Sei sulla pagina 1di 18

IL LAVORO NELLO SPETTACOLO

LEZIONE 1

Premessa: le regole che disciplinano il tema del lavoro hanno un efficacia intersettoriale, quindi
applicabili a tutti i settori, per cui nel settore dello spettacolo non ci sono particolarità rispetto
gli altri nell'ambito lavorativo. Studiare le regole specifiche senza quelle generali non ha alcun
senso, in quanto vanno a integrare una base comune a tutti i settori.

Lo sviluppo del lavoro nel tempo


Il lavoro nel corso delle varie epoche storie ha subito dei cambiamenti sostanziali, soprattutto dalla
Rivoluzione Industriale in poi, che determina delle conseguenze. Con l'introduzione del sistema di
produzione industriale viene superato il sistema di produzione artigianale, che è caratterizzato da la
presenza di piccole strutture produttive in cui lavorava un numero di persone non ingente, poche unità di
solito, in cui la produzione si caratterizzava per un alto tasso di valore aggiunto individuale (produzione
essenzialmente manuale con strumenti tecnici elementari), quindi un sistema caratterizzato da un livello
basso di produzione, nel quale si inseriva anche il titolare della bottega, che aveva un contatto diretto e
giornaliero con gli altri lavoratori. Dalla rivoluzione industriale, la bottega artigiana viene sostituita dalla
grande fabbrica, che spesso coinvolgono una moltitudine di occupati (possono arrivare a 30/40.000
dipendenti), con l'introduzione di macchinari che comporta la possibilità di produrre più prodotto, in
modo più veloce e a costi ridotti. Quindi la Rivoluzione Industriale stravolge il sistema produttivo.
Cambia anche la gestione dei rapporti di lavoro, da poche a molte persone all'interno di un ambiente
lavorativo, che comporta un fenomeno di spersonalizzazione del lavoro (l'attività lavorativa diviene
ripetitiva, quasi banale, insomma perde quei caratteri di unicità che aveva nella produzione artigianale),
qui produce la macchina, il lavoratore controlla la macchina, mansione che molti più soggetti sanno
svolgere rispetto a prima, creando da un lato una maggiore concorrenza sul piano di offerta del lavoro,
con molti più lavoratori capaci di svolgere quel lavoro più banale rispetto all'epoca immediatamente
precedente, e dall'altro lato il lavoratore si trova ad essere 1 su mille, su 10mila ecc. Non c'è più il
rapporto diretto col titolare e di conseguenza il lavoratore singolo non ha più forza contrattuale sul
piano individuale, che può essere in qualsiasi momento sostituito. Per cui si viene ad ancorare una
dinamica che aggrava la subalternità dei lavoratori rispetto all'imprenditore. Ci saranno una serie di
sviluppi storico-sociale oltre che giuridica.

A riassumere: La rivoluzione industriale stravolge il sistema produttivo, da artigianale a industriale, da


bottega a grandi fabbriche, da lavoro manuale a macchinari. Questo determina una spersonalizzazione
del lavoro e un rapporto assai minore tra lavoratore e titolare, decretando la sottrazione del potere
contrattuale sul piano individuale.

Nascita dei sindacati


Il lavoratore singolo non è nelle condizioni di poter approcciare paritariamente con la propria
controparte contrattuale (datore di lavoro). Si inizia a comprendere che a differenza di tutti gli altri
rapporti contrattuali, il rapporto contrattuale di lavoro è caratterizzato da un'asimmetria: esiste una
parte forte e una debole, con quest'ultima che ha necessità di lavorare per sostentare sé e la propria
famiglia, creando uno squilibrio. Quindi se presente questa asimmetria, si afferma la necessità di
apporcciare la controparte (impresa, imprenditore) sul piano collettivo e non più individuale. Emerge per
cui la constatazione che ogni rivendicazione portata sul piano individuale non avrebbero tecnicamente
avuto alcuna possibilità di essere accolte dalla controparte individuale. Diversamente, se le
rivendicazioni fossero portate avanti da una moltitudine organizzata di soggetti, l'imprenditore sarebbe
stato indotto a riflettere se accettarle quantomeno in parte. La rivoluzione industriale quindi determina
la creazione di una nuova sconosciuta dimensione (collettiva) nell'ambito dei rapporti di lavoro, che si
aggiunge a quella individuale gia conosciuta precedentemente. Con collettiva ci si riferisce a
organizzazione di lavoratori che prenndono il nome di "Unions" in Inghilterra, tradotto con "Sindacato"
in italiano. Si decide quindi di organizzarsi e di agire sul piano collettivo, imponendo alla controparte un
piano diverso di negozazione.

L'attività di negozazione si sposta da un piano individuale a piano collettivo.

Sindacati: Organizzazioni (o associazioni) private a cui aderiscono i lavoratori che ne ritengano


opportuno, che agiscono in nome e per conto dei loro associati. Svolgono due macro attività:
1. Contrattattazione collettiva di condizioni migliori di lavoro.
2. Autotutela collettiva

Attraverso lo sciopero si arreca un danno più o meno intenso alla produzione (che è lo strumento
attraverso cui la parte intenditrice realizza la sua finalità, ossia il profitto), indirettamente quindi si
allontana l'impresa dal raggiungimento del suo fine e ciò può indurre (spesso non immediatamente) la
controparte contrattuale ad accettare un'evoluzione della regolamentazione in maniera più favorevole
per la classe lavoratrice.

Sciopero: Astensione collettiva ed organizzata dal lavoro.

Il ruolo dello stato


Visto questo squilibrio di forze nella contrattazione individuale, e in minor peso a livello collettivo,
diventa determinante l'assunzione di un ruolo attivo da parte dello stato, realizzando un passaggio
epocale: lo stato prende una posizione, accertata la presenza di squilibrio alla base, dettando delle
regole che devono essere applicati a tutti i rapporti di lavoro, individuale o collettivo che siano,
realizzando un terzo livello dei rapporti di lavoro, ovvero quello legislativo.

Il diritto del lavoro è tale se accompagnata dalla sua inderogabilità.

