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antico
1
In Grecia
2
La musica nella Grecia antica
Le fonti
L'interesse per la musica nella Grecia antica è motivato, oltre che dalla grande importanza che
essa rivestiva nella vita sociale e nell'educazione dei giovani, anche dal fatto che sono giunti
fino a noi alcuni frammenti corredati da notazioni musicali, rari sì, ma abbastanza espliciti da
consentire la ricostruzione dell'antica notazione musicale e da poter avere un'idea abbastanza
precisa delle modalità di esecuzione.
Il mito
Il mito ha tramandato numerose figure di musicisti e compositori, a sottolineare l’importanza
che la musica ha sempre avuto nella civiltà classica e in quella greca in particolare.
Ermes e Apollo
L’invenzione della lira era attribuita ad Hermes
che, con un guscio di tartaruga e dei nervi di pe-
cora, si era costruito questo strumento musicale,
rubatogli poi dal fratello Apollo per una lite.
Nell'Inno pseudo-omerico ad Hermes, viene de-
scritta la costruzione della lira insieme agli effetti
del suono di questo strumento, che riesce a placa-
Apollo suona la lyra con alle spalle Hermes. re il risentimento di Apollo, a cui Hermes aveva
Hydria a figure nere, ca. 530 a.C.
Museum of Art, Toledo (Toledo 1956.70)
sottratto una mandria di cinquanta vacche.
Nell’inno ci si riferisce sia al canto simposiale che all’inno in onore di un dio, sottolineando
come il banchetto, la festa e la danza siano le occasioni della musica e del canto nella cultura
greca. Un’indicazione molto importante sugli effetti della musica sugli spettatori ci è fornita
ai versi 448-449, in cui si afferma che con essa «è possibile raggiungere tutte insieme tre cose:
la gioia, l’amore, e il dolce sonno».
Lino
3
Orfeo
Marsia
Arione
Il mito greco ricorda anche la vicenda di Arione,
musico di Lesbo che aveva ottenuto il permesso
da Periandro, tiranno di Corinto, di recarsi in Ma-
gna Grecia e in Sicilia a portare la sua musica.
Quando volle poi tornare in patria, si imbarcò su
una nave in cui i marinai durante la navigazione
decisero di depredarlo e di ucciderlo. Ma il dio
Apollo gli apparve in sogno e lo avvisò del peri-
colo che stava per correre, promettendo di aiutar-
lo. Arione, minacciato dai pirati, chiese di lasciar-
lo cantare ancora una volta e al suono della sua
voce accorsero dei delfini, animali sacri ad Apol-
lo. Allora il suonatore si buttò in mare, venne rac-
colto da un delfino e portato sul dorso fino a terra.
Arione suona il flauto in groppa ad un delfino.
Stamnos a figure rosse, dall'Etruria, ca. 360-340 a.C. Una volta approdato, Arione dedicò un ex-voto ad
Museo Archeologico Nazionale di Spagna, Madrid Apollo e si recò a Corinto, dove raccontò la sua
storia al tiranno. Quando i marinai giunsero a Co-
rinto furono smascherati da Periandro che chiese
loro notizie di Arione. Essi raccontarono che il suonatore era morto durante il viaggio, ma
quando comparve lo stesso Arione, scoperto l’inganno, i pirati furono condannati a morte.
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In questi miti si può avvertire la contrapposizione tra due civiltà e due modi di intendere la
musica: da un lato uno strumento a fiato, il flauto, dotato di una potenza incantatoria imme-
diata; dall’altro la lira, che accompagna la parola, legandosi così ad una maggiore razionalità
di trasmissione e ricezione.
Anfione e Zeto
Riferita alla musica è anche la vicenda di
Anfione, figlio di Zeus e di Antiope, fra-
tello gemello di Zeto. I due bambini era-
no nati sul monte Citerone ed erano stati
allevati da pastori, ma un giorno, cono-
sciute le loro origini, marciarono contro
Tebe, dove il re Lico aveva ripudiato la
loro madre per sposare Dirce. Anfione e
Zeto conquistarono la città, uccisero Lico
e straziarono Dirce, legandola ad un toro
che la trascinò fino ad ucciderla.
In seguito i due fratelli decisero di fortifi-
care Tebe costruendo delle mura ed An-
fione riuscì a spostare le pietre e a dispor- Anfione e Zeto.
Calice a cratere a figure rosse, 390-380 a.C.
le in modo da formare un muro grazie Antikenmuseen, Berlino (Berlin F 3296 )
all’arte della sua lira, che aveva ricevuto
in dono da Hermes.
Ancora una volta il mito testimonia il potere soprannaturale che gli antichi attribuivano alla
musica.
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Fonti – Musici e poeti-musici
I poeti greci, dei quali possediamo tuttora i poemi, rivelano oggi attraverso le loro opere solo
un aspetto del loro genio: poeti da una parte, essi erano anche musici e componevano essi
stessi la musica che accompagnava i loro poemi, sia che questi fossero cantati (lirismo) o de-
clamati con accompagnamento musicale (parakataloghè).
I Greci trassero i loro elementi musicali dall'Asia Minore.
TERPANDRO DI LESBO (VII secolo a. C.) viene oggi considerato come il padre della musica greca:
egli per primo classificò le melodie popolari e, dopo averle stabilite in sistemi regolari, inventò
una notazione e fissò i modi e i generi. Venne convocato dagli Spartiati per regolare la tecnica dei
cori e fu il creatore della citarodia, un genere nel quale il musico canta accompagnandosi con la
cetra, che venne portato al massimo della sua perfezione da PHRYNIS e dal suo brillante alunno
TIMOTEO DI MILETO (446 -357 a. C.).
Sparta era il grande centro dorico della musica: dopo Terpandro, TALETE DI GORTINA fissò pro-
prio qui i rapporti fra la danza e la musica; POLIMNESTO DI COLOFONE (verso il 660 a. C.), stabi-
litosi a Sparta, vi introdusse l'aulodia, musica di flauto accompagnata dal canto.
Più o meno nello stesso periodo, ALCMANE, di origine lida ma naturalizzato spartiata, introdusse a
Sparta il lirismo corale: in questa musica era ignota la polifonia; la melodia veniva cantata all'uni-
sono, con accompagnamento di aulós e di cetra. Alcmane registrò in forma elegante i canti popo-
lari e la poesia corale, motivo per il quale viene ricordato come il padre del lirismo corale. Infine,
l'ateniese TIRTEO, durante la seconda guerra di Messenia, introdusse a Sparta i virili inni militari
che potevano incitare i guerrieri al coraggio.
Sempre durante il VII secolo a.C., così fecondo di idee, ARCHILOCO DI PARO iniziò la pratica
dell’accompagnamento con uno strumento musicale per declamare e non per cantare i suoi versi
giambici: nacque così la parakataloghè che, dapprima isolata, venne successivamente inserita nel-
la tragedia e nel ditirambo.
OLIMPO, un musico originario della Frigia (forse il suo nome cela l’appartenenza ad una confra-
ternita o un gruppo di musici frigi) che partecipò nel 582 ai giochi Pitici, introdusse l'auletica, un
genere in cui si suonavano degli assolo di aulós. Olimpo fu anche l'inventore del modo armatiano,
una melopea lamentevole, suonata con il flauto.
Il lirismo corale venne perfezionato e illustrato da CLONAS, STESICORO, IBICO, BACCHILIDE e
soprattutto da SIMONIDE e PINDARO, le cui odi trionfali (gli Epinici) erano cantate per onorare i
vincitori delle gare atletiche panelleniche.
Il nómos
Il nómos antico è la radice del linguaggio musicale. Nella accezione più ampia nomos signifi-
ca “legge”, “modello” e in particolare definisce la composizione musicale antica, che è legge
universale, perché ripropone il modello immutabile dell'armonia celeste. I canti dei misteri
Eleusini si ripetevano ogni anno allo stesso modo, seguendo un'abitudine ed una liturgia ance-
strale, ed erano detti appunto, secondo la maniera antica, nómoi. C'era il nómos relativo alle
messi (intonato nei misteri di Demetra) o ai nuovi nati, oppure quello “cradies”, cioè il nómos
del fico.
Prima ancora che il termine indicasse uno specifico genere poetico-musicale, al concetto di
melodia venne associandosi il concetto di nómos, in cui erano inclusi oltre agli aspetti tonali
anche gli elementi del ritmo, che consentivano di creare frasi o formule musicali caratteristi-
che. Ciò spiega il fatto che il termine nómos, nelle testimonianze dei lirici, oltre a designare
tipologie di composizione con uno specifico nome, sia anche utilizzato nel senso generale di
melodia.
Il termine nómos, inteso specificamente come genere musicale, definì d’altra parte sempre nel
suo complesso il testo letterario, la musica che l'accompagnava e i movimenti delle coreogra-
fie.
Notizie dei nómoi delle origini si trovano ancora nei poemi omerici.
Nell'Iliade assistiamo al canto di Achille, che, ritiratosi nell'amara solitudine, ricorda divinità
e imprese eroiche riproponendole sulla secondo rigide combinazioni sonore, mentre nell'Odis-
sea sono gli aedi, chiamati a palazzo per rendere un servizio religioso, di cultura misterica, e
non per semplice divertimento di corte, tenevano alto il prestigio del canto intessendo le lodi
per le epiche gesta secondo il tradizionale nómos epico.
