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SCUOLE ECONOMICHE (CHANG)

Scuola Austriaca: Fu fondata da Carl Menger e venne estesa la sua influenza da


von Mises e von Hayek. Ottenne attenzione durante il dibattito sul calcolo socialista.
Fa parte della stessa corrente, caratterizzata dal laàissez-faire, della scuola
neoclassica pro libero mercato ma con conclusioni più estreme. É diversa dal punto
di vista metodologico.
La difesa austriaca del libero mercato: Considera gli individui come singoli ma non
pensa che essi siano esseri razionali atomizzati. Ritiene che la razionalità umana è
limitata e che un comportamento razionale è possibile solo perchè come esseri
umani limitiamo volontariamente, in modo inconsapevole, le nostre scelte,
accettando le consuetudini sociali senza metterle in discussione. La scuola ritiene il
mondo altamente complesso. Solo grazie all’ordine spontaneo generato dalla
concorrenza sul mercato è possibile una riconciliazione tra i diversi piani su cui si
muovono i tanti attori economici reagendo ai cambiamenti del mondo. Viene
sostenuto che il libero mercato sia il miglior sistema perchè non siamo molto
razionali e tante di queste cose del mondo non sono conoscibili. (i neoclassici dicono
che il libero mercato è il migliore perchè conosciamo tutto).
Limiti della teoria austriaca: La teoria ha ragione quando dice che faremmo meglio
ad affidarci alla casualità del mercato perchè abbiamo una capacità limitata. Esiste
una grande quantità di ordini costruiti intenzionalmente. Il mercato è un ordine
artificiale basato su norme e regole appositamente stabilite che vietano certe cose e
ne incoraggiano altre. I confini del mercato sono stati ridisegnati mediante decisioni
politiche cosa non accettata dalla scuola. Molte cose di scambio che una volta erano
legali sono stati eliminati dal mercato e viceversa. Definendo il mercato un ordine
spontaneo viene dimostrato di aver frainteso la natura dell’economia capitalista. La
posizione verso l’intervento pubblico è troppo estrema poiché essa sostiene che
qualunque intervento che lo stato fa(tranne il rispetto delle leggi e l’ordine pubblico)
fa scivolare la società lungo la china del socialismo. Questa tesi non è conveniente
in quanto la combinazione si concretizza in modo diverso da stato a stato. Se questa
china esistesse, non avremmo tanti casi diversi.
Scuola Classica: Fondata da Adam Smith le cui idee vennero sviluppate da
Ricardo, Say e Malthus.
Secondo Adam Smith ogni operatore economico privato persegue il proprio
guadagno personale e, come guidati da una "mano invisibile", le scelte individuali
per la ricerca del guadagno personale conducono indirettamente al benessere
sociale e generale dell'economia Non è, quindi, necessario alcun intervento pubblico
da parte dei governi. È sufficiente rimuovere le barriere agli scambi e agevolare il
funzionamento naturale del mercato. Gran parte degli economisti classici credeva
nella legge di Say: Secondo la teoria il sistema economico capitalistico tende
automaticamente verso una situazione di pieno impiego, in quanto l'offerta
( produzione ) crea la domanda di mercato. Per ciò non potevano verificarsi
recessioni causate dal crollo della domanda ma se si fossero verificate bisognava
considerare fattori esterni come una guerra. Ricardo sviluppò la teoria dei vantaggi
comparati: La teoria mostra che la ragione del commercio reciproco tra Paesi
sarebbe la differente produttività interna di ciascuno, determinata in base al migliore
impiego fatto delle risorse disponibili: ogni Paese tenderebbe, infatti, a specializzarsi
nella produzione dei beni sui quali è in grado di ottenere maggiori vantaggi (come,
ad esempio, i minori costi da sostenere rispetto a quelli necessari per altri beni, la cui
produzione può quindi risultare maggiormente conveniente altrove). Di qui, il
concetto di vantaggi comparati. La scuola classica credeva che l’economia fosse
divisa in tre classi: capitalisti, lavoratori e proprietari terrieri e ai capitalisti doveva
andare la grande fetta del reddito nazionale. Questa idea della divisione
dell’economia in classi è ancora sfruttata oggi dalle aziende di Marketing per
pianificare le proprie strategie. Inoltre la teoria di Ricardo verrà sviluppata dai
neoclassici con la teoria Heckscher-Ohlin-Samuelson (HOS).
I limiti di questa scuola sono che l’adesione alla legge di Say non permette di
affrontare i problemi macroeconomici e anche la teoria microeconomica non è
completa in quanto mancano strumenti teorici per spiegare perchè il libero mercato
non sempre produce risultati sociali desiderati. Inoltre molte teorie non sono
applicabili perchè pensate per un periodo diverso dal nostro.
Comportamentale: Cerca di fornire un modello del comportamento umano per
come è veramente riportando nel campo lo studio delle istituzioni e delle
organizzazioni economiche; nata negli anni 50 per merito di Herbert Simon.
L’idea di Simon è la razionalità limitata: non riteneva che gli esseri umani fossero
irrazionali ma che noi tutti cerchiamo di essere razionali solo che la nostra capacità è
molto limitata e poiché abbiamo questa razionalità costruiamo scorciatoie, dette
euristiche, che ci permettono di risparmiare energie mentali. Alla base di questi
processi c’è l’abilità di riconoscere schemi che ci permettono di trascurare una
grande quantità di alternative e di concentrarci su poche e gestibili possibilità.
Questo metodo ci permette di gestire la complessità e l’incertezza del mondo.
Economia di mercato contro economia organizzativa: Creiamo routine organizzate in
modo da poter compensare la razionalità limitata. Queste regole ci permettono sia di
