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martedì 2 marzo 2021 16:43

Ammortizzatori sociali
Occorre distinguere i lavoratori:
1. Inoccupati: coloro privi di un’occupazione
2. Disoccupati: coloro che hanno perso l’occupazione precedentemente svolta
3. Occupati ma sospesi dal lavoro: coloro che beneficiano di strumenti di integrazione salariale o comunque strumenti di sostegno al reddito e che vedono il proprio stato lavorativo
sospeso.
L’espressione “Ammortizzatori sociali” è un’espressione a-tecnica in quanto si adopera per indicare una serie di strumenti molto diversi tra loro dal punto di vista tecnico, ciò che li
accomuna è il fatto di avere per scopo quello di smussare gli effetti negativi di certe vicende sulla retribuzione o sul reddito delle persone, per quanto sia possibile in relazione a vincoli
di tipo economico di cui l’intervento pubblico deve tenere conto; in alcuni casi si è assistito ad auna logica previdenziale, in altri casi ad una logica assistenziale.
Gli strumenti assistenziali vengono finanziati con denaro pubblico indipendentemente dai contributi versati e dalla persona che beneficia, i meccanismi previdenziali sono basati
sull’anzianità contributiva del beneficiario; gli strumenti previdenziali sono normalmente preferibili dal punto di vista del bilancio pubblico perché sono finanziati direttamente tramite i
meccanismi che li regola, i meccanismi assistenziali sono più costosi per lo stato.
L’art.38 Cost pone alcuni principi fondamentali in materia, sanciscono il diritto alla previdenza sociale in caso di malattia, infortunio ecc del lavoratore che abbia contribuito a finanziare i
sistemi previdenziali, si sancisce un diritto assistenziale più ampio solamente per quelle persone sprovviste dei mezzi necessari per vivere e non in grado di svolgere lavori a causa di
inabilità.
Bisogna analizzare una serie di Istituti, il decreto legislativo n.22 e n.148 del 2015 hanno tentato una riorganizzazione della materia. Si tratta di una serie di misure che si collocano tra
politiche dell’occupazione e politiche assistenziali, tutti gli AS che si sono susseguiti nel tempo attestano la compresenza di logiche occupazionali e assistenziali; rispondono alla logica
occupazionale quei meccanismi che cercano di incentivare il collocamento nel mercato del lavoro o che incentivano i datori ad assumere, rispondono alla logica assistenziale gli strumenti
di sostegno al reddito che siano a carico della collettività.
Vi è stata un’evoluzione normativa abbastanza articolata, dal punto di vista concettuale si evidenziano alcune caratteristiche. È piuttosto recente l’attenzione per i problemi reddituali della
manodopera inoccupata, per molto tempo non vi è stata quasi nessuna garanzia al reddito tranne per alcuni casi di indigenza per la manodopera inoccupata (in questo caso è una
manodopera piuttosto giovane).
Si evidenzia anche un’attenzione limitata per la manodopera disoccupata. È cresciuta l’attenzione per congrue garanzie al reddito per manodopera occupata ma che si trova in momenti di
sospensione dell’attività lavorativa; la critica mossa al legislatore è quella per cui che coloro che sono occupati finiscono per accumulare tutta una serie di tutele compresa quella di
sostegno al reddito in momenti di sospensione del rapporto mentre per coloro che non sono ancora entrati nel mondo del lavoro o comunque fuoriusciti non per loro volontà sono molto
meno tutelati.
Per questo motivo il dibattito sulle politiche da adottare è stato piuttosto acceso negli ultimi anni, si è cominciato a parlare della necessità di introdurre sistemi che riescano ad applicarsi
ad una serie di lavoratori con situazioni pregresse differenti tra loro bilanciando questa maggiore estensione soggettiva con meccanismi di welfare attivo o welfare to work: il welfare non
deve essere solo assistenziale ma anche portatore di alcuni principi di politica attiva, deve offrire opportunità e produrre effetti incentivanti nell’ingresso del mercato di lavoro. Lo scopo è
quello di proteggere il sistema da forme di abuso e parassitismo.
Le crisi economiche precedenti hanno indotto un cambiamento profondo verso una maggior logica previdenziale rispetto a quella precedente assistenziale, nel nostro ordinamento di
solito era in senso assistenziale, oggi ormai per ragioni economiche hanno condotto il legislatore a privilegiare una logica previdenziale.
