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Giacomo Leopardi

La vita
Giacomo Leopardi nasce a Recanati il 2 ​ 9 giugno 1798​. E’ il primo figlio del Conte Monaldo.
La formazione culturale dei Tre fratelli maggiori è affidata ai recettori casalinghi. Più importante
dell'insegnamento dei precettori e però, fin dall'infanzia, il rapporto diretto di Giacomo con la
ricchissima biblioteca paterna. Tra il 1809 e il 1816 si svolgono quei ​“7 anni di studio matto e
disperatissimo” che conferiranno alla cultura di Giacomo una vastità e una sicurezza straordinarie, a
prezzo però di irreparabili danni alla struttura fisica. Il ​1817 è un anno per più versi decisivo nella
giovinezza leopardiana. Pietro Giordani formerà lo Zibaldone, l'oggetto dell'amore è la cugina
Gertrude Cassi Lazzari. Giacomo tenta la fuga dalla prigionia familiare, ma scoperto dal padre alla
vigilia della partenza, rinuncia, avendo in un abbattimento ancora più profondo. Anche le
condizioni fisiche non sono buone: una malattia agli occhi gli rende a lungo impossibile ogni
applicazione. Leopardi vive Dunque Recanati in tensione Continua con la famiglia, e vorrebbe
avviarlo alla carriera ecclesiastica. Allo ​Zibaldon​e affida un gran numero di riflessioni e spegne la
sua cosiddetta “​ conversione filosofica”​.

La ​ricerca poetica​si svolge lungo due filoni principali


➜ la poesia sentimentale degli I​ dilli
➜ la poesia impegnata delle grandi C ​ anzoni Civili​.

Nel 1822 Giacomo può lasciare Recanati per un deludente soggiorno di pochi mesi a Roma.
Tornato a Recanati, si congeda provvisoriamente dalla poesia e si dedica alla stesura delle ​Operette
Morali.​ A partire dal 1825 vive a lungo lontano da Recanati:

▸​luglio 1825 - novembre 1826: ​Bologna e Milano


▸​aprile 1827 - novembre 1828: ​Bologna, Firenze e Pisa
▸​novembre 1828 - aprile 1830: ​Recanati

Una sottoscrizione degli amici toscani gli permette di tornare a firenze, dove, dall’autunno, si
trasferisce insieme all’amico Antonio Ranieri. Nell’ottobre 1833 si trasferisce a Napoli. Qui muore
il 1
​ 4 giugno 1837​.

Oltre ai ​Canti​, l​ e maggiori opere leopardiane sono:


◈ l​ o ​Zibaldone
◈ le ​Operette Morali
◈ I​ Paralipomeni della Batracomiomachia
Canzoni Civili (1818-1822) Ciclo di Aspasia (1832-1834)
All’Italia, Ad Angelo Mai, Bruto Minore ecc. Il pensiero dominante, Amore e morte, A se
stesso
Idilli (1819-1821)
L’infinito, La sera del dì della festa ecc. Canzoni sepolcrali (1834-1835)

Prime Operette morali (1824) Testi di satira filosofico-politica


venti operette (1831-1835)
Paralipomeni della Batracomiomachia,
Seconde Operette morali (1827-1832) Palinodia al marchese Gino Capponi

Canti Pisano-recanatesi o Grandi Idilli La Ginestra (1836)


(1828-1830)
A Silvia, le Ricordanze, Canto notturno di un
pastore errante dell’Asia, La Quiete dopo la
tempesta, Il sabato del villaggio

Le Lettere
Di Leopardi ci restano 931 lettere. Numerosi e svariati sono i destinatari; molte delle lettere più
significative sono rivolte ai famigliari. Le lettere al padre testimoniano le difficoltà del rapporto,
poichè Monaldo è lontano anche ideologicamente dal figlio. In quelle rivolte alla sorella Paolina,
Giacomo riconosce in lei l’alter ego più affidabile a cui confidare le proprie speranze.
Tra il nucleo più antico delle lettere spiccano quelle rivolte a Pietro Giordani, nel quale Leopardi
identificò un decisivo punto di riferimento.
Leopardi affida volentieri alla comunicazione epistolare le proprie posizioni ideologiche, morali e
artistiche, poichè restano riservate ad un ambito personale.