prendere decisioni migliori riducendo la complessità del problema sia di prevedere il
comportamento degli altri attori coinvolti che si presume seguono tali regole. I
neoclassici descrivono l’economia capitalista moderna come un’economia di
mercato mentre i comportamentali fanno notare che il mercato rende conto solo di
una parte di economia. Simon stimava che la maggior parte delle attività
economiche fossero svolte dentro delle organizzazioni piuttosto che sul mercato
(economia organizzativa).
La scuola da anche buone motivazioni del perchè siano importanti alcune
caratteristiche umane: Secondo Simon dobbiamo concentrare le nostre limitate
risorse mentali sulla soluzione del problema più importante che abbiamo davanti e
questa concentrazione ci viene data dalle emozioni.
Valutazione della scuola comportamentale: Grazie a questa scuola abbiamo affinato
la comprensione di come la gente pensa e agisce. La sua forza che è anche la sua
debolezza sta nel suo tentativo di comprendere la società umana a partire dagli
individui. Infatti, concentrandosi troppo sugli individui, perde di vista il sistema
economico nel suo complesso.
Scuola Istituzionalista: Questi economisti sostenevano che dovevano essere
analizzate le istituzioni le quali influiscono sugli esseri umani finendo per plasmarli.
La nascita della scuola si fa risalire alla figura di Thorstein Veblen il quale riteneva
che dietro al comportamento umano ci sono più livelli di motivazioni stratificati.
Sottolineò anche che la razionalità umana non può essere considerata a-temporale
in quanto modellata dall’ambiente sociale. Le istituzioni cambiano le persone e
viceversa. La scuola vera e propria si fondò nel 1918 con a capo Wesley Mitchell;
essa riprese la teoria di Veblen e alcuni tratti dal marxismo. Il punto di maggior gloria
di questa teoria è il New Deal il quale riguardava più le istituzioni che le politiche
macroecnomiche.
Declino della scuola istituzionalista: Con l’ascesa dell’economia neoclassica e la
ristretta visione di essa sul ruolo dello stato cominciò un declino della scuola. Questo
declino era dovuto anche alla fallita teorizzazione dei meccanismi legati alla nascita,
alla durata e al cambiamento delle istituzioni (pensava che nascessero tramite
decisioni o per mezzo della storia). Altro problema era la visione dei componenti sul
ruolo della natura sociale dell’uomo.
Nascita della nuova economia istituzionalista: Fondata da Coase e Williamson i quali
avevano simpatie per le scuole neoclassica e austriaca. Essi analizzano come le
istituzioni emergano da scelte deliberate dagli individui. Concetto chiave della teoria
è il costo di transizione cioè l’esistenza, oltre che dei costi di produzione, di quei
costi relativi all’organizzazione delle attività economiche.
Pregi e difetti della economia istituzionale: La NEI ha introdotto tante teorie e casi di
studio interessanti come ad esempio l’analisi degli impatti dell’esatta natura dei diritti
di proprietà su modelli di investimento e altre scelte di tipo economico. La NEI è però
molto limitata in quanto considera le istituzioni come dei limiti a uno sfrenato
comportamento egoista; le istituzioni spesso circoscrivono la nostra libertà per
consentirci di più a livello collettivo. La NEI non ha colto il ruolo costitutivo delle
istituzioni che influenzano le motivazioni del comportamento individuale.
Scuola Keynesiana: Keynes, fondatore di questa scuola, è il fondatore della
macroeconomia. Egli cercò di spiegare come potessero esistere lavoratori
disoccupati, aziende inattivo e prodotti invenduti anche per lunghi periodo di tempo.
Perché esiste la disoccupazione? Si parte dalla constatazione che l’economia non
consuma tutto ciò che produce; questa differenza, che sono i cosiddetti risparmi,
andrebbe investita se vogliamo che tutto quello che è stato prodotto sia venduto e
che tutti gli input produttivi siano impiegati (pieno impiego). Non ci sono garanzie sul
fatto che i risparmi siano pari agli investimenti; ciò succede perchè gli investimenti
dipendono dalle aspettative che gli investitori hanno sul futuro poiché esso è pieno di
incertezze. In alcuni campi si può sapere con certezza cosa succederà e tale cosa è
detta rischio (è il fattore cardine del sistema assicurativo) mentre in altri non si può
conoscere tutto.
Politica fiscale attiva per il pieno impiego: Keynes spiegò che quando calano gli
investimenti, precipita anche la spesa aggregata, che riduce il reddito. Questa
riduzione fa calare i risparmi perchè essi sono ciò che rimane dopo i consumi. Alla
fine i risparmi caleranno sempre più per fronteggiare alla minore domanda in
investimenti. Se l’eccesso di risparmi viene ridotto in questo modo non ci sarà più
alcun ulteriore stimolo agli investimenti. Per Keynes gli investimenti sono sufficienti
per il pieno impiego quando gli spiriti animali degli investitori sono pungolati dalle
nuove tecnologie. In quest’ottica gli investimenti sono pari ai risparmi al livello della
domanda effettiva, che è insufficiente per il pieno impiego che viene raggiunto
attraverso l’uso della spesa pubblica da parte dello stato.
Teoria keynesiana della finanza: La moneta è uno strumento che fornisce liquidità,
cioè il modo per cambiare la propria posizione finanziaria, in un mondo incerto. Se
questo è vero il mercato è anche un luogo per fare soldi sfruttando le differenze tra
le varie opinioni personali sui profitti ricavabili da un investimento, un luogo dove
speculare. Le scelte fatte in questo mercato sono guidate dalle aspettative su ciò
che gli altri si aspettano; ciò fornisce la base del comportamento gregario. Partendo
da questa analisi Keynes espresse il suo avvertimento contro i pericoli posti da un
