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Giacomo Leopardi

La vita

• Nasce nel 1798, il 29 giugno, a Recanati

• Figlio di un conte, Monaldo e di una marchesa, Adelaide

• È il primo di dieci figli, ma 6 muoiono. 2 sono nati uno l’anno dopo Leopardi, e l’altra l’anno
successivo ancora, e saranno vicini a Leopardi per tutta la vita

• È una vita particolarmente priva di eventi e di fatti, soprattutto se viene comparata con la vita di
Foscolo e di Manzoni, due suoi contemporanei

• Nasce in un contesto molto arretrato (sia famiglia sia pese) e molto conservatore: Recanati è un
piccolo paese (chiuso), che è stato nello stato pontificio (stato più chiuso), in una famiglia
aristocratica economicamente in difficoltà.

• il padre è anche lui un letterato, ma ha delle ambizione letterarie, è un uomo molto colto e la
sua biblioteca contiene 15 mila volumi, ma è conservatore politicamente e artisticamente,
legato quindi al classicismo. È anche uno spendaccione, perché grazie ai suoi affari andati male
nel 1803 gli viene proibito di amministrare i beni di famiglia, e quindi passano alla moglie.

• La madre è una donna severa, bigotta, anaffettiva nei confronti del figlio

• Leopardi ha invece un rapporto stretto con il fratello Carlo

Educazione

• molto dura, molto autoritaria, è stato educato e cresciuto nel pieno rispetto dell’ortodossia
cattolica e classicista. È principalmente un autodidatta

• Già a dieci anni è in grado di scrivere composizioni in latino, oltre che in italiano, nonché
piccole trattazioni filosofiche

• Tra il 1809 e il 1816 ci sono quelli che Leopardi stesso definisce “7 anni di studio matto e
disperatissimo”, anni che minano il suo fisico già debole.

• Inizialmente la sua ideologia è composita: i suoi primi scritti sono di carattere erudito e
filologico, che mostrano in lui la compresenza di più componenti, che oscilla tra l’ossequio ai
principi del cattolicesimo (seguendo quindi il padre, infatti nel 1805 scrive il “saggio sugli errori
popolari degli antichi”, in cui critica le credenze pagane), e tra il razionalismo illuminista ( nel
1813 scrive “storia dell’astronomia”)

1816

• Nel 1816 avviene la conversione letteraria, cosi definita da Leopardi stesso, ed è il


passaggio dall’erudito al bello

• Leopardi ne parla nello “Zibaldone”, 19 sett. 1821 = “nei primi anni della mia istruzione la
poesia non mi interessava, non mancava l’ispirazione, ma non credevo di esserlo” Leopardi,
dopo aver letto gli autori greci, sente di avere una disposizione alla poesia. “Il mio passaggio
dall’erudito al bello non fu improvviso, ma un passaggio graduale” gradualmente scopre in sé
una capacità di fare poesia (una passione)

• Sempre nel 1816, avendo letto tanto nella biblioteca paterna, nasce in Leopardi il desiderio
di uscire da quell’ambiente recanatese un po ristretto : Questa conversione porta
ad una scoperta della poesia, ma anche allontanarsi dal modello del padre e incominciare a
guardare il mondo intorno a sé, cosi comincia a intervenire in vicende esterne a Recanati

• Nel 1816 scrive una reazione all’opera di Madame de staelle, la “lettera ai signori
compilatori della biblioteca italiana”, in cui Leopardi interviene nella polemica classico
romantica, schierandosi a favore dei classicisti. La cosa un po singolare è che si dichiara
sostenitore dei classicisti, difendendoli con motivazione romantiche. Questa lettera non viene
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pubblicata ma fa si che uno dei più importante classicisti dell’epoca, nel 1817, gli scriva e inizia
una corrispondenza epistolare che durerà tutta la vita, e Giordani diventa dal punto di vista
artistico che Monaldo non poteva essere

1817

• Primo innamoramento = si innamora di questa Gertrude Cassi Lazzari, che è una sua
cugina, ospite presso i Leopardi. Descrizione primo innamoramento. Non succede niente con
Gertrude, e non è neanche un ricordo indelebile, perché 10 anni dopo scrive al fratello
“Gertrude è meno grassa e meno florida di quando l’ho vista l’ultima volta”, non c’è più il
sentimento

• Inizio dello Zibaldone = è un quaderno di appunti, una sorta di diario, molto importante
perché ci permette di capire la varietà e la vastità degli interessi di Leopardi, è uno specchio
della sua anima, ci dà informazioni sugli eventi principali della vita di Leopardi e sull’evoluzione
del suo pensiero, e anche sulla genesi di alcuni suoi componimenti. La maggior parte degli
appunti sono compresi negli anni 21-21, anni in cui è più intensa la riflessione del poeta. È stato
pubblicato dopo che è stato messo in ordine da una commissione, tra il 1898 e il1900, perciò
non l’ha pubblicato Leopardi

• Inizio corrispondenza epistolare con Giordani = Giordani rappresenta quello che


Monaldo non è, è per Leopardi un secondo padre, una persona che ha molta fiducia nelle
capacità di Leopardi, lo sostiene e lo incoraggia. Questa amicizia rafforza quel desiderio di
indipendenza, libertà e auto-affermazione che Leopardi aveva già da tempo e porta alla rottura
con le posizioni cattoliche e reazionarie del padre.

1818

• Un’altra conseguenza del rapporto con Giordani, sul piano artistico, sono le canzoni civili, le
prime due chiamate “All’Italia” e “Sopra il monumento di Dante”

• Nel 1818 c’è un nuovo intervento di Leopardi sul romanticismo, “Discorso di un italiano
intorno alla poesia romantica” :

CRITICA AL CLASSICISMO DI LEOPARDI:

1. rifiuto del principio di imitazione, che è uno dei principi cardini del classicismo. Perl Leopardi
la poesia è l’espressione di un mondo interiore immaginoso dei giovani, dei bambini e dei
primitivi (Leopardi collega sempre la gioventù dell’individuo con la gioventù dell’umanità).

2. critica della rigidità delle regole del classicismo, regole precise per ogni genere

CRITICA AL ROMANTICISMO DI LEOPARDI:

1. artificiosità opposta ma allo stesso tempo uguale a quella dei classicisti: i classicisti che
c’erano la perfezione, l’armonia, non esprimono qualcosa di soggettivo, di reale, ma cercano
di arrivare alla perfezione attraverso l’uso di artifici, quindi la poesia classicista è una poesia
artificiosa; i romantici, nella loro ricerca dello strano, dell’orrido, sono ugualmente artificiosi.
Questa artificiosità viene imposta dal vero, che spegne però la fantasia, fa prevalere la ragione
alla fantasia

Leopardi è ugualmente critico nei confronti del romanticismo e classicismo, ma è totalmente a


favore dei classici, che sono un tipo di poesia fresca. Leopardi si schiera con il classicismo con
delle motivazione romantiche

Leopardi è più vicino al romanticismo europeo, inglese o tedesco. È separato da questi per le basi
filosofiche ma poi sono di più le cose che condividono , per esempio la tensione all’infinito, la
centralità del soggetto, il chitanismo, ecc…

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È assolutamente contro il romanticismo italiano, è critico nei loro confronti per:

- la ricerca del vero,

- per l’oggettività,

- il fine, cioè un fine educativo (noi sappiamo che gli uomini del conciliatore, e anche Manzoni,
hanno finalità educative),

- predilezione alle forme narrative rispetto a quelle liriche, prosa rispetto alla poesia

Per leopardi chi è il poeta?

“Suo compito non è istruire ma illudere, non educare ma provocare piacere, ostacolando la
ragione che distrugge gli inganni della fantasia”

1819

• Giordani va a Recanati a trovare Leopardi, la loro amicizia diventa ancora più stretta e da
questa amicizia nasce un leopardi sempre più forte e con un desiderio sempre maggiore di
scappare e cosi, a luglio, tenta la fuga : si procura un passaporto falso (serviva per passare
da uno stato all’altro), scrive anche una lettera al padre. Il tentativo di fuga viene scoperto un
giorno prima della partenza e il suo piano fallisce. Abbiamo un brevissimo resoconto
dell’episodio nelle memorie del padre , che dice di aver lasciato l libertà al figlio di scegliere, ma
leopardi decise di non partire

• Dopo il fallimento la tristezza di leopardi cresce, e in questo periodo gli viene anche una
malattia agli occhi, che non gli permette di leggere

• Abbiamo la seconda conversione = conversione filosofica, dal bello al vero. Leopardi ne


parla nello Zibaldone, il 1 Luglio 1820: Leopardi prende atto del vero e parla del fatto che
comincia a elaborare la teoria del piacere, a sentirla dentro di sé. Parla anche di antichi e
moderni, si allontanava dagli antichi e si avvicinava ai moderni

ANTICHI: vivono a stretto contato con la natura e quindi conducono una vita più intensa, più
serena e ricca di immaginazione. Questo vale per gli antichi e anche per i bambini. La poesia degli
antichi era una poesia immaginativa, ricca di immaginazione, che nasce da una serenità data dal
contatto con la natura.

MODERNI: sono più spenti perché vivono lontano dalla natura, non sono felici perché sono stati
corrotti dalla ragione, che ha mostrato loro l’infelicità. La loro poesia è sentimentale, contrapposta
alla poesia immaginativa degli antichi.

Per lui diventare moderno significa in concreto avvicinarsi alla ragione e al vero, che spengono la
fantasia e l’immaginazione e mostrano il vuoto che c’è nella vita di uomo

Fino al 1822 Leopardi rimane a Recanati, ma in quest’anno va a Roma ospite dagli zii materni.
Roma lo delude, aveva grandi aspettative

Egli poi torna Recanati, dove si immerge nuovamente nello studio: in particolare legge dei testi
sugli antichi greci e trova conferma di ciò che già aveva cominciato a sospettare, cioè che anche
gli uomini antichi fossero infelici = crolla la base del pessimismo storico e si passa al pessimismo
cosmico

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Pessimismo storico

Riflessione:
1817-1823: sono degli anni importanti per il suo pensiero. Sono anni caratterizzati dal
Pessimismo storico ( dato da un critico Zumbini): è il PRIMO tipo di pessimismo, al centro
c’è il tema dell’infelicità umana e la ricerca delle sue case e la riflessione è incentrata sul rapporto
tra natura e ragione. Il responsabile dell’infelicità dell’uomo è la ragione, la natura è vista come
benevola

La NATURA ha dato all’uomo le ILLUSIONI, che sono il conforto per l’uomo di fonte ad una realtà
di dolore e sofferenza. Le illusioni nascondono il vero. Attraverso le illusioni la natura protegge
l’uomo dalla sua infelicità. ( le illusioni sono l’amicizia, l’amore, la virtù, la patria)

E quindi gli uomini antichi erano “felici”, i bambini sono felici, ma poi succede che nel progredire
del tempo la RAGIONE ha svelato il carattere illusorio delle illusioni, ha mostrato all’uomo
“l’arido” vero, l’impossibilità di raggiungere l’infelicità. La ragione mostrando all’uomo il vero gli ha
mostrato l’impossibilità di essere felice, e quindi l’uomo moderno non era più in grado di illudersi

PERCHÉ PESSIMO STORICO?


Perché l’infelicità dell’uomo è dovuta al progresso, ad una condizione storica: l’uomo nell’antichità
era felice, finché ha creduto alle illusioni.

Leopardi resta comunque fiducioso che anche per i moderni ci sia speranza di recuperare le
antiche illusioni e dare prova di eroismo e compiere grandi gesta

Produzione:

1819-1821: leopardi componi i piccoli idilli, che sono 6

l’idillio è un genere che appartiene all’antichità, alla classicità. Quelli più famosi sono quelli di
Teocrito, poeta greco di età ellenistica, e di Virgilio (le bucoliche).

Leopardi conosce l’idillio come genere perché aveva tradotto degli idlli del poeta greco Mosco, e
lui stesso aveva composto degli idlli. Siamo nel pieno del pessimismo storico.

Questi sono completamente diversi da quelli classici:

• Idillio classico = è un quadretto descrittivo naturalistico, un quadretto di tema pastorale o


agreste; un quadretto oggettivo. È un breve complimento in versi di descrizioni di un paesaggio
della natura, una descrizione oggettiva

• Idillio leopardiano = è soggettivo; quello classico è incentrato sulla natura mentre nell’idillio
leopardiano l’elemento della natura è solo il punto di partenza e funge solo da stimolo, diventa
il poeta protagonista. Espressione di “situazioni, affezioni, avventure storiche del mio animo”

L’infinito

Vv.1-8 = mi furono sempre cari questo colle solitario e questa siepe, che esclude la vista
dell’orizzonte estremo per cosi grande parte. Ma sedendo e guardando, al di la di quella siepe, io
mi immagino nel pensiero spazi interminabili e silenzi sovrumani e una pace profondissima; nei
quali il mio cuore per poco non si spaventa.