Gli anni della formazione - Erudizione e filologia


La grande arte leopardiana nasce da un incontro di complesse circostanze storiche e individuali.
Non c’è dubbio che un’importanza grandissima ha avuto la formazione culturale dell’autore. La
biblioteca del padre offre a Leopardi bambino e adolescente un’opportunità di impegno
esistenziale profonda. Egli infatti coglie quest’ opportunità gettandosi nello studio “matto e
disperatissimo”.
Il rapporto con Giordani modifica l’atteggiamento leopardiano, dando alla sua solida erudizione e
alla sua competenza filologica una dimensione filosofica e civile.
Leopardi accoglie dall’Illuminismo la fiducia nella scienza e nella ragione, applicando però un
contenuto ancora cattolico. Solo dal 1815-16 (con la cosiddetta “conversione letteraria) si delinea
un modello di intellettuale moderno.
L’attività erudita dei primi anni da i suoi risultati migliori in campo filologico. La padronanza
assoluta del latino e del greco, nonchè la buona conoscenza dell’ebraico e del sanscrito, fanno di
Leopardi un eccellente filologo.
Il “sistema” filosofico leopardiano
Si è a lungo negato che il pensiero di Leopardi abbia una rilevanza filosofica. Esso mancherebbe di
speculazione, coerenza e originalità. ​La mancanza di un’elaborazione filosofica sistematica non
vuol dire che Leopardi sia un pensatore asistematico. Egli stesso parla anzi spesso di un suo
“sistema” e definisce “teorie” alcune proprie riflessioni di particolare importanza generale.
I due criteri guida sui quali tenta di adeguare le proprie riflessioni sono:

↪ rispondenza alle esigenze profonde dell’individuo


↪ rispondenza ai caratteri della condizione umana

Il vero che interessa Leopardi è il ​vero esistenziale dell’io e il ​vero sociale ​dei molti. Ogni ipotesi
deve perciò essere verificata al cospetto della propria esperienza e al cospetto della molteplicità delle
esperienze umane.
I termini nei quali Leopardi organizza la propria prima riflessione filosofica sono quelli
dell’illuminismo settecentesco. E’ percepibile infatti la presenza di Rosseau.
Leopardi affronta subito la questione dell’​infelicità umana​→ la ​Natura​è infatti considerata
un’entità positiva perchè produce s​ olide
illusioni ​che rendono l’uomo capace di
virtù e grandezza.L’uomo non era destinato
ad essere felice sulla terra, ma le illusioni
potevano fargli credere che la felicità fosse raggiungibile.

L’​infelicità dell’uomo​è un dato storico gli antichi erano ancora capaci di grandi illusioni, i
moderni le hanno perdute quasi completamente
= ​PESSIMISMO STORICO

Teoria del piacere ⟶ L’uomo aspira naturalmente al piacere. Ma il piacere desiderato è sempre
superiore al piacere conseguito o conseguibile. Il desiderio è illimitato, quindi è destinato a
rimanere insoddisfatto. Dunque l’uomo cerca sempre di raggiungere la felicità nel futuro.

Ora non sono più le condizioni storiche a essere indicate quale causa dell’infelicità, ma le
condizioni esistenziali dell’uomo = ​PESSIMISMO COSMICO
Da una parte la civiltà è l’arma attraverso la quale l’uomo ha smascherato la verità della propria
condizione. D’altra parte però la civiltà, sottraendo l’uomo al dominio delle forze naturali e delle
illusioni, lo ha reso più egoista e fragile.