Unione d'Italia, suddivisibile in 3 fasi:

Periodo Liberista 1861-1922


Periodo Corporativo 1922-1943
Periodo Costituzionale 1947 ad oggi

Secondo le regole classiche del diritto ci

vile se un soggetto sciopera è considerato gravemente inadempiente e il datore di lavoro è legittimato a


licenziarlo.
Attenendoci invece al rapporto diverso stato-cittadino, lo stato non ritiene opportuno punire penalmente
il soggetto in quanto scioperante, ma solo se durante lo sciopero viola le regole.

Dopo la prima guerra mondiale abbiamo l'insediamento al governo del partito fascista che adotta una
dottrina che ha delle basi ideologiche differenti rispetto a quella liberale, ovvero la dottrina corporativo
dello stato. In questo periodo, per la prima volta, si teorizza la illegittimità del conflitto come strumento
per la risoluzione delle controversie di lavoro. Fino a quel momento l'approccio delle relazioni di lavoro
era un approccio individualistico, con l'applicaizone della dottrina fascista viene messo al bando ogni
conflitto sociale privato, in quanto è antitetico al perseguimento dell'unico obiettivo legittimo che
l'interesse a cui tutti i consociati devono tendere è ciò che viene definito l'interesse supremo della
nazione che coincide con la produzione nazionale. Quindi ne deriva che le attività storicamente svolte a
supporto delle rivendicazioni della parte più debole rispetto alla parte più forte diventano illegittime.
Lo stato entra quindi "a gamba tesa" nelle relazioni di lavoro diventando esso stesso attore, mettendo al
bando tutti i sindacati esistenti, sostituendone altri con aggettivo "fascista" nel titolo, per legge. Le
Corporazioni, individuabili come i settori attuali dell'economia, sono enti amministrativi all'interno dei
quali operano dei sindacati. Sostituita la lotta di classe con la collaborazione di classe. Questo
meccanismo ha come finalità quindi quello di estirpare l'effetto del meccanismo di conflitto, creando
questo sistema, che ha avuto l'effetto di rendere pubblico e non più libero il sistema di relazioni sindacali.
Contratto collettivo cooperativo dotato di efficacia erga omnes: I sindacati (due per settore) andavano,
per legge, a rappresentare tutti i lavoratori di quel determinato settore, ovvero la corporazione fascista
dei lavoratori dello spettacolo rappresentavano tutti i lavoratori dello spettacolo, quindi il contratto era
per tutti.
Il contratto è efficacie solamente per i soggetti che lo hanno sottoscritto. L'efficacia tipica del contratto è
un'efficacia limitata ai contraenti.

I sindacati (due per settore) andavano, per legge, a rappresentare tutti i lavoratori di quel determinato
settore: La corporazione fascista dei lavoratori dello spettacolo rappresentavano tutti i lavoratori dello
spettacolo, quindi il contratto era per tutti.

LEZIONE 2

COSTITUZIONE ITALIANA
A seguito del referendum del 2-3 giugno del 1946 l'Italia diventa Repubblica da Monarchia. venne eletta
l'Assemblea Costituente che compone il testo della Costituzione e il 1°Gennaio 1948 nasce la
Costituzione Italiana.

Articoli introduttivi: il tema del lavoro

Il tema del lavoro è il tema principalmente trattato nella costituzione:

Art. 1. "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro".


Si ha un adozione di un nuovo schema concettuale, ovvero quello di favorire l'apporto dei lavoratori e
diviene fondamentale che lo stato, la repubblica, nella consapevolezza implicita della disparità delle forze
in campo, intervenga attivamente in ottica riequilibratice, con finalità la tutela del lavoratore. Quindi
abbiamo un superamento dello schema concettuale Corporativo.

Art. 3 "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di
sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali."
Contiene il principio di ugualianza sociale (riconducibile all'Egalitè francese), sforzo in più dallo stato per
rendere efficacie l'ugualianza, quinidi si aggiunge al principio di ugualianza formale quello sociale. Si
addiziona anche l'ugualianza sostanziale, con l'impegno da parte della Repubblica di rimuovere gli
ostacoli di ordine economico e sociale, facendo partecipare tutti i lavoratori alla vita politica, economica
e sociale del Paese.

Art. 4 "La Repubbliva riconosce tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano
effettivo questo diritto"
Quest'ultimo articolo va diciamo a chiudere l'affermazione che il lavoro sia il tema maggiormente
trattato nella Costituzione Italiana. Abbiamo anche nel periodo costituzionale un approccio diverso da
quello tradizionalmente astensionista, ne abbiamo una interventista.

Nel periodo Corporativo l'impianto dottrinario era settato nell'ottica del valore supremo, che è la
massimizzazione della produzione, l'efficienza produttiva, ottica diametralmente opposta rispetto a
questa. Oggi invece l'impostazione è diametralmente opposta, anche rispetto al passato remoto (Italia
Liberale), caratterizzata dal fatto che lo stato si asteneva di entrare negli affari privati, compresi i rapporti
indviduali e collettivi di lavoro.

Parte I: Rapporti economici

Art. 35 "La repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e
l'elevazione professionale dei lavoratori."
La costituzione fa obbligo allo Stato di attivarsi per tutelare il lavoro, tramite innanzitutto la produzione
normativa, quindi attraverso il Parlamento. Questo rappresenta un passaggio di svolta nella storia e
dell'evoluzione giuridica del nostro settore: come abbiamo detto, dalla rivoluzione industriale in avanti,
la regolamentazione, sia sul piano individuale che sul piano collettivo dei rapporti di lavoro, è sempre
stata elaborata su un piano contrattuale (il contratto è un atto dei privati, non nello stato). Svolta
avvenuta quando finalmente lo stato, superando l'impostazione liberale, decide che è giusto intervenire
nella regolam in questo tipo di rapporto in quanto un rapporto squilibrato. Lo stato fascista si è
intervenuta già, ma nell'ottica corporativa, quindi sindacati controllate dallo stato, reprimendo il conflitto
sociale, facendo concentrare le forze in campo verso l'obiettivo nazionale. Ma ora c'è uno stato che
decide di intervenire per adottare una base di regole applicandole direttamente nell'ambito del lavoro,
tutelandolo, srenza alcuna possibilità di deroga, non potendole sostituire quindi.
Principio di inderogabilità in peius: le regole generali non possono essere derogate da una diversa
pattuizione contrattuale (individuale), se non prevedendo condizioni di maggior favore per il lavoratore.

