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Giacomo Leopardi

Biografia:
Leopardi nasce nel 1798 a Recanati (faceva parte dello stato della chiesa, ora in
provincia di Macerata, Marche). Gran parte della sua vita è caratterizzata da uno
stato di emarginazione, una vita senza particolari avventure al contrario di quella di
Foscolo ad esempio. La sua formazione fu inizialmente affidata a degli insegnanti
privati, che si rivelarono però inutili dato che sin da giovane, Leopardi apprende le
nozioni in un tempo straordinario, rendendo tali insegnamenti superflui: così
divenne sostanzialmente autodidatta (es. impara greco e ebraico da solo). Da tener
conto, è il fatto che il padre possedeva un immensa biblioteca (in cui c’erano
anche alcuni libri dell’Indice), che favoriva l’apprendimento del giovane Leopardi.
Comincia a scrivere sin da giovanissimo (diventerà uno dei più grandi filologi
dell’800), e a intraprendere uno “studio matto e disperatissimo”, che porterà il poeta
ad avere una salute cagionevole, come la scoliosi e problemi alla vista. Anche a causa
di ciò (assieme al difficile rapporto anaffettivo che aveva con la madre), Leopardi
visse sin da giovane un rapporto diretto e continuo con il dolore e con la coscienza
del limite, che orientò la sua poesia e il suo pensiero.
Intorno al 1816 inizia ad interessarsi alla poesia, abbandonando gradualmente gli
studi filologici; egli riteneva affatto che la poesia fosse il miglior mezzo espressivo,
adatto a dar forma a sentimenti e passioni .
Si inserisce nella polemica tra classicisti e romanticisti, inserendosi nei primi ma in
modo originale: non vuole imitare i classici, ma riviverne il rapporto diretto con la
natura. Egli ritiene infatti che la società moderna avesse corrotto il rapporto con la
natura e che l’avesse reso inattuale, facendo ciò sarebbe stato impossibile trovare la
felicità. In questa fase di pensiero, il male dell'uomo è imputabile all’uomo
stesso e alla civiltà.
Strinse un forte rapporto di amicizia con Pietro Giordani (letterato classicista), il
quale fu il primo a riconoscere il suo valore in quanto letterato.
Nel 1817 inizia a scrivere lo Zibaldone di pensieri, una specie di diario (nel quale
scrive per circa 15 anni), nel quale raccoglieva idee, ricordi, pensieri.
Nel 1819 tentò di fuggire da Recanati, ma venne scoperto e il tentativo di fuga fallì;
tale evento portò il poeta ad un esaurimento psicofisico che lo obbligò a fermarsi per
circa 6 mesi. Nel frattempo inizia la sua "conversione filosofica” (=passaggio dal bello
al vero), dalla poesia dell’immaginazione (spontanea e tipica degli antichi), alla
poesia sentimentale (frutto di riflessione e tipica maderna). Assume inoltre una
posizione atea e materialistica (colleg. con marx), ben lontana dall’ottimismo
illuminista.
La progressiva scoperta dell’arido vero porta alla presa di coscienza del fatto che la
poesia ha un ruolo specifico: sede di Illusioni. Le illusioni rappresentano il solo
rifugio dall’infelicità. Questa è definita come poesia degli affetti (è una poesia più
intima e privata), che si trova nei 6 idilli scritti tra il 1819 e il 1821: L’infinito , La
ricordanza (=Alla luna), Lo spavento notturno, La sera del dì di festa, Il sogno,
La vita solitaria.
Ci sono poi le canzoni caratterizzate da uno stile riflessivo e ragionativo calato in
strutture metriche più ampie; Ultimo canto di Saffo → ci sono 2 teorie su Saffo: 1.
ragazza lesbica che compone poesie per altre donne. 2. (filone minoritario) è una poetessa
brutta ed etero che viene rifiutata dall’amato perchè brutta, decide dunque di suicidarsi,
ma prima maledice la natura perchè l’ha creata in tal modo. Leopardi riprende il secondo
filone, vendendo molto si sè in lei, immaginandosi cosa avesse pensato Saffo prima di
uccidersi. Nelle canzoni mette a tema: scoperta del dominio del vero, con la
conseguente perdita delle illusioni e la consapevolezza dell’infelicità dell’uomo nella
storia (colleg. Hegel).
Operette morali(1827)→ brevi testo, a volte sotto forma di dialogo, stile lucido e
ironico, mischiano il genere antico dell’apologo e quello moderno del romanzo
filosofico; nasce da ciò, un libro di riflessione su pena e dolore sull’umano stare nel
mondo (colleg. Schopi). Siamo nel “pessimismo cosmico” in cui il dolore dell’uomo è
senza rimedio, il responsabile è la natura (cattiva matrigna).
Dopo qualche anno riesce ad ottenere il consenso per andar via da Recanati, va a
Roma ma ne resta deluso, andrà anche a Bologna, Firenze, Pisa, Napoli.
Forte legame d’amicizia con Antonio Ranieri, che lo aiuta ad idealizzare meno la
figura della donna.

