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Un'importanza ha avuto la formazione culturale dell'autore. La biblioteca del padre Monaldo offre
a Leopardi un'opportunità di impegno esistenziale profondo. Il rapporto con Giordani e la scelta di
impegnarsi nel presente intervenendovi, modificano l'atteggiamento di leopardi dando alla sua
solida eruzione e alla sua competenza fisiologica una dimensione filosofica e civile. Leopardi
accoglie dall'illuminismo la fiducia nella scienza, nella ragione e nella ricerca sperimentale della
verità. Ma applica questa formazione razionalistica è illuministica ha un contenuto ideologico
ancora esplicitamente cattolico. L'adesione al classicismo si configura come un tentativo di
rilanciare nel corrotto presente le virtù degli antichi, servendosi dei loro modelli di stile. L'attività
erudita dei primi anni dai suoi risultati migliori in campo fisiologico. La padronanza assoluta del
latino e del Greco, nonché la buona concezione dell'ebraico fanno di Leopardi un'eccellente
filologo. Le attività filologica di Leopardi si accompagnano a un'attenzione alla evoluzione storica
delle lingue e degli stili e ai rapporti tra lingue diverse. Molti scritti filologici leopardiani sono
concentrati negli anni della prima giovinezza. Nello Zibaldone non cessano di depositarsi
occasionalmente appunti e osservazioni fino al 1932. Oggi si corre il rischio di fare di Leopardi un
pensatore grande proprio perché non sistematico e neanche rende, grande proprio perché è
aperto e privo di teologia. Ciò significa adattare Leopardi a categorie successive di sistematicità
concettuale. E dunque più che mai necessario concentrarsi sulle coordinate essenziali e del
pensiero leopardiano. Non c'è nessun altro autore della nostra storia letteraria eccettuato Dante,
per il quale ogni elemento della rappresentazione sia altrettanto legato al piano concettuale. La
mancanza di un elaborazione filosofica sistematica non vuol dire che Leopardi sia un pensatore
sistematico. Ciò che manca di sistematicità è il metodo leopardiano di indagine che può essere
definito aperto. Leopardi rifiuta un uso specialistico della speculazione filosofica. Il vero che
interessa Leopardi è il vero esistenziale dell'io ed è il vero sociale dei molti. Leopardi affronta
subito il problema dell'infelicità umana che non dipende dalla natura. La natura è Infatti
considerata un'entità positiva e benefica, produce solide e generose illusioni, che rendono l'uomo
capace di virtù di grandezza. La civiltà umana ha però distrutto le illusioni. L'uomo non era
destinato a essere felice sulla terra, ma lei illusioni lo proteggevano dal rendersene conto.
L'infelicità dell'uomo non è dunque un dato costruttivo ma storico: gli antichi erano ancora capaci
di grandi illusioni mentre i moderni le hanno perdute quasi completamente. Si parla perciò per
questa prima fase del pensiero leopardiano di pessimismo storico perché l'infelicità umana è
ritenuta il frutto di una condizione storica. Per i moderni, dei margini è possibile recuperare le
grandi illusioni degli antichi attraverso l'azione e l'eroismo e in particolare attraverso il rischio il
disprezzo della vita in nome di una sfida al destino. Tra il 1819 e il 1823 questo sistema della
natura e delle illusioni entra in crisi a causa del modificarsi dei vari elementi che lo sorreggono e
viene meno l'adesione di Leopardi al cattolicesimo, ed egli abbraccia definitivamente il sensismo
illuministico. Negli anni 1800 19823 Leopardi acquisisce un punto di vista rigorosamente
materialistico ispirato al meccanicismo settecentesco. "Il corpo è l'uomo" conclude Leopardi:
dunque "il corpo pensa". La causa dell'infelicità umana è indicata nel rapporto tra il bisogno dell'
individuo di essere felice e le possibilità di soddisfacimento oggettivo. Nasce quella che Leopardi
chiama teoria del piacere. L'uomo aspira naturalmente il piacere ma il piacere desiderato è
sempre superiore al piacere effettivamente conseguibile. Queste riflessioni comportano una
ridefinizione del concetto stesso di natura, la natura era considerata incapace di garantire ai
viventi la felicità; ma le illusioni bastavano a farla considerare quale madre benevole. Ora la
responsabilità dell'infelicità umana è fatta invece di cadere per intero sulla natura. Ora non sono
più le condizioni storiche a essere indicate quale cause dell'infelicità, ma le condizioni esistenziali
dell'uomo, si parla per questa seconda fase del pensiero leopardiano di pessimismo cosmico. Il
procedere della civiltà è ancora considerato quale movimento opposto alla natura. Ma la
