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Si parla di significato e non di struttura ontologica degli oggetti. I tratti dello stile
cognitivo:
1. una specifica tensione della coscienza: per comprendere a pieno l’esperienza
umana, è necessario tener presente che ogni atto di coscienza è sempre riferito ad
uno specifico oggetto
2. una specifica epochè: è un metodo di riduzione sociologica, basato sulla
sospensione di tutte le nozioni di senso comune che ci accompagnano
quotidianamente
3. una forma prevalente di spontaneità
4. una specifica forma di percepire il proprio Sè
5. una specifica forma di socialità
6. una specifica prospettiva temporale
Mondo della vita quotidiana: realtà preminente ma ogni realtà è ‘vera’ finché viene
focalizzata come nucleo di un campo tematico.
Realtà preminente perché:
a. perché vi siamo sempre inseriti attraverso i nostri corpi
b. perché ci sono oggetti che ci limitano opponendo resistenza da superare con
fatica
c. perché questo è l’ambito in cui con le nostre attività corporee possiamo
trasformare;
d. perché entro questo regno possiamo comunicare con gli altri.
Il pensiero di Schütz è nato dalla fusione del pensiero weberiano con la filosofia di
Edmund Husserl. La sfera alla quale si interessa maggiormente è quella quotidiana,
fatta da routine, cioè da corsi di azione abitualizzati sui quali non ci fermiamo a
riflettere; ogni sfera di vita sociale è composta da costruzioni di tipologie, dette anche
sotto-universi. Schütz analizza l'azione come progetto e a tal proposito porta avanti
una critica nei confronti della teoria weberiana dell'azione accusandolo di aver
puntato l'attenzione esclusivamente sull'agire razionale secondo lo scopo che
rappresenta la tappa di arrivo di tutto l'iter processuale che porta all'affermazione
dell'azione nella sua totalità, impedendo quindi di comprendere il rapporto tra senso
del produrre e senso del prodotto. La prima fase del processo che porta all'azione
compiuta è la fase della volontarizzazione in cui il soggetto mostra la volontà di
raggiungere un determinato scopo. La seconda fase è quella in cui l'azione si
configura come azione in atto, la terza fase è quella in cui l'azione si manifesta come
atto compiuto portando al raggiungimento dello scopo. Ogni individuo nello stabilire
rapporti con l'altro deve tener conto che esiste un universo di intenzionalità che
appartiene agli stati più profondi di coscienza e che tutto ciò che si osserva
rappresenta il punto di arrivo di un lungo iter che parte dalla coscienza individuale e
trova il suo punto di arrivo nell'esplicazione del proprio atto compiuto che viene
espresso esternamente attraverso delle razionalizzazioni, risultato di elaborazioni,
visibili all'osservatore esterno, ma che in quanto prodotto elaborato, non
rappresentano altro che un elemento superficiale di un complesso stato interno di
coscienza. Fondamentale nella comprensione reciproca dei comportamenti è la
gestualità che rappresenta il mezzo con il quale il soggetto manifesta le proprie
intenzionalità nei confronti dell'interlocutore; ecco che allora si crea un dialogo a tre:
il soggetto agente che svolge l'azione, l'interlocutore che partecipa all'azione
dell'agente, l'osservatore esterno che non partecipa al rapporto tra agente e
interlocutore pur essendo interessato ad esso. Schütz pur riconoscendo l'esistenza
di un lungo processo di affermazione dell'azione, sottolinea al tempo stesso
l'impossibilità per il soggetto di conoscere interamente ciò che si trova nello stato
profondo di coscienza dell'interlocutore e che rappresenta la fonte della sua azione.
Ecco che allora le tipizzazioni risultano essere l'unico mezzo possibile per analizzare
il comportamento di alter per l'impossibilità di ego di raggiungere un universo di cui
solo alter è a conoscenza.