La Poetica : dalla poesia sentimentale alla


poesia-pensiero
Il rifiuto del Romanticismo nel Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica riguarda
innanzitutto il rapporto tra poesia e sensi. I romantici, secondo Leopardi, vogliono trasmutare la
poesia da una valenza materiale in metafisica spirituale.
Leopardi propone invece una poesia capace di servirsi dei sensi per provocare un effetto forte.
L’origine di ogni emozione artistica è nel rapporto con la natura, più diretto negli antichi e più
complesso nei moderni.
Il classicismo leopardiano si fonda su questa condanna del presente, che è il punto di avvio della sua
riflessione. Egli si distacca dalla natura, dal prevalere della riflessione e della ragione
sull’immaginazione e sulle illusioni. Più in generale,si trovano anche in Leopardi alcuni importanti
aspetti dell’immaginario romantico,quale la scissione io-mondo e la tensione tra uomo e natura. Vi
sono poi anche in Leopardi i temi dell’angoscia,del dolore,dell’infinito,del mistero,uniti
all’atteggiamento combattivo e al motivo del canto lirico. D’altra parte Leopardi resta poi
irriducibile al Romanticismo per l’ideologia materialista,per il rifiuto dell’irrazionalismo in tutte le
sue forme,per la poetica classicista.
Per Leopardi la poesia deve essere in grado di corrispondere all’aspirazione umana al piacere
servendosi di specifiche tecniche. L’immaginazione si esercita nella memoria e nel desiderio. Perciò
la poesia deve essere in grado di utilizzare la prospettiva del ricordo e di dare voce alla tensione verso
il piacere.

Un nuovo progetto di intellettuale


Se il fine inevitabile della ragione è distruggere le certezze, infondate ma necessarie, su cui si basa la
vita degli uomini, l’intellettuale delineato da Leopardi dovrà infine associare un esercizio radicale di
istruzione con un progetto di rifondazione per il momento soltanto ipotizzabile.

Lo Zibaldone di pensieri: un diario del pensiero


A 19 anni, Leopardi inizia a depositare le proprie riflessioni in un quaderno: ​lo Zibaldone di
pensieri. Il titolo allude alla varietà disordinata dei temi affrontati, e al carattere frammentario e
provvisorio della scrittura. Al primo quaderno se ne aggiungono altri, e infine lo Zibaldone arriverà
a contare ben 4526 pagine. A partire dalla pagina 100 tutti gli appunti sono puntigliosamente
datati. L’imponente mole di materiale restò affidata a Ranieri per 50 anni dopo la morte di
Leopardi; Benchè oggi disponibile in numerose edizioni, lo Zibaldone non nasce come opera per il
pubblico. E’ una specie di diario intellettuale, nel quale l’autore non manca di annotare anche
episodi autobiografici e impressioni dirette. Più che confessioni personali, Leopardi infatti fissa tra
le pagine dello Zibaldone le proprie riflessioni di studio. Vi sono numerosi pensieri di carattere
tecnico filologico, o tecnico-linguistico. Vi sono poi riflessioni libere intorno a questioni letterarie,
filosofiche, di costume.