Art. 39 "L'organizzazione sindacale è libera "


Sancisce il superamento concreto, oltre che valoriale, del concetto corporativo (pubblicizazione dei
rapporti di lavoro individuale e collettivi): chiunque, privato, può costituire un sindacato, venendo meno
un caposaldo del sistema corporativo. Ma la frase ha diversi significati: facoltà di aderire o meno ad un
sindacato, mancanza di obbligo, ma anche di aderirne a più di uno. Abbiamo quindi libertà di
costituzione e di adesione. Altro significato è quello che l'ambito in cui viene svolta l'attività sindacale
viene autodeterminato dal sindacato stesso. Nel sistema corporativo era la legge che dava ai sindacati il
raggio d'azione, tramite la corporazione.
L'efficacia del contratto collettivo
Nel diritto civile è un'efficacia limitata alle parti che lo hanno scritto.

Il cotratto collettivo tipo ha tre contenuti:


1. Parte obbligatoria
2. Parte normativa
3. parte economica

1. Parte obbligatoria: Quelle regole che disciplinano i rapporti tra i sindacati


2. Parte normativa: Sono fissate regole di gestioni dei rapporti di lavoro, che vanno a specificare alcuni
aspetti: ferie, provv disciplinare, orari di lavoro, trattamento di fine rapporto ecc.
3. Parte economica: Fissati i litimi retributivi. Consente al soggetto di avere una retribuzione che non
possa andare sotto quel valore minimo rispetto alla quadratura del lavoratore.

L'efficacia generalizzata può esistere solo nel sistema corporativo, non nel sistema costituzionale.
I padri costituenti pero si resero conto che l'efficacia che aveva il contratto collettivo corporativo
rappresentava uno strumento tecnico da non sottovalutare: alla presenza di determinati requisiti uno o
più sindacati coalizzati tra loro sarebbero stati legittimati a firmare il contratto collettivo con l'efficacia
generalizzata, quel contratto sarebbe diventato l'unico contratto di quel settore. Invece l'efficacia del
diritto civile presentano più contratti collettivi.
I due requisiti sono:
1. Registrazione in un albo. L'amministrazione pubblica avrebbe dovuto istituire l'"Albo dei sindacati
liberi e democratici", a cui avrebbero acceduto i sindacati che avrebbero fatto istanza dimostrando di
avere un'ordinamento interno su base democratica.
2. Metà più uno. Una volta registrato, il sindacato era legittimato a firmare contratti con valenza
generalizzata se uno o più sindacati messi insieme rappresentano la metà più uno dei lavoratori di quel
settore. Situazione mai attuata nell'ambito delle relazioni sindacali tra organizzazioni dei lavoratori e
organizzazioni delle imprese del settore privato. Per il settore pubblico un'attuazione di questo punto si è
avuta (fine anni 90), da allora si ha un efficacia generalizzata.

Retribuzione e diritto di sciopero


Art. 36 "Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e
in ogni caso sufficente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa."
La retirbuzione, dal punto di vista contrattuale, è la controprestazione rispetto la prestazione dell'attività
lavorativa. Esrpime due principi in tema di retribuzione: Proporzionalità e sufficienza.
Lo stato prevede una serie di principi e disposizioni a livello di normazione generale che devono essere
rispettate dalle pattuizioni collettive ed individuali. Nel cotratto individuale di lavoro, uno degli oggetti
naturali è la pattuizione circa la retribuzione, quindi se tanto mi da tanto, arriviamo alla conclusione che
la pattuizione del contratto individuale non può contrastare l'articolo 36.
Il contratto individuale che dovesse prevedere una retribuzione non coerente con l'art 36 sarebbe
parzialmente nullo, soggetto a nullità. Come si può definire un contratto individuale coerente o meno?
Lo strumento che si utilizza è l'articolo 36, rendendo nulla la pattuizione in un contratto con retribuzione
ritenuta sottostimata. Il giudice per valutare la coerenza o meno della retribuzione, deve parametrare la
stessa ai livelli minimi previsti della contrattazione collettiva. Una volta definita nulla la pattuizione,
spetta sempre al giudice determinare la retribuzione concretamente, sempre tramite il parametro del
contratto collettivo. Questo tamponamento riguarda soltanto la retribuzione, e non le altre due parti del
contratto.

Art. 40 "Il diritto di sciopero si esercita nell'ambito delle leggi che lo regolano". Si chiude il cerchio nel
declinare definitivamente il sistema corporativo, che riteneva il conflitto sociale, compresi quindi gli
scioperi, il male assoluto, introducendo addirittura il reato di sciopero.

A riassumere: Nell'epoca dell'Italia liberale, sul piano civile la condotta di chi sciopera è una condotta
qualificabile come grave inadempimento contrattuale, legittimando il datore di lavoro a sciogliersi
unilateralmente dal contratto. Il soggetto che scioperava era a rischio licenziamento. Sul piano penale
non era previsto alcun reato di sciopero, ma comunque si attuava una repressione indiretta delle forme
di lotta, punendo non la partecipazione in se, ma punendo l'alterazione dell'ordine pubblico manifestata
a causa dello sciopero.
Nell'epoca corporativa, o fascista, sul piano civile l'impostazione è la stessa, lo sciopero è considerato
grave inadempimento contrattuale e il lavoratore legittimamente licenziabile. Sul piano penale viene
introdotto pero il reato di sciopero,
Nella costituzione, per la prima volta nella storia un atto normativo qualifica lo sciopero un diritto. Nel
momento in cui lo sciopero diventa diritto, è chiaro che, per definizione, la condotta di chi sciopera non
può più essere considerato un reato. Sul piano civile, in virtù dell'articolo 40, non è più piossibile
licenziare il lavoratore che sciopera, in quanto essendo un diritto non può più essere qualificabile come
grave inadempimento contrattuale. Tuttavia è evidente che comunque la condotta dello sciopero
comporta che l'attività lavorativa non venga svolta dal lavoratore scioperante, ed essendo il contratto di
lavoro un contratto a prestazione corrispettivo, se viene meno una viene meno l'altra, quindi chi sciopera
non ha diritto a ricevere la retribuzione per il periodo di lavoro non svolto.