La legislazione attuale riserva l’erogazione dei trattamenti di disoccupazione non più ai lavoratori in sé per sé ma ai lavoratori in base e proporzionalmente al versamento contributivo e
con soglie di ingresso che dipendono per esempio da anzianità minime; ciò riguarda i trattamenti di disoccupazione dell’ASPI (Assicurazione sociale per l’impiego), mini ASPI (simile ma con
requisiti ridotti), la NASPI istituita nel 2015 dal decreto 22. Non c’è solamente quindi la necessità di dimostrare uno stato di disoccupazione ma è obbligo presentare i requisiti di
anzianità contributiva che consentono di accedere al beneficio economico, in precedenza si avevano logiche diverse. Il decreto 22 del 2015 ha lo scopo anche di disincentivare il lavoro
sommerso, il sistema pensionistico basato sul sistema contributivo, data la scarsa entità delle prestazioni di quiescenza, poteva favorire il lavoro in nero; il fatto di subordinare
l’erogazione dei benefici alla contribuzione versata disincentiva il lavoro irregolare.
Elemento importante delle riforme è la condizionalità, è quell’insieme di meccanismi che condizionano il godimento dei benefici all’attivazione del lavoratore attraverso una serie di
misure previste dalla legge che possono riguardare eventi formativi, hanno lo scopo di impedire che gli sforzi fatti nel fornire strumenti di sostegno possano risolversi in fenomeni di
parassitismo.
I meccanismi di condizionamento erano presenti già in passato anche se non in maniera così organica, il decreto del 1924 sanzionava con la perdita del sussidio il beneficiario che non
accettava un’occupazione adeguata o frequenza agli obblighi assunti, successivamente nel 69 le condizionalità riguardavano la presenza a corsi di formazione. Nel 1991 la legge 223
riguardava i lavoratori in mobilità e successivamente estesa a tutti, c’erano meccanismi di condizionalità. Successivamente la legge Fornero se n’è occupata in maniera molto più
sistematica. Ciò riguarda anche i meccanismi di sostegno legati allo stato di disoccupazione ma anche quelli erogati in sostanza di rapporto, i beneficiari di questi sussidi devono stipulare
un contratto con il Centro per l’impiego un patto di servizio personalizzato e rispettare gli obblighi come accettazione del lavoro congruo.
L’apparato sanzionatorio è stato molto intensificato con il JOBS act nel 2015, le sanzioni sono declinate a seconda del tipo di inadempimento in mancanza di giustificato motivo di assenza o
inadempimento; a monte della pretesa del lavoratore deve esserci il rispetto dei meccanismi di condizionalità. I servizi per l’impiego hanno mostrato scarse inefficienze, occorre attendere
del tempo per vedere se i meccanismi previsti dal Jobs act saranno efficaci.
Aspetto importante del Jobs act è l’art 19 del decreto 150/2015 che definisce lo stato di disoccupazione che è il presupposto per il godimento dei benefici di sostegno al reddito di cui
stiamo parlando. È definito come lavoratore disoccupato il lavoratore privo di impiego che dichiara in forma telematica al Portale unico per la registrazione alla rete dei servizi per le
politiche del lavoro, presente presso l’ANPAL, l’immediata disponibilità allo svolgimento di un’attività lavorativa e alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro
concordate con il centro per l’impiego. Lo stato di disoccupazione viene quindi accertato in maniera coincidente con la dichiarazione di immediata disponibilità alla partecipazione alle
misure di politica attiva, bisogna quindi aver perso un’occupazione e impegnarsi a far parte di questo sistema di condizionalità per essere definiti disoccupati. Il soggetto deve quindi
registrarsi presso il portale e rilasciare la dichiarazione di immediata disponibilità.
Lo stato di disoccupazione si può sospendere se nel frattempo il lavoratore trova un’occupazione che però non supera i 6 mesi, c’è una sospensione che non fa però perdere
completamente la dichiarazione di disoccupazione perché è possibile che, nell’ambito delle misure attive, vengano proposte al lavoratore occupazioni di breve durata.