Il panorama musicale delle origini fu molto vario: ogni regione ebbe un suo repertorio di me-
lodie per le diverse occasioni, tramandato oralmente di generazione in generazione. Solo in
seguito le melodie più significative e più apprezzate furono portate fuori dai luoghi di origine
per opera di musici che «diedero loro un nome» (Ps. Plut., De mus. 3), così che ciascuna fosse
riconoscibile nella sua individualità da parte di tutti i Greci, dei quali divennero patrimonio
comune. Queste linee melodiche furono, a loro volta, denominate nómoi, con lo stesso termi-
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ne che significava "le leggi"; lo Ps. Plutarco indica con molta chiarezza i motivi di questo ac-
costamento a livello semantico tra la sfera del diritto e quella del canto:
... non era possibile nei tempi antichi comporre pezzi citarodici come quelli di oggi né cambia-
re harmonia né ritmo, ma per ciascuno dei nómoi mantenevano le caratteristiche che gli erano
proprie. Per questo essi erano così denominati: erano chiamati nómoi ["leggi"] poiché non era
lecito uscire dai limiti di intonazione e di carattere stabiliti per ciascuno di essi.
(De mus. 6).
L'antico nómos però entrò nella storia dal VII secolo a. C. per merito del musicista Terpandro
di Antissa, da Lesbo, definito "padre della musica greca". Fu lui il primo autore a lasciare un
segno tangibile (cioè documentato) nell'antica musica greca e ad aver composto alcuni nómoi:
l'eolio, il beozio, il cepione, l'acuto, il trocheo, il terpandreo, il tetraedio e forse l'orthios.
Il termine nómos che originariamente, come si è visto, significava "aria, melodia tradizionale"
- ancora Alcmane, qualche decennio dopo Terpandro, in un frammento (PMG fr. 40) citato da
Ateneo, dice di conoscere i nómoi di tutti gli uccelli - fu usato in seguito per indicare un parti-
colare canto citarodico solistico, un genere musicale ben definito che sarà ripreso tra il V e il
IV secolo a.C. da Timoteo; Polluce fornisce indicazioni sulla sua struttura, attribuendone la
definizione allo stesso Terpandro: esso si eseguiva con l'accompagnamento della cetra consi-
steva di sette parti: arena (canto iniziale), metarcha (in responsione ritmica con l'arena), kata-
tropa (transizione), metakatatropa (in responsione ritmica con la katatropa), omphalos (om-
belico, la parte centrale), sfraghis (sigillo), epilogos (la conclusione). Notevole in particolare
era la sesta parte, il “sigillo”, nel quale il poeta rivelava il proprio nome e parlava della sua
opera.
Il primo grande mutamento, nell'epoca classica, è il passaggio dai nómoi ai modi corrispon-
denti. Già in Sofocle i nómoi sono scomparsi.
Dal punto di vista musicale, nel periodo classico, il nómos viene sostituito gradualmente da
scale o modi. La differenza tra nómos e modo sta nel fatto che il nómos è una melodia presta-
bilita in una tonalità, mentre il modo consente di inventare nuove melodie pur battendo sulla
stessa tonalità. L'esecutore che utilizza il nómos è vincolato ad usare una sola melodia, mentre
colui che utilizza il modo, cioè la scala, può inventare, mantenendo il tono, l'accento espressi-
vo del nómos. I principali modi, dorico, frigio e lidio, vengono chiamati con i nomi dei nómoi
corrispondenti proprio perché le scale di quei nómoi sono le stesse dei modi, con la differenza
che il nómos è solo una melodia, mentre il modo è una scala che consente all'esecutore di in-
ventare, quindi c'è una fioritura inventiva.
Con Euripide, infine, vi è la comparsa, accanto al genere diatonico, di due nuovi generi: cro-
matico ed enarmonico. In realtà quest'innovazione si deve a Timoteo di Mileto che fu il prota-
gonista della rivoluzione musicale del V secolo, accompagnata dalla costruzione della lira con
non più di sette o undici corde, proprio per consentire l'uso delle alterazioni, accogliendo mo-
venze e suggestioni della musica orientale. L'introduzione delle alterazioni introduce una cari-
ca espressiva molto più intensa che nel genere diatonico. La tragedia di Euripide aveva infatti
un'accentuazione espressiva delle passioni, esprimibile solo con i generi cromatico ed enar-
monico. I filosofi e gli intellettuali del tempo, dinanzi alla rivoluzione del V secolo, si posero
in maniera differenziata, com’è desumibile dalla riflessioni di Platone e Aristotele, entrambi
filosofi del periodo classico e dalla parodia che ne fece Aristofane nelle Rane.
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I poemi omerici e l'accompagnamento musicale
La prima testimonianza letteraria della musica greca è offerta dai poemi omerici in cui com-
paiono alcuni aedi, che, oltre a comporre inni religiosi in onore degli dei, presso le corti reali
intrattengono il pubblico con i propri canti. L’Odissea si può considerare la fonte principale
per l’aedo dell’epica più arcaica:
- nel I libro dell’Odissea, ad Itaca, compare l'aedo Femio, che nella reggia di Itaca, durante
l’assenza di Ulisse, è costretto a rallegrare i banchetti dei Proci;
- nel libro VIII, ai vv. 62 sgg.,viene presentato l’aedo Demodoco che, su invito di Alcinoo,
re dei Feaci, si esibisce davanti all’ospite Ulisse, cantando, con accompagnamento citare-
dico, l’episodio mitico dell’amore di Ares e Afrodite e della vendetta di Efesto; in questo
episodio, al canto dell’aedo si accompagna una danza circolare improvvisata da un gruppo
di giovani. Segue l'esibizione di due “primi ballerini”, che intrecciano figure di danza lan-
ciando in alto una palla e riprendendola. In questo brano, dunque, Omero ci offre una de-
scrizione particolareggiata di un’esibizione che coinvolge tutti gli elementi della musiké:
non solo il verso e il canto con accompagnamento strumentale, ma anche la coreografia.
Il messaggio orale degli aedi veniva trasmesso e recepito dagli ascoltatori durante le pubbli-
che esecuzioni, nelle quali assumevano un ruolo determinante non solo la parola, ma anche il
gesto e la melodia, in una composizione unitaria.
Gli strumenti musicali con cui questi cantori si accompagnavano potevano essere a corda,
come la lira e la , a fiato come l’ o flauto.
In cosa consistesse la performance dell'aedo non è possibile ricostruire con esattezza: è pro-
babile che si trattasse di una declamazione di tipo salmodico, cui l'accompagnamento citare-
dico forniva la battuta conclusiva dell’esametro, scandendo il passaggio da un verso all’altro.
Lo studioso Stephen Hagel (docente della Austrian Academy of Sciences) ci fornisce un e-
sempio di declamazione aedica secondo una scansione metrico-ritmica con cui intende pro-
porre un’ipotesi di ricostruzione dell’antica declamazione. Il brano declamato corrisponde al
già citato canto di Demodoco.
Esecuzione musicale
Odissea, VIII, vv. 267 ss. nell'esecuzione di Stephen Hagel.
Poesia lirica
Con il tramonto della società omerica e l’affermarsi di nuovi valori, cambiarono le funzioni
del messaggio artistico e mutò il pubblico che è ora rappresentato da cerchie aristocratiche
che assistono a performances create per occasioni specifiche.
Durante i conviti festivi era il compositore stesso dei canti a esibirsi recitando o cantando i
suoi versi, sempre usufruendo di un accompagnamento musicale.
La cosiddetta lirica è appunto per gli antichi la poesia cantata e accompagnata dalla lira, o an-
che da altri strumenti, come l’aulós, il barbitos, la cetra.
La denominazione "lirica" risale all’età alessandrina e sostituisce quella più antica di melo-
poiia (= composizione di canti), che altrettanto esplicitamente fa riferimento alla natura di
questo genere poetico.
Va ricordato, a margine, che noi moderni includiamo nella poesia lirica greca anche il giambo
e l’elegia, accompagnati dall’aulós, che erano destinati, più che al vero e proprio melos, a una
sorta di recitativo declamato, che gli antichi chiamavano paracataloghé.
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Nella lirica monodica e corale, così come successivamente nella tragedia, non a caso derivan-
te da un genere lirico, il ditirambo, si realizza dunque pienamente quella mousikè téchne, che
per i greci antichi non si identifica con la musica, ma con la perfetta fusione dei codici espres-
sivi della poesia e del canto, cui si aggiunge, nella lirica corale e nella rappresentazione teatra-
le, la danza o coreografia (movimento ritmico del coro).
Oggi questa peculiarità della lirica antica appare pressoché completamente dimenticata, e ciò
a causa della scarsità di documenti di musica greca - a fronte dell’ampia documentazione trat-
tatistica - e la difficoltà di interpretazione degli stessi, pur in presenza di un sistema di nota-
zione musicale che non risulta affatto sconosciuto; la successiva separazione, nella storia let-
teraria moderna, del verso dal melos, ha indotto, retrospettivamente, a considerare in termini
puramente letterari anche la produzione antica.