Vv.8-15 = e non appena odo stormire il vento tra questi alberi, io vado confrontando quell’infinito
silenzio a questo suono: e mi torna in mente l’eterno, e il tempo passato, e il presente e vivo e il

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suo suono. Cosi tra questa immensità il mio pensiero si smarrisce: e naufragare in questo mare mi
dà piacere .

Contenuto: si parla quindi di un colle e di una siepe: il colle è il monte Tabor, a Recanati, ed è
vicino al palazzo di Leopardi. È un posto isolato dove leopardi andava a pesare il tempo, a
meditare. Leopardi rappresenta sé stesso seduto, davanti a sé ha una siepe che gli impedisce di
veder cosa ci sia aldilà. Questa siepe, impedendogli di vedere cosa ci sia aldilà, stimola la sua
immaginazione e immagina spazi infiniti, e immaginando l’infinito il cuore è preso da uno
sgomento. Poi sente il rumore del vento tra le piante e di nuovo scatta l’immaginazione, e
immagina l’eternità, il passato e il presente, e il suo pensiero si perde in questa riflessione e il
poeta prova una sensazione di dolcezza.

La poesia è divisibile in 2 parti uguali, da 7 versi e mezzo ciascuna, con delle differenze e
delle analogie.

ANALOGIE =
• in entrambi le parti c’è un elemento della natura che fa scattare qualcosa, che stimola

DIFFERENZE =

• sono differenti i sensi coinvolti : nella prima parte è coinvolta la vista, l’impossibilità di vedere,
mentre nella seconda parte è coinvolto l’udito

• Diversi infiniti : nella prima parte l’infinito immaginato è un infinito spaziale, nella seconda parte
l’infinito immaginato è un infinito temporale

• Reazione del poeta davanti all’infinito : nella prima parte prova una sensazione di sgomento,
nella seconda parte prova una sensazione dolce, di piacere

Queste due parti nascono l’una dall’altra, ma non in riferimento ad un evento unico, ma è un
evento ripetuto nel tempo “sempre”,e questo ripetersi nel tempo è espresso dai verbi, che sono al
presente, un presente atemporale

Tra queste due parti ci sono sia elementi di continuità e di separazione.

Separazione:
- il punto nell’ottavo verso separa le due parti e anche i due momenti

Continuità:
- Elemento sintattico = Congiunzione “E” nel verso 8 è il primo elemento di continuità tra le due
parti

- Elemento metrico = la A e la E creano una unica sillaba, si tratta della figura retorica sinalefe

Le due parti sono costruite allo stesso modo = in entrambi i casi all’inizio viene presentato
l’elemento naturale, pi c’è l’allontanamento dalla realtà e l’immaginazione dell’infinito e poi la
reazione del poeta davanti a questo infinito immaginato, con una conclusione catartica, con una
dolcezza che supera lo sgomento

Nel testo sono presenti numerosissimi enjambement, in quasi i tutti i versi. Solo il primo e l’ultimo
verso sono isolatili sintatticamente, i restanti no, il discorso continua da un verso all’altro, con una
densità altissima di enjambement = il senso di un’esperienza unitaria, non sono due momenti
separati, ma una sensazione nasce e viene subito dopo l’altra. Questo senso unitario è reso
anche da una continuità metrico-sintattico

Perché leopardi fa questa scelta? Il tema della lirica è sostanzialmente il rapporto tra finito e
infinito, è la tensione dell’uomo verso l’infinito. Questo rapporto tra finito e infinito si ritrova anche
nella forma =

• il verso rappresenta il finito, l’endecasillabo rappresenta la finitezza, c’è un numero finito di


sillabe

• Questa finitezza del verso viene superata attraverso l’enjambement, che rappresentano la
tensione all’infinito

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Nella prima parte l’Infinito spaziale espresso attraverso il polisindeto (vv.4-6)

Nella seconda parte l’infinito temporale viene espresso sempre attraverso il polisindeto

Le parole non sono messe normalmente, ci sono molte inversioni = in particolare è importante
l’inversione dell’ Io lirico:

v.7 l’oggetto è posto è prima del soggetto e prima del verbo, quindi c’è un’inversione significativa,
perché i complementi oggetti vengono posti in primo piano, lasciando in fondo il soggetto che è
come sopraffatto da questi complementi, cosi come il poeta dice di essere sgomento davanti
all’infinito

v.9 il soggetto, che chiudeva la frase precedente, riacquista la sua posizione all’inizio della frase, e
quindi rappresenta il fatto che l’Io lirico, il poeta, si riappropria di sé, riacquista padronanza di sé,
e si prepara all’immersione nel mare dell’infinito che gli darà dolcezza.

v.15 il soggetto è in posizione centrale, e questo dà l’idea dell’immersione, questo Io lirico è al


centro del verso, in un verso in cui si parla di una immersione, di un naufragio e della conseguente
dolcezza

SCELTA DELLE PAROLE


le parole scelte per descrivere l‘infinito spaziale sono simili a quelle scelte per descrivere l’infinito
temporale? No, lunghe e corte

Nell’infinito spaziale leopardi usa parole lunghe, e questa scelta serve a dare il senso di una
esperienza vertiginosa, che spaura; questa sensazione è accresciuta dai plurali usati (sovrumani
silenzi, interminati spazi).

La scelta di parole brevi prepara all’immersione finale nella dolcezza.

USO DEI DEITTICI


I deittici sono questo e quello; questo si usa per indicare qualcosa di vicino e quello per riferirsi a
qualcosa di lontano.

Questo indica qualcosa che appartiene al soggetto, che è caro al soggetto e che appartiene alla
sua intimità; quello si riferisce a quello che mette in relazione con il lontano.

Questo = All’inizio questo è riferito a colle e siepe, questo è usato per indicare gli elementi della
natura, del reale, cioè qui presupposti materiali da cui il poeta prende l’avvio per la sua riflessione
e immaginazione. Nella seconda parte abbiamo questo riferito anche a piante e alla voce del
tempo, quindi ancora ad elementi reali, e ciò vuol dire che leopardi sente vicino il reale.

Quello = al v.5 è riferito alla siepe, e quindi nel momento in cui inizia a operare la sua
immaginazione il reale si allontana, con la sua immaginazione il poeta si allontana dal reale; al v.9
è riferito a infinito silenzio, che è il silenzio dell’infinito immaginato nella prima parte, e quindi
quando sente la voce del vento è in comunicazione con il reale, e quindi l’infinità che prima ha
immaginato è qualcosa di lontano

Nella conclusione dell’idillio ad essere percepito come vicino, caro non è più l’elemento reale
ma è l’infinito. C’è quindi una inversione, ciò che è più vicino non è più la realtà ma ciò che
costituisce il superamento di questa realtà

Pessimismo esistenziale

Una seconda fase dell’indagine di Leopardi sull’infelicità dell’uomo e sulle sue cause è il
Pessimismo esistenziale citato nelle due Canzoni del Suicidio (21-22, il Bruto minore e
l’ultimo canto di Saffo). Egli ha approfondito i suoi studi e ha constatato che anche gli antichi
erano infelici: questo mina le basi della teoria del pessimismo storico. Questa è una fase
transitoria: in questo momento l’autore non ha ancora una risposta definita alla domanda “di chi è
la colpa?”

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Ultimo canto di Saffo

Leopardi accoglie la versione secondo cui Saffo fosse molto brutta. Ella fu una poetessa greca
antica. Nell’isola di Lesbo aveva un circolo di fanciulle di cui era maestra ed insegnatrice. Si parla
dell’amore della poetessa per Faone, che la respinge proprio per la sua bruttezza. Saffo si suicida.

Analisi = e prime due strofe sono un inno alla natura, di cui Saffo esprime la bellezza e il suo
sentimento di esclusione

Parafrasi = quale colpa, quale peccato così orribile mi ha macchiato prima della mia nascita, per
cui il cielo e il volto della fortuna mi fossero così ostili? In che cosa ho peccato quando ero ancora
una bambina, quando la vita è ancora ignara di peccati e colpe, per cui poi il filo grigio della mia
vita scorresse al fuso della parca inesorabile, privo di gioventù e sfiorito? La tua bocca pronuncia
parole incaute: una volontà arcana/misteriosa provoca gli eventi stabiliti dal destino. Tutto è
misterioso, tranne il nostro dolore. Noi uomini trascurati, siamo nati per soffrire, e la ragione la
conoscono solamente gli dèi. Oh affanni, oh speranze della gioventù! Il Padre (Giove) diede un
potere eterno sulle genti alle sembianze (aspetto esteriore), alle belle apparenze (Giove ha dato
potere alle persone belle) e, nonostante imprese coraggiose, nonostante una poesia o una musica
colta, la virtù non brilla in un involucro brutto (disadorno).

Morirò. Abbandonato a terra il velo indegno (corpo), l’anima nuda si rifugerà agli Inferi e
correggerà il crudele errore del destino cieco (animo grande ad un corpo brutto). E tu, (Faone), a
cui mi legò inutilmente un lungo amore ed una lunga fedeltà, e la passione vana di desiderio
insaziabile, vivi felice, se sulla terra ha mai vissuto un uomo felice. Giove non mi bagnò del dolce
liquido del recipiente avaro (contenitore di Gioie e di piaceri), da quando sono uscita dalla
fanciullezza non ho più avuto alcuna gioia (quando si sono spente le illusioni). Tutti i giorni più lieti
della nostra vita se ne vanno per primi, subentra la malattia e la vecchiaia, e l’ombra della gelida
morte. Ecco, di tanti successi sperati e di tante illusioni piacevoli, mi resta solo la morte; e il mio
ingegno valoroso lo possiedono la dea degli inferi (Proserpina), la buia notte (morte) e la riva
silenziosa dell’aldilà (fiumi dell’inferno).

DI CHI È LA COLPA? Del “cieco dispensator de ‘casi”, il fato, indifferente alla sofferenza di Saffo.
Questo anticipa l’indifferenza della natura nei confronti dell’infelicità dell’uomo

La teoria del piacere (p.34)

Tra il 20 e il 21 leopardi completa la sua elaborazione della teoria del piacere; questa teoria del
piacere era già anticipata nell’infinito.

Di cosa parla questa teoria del piacere?


Tutti gli uomini desiderano la felicità, e leopardi dice che la felicita è un tutt’uno con il piacere

Il piacere che l’uomo desidera è infinito per durata ed estensione, nella realtà invece non esiste un
piacere infinito. L’uomo infatti pensa di desiderare dei piaceri finiti, es. cavallo, ma quando arriva a
questo piacere non è soddisfatto, perché non desidera un piacere concreto, ma desidera IL
piacere, che è quel piacere infinto

LA TEORIA DEL PIACERE È ALLA BASE DELLA POETICA DI LEOPARDI :


Definita come la poetica del vago e dell’indefinito, quindi ciò che è bello, il bello poetico, è
ciò che è vago e indefinito, e ha come base la teoria del piacere, che si ferma alla constatazione
della impossibilità per l’uomo di trovare nella realtà piacere infinito e spiega il perché. Partendo da
questa constatazione si arriva al passaggio successivo per cui questo infinito può essere costruito
dall’immaginazione, come succede nell’infinito, e qui si collega il rapporto tra infinito e indefinito.

Se nella realtà il piacere è irraggiungibile, attraverso l’immaginazione l’uomo può costruirsi dei
piaceri infiniti (collegamento con infinito= c’è proprio la descrizione di questo processo
immaginativo). Leopardi attraverso l’immaginazione costruisce una realtà alternativa che è una
specie di compensazione del vero; in questa realtà alternativa leopardi trova un appagamento
illusorio al suo bisogno di infinito

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RAPPORTO TRA INFINITO E INDEFINITO
Leopardi dice che a stimolare l’immaginazione e a portarla alla costruzione di questa realtà
parallela è tutto ciò che è vago e indefinito, perché ciò che è indefinito permette al poeta do uscire
dal reale e costruire una propria realtà parallela.

Nello zibaldone c’è un passo in cui Leopardi esprime la sua teoria della visione, dove
passa in rassegna gli aspetti della realtà concreta che, proprio perché indefiniti, stimolano
l’immaginazione.

Poetica:

Sono importanti le immagini ma a stimolare l’immaginazione è anche il linguaggio usato. Leopardi


riprende una distinzione che aveva già fatto Beccaria tra termini e parole

Termini = sono i vocaboli della scienza, che designano in modo preciso gli oggetti, in modo
inequivocabile

Parole= sono i vocaboli della poesia, che rimandando ad una serie di significati indefiniti

Dialogo della natura e di un islandese (p.45)

..Vasco di Dama ha circumnavigato il capo di buona speranza ..