LEZIONE 3

Quante e quali modalità di prestazione lavorative ci sono? Lavoro autonomo e lavoro dipendente (o
subordinato).
Dove sta la differenza? Astrattamente parlando, qualsivoglia attività lavorativa umana può essere svolta
sia sotto la forma del lavoro dipendente e sia sotto la forma del lavoro autonomo.

Abbiamo delle regole differenti tra lavoro autonomo e lavoro subordinato. Le norme del lavoro
subordinato sono più protettive e vantaggiose per il lavoratore e anche più costose, mentre quelle del
lavoro autonomo, sono più vantaggiose e costano meno per l'imprenditore. Dal punto di vista
dell’imprenditore i vincoli nella regolazione del lavoro subordinato si traducono in maggiori costi. La
tendenza di chi fa impresa e punta alla massimizzazione del profitto è quella di ridurre i costi, sia quelli
riguardanti la materia prima sia quelli giuridici. Di conseguenza se l’imprenditore ha la possibilità di
scegliere tra un rapporto di lavoro più vincolante e con più costi ed uno con meno conseguenze che
nell’ottica dell’impresa potrebbero scaturire dal lavoro subordinato, questa tenderà a giovarsi di rapporti
meno costosi e quindi si preferirà la formula del lavoro autonomo. Se noi lasciamo al contratto la
qualificazione del rapporto di lavoro sostanzialmente stiamo dando la possibilità all’imprenditore di
scegliere le regole del diritto del lavoro, che quindi tendenzialmente preferirà la contrattazione
autonoma. Nel diritto del lavoro rispetto al diritto civile che si rifà esclusivamente al contratto, non è il
contratto a definire la tipologia del lavoro, in quanto così facendo avrebbe sempre più forza la parte forte
del contratto, quindi l’imprenditore (soggetto forte), che preferirebbe il lavoro autonomo, consentendo
così una fuga dal diritto del lavoro.

Come si stabilisce un rapporto di lavoro dipendente o autonomo? La qualificazione del rapporto


dipende dall'effettiva modalità di svolgimento del rapporto.
Principio di indisponibilità del tipo contrattuale: le parti del contratto non possono disporre del tipo di
contratto, in quanto il rapporto viene verificato sulla base della prassi (effettiva modalità di svolgimento
del rapporto).
Questo principio insieme a quello di inderogabilità delle norme, crea uno scudo del diritto del lavoro.

Sotto dei rapporti autonomi possono celarsi i poteri del contratto subordinato, dinamica spiazzante per il
sistema del diritto del lavoro, essendo una tecnica di bypassamento, altro motivo per cui non è decisivo
un contratto per qualificare un rapporto. Sulla base del principio di indisponibilità del tipo contrattuale, il
lavoratore può chiedere al giudice competente di lavorare una riqualificazione del rapporto, con effetto
di condannare il datore di lavoro all'applicazione delle regole sul lavoro subordinato e di conseguenza
anche a pagamento di somme di vario tipo. Esempio pratico: Il lavoratore ha un contratto in mano di
lavoro autonomo, ma ritiene di fare parte di un rapporto di lavoro subordinato, lo strumento che può
azionare è una causa. Il lavoratore poi dovrà dare prova dell'esistenza del lavoro subordinato al giudice,
facendolo dichiarare tale, nonostante il contratto è dichiarato di natura autonoma, ritraendo tutte le
norme del lavoro subordinato azionate dal datore di lavoro.

Essendo le tipologie di lavoro due, se un dato rapporto non è di tipo subordinato, è necessariamente di
tipo autonomo.
Lavoro Subordinato: Definizione contenuta nell'Art. 2094.
Dobbiamo prima mettere in chiaro cosa sia un'impresa. Giuridicamente si intende una attività
organizzata ai fini della produzione di beni e/o servizi, qualunque cosa essi siano. A capo di questa
attività c'è l'imprenditore, soggetto che sovrintende e realizza questa organizzazione.

Art. 2094 (Prestatore di lavoro subordinato): E' prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante
retribuzione a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle
dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore.
Fattori fondamentali: COLLABORAZIONE E DIPENDENZA ALLA DIREZIONE DELL'IMPRENDITORE.

Collaborare nell'impresa implica l'inserimento del soggetto interessato all'interno dell'organizzazione.


Possiamo considerarlo cone un'anello che si inserisce nella catena.
Essere alla dipendenza e sotto la direzione dell'imprenditore: L'imprenditore esercita nei confronti dei
propri dipendenti (lavoratori subordinati) un potere direttivo.

Il lavoratore subordinato è eterodiretto, ovvero diretto dall'imprenditore.

Uno svolgimento logico del potere direttivo porta a configurare altri due poteri, ovvero:
1. Potere di controllo
2. Potere disciplinare (Art. 2106): se le direttive non vengono correttamente eseguite il datore di lavoro
può applicare delle sanzioni.
La catena che si sussegue è quindi: potere direttivo, potere di controllo e potere disciplinare.
La facoltà di sanzionare un lavoratore inadempiente è una facoltà tipica del rapporto di lavoro, senza
dover interpellare un giudice. Questo tipo di potere concesso al potere forte del rapporto, qualche
problema lo pone (la sanzione può essere addirittura di tipo espulsivo, ovvero il licenziamento).

Art. 2106: L'inosservanza delle disposizioni contenute nei due articoli precedenti (Art. 2104 diligenza e
correttezza della prestazione lavorativa, Art. 2105 fedeltà ) può dar luogo all'applicazione di sanzioni
disciplinari(1), secondo la gravità dell'infrazione.

Una norma di questo genere (che da questo potere privo di limiti stringenti se non quelli della
proporzionalità dell'infrazione) crea dei problemi di compatibilità costituzionale, costringendo il
lavoratore ad intervenire.