Ditirambo
Il ditirambo è un genere di poesia lirica corale, che celebrava originariamente Dioniso e il cul-
to dionisiaco. I ditirambi, scritti in metri varî, erano cantati da un coro che danzava in cerchio,
accompagnato dalla musica. Si trattava quindi di una composizione poetica corale, dove poe-
sia, musica e danza erano fusi insieme.
La danza ditirambica, eseguita in circolo da cinquanta danzatori incoronati da ghirlande, era
una danza vivace e rapida, nella quale il solista rappresentava lo stesso Dioniso, mentre i co-
reuti lo accompagnavano con lamentazioni e canti di giubilo.
Il ditirambo accompagnava anche il corteo (pompè) di cittadini mascherati che, in stato d'eb-
brezza, inneggiavano a Dioniso suonando flauti e tamburi: alcune feste in onore di Dioniso in-
fatti presupponevano il totale mascheramento, con pelli di animali e grandi falli; le Menadi,
seguaci dirette del Dio, portavano il tirso, un bastone con in cima o un ricciolo di vite o una
pigna.
Il ditirambo, rispetto agli altri generi di lirica corale, ha assunto un ruolo particolare perché si
ritiene che da esso traessero la loro origine i canti corali della tragedia.
Esecuzione musicale
Un esempio di esecuzione moderna da parte del gruppo Conrad Steinmann Ensemble che
ha cercato di ricostruire le sonorità tipiche del ditirambo.
Teatro e musica
ARISTOTELE, nel primo capitolo della Poetica, include il teatro attico (tragedia, commedia e
dramma satiresco) tra i generi che si servono di tutti i mezzi mimetici dell’arte (danza, canto e
recitazione), insieme con la poesia ditirambica e la lirica. A differenza di queste ultime, le o-
pere teatrali utilizzano però i diversi linguaggi artistici katà meros, cioè secondo le parti
dell’opera. Il concetto è ripetuto al capitolo VI del trattato, in cui si afferma che è proprio del-
la tragedia il «linguaggio adorno», comprendente ritmo, musica e canto, diverso nelle forme,
poiché alcune parti sono recitate, altre cantate.
Le rappresentazioni teatrali come la tragedia e la commedia non erano dunque forme d’arte
puramente letteraria, ma alla loro espressione contribuivano altri elementi, tra cui, in primo
piano, la musica.
Da questo punto di vista, la possibilità di comprendere la produzione dei tragediografi e
commediografi attici è inevitabilmente parziale e limitata. Per averne un’idea approssimativa
possiamo pensare al melodramma, che non a caso nacque, nel tardo Rinascimento, proprio
come forma d’arte tendente a riprodurre l’antico genere tragico.
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Tragedia e musica
Nel V secolo a. C. la tragedia nacque dalla commistione del ditirambo con parti recitate in
versi giambici e trocaici.
Nella tragedia le parti musicali sono quelle della pàrodo (canto di ingresso del coro), degli
stasimi (canti corali tra un episodio e l’altro), degli interventi lirici del coro o dei singoli per-
sonaggi. In particolare ricordiamo che la pàrodo e gli stasimi mantengono la tripartizione me-
trico-ritmica in strofe, antistrofe ed epodo, proprie della lirica corale.
Nelle tragedie di ESCHILO la musica rimase legata alle forme tradizionali, ma in SOFOCLE ed
EURIPIDE subì delle modificazioni. Il numero dei coreuti salì da dodici a quindici, alle armo-
nie di tradizione dorica si aggiunsero canti in armonia frigia di tipo ditirambico, ed aumentò il
numero dei canti a solo, soprattutto in Euripide. E’ proprio con le ultime tragedie di Euripide
che si assiste alla trasformazione della tragedia in una forma di rappresentazione simile al me-
lodramma, composta da arie e duetti.
Alla fine del V secolo a.C AGATONE sostituì gli stasimi, canti corali legati all’argomento della
tragedia, con gli embólima, intermezzi musicali di puro intrattenimento.
Della musica che accompagnava le tragedie attiche — come del resto della musica greca in
generale — abbiamo pochissimi documenti: un frammento dall’Oreste euripideo, compren-
dente la melodia dei vv. 338-43 (antistrofe del primo stasimo), e due frammenti lirici
dell’Ifigenia in Aulide, sempre di Euripide, che si riferiscono ai vv. 784-92 (epodo del secon-
do stasimo) e ai vv. 1500-09 (canto amebeo tra Ifigenia e il corifeo).
Commedia e musica
Nella commedia greca le parti cantate e recitate rispec-
chiavano la struttura generale della tragedia; il momen-
to centrale della commedia, la parabasi, era però pecu-
liare delle rappresentazioni comiche: in essa il coro sfi-
lava davanti al pubblico e, rivolgendovisi direttamente,
trattava di argomenti di attualità e di satira legata al
mondo della polis.
Non molto sappiamo dei caratteri musicali della com- Scena dagli "Uccelli" di Aristofane
media, ma è noto che ARISTOFANE criticò aspramente con suonatore di aulós tra due uc-
celli - Cratere a calice a figure ros-
le innovazioni della musica della tragedia, introdotte da se, ca. 415-400 a.C.
Euripide ed Agatone. The J. Paul Getty Museum, Malibu
Dal IV secolo a.C. si affermò invece sulle scene un nuovo tipo di spettacolo, il recital di
un virtuoso che cantava e mimava con l’accompagnamento strumentale dei testi originali
o ripresi dai drammi del V secolo.
Si continuarono ad eseguire inni cultuali e carmi lirici, anche se dopo il poeta lirico e
compositore TIMOTEO (446 – 357) non si ricordano più esempi di compositori famosi, ma
solo di virtuosi del canto.
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Principali frammenti
L'archeologia ci ha restituito alcuni pochi e scarni frammenti musicali greci, su papiri, su pie-
tra e in manoscritti, risalenti all’età ellenistica e tardoellenistica. L'interpretazione di tali
frammenti è molto incerta.
- I frammenti piú estesi furono portati alla luce a Delfi, e rappresentano due composizioni
liriche, due inni delfici ad Apollo, forse peani, del II secolo d.C., l’uno attribuito a LIME-
NIO, l’altro ad ATENEO (?), incisi sulla lastra marmorea che rivestiva il monumento del
Tesoro di Atene a Delfi (inv. 214 e inv. 517-526-494-499);
- L’epitaffio di SICILO, II-I secolo a. C., inciso su un cippo funerario scoperto a Tralles, in
Asia Minore (Copenaghen, inv.14897);
- Tre inni, dedicati rispettivamente al Sole, a Calliope, a Nemesi, di MESOMEDE di Creta,
II d.C., pubblicati nel 1581 da VINCENZO GALILEI, padre del più famoso Galileo, nel Dia-
logo della musica antica e moderna;
- cinque frammenti di preludi citarodici (II secolo), su papiro (Pap. Berlino, 6870), di cui
tre brani vocali e due strumentali, tra i quali un peana avente per argomento il dolore di
Tecmessa per il suicidio di Aiace;
- il frammento (papiraceo) piú interessante contiene la notazione musicale dei versi 338-
344 dell'Oreste di Euripide. Dal momento che il papiro risale al 200 a.C. circa, la musica
potrebbe essere quella composta dallo stesso Euripide, poiché pare che lo spartito del poe-
ta esistesse ancora duecento anni dopo la sua morte (Pap. Vienna G 2315).
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Testi ed esecuzioni
Inni delfici
Gli Inni delfici sono una delle più antiche e autentiche testimonianze di musica antica ellenica,
insieme al frammento dell'Oreste di Euripide e alla stele di Sicilo.
Si tratta di due canti liturgici dedicati al dio Apollo (peani), scolpiti su lastre di pietra chiara e
con notazioni musicali sopra ad ogni sillaba del testo. Essi furono ritrovati presso il tempio di
Apollo a Delfi, su una delle pareti esterne del Tesoro degli Ateniesi, e sono databili il primo al
138 a.C. ed il secondo al 128 a.C., attribuiti rispettivamente ad ATENEO (più probabilmente
spurio) e a LIMENIO.
Vi è un terzo testo che reca l’inizio della narrazione della resistenza dei Greci, protetti da A-
pollo, contro l'invasione celtica di Delfi da parte dell'esercito dei Galati; di tale testo ci rimane
però solamente la prima frase.
I due inni narrano la nascita di Apollo e la lotta del dio contro il serpente custode del tripode
sacro di Zeus. In entrambi i componimenti si utilizzano il nomos pitico e l'armonia doria. È
proprio il nomos che, come caratteristica fondamentale della musica dell'antica Grecia, fa sì
che la musica segua perfettamente il senso del testo: abbiamo così tonalità medio-gravi duran-
te le fasi di calma e acute durante le fasi più concitate; inoltre viene modificata anche l'armo-
nia utilizzata in corrispondenza di parole ed elementi che richiamano sensazioni particolar-
mente suggestive.
Tale nomos viene descritto, durante il I secolo a.C., da DIONIGI D'ALICARNASSO nel trattato
Sulla composizione delle parole, basandosi sulla poetica di ARISTOSSENO. Il trattato di Dioni-
gi venne tradotto, durante il Rinascimento, dal poeta PIETRO BEMBO; è proprio nella musica
del Rinascimento che viene ripreso lo stile compositivo tipico della musica antica e presente
soprattutto negli Inni Delfici.