condanna della civiltà si sostituisce ora una considerazione complesse ambivalente di essa positiva
e negativa allo stesso tempo. Da una parte la civiltà è l'arma attraverso la quale l'uomo ha
smascherato la verità della propria cognizione, dall'altra parte però la civiltà sottraendo l'uomo al
dominio delle forze naturali e delle illusioni lo ha reso più egoista e più fragile. Ad allargare la
portata del pessimismo leopardiano concorse anche la scoperta del pessimismo antico che mise in
crisi il mito dell'antichità felice. Tra il 1823 il 1827 la riflessione leopardiana trovò un approdo
provvisorio in una specie di saggezza distaccata ed espone nelle operette morali i risultati
pessimistici della propria filosofia. Nell'ultima fase torna in primo piano l'esigenza dell'impegno
civile. A partire dal dialogo di Plotino e di Porfirio delle operette si assiste a una valorizzazione del
momento sociale dell'esperienza umana. Ciò consente fra l'altro di rispondere una volta per tutte
alla questione del suicidio frequentemente affrontate da Leopardi: esso costituisce una vilta e un
errore perché provoca dolore ai superstiti rendendo loro più insopportabile la vita. Da questa
intensa pietà per il genere umano deriva la possibilità di ricostruire una morale fondata sul
sentimento della fraternità sociale. A questo punto il pensiero leopardiano assume i connotati di
un progetto di civiltà. Leopardi trasferisce a tutti gli uomini i valori del titanismo alfieriano, nati
quale opposizione aristocratica di un eroe singolo alla massa del volgo. Sta qui la democraticità del
pensiero leopardiano ultimo.
Leopardi propone una poesia capace di servirsi dei sensi per provocare sul lettore un effetto forte.
La poesia ha la funzione di ristabilire sul piano dell'immaginazione, quel rapporto primitivo e
diretto, con la natura che la civiltà e la ragione hanno distrutto. Il classicismo leopardiano si fonda
su questa condanna del presente. La modernità è segnata dal distacco della natura, dal prevalere
della riflessione e della ragione sull'immaginazione e sulle illusioni. Alla poesia compete di
garantire un'estrema appiglio a un vero e proprio bisogno antropologico di illudersi, di
immaginare, di fantasticare. La poesia deve avere per Leopardi una funzione sociale. Per Leopardi
la prospettiva sociale ha invece un significato più profondo. Non si tratta di favorire un modello di
cambiamento ma si tratta di tenere vivi dei modi di sentire caratteristici dell'uomo e ben sviluppati
nel mondo antico. Dall' illuminismo Leopardi recupera e potenzia la componente sensistica. Il
classicismo leopardiano non ha nulla di tradizionalista e di riduttivo. Si ritrovano anche in Leopardi
alcuni importanti aspetti dell' immaginario romantico. D'altra parte Leopardi resta poi irriducibile
al Romanticismo per l'ideologia materialistica. La poesia deve essere in grado di corrispondere
all'aspirazione umana Al piacere servendosi di specifiche tecniche, deve perseguire a una
espressività a sua volta indeterminata. Ed essa deve essere in grado di utilizzare la prospettiva del
ricordo e di dare voce alla tensione verso il piacere costituendone già una forma di
soddisfacimento. L'evoluzione del pensiero leopardiano segna anche i modi della sua poetica. A
partire dal 1823 la crisi del sistema della natura e delle illusioni determina un nuovo orientamento
di fondo; ne consegue il rifiuto almeno provvisorio della poesia. La rinascita della poesia a partire
dal 1828 non rinuncia ad alcuni dei termini chiave della poesia giovanile: la prospettiva della
memoria da anzi in questa fase i suoi risultati più alti e la ricerca del vago e dell'indefinito non
cessa di costituire una specificità della scrittura poetica leopardiana. In queste condizioni muta il
compito sociale della poesia che non deve essere più di restaurare la forza delle illusioni ma di
stabilire il vero e comunicarla agli uomini. Leopardi attribuisce alla poesia alla letteratura
un’importanza grandissima. Egli interpreta il ruolo di scrittore in modo assai lontano dai termini
tradizionali. sono rifiutate le concezioni dell’arte come produzione di bellezza per il godimento dei
fruitori o come nobile esercizio di decoro. questo rifiuto fa di leopardi il continuatore delle
tendenze più democratiche dell’illuminismo. D’altra parte è però distante da ogni riduzione della
letteratura ad un ruolo di servizio. da questo punto di vista egli è dunque lontano sia
dall’illuminismo che dei romantici italiani. La posizione di leopardi risulta isolata e eccentrica.