L'elemento veramente decisivo che va scandagliato per definire la subordinazione del lavoratore o meno
è quello della eterodirezione. Se i tre poteri sono potere direttivo di controllo e disciplinare, quello
direttamente impattante è quello direttivo, eseguito se il lavoratore è inserito nell'organizzazione e il
datore di lavoro lo dirige. Se presente questo potere c'è subordinazione. E' più facile trovare e
dimostrare questo elemento in attività di tipo esecutivo, a differenza di quelle meramente intellettuali.

LEZIONE 4
CONSIDERAZIONI DELLA SENTENZA

Sentenza, musicisti dicevano che avevano obbligo di rispettare orari, giustificare assenze etc… ma la
fondazione non ha mai detto che “non è vero che questa roba etc…”, la fondazione ha contestato
l’interpretazione giuridica dei fatti, cioè ha contestato che da quei fatti potesse esistere potere direttivo
da parte della fondazione e hanno contestato che si potesse parlare di lavoro subordinato.

Cassazione e altre corti danno ragione a fondazione perché ciò che era richiesto agli orchestrali era
NECESSARIO per corretto funzionamento dell’orchestra: se ci sono le prove, è ovvio che siano a una certa
ora e che tutti debbano essere presenti.

Il direttore d'orchestra è concepito per dirigere i vari strumenti all'interno di un'orchestra, quindi
membro di quest'ultimo, quindi facente parte della catena che compone l'organizzazione orchestrale. Di
conseguenza non è permissibile parlare di potere direttivo.

La discplina codicistica (descritta nell'Art. 2106) necessitava di essere coordinata, integrata, per renderla
compatibile con il nuovo assetto di valori che viene fuori dalla costituzione. La disciplina scarna
rappresentava un pericolo se messa a disposizione ai datori di lavoro. Il legislatore quindi è intervenuto
tramote la legge n° 300 art.7 del 1970:

Legge n° 300 art.7 (Statuto del lavoratori)

Le norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni in relazione alle quali ciascuna di esse può
essere applicata ed alle procedure di contestazione delle stesse, devono essere portate a conoscenza dei
lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti. Esse devono applicare quanto in materia è
stabilito da accordi e contratti di lavoro ove esistano.

Il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza
avergli preventivamente contestato l'addebito e senza averlo sentito a sua difesa .

Il lavoratore potrà farsi assistere da un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o


conferisce mandato.

Fermo restando quanto disposto dalla legge 15 luglio 1966, n. 604 , non possono essere disposte sanzioni
disciplinari che comportino mutamenti definitivi del rapporto di lavoro; inoltre la multa non può essere
disposta per un importo superiore a quattro ore della retribuzione base e la sospensione dal servizio e
dalla retribuzione per più di dieci giorni.

In ogni caso, i provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero verbale non possono essere applicati
prima che siano trascorsi cinque giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa.

Salvo analoghe procedure previste dai contratti collettivi di lavoro e ferma restando la facoltà di adire
l'autorità giudiziaria, il lavoratore al quale sia stata applicata una sanzione disciplinare può promuovere,
nei venti giorni successivi, anche per mezzo dell'associazione alla quale sia iscritto ovvero conferisca
mandato, la costituzione, tramite l'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, di un
collegio di conciliazione ed arbitrato, composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo
membro scelto di comune accordo o, in difetto di accordo, nominato dal direttore dell'ufficio del lavoro.
La sanzione disciplinare resta sospesa fino alla pronuncia da parte del collegio.

Qualora il datore di lavoro non provveda, entro dieci giorni dall'invito rivoltogli dall'ufficio del lavoro, a
nominare il proprio rappresentante in seno al collegio di cui al comma precedente, la sanzione
disciplinare non ha effetto. Se il datore di lavoro adisce l'autorità giudiziaria, la sanzione disciplinare resta
sospesa fino alla definizione del giudizio.

Non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione.

Premessa: articolo scritto molti anni fa, 1970, per cui chi l'ha pensato l'ha fatto sulla base del lavoro in
quel periodo, quindi concepito per grandi fabbriche. Ma ha comunque tutta la valenza del caso. Inoltre
sono regole per il privato, per il pubblico ci si riferisce ad un'altro decreto legislativo (Testo unico del
pubblico impiego), tuttavia l'impostazione seguita dal testo unico del pubblico impiego è pressochè
identica a quella della legge 300 art.7.

Il legislatore ha pensato che l'obiettivo era quello di limitare i rischi di un esercizio arbitrario del potere
disciplinare, che utilizzato in questo modo sarebbero potuti conseguire effetti non voluti finanche la
perdita del posto di lavoro. Come ha fatto a limitare questi danni? Ha scelto di imbrigliare l'esercizio del
potere disciplinare all'interno di una procedura molto dettagliata.

Tu datore di lavoro intendi sanzionare un soggetto che si sarebbe macchiato di un comportamento non
idoneo? Questa è la procedura da seguire:

- Il datore di lavoro per esericare legittimamente il potere disciplinare deve preventivamente portare a
conoscenza dei lavoratori le regole comportamentali a cui questi si devono attenere nella prestazione
lavorativa, tecnicamente chiamato codice disciplinare. In che modo? Tramite affissione in luogo
accessibile a tutti (Appiccicato su un muro o una bacheca). E' chiaro che stiamo parlando di un retaggio
del passato, oggigiorno tramite la tecnologia evoluta si effettua diversamente, con affissione digitale,
ovvero sul sito internet dell'amministrazione, come descritto sul testo unico del pubblico impiego.

C'è un ulteriore considerazione che va presa in carico, in quanto ciò non è necessario in tutti i casi. Ci
sono casi in cui è legittimamente esperibile la sanzione disciplinare anche senza affissione del codice
disciplinare. Quali sono questi casi? Casi riferibili al concetto di minimo etico. Cosa si intende? Si intende
far riferimento a regole giuridiche comportamentali generali.

Ci sono tre fasi nella procedura: Introduttiva, Istruttoria (Difensiva) e Decisionale.