Domande

1) come viene presentata la natura?


Una donna di dimensioni colossali, seduta in terra, appoggiata alla montagna, con il volto bello e
terribile, con occhi e capelli nerissimi

2) che colpo di scena c’è?


Si è imbattuto in quella da cui sta fuggendo, cioè la natura. Siamo nella parte interna dell’africa, al
sud dell’equatore. Per buona parte della vita è fuggito dalla natura, e ora si imbatte proprio in essa
(similitudine dello scoiattolo che scappa da un serpente a sonagli, figura imponente che suscita
timore)

3) obbiettivo che l’islandese si è dato


La domanda della natura è: perché vuoi scappare da me?. L’islandese dichiara di avere la
convinzione della vanità della vita e la stoltezza degli uomini, che si allontano dalla felicità tanto
più quanto più la cercano, rincorrono beni che non giovano, e dice che il piacere è qualcosa di
negato alla specie umana. L’obbiettivo finale è quello di vivere una vita tranquilla e stare lontano
dai patimenti, quindi non cercherà il piacere, perché ritiene che sia negato al genere umano, non
si dà altri obiettivi

4) elenca i patimenti subiti dall’islandese (quindi non è riuscito nel suo intento)

La decisione che prende l’islandese per arrivare all’obbiettivo è di andare a vivere in solitudine,
perché si rende conto che vivendo in compagnia degli uomini, anche se non si offende nessuno, è
impossibile evitare che gli altri offendendo te, e anche se ti accontenti del minimo c’è sempre
qualcosa che prova a sottrarlo (non c’è tranquillità).

Separatosi dagli uomini si rende conto di non poter vivere senza patimenti, pur vivendo senza
piacere, e i patimenti che lui trova sono:

• Lunghezza dell’inverno e intensità dell’inverno

• L’estate calda

• Il fuoco

• Le tempeste di mare e di terra

• Le eruzioni del vulcano

• Il timore degli incendi

Sono tutte preoccupazioni che vivendo in società appaiono più lievi, ma in una vita semplice,
spartana e solitaria come quella che l’islandese ha scelto di vivere sono più pesanti e importanti

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5) quale dubbio viene all’islandese? Quale decisione prende? Trova una soluzione?
Più lui cercava di non dar fastidio a nessuno e meno succedeva che le cose infastidissero lui.
All’islandese viene un dubbio: che la natura abbia destinato agli uomini un solo luogo adatto per
viverci, e lui decide cosi di viaggiare per il mondo per trovare questo luogo, e vorrebbe trovare una
parte della terra dove non danneggia e viene danneggiato e dove non cerca piacere e quindi non
provare sofferenza

6) che situazioni trova durante i suoi viaggi?


• Trova il caldo ai tropici e il freddo ai poli

• Nelle zone temperate trova perturbazioni temporali

• In altri luoghi ci sono i terremoti, dai vulcani

• Trombe d’aria

• Nevicate abbondantissime

• Pioggia eccessiva, che ha aperto delle voragini sotto ai suoi piedi

• Fiumi in piena

• Trova animali che lo hanno voluto divorare

• Serpenti

• Insetti volanti

• Le malattie

7) cosa dice l’islandese del piacere?


Dice che è una cosa nociva, però la natura ha dato alla natura un desiderio insaziabile di piacere,
e senza questo piacere la vita non è perfetta, ma al tempo stesso per la sanità è una cosa
pericolosa

8) c’è una compensazione del dolore che l’uomo prova?


No, l’uomo vive in una condizione di dolore costante, e a questi dolori soliti se ne aggiungo di
straordinari, ma la natura non ha dato momenti di gioia e di sanità ugualmente straordinari
all’uomo per compensare questi momenti di dolore superiore alla abituale

9) a che conclusione arriva l’islandese?

Inizialmente si rende conto che il destino dell’uomo è tanto il soffrire quanto il non godere. Poi
arriva alla conclusione che la natura è la nemica di tutti gli esseri viventi, non solo degli uomini,
infatti mentre gli uomini smettono di tormentare chi decide di isolarsi, la natura non smette mai di
tormentare l’uomo finché non lo opprime

10) in quali parti è divisa la vita dell’uomo?

3 parti, una prima parte di gioventù, una seconda parte di crescita, destinata a fiorire ( periodo
brevissimo) e l’ultima parte di decadenza, della vecchiaia, che viene definito un cumulo di male e
infelicità, non casuale ma destinato da te per legge a tutti i generi dei viventi (a cui nessuno può
sfuggire). Dai 25 anni in poi inizia il declino

11) il mondo è stato creato per gli uomini?

No, la natura risponde dicendo che non ha creato il mondo per gli uomini, e non solo la natura
non fa le cose per gli uomini, ma neanche si accorge se fa loro del bene o del male. E infine, se
anche la natura estinguesse completamente la natura umana io non me ne accorgerei. Totale
indifferenza della natura verso l’uomo

12) quale ipotesi fa l’islandese? A chi si paragona?


Si paragona ad un ospite, che viene poi trattato male: gli danno una stanza brutta, umida,
puzzolente; il padrone non lo intrattiene e non gli dà alcun piacere, ma al contrario gli dà lo stretto
necessario per sopravvivere, e lo lascia maltrattare dai figli e dai servi. A questo trattamento
l’ospite si lamenta e il padrone di casa risponderebbe che non ha costruito quella casa per lui, ha
altro a cui pensare. L’islandese risponde che poteva non invitarlo e quindi doveva preoccuparsi di
lui

13) qual è la conclusione?

Dopo aver fatto la sua ipotesi, l’islandese afferma che non è stata sua volontà nascere, ma la
natura stessa lo ha collocato in questo mondo, e quindi lei deve permettergli una vita senza dolori
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e sofferenze. e quindi questo comportamento della natura affligge tutti gli esseri viventi (uomini,
animali, piante)

14) quale visione della vita è espressa dalla natura?

È una visione meccanicistica, per cui la vita è un ciclo continuo di nascita e distruzione, di vita e
morte, collegate e entrambe indispensabili per la conservazione del mondo. Perché l’universo non
finisca è necessario che una parte si distrugga, e questo serve per conservare la parte rimanente

15) qual è la domanda finale dell’islandese?

La domanda finale è: a chi giova questa vita dell’uomo infelice? Dato che quello che è distrutto
soffre e al tempo stesso chi distrugge non prova piacere. Qual è il senso della vita?

16) quale risposta ha?


Nessuna

17) che ne è dell’islandese?


Vengono proposte due alternative = 1. È stato divorato dai leoni; 2.viene seppellito dalla sabbia a
causa del vento, trasformato in una mummia e si troverebbe in un museo in non si sa quale città
d’Europa

2 finali hanno un senso:

1. Arrivano due leoni che sbranano l’islandese, e attraverso questo pasto i leoni sopravvivono un
altro giorno = in questo modo l’islandese entra nel circolo di distruzione e mantenimento
dell’universo, permette ai leoni di sopravvivere

2. Tempesta di sabbia e mummificazione è ancora più drammatico, perché rende assolutamente


inutile la vita dell’islandese, perché la vita dell’uomo non serve a nulla

Perché leopardi sceglie proprio un islandese come simbolo di un’unità vittima della natura? È
stato influenzato da un testo di Voltaire, intitolato storia di Jenni, perché è una storia
particolarmente infelice e perché c’è un vulcano che tormenta gli uomini

Pessimismo cosmico

Nel Pessimismo cosmico Il tema è sempre l’infelicità dell’uomo e la ricerca delle cause di
questa infelicità, e c’è un capovolgimento del ruolo della natura.

La natura, che nel pessimismo storico era benigna perché aveva dato all’uomo le illusioni, diventa
una natura matrigna, che ha dato all’uomo un destino naturalmente infelice.

Questa nuova visione ha le sue radici nella teoria del piacere, ovvero che l’uomo ha in sé un
desiderio di piovere infinito, piacere che non potrà mai essere raggiunto perché il piacere
raggiunto sarà sempre inferiore al suo desiderio. Ma chi ha creato l’uomo in questo modo? La
NATURA. Quindi l’infelicità non è più dovuta al progresso, ma è un’infelicità assoluta, l’uomo è
infelice per natura, e la responsabile è proprio la natura che ha dato agli uomini questo desiderio
di felicità senza poterlo soddisfare

È definito cosmico perché non riguarda solo l’uomo, ma questa condizione di infelicità è di tutti gli
esseri viventi e naturali. Il dialogo della natura e dell’islandese è l’espressione del pessimismo
cosmico.

La RAGIONE ha anche lei un ruolo, negativo e positivo. La ragione ha mostrato all’uomo il VERO,
cioè l’infelicità dell’uomo. Ma rivelandogli la verità sulla propria condizione non lo ha reso più
infelice, ma gli ha dato la dignità della consapevolezza.

Da questo ruolo della ragione discende il giudizio che leopardi ha sulle epoche storiche: saranno
giudicate meglio le età dominate dalla ragione, come ad esempio il rinascimento e l’illuminismo, e
sarà fortemente criticato il medioevo. Il presente viene malgiudicato perché crede nel progresso, il
romanticismo ha fiducia nell’uomo, e leopardi è contro, cosi come è contro al cristianesimo che
promette la felicità nell’aldilà = contro ogni visione ottimistica

10
1824 e Operette morali (p.42/43/44)

Con l’incertezza dell’infelicità dell’uomo crollano tutte le certezze di leopardi, e questo lo porta a
non scrivere più poesie, scrive solo in prosa, cioè le operette morali

• Sono in tutto 24

• Il primo nucleo da 20 è stato scritto nel 1824, 2 scritte tra il 1825 e il 1827(in realtà nel 27 ne
aggiunge 2, quindi la somma finale sarebbe 25, ma una viene tolta)

• nel 1827 c’è la pubblicazione

• C’è una “seconda” edizione del 1832 dedicata solo agli amici e famigliari

• La vera seconda edizione viene pubblicato nel 1834 con 25 operette morali

• L’edizione definitiva è pubblicata dopo la morte di leopardi e ne comprende solo 24, una è stata
tolta

Nelle operette morali troviamo il risultato della meditazione di Leopardi riguardo al pessimismo
cosmico

• È una raccolta di prose filosofico-satiriche

• È estremamente varia la forma: alcune operette sono in forma di dialogo (es. natura e
islandese), alcune in forma di favola, alcune in forma di prosa lirica, altre ancora sono in forma
di trattato.

• Sono vari i personaggi: possono essere i personaggi storici (es. colombo) , personaggi
fantastici, personaggi mitologici, personificazioni di concetti astratti (es. natura, moda, anima)

• Sono vari il tempo e lo spazio, che spesso però non sono finiti (spesso le collocazioni spaziale
e temporale non è definita)

Questa estrema varietà non significa però mancanza di unità, leopardi concepisce le operette
morali come un’opera unitaria e organica, pur nell’estrema varietà. Che cos’è che rende organica
la raccolta? Cosa funge da elemento unificatore? IL FINE.

È un fine sia concettuale sia pratico, sono 2 gli scopi che si collegano anche alla scelta del titolo
che danno unità a questa raccolta:

1. È uno scopo concettuale, cioè mettere in ridicolo ogni forma di ottimismo, ogni copertura
illusoria del vero, quindi togliere ogni illusione agli uomini e mettere in evidenza l’infelicità degli
uomini. Vuole rivelare il vero e deridere ogni visione drammatica diversa (può essere quella
cristiana) e ogni filosofia che riveli fiducia nell’uomo

2. È uno scopo pratico, cioè indicare agli uomini dei mores, che vuol dire usanza, costume e
quindi anche modo di comportarsi. Leopardi vuole dare dei modelli di comportamento adatti
alla situazione in cui l’uomo vive

il modello a cui Leopardi si rifà è un modello greco, sono i dialoghi di Luciano e il genere a cui è
più vicino leopardi con le operette morali è la satira, caratterizzata da elementi concreti e da temi
seri trattati in un stile comico = la peculiarità delle operette morali è sicuramente l’ironia.