Allo scopo di accelerare la presa in carico, i lavoratori dipendenti possono effettuare questa registrazione al momento stesso della ricezione del licenziamento anche se non è ancora
decorso il periodo di preavviso; in questo caso i lavoratori vengono registrati come lavoratori a rischio disoccupazione. Per licenziare un dipendente, tranne il caso di licenziamento ad
nutum o per giusta causa, occorre che il datore attribuisca un periodo di preavviso al lavoratore, in questo periodo di può registrare lo stato di prossima disoccupazione in modo da
accelerare i servizi gestiti dai centri per l’impiego. I patti di servizio personalizzati vengono ritagliati in base alla singola storia del lavoratore e in base alle sue capacità ed età. I
disoccupati vengono assegnati dal sistema ad una classe di profilazione, vengono quindi schedati e inseriti in categorie in cui ci sono lavoratori similari al fine di valutare un livello di
occupabilità. Entro 90gg questo sistema viene aggiornato tenendo conto anche della durata della disoccupazione. L’occupabilità influenza l’offerta congrua che il lavoratore dovrà
accettare.
Tutele in caso di disoccupazione involontaria
è un’ipotesi prevista dall’art.38 Cost, dal 2013 il sistema è stato affidato alla ASPI, affiancata anche dalla mini ASPI, chiedeva requisiti minori. Dal 7 marzo 2015, tramite il decreto 22 sono
state rimodellate tutte le tutele previste per la disoccupazione involontaria. Rispetto alla legge Fornero, il Jobs act ha ampliato il numero di disoccupati a cui si può applicare la tutela però
la durata e l’importo non sono più favorevoli rispetto a quelli precedenti. Il nuovo calcolo dell’importo dipende dalla storia contributiva del lavoratore, chi ha lavorato per un tempo più
lungo e aveva un impiego più retribuito avrà diritto ad un sostegno più elevato. È un sistema piu assicurativo previdenziale che non assistenziale, è assimilabile al modo di calcolo delle
pensioni. Con il decreto sono state introdotti la NASPI, il REI e la DIS-COLL; s chiede al beneficiario di collaborare in modo attivo per ottenere i trattamenti di disoccupazione.

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Naspi, Rei, Dis-Coll
La Naspi è la nuova assicurazione sociale per l’impiego, entrata in vigore dal 1/3/2015, si applica a tutte le ipotesi di disoccupazione volontaria a partire da marzo 2015. È erogata su
domanda dell’interessato ma gli interessati sono:

• Gli apprendisti
• I soci lavoratori di cooperative con rapporto di lavoro subordinato con le medesime cooperative
• Personale artistico
• Dipendenti a tempo determinato delle PA
• Tutti i lavoratori subordinati di un datore di lavoro privato
Non possono accedere alla Naspi i dipendenti a tempo indeterminato delle PA, operai agricoli a tempo determinato/indeterminato (hanno una disciplina speciale di tutela), i lavoratori
extra comunitari con permesso di soggiorno per lavori stagionali, lavoratori che hanno i requisiti per pensionamento di vecchiaia o anticipato, lavoratori titolari di assegni ordinari di
invalidità a meno che non optino per la Naspi.
Requisiti: deve essere presente lo stato di disoccupazione dichiarato. Altro requisito è quello contributivo, deve avere almeno 13 settimane di contribuzione nei 4 anni precedenti
l’inizio del periodo di disoccupazione. C’è anche un requisito lavorativo quindi un periodo di lavoro minimo, almeno 30 gg nei 12 mesi precedenti all’inizio dello stato di disoccupazione.
La domanda deve essere presentata entro i termini previsti per legge. Quindi solo i disoccupati possono presentare domanda. La presentazione della domanda è equiparata al rilascio
della dichiarazione di immediata disponibilità, nei 15gg successivi alla presentazione della domanda il richiedente deve recarsi al centro per l’impiego per stipulare il patto di servizio
personalizzato.
Lo stato di disoccupazione deve essere involontario, sono esclusi dalla possibilità i lavoratori i cui rapporto di lavoro sia cessato a causa di dimissioni o risoluzione consensuale.
Ci sono comunque eccezioni:
1. Dimissioni per giusta causa, sono indotte da comportamenti del datore che rendono per il lavoratore la prosecuzione anche temporanea del rapporto.