sistema finanziario guidato dalla speculazione.
La teoria macroeconomia di Keynes si basa sul riconoscimento del fatto che la
distinzione strutturale fra risparmiatori e investitori ha reso più difficile uguagliare
risparmi e investimento, e dunque raggiungere il pieno impiego; ciò spiega come mai
la teoria ci aiuta a capire la crisi del 29 e quella del 2008.
Limiti della scuola keynesiana: La teoria ha prestato troppa attenzione alle questioni
di breve periodo non riuscendo a intervenire nelle questioni relative al lungo periodo
come il progresso tecnologico.
Scuola Marxista: La scuola marxista interpreta l'origine e il funzionamento dei
fenomeni economici sulla base della teoria economica di Karl Marx. A differenza dei
classici, gli economisti marxisti interpretano i fenomeni economici per criticare il
sistema economico capitalistico. La scuola marxista si concentra sulla produzione e
riprende la teoria del valore-lavoro dell'economista classico David Ricardo, in base al
quale il valore delle merci è determinato dalla quantità della forza lavoro impiegata,
direttamente o indirettamente, nella produzione della merce stessa.
Concepivano un’economia fatta di classi anziché da individui.
La produzione al centro dell’economia: Ogni società è fondata su una struttura
economica, o modo di produzione. Questa struttura è costituita dalle forze di
produzione (competenze umane e macchinari) e dai rapporti di produzione (diritti di
proprietà, rapporti sul lavoro). Su tale base poggia la sovrastruttura che comprende
gli altri aspetti della vita e che influenza l’economia. La società è concepita come un
organismo in evoluzione grazie a varie fasi storiche definite in base ai modi di
produzione che le caratterizzano.
Lotta di classe e crollo del capitalismo: Per i marxisti i conflitti di classe sono la forza
propulsiva della storia; la scuola rifiutò di considerare la classe lavoratrice un’entità
passiva ma era la promotrice attiva del cambiamento sociale. Per marx la rivoluzione
sarebbe dovuta scoppiare solo quando i tempi fossero stati maturi e ciò sarebbe
successo solo quando il capitalismo si fosse sviluppato a sufficienza, esasperando la
contraddizione tra i requisiti tecnologici del sistema e la sua organizzazione
istituzionale. Questa contraddizione determinerà il crollo del sistema capitalistico il
quale verrà rimpiazzato dal socialismo.
Teorie dell’impresa, del lavoro e del progresso tecnologico: I difetti della scuola sono
la sua previsione del crollo del capitalismo (mai successo!)(il socialismo si è
affermato in paesi dove il capitalismo non era sviluppato) e la sua modalità di
organizzazione dell’alternativa al capitalismo che era molto inadeguata (vedi politica
URSS). Marx ha però il merito di essere stato il primo a prestare attenzione alle
differenze tra l’ordine gerarchico e pianificato dell’azienda e l’ordine libero e
spontaneo del mercato. Ha previsto che le grandi imprese SRL sarebbero diventate
protagoniste del capitalismo. Marx si è concentrato sul lavoro in se, era convinto che
il lavoro potesse permettere alle persone di esprimere la loro creatività. Ha
compreso l’importanza dell’innovazione tecnologica nel processo di sviluppo
capitalistico, collocandola al centro della sua teoria.
Scuola Neoclassica: l pensiero economico neoclassico nasce tra il 1871 e il 1874.
In questo breve periodo di tempo sono pubblicate tre opere fondamentali della teoria
neoclassica a cura di Jevons, Walras e Menger. Da queste tre opere si sviluppa
l'intero impianto della teoria neoclassica che, nel giro di dieci anni, si sostituisce alla
vecchia teoria classica.
Differenze con la classica: L'analisi economica neoclassica è separata da qualsiasi
argomentazione ideologica o politica. È uno degli aspetti che la distingue dalla teoria
classica. Viene enfatizzato il ruolo delle condizioni della domanda nel determinare un
bene. Il valore del prodotto non è dovuto alla quantità del lavoro contenuto nella
merce, come affermato nella teoria classica di Ricardo e Adam Smith. Nella teoria
neoclassica il valore è determinato dall'utilità attribuita alla merce da parte del
consumatore ( valore-utilità ). Marshall disse che per determinare i prezzi nel breve
periodo contano di più le condizioni della domanda. La teoria sostiene che gli agenti
economici, individui egoisti, compiono scelte ottimizzanti e razionali e ciò vale sia per
i consumatori sia per le imprese. La scuola spostò l’obiettivo dell’economia al
consumo e allo scambio; il sistema economico è una rete di scambi determinati dalle
scelte operate dagli agenti.
Analogie con la scuola classica: Entrambe le scuole sostengono che gli attori
economici siano guidati dall’egoismo ma che la concorrenza del mercato faccia
produrre risultati positivi per la società. Al pari dei classici anche gli economisti
neoclassici sostengono la superiorità del mercato come strumento allocativo e la sua
capacità di risolvere i problemi economici. Entrambe le scuole rigettano ogni forma di
intervento pubblico nell'economia, fatta eccezione che per alcune limitate funzioni
sociali di ordine pubblico ( sicurezza interna ), giustizia e difesa militare.
Pareto sosteneva che, se rispettiamo i diritti di ciascun individuo sovrano, dovremmo
considerare il cambiamento sociale come un progresso solo quando migliora la
condizione di alcuni senza peggiorare la situazione di altri (ottimo paretiano).
Posizioni della teoria neoclassica verso il libero mercato: Pigou formulò la teoria del
fallimento di mercato che creò la cosiddetta economia del benessere; questa teoria,
insieme al principio di compensazione secondo il quale un cambiamento può essere
