Pessimiscmo storico
La Natura ha creato gli uomini felici perché li ha dotati della fantasia, che permette loro di non
vedere i mali della vita; ma il progresso e la civiltà hanno dato sempre più spazio alla Ragione, che
ha tolto all'uomo la fantasia e quindi la capacità di illudersi e di sperare. Gli antichi erano felici
perché sapevano immaginare e traducevano questa capacità in grandi azioni eroiche; i moderni
sono invece prigionieri di un mondo angusto, teso solo al soddisfacimento di bisogni elementari,
privo delle grandi visioni e passioni che caratterizzavano il passato: la virtù, l’eroismo, la forza del
corpo e dell'anima. La Natura è qui vista come madre benigna, misericordiosa. Ha il compito di
nascondere all’uomo le illusioni che gli vengono offerte dal mondo e l’unica certezza che questo
può offrire: la morte. Nasconde la nullità dell’essere umano e la sua infelicità: la ricerca della
felicità è proprio di tutti gli uomini, ma si è più felici attendendo che qualcosa accada rispetto a
quando quel qualcosa è già accaduto.
Pessimismo cosmico
La causa dell'infelicità umana è data dal contrasto tra il bisogno dell'individuo di essere felice e le
possibilità reali di esserlo. Nasce qui la teoria del piacere. L'uomo aspira naturalmente al piacere.
Ma il piacere desiderato è sempre superiore al piacere conseguibile.
Queste riflessioni comportano una ridefinizione del concetto stesso di natura. Ora la responsabilità
dell'infelicità umana ricade per intero sulla natura, che determina la tendenza umana al piacere,
senza poi poter soddisfare tale bisogno. La causa dell'infelicità non è più storica, ma esistenziale: si
parla perciò, per questa seconda fase, di pessimismo cosmico.
Il ciclo di Aspasia
Il Ciclo di Aspasia è una serie di componimenti poetici con temi principali sull'amore e la morte,
nonché sulla caduta e la vanità di ogni illusione.
Questa raccolta nasce durante il soggiorno fiorentino di Leopardi, durante il quale si innamora di
Fanny Targioni Tozzetti: amore non corrisposto che lo porta ad una profonda delusione. L'amore si
presenta a Leopardi come un'esperienza totalizzante che riempie l'animo dell'uomo e mostra la
realtà di questo “mondo sciocco”. Con questa esperienza Leopardi tenta per l'ultima volta di
essere felice, cercando di mettere in discussione persino le sue teorie. Ma la delusione fa
riemergere la profonda disillusione del poeta e conferma la sua concezione esistenziale, come
l'inevitabile infelicità umana.
A se stesso
La poesia è la quarta del Ciclo di Aspasia, una delle più dure e drammatiche della lirica
leopardiana. E' qui espressa tutta l'amarezza e la delusione estrema per quello che il poeta stesso
definisce "inganno estremo", ossia la fine dell'illusione amorosa per l'attrice Fanny Targioni
Tozzetti che aveva alimentato le sue intime fantasie. La delusione per questo "inganno" porta
inoltre il poeta a disprezzare il mondo e la natura, origine di tutto il male e il dolore verso cui
l'uomo è destinato fin dalla nascita. Anche questa poesia è un'epsressione di quel pessimismo
cosmico che conduce il Leopardi ad un atteggiamento di rifiuto e disprezzo progressivo e
totalizzante: la poesia si conclude con una lapidaria affermazione sulla "infinita vanità del tutto",
emblematico epilogo di una lirica costruita sulla negatività dell'esperienza umana.
La Ginestra
La Ginestra è praticamente il testamento spirituale di Giacomo Leopardi. Nella canzone si parla
della coraggiosa e allo stesso tempo fragile resistenza, che la ginestra oppone alla lava del Vesuvio,
il monte sterminatore, simbolo della natura crudele e distruttiva. Il delicato fiore coraggiosamente
risorge sulla lava impietrata, e con la fragranza dei suoi arbusti sembra rallegrare queste lande
desolate.
Ma il suo destino è tragicamente segnato da una nuova eruzione, capace di annullare non solo la
sua consolante presenza ma – ben più drammaticamente – la presenza dell'uomo in questi luoghi.
La ginestra diviene simbolo della condizione umana.
Dunque la vera rivolta, la vera lotta che l'uomo deve ingaggiare è contro la natura crudele che non
esita a devastare ogni opera umana con la sua inarrestabile forza. Nell'eterno impari confronto
con la natura, l'uomo deve avere ben presente la sua debolezza, ma anche la sua dignità.
Non deve essere né arrogante né supplice, ma dignitosamente pronto a farsi da parte quando lo
strapotere delle forze di natura lo opprima. Prima di quel momento deve consorziarsi con i suoi
simili per affrontare i dolori della sua condizione, sostenuto dalla solidarietà dei suoi simili.
Il concetto di ribellione, di rivolta e di lotta contro gli elementi che necessariamente condizionano
il destino umano (contrassegnato dal dolore) è da Leopardi ricondotto ad una meditazione
filosofica – di carattere pessimistico – sulla pochezza del sapere ottocentesco. È inutile pensare di
imbrigliare la natura e di sconfiggerla con le armi del progresso e della tecnica. Essa sarà sempre
più forte dell'uomo.