica ovvero un altro A.I. nel 2018 dalle medesime parti sociali.
Ai sensi dei due accordi, oggi, abbiamo un procedimento fissato per la contrattazione collettiva ma vale solo per
chi lo ha sottoscritto.

Le regole del modello del T.U. e del Patto per la Fabbrica (ovvero modello confindustriale) per la contrattazione:
• Doppio livello di contrattazione: 1° livello – Nazionale à viene definito come CCNL ha la funzione di
mettere a punto un contratto collettivo o i loro rinnovi (ogni 3 anni) e dare uniformità ai trattamenti,
garanzie e diritti ai lavoratori della categoria produttiva, questo alla luce anche di una non previsione per
legge di trattamento economico minimo enunciato dall’art.36 Cost., prevista ora nei CCNL complessivo e
per ogni categoria; 2° livello (decentrato) Aziendale o Territoriale - CCA, viene definito eventuale a causa
del tessuto delle PMI e quindi non è scontato che vi siano delle RSA o RSU in azienda, quindi si ha una
funzione integrativa del contratto nazionale e che stabilisce le materie su cui intervenire con delega del
CCNL su materie che necessitano di una negoziazione a livello aziendale (per esempio il welfare aziendale,
incentivi retributivi basati sulla produttività aziendale, comunque assistenza ai lavoratori ecc). si tratta di
istituti molto negoziati a causa della convenienza da entrambe le parti e che avrebbero un costo se
acquistati esternamente (esempio asilo nido interni per i figli dei lavoratori). Altre cose contrattate a
livello aziendale sono la formazione o l’ambiente e la sicurezza nel luogo di lavoro. Inoltre il modello
confindustriale del T.U. prevede una determinazione dei soggetti chiamati a negoziare i CCNL e CCA: nel
primo livello si hanno i sindacati dei lavoratori che possono negoziare sono selezionati in base alla
rappresentatività quantitativa à minimo 5% di rappresentatività come media tra iscritti e voti nelle RSU
del sindacato all’interno della categoria produttiva; per stipulare il CCNL occorre una rappresentatività
complessiva dei stipulanti pari al 50% +1. Il CCA può essere stipulato dalla RSU a maggioranza dei suoi
componenti o da RSA maggioritarie all’interno dell’unità produttiva.
Strumenti referendari per i lavoratori per dire la propria opinione (assenso o dissenso nel CCA). Il
referendum è obbligatorio per il CCNL mentre tra i lavoratori solo eventualmente nel caso di CCA, infatti
non è previsto il referendum nel caso di stipulazione del CCA da parte della RSU ma è previsto solo se
richiesto da una % dei lavoratori e solo ove il CCA sia stipulato dalle o dalla RSA maggioritarie nell’unità
produttiva.
• Il patto per la fabbrica prevede che si arrivi all’individuazione di indici per riuscire a selezionale la
rappresentatività dei sindacati dei datori di lavoro, ma solo per il CCNL.
• Il modello vale solo per chi aderisce! Al di fuori del modello, la contrattazione collettiva si può svolgere
liberamente, perché non esistono regole legislative, sia anche a livello nazionale e aziendale ed è efficace
solo per i sindacati sottoscrittori.

Quindi in riferimento al primo livello, nella stessa categoria, ci saranno tanti CCNL quanti sono i sindacati che
hanno deciso di negoziare e sottoscriverne uno per sé e per gli aderenti. Quindi per ogni categoria possono esistere
piu contratti collettivi nazionali tanto che, oggi, si ha un numero esorbitante di contratti collettivi. Questo
fenomeno è causato dalla tendenza di contratti collettivi al ribasso, ovvero con obiettivo dei firmatari di CCNL di
abbassare gli standard di trattamento retributivi, ma non solo, per i lavoratori di categoria, rispetto ai CCNL dei
sindacati storici dove questi contratti hanno alti standard e garanzie di protezione per i lavoratori (retribuzione,
ecc). à gara al ribasso contro i CCNL dei sindacati storici, questo fenomeno sfiora a volte il sindacalismo di comodo
(vietato) perché alcuni CCNL vengono stipulati da sindacati che si pongono in essere con il solo obiettivo della
stipulazione del contratto finalizzato non tanto alla tutela quando ad abbassare gli standard di tutela (spesso si
parla di CCNL pirata).