Le Operette Morali
Il ​1824 è l’anno delle ​Operette Morali. Tra il gennaio e il novembre, Leopardi scrive 20 prose di
argomento filosofico, di taglio satirico, in forma o di narrazione o di discorso o di dialogo. Una
prima edizione contiene solo le 20 operette composte nel 1824;
Ma nel 1825 ne è stata composta un’altra, cui nel 1827 si aggiungono altre 2, e 2 ancora nel 1832,
per un totale di 25. L’edizione definitiva quando Leopardi muore, postuma a cura di Ranieri,
contiene 24 operette, essendone stata eliminata una secondo la volontà ultima dell’autore.
Le ​Operette Morali ​si aprono con la storia del genere umano, una prosa che narra le vicende
dell’umanità. Queste sono raggruppate in varie epoche, tutte segnate dalla ​disperata ricerca della
felicità​. Posti dagli dei in un mondo senza varietà, gli uomini si annoiano, al punto di arrivare a
uccidersi. Gli dei rendono allora più variato l’aspetto delle cose. Infine Giove si decide e manda
sulla terra dolori e malattie; inoltre sparge tra gli uomini alcuni “fantasmi”, quali Giustizia, Virtù,
Gloria, Amor Patrio. E’ così che Giove manda tra gli uomini la verità, richiamando a sè tutti gli altri
geni. Dall’illusione dell’amore, gli uomini vivono da quel momento nella più completa e
consapevole infelicità. Il medesimo tema e anche nel successivo titolo dell’opera ​“Dialogo della
natura e di un’ anima”​, ma in forma dolente e malinconica.
Dialogando con un’anima destinata ad essere grande nella vita terrena, la Natura le annuncia di
doversi attendere maggiore infelicità. Infatti quanto maggiore la grandezza di un animo, tanto
maggiore è la sua sensibilità. Tra i testi più complessi delle Operette sta ​“La Scommessa di
Prometeo”, che alterna parti narrative a battute dialogate. Prometeo sostiene che l’uomo è l’essere
più perfetto dell’universo, ma Momo non è d’accordo. Ne nasce una scommessa da risolvere
verificando nei 5 continenti la condizione degli uomini.
Il tema dell’infelicità è ricondotto infine al suo nucleo filosofico con il successivo ​“Dialogo della
Natura e di un Islandese” . L’islandese ha fuggito tutta la vita la natura, convinto che essa
perseguiti gli uomini rendendoli infelici. Nel dialogo tra i due emerge la completa indifferenza della
natura al bene e al male degli uomini, ed è la natura stessa ad affermare le leggi di un rigoroso
materialismo.
Nel ​“Dialogo di Plotino e di Porfirio” convergono temi del pensiero leopardiano dell’infelicità
umana e in particolare la questione del suicidio. Plotino si è reso conto che l’amico ha intenzione di
uccidersi e tenta di dissuaderlo. I 2 filosofi neoplatonici convengono in un giudizio radicalmente
negativo. Infine Plotino affida il tentativo conclusivo di persuadere Porfirio a rinunciare alla morte
e agli argomenti pragmatici e sociali → ​Il suicidio accresce l’infelicità dei viventi, provocando un
enorme aumento di dolore nelle persone care del suicida.

Speculazione teorica, scelte stilistiche e filosofia


sociale nelle Operette Morali
Nelle ​Operette Morali confluisce il nucleo della riflessione filosofica leopardiana, elaborata tra il
1819 e il 1823: il pessimismo, il materialismo, la critica alle ideologie borghesi della restaurazione.
Leopardi concepisce le operette quale opera unitaria e organica, tuttavia ne organizza la struttura
nel modo più variato e disorganico possibile.
I caratteri salienti della satira sono:
○ ricorso al registro comico per rappresentare un contenuto tragico
○ contaminazione dei generi e delle forme ⟶ dialoghi greci di Luciano come modello di
riferimento

I temi principali che vengono affrontati nelle operette sono:


▶T ​ eoria del Piacere ⟶​ si riconnette al tema della natura e della civiltà
▶ Virtù ​⟶ è un concetto che non corrisponde ad alcuna sostanza, non riceve altro che derisione e
discredito

Lo Stile delle ​Operette risente della contaminazione dei generi. Si va perciò ad un registro lirico-alto
ad uno filosofico-medio a uno infine colloquiale.
Le ​Operette ​possono essere “morali” solo a patto di proporre una nuova forma di moralità che si
punta mettere in risalto il limite della condizione naturale dell’esistenza: riderne può confortare gli
uomini. Queste operette vogliono assolvere 3 funzioni fondamentali:
○ r​ appresentare la necessità del dolore per gli uomini
○ smascherare e deridere le illusioni consolatorie
○ additare un modello di reazione all’infelicità

DIALOGO DELLA NATURA E DI UN ISLANDESE


Questo dialogo fu scritto nel maggio 1824. Esso ha un significato centrale nella riflessione filosofica
leopardiana, poichè affronta il tema della natura nella quale crolla ogni fiducia, in quanto
considerata spietata, indifferente al destino dell’umanità.