Con queste operette Leopardi dimostra un distacco, si dimostra amaramente distaccato dalla vita
degli uomini, guarda la vita degli uomini con lo sguardo del saggio che conosce e che capisce,
però guarda distaccato, e quindi presenta con leggerezza e ironia dei temi esistenziali

1825,1826,1827,1828

• Nel 25 si trasferisce a Milano, dove inizia a lavorare per l’editore Stella, che gli da il compito di
intitolare due antologie italiane e da questo lavoro ha un guadagno. Non riesce però a trovare
un lavoro stabile, continua a lavorare per lui, ma con questo e le lezioni private riesce a
sopravvivere e vive per un po tra Milano e Bologna

• Nel 26 torna a Milano

11
• Nel 27 vengono pubblicate le operette morali

• Alla fine del 27 si trasferisce a Pisa, e nel nuovo ambiente piacevole, nell’aprile del 28 ritrova
l’ispirazione per la poesia

• Nel maggio del 1828 scrive alla sorella che ha composto due poesie, la prima intitolata
significativamente il risorgimento, ad indicar la rinascita della poesia dentro di lui, e la seconda
A Silvia
• Negli anni successivi compone altre poesie
Il gruppo di poesie composta tra il 28 e il 30 viene chiamato in due modi differenti: De Santis li
chiama grandi idilli, per differenziarli dai primi della fase giovanile; la seconda definizione è canti
pisano-recanatesi, perché inizialmente è a Pisa poi a Recanati

Tutte le poesie di leopardi compaiono in una raccolta chiamata Canti e ne abbiamo 3 edizioni:

1. La prima del 31 con 23 poesie

2. La seconda del 35 con 39 poesie

3. La terza, postuma, che è quella definitiva e che si usa normalmente, è del 45 e ne comprende
41

Le prime due edizioni sono state seguite da Leopardi stesso.

La prima edizione non è la prima occasione in cui Leopardi pubblica le sue poesie, ci sono altre
raccolte minori precedenti che dimostrano che leopardi era consapevole che fino a quel momento
si era dedicato a due diversi ambiti della poesia, due diversi filoni, cioè il filone civile e patriottico,
quindi quello delle canzoni; il secondo filone è quello più sentimentale rappresentato dai piccoli
idilli.

Questi due filoni presentati separatamente vengono uniti nell’edizione del 31 dei canti

Che criteri segue Leopardi nel distribuire la materia?

Ci sono dei criteri ma nessuno è seguito in modo rigoroso:

• Criterio cronologico = i canti sono disposti con un criterio cronologico, ma con qualche
eccezione,

• Criterio tematico = unisce i componimenti per blocchi tematici ma ci sono delle eccezioni.

I criteri si intersecano nella struttura del libro

Bisogna considerare i componimenti che fanno parte dei canti sia autonomamente, ma è anche
parte di una raccolta

Per comodità didattiche è comodo dividere la produzione poetica (testi in poesia) in 3 fasi:

• Delle canzoni civile e idilli, tra il 18 e il 22, corrispondente a pessimismo storico

• Grandi idilli e Canti pisano-recanatesi, tra il 28 e il 30, corrispondente a pessimismo cosmico

• Tra il 31e il 37, corrispondente a pessimismo eroico

1828-1830, seconda fase della poesia Leopardiana, i canti pisano-


recanatesi

L’autore del nostro libro di testo respinge la definizione Grandi Idilli, perché ritiene che in questo
modo si accentui troppo la continuità rispetto agli idilli della prima parte, si mette in risalto
l’aspetto descrittivo-emozionale, l’aspetto soggettivo.

Queste caratteristiche si trovano ancora nei canti pisano-recanatesi, c’è ancora la dimensione
descrittiva, c’è soprattutto la descrizione del paese, di Recanati, del borgo e della vita degli
abitanti del borgo, cosi come la presentazione dei sentimenti del poeta, MA tra i primi e questi c’è
il passaggio da pessimismo storico a cosmico, c’è l’acquisizione della consapevolezza del
vero, c’è la componente filosofica-argomentativi

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Cantico del gallo silvestre

COMPRENSIONE

• In quali due macrosequenze è diviso il testo?

Il testo è diviso in 2 macrosequenze, l’introduzione dove parla Leopardi e il canto vero e proprio in
cui il narratore è il gallo

• Quali sono le caratteristiche del gallo?

È un gallo selvatico, che tocca con i piedi la terra e con la cresta e con il becco il cielo, essendo
un gallo gigante. La cosa più importante è che questo gallo è dotato di ragione e parla con gli
essere umani

• Quali dubbi ci sono su questo cantico?

Leopardi non sa se il canto del gallo viene tutte le mattine o solamente una volta, non sa chi abbia
udito questo canto e e se la lingua sia quella propria del gallo oppure se sia tradotto da quella
lingua in un’altra

• Di cosa si giustifica l’autore?

Leopardi giustifica l’utilizzo della prosa, dicendo di utilizzarla a discapito del verso per rimanere
più fedele possibile al testo originale, nonostante sia molto vicina alla poesia e giustifica l’utilizzo
di una lingua e uno stile complesso, dicendo che corrisponde alle lingue orientali che compaiono
nel testo.

• Che cosa comporta, per gli uomini, il risveglio?

Il risveglio per gli uomini è un danno, comporta il ritorno alla realtà infelice, si svegliano dal mondo
notturno fatto di sogni e illusioni, e quindi falso, per tornare nella vita reale, quindi il vero

• Quali domande rivolge l’autore al sole? (Scegli le tre più significative)

se il sonno degli umani fosse continuo e se di giorno non apparisse alcuna azione, e quindi ci
fosse una profonda quiete, l’universo sarebbe inutile ma vi si troverebbe una quantità minore di
felicità o più di miseria che oggi non c’è? (No perché non è una domanda rivolta al sole, è
un’osservazione)

1) hai mai visto qualche essere vivente felice? Beato?

2) (chiede al sole) hai mai visto la felicità nel mondo?

3) (chiede al sole) sei beato o sei infelice?

• Perché il sonno è necessario?

Il sonno è necessario perché permette a gli uomini di interrompere quella vita infelice, dal quale
dovrebbero liberarsi con la morte, con dei piccoli spazi di tempo simili alla morte per potessero
essere conservata

• Per quale ragione è stato creato il mondo, secondo quanto affermato nel cantico?

Il mondo è stato creato non per ottenere la felicità, obbiettivo che ogni uomo si pone nella sua
vita, ma per portare alla morte.

• L’universo condivide lo stesso destino dell’uomo? Spiega.

All’inizio pare che l’universo sia immune all’invecchiamento e alla morte, perché le stagioni si
susseguono, invecchia e rinasce, ma cosi come gli umani invecchierà e morirà anche lui, e non
rimarrà alcun ricordo di lui.

ANALISI

• Quale tratto accomuna l’introduzione al cantico con la cornice narrativa del Dialogo della
Natura e di un Islandese?

L’indeterminazione

Il protagonista nel dialogo è la natura mentre nel cantico è il gallo, quindi in entrambi i casi
compare un protagonista che è un essere fantastico

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(Il fatto che in entrambe le parti viene presentato il protagonista del testo facendo una similitudine,
nel caso del gallo il pappagallo e nel caso dell’islandese il paragone con la vicenda di Vasco di
Gama)

• Secondo te, perché l’autore attribuisce il cantico ad un gallo? (C’è un legame tra questo
animale ed il contenuto del testo?)

Leopardi attribuisce il cantico al gallo perché è questo animale che solitamente sveglia gli uomini
al mattino, annuncia il ritorno alla vita con il risveglio degli uomini, mentre l’oggetto del cantico è
la morte

• L’atteggiamento con cui il gallo osserva la condizione umana è più o meno distaccato di quello
con cui l’osserverebbe un uomo?

Il gallo è più distaccato rispetto all’atteggiamento di un uomo, e infatti è collocato tra cielo e terra,
al di fuori del mondo umano. È un osservatore che non ha le illusioni degli uomini

• La seconda macrosequenza è divisibile in due parti: da quale ripresa lessicale è segnata la


bipartizione?

Può essere suddivisa da “mortali destatevi”

• Quali sono i temi delle due parti?

Il tema principale della prima parte è lo scopo del sonno e cosa comporta, nella seconda il tema è
il destino degli uomini

• Quale antitesi compare nell’incipit del canto? E’ significativa per la poetica e la filosofia
leopardiana?

Falso e vero, ed è significativo perché per leopardi il falso sono le illusioni ed il vero è brutto

A Silvia

È il secondo dei canti pisano-recanatesi in ordine cronologico ma è il primo dei capolavori

Viene composto molto rapidamente in 2 giorni, tra il 19 e il 20 aprile del 1828.

Non è una canzone d’amore, leopardi non dedica questa canzone a una donna di cui è
innamorato, questa silvia non è una donna di cui lui è innamorato. Lo spunto gli viene da una
fanciulla reale, identificata in Teresa Fattorini, ed ha di particolare il fatto che muore molto giovane
di tubercolosi, e Leopardi è interessato per la su morte in giovane età

Si alternano strofe dedicate a Silvia a strofe dedicate al poeta, e strofe dedicate al passato a
strofe dedicate al presente

vv.1-6 = Silvia ricordi ancora quel tempo della tua vita mortale, quando la bellezza splendeva nei
tuoi occhi ridenti e sfuggenti, e tu lieta e pensosa, attraversavi la soglia della gioventù (Silvia era
un adolescente, era ancora una giovane donna). Il protagonista è Silvia e si parla di qualcosa
accaduto nel passato; Silvia è presente anche a livello formale, all’inizio con l’esortazione e poi
perché l’ultima parola “salivi” è un anagramma di Silvia, c’è una circolarità

Vv.7-14 = al tuo canto continuo risuonavano le mie stanze silenziose e le vie dintorno, allorché
sedevi occupata nelle attività femminili sufficientemente contenta di quell’avvenire vago che avevi
in mente (immagine di una fanciulla seduta a filare che canta, quindi eternamente serena). Era un
maggio profumato e tu eri solita trascorrere il giorno cosi. protagonista: Silvia; tempo : passato,
un passato sereno

vv.15-27 = Io, abbandonando tal volta gli studi amati e le carte su cui mi affaticavo, in cui veniva
spesa la mai gioventù e la parte migliore di me (salute),dai terrazzi della casa paterna ascoltavo il
suono della tua voce e la mano che veloce confezionava con fatica la tela, guardavo il cielo
sereno, le vie luminose e gli orti e da una parte il mare da lontano e dall’altra la montagna. Parole
umane non possono esprimere quello che io provavo nel cuore. (a provocare questi sentimenti
non è l’amore per silvia, ma è la sua giovinezza, le speranze di Silvia e sono le stesse speranze

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che aveva leopardi da giovane; quando silvia muore e con lei le sue speranze è il momento in cui
in vita muoiono le speranze di leopardi ) Protagonista: leopardi; tempo : passato

vv. 28-39 = Che pensieri dolci, che speranze avevamo sulla nostra vita e sul nostro destino.
Quando ripenso a tanta speranza (adesso che so che tutte queste speranze sono vane) un
sentimento amaro e sconsolato mi opprime e torno a soffrire della mia sventura. O natura natura,
perché non mantieni quello che prometti, perché inganni tanto i tuoi figli. Il libro la considera una
strofa di raccordo, perché all’inizio il poeta e Silvia sono accomunati MA poi torna invece a parlare
di sé, quindi di nuovo il protagonista è il poeta; tempo: presente. La strofa si chiude con un
rimprovero alla natura, di aver promesso durante la gioventù la felicità ma è una promessa che poi
non viene mantenuta

vv.40-48 = tu, prima che l’inverno facesse seccare l’erba, combattuta e vinta da una malattia
nascosta , morivi, o dolcezza. E non vedevi la tua gioventù, il meglio della tua vita; la dolce lode
ora dei tuoi capelli neri, ora del tuo sguardo che fa innamorare e schivo, non ti allietava il cuore; né
nei giorni di festa le compagne parlavano d’amore con te. Protagonista: silvia; tempo: passato

Vv. 49-63 = poco dopo anche la mai dolce speranza sarebbe morta, anche alla mia vita il destino
negò la gioventù. Come, come sei passata velocemente, cara compagna della mia età giovanile,
mia rimpianta speranza (il tu che finora è stato silvia diventa speranza, silvia si identifica con la
speranza del poeta). Questo è quel mondo ? Questi i piaceri, l’amore, le attività, i fatti intorno ai
quali abbiamo pensato insieme? Questa è la sorte del genere umano? Tu (speranza), povera, sei
crollata all’apparire della verità: e con la mano indicavi da lontano la morte fredda e una tomba
spoglia. Tempo: Inizia sul passato ma il contenuto poi è legato al presente

La grande novità formale = è una canzone libera, ed è la prima canzone libera della
letteratura italiana (p.117), nel senso che fino a quel momento la canzone era un tipo di
componimento in cui venivano seguite regole estremamente rigorose, questo fino al 1600. Nel
600 un tal Alessandro Guidi aveva messo mano ad una riforma della canzone usando più libertà,
non rispettando il modello petrarchesco.