Le conseguenze:
• Sui contributi minimi à regola per cui il lavoratore deve, oltre che essere retribuite, essere anche coperto
sulla contribuzione previdenziale con il versamento all’INPS di un importo per gestire le pensioni future.
Infatti piu bassa è la retribuzione, piu si abbassa la contribuzione e piu si abbassano le casse dell’INPS.
• Sui minimi tariffari:

Per far fronte a ciò il legislatore avrebbe avuto piu strade:
1. Dare attuazione alla seconda parte dell’art.39 Cost., dando al CCNL la possibilità di avere efficacia erga
omnes e quindi che fosse efficace per tutti i lavoratori della categoria produttiva.
2. Emanare una legge sul salario minimo per evitare la contrattazione al ribasso.

Tuttavia queste strade non sono state intraprese. Mentre si sono scelte queste vie:
3. Il legislatore è intervenuto (L.549/1995) sulla nozione di sindacato comparativamente piu
rappresentativo per trovare una soluzione alla prima conseguenza, stabilendo che la retribuzione minima
necessaria per calcolare i contributi non deve essere presa da qualsiasi CCNL ma è la retribuzione prevista
dai CCNL firmati dai sindacati comparativamente piu rappresentativi a livello nazionale, nonostante ogni
datore di lavoro può liberamente scegliere quale CCNL applicare ai lavoratori (c.d. Shopping Contrattuale).
4. Altri interventi necessari per contrastare la contrattazione privata è nel caso di caporalato e sfruttamento
del lavoro. Questo intervento si ha avuto con una legislazione penale!
Gli indici di sfruttamento riguardano ad esempio salari sproporzionatamente inferiori dai sindacati
comparativamente piu rappresentativi.
Così anche nel caso dei riders anche se non sono lavoratori subordinati dove si è intervenuti con un
compenso minimo che viene determinato dei sindacati comparativamente piu rappresentativi (prima era
determinato in base alle leggi di domanda e offerta sul mercato o a cottimo).

Ma come si identifica un sindacato comparativamente piu rappresentativo dato che il legislatore non ha dato una
definizione o indici precisi?
à per cui la giurisprudenza ha ritenuto che il sindacato comparativamente piu rappresentativi sono sicuramente
i sindacati storici (per fatto notorio) e le confederazioni ad essi aderenti oppure si sono previsti indici previsti per
la composizione del CNEL oltre a quello numerico o altri indici utilizzati per i sindacati maggiormente
rappresentativi. In ogni caso rimane una grossa difficoltà d’identificazione dei sindacati comparativamente piu
rappresentativi.


Contratto Collettivo 2° parte
Il contratto collettivo è l’esito del processo di contrattazione, con il quale, attraverso la firma, le parti si scambiano
reciproci impegni (parte obbligatoria) descritti all’interno del contratto.
Le clausole della parte obbligatoria stabiliscono la disciplina dei singoli rapporti di lavoro dalla costituzione alla
loro estinzione, questa viene detta parte normativa.

A causa dell’inattuazione della seconda parte (commi 2, 3 e 4) dell’art.39, ad eccezione del contratto collettivo di
prossimità e del contratto di pubblico impiego, il contratto collettivo è atipico, cioè privo di una legislazione ad
hoc e non ha efficacia erga omnes (comme 4).

