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Giacomo Leopardi

Il pessimismo leopardiano
Il pessimismo personale e soggettivo è il primo aspetto del pessimismo leopardiano.  Esso
sorge quando il poeta è ancora un adolescente e già si sente escluso dalla gioia di vivere,  che
invece vede riflessa negli altri. 
A determinare questo sentimento di infelicità personale concorrono diverse cause,  prima fra
tutte l'ambiente familiare.  La sua famiglia è una delle prime della nobiltà marchigiana ;  la
madre, la Marchesa Adelaide Antici,  non riesce a creare intorno ai figli un'atmosfera calda di
premure e affetti,  sia perché il suo temperamento era decisamente arido, sia perché si dedica
completamente alla difesa del patrimonio familiare,  messo a repentaglio dalla cattiva
gestione del marito.

Ai problemi si aggiunge una delicatissima sensibilità d'animo, quita dal deperimento organico
e dalle sofferenze fisiche, determinate, come lo stesso poeta scrive, da sette anni di "studio
matto e disperatissimo" fatto durante il periodo del suo sviluppo. a vent'anni il Leopardi si
sente già vecchio spiritualmente e fisicamente, escluso dalla gioia di vivere nel carcere della
casa paterna e ancor più di Recanati.

Il secondo aspetto del pessimismo leopardiano e detto pessimismo storico o progressivo.


allarga la sua meditazione e si accorge che la felicità degli altri è solo apparente, che la vita
umana non ha uno scopo, un ideale per il quale valga la pena di lottare, si accorge che tutto è
falso, perché tutti gli uomini sono condannati all'infelicità .

Indagando sulla causa dell'infelicità umana il Leopardi segue la spiegazione di Rousseau e


afferma che gli uomini sono stati felici solo nell'età primitiva quando vivevano allo stato
brado. Ma poi gli uomini hanno voluto uscire da questa beata ignoranza e innocenza istintiva,
ed hanno usato la ragione per mettersi alla ricerca del vero. Le scoperte della ragione furono
catastrofiche in quanto esse rivelarono la vanità delle illusioni. Quindi, la storia degli uomini
non è progresso ma decadenza da uno stato di inconscia felicità ad uno stato di consapevole e
dolore scoperto dalla ragione.

Ciò che è avvenuto nella storia dell'umanità , immancabilmente si ripete nella storia di ciascun
individuo. Dall'età dell'inconscia felicità qual é l'infanzia, dell'adolescenza e della giovinezza,
allorquando tutto il mondo sembra pieno di incanto e di promesse, si passa all'età della
ragione, per questo all'età del vero, del dolore consapevole e irrimediabile.

In altri momenti, il Leopardi approfondisce ancora la sua meditazione sul problema del dolore
e conclude che la causa di esso è proprio la natura, in quanto ha creato l'uomo con un
profondo desiderio di felicità , pur sapendo che non l'avrebbe mai raggiunta.
Così, di fronte alla natura il poeta assume un duplice atteggiamento: la ama per i suoi
spettacoli di bellezza, di potenza e di armonia ; la odia per il concetto filosofico che si forma di
essa fino a considerarla non più una madre benigna, ma una matrigna crudele ed indifferente
al dolore degli uomini. Perciò , tutti gli esseri sono indistintamente infelici, gli uomini come gli
animali. É questo il terzo aspetto del suo pessimismo cioè quello del pessimismo cosmico o
universale, perché investe tutte le creature.

Ma proprio in questo momento della sua meditazione che il poeta rivaluta la ragione, prima
considerata causa di infelicità . Essa è si consapevole di aver distrutto le illusioni ma è anche
l'unico bene è rimasto agli uomini, i quali proprio grazie alla ragione, possono assumere un
atteggiamento eroico di fronte al vero ma anche conservare nelle sventure la propria dignità .

Effetto del pessimismo universale é la noia, la stanchezza del vivere, che nello Zibaldone il
Leopardi definisce "il più nobile dei sentimenti umani perché rappresenta l'insoddisfazione
dei grandi uomini, a cui l'universo intero non basta", per questo, essi cercano sempre l'infinito
per liberarsi dall'angoscia e dalla noia di vivere, secondo Leopardi, è necessario agire,
proporsi un fine. Nella realtà , questo fine ha uno scarso valore, perché tutto è vano, ciò che
importa sono i mezzi per conseguirlo, come le speranze del successo, che tengono occupato
l'animo e lo liberano dal tarlo del pensiero.

Nella meditazione e nelle poesie del Leopardi spesso torna il motivo delle illusioni. La ragione
ci dice che esse sono ingannevoli, tuttavia abbelliscono la vita dei giovani e ritornano, dolci e
care nel ricordo degli adulti. Sostanzialmente sono le stesse illusioni del Foscolo, ma con
questa differenza: per lui sono il punto terminale della sua meditazione perciò danno un
significato alla vita e spingono l'uomo all'azione. Invece, le illusioni del Leopardi sono
anteriori alla meditazione: come una magia operano nell'animo dei giovani, svaniscono
all'orto con la realtà è più tardi rivivono, come confronto nell'animo dell'adulto.