2. Dimissioni intervenute durante il periodo tutelato di maternità cioè a partire da 300gg prima della data presunta del parto e fino al compimento di 1 anno di vita; in questo caso si
presume che le dimissioni non siano spontanee;
3. Risoluzione consensuale del rapporto di lavoro se intervenuta con una procedura di conciliazione posta in essere presso la direzione territoriale del lavoro oppure se la risoluzione
consensuale consegue al rifiuto del lavoratore di trasferirsi presso un’altra sede dell’azienda distante più di 50km dalla residenza del lavoratore;
4. Licenziamento avvenuto con l’accettazione di offerta di conciliazione prevista dall’art.6 del decreto 22/2015;
5. Licenziamento disciplinare.
Nel calcolo dei contributi delle 13 settimane si calcolano anche i contributi previdenziali, contributi figurativi accreditati per maternità obbligatoria, periodi di lavoro all’estero in Paesi
dell’UE, periodi di astensione del lavoro per malattie dei figli fino a 8 anni per max 5 giorni all’anno.
Non si contano per raggiungere le 13 settimane (quindi ampliano il periodo) i periodi di malattia, infortuni sul lavoro, periodi di cassa integrazione, periodo di applicazioni di contratti di
solidarietà, assenze per permessi e congedi per persone o familiari con handicap, aspettative non retribuite per cariche politiche o sindacali.
Se il lavoratore ha periodi di lavoro nel settore agricolo e non agricolo, se prevale la contribuzione agricola la valutazione andrà fatta sugli ultimi 12 mesi, se prevale la non agricola c’è il
diritto alla Naspi.
Requisiti lavorativi: 30gg lavorativi nei 12 mesi precedenti l’inizio dello stato di disoccupazione. Le giornate di lavoro effettivo devono essere considerate come le giornate di effettiva
presenza al lavoro, a prescindere dalla durata oraria. Ci sono modi particolari di calcolo per alcuni tipi di lavoratori, per i lavoratori addetti ai servizi domestici o per lavoratori in cui non è
possibile risalire al numero di giornate lavorate (es lavoratori a domicilio) si ritiene soddisfatto il requisito quando i sono almeno 5 settimane di contribuzione utile negli ultimi 12 mesi.
Altra eccezione è per i lavoratori agricoli quando il numero di giornate lavorate non risulta dagli archivi telematici o comunque quando non sono aggiornati, per fare la verifica delle 30gg di
lavoro si fa riferimento alle buste paga del lavoratore.
Le ipotesi che ampliavano prima il periodo di 4 mesi sono le stesse che ampliano il periodo dei 12 mesi (malattia, infortunio, cassa integrazione, contratti solidarietà, assenze per congedi e
permessi fruiti ecc.). tutti questi casi ampliano il periodo di 12 mesi in cui valutare le giornate di lavoro effettivo.
La domanda si presenta in via telematica entro 68 giorni dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, termine a pena di decadenza. In alternativa i 68 giorni possono essere calcolati dalla
cessazione del periodo di mancato preavviso, cessazione periodo di maternità indennizzato, dal 38esimo giorno dopo la data di cessazione in caso di licenziamento per giusta causa, dalla
cessazione del periodo indennizzato. In tutti questi casi ci sono piccole varianti che consentono di non perdere il diritto alla Naspi.
La Naspi scatta dall’ottavo giorno successivo alla data di cessazione del rapporto di lavoro se la domanda è presentata entro l’ottavo giorno. Se la doamnda è presentata dopo l’ottavo
giorno ma entro i 68 giorni allora il diritto scatta a partire dal momento in cui la si richiede.
Il diritto alla Naspi scade dopo l’ottavo giorno successivo al termine del periodo di malattia, maternità ecc. scatta dal giorno successivo alla presentazione della domanda scatta se è
presentata dopo l’ottavo giorno ma entro 68. Scatta l’indennità dal 38esimo giorno successivo al licenziamento per giusta causa se presentata entro il 38esimo giorno; scatta dal giorno
successivo alla domanda se presentate dopo il 38esimo giorno ma entro i 68.
L’eventuale rioccupazione nel corso degli 8 giorni che seguono la cessazione non dà luogo necessariamente alla sospensione della prestazione.