Nel 1959 la c.d. Legge Vigorelli tentò di porre rimedio al problema della mancanza di erga omnes. Si tentò così la
strada della delega al Governo di emanare per l’anno in corso dei decreti che avrebbero dovuto incorporare i
contratti collettivi. Questo allo scopo di prevedere diritti minimi di trattamento per i lavoratori di ciascuna
categoria merceologica.
L’anno successivo, l’esperimento fu nuovamente tentato con una ulteriore legge “proroga” per mantenere
l’efficacia trovata l’anno precedente, attraverso il meccanismo della recezione in decreto. Tuttavia questo
meccanismo venne bloccato dalla Corte Costituzionale con la conseguenza che successivamente non si sarebbe
piu potuto utilizzare questo meccanismo. Questo fu l’unico tentativo per dare l’erga omnes direttamente. Infatti
l’incostituzionalità risiedeva nel contrasto di questo meccanismo con il 2° comma della costituzione. In particolare
la legge proroga avrebbe regolamentato il meccanismo anche per gli anni successivi.
Da questo momento non vi furono altri tentativi analoghi.

Infatti da quel momento in poi tutti i contratti collettivi sono contratti di diritto comune, il quale soffre di alcuni
problemi relativi alla parte normativa del contratto:
1. Ambito di Efficacia (a chi si applica?) à l’assenza di erga omnes incide sull’efficacia soggettiva,
limitatamente alle sole parti firmatarie della parte normativa del Contratto Collettivo.
2. Tipo di Efficacia (con quale intesità?) à ovvero, la parte normativa, con quale intensità vincolante e
misura di applicazione limita la libertà del singolo datore e del lavoratore nel discostarsi dal contratto
collettivo stesso in sede di assunzione e stipulazione del contratto individuale o successivi patti.

Ambito di Efficacia
Poiché il contratto collettivo ha natura di contratto di diritto comune e non ha efficacia erga omnes, questo
contratto ha solo efficacia inter partes, ovvero si applica (in linea di stretto diritto) solo ai firmatari nonché coloro
ai quali sono affiliati alle parti firmatarie secondo la rappresentanza di diritto privato.
Per far fronte alla limitata efficacia del contratto collettivo di diritto comune in particolare quello di 1° livello, i
giudici hanno individuato una serie di meccanismi tramite cui estendere il piu possibile l’efficacia di questo
contratto, rimando fedele alla rappresentanza descritta nel Codice Civile.
Ricordiamo le seguenti:
• Principio di adesione implicita ed esplicita à
• L’onere della prova à
• Art.36 Cost. e Art. 2099 cc – Minimi tariffari à la piu importante; il parametro della giusta retribuzione (o
base) va desunto dai minimi tariffari del CCNL di categoria e applicato a tutti i lavoratori. Retribuzione
minima è quella che porta ad una esistenza libera e dignitosa, desumibile dai CCNL di categoria.
• Art. 2070 cc (poi reso inapplicabile) à questo era riferito al vecchio contratto collettivo corporativo e
quindi incompatibile con il principio di libertà sindacale. Quindi il giudice può utilizzare l’articolo 2070 cc
solo a fini orientativi.
• Iscrizione del datore di lavoro all’organizzazione sindacale firmataria perché deve applicare il contratto
anche ai lavoratori non iscritto che lo richiedono.

Operazioni giurisprudenziali di estensione dell’ambito di efficacia del CCA à sul tema dell’erga omnes si è posto
il problema di CCA peggiorativi, specilamente quelli che un’esuberanza di personale nell’azienda vengono stipulati
dall’imprenditore con le RSA o RSU per gestire l’esubero e dare luogo a licenziamenti collettivi sulla base di criteri
di scelta negoziati con il sindacato. Si tratta di contratti che impongono sacrifici o addirittura, se si applica il
contratto, determina la perdita del posto di lavoro. Proprio per questo motivo si è fatto ricordo ai giudici, per
togliere l’applicazione del CCA, facendo valere la loro non sindacalizzazione. I giudici hanno cercato di esterndere
il piu possibile l’efficacia del CCA, ricorrendo alla teoria del contratto collettivo gestionale cioè diversi dal classico
contratto collettivo normativo che viene stipulato per disciplinare i singoli rapporti dalla nascita all’estinzione. Si
tratta di contratti collettivi deputati alla gestione di una singola situazione o vicenda dell’impresa come appunto
l’esubero di personale, quindi per limitare il potere di licenziamento che ha di per se una natura erga omnes
(potere nei confronti di tutti i lavoratori subordinati). Nel momento in cui il CCA viene a limitare uno dei suoi poteri
diventa efficace indirettamente nei confronti di chiunque.

