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T12 La ginestra o il fiore del deserto

Viene composta da Leopardi nella primavera del 1836. La canzone fu poi stampata postuma
nei Canti del 1845

METRO: canzone libera di settenari ed endecasillabi variamente disposti con rime irregolari.
7 strofe in totale.

Una pubblica protesta


Leopardi, quando scrive questa poesia è a Napoli, pochi mesi prima di morire. Il canto non
accoglie il lamento di un io ripiegato su se stesso, ma anzi, esprime una fortissima volontà di
energia. Leopardi si oppose alle credenze comuni, le quali condividevano la convinzione che
l’uomo occupasse nel mondo un posto privilegiato.
Lui si chiedeva come fosse possibile che gli uomini di cultura fossero tanto ciechi di fronte
all’evidenza della realtà.

Il suo obiettivo è dunque quello di affermare un pensiero filosofico fortemente creduto,


respinto dai contemporanei ma vero.

Un nuovo modello di uomo e società


Ci troviamo nella terza strofa e qui Leopardi non si limita a confermare l'infelicità di ogni
essere vivente e l’indifferenza della natura rispetto alla vita individuale, ma si apre a una
vera e propria proposta d’azione. In questa strofa Leopardi ci descrive il modo di stare al
mondo di chi sa affrontare con dignità il proprio destino e aiuta gli altri: il poeta definisce
questo tipo di persone con la parola “nobile”.
Di conseguenza quest’uomo:
● Evita di ingannare se stesso
● Sopporta con coraggio la sofferenza del suo stato
● Non moltiplica gli odi verso gli altri uomini
● Rammenta che gli uomini sono congiunti in società per difendersi dalla natura
● Si impegna a non offendere o imbrogliare gli altri uomini, in quanto non avrebbe
senso aggredire i propri amici nel bel mezzo di una lotta contro la natura nemica.

La ginestra sembra prediligere i luoghi desolati che testimoniano di gravi catastrofi naturali
come per esempio l’eruzione del vulcano nel 79 d.c. che distrusse Pompei, Ercolano e
Stabia. Rappresenta quindi per il poeta un piccolo segno di vita in quanto la fragilità del fiore
sembra compiangere la realtà desolata.

Dal punto di vista allegorico possiamo capire che la ginestra è avvicinabile all’uomo in
quanto è un fiore che descrive il modo di stare al mondo di chi sa affrontare con dignità il
proprio destino e aiuta gli altri. Per Leopardi quindi il fiore ha un carattere di tipo nobile.

PRIMA STROFA: DESOLAZIONE E CONSOLAZIONE


Il poeta su che cosa lavora?
Lavora sulla personificazione della ginestra che viene presa come esempio di animo nobile
in quanto con il suo profumo riesce a confortare l’ambiente deserto.
Qui c’è proprio una opposizione tra il deserto e la ginestra.
Abbiamo quindi un deserto che propone un paesaggio arido, aspro, difficile, anti-idillico in
quanto caratterizzato da elementi aspri.
Ad esempio al v. 1 “arida schiena”, poi nei versi successivi abbiamo “formidabil monte”,
“sterminator Vesevo”, “deserti”, “l’erme contrade” ⇒ richiamo all’immagine del perire”, “quel
suol, di tristi Lochi”, “campi cosparsi di ceneri infeconde, e ricoperti dell’impietrata lava” ⇒
simbolo del destino di morte di tutte le creature.

Poi abbiamo la ginestra che col suo profumo conforta questo ambiente aspro e difficile.
Alcuni termini riferibili possono essere “Odorata ginestra”, “cespi solitari intorno spargi”,
“amante e d’afflitte fortune ognor compagna”, “dove tu siedi, o fior gentile, e quasi i danni
altrui commiserando”, “mandi un profumo che consola”.
Quindi questo fiore simboleggia il coraggio, c’è questo atteggiamento di non rassegnazione.
La ginestra diventa proprio il simbolo che dovrebbero avere anche gli uomini, cioè di non
rassegnarsi di fronte alla natura nemica.

SECONDA STROFA: APOSTROFE AL SECOLO SUPERBO


Si accanisce contro quegli uomini che lodano il progresso negando la vera e misera
condizione dell’uomo. Dice quindi che è solo tramite il mezzo del pensiero che gli uomini
possono avanzare di civiltà.
“Secol superbo e sciocco”. Secondo Leopardi il 19esimo secolo è superbo e sciocco in
quanto c’è questa esaltazione senza logica nei confronti del destino dell’umanità.
Questo secolo ha abbandonato il paradigma filosofico e si è avventurato verso la strada
della ragione e della spiritualità. Dice, siamo tornati indietro, verso il Medioevo (v. 56).
Al verso 72 dice che si sogna la libertà e nello stesso tempo vuoi di nuovo asservire il
pensiero.