I Canti
La produzione in versi di Leopardi è raccolta nei ​Canti​. La prima edizione conteneva 23 testi, la
seconda ne conteneva 39. Il testo più antico è del 1816 e i più recenti si spingono fino alla vigilia
della morte di Leopardi.
I ​Canti non presentano una struttura unitaria; è possibile invece individuare un principio
organizzativo interno, fondato su criteri di genere e cronologici. Il libro per esempio è aperto da
nove canzoni composte tra il 1818 e il 1822. Si trovano anche raggruppati i cinque idilli composti
tra il 1819 e il 1821, nonchè le cinque grandi canzoni libere del 1828-30. Nuclei unitari sono quelli
del “​Ciclo di Aspasia​” e delle due canzoni sepolcrali. Si può riscontrare uno sviluppo poichè si
passa dall’impegno eroico-agonistico delle canzoni civili di apertura (​All’Italia e ​Ad Angelo Mai​) al
titanismo tragico delle canzoni del suicidio (​Ultimo canto di Saffo e ​Bruto minore​). Infine vi sono i
grandi temi della memoria, della natura e del senso della vita (​A Silvia, Le ricordanze, Canto
notturno di un pastore errante dell’Asia, La Quiete dopo la tempesta e Il sabato del villaggio​) e la
Ginestra.
Il titolo allude al carattere lirico-melodico riscontrabile soprattutto nei grandi testi del 1828-30. Se
dal punto di vista metrico Leopardi impiega endecasillabi e settenari e le forme della canzone e del
verso sciolto, la particolare organizzazione valorizza al massimo il rapporto tra metrica e sintassi.

I Paralipomeni della Batracomiomachia


La prova più impegnata e alta nel registro satirico è però costituita dai Paralipomeni della
Batracomiomachia, un breve poema eroicomico di otto canti in ottave composto tra il 1831-35.
“​Paralipomeni​” (= cose tralasciate) - ”​Batracomiomachia​” (= guerra delle rane e dei topi).
L’argomento del racconto è dunque fiabesco, riguarda infatti lo scontro tra i topi abitatori di
Topaia e i granchi invasori. Ma dietro alla trama fiabesca si nasconde un intento sarcastico e
polemico. Gli animali e le loro vicende hanno un valore allegorico. Nei granchi si possono
riconoscere gli austriaci e nei topi i liberali italiani. Nelle vicende sono rappresentati alcuni
avvenimenti storici. Del nostro Risorgimento sono delineati la tendenza ai compromessi con i
vecchi interessi e con i poteri di sempre, il velleitarismo, l’opportunismo, la mancanza di una
conoscenza pragmatica.
Il racconto inizia con la rotta dei topo davanti alla vittoria dei granchi. I topi inviano presso i
nemici quale ambasciatore il conte liberale Leccafondi. A questi il generale dei granchi Brancaforte
impone dure condizioni di pace, esponendogli il ​“principio dell’equilibrio”​, secondo cui spetta ai
granchi di garantire la giusta relazione tra gli stati esistenti. I topi intanto eleggono un re
costituzionale, Rodipane. Dopo una digressione sull’origine della civiltà viene descritta la vita di
Topaia durante la monarchia costituzionale. E’ evidente la parodia di quei patrioti che contavano
solo nell’aiuto straniero per liberare l’Italia dagli austriaci.

Capitolo II: i Canti


Composizione, struttura e titoli
La produzione poetica significativa di Leopardi è tutta racconta nei ​Canti, ​con sola eccezione del
poemetto in ottave ​Paralipomeni della Batracomiomachia​. La prima edizione dei ​Canti,
contenente 23 testi, uscì nel 1831. Una seconda (39 testi) fu stampata nel 1835; la terza e definitiva
(41 testi) uscì postuma nel 1845. Prima di pensare al libro dei ​Canti, Leopardi pubblicò numerose
stampe parziali dei testi via via composti, tra cui ​Canzoni ​(1824) e ​Versi (1826). Tali edizioni
attestano la capacità dell’autore sull’aver lavorato a due filoni diversi, uno di tipo
patriottico-civile-filosofico (Canzoni) e uno evocativo-sentimentale-esistenziale (idilli).
La suddivisione poetica leopardiana si può suddividere in 3 fasi:

▸Prima fase (1818-22): I ​Canti ​si aprono con un gruppo di nove canzoni concluso dalla seconda
canzone del suicidio “L’ultimo canto di Saffo”. Parallelamente alla stesura delle canzoni civili
nascono gli Idilli (1819-21). Si tratta di 5 testi: L’infinito, la sera del dì di festa, Alla luna, Il sogno,
la vita solitaria. Tra le canzoni e gli Idilli vi sono 2 testi: Il primo amore, Il passero solitario, che
fungono da cerniera tra i due diversi filoni di ricerca. Gli idilli, a differenza delle canzoni,
presentano un punto di vista lirico-soggettivo. Ciò non esclude, tuttavia, un orientamento
riflessivo.