considerato un progresso sociale anche quando viola l’ottimo paretiano a patto che i
vantaggi complessivi siano tali da compensare tutti coloro che ci rimettono, spezzò il
legame della scuola con la teoria del libero mercato. Questa teoria sostiene che i
prezzi di mercato non riescono a rispecchiare i veri costi e benefici sociali. Il
problema è che gli effetti di alcune attività non hanno un prezzo di mercato e dunque
non rientrano nelle decisioni economiche (esternalità). Altra teoria non è favorevole
al libero mercato è quella che si basa sull’economia dell’informazione (Stiglitz,
Akerlof e Spence); questa teoria spiega come mai l’asimmetria informativa,
situazione in cui una delle due parti coinvolte nello scambio sa qualcosa che l’altra
non sa, determini un malfunzionamento del mercato. Il revival di teorie volte al libero
mercato, come quella delle aspettative razionali o quelle del fallimento dello stato,
sono più dovute a cambiamenti di ideologie politiche a partire dagli anni 80.
Punti di Forza: La teoria insiste sulla necessità di ridurre i fenomeni al livello
individuale, cosa che le conferisce precisione e chiarezza logica; questa teoria è
anche versatile in quanto con questo tipo di economia si possono giustificare
qualunque tipo di politica governativa.
Limiti: É criticata per la rigidità circa il suo pensiero sull’egoismo delle persone;
considera soltanto le scelte che sono possibili senza cambiamenti sociali importanti,
accoglie come dato di fatto la distribuzione di denaro e potere. Trascura la sfera
produttiva in quanto si concentra sullo scambio e sul consumo.
Scuola Schumpeteriana: Il nome della scuola è dovuto all’economista Joseph
Schumpeter il quale lavorò all’ombra della scuola marxista, proprio come la scuola
austriaca. Sviluppò le idee marxiste sul ruolo dello sviluppo tecnologico; sosteneva
che il capitalismo si evolvesse attraverso le innovazioni le quali consentono agli
imprenditori di godere del temporaneo monopolio del rispettivo mercato così facendo
guadagnare molti profitti (profitti imprenditoriali). Nel tempo tali innovazioni verranno
copiate; Egli sosteneva che nel lungo periodo nessuna azienda è al riparo da questi
venti di distruzione creatrice (secondo S. questa concorrenza è più forte rispetto a
quella teorizzata dalla scuola neoclassica).
Schumpeter non era ottimista riguardo il futuro del capitalismo: teorizzò che con una
gestione aziendale sempre più burocratizzata il capitalismo avrebbe perso il suo
dinamismo che si fonda sulla visione degli imprenditori. Tutto ciò non si verificò anzi
successe l’opposto con maggiore dinamicità del capitalismo proprio perchè
l’imprenditoria stava diventando uno sforzo collettivo. Gran parte del progresso
tecnologico si verifica mediante innovazioni incrementali originate dai tentativi pratici
di risolvere i problemi che sorgono durante il processo produttivo. L’intera società è
coinvolta nell’innovazione. Gli eredi di Schumpeter, i neoschumpeteriani, con
l’approccio del sistema nazionale di innovazione, che studia le interazioni fra i diversi
attori del processo di innovazione, hanno superato il limite teorico del fondatore. Il
difetto di questa scuola è quello di concentrarsi solo su tecnologia e innovazioni,
tralasciando altri aspetti dell’economia.
Tradizione Sviluppista: Tradizione nata prima della scuola classica, tra il XVI e il
XVII secolo. Ha diverse fonte di ispirazione ciò è dovuto al fatto che è stata
inaugurata dai decisori politi per risolvere i problemi del mondo. È stata la corrente
che ha dato il via ai più grandi sviluppi economici della storia. Si concentra su come
permettere ai paesi più arretrati di sviluppare le proprie economie. Lo sviluppo
economico è dovuto anche dall’acquisizione di una capacità produttiva più sofisticata
(produrre beni sfruttando tecnologie). Sostiene che alcune attività economiche
consentono meglio di altre di sviluppare le capacità produttive di un paese. Tale
attività non può nascere da sola e se lo stato non interverrà, il libero mercato
riporterà la situazione alla fase iniziale; tali attività dipendono dai tempi e dal
contesto.
Il mercantilismo, teoria dell’industria nascente e scuola storica tedesca: I
mercantilisti, oggi visti come individui che vogliono ottenere un surplus commerciale,
erano uomini interessati a promuovere attività economiche a maggior produttività
ritenendo un successo una bilancia commerciale attiva. Dal XVIII secolo si
concentrarono maggiormente sulla produzione per merito della TIN di Hamilton, la
cui teoria fu poi migliorata da List. La scuola storica tedesca del diritto sottolineava
l’importanza di comprendere la storia di come era cambiato nel tempo il sistema
produttivo.
L’economia dello sviluppo: la tradizione fu riproposta negli anni 1950/60 da Kuznets,
Lewis e altri col nome di economia dello sviluppo. Una importante innovazione, per
merito di Hirschmann, fu l’osservazione di come alcuni settori abbiano rapporti
particolarmente stretti con altri, ossia comprano da e vendono a un numero cospicuo
di industrie. Se lo stato individua tali industrie e le favorisce, l’economia ne risentirà
in modo positivo. Recentemente si è sottolineato la necessità di affiancare alla
protezione delle industrie investimenti per sviluppare la capacità produttiva di
un’economia.
Valutazione della tradizione sviluppista: Uno dei punti deboli è la mancanza di una
teoria coerente, è più esposta all’argomentazione del fallimento dello stato rispetto
ad altre poiché mette a dura prova la capacità amministrativa dello stato. Il suo
eclettismo può diventare il suo punto di forza poiché, data la complessità del mondo,
potrebbe spiegare meglio tale complessità.