Lastra di marmo scoperta nel maggio 1893 nelle rovine del Te-
soro degli Ateniesi a Delfi. Ora conservato al Museo di Delfi:
Delphi Inv. No. 17, 494, 499. Vocal notation
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Inni delfici ad Apollo
Ateneo, figlio di Ateneo, peana e iporchema; Limenio, figlio di Thoinos, peana e proso-
dio
Il primo inno, che comprendeva all’origine quattro strofe, ma di cui l’ultima è troppo mutila
per essere intesa, è un “peana e iporchema in onore del dio [Apollo], composto da Ateneo,
[figlio di Ateneo]”, che era un cantore.
Il secondo è stato composto da un citarista, LIMENIO, figlio di THOINOS, appartenente
anch’egli a una dinastia di musicisti e anche lui membro di una potente corporazione di artisti
professionali, i Technites – artisti – di Dioniso. E’ una composizione di grande estensione
(dieci strofe) che si conclude con un finale trionfale a due tempi, detto prosodio.
Composti sia l’uno che l’altro per delle festività grandiose, i due inni hanno ciascuno una pro-
pria specificità.
Il primo, molto cromatico, di una grande bellezza melodica, è scritto in notazione vocale: è
dunque cantato a cappella.
Il secondo, scritto in notazione strumentale al di sopra del testo, è interpretato da un coro di
uomini accompagnati all’unisono da cithare. Esso, da una parte, porta il marchio spettacolare
dei contrasti violenti e bruschi che i Greci apprezzavano in un’opera musicale di una certa
ampiezza, dall’altra reca una melodia che si conforma strettamente al senso del testo: si passa
dall’elegante semplicità all’estrema violenza, secondo che si evochi, per esempio, la raggiante
bellezza di Apollo o la sua lotta all’ultimo sangue contro il mostro generato dalle viscere di
sua madre Terra, che gli disputa il suo santuario. La musica di Limenio è imitativa, come tutta
la musica antica, e non manca perciò di ispirarsi ai sibili acuti del serpente, all’angoscia del
dio o degli uomini di fronte al mostro o ai Galati venuti per devastare il santuario.
Come esige il genere del peana, i due componimenti sono scritti in un rigoroso cinque tempi,
le cui battute sono particolarmente marcate, allorché il testo raggiunge la sua piena intensità
drammatica, attraverso i colpi del tympano. Si noterà il crescendo terrificante, che nella strofe
4 del secondo inno, accompagna il grido con il quale Zeus saluta suo figlio : “Paian, iè paian”,
grido uscito dalle profondità della rocca dell’Acropoli.
Le iscrizioni, conservate oggi al Museo di Delfi, presentano tuttavia delle lacune talvolta im-
portanti. Sono state perciò recentemente proposte (cfr. De Organographia) delle aggiunte mu-
sicali nel rispetto delle leggi che regolavano le composizioni musicali in quell’epoca e le loro
relazioni con l’accentuazione del testo.
14
1. Primo inno delfico attribuito a Ateneo
Metrica
Il ritmo è uniformemente peonico. [Peonio = ].
Kškluq' @Elik]îna baqÚdendron a‰ l£[cete DiÕj] Ascoltate, (Muse) che avete occupato l’Elicona bosco-
™[ri]brÒmou qÚgatrej eÙèle[noi,] sa, figlie dalle belle braccia di Zeus tonante: venite a ce-
mÒle[t]e, sunÒmaimon †na Fo‹bon òda‹si mšlyhte lebrare vostro fratello con i canti, Febo dalla chioma
cruseokÒman, Öj ¢n¦ dikÒrumba Parnass…doj d’oro, che sulla doppia cima di questo picco dl Parnaso,
t©sde petšraj ›dran' ¤m' [¢]gakluta‹j Delf…sin accompagnato dalle famose vergini di Delfi, viene alle
Kastal…doj eÙÚdrou n£mat' ™pin…setai, acque della fonte Castalia dalla bella corrente mentre si
DelfÕn ¢n¦ [pr]îna mante‹on ™fšpwn p£gon: dirige all’oracolo montano di Delfi.
15
[”Hn,] klut¦ megalÒpolij 'Aqqˆj eÙca‹[s]i
Deh, famosa megalopoli, Attica è qui a pregare, la cui
ferÒploio na…ousa Tritwn…doj d£[pe]don
casa è l’invincibile campo di Atena; e sui sacri altari
¥qrauston: ¡g…oij d bwmo‹sin “Afaistoj a‡qe[i]
nšwn mÁra taÚrwn: Efesto sta bruciando le cosce di giovani tori.
Ð d• [tecnit]în prÒpaj ˜smÕj 'Aqq…da lac[ën] L’intera compagnia degli artisti dell’Attica ti glorifica,
[tÕn kiqar…]sei klutÕn pa‹da meg£lou [DiÕj
figlio del possente Zeus, che vi ha concesso questo
Ømnoàs… se pa]r' ¢kronifÁ tÒnde p£gon,
¥m[brot' ¢yeudš' Ös] p©si qnato‹j profa…nei[j picco coronato di neve, dove tu emetti gli immortali
lÒgia, oracoli per tutti gli uomini.
tr]…poda mante‹on æj e[Œlej, ™cqrÕj Ön ™fr]oÚrei (Noi cantiamo) come tu prendesti possesso del profeti-
dr£kwn, co tripode che un terribile serpente custodiva, quando
Óte t[eo‹si bšlesin œt]rhsaj a„Òlon ˜likt¦n [fu£n,] tu scacciasti questa viscida creatura nata dalla terra,
[œsq' Ð q»r, sucn¦] sur…gmaq' ƒeˆj ¢qèpe[ut', ¢pšpneus'
che si avvolge in spire, e quello spirò sibilando sgra-
Ðmîj:]
ziatamente.
16
[æs] d Galat©n ”Arhj [--- In questo modo i Galli di Ares,
--]n ™pšras' ¥sept[oj --- che sacrileghi attraversarono questo paese ...
Esecuzioni musicali
eseguito da Nikolaos Ioannidis
eseguito da Musique de la Gréce Antique
eseguito da Michael Levy (solo strumentale)
eseguito da Ensemble Kérylos
eseguito da De Organographia (solo strumentale)
eseguito da Paolo Emilio Carapezza Ensamble
eseguito da Cristodoulos Halaris Ensamble
eseguito da Petros Tabouris Ensemble. (solo strumentale)
17
2. Secondo inno delfico attribuito a Limenio
Metrica
Fino alla sezione finale il ritmo è uniformemente peonico. Nella sezione finale il ritmo diven-
ta eolico (gliconei, con un ferecrateo in chiusura). L’intestazione del brano lo definisce come
un 'peana e processionale'. La parte eolica presumibilmente corrisponde al processionale (pro-
sodio).
___________________________________________________________________________
Pa]i?¦n d kaˆ p[oqÒ]dion e„j t[Õn qeÕn Ö ™pÒ]h?se[n Peana e prosodio al dio di Ateneo di Thoinos
kaˆ prosekiq£rise]n Lim»ni[oj Q]o?…no[u 'Aqhna‹oj
Venite in questa cima montana che si staglia alla vista
[”I]t' ™pˆ thlšskopon t£n[d]e Pa[rnas…]an [filÒcoron] del Parnaso dalla doppia cima e date inizio al mio in-
dikÒrufon kleitÚn, Ûmnwn k[at£]rc[ete d' ™mîn,
no, Pieridi Muse che soggiornate sulle rocce innevate
Pier…dej, a‰ nifobÒlouj pštraj na…eq'
dell’Elicona.
[@Eli]kwn…d?[aj:]
mšlpete d PÚqion c[r]usoca…tan ›[kat]on eÙlÚran Cantate il dio Pitico dalle chiome d’oro, Febo, il lun-
Fo‹bon, Ön œtikte Latë m£kaira pa[r¦ l…mnv] klut´, gisaettante dalla bella lira che la divina Latona generò
cersˆ glauk©j ™la…aj qigoà[s' Ôzon ™n ¢gwn…ai]j presso il famoso lago, sorreggendosi nel suo travaglio
™riqa[lÁ.] al vigoroso tronco di un argenteo olivo.
18
P©[j d g]£qhse pÒloj oÙr£nioj [¢nnšfeloj ¢glaÒj,] L’intera volta del cielo si rallegrò e l’etere trattenne il
[n]hnšmouj d' œscen a„q¾r ¢e[llîn tacupet]e‹j
[drÒ]mouj, rapido corso delle tempeste dal tuono fragoroso e di
lÁxe d barubrÒmwn Nh[ršwj zamenj o]dm' Nereo abbatté l’onda impetuosa e il potente Oceano
ºd mšgaj 'WkeanÒj, Öj pšrix [g©n Øgra‹j ¢g]k£laij
¢mpšcei. che circonda la terra con il suo liquido abbraccio.
TÒte lipën Kunq…an nÁson ™[pšba qeÕ]j Allora il dio lasciò l’isola del Monte Cinzio e andò
prw[tÒ]karpon klut¦n 'Atq…d' ™pˆ gal[ÒfJ prîni] nella famosa regione che per prima coltivò i cereali,
Tritwn…doj: l’Attica, sul poggio collinare di Atena.
mel…pnoon d L…buj aÙd¦g cšw[n lwtÕj ¢nšmel]pen Riversando la sua voce dal suono di miele, il Li-
¡ bico flauto cantò un inno divino, fondendosi con
de‹an Ôpa meignÚmenoj a„Òl[oij kiq£rioj mšlesin, i vivaci suoni della cithara, mentre Eco che di-
¤]ma d'‡acen petrokato…khtoj ¢c[ë mora tra le rocce insieme a loro risuonava.