▸Seconda fase (1828-30): Nei sei anni che vanno dal 1822 al 1828 Leopardi si dedica alla prosa
Operette Morali ​e compone solo due testi poetici: ​Alla sua donna ​e ​Al conte Carlo Pepoli​. La
loro collocazione centrale nella struttura dei ​Canti ​serve a mettere in comunicazione la parte più
antica delle canzoni e degli idilli con quella successiva dei grandi ​Canti Pisano-Recanatesi​,
fiorentini e napoletani. Nella primavera 1828 Leopardi torna alla poesia, componendo in poche
settimane ​Il Risorgimento e ​A Silvia​. Nei due anni successivi, a Recanati, nasceranno ​Le
Ricordanze, Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, La quiete dopo la tempesta,
Il sabato del villaggio (​forse anche ​il Passero solitario​).

▸Terza fase (1831-37): Un insieme inedito e significativo di vicende umane e culturali spinse
Leopardi, negli anni conclusivi della sua vita a tentare un radicale rinnovamento poetico. Sul piano
tematico la produzione di questo periodo si orienta in 3 direzioni fondamentali:
- L’Amore come passione concreta e vissuta ​→ i cinque testi del​ Ciclo di Aspasia
-La riflessione filosofica in un’ottica negativa e antidealistica → le canzoni sepolcrali e la
Ginestra
- ​L’intervento ideologico-politico sia per rifiutare i miti moderati di progresso, sia per
avanzare una proposta di solidarietà basata sulla disillusione → ​la Palinodia al marchese
Gino Capponi​e ​La Ginestra
Gli Idilli : temi, stile e composizione
Gli idilli presentano un punto di vista lirico-soggettivo. L’espressione di una condizione interiore
personale si associa a un bisogno di interrogazione e di riflessione speculativa. Un’altra importante
differenza rispetto alle canzoni è il linguaggio, che si nota negli idilli con un lessico più comune.
Dal punto di vista metrico è abbandonata la forma della canzone per l’endecasillabo sciolto.

L’infinito → ​presenta un complesso itinerario immaginativo e conoscitivo con riferimenti


materiali e sensoriali. Si contraddistingue per la sua brevità.
La sera al dì della festa ​→ alterna il confronto con un intenso paesaggio notturno dominato
dalla luna e dalla distanza indifferente della donna amata e la riflessione turbinosa sull’immensità
del passato (individuale e storico) perduto e irrecuperabile.
Alla Luna ​→ ​presenta ancora un paesaggio notturno rischiarato dalla luce lunare; ma la
ricorrenza di un anniversario rende questa volta con leggerezza la solitudine del poeta, che può
abbandonarsi al piacere del ricordo.

I canti pisano-recanatesi
Le analogie tematiche o strutturali intercorrenti tra questi componimenti li isolano nel corpo della
produzione leopardina. E’ da respingere la definizione di “Grandi Idilli” poichè tende a mettere in
risalto la continuità con gli idilli giovanili.

A Silvia ​→ è il primo esempio di canzone libera nella poesia leopardiana. Il tema riporta alla
giovinezza recanatese. La tisi che uccide Silvia e la delusione che colpisce tutte le speranze di
Giacomo sono testimonianza di un destino generale dell’uomo.
Canto notturno di un pastore errante dell’Asia → ​introduce a parlare un uomo vissuto
lontano dalla civiltà occidentale. In un colloquio notturno e solitario con la luna e in una
riflessione sulla propria vicenda e sulla condizione umana in generale, il pastore formula varie
ipotesi di senso, giungendo infine a tratteggiare una concezione pessimistica della vita. Il desiderio
di ricevere risposte dalla natura si scontra con l’indifferenza assoluta dell’universo.
La quiete dopo la tempesta e il Sabato del villaggio ​→ rappresentano due momenti della vita
recanatese: il ritorno del sereno dopo un temporale e la vigilia di una festa. Secondo Leopardi gli
unici piaceri consistono nella cessazione provvisoria di un dolore o nell’attesa illusoria di un bene
che sta per venire. Se la fine di un dolore è esso stesso un piacere, allora la morte sarà il piacere più
grande perchè porrà fine a tutti i nostri dolori.
Il passero solitario ​→ è scritto dal punto di vista della giovinezza, paragonando la propria vita a
quella del passero solitario nel titolo. Qui il poeta vi riscontra numerose analogie quali l’amore per
la solitudine, la propensione al canto, il rifiuto del piacere della giovinezza. Ma più forte e
significativa risulta la differenza delle due esistenze; mentre il passero guidato dall’istinto naturale
non piangerà di aver sprecato il tempo migliore della sua vita senza goderne, il poeta invece
rimpiangerà tutto ciò.