Scrivere significa per lui esprimere il mondo concreto di un io determinato. In questo senso si
spiega l’inclinazione lirica della scrittura di leopardi. L’io di leopardi è fatto di corpo di sensazioni,
di storicità materiale oltre che essere sempre sensibile. Ciò determina la dimensione civile della
scrittura leopardiana. Prevale la tendenza a distruggere cioè la tendenza a smantellare il carattere
illusorio dei miti e delle ideologie. La concezione leopardiana dell’intellettuale rivendica la base
antropologico - empirica della ricerca filosofica. In questa prospettiva si definisce il progetto
leopardiano di intellettuale. Tale progetto assume i tratti eroici di una sfida estrema e senza
garanzie. È su questo terreno individuale e antropologico che nasce la ricerca leopardiana di un
senso. E tale ricerca riguarda sia la condizione naturale dell’esistenza che la dimensione artificiale
della società. Questa vocazione si esplica soprattutto nel ‘discorso sopra lo stato presente dei
costumi degli italiani’. Questo testo registra la distanza tra l’Italia e gli altri grandi paesi europei. In
Italia mancherebbe una società stretta cioè un sistema di valori e di norme da tutti riconosciuto e
accettato. Questa arretratezza è da un lato tratteggiata da Leopardi con accenti di impietosa
durezza ma dall’altro è additata quale possibile smascheramento dei valori artificiali della civiltà.
Una realizzazione parziale del progetto possono essere considerati i Tardi pensieri dettati a
Ranieri, 111 aforismi di varia lunghezza dedicati all’analisi della dimensione sociale.
Se il fine inevitabile della ragione è distruggere le certezze infondate ma necessarie di cui si basa la
vita degli uomini, l’intellettuale delineato da Leopardi dovrà secondo il messaggio conclusivo della
ginestra associare un esercizio radicale di distruzione con un progetto di rifondazione. Sarà
compito dei mezzi provvisori a disposizione dell’uomo consentire la sopravvivenza delle illusioni e
tra queste illusioni spiccano quelle garantite dall’arte e dalla bellezza.
A 19 anni, nell’estate del 1817, Leopardi deposita le proprie riflessioni in un quaderno lo Zibaldone
di pensieri. Il titolo allude alle varietà disordinate dei temi e al carattere frammentario e
provvisorio della scrittura. L’ imponente mole di materiale restò affidata a Ranieri per
cinquant’anni dopo la morte di Leopardi e solamente nel 1900 venne pubblicata a cura di
Carducci. Lo Zibaldone non nasce come opera per il pubblico .è una specie di diario intellettuale
per annotare anche episodi autobiografici e impressioni dirette. Infatti Leopardi fissa tra le pagine
dello zibaldone le proprie riflessioni di studio appunti di letture discussioni eccetera. Si tratta
insomma di un immenso e disordinato laboratorio intellettuale i cui confini e tematici e mitologici
coincidono con gli interessi Leopardiani . lo Zibaldone rappresenta il campo privilegiato per
indagare il pensiero dell’autore soprattutto la sua evoluzione. Ciò dimostra il carattere tutt’altro
che distintivo della sua ricerca i cui risultati sono una lunga elaborazione intellettuale. la verità e
disorganicità non escludono l’esistenza di alcuni temi ricorrenti. Si assiste però una continua
evoluzione del rapporto tra natura e civiltà un pensiero in progresso cioè un evoluzione continua.
Inoltre altre volte più che il bisogno di fare chiarezza si dà il gusto della dimostrazione a questioni
di battute ormai dominate. Si tratta di fasi di diverse dell’elaborazione intellettuale cui
corrispondono anche modi e atteggiamenti diversi della scrittura. la scrittura dello zibaldone si
colloca in una dimensione di non-finito originale, riguardo tanto le microstrutture quanto le
macrostrutture.
Le microstrutture per i continui segnali di abbreviazioni. Le macro strutture per la disposizione
disorganica e mescolata degli appunti.
Il tema dell’infelicità è ricondotto infine al suo nucleo filosofico con ‘il dialogo della natura e di un
islandese’. L’islandese ha fuggito tutta la vita la natura, convinto che essa perseguita gli uomini
rendendoli infelici. Infine si imbatte proprio nella natura, una inquietante figura gigantesca di
donna. Nel dialogo tra i due emerge l’indifferenza della natura al bene al male degli uomini. ed è la
natura stessa ad affermare le leggi del materialismo: la scomparsa di questo o quell’individuo, di
questa o quella specie non tocca l’interesse della natura, volta solo a perseguire l’esistenza
attraverso un perpetuo circuito di produzione e a non dare un senso alle proprie creature. Il
dialogo è mozzato sulla disperata richiesta di un significato rivolta dall’’islandese alla natura e
resta dunque senza risposta.
