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In prima approssimazione è possibile definire la sociologia economica come l'insieme di studi e ricerche
volti ad approfondire i rapporti di interdipendenza tra fenomeni economici e sociali. Il tema di ricerca
centrale risulta essere lo sviluppo economico inteso come processo di cambiamento influenzato da fattori
socioculturali e politici. Possiamo, inoltre, definire l'obiettivo di questa disciplina, ovvero quello di
affrontare questioni come quelle appena accennate con metodo scientifico; quindi, con maggiore rigore e
controllo di quanto non avvenga nel linguaggio comune, al fine di individuare regolarità nei rapporti tra i
fenomeni studiati.
Le definizioni dei fenomeni economici non sono univoche, anzi riflettono punti di vista interpretativi diversi.
Tuttavia, quelle forniteci da Karl Polani risultano certamente fondamentali per proseguire ad una prima
distinzione:
In un primo senso è possibile guardare all'economica come l'insieme della attività stabilmente
intraprese dai membri di una società per produrre, distribuire e scambiare beni e servizi. I bisogni
possono essere fisici, culturali, scientifici o militari. Questa prima definizione ha un carattere più
generale e consente di valutare come il soddisfacimento dei bisogni e il comportamento economico
siano influenzati dal modo in cui è organizzata la società. Infatti, nelle società primitive le attività
economiche non erano autonome, ma si svolgevano all'interno delle strutture familiari e parentali.
Nelle società feudali lo Stato, o meglio il potere politico, assumeva un ruolo fondamentale nella
regolazione delle attività economiche. Infine, nelle società capitalistiche ovvero quelle basate sulla
proprietà privata dei mezzi di produzione, sulla libertà di commercio ed investimento, l'economia si
emancipa dai controlli sociali e politici.
In ambito economico l'accento è posto sui fenomeni economici come sinonimi di "economizzare",
cioè attività che hanno a che fare con la scelta individuale di impiego di risorse scarse che
potrebbero avere usi alternativi, al fine di ottenere il massimo dai propri mezzi. Quindi, le
motivazioni dei soggetti che svolgono attività economiche sono ricondotte al mero perseguimento
razionale degli interessi individuali, perseguendo interazioni tra soggetti regolate esclusivamente dal
mercato. Dall'incontro della domanda dei consumatori e l'offerta dei produttori sul mercato
dipenderà la quantità di beni e il loro prezzo. Qui il focus di ricerca è la conoscenza dei meccanismi
autoregolativi dell'economia, ponendo particolare attenzione al comportamento utilitaristico degli
attori, al fine di sviluppare veri e propri modelli matematici sul funzionamento del mercato
autoregolato. Questa definizione ha come retroterra storico la situazione in cui iniziano ad
affermarsi le prime forme di economia di mercato. Gli assunti relativi al comportamento
massimizzante degli individui e ai suoi effetti sull'andamento della domanda e dell'offerta nel
mercato tendono a riflettere l'autonomizzazione dell'economia dalle strutture sociali e politiche.
Non è un caso, come sottolineato da Polanyi, che lo studio dell'economia come disciplina si afferma
in contemporanea con la società capitalistica.
Le definizioni dei fenomeni economici appena citate non devono essere considerate alternative, piuttosto
come due ottiche diverse per guardare all'economia. Infatti, se prendiamo in esame la posizione degli
economisti, possiamo notare come questa abbia consentito un notevole avanzamento delle conoscenze sui
meccanismi autoregolativi dell'economia, cioè sull'influenza dei movimenti della domanda e dell'offerta
nella formazione dei prezzi e nell'allocazione delle risorse, arrivando anche alla formulazione modelli teorici
ad elevata generalizzazione.
Tuttavia, emergono difficoltà quando questi modelli vanno a confrontarsi con realtà in cui il
mercato autoregolato ha un ruolo limitato o addirittura nullo. Si pensi, per esempio, a contasti
precapitalistici, ma anche alle società capitalistiche stesse, quando il punto di vista preso in
considerazione risulta essere quello dei diversi percorsi e tassi di sviluppo di paesi diversi. In
breve, questi modelli spesso faticano ad essere applicati pienamente nel mondo reale.
Proprio su questo terreno ha costruito le proprie basi della sociologia economica, come un nuovo
punto di vista che guarda all'attività economica come un processo influenzato dalle istituzioni.
Per istituzioni si intende un complesso di valori e norme che orientano e regolano il
comportamento e si basano su sanzioni che tendono a garantirne il rispetto da parte dei singoli
soggetti:
I valori definiscono i fini dei soggetti: es. la concezione del lavoro e il valore riconosciuto
al tempo libero e al consumo
Le norme in senso stretto sono regole che definiscono il modo di perseguire i fini
Le sanzioni possono essere: positive, quando incoraggiano un determinato
comportamento; negative lo disincentivano; formali quando sono stabilite dalla legge e
infine informali quando si basano sulla disapprovazione degli altri.