Tipo di Efficacia
Una volta che sappiamo che un determinato contratto collettivo, ad es. di categoria, si applica al nostro datore,
resta da capire quale sia il grado d’intensità che vincola le parti al contratto collettivo e alle sue clausole.
In altri termini, nel momento in cui il lavoratore viene assunto, firmando il contratto individuale/ di assunzione,
può rinunciare o disporre in senso peggiorativo di alcuni dei propri diritti previsiti dal contratto collettivo di
categoria? Oppure, nel caso il datore sia iscritto ad una delle parti firmatarie, è insuperabile (nel senso che
stabilisce un minimo intoccabile dalle parti)?
Il contratto deve rappresentare veramente una specie di muro insuperabile. Tuttavia il problema sussiste in
quanto vi è il concetto di rappresentanza civilistica, perché è un contratto di diritto comune, ma non spiegano i
concetti di derogabilità in peius delle previsioni da parte dei singoli e quindi la parte del contratto individuale.
Anche qui ci ha pensato la giurisprudenza a provare a dare motivazione dell’INDEROGABILITA’ IN PEIUS mediante
altre norme.
Si cerco inizialmente attraverso l’art. 2077cc dove le parti di un contratto individuale di lavoro subordinato devono
uniformarsi alle clausole del contratto collettivo pena la nullità delle clausole, salvo speciali condizioni favorevoli
per il lavoratore à INDEROGABILITA’ IN PEIUS e DEROGABILITA’ IN MELIUS del contratto collettivo da parte del
contratto individuale.
Tuttavia questo tentativo di applicazione del 2077cc non ha funzionato a causa sola possibilità di applicazione al
contratto collettivo corporativo e quindi non applicabile a quello di diritto comune.
Successivamente si è ripiegato sull’art. 2113cc che vieta le rinunzie e le transazioni del lavoratore sui propri diritti
derivanti da norme inderogabili non solo della legge ma anche dei contratti collettivi. Questo articolo da la stessa
dignità inderogabile dei diritti dei lavoratori derivanti dal contratto collettivo derivanti dalla legge sul lavoro e
quindi non possono essere oggetto di disposizioni ma solo di miglioramento di standard e non un peggioramento.

Nel tempo si sono succeduti diversi tipi di contratti collettivi: quello corporativo, quello della seconda parte
dell’art.39 Cost., quello di diritto comune, il contratto recepito in decreto della Legge Vigorelli e infine dal 2011 il
contratto collettivo di prossimità:
Contratto Collettivo di Prossimità à non è di diritto comune! Perché è un contratto tipico ovvero con una propria
regolamentazione e ha l’erga omnes per espressa previsione della legge che lo ha creato, anche se si avevano
alcuni dubbi sulla sua costituzionalità non è mai stato oggetto di discussione da parte della Corte Costituzionale.
Inoltre non si è fatto un uso eccessivo di questo tipo di contratto.
Caratteristiche: “di prossimità” intende spiegare che si tratta di un contratto di 2° livello (aziendale o territoriale),
stipulabile non da qualsiasi sindacato ma solo da quelli comparativamente piu rappresentativi o dalle loro RSA o
RSU. È un contratto utilizzabile solo per raggiungere determinati obiettivi: gestioni crisi aziendali, far emergere
lavoro nero contenendo i costi, avvio di start up, ecc. Esso può regolamentare solo certe materie, quelle elencate
dall’articolo della legge di creazione del contratto, ma sono le piu svariate, quasi tutte.
La particolarità risiede nella possibilità di derogare in peius i diritti dei lavoratori che derivano dal contratto
collettivo di 1° livello ma anche ai diritti dei lavoratori riconosciuti dalla legge ma non quelli costituzionali o dalle
fonti internazionali.
La vera forza sta, oltre che nella inderogabilità in peius, anche nell’erga omnes.






















Fine prima parte!!!

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