Questa strada non viene seguita nel 700, perché non è un genere utilizzato. Poi leopardi con A
Silvia crea il primo esempio di canzone libera, l’unica cosa che mantiene sono l’utilizzo del
endecasillabo settenario, senza però disporre in modo schematico, e le rime, sempre non in
modo schematico

Dal punto di vista metrico è un innovatore, innovazione prevedibile dal fatto di non usare mai la
struttura del sonetto

L’asse portante del componimento è il parallelismo tra Silvia e Leopardi. Silvia che in realtà è
Teresa, cui vita funge da ispirazione per Leopardi.

Il nome Silvia è il nome di una protagonista di un’opera di Tasso, rende omaggio a Tasso

La prima strofa ha funzione di proemio, viene presentata la protagonista femminile e viene


presentato il tema. (Peculiarità opera= vaghezza)

Silvia viene presentata in modo estremamente sobrio e estremamente vago,8sappiamo infatti che
la poetica di Leopardi è quella del vago e dell’infinito) viene caratterizzata da un particolare fisico,
ovvero gli occhi, e l’atteggiamento, di più non viene detto. Collocazione temporale= passato.
Quello = qualcosa di lontano

Nella seconda strofa la protagonista è sempre silvia, abbiamo la spiegazione delle giornate di
silvia, la descrizione delle attività. Collocazione temporale = nel passato, ma con una presenza del
futuro che coincide con il presente del momento in cui Leopardi sta scrivendo (dell’io lirico). Quel
vago avvenir = quello indica qualcosa di lontano.

La terza strofa è dedicata al poeta, ed è proprio il parallelismo con silvia, due situazioni
parallele: cioè la quotidianità in cui si uniscono illusioni giovanili e un realtà quotidiana faticosa.
La realtà faticosa di lei è espressa nei versi 10 e 22, ovvero le attività femminili, per lui è invece lo
studio e le carte su cui si affaticava; si uniscono le attività faticose e le illusioni della gioventù.
Collocazione temporale = passato.

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La quarta strofa è una strofa di raccordo = all’inizio i due protagonisti sono accomunati dai
sogni, dalle speranze e le illusioni sul futuro, prima erano separati. Ritorna poi in primo piano
Leopardi e il suo presente, un presente di disillusione. La strofa si chiude poi con il rimprovero alla
natura, identificata come responsabile dell’infelicità dell’uomo. Uso di quel, quindi le speranze
promesse dalla nature sono lontane.

Nei canti pisano-recanatesi c’è sempre una contrapposizione tra illusioni giovanili e disillusioni
della maturità, le illusioni puoi solo ricordatele perché una volta che il vero è conosciuto non si
può più dimenticare

La quinta strofa è dedicata a silvia e al suo destino di morte, che infatti muore in giovane età; e i
futuro che aveva sognato non c’è più. C’è la morte di silvia e la morte e il crollo delle sue speranze

Nella quinta strofa Leopardi torna a parlare di sé e riprende il parallelismo con silvia = come silvia
è morta prima di arrivare alla sua gioventù e con lei le sue speranze, anche le speranze del poeta
sono morte prima che lui arrivasse alla gioventù. L’unica prospettiva che resta è quella finale della
morte.

In quest’ultima strofa c’è una variazione, il TU che veniva usato per indicare silvia adesso viene
usato per indiare la speranza, abbiamo una sovrapposizione della figura di silvia e della speranza,
silvia diventa simbolo stesso ella speranza, identificazione tra silvia e speranza stessa. In questa
strofa abbiamo l’uso di un questo, riferito al mondo presente sognato in precedenza (quello)

La caratteristica di questo canto è la vaghezza = tutto viene lasciato nel vago, come ad esempio
la situazione, non si sa quale sia il rapporto che c’è tra i due protagonisti che sono uniti solo dal
parallelismo; è vaga anche la realtà fisica e il mondo circostante; la figura di Silvia e
l’atteggiamento.

La quiete dopo la tempesta

PARAFRASI
La tempesta è passata: sento gli uccelli che fanno festa e la gallina che è tornata in strada ripetere
il suo verso. Ecco, il cielo torna sereno da ovest verso la montagna; la campagna si libera dalle
nubi e il fiume nella valle appare luminoso.

Il cuore di ognuno si rallegra, da ogni parte ripartono i rumori, si ritorna alle attività consuete.
L’artigiano, con il lavoro in mano, si affaccia sulla porta per ammirare il cielo ancora umido per la
pioggia; la giovane ragazza esce per raccogliere l’acqua della recente pioggia; e il venditore di
ortaggi ripete, andando di sentiero in sentiero, il suo grido quotidiano.

Ed ecco il sole che torna a risplendere attraverso le colline e le case. I domestici aprono i balconi,
le terrazze e i porticati: dalla strada maestra si ode un tintinnio

lontano di sonagli; il carro rumoreggia perché il passeggero si è rimesso in cammino.

Ogni cuore si rallegra. Quand’è che la vita è tanto piacevole e gradita come in questo momento?
Quando l’uomo si dedica a tutte le proprie occupazioni con così tanta passione? O ritorna alle
attività consuete? O intraprende qualcosa di nuovo? Quando si ricorda meno delle proprie
sofferenze?

Il piacere proviene dal dolore; è una gioia solamente illusoria, che nasce dalla paura che è appena
passata, a causa della quale coloro che odiavano la vita presero paura e temettero la morte; a
causa di questa le persone agghiacciate, mute e bianche per lo spavento, sudarono e furono
turbate, vedendo scagliati contro di noi allo scopo di danneggiarci fulmini, nubi e vento.

O generosa natura, questi sono i tuoi doni, questi i piaceri che offri agli uomini. Sfuggire alla
sofferenza è per noi ragione di piacere.

Distribuisci con generosità sofferenze; il dolore ne deriva in modo spontaneo: e quella piccola
quantità di piacere che, qualche volta, per prodigio o per miracolo nasce dalla cessazione della
sofferenza è un grande vantaggio.

Specie umana cara agli dei! Sei assai contenta se hai il permesso di tirare un sospiro di sollievo
dopo un dolore: felice, anche, se la morte ti guarisce da ogni male.

16
Differenze e analogie con A Silvia

• Differenza: Il poeta non è più protagonista come in A Silvia

• Differenza: non c’è più il confronto tra passato e presente, qui c’è solo il presente.un presente
duplice, perchè da una parte c’è un presente momentaneo, sereno, dove la tempesta cessa e
anche il dolore e c’è un piacere momentaneo; dall’altra parte c’è il presente universale, senza
tempo, che è di dolore = rapporto tra apparente felicità, quella momentanea, e l’infelicità
perenne della condizione umana

Struttura e contenuto
3 strofe divise in 2 parti:

• La prima parte, che corrisponde alla prima strofa, è una parte descrittiva, cioè la descrizione di
un paese dopo la tempesta e questo paese è Recanati, il tema è la memoria e presenza del
borgo). Viene descritto il ritorno alla vita quotidiana dopo la tempesta, attraverso luoghi e
persone. Il tema è l’apparente felicità di un momento

• Nella seconda parte ci sono la seconda e la terza strofa. La seconda strofa è riflessiva e il tema
è il piacere. Il verso più importante è quel piacere figlio d’affanno, Leopardi spiega che il
rasserenamento è momentaneo piacere nato dalla sofferenza , il piacere come cessazione del
dolore. In questa seconda parte si parla della vera condizione degli uomini, dell’infelicità.
Nella terza strofa il tono è ironico e viene identificata la responsabile dell’infelicità dell’uomo,
cioè la natura

Nella prima strofa abbiamo una progressiva dilatazione del punto di vista: all’inizio c’è la
descrizione del paesaggio prima attraverso l’udito, dopo attraverso la vista, si passa quindi
dall’udito alla vista; e per quanto riguarda la vista si ha una dilatazione anche dall’alto verso il
basso, dal cielo al fiume; successivamente al paesaggio si uniscono le figure umane, i
personaggi.

Dal paesaggio si passa alla comunità, comunità con i suoi suoni e immagini, e poi compare il sole,
che è il simbolo del momento di felicità, la luce è il piacere

Nella seconda strofa, il verso 25 si ricollega con il verso 8. Questa ripresa è seguita da una serie di
5 domande, che passano dalla dolcezza della vita alla vanità del piacere e nei versi successivi c’è
la risposta a queste domande. Dopo queste domande cambia la scena e domina la tempesta, che
fin dal primo verso incombe su tutto il componimento, e con la tempesta subentra il VERO.

inizialmente la gioia era individuale e invece quando descrive il terrore si capisce che è collettivo,
è delle genti.

Nell’ultima strofa comprende la dichiarazione della responsabilità della natura, definita cortese, e
questo cortese rima con offese del verso 40, e questo collega le due strofe ( tra prima e seconda
strofa il legame è dato dalla ripetizione nel verso 8 e 25, nella seconda e terza il legame è dato d
cortese e offese) si lega la natura all’infelicità, al male. Il tono è ironico. Viene ribadito come il
piacere nasca dall’affanno e come sia un miracolo, succede raramente.

Interpretazione.

Queste 3 strofe, secondo alcuni, mancano di omogeneità, ma non è cosi (p.139)

Il sabato del villaggio

PARAFRASI
La giovinetta torna dalla campagna verso il tramonto con il solito fascio d’erba, e tiene fra le mani
un mazzolino di rose e viole con cui si prepara a ornarsi, l’indomani, domenica, il petto e i capelli,
come fa di solito. La vecchietta sta seduta a filare con le sue vicine sui gradini della scala, rivolta
verso occidente, dove il sole tramonta, e racconta della sua giovinezza, quando anche lei, nei
giorni di festa, si adornava e, ancora sana e agile, danzava la sera con gli amici che le erano
compagni di gioventù, l’età più bella. Ormai l’aria si fa scura, il cielo limpido torna azzurro (dopo il
rosseggiare del tramonto) e, sotto la luce biancheggiante della luna da poco spuntata, le ombre
scendono di nuovo dai colli e dai tetti. Adesso la campana annuncia la prossima festività e diresti
che a quel suono il cuore si riempia di speranza. I ragazzi in gruppo, gridando e saltando sulla
17
piccola piazza, fanno un allegro rumore; nel frattempo il contadino, fischiando, ritorna a casa per
consumare la sua modesta cena e fra sé e sé pensa alla domenica, il giorno in cui può riposarsi.

Poi, quando intorno è spenta ogni altra luce e tutto il resto tace, senti il picchiare del martello,
senti la sega del falegname, che nella bottega chiusa lavora al lume della lucerna, e si dà da fare
affrettandosi per finire il suo lavoro prima del chiarore dell’alba. Fra i sette giorni della settimana
questo, pieno di speranza e di gioia, è il più gradito; domani il trascorrere delle ore porterà un
senso di fastidio e di tristezza, e ciascuno ricomincerà a pensare al faticoso lavoro abituale.(il
giorno di cui parla, quello seguente, è la domenica) Fanciullo spensierato, la tua giovane età è
come un giorno pieno di gioia, un giorno luminoso, sereno che precede e annuncia la festa della
tua vita [l’età matura]. Sii felice, ragazzo mio: la tua è una condizione beata, un’età felice. Non ti
voglio dire altro; ma non ti pesi se la tua festa ancora tarda a sopraggiungere.

Confronto tra quiete e sabato:


Formano una copia, un dittico perché hanno in comune il tema del piacere e la struttura
• Nella quiete il piacere è un momento di cessazione del dolore, nel sabato il piacere è
rappresentato dall’attesa del futuro, un’attesa che poi non manterrà la promessa.

• La struttura: la quiete è divisa in 2 parti, una descrittiva e una riflessiva, e la stessa cosa vale
per il sabato, che è diviso in descrittiva e riflessiva. La parte riflessiva inizia nel verso 38. Nella
quiete c’è una parte riflessiva molto sostanziosa e la parte descrittiva è più corta, mentre nel
sabato la parte descrittiva è più lunga e quella riflessiva è più corta.

In entrambe la parte descrittiva è dedicata al borgo, nella quiete si apre con la descrizione del
borgo e poi subentra quella delle figure umane mentre nel sabato la parte descrittiva è aperta da
figure umane, che dominano (gli unici elementi del paesaggio sono quelli che scandiscono il
tempo).