I​ l ciclo di Aspasia
A Mettere inizialmente il moto il rinnovamento poetico leopardiano é l'esperienza dell'amore
vissuta con Fanny Targioni Tozzetti, da lui amata senza essere ricambiato. La donna è chiamata
Aspasia: il nome di una prostituta amata da Pericle. Il tema romantico di ​Amore e Morte è
affrontato con un rovesciamento dei pregiudizi comuni, poichè la morte è paragonata ad una
bellissima fanciulla. Una rievocazione della vicenda dell’amore per Fanny è l’ultimo dei cinque
canti del ciclo, Aspasia. Qui è ricordato l’incontro con la donna, in cui Giacomo elabora il suo
fallimento. L’amore perciò costituisce una sorta di illusione ed è la dimostrazione più profonda
dell’infelicità umana. Per questo l’amore si associa alla morte quale bene supremo per gli uomini.

Le canzoni sepolcrali
Le due canzoni sepolcrali sono per molti aspetti testi gemelli. Sono due le accuse rivolte alla natura
e alla condizione umana:
-aver reso terribile la morte temuta agli occhi umani
-aver voluto e previsto la perdita delle persone care, evento che viene a spezzare quei legami che
l’uomo era riuscito a creare.
La seconda canzone sepolcrale si sofferma sul contrasto tra la bellezza della donna quale è ritratta
sulla lapide funebre e l’orrore della sua condizione ora che, morta, si va decomponendo nella
tomba. La condizione dell’uomo determina dunque una contraddizione dolora tra la sensibilità alla
bellezza e agli altri valori umanamente condivisi.

Il messaggio conclusivo della Ginestra


Con la ​Ginestra (o ​il fiore del deserto​), Leopardi si sofferma intorno al senso e al destino
dell’uomo fino ad avanzare ad una proposta sociale fondata sull’alleanza tra gli uomini e su un
modello equo e solidale di società. Il paesaggio desolato del Vesuvio è il luogo-simbolo della
condizione umana sulla terra. Su questa considerazione si innesta la critica verso le tendenze
filosofiche dominanti negli anni della Restaurazione, improntate a uno spiritualismo religioso e a
una prospettiva sociale progressista. Il valore della ​Ginestra si è imposto nel secondo dopoguerra
grazie al riconoscimento dei caratteri nuovi della poetica su cui essa si fonda. Da qui nasce una
prospettiva nuova per tutti gli uomini e ipotesi positiva di società giusta e solidale.

La natura matrigna e il male di vivere


In un passo dello ​Zibaldone​, l’indifferenza della natura viene registrata in un giardino di fiori nella
stagione più bella, con il rovesciamento del topos antico del ​locus amoenus ​( = luogo delle delizie).
con una generalizzata affermazione del male universale della quale si ricorderà Montale in un testo
famoso degli Ossi di seppia: spesso il male di vivere ho incontrato. Dalla ​natura matrigna
della quale Leopardi parla nella ​Ginestra siamo passati al ​male di vivere di Montale; con
l’aggravante che mentre Leopardi confida nell’opportunità per gli esseri umani di allearsi in una
lotta solidale contro la natura, soccorrendosi a vicenda, almeno nella stagione iniziale della sua
ricerca Montale ipotizza solo la speranza, davvero minima, di un individuale difesa
nell’indifferenza, cioè nel distacco e nella rinuncia alle passioni.

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