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La vita
Giacomo Leopardi nasce nel 1798 a Recanati, roccaforte del più chiuso tradizionalismo politico e religioso. I rapporti con i
genitori erano freddi e formali. Il padre, conte Monaldo, letterato e storico, amministra male i beni della famiglia,
“sperperando” i soldi per l’acquisto di libri. La gestione economica dei soldi della famiglia passa poi alla madre Adelaide.
A causa di un scarso ambiente sociale Leopardi trova sfogo nei libri, esplorando la vastissima biblioteca del padre. Inizierà
lo studio “matto e disperatissimo” che gli causerà gravi problemi di salute. A 19 anni diventa amico di lettera con Pietro
Giordani, al quale confesserà il disgusto per la “tana” di Recanati.
Nel 1816 scopre la bellezza della poesia e ha quella che viene conosciuta come la conversione dall’erudizione al bello. (La
poesia era concepita come unico mezzo per dar forma ai sentimenti e alle passioni individuali).
Nel 1819 decide di scappare da Recanati, facendosi fare un passaporto di nascosto, e scrive una lettera al padre. Il
tentativo di fuga viene tuttavia sventato e Leopardi sottoposto a controlli ancora più assillanti. Penserà al suicidio, ma in
questo periodo scriverà alcune delle sue più importanti opere come : l’infinito, la sera del dì di festa.
Nel 1822 I genitori gli permettono di recarsi a Roma; rimane deluso dall’ambiente culturale romano e torna a Recanati,
dove ha una nuova conversione: dal bello al vero. A Recanati approfondisce il suo pensiero pessimistico nelle Operette
morali.
Nel 1825 va a Milano per un lavoro offertogli dall’editore Stella, per curare un’edizione delle opere di Cicerone.
Nel 1828 terminata la collaborazione con Stella, mancando di un supporto economico e per motivi di salute è costretto a
tornare a Recanati. Lì concluderà il ciclo dei “Grandi Idilli” .
Nel 1830 grazie ad una colletta offertagli da un gruppo di amici, abbandona definitivamente Recanati per trasferirsi a
Firenze. A Firenze si innamora e scrive un ciclo di poesie dedicate alla sua amata Fanny: ciclo di Aspasia. Conosce Antonio
Ranieri.
Nel 1833 si trasferisce a Napoli con Ranieri, e lì il suo messaggio diventerà poco più positivo; scrive la Ginestra nella quale
esalta il pensiero materialistico e razionalistico, come unica base solida per un’autentica fraternità tra gli uomini.
Nel 1837 muore a Napoli.
Il pensiero
Il pensiero di Leopardi sulla vita e sulla felicità nasce tra le mura di casa, dove sentendosi imprigionato a Recanati
comincia a nutrire un desiderio di libertà. La prima idea di felicità è strettamente legata agli ideali illuministici,
probabilmente a causa dell’influenza letteraria del padre, che aveva raccolto numerosi testi di stampo illuminista.
Il pensiero di Leopardi poi diviene una consapevolezza che l’infelicità non è un fatto di un particolare individuo, ma una
condizione che accomuna tutta l’umanità. Nella prima giovinezza il pensiero dell’autore è descritto come pessimismo
storico: l’uomo vive in una condizione di infelicità a causa della ragione (una prerogativa umana) che smaschera le
illusioni della natura. È detto storico perché l’infelicità degli uomini diventa un dato storico. Secondo Leopardi solo gli
antichi riuscivano a vivere felici, poiché vivevano in una ingenua sintonia con la natura. Ai moderni questa condizione è
ostacolata dalla ragione che mette a nudo il carattere materiale di tutto ciò che esiste. In questi termini la poesia è vista
come un mezzo per illuderci e ricercare la felicità. (la sera del dì di festa)
La fase successiva del pensiero leopardiano prende piede dopo il ritorno da Roma, ed è dettata da un pessimismo ancora
più profondo dovuto alla convinzione che sia la natura stessa la causa dell'infelicità; la natura ci ha creati finiti, e pertanto
impossibilitati a raggiungere il piacere e la felicità infinita che desideriamo. La natura passa quindi da mater, a matrigna. Si
tratta del pessimismo cosmico. (Operette morali)
Dopo essersi recato a Napoli, sviluppa un’ultima fase del suo pensiero pessimistico. Leopardi recupera un velo di
ottimismo e sostiene che l’unica via per un’attenuazione dell’infelicità, è la collaborazione di noi esseri umani. (Ginestra)
ANTICHI E MODERNI (1819-20)
Nelle pagine dello zibaldone che leopardi scrive tra il 1819 e il 1821, troviamo alcuni passi che illustrano al meglio l’idea di
pessimismo storico di Leopardi al tempo. Nel primo estratto si tratta dell’immaginazione, aspetto quasi connaturato
all’essere umano. Nel secondo estratto Leopardi matura una similitudine tra la crescita umana e il cambiamento della
poesia nella storia. Con l’avanzare degli anni l'immaginazione si affievolisce lasciando posto ad una cruda realtà dettata
solo dalla ragione; analogamente, il fanciullo vive il mondo felicemente ignaro delle sue leggi, finché non raggiunge la
maturità. Nel terzo estratto Leopardi riassume il pensiero che ha fatto e spiega la conseguenza: l’inesistenza o la rarità di
una poesia moderna. L’unica poesia che riesce a nascere è quella sentimentale, non considerata però vera poesia da
Leopardi. L’uomo moderno infatti non è più poeta, ma piuttosto filosofo, che vive la vita attraverso un’analisi razionale
della natura. Anche se il desiderio leopardiano è che filosofia e poesia possano essere un tutt’uno.
A se stesso (1824)
"A se stesso" è una poesia di Giacomo Leopardi scritta nel 1824. In questo componimento, Leopardi si rivolge a sé stesso,
esortandoci a non cercare la felicità e la realizzazione in questo mondo, ma piuttosto a cercare la consolazione nell'arte e
nella poesia. La poesia riflette il profondo pessimismo e la disillusione di Leopardi nei confronti della vita e delle
aspirazioni umane. La poesia è strutturata come un monologo interiore in cui Leopardi si rimprovera per le sue illusioni e
le sue speranze deluse. Viene espressa la consapevolezza che la vita è caratterizzata da sofferenze e delusioni, e Leopardi
incoraggia sé stesso a cercare rifugio nelle creazioni della mente, come la poesia, per trovare un qualche conforto.
A Silvia (1828)
Il tema che Leopardi tratta principalmente all’interno di questo Canto è la caduta delle illusioni. Per fare ciò usa il
confronto tra con una ragazza: Silvia. Il nemico contro cui si scaglia Leopardi è nuovamente la Natura: essa ha ingannato
entrambi, generando in essi numerose speranze e sogni in giovane età, sogni destinati a cadere nell’età adulta. Un altro
tema fondamentale del canto è quello del ricordo; infatti tutto canto di alterna tra due piani temporali ben diversi: quello
del presente e quello del passato. I piani temporali diversi sono ribaditi da due verbi importantissimi: “rimembri” e
“sovvieni” . È presente inoltre quello che potremmo definire un topos leopardiano: il tema dell’indefinito. Leopardi adotta
delle scelte lessicali ben precise, che rimandano a sensazioni piuttosto che ad oggetti concreti, l’uso di parole poco
comuni e l’evocazione di sensazioni ed emozioni che non sono circoscritte nel tempo e nello spazio.