COME MIGLIORARE L’ECONOMIA:


La varietà di teorie economiche va promossa poiché i differenti approcci sottolineano
differenti aspetti e offrono differenti prospettive permettendo di comprendere in modo
più completo l’economia. Bisognerebbe inoltre far fecondare le diverse teorie per far
si che esse traggano beneficio l’una dall’altra; questa fecondazione dovrebbe
verificarsi sia tra scuole che hanno punti in comune sia tra scuole che non hanno
niente.
Inoltre noi, conoscendo l’esistenza delle varie teorie, siamo in grado di dire ai
governanti che si sbagliano quando dicono che non ci sono alternative. L’economia,
in realtà non è una scienza in cui è chiaro ciò che giusto e ciò che è sbagliato, ma è
un argomento politico. Conoscere i diversi tipi di economia e sapere i punti di forza e
di debolezza è un aspetto vitale nell’apprendimento dell’economia e anche un
contributo al nostro sforzo collettivo per far si che la materia sia più efficacemente al
servizio dell’umanità.

Parte del prof


L’economia politica si distingue in microeconomia e macroeconomia; la micro studia
il comportamento individuale cioè le scelte del consumatore e del produttore; la
macroeconomia è lo studio del sistema nel suo insieme (esportazioni, importazioni,
consumo, reddito).
Economia positiva e Economia normativa
L’economia positiva tratta di spiegazioni oggettive e scientifiche: se si impone una
tassa sulla produzione di un bene, il prezzo di quel bene tenderà ad aumentare e
quando il prezzo aumenta tenderà a diminuire il consumo del bene.
L’economia normativa propone soluzioni basate su giudizi di valore personali: per
esempio si potrebbe proporre una tassa sulle sigarette per scoraggiarne il consumo.