19
Pai¦n „ Pai£n:] Peana, oh Peana.
[Ð] d gšgaq', Óti nÒJ dex£menoj Ed egli fu lieto, perché essendo stato accolto nel-
¢mbrÒtan Di?[Õj ™pšgnw frš]n': ¢nq' ïn ™ke…- la mente di Zeus ne conobbe l’immortale pensie-
naj ¢p' ¢rc©j Pai»ona kiklÇsk[omen ¤paj ro. Pertanto, sin da quell’inizio, lo chiamiamo
l]aÕj a[Ùto]cqÒnwn ºd B£kcou mšgaj Peana, tutto il popolo degli aborigeni dell’Attica
qursopl¾[x e la grande sacra corporazione degli artisti inva-
˜smÕj ƒ]erÕj tecnitîn œnoikoj pÒlei Kekrop…v. sati di Bacco che dimora nella città di Cecrope.
'A[ll¦ crhsm]JdÕn Öj œceij tr…poda, ba‹n' ™pˆ Così, tu che possiedi il tripode oracolare, vieni su
qeostib[ša questo sacro crinale Parnassiano dove passeggia-
t£nde P]arnas…an deir£da filšnqeon. no gli dei.
'Amfˆ plÒk[amon sÝ d' o„]nî[pa] d£fnaj kl£don Avendo intrecciato la tua chioma con un ramo-
plex£menoj scello d’alloro dal colore del vino e con la tua
¢p[lštouj qemel…ouj t'] ¢mbrÒtv ceirˆ sÚrwn, mano immortale, Signore, travolgendo le enormi
¥nax, fondamenta della terra ...
G[©j pelèrJ sunant´s] kÒrv.
20
'All¦ Latoàj ™ratog[lšfaron œrnoj ¢gr…a]n Ma figlio dai begli occhi di Latona colpisti con le
pa‹da G©[s] t' œpefnej „o‹j, Ð[moà t' ¢nabo´j (?) tue frecce il figlio della Terra, e allo stesso modo
¹ d] pÒqon œsce matrÕj [f…laj ? Tizio che concepì desiderio per tua madre. . . Uc-
--]hr § katškt[a]j os[---- cidesti la creatura . . . che sibilava dalla sua tana
[sÚ]rigm' ¢pe--wn[--- ...
21
['All', ð Fo‹be,] sùze qeÒktiston Pall£doj [¥stu O Febo, preserva la città divinamente fondata da
kaˆ Pallade e il suo glorioso popolo, e anche tu, o dea
laÕn kleinÒn, sÚn] te qe£, tÒxwn despÒti Artemide, signora dell’arte cretese del tiro con
Krhs…w[n] l’arco e dei cani da caccia, e anche tu, augusta Letò.
kunî[n t' ”Artemij, ºd Latë] kud…sta: kaˆ naštaj
Fate sì che gli abitanti di Delfi vivano sicuri nella
Delfîn t[hmele‹q' ¤ma tšknoij sum]b…oij dèmasin
¢pta…stouj, B£kcou [q' ƒeron…kaisin eÙme]ne‹j loro casa, con le loro famiglie e i loro beni. Venite
mÒlete con animo reso benevolo grazie ai musici ministri di
prospÒlois[i], t£n te dor…[stepton k£rtei] Bacco e rafforzate il dominio coronato per
Rwma…w[n] l’ardimento dei Romani in modo che prosperino a
¢rc¦n aÜxet' ¢ghr£tJ q£l[lousan fere]n…kan. lungo vittoriosi.
Esecuzioni musicali
eseguito da Musique de la Gréce Antique (solo strumentale con introduzione recitata)
eseguito da De Organographia
eseguito da Petros Tabouris Ensemble.
22
L’epitaffio di Sicilo
Il cosiddetto Epitaffio di SICILO è un documento musicale dell'antica Grecia. Esso è costituito
da 12 righe di testo scolpite, di cui 6 accompagnate da notazione alfabetica di una melodia
musicale frigia.
Il breve componimento poetico, che reca il nome di SICILO, probabilmente figlio di un certo
Euterpe, risale al II-I secolo a. C. ed è inciso su un cippo funerario, costituito da una stele di
marmo, scoperto a Tralles, in Asia Minore, e pubblicato da Ramsay nel 1883. Le notazioni
musicali furono decifrate da Wessley nel 1891.
Fu conservato nel museo di Smirne fino al 1922, finché andò perduto in seguito all’incendio
che devastò Smirne nel 1923 durante la guerra greco-turca; venne poi ritrovato, in un giardino
privato, nel 1957, data in cui fu acquisito dal Museo Nazionale di Danimarca a Copenaghen,
dov’è tuttora conservato. (Copenaghen, inv.14897).
Questo documento è di grande importanza, giacché si tratta del più antico brano musicale
completo, seppur breve, a noi pervenuto. Sebbene gli Inni Delfici siano probabilmente più an-
tichi, sono costituiti da frammenti che non consentono, al contrario dell’Epitaffio di SICILO,
una ricostruzione filologica pienamente attendibile.
Metrica
Una semplice arietta in quattro righi ben distinti, ciascuno formato da due metri giambici, va-
riamente realizzati. La melodia è diatonica, in modo G.
23
Testo greco e traduzione italiana
E„kën ¹ l…qoj e„m…: t…qhs… me Se…kiloj œnqa Sono l’epigrafe di pietra. Mi collocò qui Sicilo
mn»mhj ¢qan£tou sÁma polucrÒnion. come perenne simbolo di immutabile memoria.
Esecuzioni musicali
eseguito da Musique de la Gréce Antique
eseguito da Michael Levy (solo strumentale)
eseguito da De Organographia
eseguito da Paolo Emilio Carapezza Ensamble
eseguito da Cristodoulos Halaris Ensamble
eseguito da Associazione per la Musica Antica Antonio Il Verso
eseguito da Petros Tabouris Ensemble.
eseguito da San Antonio Vocal Arts Ensemble
eseguito da John Psathas.
24
Inni di Mesomede
Tre inni, dedicati rispettivamente al Sole, a Calliope, a Nemesi, di MESOMEDE DI CRETA, 130
o comunque II d.C., conservati in vari manoscritti bizantini.
MESOMEDES -- Conspectus codium:
- V. Venetus Marcianus app. cl. VI, 10, saec. XIII-XIV
- C. Parisinus Coislinianus graecus 173, saec. XIV
- N. Neapolitanus graecus III C4, saec. XV
- Ve. Venetus Marcianus graecus 994, saec. XI
La prima edizione a stampa fu pubblicata da VINCENZO GALILEI, padre di Galileo, nel 1581, a
Firenze, nel Dialogo della musica antica e moderna, il quale non fu però in grado di fornire la
trascrizione della notazione musicale.
Sappiamo da storici greci e latini che MESOMEDE, di origine cretese, fece la sua carriera a
Roma, come molti musicisti greci del suo tempo. Divenne amico dell'imperatore Adriano che
lo nominò il suo "rapsodo e compositore" e lo retribuì come tale. Successivamente, l'impera-
tore Antonino Pio apprezzò il suo talento, ma decise di ridurre il suo stipendio, perché, dicono
gli storici, era troppo pigro. La sua fama era considerevole: nel 213 d.C., Caracalla fece cerca-
re la sua tomba e, non avendola trovata, fece erigere un cenotafio in onore del suo lavoro co-
me compositore e citaredo. Caratteristica della sua poesia è la ricerca della parola dotta o rara,
dalla forma ricercata, secondo il gusto del tempo.
Della sua opera musicale, qui sono riportati tre brani, due dei quali (dedicati alla Musa e a
Nemesi) sono brevi preludi.
25
1. Inno al Sole
Nell’Inno al Sole, componimento ben costruito ed equilibrato, Mesomede evoca l’apparizione
del “padre dell’Aurora dalle palpebre di neve”, mentre nell’Olimpo danza e canta il coro delle
stelle sulle note della lira del dio raggiante.
La parte cantata è preceduta da un breve testo poetico molto suggestivo senza musica.
Composto intorno al 130 d.C., è in ritmo anapestico e in modo ipolidico.
Testo greco e traduzione italiana
Ûmnoj e„j “Hlion Inno al Sole
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26
soˆ mn corÕj eÜdioj ¢stšrwn Per te il coro imperturbabile delle stelle
kat' ”Olumpon ¥nakta coreÚei danza sul Sovrano Olimpo
¥neton mšloj a„n ¢e…dwn mentre sempre canta libera melodia
Foibh…di terpÒmenoj lÚrv, dilettandosi con la lira di Febo,
glauk¦ d• p£roiqe Sel£na e di fronte, la pallida luna
crÒnon érion ¡gemoneÚei scandisce il ritmo delle stagioni
leukîn ØpÕ sÚrmasi mÒscwn: sulle cadenze di bianchi vitelli.
g£nutai dš tš soi nÒoj eÙmen»j Il tuo spirito esulta benevolo
polue…mona kÒsmon ˜l…sswn. avvolgendo il multiforme universo.