Nelle operette morali confluisce il nucleo della riflessione filosofica leopardiana:
-il pessimismo
-il materialismo
-la critica alle ideologie borghesi della restaurazione.
Le operette morali si collocano in un momento di snodo dell’elaborazione concettuale e artistica
leopardiana. Le prime operette corrispondono inoltre a un ripiegamento psicologico e culturale di
Leopardi che tentava di trovare la saggezza in quell’equilibrio che è venuto a mancare.
Leopardiconcepisce le operette come un’opera unitaria e organica tuttavia ne organizza la
struttura nel modo più variato e disorganico possibile: mutano da una parte all’altra la prosa,
mutano i protagonisti ,mutano gli ambienti. L’organicità sta nel fine del libro che pratico e
concettuale: esso vuole da un lato mostrare il vero e dall’altro individuare Moris, modi di vita
adeguati alla consapevolezza del vero. Il fine pratico decreta il carattere morale dei testi e
giustifica l’aggettivo presente nel titolo, mentre l’abbassamento del diminutivo dipende dal fatto
che le tipologie suggerite sono tutte di carattere difensivo quasi satirico. I caratteri salienti sono:
-il ricorso al registro comico
-la contaminazione di genere delle forme.
Numerosi sono i temi affrontati nelle operette. Un tema fondamentale riguarda la cosiddetta
teoria del piacere in cui si riconnettono il tema della natura è quello della civiltà. Un tema che si
va definendo riguarda la concezione materialistica. Un altro tema insistente è quello della virtù.
Viene infine sviluppato una critica di fondo di alcune costanti della civiltà umana come la
prospettiva religiosa o l’illusione antropocentrica.
Lo stile delle operette risente della contaminazione dei generi. Domina il bisogno di varietà e di
ricchezza espressiva. Inoltre il ricorso sistematico anche se non unico allo strumento dell’ironia è
un aspetto molto importante.l’ironia e il riso hanno una funzione liberatoria positiva. Le operette
morali vogliono dunque assolvere a tre funzioni fondamentali:
-rappresentare senza peli la necessità del dolore,
-smascherare e di ridere le illusioni,
-additare un modello di reazione alll’infelicità
La posizione di Leopardi sul rapporto tra modernità e poesia è netta, sono in contrapposizione. La
vera poesia è quella degli antichi. La modernità è invece il regno della ragione e il primo effetto
della ragione è la distruzione delle illusioni. In un primo momento Leopardi tenta di ridare vita alle
illusioni antiche. In un secondo momento scommette invece proprio sulla distruzione delle
illusioni. Tra i due momenti sta la prosa delle operette morali. In entrambe le stagioni creative
Leopardi afferma la centralità della lirica. La lirica dovrà però sapersi adeguare alla nuova
condizione. La tradizione lirica precedente si fonda sul canone impostato da Petrarca e dunque
sulla centralità del soggetto quale istituzione. Il soggetto il Leopardi diviene invece un io concreto
addirittura biografico. Le sue affermazioni in prima persona si fondano sull’esperienza concreta.
Questa soggettivizzazione della lirica segna la modernità e Leopardi si colloca tra i suoi fondatori.
La prospettiva leopardiana presuppone anche un’altra novità importante cioè la tendenza
all’argomentazione poiché nei canti leopardiani i soggetti oltre che vivere pensano, così
dall’infinito alla ginestra. La produzione poetica significativa di Leopardi è tutta raccolta nei canti. Il
libro dei canti conta 41 testi con tre diverse edizioni, due pubblicate a Firenze tra cui una postume
e una a Napoli. La struttura dei canti è il risultato di varie esigenze e intenzioni. Il criterio
cronologico quello di genere quello tematico si incrociano nella struttura del libro. Anche il titolo i
canti riconduce all’unificazione dei due filoni fondamentali del libro, quello delle canzoni e quello
di testi idillici. Un’utilità soprattutto didattica può avere la suddivisione della produzione poetica
leopardiana in tre fasi. Sia quindi una prima fase che vede nascere le canzoni civili e gli idilli, una
seconda fase caratterizzata da dei grandi canti pisano-recatanesi, una terza fase corrispondente a
una nuova poetica come la ginestra.
mondo non è stato fatto per il genere umano e per la sua felicità, anzi se un giorno esso si
estinguesse, lei forse non se ne accorgerebbe. L’Islandese controbatte facendo un esempio.