- Fase introduttiva: Avvia la procedura disciplinare, con un atto indicato nel comma 2, con nome tecnico
di contestazione di addebito. Cos'è? Atto unilaterale del datore di lavoro con cui viene comunicato al
destinatario, lavoratore, l'essere venuti a conoscenza, da parte del datore, di fatti non consoni di cui si
sarebbe macchiato il lavoratore destinatario della contestazione. Sostanzialmente è un atto con cui si
mette nero su bianco l'accusa che il datore di lavoro rivolge al lavoratore. Questa contestazione di
addebito deve necessariamente essere scritta e deve essere comunicata al destinatario, e deve avere
un certo contenuto, ulteriore a quelli affissi. Quando si può dire comunicata? Tramite qualsiasi mezzo a
disposizione che l'ordinamento prevede. All'atto pratico la comunicazione può essere effettuata con una
raccomandata con ricevuta di ritorno, comunicazione telematica, quindi una PEC o una PEO (Posta
Elettronica Ordinaria), oppure raccomandata a mano. Laddove il lavoratore dovesse difendersi
contestando di non aver mai ricevuto la comunicazione, è onere del datore di lavoro fornire la prova
dell'esatto opposto. Agevole con raccomandata con ricevuta di ritorno e pec. Raccomandata a mano non
andata a buon fine a livello giuridico si ha comunque per effettuata la notifica. Quale dinamica può
determinare un fraintendimento? Si sbaglia pensando che rifiutare di ricevere la comunicazione dal
postino questa sia non effettuata, infatti è il contrario. In quanto se il mittente inserisce il corretto
indirizzo di residenza del destinatario, la dinamica è la stessa della precedente della raccomandata a
mano, giuridicamente si da per avvenuta. Contenuto principale è l'accusa della condotta di cui si sarebbe
macchiato l'autore, al quale devono seguire due informazioni, ovvero che rispetto a questi fatti indicati,
egli ha diritto di far pervenire al datore di lavoro le proprie giustificazioni, la propria versione, e tal fine il
datore deve concedere almeno 5 giorni di tempo per elborare la difesa scritta dal lavoratore. Ultima
informazione da dare è che oltre al difendersi per iscritto, ha anche il diritto di richiedere un'audizione
(difendersi oralmente) con diritto di essere assistito da un rappresentante dell'associazione sindacale cui
aderisce.

Quindi tre contenuti devono essere presenti nella Contestazione di addebito:


1. Accusa della condotta
2. Diritto di difesa scritta
3. Diritto di farsi assistere da rappresentante associazione sindacale.

La contestazione, per non essere considerata viziata, deve contere questi principi:
- Analicitià o specificità
- Tempestività
- Immodificabilità o immutabilità

- Analicità della contestazione: la contestazione deve esplicitare in maniera specifica il comportamento


inadeguato del lavoratore.
- Tempestività della contestazione: In alcuni casi è oggettivizzato in altri relativizzato. Nei lavori
regolarizzato con contratto collettivo, può accadere che quest'ultimo regola anche questo profilo, quindi
oggettivamente con tempo limite. In altre situazioni cambia da caso a caso secondo il libero
apprezzamento del giudice del caso concreto, che comunque deve tenere in considerazione due
elementi che sono elastici:
1. Tasso di complessità dei fatti costituenti la condotta del lavoratore oggetto di contestazione, ovvero
quanto più viene estesa la scadenza della contestazione tanto più sarà complesso il comportamento
contestato
2. Livello di strutturazione della organizzazione interna dell'impresa, tempi dilatati per aziende con
atruttura più complessa.

- Immodificabilità della contestazione: I fatti della contestazione non posso essere modificati nel corso
della procedura. In caso di venuta a conoscenza di nuovi dettagli dei fatti al massimo verranno affrontati
di fronte ad una nuova contestazione.

- Fase istruttoria o difensiva: La palla passa al lavoratore. Il lavoratore può difendersi. Cosa può fare?
Oltre a non difendersi affatto?
1. Può difendersi per iscritto con le cose sopra descritte
2. Può decidere di difendersi oralmente con l'assistenza di un sindacalista eventualmente.
3. Difesa mista, sia scritta che orale.

- Fase decisionale: La palla ripassa al datore di lavoro. Può decidere cosa fare. Sanzionare (rispettando il
principio di proporzionalità) o meno. Può anche ritenere colpevole il lavoratore e non sanzionare per
svariati motivi. Anche per la sanzione valgono le stesse regole della contestazione. L'atto è scritto
comunicato con le stesse metodologie della contestazione di addebito, da comunicare anch'esso
tempestivamente, con gli stessi principi della tempestività. Nell'ambito pubblico abbiamo una
oggettivizzazione della tempestività, con un tempo limite. Il lavoratore può ritenere di dover contestare
la sanzione subita in quanto illegittima giuridicamente sotto vari profili, e questi profili posso indurlo a
censurarla. Come può censurare laddove intenda farlo? Nel privato ha 2 strade, nel pubblico una sola.

Le due strade del privato sono innanzitutto alternative, o una o l'altra, irreversibile la decisione che viene
presa:
1. Giudiziaria tramite causa
2. Arbitrale amministrativo, tramite la composizione di un collegio arbitrale composto da tre membri.
Qust'ultima può essere spedita soltato col termine di 20 giorni dalla ricezione della sanzione.

Non tutte le sanzioni erogabili sono uguali, c'è una gradualità, anche in virtù del principio di
proporzionalità e ce ne sono di vario tipo, dalla meno grave alla più grave:

- Sanzioni conservative
Rimpovero verbale
Rimprovero Scritto
Multa

- Sanzioni esplulsive
Sospensione della prestazione lavorativa
Licenziamento con preavviso
Licenziamento senza preavviso

Una volta che il lavoratore contesta la sanzione, che tipo di esito può avere il giudizio?

Ci sono tre vie che possono essere intraprese:


1. Decisione Confermativa: La sanzione viene considerata legittima e viene quindi confermata.
2. Revoca: Contestazione della saznione ritenuta fondata, quindi revoca della sanzione.
3. Derubricazione della sanzione: è una via mediana, che avviene dove la sanzione viene ritenuta
eccessiva rispetto al comportamento incriminato del lavoratore. Si passa da una sanzone più grave ad
una meno grave, riformulando la sanzione e rendendola meno grave rispetto a quella erogata dal datore
di lavoro. Il giudice può derubricare la sanzione, ma non può fare l'opposto.