Metrica
Versi singoli non raggruppati in strofe. Ogni verso ha una delle seguenti forme metriche:
oppure ; si tratta di una forma metrica diffusa nei sec. II
e III.
Scansione metrica
cionoblef£rou p£ter 'A/oàj, Padre dell'Alba dalle nivee palpebre,
·odÒessan Öj ¥ntuga pè/lwn che percorri la tua rosea orbita
ptano‹j Øp' ‡cnessi diè/keij, sulle orme dei cavalli volanti,
crusšaisin ¢gallÒmenoj kÒmaij gloriandoti delle tue chiome d'oro
perˆ nîton ¢pe…riton oÙranoà lungo l’infinita superficie del cielo
¢kt‹na polÚstrofon ¢mplškwn, intrecciando i tuoi mutevoli raggi,
a‡glaj poluderkša pa/g£n fonte della luce che scorge ogni cosa,
perˆ ga‹an ¤pasan ˜l…/sswn, avvolgendo tutta la terra,
potamoˆ d sšqen purÕj ¢mbrÒtou mentre i fiumi del tuo fuoco immortale
t…ktousin ™p»raton ¡mšran. danno vita al sorridente giorno.
soˆ m•n corÕj eÜdioj ¢stšrwn Per te il coro imperturbabile delle stelle
kat' ”Olumpon ¥nakta coreÚ/ei danza sul Sovrano Olimpo
¥neton mšloj a„•n ¢e…/dwn mentre sempre canta libera melodia
Foibh…di terpÒmenoj lÚ/rv, dilettandosi con la lira di Febo,
glauk¦ d• p£roiqe Sel£/na e di fronte, la pallida luna
crÒnon érion ¡gemoneÚ/ei scandisce il ritmo delle stagioni
leukîn ØpÕ sÚrmasi mÒ/scwn: sulle cadenze di bianchi vitelli.
g£nutai dš tš soi nÒoj eÙmen»j Il tuo spirito esulta benevolo
polue…mona kÒsmon ˜l…/sswn. avvolgendo il multiforme universo.
27
Esecuzioni musicali
eseguito da Musique de la Gréce Antique
eseguito da Cristodoulos Halaris Ensemble
eseguito da Petros Tabouris Ensemble.
___________________________________________________________________________
e„j Moàsan Alla Musa
28
Scansione metrica
”Aeide moàs£ moi f…lh, Canta, Musa, a me cara,
molpÁj d' ™mÁj kat£/rcou, e introduci il mio canto.
aÜrh d• sîn ¢p' ¢lsšwn Scuota la mia anima
™m¦j fršnaj done…/tw. una brezza proveniente dai tuoi boschi.
3. Inno a Nemesi
Fin dall'inizio segnato dal terrore della dea della vendetta, l'Inno a Nemesi, figlia della Giusti-
zia, appartiene a quelle opere antiche la cui impostazione è anomala rispetto alle consuetudini
attuali. La musica è implacabile, come lo sono il testo e la divinità spaventosa che viene cele-
brata; per mezzo della musica (tempo sostenuto, ascesa incessante del fa dièsis per ispirare un
brivido di terrore sacro), MESOMEDE DI CRETA non concede tregua al suo ascoltatore, fuorché
nel passaggio centrale, più moderato, dove si celebra la divinità luminosa e aerea di Nemesi.
Prima però è stata evocata la durezza e l’implacabilità della dea che colpisce all’improvviso i
mortali, mentre la pièce termina con l’esplosione della sua collera di fronte all’arroganza degli
uomini che ella può (queste sono le ultime parole del testo) “precipitare nel Tartaro”.
Testo greco e traduzione italiana
29
[Brano musicale senza parole]
Nšmesi pterÒessa b…ou ·op£, Alata Nemesi bilanciatrice di vita
kuanîpi qe£, qÚgater D…kaj, dea dall’occhio azzurro, figlia di Giustizia,
§ koàfa fru£gmata qna/tîn tu che le vane superbie dei mortali
™pšceij ¢d£manti cali/nù, domi con rude freno,
œcqousa d' Ûbrin Ñlo¦n brotîn e odiando la rovinosa furia dei bruti
mšlana fqÒnon ™ktÕj ™laÚ/neij. scacci ogni negra invidia,
ØpÕ sÕn trocÕn ¥staton ¢stibÁ sotto la tua mobile ruota che non lascia orme
carop¦ merÒpwn stršfetai tÚca, la sorte lieta degli uomini vaga e gira,
l»qousa d p¦r pÒda ba…/neij, ma poi, tu inosservata, d’un tratto te ne vai,
gauroÚmenon aÙcšna kl…/neij. piegata la cervice altera.
ØpÕ pÁcun ¢eˆ b…oton metre‹j, Sotto il tuo cubito sempre la vita ci misuri,
neÚeij d' ØpÕ kÒlpon Ôfrun ¢e… sempre aggrotti le ciglia serpentine
zugÕn met¦ ce‹ra kratoà/sa. tenendo stretto alla mano il giogo.
†laqi m£kaira dikaspÒle Sii a noi propizia, divina giustiziera,
Nšmesi pterÒessa b…ou ·op£. Nemesi alata, bilanciatrice di vita.
30
carop¦ merÒpwn stršfetai tÚca, la sorte lieta degli uomini vaga e gira,
l»qousa d• p¦r pÒda ba…/neij, ma poi, tu inosservata, d’un tratto te ne vai,
gauroÚmenon aÙcšna kl…/neij. piegata la cervice altera.
ØpÕ pÁcun ¢eˆ b…oton metre‹j, Sotto il tuo cubito sempre la vita ci misuri,
neÚeij d' ØpÕ kÒlpon Ôfrun ¢e… sempre aggrotti le ciglia serpentine
zugÕn met¦ ce‹ra kratoà/sa. tenendo stretto alla mano il giogo.
†laqi m£kaira dikaspÒle Sii a noi propizia, divina giustiziera,
Nšmesi pterÒessa b…ou ·op£. Nemesi alata, bilanciatrice di vita.
31
Pean. Papyrus Berlin 6870 – Peana e lamento di Tecmessa
32
Pai£n, ð Pai£n [ ] Peana, o Peana, salve, o Signore ...
tÕn D£lou tšrpei ?[-------------]lw?n che si diletta in Delo
kaˆ de‹nai X£nqou [ ]lwn ... e le acque turbinanti di Xantho
paga… t' 'Ismhno[à ] ... e le fonti di Ismeno. . .
[] Pai£n, Öj Mousa[ ] Peana, che guidi (le Muse) che cantano dalla
kr£naj fonte (del cavallo)
Ûmnwn ™x£r[ . . . la voce, tu
]xaj fwn£n,
che. . . come fuoco. . .
Öj pàr b[ ] ca…taij stšyaj avvolgendo i tuoi capelli d’alloro . . .
Latoà[j ] matrÕj lèban (tu devi punire) l'offesa della madre Leto
klhdën a[ ]j .... preghiera ....
tù ZeÝj dvdouce‹ [ ]gan . . . per cui Zeus porta la torcia. . .
tù g©j ™n bèloij xan[ ]po…. per cui nel suolo il grano giallo cresce.
Esecuzioni musicali
eseguito da Musique de la Gréce Antique
eseguito da Polish Group Gardzienice.
33
Maledice Ulisse, che accusa, e termina il suo lamento a mezza voce, quando scopre il sangue
del suo amato che impregna la terra.
Non sembra improbabile l’attribuzione del frammento alla perduta Aiace di Eschilo, come a-
veva già proposto Théodore Reinach..
I frammenti strumentali di Contrapollinopoli, trasmessi dal medesimo papiro, sono di
tutt’altro carattere. Si tratta di un duo di cithara molto brioso, in notazione strumentale ac-
compagnata da segni ritmici e da indicazioni d’attacco, sulla cui interpretazione è ancora a-
perto il dibattito degli eruditi. Dei silenzi coprono fino a quattro tempi, segnati in alcune ese-
cuzioni (Ensemble Kérylos) da colpi di tympanon e di kroupeza.
Metrica
Come per il brano precedente.
Testo e traduzione
Brano strumentale
aÙtofÒnJ cerˆ kaˆ f£sganon g?[ Con la mano suicida e ... la tua spada, figlio di Te-
T?e?lamwni£da, tÕ sÒn, A•an: e?[ di' ['O]dusša lamone ... a causa di Ulisse, canaglia ...
tÕn ¢litrÕn Ð? h? ›lkesin Ð poqoÚmenoj per le tue ferite, lui che ci manca. . .)
34
Brano strumentale
Esecuzioni musicali
eseguito da Musique de la Gréce Antique
eseguito da De Organographia
eseguito da John Psathas Ensamble
eseguito da Guidolotti Quartet (jazz solo musicale).
35
Ricostruzione del testo e delle partiture musicali
Ecco il testo ricostruito da Pöhlmann (Nos. 30-33).
M. L. West, Analecta Musica, in Zeitschrift für Papyrologie West, M. L., Ancient Greek Music, Oxford University
und Epigraphik 92 (1992) 1–54, p. 12 sgg. Press, 1992, pp.317 sgg.