Scuole del pensiero economico


F. Quesnày (1694-1774)
Lavorava, come medico, presso la corte di Francia; è il capo del pensiero fisiocratico
Fisiocrazia: vedeva l’economia composta da flussi e da 3 classi: gli agricoltori, gli
proprietari terrieri e i manifatturieri (classe sterile: non produce surplus).
Vengono studiati nella tavola economica; i manifatturieri trasformavano gli oggetti
senza però modificarne il valore; questa modifica di valori avveniva nell’agricoltura
dove c’era un surplus.
Q. è il primo a porre problemi come: la società era divisa in classe.
Q. studia i processi economici come una disciplina a se stante
Nella società precapitalistica, il surplus, andava nelle casse delle classi proprietarie
mentre, in seguito, questo surplus veniva reinvestito nel mercato.

A. Smith (1723-1790)
Egli intitola la sua opera “la ricchezza delle nazioni”.
Egli pensa che il sovrappiù non sia prodotto solo nell’agricoltura ma anche nelle altre
classi infatti le mantiene e mantiene anche il focus sulla crescita economica: il
surplus.
Famoso per la metafora della mano invisibile: il sistema dei prezzi fa si che il
perseguimento economico dei singoli porta una situazione sociale positiva (ognuno
persegue il proprio interesse).
Secondo S. dividere il lavoro e scomporre le varie operazioni e funzioni e
specializzare il lavoro porta efficenza; tutto ciò è possibile se aumenta la richiesta e
la quantità prodotta è alta e quindi dall’ampiezza del mercato.
Altro concetto fondamentale è l’idea del sovrappiù:
Teoria residuale del valore-lavoro: i prezzi di scambio delle merci corrispondono alla
quantità contenuta di lavoro che è servita per produrle.
Sviluppa anche la teoria additiva: quando la produzione è legata alla presenza di
macchinari si nota che il prezzo di scambio dipende dalla somma dei 3 redditi:
pagamento della rendita delle terra, pagamento dei lavoratori del grano e profitto di
quello che ha l’impresa che produce i macchinari; il prezzo di scambio è la somma di
questi redditi.
Sono 2 idee contrastanti: la prima verrà sviluppata da Marx, la seconda dai
neoclassici.

Legenda
p= prezzo di un’unità di grani
l= quantità di lavoro necessaria per ottener un’unità di grano
r= il saggio di profitto
w= salario

Teoria del valore-lavoro


Senza sovrappiù: Lavoro contenuto= l
p’= l w
p’/w=l
€16= h8 x €2
€16/€2= h8

Lavoro comandato (quante ore di lavoro posso far lavorare il lavoratore?) = l

Teoria additiva
Con sovrappiù= r
Lavoro comandato
p= l w + r l w
prezzo= costo del lavoro+ profitto sul capitale anticipato
p= (1+ r) l w
p/w = (1 + r) l
€20 = (h8 x €2) + 0,25 x (h8 x €2)
Il lavoro comandato è maggiore del lavoro contenuto
per r > 0, in quanto: (25%= 0,25)
p/w > p’/w, se
(1 + r) l > l
h10 > h8

Da Smith si diramano più teorie che verranno riprese da:


-T.Malthus
-J.B. Say riprende la teoria additiva e ne sviluppa una sua
-A. David Ricardo era un agente di borsa, famoso per la sua teoria del valore-lavoro
e per la teoria della rendita.
Pensa che il valore di scambio dei beni corrisponde alla quantità di lavoro contenuto
che serve per produrli. Per i beni riproducibili la teoria del valore-lavoro funziona.
Ci sono delle eccezioni: le opere d’arte e quei beni il cui periodo di lavorazione è
superiore
Si accorge che il vino invecchiato, senza intervenire, dopo 7 anni, acquista un valore
superiore e questo disturbava Ricardo.
Teoria della rendita: la rendita scaturisce dal differenziale di produttività tra la prima
terra coltivabile e più fertile e l’ultima terra marginale e meno fertile.

AA. Cournot esponente della matematicazzione dell’economia


JS Mill: cerca di creare una sintesi fra la teoria classica e la teoria neoclassica

K.Marx: sviluppa la teoria del valore-lavoro di Ricardo e la usa come base della
teoria dello sfruttamento.
Il valore delle merci è dato dal lavoro contenuto
plusvalore: è la differenza tra il valore del prodotto del lavoro e la remunerazione
sufficiente al mantenimento dei lavoratori, della quale, in regime capitalistico, si
appropriano gli imprenditori.
Sfruttamento capitalistico: i salari corrispondono alla sussistenza.
Marx spiega il profitto: è una parte del plusvalore che si basa sul pluslavoro: la
differenza tra il tempo di lavoro dell'operaio salariato e il tempo di lavoro necessario
alla riproduzione della stessa forza-lavoro.
altri aspetti interessanti anticipati da marx sono: crisi economica, consumismo,
finanziazione dell’economia.