Nel sabato le prime due figure sono la giovane e la vecchia, che sono due figure antitetiche: la
donzelletta rappresenta la gioventù, accompagnata dalle speranze e dalle illusioni; la vecchierella
sta raccontando della sua gioventù, e rappresenta la vecchiaia, il passato con il ricordo, la
memoria. Entrambe hanno un oggetto, la prima ha un mazzo di fiori e un fascio d’erbe: il mazzo di
rose e viole è una concretizzazione della speranza giovanile e della primavera, perché comunque
la gioventù è la primavera della vita; il fascio d’erba rappresenta invece le fatiche e la realtà
quotidiana. Anche la vecchierella sta lavorando, c’è la fatica insieme al piacere del ricordo

Collegamento con A Silvia = in entrambe le parti vengono rappresentate le attività faticose


quotidiane (fascio d’erbe e faticosa tela) e hanno in comune i pensieri positivi, un futuro positivo
che si contrappone alla quotidianità faticosa

• Fisicamente: una è rivolta al futuro, la giovane, e l’altra rivolta al passato, la vecchia, rivolta
verso il tramonto, e questo si lega al fatto che la donzelletta è dinamica e la vecchierella invece
statica

Dopo la presentazione delle due figure femminili il senso dominante è la vista, perché ci sono i
colori, abbiamo una nota cromatica che crea uno stacco tra le due figure femminili e le prossime
figure. Dopo la vista troviamo l’udito, che con il suono della campana introduce il tema della festa,
e il suono della campana da conforto, ma non come dato di fatto, infatti Leopardi dice DIRESTI
per attenuare la sensazione di piacere

I nuovi protagonisti sono i fanciulli con la loro gioia, ma subentra il contrino che sta andando ad
una modesta cena, e attenua la sensazione di gioia trasmessa dai fanciulli, e sta per arrivare la
domenica, che è annunciata dai suoni di lavoro, di fatica, della realtà quotidiana = quindi la
domenica è bella solo nell’illusione, nell’attesa, non nel presente.

Nella conclusione, nell’ultima strofa il poeta si rivolge a questo garzoncello invitandolo a non aver
fretta di arrivare alla maturità.

Nel percorso che leopardi compie nei canti pisano-recanatesi c’è una progressiva
spersonalizzazione: in A Silvia il poeta è presente, è co-protagonista con Silvia, nella quiete c’è

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una solo referenza al poeta (in odo) e nel sabato c’è solo nel finale ed è inserito nella reticenza,
cioè ciò di cui non si vuole parlare

• Nella quiete il carattere illusorio del piacere è esplicitato, è dichiarato; nel sabato non è
esplicitato, anzi è espresso tramite la reticenza

Canto notturno di un pastore errante dell’Asia

È l’ultimo dei canti pisano-recanatesi, composto tra l’aprile del 29 e l’ottobre del 30.

Nella disposizione dei canti leopardi lo mette in posizione centrale. = importante

L’ispirazione viene a Leopardi da un articolo letto sul giornale journal des savant, dove si parla dei
pastori nomadi dell’asia centrale che passavano le notti seduti su una pietra a contemplare la luna
e componendo dei canti rivolgendosi a lei. Leopardi affida la sua riflessione alla voce di un
pastore il cui interlocutore è la luna.

I protagonisti di questo canto sono il pastore e la luna, a cui egli si rivolge. Perché il pastore si
rivolge alla luna? La luna rappresenta l’illusione di una risposta, il pastore le fa delle domande
sull’esistenza e si illude di una risposta

Il pastore è un pastore diverso:

non appartiene all’umanità primitiva infelice, ma è vicino all’uomo moderno

un pastore filosofo, che medita sul senso della vita, sull’infelicità dell’uomo

La meditazione prende le mosse dalla sua meditazione quotidiana, inizia da qui per poi
ripercorrere l’esperienza comune a tutti gli uomini

PRIMA STROFA

v.7 = ancora non sei stanca? Ancora sei desiderosa?

Si apre con le domande del pastore e questo ci fa conoscere l’ansia conoscitiva del pastore, è un
pastore vicino all’uomo moderno.

La strofa è costruita sul parallelismo tra il pastore e la luna e questo viene espresso tramite
la ripresa delle parole, le riprese lessicali ( sorgi e sorgere/ sera e sera) e dai chiasmi

Le due vite sono assimilate, entrambe ripetitive, ma la differenza è che la vita del pastore è breve
mentre quella della luna è immortale. Entrambe le vite sono monotone e inutili

La prima strofa si apre e si chiude con una serie di domande che il pastore rivolge alla luna. Al
centro c’è invece l’esperienza del pastore, il parallelo tra la vita della luna e quella del pastore.

Le domande finali riguardano tanto l’esistenza in sé, quindi non solo degli uomini ma
dell’universo, rappresentata dalla luna, sia l’esperienza personale, quindi l’esistenza personale del
pastore (scambio di attribuzioni per cui la luna compie delle azioni umane mentre il pastore sorge
come normalmente fanno gli astri)

La luna non risponde alle domande, ma non sappiamo il perché di questo silenzio

SECONDA STROFA

Il tema è la vita dell’uomo, rappresentato da questo vecchierello, che è un’immagine di


derivazione petrarchesca. Descrive la vita dell’uomo, estremamente faticosa. Non si ferma finché
arriva alla meta del suo viaggio (vita descritta come un viaggio faticoso). La meta è un abisso
orrido, dove egli precipita e cioè la morte. (La vita umana vista come una corsa verso la morte)
viene descritto l’affanno inutile delle vita umana, vista come corsa verso la morte. DESCRITTIVA

Descrizione della vita umana condotta attraverso l’allegoria del vecchierello. Attraverso questa
descrizione il pastore riprende il tema della mancanza di significato della vita dell’uomo, una vita
inutile, una corsa affannosa verso la morte.

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L’immagine del vecchierello compare anche in una canzone di Petrarca (p.135) = con Petrarca,
che è autore cristiano, la vecchierella dopo la fatica si riposa, per Leopardi il vecchierello arriva
alla morte

TERZA STROFA

Si parla ancora della vita dell’uomo. Prima dice che la nascita stessa è un momento di fatica e
pericoloso e la prima cosa che si prova è sofferenza, e dice che appena nasce il bambino i
genitori lo consolano per la sua nascita, e quando cresce cercano di consolarlo per i dolori della
vita. Dice che questo è il compito più gradito da parte dei genitori.

Si sottolinea la presenza costante del dolore nella vita dell’uomo e si chiede perché far nascere un
bambino se bisogna poi consolarlo? Poi dice che questa è la condizione degli uomini e quindi alla
luna, che è immortale, poco importa

Riprende il contenuto della prima, ed è riflessiva. In conclusione comare l’immagine della luna
indifferente

Tutti gli aggettivi che sono utilizzati per descrivere la luna indicano una lontananza, un’indifferenza

Viene evidenziata la persistenza del dolore nella vita dell’uomo, è parte integrante della vitta
dell’uomo a partire dalla nascita, che è un momento faticoso e di dolore, l’uomo prova dolore e
tormento e i genitori iniziano subito a consolarlo, e questo è il compito più gradito che possa fare
per un figlio. Constata la presenza del dolore come parte ineliminabile dalla vita dell’uomo il
pastore si chiede perché far nascere dei bambini e perché vivere = Il pastore sottolinea
un’incoerenza tra ciò che l’uomo sa per esperienza e il suo comportamento.

In conclusione compare un’ipotesi, cioè che il dolore non sia di tutto l’universo ma solo degli
uomini

QUARTA STROFA

Riprende le domande della prima strofa, dicendo in apertura che forse la luna conosce le risposte,
conosce il senso della vita. C’è un passaggio dal forse intendi al certo comprendi, dal dubbio alla
certezza. Spesso quando guardo le stelle mi chiedo a cosa servano, perché tante stelle, e io che
cosa sono, e la conclusione è che non so indovinare alcun frutto della vita, ma tu luna per certo
conosci il tutto. (Parla il pastore)

Il pastore non si aspetta una risposta da parte della luna, ma quest’ansia conoscitiva lo spinge
avare comunque questa domande.

Ne finale c’è il passaggio al piano personale, dove parla di sé stesso dicendo che per lui la vita è
un male, è dolore

Rappresenta una svolta = non è la vita dell’uomo ad essere senza scopo, ma l’uomo non lo
conosce, la luna (che rappresenta qualcosa di superiore) invece lo conosce.

Abbiamo il passaggio dal forse al certo, e anche un tu sai e tu certo, che sottolineano la
conoscenza della luna e l’ignoranza del pastore. Questo potrebbe portare ad un comportamento
fiducioso del pastore, cosa che invece non succede, perché il pastore prendendo atto della
propria ignoranza rielenca motivi di sofferenza .

Nella seconda parte della strofa la luna con i suo silenzio funge da stimolo al pastore per riporsi le
domande sull’esistenza, domande che ancora una volta non hanno risposte.

Conclude dicendo che qualcun altro può ricevere piacere, ma per lui lavata è il male

QUINTA STROFA

In questa strofa viene esplicitato quale sia il male di vivere. Fino a qui si è capito che la vita è
dolore, ora spiega il male di vivere che è la noia.

È impostata sul confronto tra il pastore e il gregge = il pastore per il gregge prova invidia, perché il
gregge non comprende la sua infelicità, non conosce il dolore e non si annoia, non provi noia

È dedicata al gregge, si esplicita chi sia questo qualcun altro che può trovare piacere dalla vita,
cioè il gregge, che è quasi privo di dolore e non prova noia

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SESTA STROFA

Forse se io fossi come la luna o una parte dell’universo sarei più felice, o forse sbaglio guardando
alla condizione degli altri (l’uomo se fosse come la luna sarebbe felice).

Nel corso del canto il pastore ha ipotizzato la felicità prima della luna e poi del gregge; nella
conclusione nega queste possibilità = arriva ad affermazione dell’infelicità totale.

C’è quell’anafora del forse, una parola che molte volte viene usata in tono ironico o polemico, ma
qui non c’è né ironia né polemica, ma è un uso coerente con l’andamento meditativo del canto.

Quali felicità abbiamo visto ipotizzata?


L’ipotizzata felicità della luna nasceva dal sapere tutto, la felicità del gregge deriva dall’ignoranza
della propria condizione

È l’ultimo canto composto, quindi rappresenta un punto di arrivo per quanto riguarda la
spersonalizzazione, infatti in questo canto scompare completamente la figura dell’autore.
(Percorso che abbiamo visto in alcune tappe) l’io lirico c’è anche nel canto notturno, ma non è
l’autore, egli scompare completamente dal canto notturno.

• Oltre ad essere assente il poeta è assente anche il borgo, che abbiamo visto essere una
presenza costante negli altri canti pisano-recanatesi; il paesaggio che compare nel canto
notturno è antiidillico, è astratto

• Tempo e spazio sono indefiniti e allo stesso tempo son infiniti.

• C’è l’infinito, ma non è un infinito che non è creato dall’immaginazione, ma è un infinito a cui si
arriva attraverso la ragione

• Mancano anche le illusioni, le memorie legate al ricordo

• Il tempo: in A Silvia contrasto tra presente e passato, negli altri due c’è un alternarsi tra un
presente momentaneo e presente eterno. Qui c’è solo il presente universale

Ultime tappe della vita

• Aprile 1830:  lascia Recanati per Firenze, grazie all’aiuto economico di alcuni amici. Inizia qui
l’amicizia con Antonio Ranieri 

• 1831-33: tra Firenze e Roma  

• 1831: Prima edizione dei Canti 

• Ottobre 1833: Leopardi e Ranieri si trasferiscono a Napoli. Salute peggiora 

• 1832-35: Ciclo di Aspasia per Fanny Targioni Tozzetti. 

• 1836: Leopardi, Ranieri e Paolina, per sfuggire al colera si trasferiscono ai piedi del Vesuvio, tra
Torre del Greco e Torre Annunziata. Qui compone “La ginestra”. 

• Giugno 1837: muore a Napoli.

Poesia dell’ultimo periodo

È una poesia completamente nuova.

• Le basi filosofiche e ideologiche restano le stesse (base delle operette morali)

Questa constatazione della sofferenza universale fa nascere in leopardi un sentimento di pietà che
già era stato trasposto in poesia = l’atteggiamento che ha il pastore nel canto notturno è di lucida
razionalità ma anche di pietà verso gli uomini di cui vede l’infelicità.

La pietà compare anche nel canto notturno, ma cambia la disposizione d’animo, cioè il modo di
porsi davanti alla società e al mondo. Dopo il distacco ironico e rassegnato delle operette morali,
dopo i ripiegamento sull’io e recupero delle età giovanili Leopardi ristabilisce un contatto diretto
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con gli uomini e le idee del suo tempo (leopardi assume un atteggiamento polemico nei confronti
di determinate categorie di uomini).

Pessimismo eroico

Un critico del 900 definisce questa poeta eroica, perché leopardi si oppone al mondo circostante.
Il poeta è ora convinto di sé, delle sue capacità. Lo stile deve essere aspro, visto che il messaggio
che vuole essere trasmesso è aspro, duro = si concretizza del principio di Aspasia.