TERZA STROFA: LA SOLIDARIETÀ FRA GLI UOMINI


Ci parla di fraternità, solidarietà in quanto hanno come nemico comune la natura. Si colloca
una sorta di svolta fondamentale nel pensiero Leopardiano. Non si limita a posizioni
negative ma ci propone un certo spazio di parte connotata positivamente. Afferma la
possibilità di un progresso che assicura qualcosa di più giusto, una società un po’ più giusta.
Però dice che è possibile se gli uomini hanno coscienza del loro stato di infelicità e se si
rendono conto del fatto che la responsabile di ciò è la natura, sarebbero proprio indotti a
scegliere la fraternità, ovvero gli uomini devono coalizzarsi contro questa nemica. L’uomo
comunque resterà infelice però non ci sarà più quella infelicità addizionale se fra di noi non
ci fosse questa coalizione.
L’uomo che è in difficoltà può essere aiutato dai suoi simili.
C’è questa confederazione tra esseri umani.

Chi è per il poeta l’uomo nobile d’animo?


È quell’uomo che non dissimula la propria condizione, né la esalta, ma la mostra senza
vergogna. È nobile colui che affronta con coraggio qualsiasi tipo di fragilità. L’uomo nobile
quindi non abbatte i suoi simili, bensì si unisce a loro in una alleanza solidale contro la
natura nemica.

Chi è il nemico comune dell’uomo?


Il comune nemico per l’uomo è la natura.

Come considera perciò gli uomini?


Gli uomini hanno per Leopardi la speranza di vivere in felicità solo se si riconoscono come
fratelli e si aiutano in questa lotta comune contro la natura.

QUARTA STROFA: L’UOMO E L’UNIVERSO


Leopardi osserva la natura e si rende conto di quanto insignificante sia l’uomo e la terra
rispetto all’universo. Inoltre si sorprende del fatto che, nel secolo in cui si trova, c’è ancora
questa concezione centrale dell’uomo all’interno dell’universo. Il poeta non sa se ridere o
provare pietà per questi uomini.
L’io del poeta è immerso in un paesaggio esterno, non c’è più quindi alcuna illusione
trasfigurata. Sta osservando il tutto (l’universo) e ci fa vedere la tragica condizione
dell’uomo.
Diverse sono le espressioni su questa meditazione sulla nullità della terra e dell'uomo
nell’universo (vv. 184-185).

Polemica sulla religione:


Lui ritorna anche sul fatto che questa piccolezza dell’uomo offre a Leopardi di riprende un
tema a lui molto caro, cioè il tema della religione. Le posizioni religiose per lui sono una
favola (favoleggiar ti piacque v.190). Dice che l’uomo nella religione è un nulla in realtà.

Ha questi due atteggiamenti: il riso e la pietà verso gli uomini della sua epoca.

L’io lirico osserva la vastità del cielo stellato, confrontata con la limitatezza della Terra e
l’irrilevanza dell’uomo nell’universo. Ciò suscita nel poeta riso e pietà per la condizione di
infelicità dell’uomo.

Contrapposto a ciò c’è:

L’io lirico osserva il desolato paesaggio


Contrapposto alle illusioni dell’uomo di essere superiore e centro dell’universo. Prodotte
dalla teoria dello spirito. Rinnegano i principi dell’illuminismo

QUINTA STROFA: L’INDIFFERENZA DELLA NATURA


Si parla della potenza distruttrice della natura.
Il poeta lo fa attraverso una grandissima similitudine (vv. 202-226)
L’uomo qua è paragonato alle formiche e la natura non si prende cura dell’uomo più di
quanto se ne prende di queste formiche.
Il paragone ci serve per capire un fatto storico, ossia l'eruzione di un vulcano che distrusse
Pompei ed Ercolano.

Ci sono diverse forme verbali che ci mostrano questa natura che velocemente interviene e
distrugge tutto ( “Schiaccia, diserta e copre”, “dell’utero tonante” che è una METAFORA:
La natura non è più madre, ma matrigna. Il parto è voluto dalla matrigna, ossia la natura.
(connotato negativamente). Questo parto infatti non produce la vita, bensì la morte.

La natura non distingue tra essere umano o essere vegetale, lei distrugge tutto.

SESTA STROFA: LO SCORRERE DEL TEMPO


Si ha paura di una nuova eruzione.
C’è questa insignificanza del tempo umano, è come se non avesse valore. D’altra parte c’è
l'immobilità eterna della natura.
Dopo il v. 290:
Leopardi insiste molto sul motivo delle rovine delle città, che sono tornate alla luce con gli
scavi archeologici. Ma ritorna questo pensiero di una natura maligna che ignora i ritmi del
tempo umano e continua a minacciare.
La natura non si accorge che l’uomo nasce, vive e muore e poi rinizia questo ciclo. E
Leopardi è un po’ polemico infatti nell’ultimo verso ci dice “E l'uomo d’eternità s’arroga il
vanto”, dice che l’uomo è arrogante in quanto si vanta di essere eterno.

SETTIMA STROFA: LA GINESTRA ALLEGORIA DELLA DIGNITÀ UMANA

La ginestra sta per morire a causa della lava, e ne è cosciente.


A differenza dell’uomo accetta la morte.
La ginestra diventa quindi simbolo di modello di nobiltà

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