Walras

W.Jevons (Equilibrio parziale: In un'analisi di equilibrio economico parziale sono


studiate le condizioni di equilibrio in un singolo mercato, senza prendere in
considerazione anche gli altri mercati del sistema economico. L'equilibrio economico
parziale è determinato da un prezzo ( prezzo di equilibrio ) in grado di uguagliare la
domanda e l'offerta relative al singolo mercato.); L.Walras (Equilibrio generale: è una
condizione di equilibrio economico che si verifica quando tutti i mercati sono in
equilibrio. Dati n mercati, un vettore prezzi vettore prezzi P( p 1, ... , pn ) determina
l'uguaglianza della domanda e dell'offerta in tutti gli n mercati del sistema
economico. Nell'equilibrio economico generale gli operatori economici ( produttori e
consumatori ) non hanno interesse a modificare le proprie scelte sui diversi mercati,
poiché in ogni mercato gli scambi avvengono al prezzo di equilibrio.) C.Menger
(fondatore della scuola austriaca:)
Marginalismo: teoria economica in base alla quale il valore di un bene è determinato
dall’utilità attribuitegli dal consumatore.
Escono tutti e tre contemporaneamente con la teoria marginalista che diventa
compiuta negli anni 70 del 1800. Cambia la prospettiva perchè hanno una visione
dell’istantaneo; voglio trovare i prezzi di domanda e offerta in questo momento
(sgombero mercato). Domanda e offerta si eguagliano, i prezzi sono flessibili e si
adeguano al gioco della domanda e dell’offerta. Spiegano i redditi (salari, profitti e
rendite) nello stesso modo e sono tutti dipendenti dall’opportunità marginale del
fattore indicato. Studiano i singoli individui, fondano la microeconomia. (cerca
qualcosa sui tipi di economia)
In questa teoria i profitti e gli extraprofitti sono pari a 0
Questa teoria marginalista fa parte del pensiero neoclassico. Viene chiamata
neoclassica perchè era vista come una continuazione della scuola classica ma non è
così perchè è si una continuazione ma su un piano diverso.

V.Pareto (italiano!!!!!) era un ingengere che andò a insegnare economia politica a


Losanna.
Paretottimalità: in equilibrio generale si migliora la propria condizione solo se si
peggiore la situazione di altri.
J.A. Schumpeter è conosciuto per la sua teoria dello sviluppo economico tramite
l’innovazione e si è occupato anche dei cicli economici.
Teoria dell’innovazione: Un’azienda, introducendo un’innovazione, fa si che non ci
sia più concorrenza e si gode di un extraprofitto dovuto al fatto che è l’unico a
commerciare tale bene.
C’è concorrenza perfetta quando il singolo agente non può influenzare il prezzo del
bene; chi ha il monopolio ha potere di mercato e quindi può scegliere i prezzi.
L’innovazione è legata all’imprese

J.M. Keynes: È inglese.


È il fondatore della macroeconomia moderna. Keynes rovesciò le idee del suo
maestro (A. Marshall).
Spiega come si crea la domanda aggregata.
Si trovò davanti alla crisi del 29: La banca centrale d’Inghilterra iniziò a ridurre la
spesa pubblica (austerità);
Per la banca la disoccupazione era dovuta al grande valore dei salari, pensavano
che bastava abbassare i salari per combatterla.
Keynes era contrario a questo provvedimento: sostenne che la domanda aggregata
era troppo bassa.
Con la crisi gli imprenditori non investono, i consumi sono fermi o calanti e quindi la
domanda era bassissima e abbassando i salari la situazione peggiorò. Dovette
intervenire il governo che creò una domanda e fece investimenti. Questa politica fa
aumentare il debito pubblico ma attraverso il moltiplicatore dimostra che l’aumento di
reddito è tale che mi permetterà di fare gli investimenti.
La sua teoria venne applicata insieme al Welfare nel secondo dopoguerra

F. von Hayek
Ha elaborato una teoria esattamente opposta a quella di Keynes; si differenzia
perchè pensa che gli individui non siano interamente razionali come pensava la
teoria neoclassica (gli individui hanno conoscenze su come decidere sui vari fattori:
quantità, prezzi…) e che è il mercato che permette di raggiungere certi risultati e
perchè è molto efficiente nel fornire informazioni su di esso a persone con visione
limitata (ad esempio se un bene viene comprato si alza il prezzo e alzandosi il
prezzo le persone non lo comprano così facendo il prezzo si abbasserà) e pensa
che lo stato non deve intervenire sull’economia e ci pensa il mercato a regolarsi.
Adesso la sua ideologia, il neoliberismo, è la più “praticata”.

P. Sraffa (1888-1983)
Studiò con Einaudi; a 26 scrisse un articolo fondamentale che gli valse la cattedra a
Cagliari e scrisse poi una critica alla politica economica di Mussolini. dopo un
confronto col duce andò in Inghilterra dove morì. È importante, il primo articolo,
perchè in questo articolo Sraffa fa una critica alla teoria microeconomica
sull’equilibrio parziale di Marshall. Ha dimostrato che le curve d’offerta nel lungo
periodo non crescono. Nel 1960 scrive un libro nel quale risolve il problema dei
prezzi di produzione di Marx …(neoricardiani).