36
Lo stasimo di Oreste
Il papiro denominato Pap. Vienna G 2315 da Hermopolis Magna, Egitto, della collezione
dell’arciduca Reiner, ora presso la Biblioteca Nazionale di Vienna, fu scoperto e pubblicato
dal papirologo Wessely (Karl Wessely, Fragment of a Chorus of Orestes by Euripides, ca.
480-406 B.C in Mitteilungen aus der Sammlung der Papyrus Erzherzog Rainer, 1886, vol. 5
part 3).
Esso contiene la notazione musicale dei versi 338-344 dell'Oreste di Euripide, brano dell'anti-
strofe del primo stasimo della tragedia, riportante notazione vocale con interpolazioni stru-
mentali.
Un frammento del papiro della collezione dell’Arciduca Reiner, con a lato la ricostruzione pubblicata da West, Analecta
Musica, in “Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik” 92 (1992) 1–54, p. 1
Il papiro faceva parte del materiale utilizzato per il cartonnage delle mummie da cui è stato
tratto anche un frammento dell’Ifigenia in Aulide di Euripide. L’Oreste di Euripide è stato
rappresentato ad Atene nel 408 a.C., ma il papiro è successivo di circa due secoli.
Dal momento che il papiro risale al 200 a.C. circa, la musica potrebbe essere quella composta
dallo stesso Euripide, poiché pare che lo spartito del poeta esistesse ancora duecento anni do-
po la sua morte, sebbene più probabilmente si tratti di una composizione successiva.
Il testo appartiene all’antistrofe del I stasimo, cantata dal coro delle donne di Argo.
Il testo evoca nel modo più straziante la maledizione del sangue che sovrasta gli Atridi, nel
momento in cui si sta per provare che Oreste ha ucciso la madre Clitennestra. Le donne sup-
plicano le terribili Erinni ("Mi lamento, mi lamento") e le interrogano sul destino che travolge
Oreste.
Patetico, molto intenso, costruito su ammirevoli cromatismi delineati dall’aulós traverso, lo
spartito si sposa con un testo toccante; la melodia è interrotta da percussioni annotate nella
partizione antica, come per scandire i colpi del destino, e da tre serie di due note della cetra
nei passaggi in cui l'agitazione è al suo apice. L’aulós traverso introduce il tema, poi le voci lo
ripercorrono.
Metrica
Modo lidio, genere cromatico, ritmo docmiaco.
Il ritmo, in questo caso docmiaco, è quello proprio di canti di intensa e veemente drammatici-
tà, con alternanza di piedi ternari e quinari e che, per le sue spezzettature e per la forza degli
accenti, ha appunto un ethos di grande agitazione (vedi testo). Il brano corale euripideo è l'e-
sempio antico più cospicuo che possediamo di una musica cromatica.
(docmio = — — | —; ipodocmio — — —)
37
Testo greco e traduzione italiana
matšroj aŒma s©j, Ó s' ¢nabakceÚei; E’ il sangue di tua madre che eccita il tuo furore?
Ð mšgaj Ôlboj oÙ mÒnimoj ™n broto‹j: Prosperità grande non dura a lungo tra i mortali!
Esecuzioni musicali
eseguito da Musique de la Gréce Antique
eseguito da Ensemble Kérylos
eseguito da De Organographia
eseguito da Cristodoulos Halaris Ensemble
eseguito da Petros Tabouris Ensemble.
38
Frammenti dell’Ifigenia in Aulide
Dal medesimo papiro sono tratti due frammenti lirici dell’Ifigenia in Aulide di Euripide, solo
parzialmente ricostruibili, appartenenti al secondo stasimo (vv. 784-92) e al canto amebeo tra
Ifigenia e il coro (vv. 1500-09). A causa delle cattive condizioni del papiro, le lacune musicali
risultano considerevoli.
Il primo frammento, di seguito trascritto, per quanto in cattive condizioni, è quello che ha una
maggiore consistenza.
L’Ifigenia in Aulide fu rappresentata per la prima volta ad Atene alle Grandi Dionisie del 405
a.C., un anno dopo la morte del tragediografo. Fu suo figlio, Euripide il Giovane che la mise
in scena. Il testo del primo frammento si colloca nel II stasimo della tragedia. Il coro delle
donne di Aulide prevedono che nel futuro si vedrà l’arrivo dei guerrieri greci in Troade dove
essi semineranno rovina, stragi e desolazione. Con un insolito capovolgimento di ruoli, que-
ste donne piangono la sorte riservata alle donne dei loro nemici. Quale infelicità – dicono in
sostanza – è mai pari a quella che loro e i loro figli patiranno e che consiste nello strazio per la
propria patria (Euripide, per esprimere con maggior forza questo strazio, ha posto una pausa
di silenzio nel bel mezzo della parola patria).
Metrica
Il ritmo è docmiaco o forse peonico (in tal caso 5/8, ).
39
vv. 1500-09
Co. CORO:
kale‹j pÒlisma Persšwj, Invochi forse la città di Pèrseo,
Kuklwp…wn pÒnon cerîn; delle mani dei Ciclopi opera ?
If. Ifigenía:
™qršyaq' @Ell£di me f£oj: Tu mi crescesti (per la) gloria della Grecia:
qanoàsa d' oÙk ¢na…nomai. non mi lamento, anche se muoio.
Co. CORO:
klšoj g¦r oÜ se m¾ l…pV. Ma la tua gloria non morrà piú mai.
If. „ë „è. Ifigenía: Ahimé!
lampadoàcoj ¡mšra Giorno apportatore di luce
DiÒj te fšggoj, ›teron ›teron e tu raggio di Giove,
a„îna kaˆ mo‹ran o„k»somen.
ad altra sorte mi dirigo, ad altra vita.
ca‹rš moi, f…lon f£oj.
Addio, amata luce!
Esecuzioni musicali
Sebbene sia noto che il brano è stato eseguito dall’Ensamble Kerylos, esso non è più reperibi-
le in rete.
L’unica esecuzione disponibile è quella fornita da una pagina web allestita dall’Augusta State
University (http://www.aug.edu/ ) che non sembra tuttavia di pregevole fattura.
http://www.aug.edu/~cshotwel/Iphegenia.mp3
40
La tecnica
Melodia e metrica
La musica greca era quasi esclusivamente melodica, senza armonizzazione1.
I cori cantavano all'unisono (o in ottave2, se uomini e fanciulli cantavano insieme), e sulla
stessa melodia dello strumento d'accompagnamento.
Nel caso della lirica, il ritmo della musica era identico al metro in cui la poesia era composta.
La melodia probabilmente copriva un kólon alla volta, e poiché i kóla variavano nel numero
di sillabe contenute e le sillabe a loro volta variavano nella lunghezza del tempo necessario a
pronunciarle (cioè, erano di quantità differente), nel ritmo greco non c'era nulla di simile alla
regolarità del numero fisso di colpi in una battuta, che un orecchio occidentale moderno si a-
spetterebbe.
Nel IV secolo a.C. si sviluppò la tendenza a subordinare le parole del testo lirico all'effetto
musicale; la musica divenne a sua volta più elaborata, piena di contrasti e abbellimenti, la sca-
la melodica venne estesa. Tale innovazione fu decisamente condannata dagli Ateniesi piú
conservatori, fra cui Platone, e derisa da Aristofane. Analogamente, nella tragedia i canti del
coro lasciarono il posto a intervalli musicali veri e propri.
1
La melodia è espressa con una successione di note ed è quindi caratterizzata da una sequenza di altezze sonore
(note) disposte ritmicamente. In un brano musicale, la melodia è la struttura musicale più identificabile. Si può
parlare di armonia invece quando due o più suoni, emessi simultaneamente, suonano insieme armonizzandosi,
appunto, tra di loro.
2
In musica, intervallo musicale che abbraccia otto gradi della scala diatonica, che è la scala fondamentale.
41
I modi greci
Ognuno di questi modi possedeva un carattere e un'utilizzazione del tutto propri:
Successione dei Esempio
Nome Formato da Carattere Utilizzo in
toni
tetracordi di-
dorico tono, tono, semitono
sgiunti
virile, grave o bellicoso
inni lirici, cori tragici, la
citarodia
dolce, dolente, funebre, lirismo apollineo, tragedia
tetracordi di-
lidio tono, semitono, tono
sgiunti
corrispondente al modo e auletica
in disuso dal IV sec. a.C.
maggiore
tetracordi di- vivace, fragoroso, bac-
frigio tono, semitono, tono
sgiunti chico
auletica, citarodia, diti-
rambo, tragedia
più attivo del dorico ditirambo, monodie tragi-
tetracordi con- maestoso e altero
ipodorico tono, tono, semitono
giunti corrispondente al modo
che,
citarodia, lirismo apolli-
minore neo
tetracordi con-
ipolidio semitono, tono, tono
giunti
voluttuoso
proprio dell'aulodia,
in disuso dal IV sec. a.C.
ionico o
tetracordi con-
ipofrigio
tono, semitono, tono
giunti
più vivace del frigio
scolia, auletica,
citarodia, ditirambo
tetracordi con-
misolidio semitono, tono, tono
giunti
carattere patetico
cori tragici e modo citaro-
dico
tetracordi con-
eolico tono, tono, semitono
giunti
come l'ipodorico come l'ipodorico
Toni e generi
Ulteriori nomi furono usati per indicare il tono (tónos) di una scala, cioè quanto questa fosse
alta o bassa. Nel caso della lira probabilmente ogni modo richiedeva una diversa accordatura.