La Naspi spetta mensilmente al lavoratore per un numero di settimane pari alla metà delle settimane contributive presenti negli ultimi 4 anni. Non si calcolano i periodi di contribuzione
che hanno già dato luogo a prestazioni di disoccupazione differenti.
I periodi di fruizione della Naspi sono coperti da contribuzione figurativa che viene calcolata sulla base delle retribuzioni imponibili ai fini previdenziali negli ultimi 4 anni.
Quanto spetta al lavoratore? Il 75% della retribuzione media mensile negli ultimi 4 anni se la retribuzione media inferiore a 1195€, se superiore allora pari al 75% dei 1195€ ai quali si
somma il 25% della differenza tra retribuzione media mensile e l’imposto stabilito per legge: c’è comunque un limite massimo di 1300€.
La Naspi cresce nel corso del tempo, a partire dal 4 mese decresce del 3%.
Riduzione Naspi
Se ci sono attività di lavoro svolte in forma autonoma che genera un reddito con imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ai sensi del’art.13 del TUIR; in questo caso la Naspi
viene ridotta in misura dell’80% dei redditi presunti. Ove l’attività sussista, in caso di mancata comunicazione del reddito presunto (anche se apri a 0) entro il termine comporta la
decadenza della Naspi.
Altra ipotesi di riduzione è il fatto ce ci siano nuove occupazioni con contratto di lavoro subordinato o parasubordinato che generi un reddito pari a un’imposta lorda pari a 8000€, anche in
questo caso viene ridotta dell’80% deve comunicarlo entro i termini previsti.
Si ha riduzione quando il titolare di 2 o più rapporti di lavoro subordinato a tempo parziale cessa da uno dei rapporti con diritto alla Naspi, il reddito percepito corrisponde ad un’imposta
lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti pari a 8000€, anche in questo caso riduzione dell’80% e obblighi di informazione nei confronti dell’INPS per quanto riguarda il rapporto di
lavoro che rimane in essere.
Il soggetto percettore dell’indennità svolge attività di lavoro accessorio con reddito annuo tra 3000 e 7000; anche in questo caso riduzione dell’80% e obblighi comunicativi.
Altra ipotesi è la rioccupazione con contratto di lavoro intermittente con o senza obbligo di risposta alla chiamata, se il reddito prodotto mantiene lo stato di disoccupazione a condizione
quindi che il percettore comunichi il reddito entro 1 mese dall’inizio della prestazione. si ha sempre la riduzione dell’80%.
Sospensione Naspi
Si ha la sospensione quando si ha la rioccupazione con contratto di lavoro subordinato con durata non superiore a 6 mesi; l’indennità è sospesa di ufficio per la durata del rapporto sulla
base delle comunicazioni obbligatorie. Per calcolare il periodo di sospensione si calcola la durata del rapporto di lavoro e non le giornate effettivamente lavorate.
Altra ipotesi quella in cui il soggetto trovi una nuova occupazione di durata massima di 6 mesi in Paesi dell’UE o Paesi con cui sono state stipulate convenzioni.

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Altra ipotesi quella in cui il soggetto trovi una nuova occupazione di durata massima di 6 mesi in Paesi dell’UE o Paesi con cui sono state stipulate convenzioni.
Decadenza Naspi
Si decade quando il lavoratore perde lo stato di disoccupazione, quando inizia un lavoro subordinato senza comunicare all’INPS entro 1 mese il reddito presunto che ne deriva, se il
lavoratore non comunica entro 1 mese dalla domanda di Naspi il reddito derivante da un rapporto di lavoro part-time, se il lavoratore inizia un’attività lavorativa autonoma senza
comunicare il reddito presunto, se il lavoratore raggiunge requisiti pensionistici o acquisisce diritto all’assegno ordinario di invalidità e non opta per mantenere la naspi, se il lavoratore non
partecipa senza giustificato motivo a iniziative di orientamento previste dai Centri per l’Impiego.
La Naspi ,per lavoratore all’estero, può essere percepita per max 3 mesi se chi riceve l’indennità è in cerca di lavoro in un Paese che applica la normativa comunitaria esportando la propria
prestazione; il soggetto deve iscriversi nello stato ospitante, una volta trovata occupazione la Naspi decade. La Naspi può essere esportata se il percettore si reca in cerca di occupazione in
uno Stato non comunitario ma convenzionato con L’Italia in materia di disoccupazione, il lavoratore si iscriverà come cercatore di lavoro nello Stato estero e una volta trovato decade la
Naspi.