J. Robinson
Allieva di Keynes; importante per la concorrenza imperfetta: Forma di mercato nella
quale gli agenti economici sono price-maker, cioè in grado di influenzare il prezzo di
equilibrio. A differenza del monopolio (v.), però, in cui il potere di mercato è nelle mani di
una sola impresa e della concorrenza perfetta (v.), in cui nessuna impresa ne ha, in
concorrenza imperfetta esso è ripartito fra alcune imprese.
L'impostazione teorica della forma di mercato in esame nasce dalla difficoltà di trovare un
valido collegamento tra il modello di concorrenza perfetta e la realtà del sistema economico.
Così molti economisti, in particolare Chamberlin (v.), Robinson (v.) e Sraffa (v.), hanno
orientato la loro analisi verso modelli di concorrenza imperfetta. Specificamente, in essa
vengono distinte due forme di mercato: la concorrenza monopolistica (v.) e oligopolistica (v.
Oligopolio), entrambe caratterizzate da una più o meno accentuata concentrazione dal lato
dell'offerta e della domanda.

Georgescu Regen
Si è occupato del consumo e di produzione

Hicks
Ha studiato letteratura e matematica e ha fatto una sintesi tra Keynes e la teoria
marginalista dei neoclassici

R. Coase
Scrisse un articolo che gli ha dato il premio nobel; capì che i grandi economisti prima
degli anni 30 facevano ipotesi senza costi di transizione, che lo scambio non aveva
prezzo. Egli capii che ci possono essere costi durante lo scambio (tasse sullo
scambio, un intermediario tra le due parti, un notaio per stipulare ecc..). Le imprese
si spiegano così.

Friedman
È il capo della scuola dei monetaristi (monetarismo), una teoria che riprende le idee
neoliberiste.
In economia politica, teoria secondo la quale inflazione e deflazione dipendono
soprattutto dalla quantità di moneta posta in circolazione, che ha forte influenza sulle
fluttuazioni economiche; questo fa sì che l'offerta di moneta da parte della Banca
Centrale venga considerata strumento essenziale di politica economica.

Samuelson
Ha cercato una sintesi tra la teoria neoclassica e di Keynes

H. Simon
Ha introdotto un nuovo filone di economia; ha dimostrato che l’agente economico
non ha razionalità perfetta, è incompleta, vincolata e inizia un filone di studi che
studia come effettivamente si comportano i consumatori.

Arrow e Debrau
Famosi per il loro modello in cui fanno vedere tutte le assunzioni in modo che
l’equilibrio esista e sia perfetto, continuando il progetto di Walras.

Nash
Famoso per il dilemma del prigioniero: ci sono due prigionieri che vengono accusati
di un reato, essi non possono mettersi d’accordo sulla strategia da portare avanti e
infatti confesseranno tutti e due beccandosi 8 anni; sarebbe ottimale tacere ma
mancando l’accordo fra i due essi hanno paura che l’altro potrebbe confessare e
quindi confessano entrambi.
Se tutti e due non confessano il magistrato non riesci a condannarli e gli da un anno
per porto darmi; se confessano entrambi si beccano tutti e due otto anni; se
confessa il 2 e taci 1: il primo prende 10 anni mentre il secondo, avendo confessato,
prende 3 mesi; se confessa il primo e il secondo tace succede la stessa cosa a parti
invertite.
Il perseguimento dell’interesse individuale può portare a situazioni peggiori per
entrambi.

A. Sen
Indiano; famoso per l’idea che la libertà non è intesa come Friedman (libertà di far
quel che ti pare) ma è avere capacitazioni, possibilità di essere libero (essere in
grado organizzarsi politicamente, di studiare…)

Williamson
Ha elaborato la teoria dei costi di transizione

E. Ostrom
Teoria delle condizioni per le quali la gestione delle comunità locali dei beni comuni
è più efficiente della gestione pubblica e privata.
I beni comuni sono quei beni ai quali tutti hanno il libero accesso (non escludibilità o
escludibilità *costosa*= il consumo da parte di uno preclude il consumo dello stesso
bene da parte di altri) ma il loro consumo da parte di un soggetto riduce
l’ammontare totale di consumo che può essere fatto da altri soggetti (non soggetti a
uso congiunto, rivalità: l’accesso al bene può essere impedito a qualcuno dei
potenziali utenti).
I beni comuni, oggi, sono tutti quei beni che hanno un grande valore per la comunità

R. Lucas
Allievo di Friedman; egli radicalizza le idee del suo maestro
Famoso per la teoria delle aspettative razionali: gli agenti hanno aspettative razionali
e quindi riescono a prevedere il comportamento delle controparti non commettendo
errori sistematici.

Stiglitz
Ha scritto libri sulle disuguaglianze
È un neokeynesiano moderato (Politicamente verso sx); famoso per il suo lavoro
sull’informazione asimmetrica (si suppone che gli agenti hanno informazioni diverse)

G.A. Akerlof
È il teorico dei “bidoni” cioè sulle truffe; la teoria è detta selezione avversa (sul
mercato rimangono le auto di peggiore qualità) che fa parte del filone
dell’informazione asimmetrica.
Hanno introdotto temi nuovissimi rispetto alla teoria neoclassica.

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