Questo pessimismo è chiaro ed evidente nella ginestra

L'ultima stagione, successiva ai canti pisano-recanatesi e all'abbandono del "natio borgo


selvaggio", ha carattere di novità. Presupposto ideologico e filosofico e' quello maturato dopo la
crisi del '23 e soprattutto il successivo materialismo (25-27), con la constatazione della ineluttabile
infelicità cui la natura ha destinato l'uomo. La constatazione della sofferenza universale genera in
lui un sentimento di pietà che già era stato oggetto di trasposizione poetica (Canto notturno).

Ciò che muta e' la disposizione d'animo, il modo di porsi davanti alla società e al mondo:
dopo il distacco ironico e rassegnato delle O.M., dopo il ripiegamento sull'io e il recupero dell'età
giovanile dei G.I., Leopardi ristabilisce un contatto diretto con gli uomini e le idee del suo tempo. Il
poeta ora appare più aperto al mondo, + combattivo, + persuaso della propria personalità e delle
proprie idee, + disposto a comunicare e difendere le sue verità, anche in polemica con chi lo
deride (cfr. Tristano). Allo stesso modo' si spiegano le numerose prese di posizione contro
l'ottimismo di chi confida nel progresso tecnico-scientifico e nella perfettibilità dell'uomo;
soprattutto contro lo spiritualismo cristiano di chi si illudeva di un disegno provvidenziale di una
vita ultraterrena. Da queste convinzioni nasce la poesia di questi anni. Poetica eroica (definizione
del critico Binni) in cui la personalità del poeta si manifesta energicamente, una poetica della
persuasione di se', che spesso si risolve nella dura polemica contro chi a quelle idee si oppone. A
questa nuova poetica corrispondono linguaggio e stile che non si curano di evitare asprezze e
disarmonie foniche, ritmiche, sintattiche in nome di un ideale estetico di vaghezza e
indeterminatezza, anzi disarmonia e asprezza appaiono come la forma espressiva + adatta a
rendere le amare verità oggetto della poesia. 

Tutto ciò si concretizza nel cosiddetto ciclo di Aspasia, 5 liriche ispirate alla passione per Fanny
Targioni Tozzetti. E' una passione intensa e concreta, non + una idealizzazione dell'amore 

La ginestra

• È un poemetto di più di 300 versi, assimilabile solamente ai sepolcri di Foscolo.

• Rappresenta la somma del pensiero leopardiano

• Sono 7 strofe

PRIMA STROFA
Parafrasi

Qui sul fianco arido del monte Vesuvio, terribile sterminatore, 

che non è rallegrato da nessun altro albero o fiore, 

tu spargi intorno i tuoi cespi solitari, 

profumata ginestra, che ti accontenti dei deserti. 

In passato ti ho visto adornare coi tuoi fiori le campagne solitarie 

Che circondano la città che un tempo fu signora del mondo, 

e sembra che con la loro presenza cupa e silenziosa  

diano testimonianza della potenza perduta al viandante. 

Ora ti rivedo in questo luogo, 

tu che ami luoghi tristi e abbandonati dagli uomini, 

che sei compagna di grandezze in rovina. 

Questi campi coperti di ceneri sterili e ricoperti di lava indurita 

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Che risuona sotto i passi del viandante; 

dove la serpe si annida e si contorce al sole 

e dove il coniglio torna alla tana sotterranea, 

furono liete case di campagna e campi coltivati, 

e biondeggiarono di spighe e risuonarono del muggito delle mandrie; 

vi furono giardini e palazzi, 

che davano gradita ospitalità all’ozio dei potenti; 

e vi furono città famose, che l’imponente vulcano, 

eruttando dalla bocca di fuoco, distrusse insieme agli abitanti con le colate di lava. 

Oggi la desolazione avvolge tutto il paesaggio intorno, 

dove tu sei, o fiore gentile, e quasi avendo pietà dei dolori altrui 

mandi al cielo un dolcissimo profumo che consola il deserto. 

Leopardi si rifugia in una campagna vicino al Vesuvio, che ha eruttato e distrutto le città e i luoghi
vicini. L’unico segno di vita sulle pendici del Vesuvio è per l’appunto la ginestra, che fiorisce sulla
cenere, tra le pietre, dove un tempo aveva prosperato una splendida civiltà che l’eruzione del
vulcano aveva cancellato.

C’è poi una contrapposizione tra i passato di vita e di bellezza e un presente di nulla.

Il paesaggio è un paesaggio costruito su 3 quadri:

- il Vesuvio, che domina nella zona ed è la concretizzazione della potenza distruttiva della natura

- Le campagne solitarie (le Erne contrade), che rappresentano l’azione del tempo e la distruzione
ineluttabile di tutte le cose

- Ceneri e lava, che rappresentano il destino di morte di tutte le creature

v.24 = un tempo luoghi pieni di vita che il vulcano con la sua eruzione travolse.

vv.30-36 = La desolazione avvolge questo luogo, la ginestra spandendo il suo dolce profumo
funge da conforto, conforta questi luoghi desolati, quasi per pietà. Piano letterale, significato
letterale = la ginestra è l’unico fiore che può crescere in luoghi cosi privi di vita.

Primo significato simbolico: la ginestra è il simbolo della poesia, che è l’unico conforto al dolore
della vita.

C’è un’identificazione tra leopardi e la ginestra = sono accomunati dalla solitudine e dalla
resistenza ad ogni costo.

Nella seconda parte cambia il tono : nella prima parte era più lirico, nella seconda è più polemico.
Polemica nei confronti di chi esalta la condizione umana e crede che l’uomo si trovi in una
condizione privilegiata nell’universo; e questo paesaggio di morte serve a smentire chi ha fiducia
nelle possibilità dell’uomo, c’è la testimonianza di quanto valga l’uomo, di come l’uomo sia nulla

SECONDA PARTE DELLA PRIMA STROFA

Polemica nei confronti di tutte le visioni ottimistiche

Ironico nei confronti della natura

SECONDA STROFA
Continua la polemica incominciata nella seconda parte della prima strofa, e precisa chi siano i
destinatari della sua polemica, cioè i suoi contemporanei. In particolare il bersaglio è il ritorno a
concezione di tipo spiritualistico e religioso che avevano segnato gli inizi dell’800.

La colpa è quella di aver abbandonato la strada che il pensiero che aveva percorso fino a quel
momento, abbandonando la via razionale per tornare allo spiritualismo, per leopardi è un ritorno
alla barbarie medievale.

Il poeta non si unirà al coro fiducioso degli intellettuali del suo tempo, ma condannerà questo
atteggiamento dei suoi contemporanei. Atteggiamento combattivo del poeta, anche nella
consapevolezza della sconfitta sicura.

TERZA STROFA
Un uomo di umile condizione e malato 

Che abbia grandezza d’animo e nobili sentimenti 

Non si vanta né si illude  

23
Di essere ricco e forte 

E non ostenta ridicolmente una vita splendida 

E un fisico in piena salute tra la gente; 

ma senza vergognarsene non nasconde 

di essere debole e povero e lo dichiara apertamente 

e giudica la sua condizione come è in realtà. 

Non considero saggio e coraggioso 

ma stolto l’essere vivente  

Che, nato per morire, cresciuto nei dolori, 

dice: sono nato per godere 

e stende scritti che trasudano orgoglio disgustoso 

promettendo esaltanti destini e felicità mai viste, 

che il cielo intero, e non solo questa terra, ignora, 

a popoli che un maremoto, un’epidemia, 

un terremoto distruggono in modo tale che di loro 

resta a malapena il ricordo. 

L’animo nobile è quello  

che osa sollevare gli occhi mortali 

contro il destino comune e che, con sincerità, 

non sottraendo nulla al vero,  

confessa il destino doloroso che ci fu dato in sorte 

e la nostra condizione bassa e fragile; 

quella che si mostra grande e forte nella sofferenza, 

e non aggiunge alle proprie sofferenze 

l’odio e l’ira verso i suoi simili, 

danno più grave di tutti, 

incolpando l’uomo del suo dolore, ma dà la colpa 

a quella che davvero è colpevole, 

che è madre degli uomini per averli generati,  

ma matrigna nell’atteggiamento. 

All’inizio il poeta sostiene che un popolo povero e malato, se è di animo nobile, non si vanta né si
illude di essere ricco e forte, non nasconde la sua condizione ma al contrario la riconosce e la
mostra agli altri quale essa è in realtà.

Questa strofa è incentrata sul contrasto tra lo sciocco, che crede di essere nato per essere felice
e promette anche felicità a popoli che in un attimo la natura può distruggere, e l’uomo nobile che
guarda in faccia il vero, che riconosce la sua condizione, la fragilità dell’essere umano e non da la
colpa della sua infelicità ad altri uomini, ma incolpa colei che davvero è responsabile, ovvero la
natura (vv.121-125)

Chiama costei nemica e pensando, 

come è in realtà, che la società umana 

si sia unita ed organizzata all’origine, 

pensa che tutti gli uomini siano alleati tra loro, 

e li abbraccia tutti con vero amore, 

porgendo ed aspettandosi valido e pronto aiuto 

nei pericoli e nei dolori della comune guerra contro la natura. 

E ritiene stolto armarsi per danneggiare un altro uomo, 

e creare pericoli ed ostacoli al proprio vicino, 

così come sarebbe, in un campo circondato dai nemici, 

mentre infuriano gli assalti, dimenticandosi dei nemici, 

intraprendere lotte con i compagni, spingerli in fuga 

e fare strage con la spada tra i propri compagni. 

Quando tali pensieri saranno chiari al popolo 

come lo furono in passato 

e quel timore che all’inizio spinse gli uomini a stringere legami sociali 

contro la natura malvagia sarà ridotto dalla vera conoscenza 

i rapporti civili ispirati a principi di onestà e rettitudine, 

la giustizia e la pietà avranno altro fondamento 

che non le favole, 

24
basandosi sulle quali l’onestà umana suole stare in piedi 

come ciò che si fonda sull’errore. 

La vera grandezza d’animo non sta nel proclamare orgogliosamente la grandezza dell’uomo e nel
prevedere un destino felice, ma sta nel riconoscere la verità per quanto dura essa sia. L’uomo
dall’animo grande ha la sua nemica nella natura.

L’uomo grande is unisce ai suoi simili, stringe con loro una sociale catena, dando e chiedendo
aiuto contro la natura, in quella che è una guerra comune . L’uomo dall’animo grande pensa che
le guerre tra gli uomini siano una cosa stolta, è come se durante una battaglia un uomo
trascurasse i nemici e si mettesse a combattere contro i suoi compagni.

C’è una svolta nel pensiero di leopardi : nelle opere precedenti leopardi si limitava a posizioni
critiche negative, cioè a distruggere le false credenze, l’illusione di felicità rivelando il vero; adesso
c’è anche una parte costruttiva, c’è anche un’alternativa, quindi il pessimismo non lo porta alla
rassegnazione, alla mancanza di reazione davanti alla potenza e indifferenza della natura, ma è
appunto il pessimismo eroico che lo porta a combattere.

leopardi dice che quando questo sarà chiaro a tutti si potrà formare una nuova società: offre
comunque la possibilità di una società più giusta, non esclude l’infelicità ma si può essere meno
infelici. l’uomo rimane infelice per natura ma non avrà in aggiunta quella che gli uomini si
procurano a vicenda, quella che nasce dall’ostilità di altri uomini.

L’intellettuale, per la creazione di questa società, ha un compito: diffondere la consapevolezza del


vero, indicare il vero nemico, iniziare la sociale-catena (legami sociali)

QUARTA STROFA
Spesso, la notte, siedo, su queste pendici, 

che la lava solidificata veste di un manto bruno 

e sembra ondeggiare come il mare; e sulla campagna solitaria 

nel cielo di un azzurro purissimo vedo brillare le stelle, 

che il mare da lontano riflette, 

e vedo tutto il mondo brillare intorno di luci nel cielo. 

E quando fisso lo sguardo su quelle luci, 

che ai miei occhi sembrano un puntino 

e sono immense, in modo che a loro confronto terra e mare  

sono davvero un punto; alle quali 

non solo l’uomo, ma questo universo, 

in cui l’uomo è nulla, 

è del tutto sconosciuto; e quando guardo 

quei nodi di stelle, per così dire, ancor più infinitamente lontani, 

che a noi sembrano nebbia, 

a cui non solo l’uomo e la terra, ma tutte insieme le stelle 

della nostra galassia, infinite nel numero e nella grandezza,  

compreso il sole dalla luce dorata, o sono sconosciute 

o sembrano come essi alla terra, quasi un punto di luce; 

allora cosa sembri al mio pensiero, o genere umano? 