Guardare alle istituzioni equivale a gettare un ponte tra società ed economia, permettendo così
di storicizzare i fenomeni economici, collocandoli in uno spazio e tempo determinati. Inoltre,
rende possibile valutare come il comportamento economico e le strutture dei rapporti economici
tra soggetti siano condizionati da un particolare contesto istituzionale, a sua volta influenzato
dai soggetti stessi. A prima vista, tutto questo potrebbe portare a pensare che le scelte
individuali non contino, anzi queste risultano essere allo stesso tempo fondamentali e
socialmente orientate.
È in questo scenario che diventa centrale il concetto di sistema economico, definito da Sombart
nel 1916 come "una forma particolare di economia, cioè una determinata organizzazione della
vita economica nel cui ambito regna una determinata mentalità economica e viene applicata una
determinata tecnica".
I tre aspetti definiti da Sombart variano nello spazio e nel tempo ma possiamo comunque
definirli:
1. La mentalità economica o spirito economico, ovvero l'insieme dei valori che orientano il
comportamento degli individui che partecipano all'attività economica.
2. L'organizzazione economica si riferisce al complesso di norme formali e informali che
nell'ambito di una determinata società regolano l'esercizio delle attività economiche da
parte dei soggetti
3. La tecnica, infine, riguarda le conoscenze tecniche e i procedimenti utilizzati dai soggetti
per produrre beni e servizi e soddisfare i loro bisogni.
Polanyi ha fatto notare che l'economia come disciplina autonoma nasce appunto con
l'affermazione del mercato quale meccanismo di regolazione delle attività economiche, ma non è
stato sempre così. Le stesse economie di mercato differiscono tra loro per il modo in cui il
mercato si combina con altri meccanismi, queste forme Polani le chiamava forme di integrazione
dell'economia e ne individuò tre forme idealtipiche:
1. LA PROSPETTIVA METODOLOGICA
Quando l'economia si era affermata come disciplina, in particolare con la "grande sintesi" di
Adam
Smith. lo studio dei fenomeni economici non era isolato dal contesto sociale. Sappiamo che negli
sviluppi successivi l'economia si liberò progressivamente dai riferimenti a aspetti culturali e
istituzionali, nel tentativo di avvicinarsi agli standard di rigore e generalizzazione propri delle
scienze naturali. Questo percorso raggiunse il suo culmine con la "rivoluzione marginalista" degli
anni 1870. È a quel punto che lo studio dei fenomeni economici si separa programmaticamente
dal contesto culturale e istituzionale e si concentra sullo studio delle "leggi" del mercato, isolato
analiticamente dal contesto sociale. Prende così forma un nuovo paradigma dell'economia
caratterizzato da una serie di elementi chiaramente delineati:
Vediamo come la sociologia economica dei classici abbia sviluppato una prospettiva
relativamente
coerente e organica che si distingue da quella prevalente nell'economia dell'epoca:
a) la concezione dell'economia° i sociologi economici sono tutti interessati a
guardare all'economia di mercato come un fenomeno storico caratterizzato da un
particolare contesto istituzionale, e per questo preferiscono in genere parlare di
capitalismo. Cercano di distinguere tra i vari tipi di economia per comprendere
come prende forma il capitalismo liberale, perché si sviluppa in alcuni luoghi e non
in altri: insomma la diversità nello spazio e nel tempo è al centro
del loro interesse e non si identifica esclusivamente con le attività regolate dal
mercato. Essi vogliono studiare come l'economia si organizzi in forme differenti
nello spazio e nel tempo, influenzate dalle istituzioni economiche e non
economiche.
b) l'azione economica: l'azione orientata alla ricerca dei mezzi di sussistenza non è
necessariamente costituita dall'allocazione razionale di risorse scarse. I sociologi
economIcI attaccano l'atomismo dell'economia neoclassica (dove fini dei singoli
soggetti si formano indipendentemente gli uni dagli altri). L'azione economica
deve invece essere vista come azione sociale, influenzata da aspettative relative
al comportamento degli altri membri della società (tali aspettative in Weber
prendono la forma di usi, costumi, norme giuridiche). Questo modo di concepire
l'azione economica e sostanzialmente condiviso da tutti 1 nostri autori, sia
che essi diano maggiore enfasi all'autonomia e alla libertà degli attori rispetto alle
regole istituzionali (come Sombart, Weber, Schumpeter), sia che partano invece
dalle istituzioni e ne sottolineino maggiormente i condizionamenti sui soggetti
(come Durkheim, Veblen, e Polanyi).