LEZIONE 5
Recesso dal rapporto di lavoro
Cos'è? Istituto di diritto civile previsto in materia contrattuale: Atto unilaterale con cui la parte che lo
pone in essere si scioglie dal vincolo contrattuale. Nell'ambito del contratto di lavoro il recessso prende
una denominazioni specifiche. Se escercitato dal datore, prende il nome di licenziamento, se dal
lavoratore, dimissione. Il lavoratore si dimette, NON si licenzia. Le due parti possono anche mettersi
d'accordo, ma altra ipotesi, quella di tipo consensuale appunto, Atto consensuale.
Il licenziamento (recesso da parte del datore) deve essere ben attenzionato da parte del legislatore, in
quanto profilo potenzialmente capace di far venir meno lo stato di occupazione di un soggetto, e può
creare maggior problemi a livello giuridico. Di conseguenza diviene importantissima la disciplina
giuridica che l'ordinamento appresta a questo tema. Tema capace di determinare, forse più degli altri, gli
equilibri socio-economici in campo nel mondo del lavoro.

Quando entrata in gioco la costituzione, il tema era regolato da due articoli del codice civile: 2118 e
2119, tutt'ora vigenti, ma affiancati da un'importante e complessa disciplina adottata da più leggi dello
stato italiano, quindi impatto molto ridotto rispetto a quando adottati(dal 1942 al 1966, con aggiunta
anche nel 1970 e poi ritoccate).

Regolato da più fonti, non solo codice civile.


Codice civile
Legge 604 del 1966
Legge 300/70 art.18
Il tema di recesso diveniva importante in base alla durata del rapporto, per cui per i rapporti a tempo
indeterminato il codice civile esercitava il libero recesso delle parti.

Quando vigeva solo il codice civile (dal 1942 al 1966), aveva un ambito di applicazione massimo, a tutti i
rapporti di lavoro, essendo l'unica norma che disciplinava il tema di recesso del rapporto. Dal 1966
portata ridotta, inquanto non era più l'unica norma a regolare.

Il tema di recesso diveniva importante in base alla durata del rapporto, per cui per i rapporti a tempo
indeterminato il codice civile esercitava il libero recesso delle parti.
L'impostazione del codice civile era sulla libera recidibilità: ciascuna parte è legittimata a esercitare il
recesso secondo la propria volonta. Se il datore di lavoro si scoccia, fondato o infondato che sia, di tenere
alle proprie dipendenze un lavoratore, esercita il recesso e se ne disfa, tendenzialmente un potere
illimitato da ambo le parti. Unico limite è il cosidetto preavviso, tral'altro neanche invalicabile, con la
cosidetta indennità di mancato preavviso, pagamento in caso di mancanza di preavviso. Tutto cio per i
rapporti a tempo indeterminato.

Articolo 2118: (Recesso dal contratto a tempo indeterminato). Ciascuno dei contraenti puo' recedere dal
contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti dalle norme
corporative, dagli usi o secondo equita'.

Per i rapporti a tempo determinato c'è già una durata prefissata, per cui non si può recidere prima, salvo
in solo caso, ovvero quello di colpa grave, e quindi per giusta causa. Esempio pratico: Il cassiere ruba
dalla cassa, il datore può recedere per giusta causa.
Altro esempio: Il lavoratore lavora in un ambiente con presenza di ethernet (che sappiamo essere
cancerogeno e nocivo alla salute) il datore di lavoro può dare le dimissioni per giusta causa, sempre in
ambito a tempo determinato, che ricordiamo non potrebbe essere consentito il recesso.

Articolo 2119: (Recesso per giusta causa). Ciascuno dei contraenti puo' recedere dal contratto prima
della scadenza del termine, se il contratto e' a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto e' a
tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria,
del rapporto.

Quindi, in ambito di contratto indeterminato è sempre necessario il preavviso, salvo nel caso di giusta
causa.
In ambito di contratto determinato, soltato per giusta causa.

Con l'avvento della costituzione si è dovuti intervenire, in quanto il lavoratore poteva essere licenziato
senza un motivo valido, in quanto liberà recidibilità, e quindi non tutelato. La dimissione non è un profilo
problematico, il licenziamento si.
Il tema su ci si è intervenuto è quello della tutela del lavoratore avverso al suo licenziamento. In che
modo? Si è ridefinito il dato presupposto, ovvero quando e in che caso il licenziamento è legittimo e
quando non lo è, profilo mai affrontato dal codice civile, in quanto abbracciava la logica della libera
recidibilità.
Per cui si deve passare ad un altro tipo di approccio.

Si arriva così alla Legge 604 del 1966. Rappresenta una sorta di rivoluzione copernicana, cambiando
l'approccio al recesso. Si passa da libera recidibilità ad una logica opposta, ovvero al principio di
giustificazione del licenziamento.

Quando il licenziamento è legittimo e quando meno?


Legge 604/66 Art. 8: Il licenziamento è legittimo solo se fondato o su giusta causa o su giustificato
motivo.
Ne deriva che se il licenziamento non è fondato su giusta causa o giustificato motivo è ingiustificato per
cui illegittimo, con conseguenze.

Giusta Causa: descrizione contenuta nell'art. 2119. E' quella causa che impatta su vincolo fiduciario alla
base del rapporto rendendolo impossibile nella sua prosecuzione. Licenziamento ontologicamente
disciplinare, quindi con essenza disciplinare. Sanzioni disciplinari. Si deve effettuare sempre il
procedimento disciplinare.

Giustificato Motivo oggettivo: Motivazioni non disciplinari (ristrutturazione aziendale, economico ecc.),
inoltre unica situazione in cui non si usa il procedimento disciplinare. Il giudice non può entrare in merito
in questa situazione.
Giustificato motivo soggettivo: Rimaniamo nel perimetro della sanzione disciplinare. La differenza con la
giusta causa dov'è? In cosa differiscono? E' meno grave, e si tratterà di un licenziamento con preavviso.