Se fosse invitato da un signore nella sua villa e all’arrivo in casa fosse maltrattato dai servi e dai
figli, rinchiuso in una stanza buia e fredda, ricorderebbe al signore di essere stato invitato e di non
esserci andato di spontanea volontà. Di conseguenza aveva il diritto di non essere trattato male. La
Natura si è comportata con gli uomini allo stesso modo del signore.
La natura sì è vero che non ha fatto il mondo per gli uomini, ma avendoli fatti nascere, non deve
renderli infelici e schiavi, ma deve trattarli umanamente. Allora la Natura gli ricorda che la vita
dell’universo è un ciclo perpetuo di trasformazioni della materia, a cui nulla sfugge. Quindi
l’Islandese domanda il perché della vita e dell’universo. Una domanda che rimane senza risposta,
così come avviene nel “un pastore errante dell’Asia”, che sta a significare il mistero insondabile
dell’universo. II dialogo si conclude in maniera brusca per la misera fine dell’Islandese: secondo
alcuni, fu divorato da due leoni, secondo altri, fu preda di un violentissimo vento, che lo ricoprì di
sabbia, trasformandolo in mummia.
L’ INFINITO (brano)
Mi furono sempre cari questo colle( monte di Tabor) solitario e questa siepe, che esclude la vista
dell'orizzonte estremo per così grande parte. Ma sedendo e guardando al di là di quella siepe io mi
immagino nel pensiero che vi siano spazi interminabili e silenzi sovrumani e una pace
profondissima; nei quali il mio cuore per poco non si spaventa. E non appena odo stormire il vento
tra questi alberi, io vado confrontando quell' infinito silenzio (prima immaginato) a questo suono
degli alberi: e mi torna in mente l'eterno, e il tempo passato, e il tempo presente e vivo, e il suo
suono. Così tra questa immensità il mio pensiero si smarrisce e naufragare in questo mare mi dà
piacere.
A SILVIA(brano)
Oh Silvia, ricordi ancora il tempo della tua vita mortale( prima della morte), quando la bellezza
splendeva nei tuoi occhi ridenti e sfuggenti e tu lieta e pensosa, stavi raggiungendo il confine della
giovinezza? Al tuo canto continuo risuonavano le mie stanze silenziose e le vie dintorno, allorchè
sedevi occupata nelle attività femminili, sufficientemente contenta di quell'avvenire bello e
indefinito che avevi in mente. Quando ciò succedeva ero un maggio profumato e tu eri solita
trascorrere il giorno così.
Io lasciando talora gli studio piacevoli e le carte faticose in cui si consumava la mia giovinezza e la
parte migliore di me( salute fisica),di balconi della casa paterna porgervi gli orecchi al suono della
tua vita e al suono della mano veloce che attraversa la tela faticosa( tessendo). Guardavo il cielo
sereno, le vie dorate dal sole e gli orti, e da qui il mare in lontananza e da qui le montagne. Parole
umane non possono esprimere quel che io provavo dentro. Che pensieri dolci provavamo! Che
speranze, che cuori che avevamo o mia Silvia! Come ci apparivano allora la vita umana e il destino!
Quando mi ricordo di una così grande speranza mi angoscia un sentimento doloroso e disperato e
riprendo a dispiacermi della mia sventura. O natura, o natura perché poi al dunque non dai quel
che prima prometti? Perché inganni così tanto i tuoi figli( uomini)? Tu prima che l'inverno
inaridisse l'erba, combattuta e vinta da una malattia occulta (la tisi), morivi o dolcezza(silvia). E non
conoscevi il il meglio dei tuoi anni della tua giovinezza piena; la dolce lode ora dei capelli neri, ora
dello sguardo che innamora e schivo, non ti allietava il cuore; ne le compagne discorrevano con te
d'amore nei giorni di festa. Poco dopo morì anche la mia dolce speranza: anche alla mia vita il
destino ha negato di vivere la giovinezza. Ahi come sei passata veloce, mia speranza ora rimpianta,
cara compagna della mia età giovanile! Questo che ora ho conosciuto è quel mondo che mi
aspettavo? Questi sarebbero i piaceri, l'amore, le attività, i fatti intorno ai quali così tanto abbiamo
discorso insieme con la speranza? Questa è la sorte del genere umano? Tu mia povera ( speranza),
sei crollata all'apparire della verità: e con la mano indicavi da lontano la morte fredda e una tomba
spoglia.