La Naspi viene sospesa per un max di 3 mesi se il lavoratore lascia l’Italia avendo già stipulato un contratto di lavoro subordinato in un Paese comunitario estero e poi, terminato il
contratto, l’indennità sospesa viene ripristinata salvo che il lavoratore non abbia già richiesto prestazione analoga nel paese ospitante.
La Naspi viene sospesa per un max di 6 mesi se il percettore va in un Paese non comunitario che sia convenzionato con l’Italia e nel caso in cui abbia un contratto già stipulato in quel
Paese.
Ipotesi in cui lavoratore titolare della Naspi stipuli in Italia un contratto di lavoro subordinato in un paese in cui si applica la normativa comunitaria; la sospensione e decadenza sono
disciplinate dall’art.9 del D.Lgs. 22/2015.

Rei e Dis-coll
Il D.lgs 22/2015 aveva introdotto l’assegno di disoccupazione ASDI per i soggetti che dopo la Naspi non trovassero ancora lavoro. Questo assegno è stato poi sostituito dal 2018 dal reddito
di inclusione (Rei), introdotto con il D.lgs 147/2017. È una di quelle misure che hanno lo scopo di tutelare le persone più povere, spetta ai cittadini dell’UE, o ai loro famigliari, a condizione
che siano residenti in Italia, che ci sia una situazione di bisogno indipendentemente dalla composizione del nucleo familiare. Il REI viene erogato dall’INPS con la carta di pagamento
elettronica per un periodo max di 18 mesi, superato il periodo può essere rinnovato per max 12 mesi quando siano trascorsi almeno 6 mesi dalla cessazione del godimento; il beneficiario
dovrà aderire ad un progetto personalizzato di attivazione e inclusione sociale e lavorativa.
Strumento ulteriore è la DIS-Coll; è quella tutela per i lavoratori coordinati e continuativi (coco) e per i lavoratori precari della ricerca. Sono state estese a soggetti che tradizionalmente ne
risultavano esclusi.
Spetta a :

• I cococo
• I dottorandi di ricerca che avessero una borsa di studio al termine della prestazione lavorativa.
Non spetta ai collaboratori titolari di pensione, ai titolari di partita IVA, agli amministratori e sindaci, ai revisori di società, alle associazioni e altri enti senza personalità giuridica.
Requisiti
I beneficiari devono essere iscritti alla gestione separata dell’INPS e dovranno soddisfare alcuni requisiti; dovranno essere disoccupati al momento di presentazione della domanda, devono
poter far valere almeno 3 mesi di contribuzione nel periodo compreso tra 1/01 dell’anno civile precedente e l’evento stesso. È importante la disciplina perché, sebbene rappresenti una
forma di tutela minore della Naspi, bisogna pensare che i lavoratori precedenti non erano coperti da nulla in caso di disoccupazione.
Spetta dall’ottavo di giorno alla cessazione del rapporto o termine del contratto se la domanda è presentata entro l’ottavo giorno, dal giorno successivo alla presentazione della domanda
se presentata il giorno successivo alla cessazione, dall’ottavo giorno successivo alla fine del periodo di maternità o di degenza ospedaliera se la domanda presentata in questi periodi
indennizzati, dal giorno successivo alla presentazione della domanda al termine del periodo di maternità o di degenza ospedaliera se la domanda presentata entro i termini di legge ovvero
68gg dalla cessazione.
Ha una durata calcolata in modo simile alla Naspi, si corrisponde mensilmente per un numero pari alla metà dei mesi di contribuzione presenti nel periodo compresa tra 1/01 dell’anno
civile precedente e l’evento di cessazione, ai fini della durata non si computano i periodi contributivi che hanno già dato luogo all’erogazione della prestazione. il massimo di durata è di 6
mesi. La fruizione dell’indennità non da diritto a contribuzione figurativa, è una tutela minore della Naspi.