Principio dell'obbligo di ripescaggio: Il datore di lavoro che intenda licenziare per giustificato motivo
oggettivo, ha l'onere di verificare, prima della messa in atto del licenziamento, se il lavoratore
ipoteticamente colpito da licenziamento, anziche licenziato possa essere ricollocato in azienda, o su un
altro posto di identiche manzioni (magari in altra sede), o manzioni differenti che però il lavoratore è in
grado di svolgere. Con esito positivo, licenziamento evitato, con esito negativo, licenziamento
conseguito.

Ambito di applicazione di queste due discipline (codice civile e legge 604)


Prima del 1966 il codice civile aveva un ambito di applicazione totale, con la nascita della legge 604
questo ambito si è ridotto per far spazio alla legge appunto.
Il Codice Civile rimane applicato in 3 casi importanti oltre ad altri: in ambito di lavoro domestico, a
soggetti inquadrati con qualifica di dirigente, lavoratori che hanno già maturato il diritto di andare in
pensione ma che continuano a lavorare.
Coabitano due discipline vigenti sullo stesso profilo in quanto hanno ambiti di applicazione diversi.
Altri principi declinati nella legge 604:
- Il licenziamento deve essere erogato necessariamente per iscritto, ne deriva che il licenziamento orale
è illegittimo.
- Se un lavoratore ritiene di aver subito un licenziamento illegittimo, cosa può/deve fare? Bisogna tener
innanzitutto presente che esistono dei termini decadenziali (decadenza dall'azione laddove non spedita
nel rispetto dei termini previsti), che sono i seguenti:
1. Impugnazione da esegursi entro 60 giorni da quando il postino ha provato a comunicarlo, o da
quando si è ricevuta via pec o a mano. Due tipi: Impugnazione giudiziale (interpellando un giudice,
quindi ricorso) ed Impugnazione extragiudiziale (mandando lettera al datore). La lettera deve contenere
il concetto che il lavore impugna il licenziamento che gli è stato erogato, in quanto lo contemple
illegittimo, inoltre può contenere che il lavoratore è a disposizione dell'azienda per svolgere l'attività
lavorativa. Serve per far verificare degli effetti positivi alll'esito della vittoria in giudizio.
2. Ricorso deve essere instradato entro 180 giorni dalla comunicazione della lettera di impugnazione.
Se uno dei due termini non vengono rispettati, il ricorso è inprocedibile.

Conseguenze giuridiche su illegittimità del licenziamento: Nel momento in cui il giudice dichiara
illegittimo il licenziamento, quali sanzioni applica il giudice al datore? La legge sul tema diceva che
laddove il giudice accerrtasse l'illegittimità del licenziamento avrebbe condannato il datore di lavoro ad
una duplice alternativa:
1. Riassumere il lavoratore (instaurare un nuovo rapporto di lavoro subordinato). Il rapporto precedente
è comunque chiuso, per cui può essere un rapporto con altre attività, retribuzioni differenti ecc.
2. Pagare un'indennità al lavoratore, tra le 2 mensilità e mezzo a le 6 mensilità di retribuzione lorda,
somma che spetta al giudice decidere, invece spetta al datore decidere quale strada intraprendere.

Se possiamo dare un giudizio su questa legge possiamo dire che è importantissima da un lato, ma
carente dall'altro, ovvero dal lato sanzionatorio, aspetto che però viene implementato con l'arrivo della
legge 300/70, specificatamente con l'art.18. Si va ad intervenire sulle conseguenze giuridiche di un
licenziamento illegittimo. Cambiano rispetto a quelle previste dalla legge del 66 (1. Riassunzione e 2.
pagamento indennità)
Il lavoratore scieglie quale opzione attuare. Ma diverse le alternative:
1. Reintegrazione del lavoratore sul posto di lavoro (Stesso rapporto di lavoro precedente, a differenza
della riassunzione)
Giuridicamente parlando il rapporto è continuato fino alla sentenza, il lavoratore decide se continuarlo
uilteriormente o meno, intrapendendo la seconda strada. Non essendosi mai interrotto il rapporto, oltre
alla reintegrazione, va attribuito anche lo stipendio nel periodo in cui non se n'è giovato tra il
licenziamento e il ricorso. Questo passaggio va preso in merito solo se nella lettera di impugnazione il
lavoratore inserisce anche la sua disponibilità per l'azienda.
2. Pagamento di una indennità, cosiddetta sostitutiva dell'integrazione, pari a 15 mensibilità di
retribuzioni lorde.

Legge 604/66: Tutela obbligatoria


Legge 300/70: Tutela reale
Interazione tra le tre discipline: Variano gli ambiti di applicazione, si retribuiscono. Il codice civile rimane
nel casi già menzionati.
I casi rimanenti vengono pressochè divisi a metà. Il discrimine è di tipo quantitativo più che qualitativo.
La tutela reale è applicabile a datori di lavoro di certe dimensioni, ovvero imprese che occupino più di
15 dipendenti (salvo casi eccezionali), tutti gli altri continuano a usifruire della tutela obbligatoria.

Tra le due esigenze (quella del datore a pagare il meno possibile e quella del lavoratore a ricevere il più
possibile) dal 1970 al 2012 si tendeva a preferire quella del lavoratore. Nel 2012, con la legge Fornero
(pefezionata 3 anni più avanti), si è venuta a realizzare un'inversione di trendenza.
Si invertono i rapporti di forza tra legge 300 e legge 604, nel senso che si riducono i casi in cui si può
applicare la tutela reale, che sostanzialmente vanno a riguardare ipotesi di licenziamenti discriminatori
(razza sesso ecc.), licenziamenti ritorsivi (frutto di una ritorsione, ma estremamente improbabile
dimostrare in giudizio della sussistenza della ritorzione) e licenziamenti dichiarati nulli dalla legge.
Tuttavia la tutela obbligatoria ottiene un upgrade, incrementando l'indennità, che può arrivare anche a
24 o 36 mesi.

Potrebbero piacerti anche