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Giacomo Leopardi

Al centro della riflessione di Leopardi si pone subito un motivo pessimistico, l’infelicità dell’uomo. Questa
infelicità risiede nella teoria del piacere. La quale sostiene che l’uomo non desidera un piacere bensì il
piacere, ossia un piacere che sia infinito per durata e per estensione. Pertanto, siccome nessuno dei piaceri
goduti dall’uomo può soddisfare questa esigenza, nasce in lui un senso di insoddisfazione perpetua, un
vuoto incolmabile dell’anima. Da questa tensione inappagata verso un piacere infinito che sempre sfugge
nasce l’infelicità dell’uomo. Questo è inteso in senso puramente materiale. Questa visione di natura
benigna entra in crisi. Leopardi si rende conto che la natura mira alla conservazione della specie e per
questo fine può anche sacrificare il bene del singolo e generare sofferenza. Il poeta finisce per considerare
la natura, non più come madre amorosa, ma indifferente alla sorte delle sue creature. Legge essenziale che
regola tale sorte è la conservazione del mondo, una concezione non più finalistica ma meccanicistica e
materialistica. Ora la colpa non è dell’uomo: egli è soltanto una vittima. Da ciò ne deriva la seconda fase
leopardiana, il pessimismo cosmico: l’infelicità è vista come condizione assoluta. La natura viene concepita
come madre benigna, attenta al bene delle sue creature, che ha voluto fornire un rimedio all’uomo e alle
sue sofferenze

L'infinito

L'Infinito di Giacomo Leopardi fa parte degli Idilli leopardiani. L'Infinito fu una lirica scritta in età giovanile
da Leopardi, il quale descrive il suo amato colle presente a Recanati che è per lui fonte di grandi riflessioni e
di grande tranquillità a livello mentale. L'Infinito è scritto in quindici endecasillabi sciolti ed è considerato
come uno dei più grandi capolavori scritti dal poeta marchigiano. Attorno a lui vede l'infinito che è spiegato
attraverso importanti assonanze come le seguenti: "interminati", "sovrumani", "mare". L'indefinitezza è un
elemento molto evidente in questo idillio leopardiano e questa sensazione di indefinito, il lettore della
poesia lo può scorgere in tutta la lirica. Inoltre l'idillio rende anche l'idea del visivo attraverso la descrizione
del paesaggio recanatese circostante.

Il passero solitario

Come il passero solitario ama trascorrere la sua vita da solo, lontano dagli altri uccelli, cosi il poeta non ama
la compagnia dei suoi coetanei e preferisce starsene in disparte. Tuttavia, anche se la situazione in cui egli e
il passero si trovano è identica, essi andranno incontro ad un diverso destino: il passero, quando sarà
arrivato alla fine della sua vita, morirà senza rimpianti, perché la solitudine è per lui un fatto naturale, il
poeta, invece, quando la giovinezza sarà irrimediabilmente finita, potrà solo rimpiangere ciò che non ha
fatto e pentirsi di come ha vissuto perché lo stare isolato non è la sua natura. La lirica esprime il senso di
angoscia e di disperazione che prende il poeta quando, scoprendosi solo, sente tutta la tristezza del suo
vivere chiuso in se stesso.

Il sabato del villaggio

Questo idilio si può dividere in due parti: nella prima parte si descrive il sabato in un villaggio; sabato è
metafora di giovinezza e questa è l’età delle illusioni; nella seconda parte avviene una descrizione interiore,
la descrizione della domenica; domenica è metafora di età adulta, l’età delle disillusioni.

Nella prima parte sembra che il poeta abbia abbandonato il pessimismo, ma negli ultimi versi della seconda
parte si nota che è racchiuso tutto il suo pessimismo. Nella poesia Il sabato del villaggio, il poeta ci vuole far
capire che il sabato viene vissuto con felicità e gioia, perché si pensa che il giorno seguente è festa. La
domenica viene vissuta con noia e tristezza perché già si pensa al giorno seguente e a ciò che ci aspetta, il
lavoro.

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