Il pessimismo leopardiano esercita uno strano fascino sull'animo dei giovani. esso non abbatte
ne deprime l'animo perché in Leopardi insegna ad accettare la vita e a sopportare il dolore. Il
fascino che esercita si spiega col fatto che Leopardi visse e rappresentò nella poesia lo stesso
dramma e lo stesso con sconforto che, da sempre, vivono i giovani.

Questo consiste nell'aspirazione ad un mondo ideale, fatto di amore e di virtù , e nell'angoscia


profonda in cui essi cadono quando, sin dai primi urti con la realtà , quel mondo da loro tanto
sognato si sgretola e crolla del tutto, dimostrando quanto vane ed ingannevoli siano le
illusioni ; tuttavia, anche quando il Leopardi ne riconobbe la vanità , ne sentì comunque la
dolcezza e l'incanto, perché comprese che le illusioni sono gli unici fiori nel deserto della vita.
La poetica
Nella sua poetica dobbiamo distinguere due momenti: il momento classicistico e romantico.

Per quanto riguarda il momento classicistico, dobbiamo dire che egli difende il classicismo,
ma lo fa in una maniera che, in fondo, appare una prima adesione al Romanticismo. Nella
realtà egli non difendeva tutto il classicismo ma solo quello primitivo, cioè quello dei poeti più
antichi (soprattutto Omero), i quali osservavano ed imitavano direttamente la natura ed
esprimevano i loro sentimenti con sincerità e naturalezza, senza tener presente alcun
modello, quindi ben diversamente dal classicismo di tipo rinascimentale e arcadico, fondato
sull'imitazione dei modelli, e per questo, falso e artificioso.

Invece, il momento romantico della poetica leopardiana nasce quando il poeta fa sua
distinzione dei romantici tedeschi fa poesia di immaginazione e poesia di sentimento. La
poesia di immaginazione è quella che si nutre di miti e di fantasia, come la poesia di Omero e
degli antichi, essa é la poesia vera, perfetta ed inimitabile.

Invece, la poesia di sentimento si nutre di affetti ed idee, è la poesia dei tempi moderni. quindi,
il Leopardi si pone il problema dei modi espressivi della poesia di sentimento. se la poesia di
sentimento è la poesia di idee, egli si servirà della tecnica letteraria del classicismo per
rendere suggestivo un contenuto di per sé arido.

Se, invece, la poesia di sentimento è poesia di affetti, cioè ha un contenuto lirico e psicologico,
allora essa deve essere lirica pura, cioè ingenua e limpida voce del cuore.

Negli anni giovanili, Leopardi si aprì alle nuove idee della libertà e dell'amor di patria. In
seguito, però , la sua meditazione filosofica si approfondì e sfociò in un pessimismo assoluto,
tanto che è lì perse ogni fede ed ogni entusiasmo. Perciò isolò e si estraniò dalla vita e dalla
storia del suo tempo.

Per il Leopardi la poesia più vera è quella che nasce dalla rimembranza, cioè dalla
rievocazione del passato, specialmente dell'infanzia e della giovinezza, quando il cuore è pieno
di speranze ed illusioni.

Il presente non è mai poetico per i limiti e la banalità dei suoi aspetti; invece, poetico è il
passato , per la bellezza dei ricordi che suscita.

Altra fonte di ispirazione della poesia è l'infinito, nel senso spaziale e temporale, che dà il
senso della grandezza e dell'immensità dell'universo. La lirica sarà tanto più perfetta quanto
più si avvicina alla musica: infatti, egli intitolò “I Canti”, la raccolta delle sue poesie.

Sia con la poetica della rimembranza e dell'infinito, sia con la concezione della poesia-musica,
Leopardi anticipa alcuni elementi della poetica del Decadentismo.

Delle tre principali forme di poesia (epica, drammatica e lirica) il Leopardi giudica la lirica, la
forma più autentica, perché è espressione diretta del sentimento del poeta, in quanto egli
considera la poesia una delle più grandi consolazioni della vita.
Le opere in prosa
Le principali opere in prosa del Leopardi sono: “Zibaldone”, i “Pensieri”, “L’Epistolario” e le
“Operette morali”.

Lo Zibaldone è una raccolta di appunti di argomenti vari, considerata una miniera preziosa di
pensieri, che poi costituiranno lo spunto per molti dei Canti Leopardiani. La parola
“zibaldone” significa “taccuino su cui sono annotate cose diverse", e fu pubblicato postumo.

I Pensieri furono sistemati dal poeta negli ultimi anni e anch'essi pubblicati postumi. Sono 111
ed esprimono in forma sintetica le considerazioni pessimistiche del poeta.

L'Epistolario, composto di circa novecento lettere è considerato uno dei più belli della
letteratura italiana per l'intensità dei sentimenti, l'intimità delle confessioni e la limpidezza
espressiva.

Le Operette morali sono una raccolta di ventiquattro prose, quasi tutte composte nel 1824. Gli
argomenti sono vari e riguardano la condizione di miseria e di dolore dell’uomo, le sue
illusioni e i suoi disinganni.