E ricordando la tua condizione, di cui è prova 

Il luogo in cui mi trovo, e poi dall’altra parte 

Il fatto che tu ti credi dato come signore e fine dell’universo, 

e quante volte ti è piaciuto inventare 

che in questo oscuro granello di sabbia che si chiama terra 

a causa tua siano scesi gli dei creatori dell’universo 

e abbiano conversato piacevolmente con gli uomini 

e che anche l’età attuale, che sembra superare tutte in conoscenza e civiltà, 

rinnovando le credenze derise, insulta i saggi; 

quale pensiero o quale riflessione nei tuoi confronti 

mi assale l’animo, o infelice prole degli uomini? 

Non so se prevalga il riso o la pietà. 

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In questa quarta strofa c’è uno stacco rispetto alla strofa precedente, perché dall’invito ai suoi
contemporanei a unirsi nella lotta contro la natura si torna al paesaggio iniziale, in cui, a differenza
della prima strofa, il poeta si immerge, e a differenza di quanto fa normalmente perché si tiene
sempre al di fuori, tiene sempre una barriera tra sé e il mondo esterno.

Leopardi dice che spesso di notte resta seduto a guardare il cielo e le stelle, che sono immense e
lontanissime ma che sembrano un puntino luminoso, in confronto alle quali il mare e la terra non
sono nulla. Le stelle ignorano il nostro universo. Dopo le stelle guarda le galassie e per le galassie
le stelle sono solo puntini luminosi. In questa immensità l’uomo è nullo.

In questa immensità si chiede come appare l’uomo. La riposta è nell’ultimo verso = non so se
prevalga il riso o la pietà, il poeta, confrontando la piccolezza all’uomo con la vastità del cielo
stellato, è combattuto tra il ridere dell’uomo e il piangere per l’uomo. Pensando all’uomo che si
ritiene al centro dell’universo e vedendo invece quale posizione abbia nell’universo, leopardi dice
non so se mi vien da ridere o da piangere per la stoltezza dell’uomo, e ritorna la polemica contro
gli intellettuali del suo tempo.

QUINTA STROFA
Come cadendo da un albero un piccolo frutto 

Che in autunno viene fatto cadere dalla maturità senza bisogno di altro, 

schiaccia, trasforma in deserto e copre in un attimo 

la casa di un gruppo di formiche, scavata con gran fatica nella terra tenera 

e distrugge il lavoro e le provviste che gli insetti laboriosi 

avevano radunato a gara previdenti in estate  con lunga fatica; 

così piombando dall’alto, scagliate in cielo dal ventre tonante del vulcano, 

le tenebre e una valanga di cenere, pomici e sassi,  

mescolata a ruscelli di lava ribollente, 

oppure un’immensa piena di massi liquefatti, 

di metalli e di sabbia infuocata scendendo furiosa 

tra la vegetazione lungo il pendio della montagna, 

devastò, distrusse e ricoprì in pochi istanti 

le città che il mare bagnava sulla costa; perciò su di quelle ora pascola la capra 

e nuove città sorgono dall’altra parte, alle quali le seppellite fanno da fondamento, 

e l’alto monte quasi calpesta ai suoi piedi le mura abbattute. 

Nei confronti del genere umano la natura non ha più attenzione  

di quanta ne abbia per le formiche: e se la strage tra quelli è più rara che tra queste 

è solo perché le stirpi degli uomini sono meno feconde. 

Leopardi riprende il tema della prima strofa, cioè la potenza distruttrice della natura.

È fondata su un paragone tra la mela, che cadendo schiaccia un formicaio, e il vulcano che ha
distrutto in un attimo le città sulla costa (fino a 230).

Da 231 alla fine = la natura non ha più considerazione per gli uomini di quanto ne abbia per una
formica. Se la stage è più rara tra gli uomini che tra le formiche è solo perché le formiche sono più
numerose, e quindi più soggette a stragi, ma alla natura non frega nulla.

SESTA STROFA
Sono passati ben 1800 anni da quando sono sparite 

popolose città, travolte dalla lava infuocata, 

e intanto il garzone che si occupa dei vigneti, 

che a fatica la terra bruciata e resa sterile nutre in questi campi, 

ancora rivolge lo sguardo preoccupato alla cima del vulcano 

da cui dipende il suo destino, che  mai diventata più mite, 

ancora è lì minacciosa, ancora minaccia la distruzione 

a lui, ai figli e ai loro poveri averi. 

E spesso il poveretto giacendo all’aria aperta tutta la notte 

Insonne sul tetto della casa campestre e balzando più volte in piedi, 

esamina il percorso della temuta lava, che dal ventre del vulcano 

si riversa sul pendio sabbioso, alla cui luce splendono 

la marina di Capri, il porto di Napoli e Mergellina. 

E se la vede avvicinarsi o sente l’acqua nel pozzo gorgogliare 

ribollendo, sveglia i figli, sveglia la moglie in fretta e  

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fuggendo via con quante delle loro cose possono, 

vede da lontano la sua casa e il piccolo campo, 

che fu l’unica difesa dalla fame 

presi dalla colata di lava incandescente, 

che arriva crepitando e li ricopre. 

Torna alla luce del sole dopo il lungo oblio la morta Pompei, 

come uno scheletro seppellito, che l’avidità  

di guadagno o la pietà riportano alla luce; 

e dalla piazza deserta, attraverso le file dei colonnati 

diroccati, il visitatore osserva da lontano 

la duplice cima e la cresta fumante, 

che ancora minaccia le rovine sparse intorno. 

E nell’orrore della notte, per i vuoti teatri, 

per i templi diroccati e le case danneggiate, 

ove il pipistrello nasconde i suoi piccoli, 

come una luce funebre che si aggiri lugubre per i palazzi vuoti, 

corre il bagliore della funerea lava, 

che rosseggia da lontano attraverso le ombre e tinge i luoghi intorno. 

Così la natura resta immobile, sempre giovane, ignara dell’uomo  

e delle età che egli chiama antiche e del venire dei nipoti 

dopo i nonni, anzi avanza con un cammino  

così lento che sembra stare ferma. 

Intanto cadono i regni, passano genti e linguaggi, 

ella non lo vede, e l’uomo si vanta di essere eterno. 

Sono passati 1800 anni dall’eruzione del Vesuvio e l’uomo è tornato a vivere nelle vicinanze, ma
vive sotto l’incubo del vulcano, come il contadino che ha i campi in una zona a rischio che guarda
preoccupato e sospettoso il Vesuvio, che è ancora li ed è ancora minaccioso. Il contadino passa
le notti sul tetto della casa a controllare il percorso della lava e se vede che si avvicina troppo a
casa o se sente l’acqua del pozzo che borbotta per l’avvicinarsi della lava, sveglia i figli e
scappano. Vivere li è vivere sempre a rischio di una nuova eruzione. (v.269)

Pompei è tornata alla luce, gli scavi hanno portato alla luce Pompei (Pompei distrutta
dall’eruzione), il Vesuvio è sempre li minaccioso = le epoche umane passano, la natura invece
dura, sempre uguale a sé stessa, cosi come il Vesuvio è ancor mobile e solido e minaccioso.

La natura resta immobile, e intanto cadono i regni, passano le genti e i linguaggi e la natura non li
considera

Il tema è quello del contrasto tra la variabilità del tempo umano e l’invariabilità del tempo della
natura = il tempo umano scorre vario, il tempo della natura scorre immutata e sempre minacciosa.

SETTIMA STROFA
E tu, flessibile ginestra, che adorni queste campagne spoglie 

con i tuoi cespugli profumati, 

anche tu presto soccomberai alla crudele potenza della lava, 

che ritornando al luogo già conosciuto in passato, 

stenderà il suo flutto avido sui tuoi morbidi cespugli. 

E piegherai il tuo capo innocente, senza opporti, 

sotto il peso mortale della lava: 

Ma fino allora non piegato invano 

supplicando vilmente il futuro oppressore; 

ma non innalzato verso le stelle con stolto orgoglio, 

né sul deserto, dove cresci e sei nata non per scelta ma per caso; 

ma tanto più saggia, tanto meno insensata dell’uomo, 

in quanto non hai creduto che le tue fragili stirpi 

fossero state fatte immortali dal fato o da te. 

Di nuovo è protagonista la ginestra, quindi la struttura del pome è circolare.

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La ginestra continua a vivere la sua esistenza precaria sotto la minaccia del vulcano e anche la
ginestra soccomberà ma non sarà stata vile pregando un potente né sarà stata stupidamente
superba, ma sarà stata cosciente del suo destino.

Inc confusione ritorna la ginestra e ritornano i significati simbolici che la ginestra ha:

- È simbolo della pietà, perché spande il suo profumo per consolare i deserti

- È simbolo della poesia che da conforto agli afflitti

- È simbolo e modello di comportamento nobile ed eroico per l’uomo, che deve riconoscere la
sua debolezza, non ritenersi eterno, non esaltarsi per orgoglio né piegarsi a supplicare i potenti

Citazione all’inizio è presa dal vangelo, di cui leopardi ribalta il senso:

- il senso originale della citazione che cita le tenebre che sono il peccato e la luce che è quella di
dio;

- leopardi le ribalta. Le tenebre sono quelle del medioevo, in cui non si riconosce il vero, la luce è
quella della ragione che illumina il vero

A sé stesso

L’ultima fase della produzione di leopardi è rappresentata dalla ginestra e dal ciclo di Aspasia.

Il ciclo di Aspasia è una serie di componimenti legati al suo amore verso Fanny, a sé stesso è una
di queste poesie e sono 5, Queste poesie seguono il percorso dell’amore per Fanny.:

- i primi due sono dedicati all’amore esplosivo dei primi momenti, il primo momento,
l’innamoramento,

- poi ci sono A sé stesso e Aspasia. Aspasia testimonia la crisi dell’innamoramento, in cui


leopardi abbandona l’illusione dell’amore e rimprovera il suo cuore per essersi illuso.

- L’ultimo componimento è una rielaborazione della storia, rivisitata a distanza, con freddezza,
rivedendo la genesi dell’amore.

Queste poesie seguono il percorso dell’amore per fanny.

PARAFRASI
Il poeta si rivolge direttamente al suo cuore:

Ora riposerai per sempre, mio stanco cuore. Ebbe fine l’estrema illusione (d’amore), che avevo
creduto fosse eterna. Sento chiaramente che dentro di noi non soltanto è morta la speranza di
belle illusioni, ma anche il loro desiderio. Riposa per sempre. Hai palpitato abbastanza. Nulla vale i
tuoi palpiti, né la terra è degna dei tuoi sospiri. La vita è amarezza e noia, nient’altro; e il mondo è
fango. Oramai càlmati. Rinuncia a sperare per l’ultima volta. Agli uomini il destino non ha riservato
che la morte (La morte è un dono, pone fine ai dolori). Ormai devi disprezzare te stesso, la natura,
il potere maligno che, di nascosto, governa per il male comune, e la infinita insensatezza di tutte
le cose.

Sul piano del contenuto è un punto di arrivo, di un percorso iniziato con l’infinito, dove c’era
ancora una possibilità di felicità; qui c’è l’abbandono volontario dell’illusione, che prima era
protagonisti (negli idilli giovanili), poi veniva recuperata attraverso la memoria (nei canti pisano-
recanatesi).

È un contenuto duro e lo stile è perfettamente coerente con il contenuto, che è altrettanto duro,
difficile, che evita ogni armonia, estremamente frammentato, in quasi ogni verso c’è un
enjambement, che serve a collegare i versi ma anche a spezzarli; ci sono più proposizioni che
versi, con un’abbondante punteggiatura; i verbi sono quasi tutti all’imperativo, che esprime più un
desiderio che una realtà, pochi aggettivi, duri, negativi e definitivi, la struttura è basata sui
sostantivi.

“pari inganni” = no superamento illusioni

STRUTTURA: 3 PARTI EQUIVALENTI DI 5 VERSI CIASCUNA

Iniziano tutti allo stesso modo, con la ripresa dello stesso concetto, lo stesso incipit
dell’imperativo che ripete il medesimo concetto; c’è l’ultimo verso che si stacca dagli altri ed ha
un tono estremamente lapidario.

APERTURA ALLA LIRICA DEL ‘900: chiusura e sintetismo, antenato della lirica novecentesca

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Il passero solitario

Il protagonista è Il passero solitario sta in disparte e si guarda intorno e che è contrapposto agli
altri uccelli stanno festeggiando.

Dopo il protagonista è il poeta che è solitario, che è contrapposto alla gioventù che festeggia

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