Opere:
- Lo Zibaldone di pensieri → testo diaristico in prosa
Viene descritta la sua concezione del vago/indefinito (indefinito=piu bello)+
sofferenza+felicità(irraggiungibile) → Il giardino della sofferenza
Elabora un’ansia di un infinito ed eterno che non potrà mai raggiungere in quanto
l’uomo è finito.
- I canti → qui troviamo “L’infinito”
- Operette morali
Una ricerca continua:
Nei suoi 7 anni di studio matto e disperatissimo, Leopardi sperimenta moltissime
tecniche di scrittura, dalla prosa alla poesia (più evocativa) , e in esse spazia per
quanto riguarda le forme linguistiche, retoriche, metrica; vi è una costante ricerca di
forme espressive differenti che si potessero adattare meglio ai sentimente che egli
stesso aveva intenzione di esprimere in quel momento.
Io individuale e un insieme universale
Ha una particolare attenzione alle esigenze dell’io, nel senso che tende a inserire in
poesia quelli che sono i sentimenti e le emozioni personali senza aver la pretesa che
quest’ultime si estendano anche al resto dei lettori. Tutte le sue poesie partono da
una ricerca personale, ciò porta l’opera ad essere universalmente valida nonostante
sia ancorata all’io individuale.

Pensiero filosofico/letterario
In una prima fase ritiene che l’infelicità dell’uomo sia dovuta al fatto che egli stesso è
troppo distaccato dalla natura, Leopardi tenta di rifarsi agli antichi proprio per tale
motivo, in quanto ritiene che loro fossero più legati alla natura, e per questo più felici.
Successivamente sosterrà che sia stata la natura ad instillare nell’uomo il desiderio di
felicità, senza dare loro i mezzi per ottenerla → felicità risulta irraggiungibile!
La felicità, che egli identifica nel piacere, è irraggiungibile ed effimera: l’attesa
della felicità è la felicità stessa, in forma pura e permanente è irraggiungibile, anche
se è inevitabile cercarla (l’uomo è intrappolato in una catena infinita di bisogni e
desideri- Schopi). In questo contesto l’immaginazione e il ricordo sono
fondamentali, in quanto unico mezzi per raggiungere quella momentanea felicità.

Approfondimento sullo ZIBALDONE


Letteralmente Zibaldone significa mescolanza confusa di cose/persone. Tale opera
non fu pensata per una pubblicazione, ma semplicemente come una sorta di
raccoglitore per tutte le sue idee e riflessioni di diverso genere. La stesura dell’opera
segna indirettamente le tappe della sua formazione.
Temi principali:
•teoria del piacere —> infinitá del desiderio del piacere è l’impossibilità che ha
l’uomo nel soddisfarlo pienamente in quanto egli è limitato e finito. Viene dato valore
all’immaginazione che riesce ad aprire un varco nella sofferenza dell’uomo
consentendogli di attingere momentaneamente alla felicità. Descrive come l’uomo
tenda naturalmente verso il vago e l’indefinito.
• l’infelicitá è connaturata all’uomo in ogni tempo e in ogni spazio
• pensiero in verso il meccanicismo (=spiega la realtà in termini di materia e
movimento, senza finalità)

Giardino della sofferenza

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