Per quanto riguarda la genesi, esse sono l’opera in prosa più ambiziosa del Leopardi, sia sul
piano letterario che sul piano morale. Sul piano morale esse hanno un intento didascalico:
infatti, insegnando agli uomini, suggeriscono di non illudersi della grandezza del genere
umano e a considerare coraggiosamente la condizione di debolezza e di miseria tipica degli
uomini, nonché a sopportarne dignitosamente e virilmente il dolore, ad unirsi per cercare di
alleviarlo.

Sul piano letterario le Operette hanno intento poetico. Il Leopardi le definì "una poesia in
prosa", tuttavia questa poesia e costantemente insidiata dalla riflessione filosofica, dalle
reminiscenze erudite e mitologiche.

Un discorso a parte merita la prosa dell'opera. Essa è modellata sulla prosa del 300 e del 500
e, per questo, è molto controllata, elaborata e tecnicamente perfetta. Se il giudizio sul valore
artistico delle Operette é limitativo per il loro carattere ambiguo tra filosofico e poetico,
grande é la loro importanza nello svolgimento della lirica leopardiana. Attraverso la
riflessione filosofica in esse contenuta, il Leopardi liberò il suo pessimismo dagli elementi
autobiografici e li diede un contenuto universale.

Va ricordato che le Operette morali furono pubblicate nel 1827, cioè nello stesso anno in cui
vennero pubblicati I promessi sposi del Manzoni, tuttavia, le due opere risultano del tutto
opposte nella vita e nello stile.
I canti
Nello svolgimento della lirica leopardiana si possono distinguere quattro periodi:

1) il periodo delle poesie giovanili , scritte prima del 1818;

2) il periodo delle canzoni civili e filosofiche e dei Piccoli Idilli, che va dal 1818 al 1823;

3) il periodo dei Grandi Idilli che va dal 1828 al 1830;

4) il periodo del Ciclo di Aspasia e del soggiorno a Napoli, che va dal 1831 al 1837.

Le Poesie giovanili hanno scarso valore poetico. Nella forma sono letterariamente elaborate e
risentono dell'imitazione dei poeti antichi e moderni; nel contenuto sono chiaramente
autobiografiche e sentimentali.

Le canzoni civili sono così chiamate perché hanno ispirazione patriottica, il loro scopo è
suscitare negli italiani l'amor di patria ed il ricordo della sua passata grandezza. Presentano
tutte uno schema identico, che resterà poi caratteristico della poesia leopardiana. Infatti,
prendono spunto da un fatto di cronaca (ad esempio i soldati italiani morti nella campagna di
Russia, per la canzone all'Italia) per poi esprimere la condanna del presente e la nostalgia del
passato.

L'ideale esplorazione del mondo classico, iniziata con l'ammirazione e la nostalgia delle virtù
eroiche degli antichi si conclude con il cupo pessimismo delle due canzoni filosofiche : Il Bruto
minore e l'Ultimo Canto di Saffo.

La purificazione della forma è già in atto in un gruppo di liriche che, i critici sono soliti
chiamare Piccoli Idilli, per distinguerli dai Grandi Idilli, scritti da Leopardi nel periodo più
felice della sua ispirazione poetica. Etimologicamente idillio significa in greco "piccola
immagine". In sede letteraria il termine venne usato per indicare un piccolo quadro di vita, un
componimento breve, di argomento per lo più pastorale, ma anche cittadino, di intonazione
realistica.

Ma l'idillio leopardiano è del tutto diverso dagli idilli della tradizione letteraria: infatti, quello
leopardiano ha carattere soggettivo, personale, interiore.

I piccoli idilli sono: “La Sera del dì di festa”, ”Infinito”, “Alla Luna”, “Il Sogno”, “Vita solitaria”, lo
“Spavento Notturno”.

Fra i grandi idilli ricordiamo: il “Sabato nel villaggio”, “A Silvia”, le “Ricordanze”, la “Quiete
dopo la tempesta”, il “Passero solitario”, il “Canto notturno di un pastore errante dell'Asia”.

Il contenuto universale dei Grandi Idilli è il risultato della mediazione filosofica delle operette
morali, che ha operato da filtro purificatore del sentimento leopardiano, liberandolo dagli
elementi strettamente autobiografici, e trasformando il dramma individuale del poeta in
dramma cosmico.
L'importanza dei grandi idilli non sta solo nel loro contenuto universale, ma soprattutto nella
felice attuazione di quella lirica pura , intesa come voce del cuore, che il Leopardi era riuscito
ad elaborare nella sua poetica. Ad attuare tale lirica concorrono, oltre al contenuto tutto
rievocativo e sentimentale, anche la libertà e la varietà delle forme metriche ed il linguaggio
vago, indefinito e suggestivo, quale il poeta aveva teorizzato nella sua poetica.

Il quarto periodo cioè quello dell'ultimo Leopardi , comprende le poesie del “Ciclo di Aspasia”
e quelle del “Periodo Napoletano”. Esse generalmente, sono svalutate dalla critica per la loro
eccessiva elaborazione letteraria o la presenza di elementi filosofici, polemici e sarcastici.

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