La cifra è psri al 75% del reddito medio mensile, determinato sulla base del reddito imponibile ai fini previdenziali, se nel 2019 il reddito è pari o inferiore a 1221€, la Dis-coll è allora il 75%
di questa somma se superiore sarà apri al 75% di questo reddito più il 25% della differenza tra reddito medio mensile e l’importo: non può superare 1328,76€ nel 2019 (vale anche per la
Naspi, ha sbagliato è ci ha detto prima quello vecchio).
Dopo 3 mesi l’indennità si riduce ogni mese del 3%.
Anche la Dis-coll può essere sospesa; si sospende quando il beneficiario si rioccupa con contratto subordinato di durata pari o inferiore a 5gg. Al termine del periodo di sospensione riinizia
ad essere erogata per il periodo residuo.
Il beneficiario che intraprenda o sviluppi un’attività lavorativa autonoma in impresa individuale o apra subordinata deve comunicare all’INPS entro 30gg il reddito che presume di trarre
dall’attività; l’importo così verrà ridotto in misura pari all’80% del reddito presunto rapportato al periodo di tempo che intercorre tra la data di inizio dell’attività e il termine finale
dell’indennità. Il beneficiario può svolgere prestazioni occasionali o accessorie nei limiti di 5000 di reddito per anno civile, si può quindi cumulare la Dis-coll con ciò e non è tenuto a
comunicare all’INPS il reddito derivante da tale attività. Se l’attività comporta un importo superiore a 5000€ allora ci sarà la riduzione dell’importo dell’80% del reddito presunto.
Ipotesi di decadenza
Decade se perde lo stato di disoccupazione, se inizia un’attività di lavoro autonoma, individuale o apra subordinata senza comunicare al’iNPS entro 30gg il fatto di averla iniziata o senza
aver idnivato il reddito presunto. La perde colui che si è rioccupato con contratto di lavoro subordinato di durata superiore a 5gg, colui che è titolare di diritti pensionistici indiretti o che è
titolare dell’assegno di invalidità. Si perde l’indennità in caso di non regolare partecipazione all’iniziativa di attività lavorativa e riqualificazione personale.
L’ASDI era stato introdotto per somiglianza ad uno strumento tedesco in cui si prevede la prestazione destinata ai disoccupati in situazioni di indigenza o che hanno esaurito il diritto
all’indennità di disoccupazione: era un sistema di welfare ma è tato abrogato per introdurre il REI, anch’esso si componeva di beneficio economico erogato mensilmente e patto
personalizzato di attivazione e inclusione sociale e lavorativa.
Con le risorse aggiuntive previste con la legge di bilancio 2018, dal 01/7/2018 è diventato universale facendo venire meno una serie di requisiti familiari che erano previsti
antecedentemente, rimangono solo requisiti di tipo economico. Prima si aveva diritto quando il nucleo familiare si trovava in determinate condizioni, ad esempio minorenne o disabile. Ora
vi sono solo requisiti di tipo economico calcolati come valore ISEEI in corso di validità non superiore ai 6000€, valore patrimoniale diverso dalla casa di abitazione non superiore a 20.000€ e
valore del patrimonio mobiliare non superiore a 10.000€ e non percepire ammortizzatori sociali. Il beneficio max mensile è previsto in base a questi parametri. Se i componenti del nucleo
percepiscono redditi, il beneficio mensile del REI si riduce. Si deve tenere conto anche delle spese di affitto sottratti dai redditi fino ad un valore max. il versamento del beneficio decorre
dal mese successivo a quello della richiesta, condizione necessaria patto personalizzato.
In questo caso il patto personalizzato si chiama progetto personalizzato (è comunque uguale) e si predispone tramite i servizi sociali del comune che operano insieme ai centri per l’impiego
e anche con soggetti privati che siano attiit nell’ambito di contrasto alla povertà (enti no profit).
Si possono prendere in considerazione le condizioni personali e speciali (abitativa, istruzione ecc.). questa valutazione si organizza in un’analisi preliminare che si svolge entro 25gg dalla
domanda. Nel momento in cui dovesse emergere che la povertà derivi soltanto dalla mancanza fi lavoro, il progetto personalizzato si sostituisce con un patto di servizio.