L'azione degli individui può avere natura non utilitaristica e dipendere, per
esempio, da valori religiosi (Weber), dal grado di marginalità sociale (Sombart),
dalle forme della divisione del lavoro e della disuguaglianza sociale (Durkheim,
Weber, Polanyi), dai caratteri della famiglia o dalle forme di organizzazione
dell'impresa (Schumpeter). Nella realtà concreta l'azione economica ha dunque di
solito una pluralità di motivazioni che possono essere ricostruite solo per via
induttiva, con l'indagine storico-empirica e sempre con difficoltà
c) le regole: i sociologi economici considerano i fenomeni istituzionali diversi dal
mercato in due direzioni (da un lato vi è il riferimento a istituzioni economiche che
si fondano su obbligazioni sociali condivise, come la reciprocità di Polanyi, lo
scambio su base tradizionale di Weber: dall'altro le istituzioni di regolazione
politica dell'economica come la redistribuzione di Polanyi, l'economia di piano o
cooperativa di Sombart, il gruppo regolativo e quello amministrativo di Weber,
oppure i sindacati, la criminalità organizzata, ecc.). Le forme concrete che assume
l’attività economica nello spazio e nel tempo sono dunque influenzata dal modo in
cui queste diverse istituzioni regolano le attività di produzione, distribuzione e
consumo, e condizionano l'azione dei soggetti:
d) il metodo di indagine: mentre in economia si parte da assunti a priori circa le
motivazioni utilitaristiche degli attori e la presenza di determinate condizioni di
funzionamento dei mercati, i sociologi cercano di ricostruire attraverso l'indagine
empirica i caratteri specifici dell'azione economica, vista come possibile
espressione di motivazioni non utilitaristiche, o anche come combinazione tra
elementi utilitaristici e altre spinte di natura diversa (tradizionali. affettive o
ideologiche). Gli autori che abbiamo esaminato cercano anche di mettere a fuoco,
sempre con
l'indagine storico-empirica, le regole effettivamente presenti in un determinato
contesto. Ne
2. UN SERBATOIO DI IPOTESI
Il carattere storicamente orientato dei modelli di analisi classici fa sì che non si possano
ricavare dai nostri autori generalizzazioni teoriche che vadano al di là di coordinate spaziali e
temporali delimitate; tuttavia, sarebbe sbagliato non cogliere una serie di ipotesi, convergenti e
coerenti tra loro, che emergono dai lavori esaminati in precedenza. Prendiamo in considerazione
tre temi: il mercato, lo sviluppo e il consumo.
Il mercato
Distinguiamo analiticamente due aspetti che abbiamo visto trattati con enfasi e impegno
Il processo di costruzione del mercato capitalistico
Nel pensiero economico si ritiene in genere che le relazioni di mercato si diffondano per la loro
efficienza rispetto ad altre modalità di organizzazione economica, cioè per la capacità di
soddisfare le preferenze dei singoli a costi più bassi. Si tratta di una spiegazione che parte dai
singoli soggetti piuttosto che dalle istituzioni che ne condizionano l'azione. Col tempo, i vantaggi
del mercato per i singoli finiscono per far maturare anche quelle motivazioni e quelle istituzioni
che sono congruenti con il buon funzionamento del mercato stesso, e ne accrescono la
legittimità.
La legittimità è proprio al centro della spiegazione dei sociologi economici: il mercato, per
potersi affermare come strumento di regolazione dell'economia, deve essere anzitutto
socialmente accettato, ma questo non è un esito scontato. Sombart e Weber. riguardo allo studio
sulle origini del capitalismo in Occidente, si sforzano di mostrare la complessa serie di fattori
culturali e istituzionali che rendono legittimi, incoraggiano e sostengono i rapporti di mercato
(religione, stato, diritto, città, scienza moderna). In altre parti del mondo invece la cultura e le
istituzioni si oppongono e resistono al mercato. Per Durkheim i rapporti di mercato come
strumento di organizzazione dell'economia richiede "certe variazioni dell'ambiente sociale". Per
Polanyi e Marx invece il processo non è pacifico e può comportare l'uso della forza (enclosures) e
del potere politico.
La sociologia economica è più interessata ai problemi dell'equità del mercato reale, mentre
l'economia si concentra su quelli dell'efficienza. dando per scontato che un mercato pienamente
concorrenziale risolverebbe anche problemi di equità ciascuno avrebbe delle ricompense
proporzionali al suo contributo). Quindi per i sociologi i benefici no vanno interpretati solo in
termini di maggiori possibilità di accesso materiale ai beni, ma anche come accresciuta libertà di
scelta sia nell'impiego del proprio lavoro che nel consumo (soprattutto Simmel e Weber).
Non c'è dubbio però, per gli economisti come per i sociologi, che il mercato, una volta
affermatosi come meccanismo di regolazione. tenda progressivamente a ridurre lo spazio di altre
istituzioni nella sfera delle attività economiche: dalla famiglia alla parentela e alla comunità
locale, dalle corporazioni allo stato. Ma fino a che punto il mercato può essere libero da
regolamentazioni sociali e politiche senza che ne venga compromesso il suo stesso
funzionamento?