Sei sulla pagina 1di 2

L’infinito

L’infinito appartiene ai piccoli idilli scritti a partire dal 1819. Questo componimento è la sintesi
della “teoria del piacere”: Leopardi sostiene che particolari sensazioni visive ed uditive inducono
l’uomo a creare attraverso l’immaginazione una sensazione di infinito a cui sempre aspira ma che è
irraggiungibile perché la realtà offre sempre piaceri finiti e illusori. Questo componimento contiene
la rappresentazione di uno di quei momenti privilegiati in cui l’immaginazione riesce a distogliere
la mente del poeta dalla realtà e ad immergerla nell’infinito. Il componimento si articola in due
distinte parti che corrispondono anche a due diverse sensazioni provate dal poeta. La prima parte
comprende i primi 7 versi e mezzo ed è segnata dal punto a metà dell’ottavo verso. In questa prima
parte prevalgono le sensazioni visive o per meglio dire prevale la sensazione di impossibilità
rappresentata dalla siepe che impediscono allo sguardo di raggiungere l’orizzonte estremo.
L’impedimento della vista attiva la dimensione dell’immaginazione che permette al pensiero del
poeta di costruirsi un infinito spaziale senza limiti. Nella seconda parte l’immaginazione del poeta
prende avvio da una sensazione di tipo uditivo. Il rumore del vento viene paragonato all’infinito
spaziale, il quale ora percepisce una sensazione non più spaziale ma temporale, dove il passato si
lega al futuro e al presente in una dimensione in cui è come se il tempo non esistesse. Queste due
sensazioni portano il poeta a perdere la sua identità tanto che Leopardi si paragona ad una naufrago
in balia del mare, ma a differenza del naufrago la sensazione che il poeta prova a perdersi nel mare
è estremamente piacevole. Da un punto di vista metrico siamo in presenza di un componimento che
appartiene all’idillio, un breve testo formato da 15 endecasillabi senza un preciso schema rimico. Il
componimento sia da un punto di vista contenutistico sia sintattico è diviso in due parti dal punto
fermo che cade a metà del verso 8, che viene diviso in due parti uguali da 7 versi e mezzo l’una. Da
un punto di vista linguistico è confermata una delle caratteristiche tipiche dell’idillio, cioè
l’alternarsi di parole classiche e altamente poetiche e di parole di uso quotidiano come siepe. Molto
particolare è l’uso degli aggettivi dimostrativi questo e quello. Questo alternarsi suggerisce che
questo indica ad una cosa vicina, mentre quello indica cose lontane, usa anche eccezionalmente
questo e quello con la parola siepe per indicare che sta usando l’immaginazione.

A Silvia
Fa parte dei grandi idilli scritti a partire dal 1828 ed inaugurano una nuova stagione poetica dopo un
lungo silenzio. Il titolo di questo componimento fa riferimento al nome della figlia del cocchiere di
casa Leopardi che in realtà si chiamava Teresa Fattorini e che morì di tubercolosi a 18 anni.
Leopardi la ricorda nella sua giovinezza, quando il suo canto si perdeva per le vie di Recanati.
L’immagine di Silvia, oltre che reale è estremamente simbolica poiché rappresenta l’età felice dove
l’uomo vive di illusioni. La morte della protagonista rappresenta il venir meno delle illusioni e
questo fatto si collega col pensiero di Leopardi e con il pessimismo cosmico, una visione particolare
che porta l’autore ad affermare come la natura sia indifferente nei confronti dell’uomo. Da un punto
di vista metrico A Silvia è una canzone costituita da 6 strofe libere ( con un numero di versi
variabile da strofa a strofa senza uno schema rimico preciso). Tutto il componimento è
caratterizzato dal tema caro a Leopardi del vago e dell’indefinito. Questo tema è evidente 3nella
descrizione di Silvia che è poverissima di indicazioni concrete: ci sono solo all’inizio due particolari
del suo aspetto fisico: gli occhi ridenti e fuggitivi e alla fine le negre chiome. Accanto a questi
riferimenti all’aspetto fisico Silvia viene descritta psicologicamente: al verso 5 si fa riferimento al
suo atteggiamento lieto e pensoso con cui affronta il passaggio dalla giovinezza all’adolescenza. Il
senso di vago non è limitato solo alla descrizione di Silvia, ma anche alla descrizione del paesaggio
connotato attraverso il riferimento alla Primavera e attraverso l’uso di qualche aggettivo riferito al
cielo sereno, alle vie illuminate dal sole e pervase dal profumo dei fiori. Questo senso di vago non è
casuale ma corrisponde alla poetica di Leopardi perché proprio il vago e l’indefinito aiutano il poeta
a stimolare la sua immaginazione. Come nell’infinito le sensazioni visive rappresentate dalla vista
della siepe e del monte e quelle uditive come il vento permettevano a Leopardi di astrarsi dalla
realtà che lo circondava e di arrivare a percepire la sensazione di infinito attraverso un processo di
astrazione mentale, così in A Silvia la percezione della realtà esterna attraverso la finestra del
paterno ostello che lo allontana e lo separa dal mondo esterno ha una funzione simile a quella della
siepe nell’infinito poiché limita il contatto diretto con la realtà e stimola l’immaginazione. In questo
caso però, la meta del suo viaggio mentale non è l’infinito ma l’attivazione della memoria che porta
l’autore alla consapevolezza di quanto molto diversa sia la sua condizione di adulto rispetto all’età
giovanile.

Potrebbero piacerti anche