A partire dal 2019, con il D. legge 4/2019 in attuazione della legge di bilancio, è stato introdotto il Reddito di cittadinanza. C’è una misura di politica attiva a garanzia del reddito al lavoro
per contrastare la povertà e le disuguaglianze. Il RDC si riconosce ai nuclei familiari in possesso dei requisiti di cittadinanza, residenza e soggiorno, vi sono anche requisiti reddituali e
patrimoniali, requisiti proprietari (nessuno dei membri del nucleo familiare deve essere intestatario di autoveicoli immatricolati per la prima volta nei 6 mesi antecedenti la richiesta).

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patrimoniali, requisiti proprietari (nessuno dei membri del nucleo familiare deve essere intestatario di autoveicoli immatricolati per la prima volta nei 6 mesi antecedenti la richiesta).
questo tipo di misura non spetta ai nuclei familiari in cui ci siano 3 componenti disoccupati a seguito di dimissioni volontarie a meno che siano dimissioni rese per giusta causa. Il RDC si
richiede presso modalità telematiche e decorre dal mese successivo della richiesta. L’erogazione è stata fatta partire dal 01/04/2019 e anche qui l’importo è variabile a seconda di vari
parametri, potrebbe raggiungere fino a 780€ al mese, minore se nel nucleo ci sono soggetti percettori di un minimo reddito.
Il beneficio viene riconosciuto dall’INPS che dovrà valutare la sussistenza dei requisiti necessari, è condizionato alla dichiarazione di immediata di disponibilità da parte dei componenti del
nucleo familiari che siano maggiorenni. Entro 30gg dal riconoscimento del beneficio, il titolare sarà convocato dai centri per l’impiego per stipulare il patto personalizzato.
È una misura incentiva dal legislatore perché sono stati previsti incentivi per il datore che assume lavoratori beneficiari del RDC.
Requisiti
è erogato ai nuclei familiari che possiedono cumulatamente i seguenti requisiti. Ci sono requisiti di cittadinanza, può riguardare cittadini italiani, cittadini dell’UE, cittadini di Paesi terzi in
possesso di permesso di soggiorno per lungo periodo, cittadini di paesi terzi che siano familiari di cittadini italiani o comunitari titolari del diritto di soggiorno, titolari di protezione
internazionale.
Altro requisito è quella della residenza che richiede l residenza di almeno 10 anni in Italia di cui gli ultimi 2 continuativi.
I requisiti economici sono più alti, il valore ISEE può raggiungere i 9360€ in presenza di minorenni, il patrimonio immobiliare può raggiungere i 3000, il patrimonio mobiliare non deve
superare i 6000 per il singolo, aumenta in base al numero di componenti della famiglia e non può superare i 10000; aumenta di 1000 euro per ogni figlio oltre il secondo, di 5000 per ogni
compente con disabilità, 7000 con disabilità grave.
il valore del reddito familiare deve essere inferiore a 6000 euro annui moltiplicato per l’equivalente parametro della scala di equivalenza. Si calcola 1 per ogni primo componente del
nucleo familiare e si incrementa di 0,4 per ogni componete ulteriore maggiorenne o 0,2 per ogni componente minorenne fino a max 2,1 o 2,2 se sono presenti componenti disabili gravi.
Questa soglia aumenta fino a 7560€ ai fini dell’accesso alla pensione di cittadinanza, se si risiede in affitto fino a 9360€.
Con riferimento ai requisiti economici i cittadini d Paesi extracomunitari devono produrre una certificazione rilasciata dalle autorità competenti tradotta in italiano. Non si richiede qualora
siano rifugiati politici o appartenenti a Stati non dell’unione dove e oggettivamente impossibile ottenere questa certificazione. Occorre che i richiedenti non abbiano autoveicoli
immatricolati la prima volta nei 6 mesi antecedenti alla richiesta.
Il richiedente non deve essere sottoposto a misure cautelari personali e il RDC è incompatibile con Naspi, Dis-coll.
L’importo si determina tenendo in considerazione una scala di equivalenza del numero di componenti del nucleo familiare, la scala non tiene conto dei componenti che però siano
disoccupati a seguito i dimissioni volontarie nei 12 mesi precedenti a meno che per giusta causa, in stato detentivo o recuperati in centri di cura a lunga degenza , componenti del nucleo
sottoposti a misure cautelari personali (in questi casi non si contano perché non risultano giustamente a cario del nucleo).

Consulenza del lavoro Pagina 4

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