La progressione melodica distingueva tre generi caratterizzati da differenti successioni tonali,
dal grave all'acuto:
- il diatonico (passaggio diretto del suono dall’uno all’altro grado della scala fondamentale);
- il cromatico (procedimento basato sull’impiego di semitoni estranei alla scala diatonica, ottenuti
per mezzo dell’alterazione dei suoni naturali di tale scala);
- l'enarmonico (l’uso di intervalli diversi dai diatonici e dai cromatici, e riducibili al quarto di to-
no).
L'enarmonico - che è scomparso dalla nostra musica - era caratterizzato dai quarti di tono, di-
stanze più piccole del semitono.
La notazione
La notazione - assai complessa - veniva effettuata servendosi delle ventiquattro lettere dell'al-
fabeto greco oppure di quindici segni derivati da un alfabeto primitivo, a seconda se si volesse
annotare musica vocale o strumentale.
I Greci furono il primo popolo, per quello che ci è dato sapere, che abbia sviluppato un preci-
so sistema di notazione musicale. Nell’Introduzione alla musica di ALIPIO (IV secolo) sono
contenute le tavole illustrative di due sistemi:
42
- il primo, detto strumentale, utilizza le lettere dell’ alfabeto fenicio, poste in posizione
normale, orizzontale e rovesciata, per indicare le note e le rispettive alterazioni;
- il secondo sistema, vocale, detto lexis, si avvale invece delle lettere dell’alfabeto ionico, in
gruppi di tre, con analoga funzione, con l‘aggiunta di segni sussidiari per i suoni oltre
l‘ottava. Il valore delle alterazioni cambia però secondo il genere, rendendo più complessa
l’interpretazione.
- Al di sopra delle lettere dell’alfabeto ionico troviamo poi i segni di durata: infatti a partire
dal IV secolo circa era divenuta sempre più frequente la dissociazione della durata della
nota dal sistema metrico dei versi. Fu così necessaria un’ulteriore simbologia per indicare
una lunga di due tempi (makrà dìchronos), = ; di tre tempi (makrà trìchronos) = ; di
quattro tempi (makrà tetràchronos) = ; di cinque tempi (makrà pentàchronos) = .
Va ancora specificato che noi siamo in grado, in questo modo, di stabilire con certezza la du-
rata e la distanza delle note, ma rimane solo congetturale il valore assoluto fissato per la nota
stessa.
43
44
A Roma
45
Cultura e società
Dimensione etica e modi
Per i Greci la musica aveva una dimensione etica.
La dimensione etica della musica parte dalla constatazione – attribuita a PITAGORA – del-
la relazione tra la musica e gli stati d’animo che mutavano a seconda degli strumenti, dei
ritmi, ma soprattutto a secondo delle harmonìai.
PLATONE elabora una più compiuta teoria etica della musica. Egli prende le mosse dalla
formulazione pitagorica dell’armonia delle sfere, riflesso della perfezione del cosmo re-
golato da precisi rapporti numerici, che i sensi dell’uomo non possono percepire.
La concezione platonica della musica rientra nell’ambito della generale condanna
dell’arte (mera “imitazione di un'imitazione”) che, in quanto fonte di piacere e quindi di
perturbazione dell’animo, viene considerata tendenzialmente pericolosa. Platone riteneva,
infatti, che essa non solo provocasse emozioni temporanee, ma influenzasse permanente-
mente il carattere di un uomo. Così, quando descrive il suo stato ideale nella Repubblica,
egli afferma che questo non ammetterà modi lamentosi (cita ad esempio l'armonia mixoli-
dia) o effeminati (come la ionia e la lidia), ma disporrà soltanto delle armonie dorica e
frigia, poiché esprimono coraggio e moderazione.
Diversa è la valutazione della musica come scienza, che, in quanto tale, può affiancarsi al-
la filosofia, sino ad identificarsi con essa, nella conquista della somma sophia (Cfr. mito
delle cicale nel Fedro). La musica è dunque un dono divino di cui l'uomo può appropriar-
si, ma solo ad un certo livello, cioè quando raggiunge la sophia. Nell'educazione, Platone
ammetteva la musica, canto e suono della lira, accanto alla ginnastica, ma a patto che ci si
attenesse all’antica tradizione musicale, in quanto Platone disprezzava e rifiutava le inno-
vazioni musicali introdotte nel V sec.
ARISTOTELE elaborò una concezione più aperta sia dell’arte in generale che della musica
in particolare, introducendo il concetto di catarsi (anch’esso di origine pitagorica) secon-
do il quale la musica produce il meccanismo della “purificazione”, ovvero una liberazione
delle passioni imitate dal musicista; perciò non vi sono armonie o musiche dannose in as-
soluto dal punto di vista etico; la musica non è dannosa dal punto di vista etico, anzi è be-
nefica in quanto consente di purificarci da tutte le passioni o emozioni che ci tormentano e
che l’arte musicale è in grado di imitare.
Aristotele sottolinea come Platone confonda la realtà con l'imitazione della realtà. Egli af-
ferma: Platone confonde colui che zoppica con colui che imita uno zoppo. In polemica
con Platone afferma che la realtà (le perturbazioni dell’animo) e l’imitazione della realtà
(le loro rappresentazioni artistiche) non devono essere confuse: se una passione è nociva,
la sua imitazione può essere benefica perché, dopo aver suscitato nel pubblico
l’immedesimazione, lo affranca da quella passione.
In quanto attività finalizzata al piacere da svolgere nei periodi di ozio, la disciplina musica
era accreditata da Aristotele come una disciplina nobile ed educativa; mentre, però, qual-
siasi genere di musica è adatto allo svago, dal punto di vista educativo Aristotele conside-
ra valida soprattutto, se non soltanto, l'armonia dorica.
Evidentemente i Greci associavano i diversi modi a sentimenti ed emozioni distinte.
46
Dimensione sociale e culturale
La musica era parte integrante dello stile di vita greco, componente essenziale di tutte le occa-
sioni religiose pubbliche, di banchetti e di riunioni mondane; competizioni musicali erano
previste in molti dei grandi giochi panellenici, soprattutto nei giochi Pitici, che dal 590 a.C.
prevedevano gare di flauto solista, e dal 558 a.C. gare di lira. Alle celebrazioni delle Dionisie
e delle Targelie le dieci tribù gareggiavano fra loro, ciascuna con un coro di cinquanta voci
che cantavano soprattutto nómoi
Sono attestati concerti di lira solista e duetti di lira e flauto, ma nel complesso la musica greca
era concepita come accompagnamento al canto (o al canto e alla danza).
Quasi ogni forma poetica greca era tradizionalmente accompagnata da un tipo di musica: i
poemi epici omerici erano eseguiti in recitativo o declamati al suono della lira, la poesia lirica
era cantata con l'accompagnamento della lira, la lirica corale era accompagnata da musica e
danza.
Accanto alle manifestazioni a carattere religioso, la musica, così strutturata, si affermò come
un genere a sé stante e i Greci, che ricevevano sin dalla prima infanzia un'educazione musica-
le assai accurata, si dimostrarono appassionati amanti di concerti. Questi avevano luogo ad
Atene, nell'Odeon, un teatro speciale che Pericle fece costruire ad Atene per le gare musicali
delle Panatenaiche.
Proprio come ai giorni nostri, i musici, i compositori e gli interpreti potevano suscitare entu-
siasmo, oppure essere violentemente biasimati. TIMOTEO DI MILETO (446 -357 a. C.) apportò
innovazioni rivoluzionarie nella musica che riuscirono a scandalizzare gli Ateniesi per la loro
audacia, ma venne incoraggiato da Euripide, il quale aveva saputo vedere il lui il genio inno-
vatore. Un altro TIMOTEO, suonatore di flauto tebano dell'epoca di Alessandro, guadagnava
somme colossali per partecipare ai concerti. Da ciò si può comprendere quanto fosse impor-
tante per i Greci l'arte della musica: lasciava di gran lunga indietro la pittura e la scultura e a
noi rimane solo il rimpianto per la perdita irreparabile di queste creazioni magistrali.
L’educazione musicale
(di Antonella Agostinis, in La musica in Grecia e a Roma)
I Greci ricevevano sin dalla prima infanzia un'educazione musicale assai accurata.
In età classica imparare a cantare e a suonare la lira (meno frequentemente il flauto) costituiva
parte integrante dell'educazione di ogni ragazzo di buona famiglia.
La popolazione di una città greca contava, dunque, un gran numero di persone in grado di par-
tecipare alle rappresentazioni musicali civili e religiose.
47
Per quanto riguarda la formazione degli adolescenti, «i giovani spartiati ricevevano
un’educazione musicale che non era comunque priva di rapporti con la guerra perché la ben
regolata cadenza dei cori preparava alla manovra disciplinata dei battaglioni e sappiamo che
l’aulós e i canti ritmavano gli spostamenti dell’esercito spartiate»[1].
Ad Atene è probabile che in certe scuole si imparassero sia la letteratura e la scrittura sia ru-
dimenti della musica. Comunque nelle rappresentazioni vascolari (come nella famosa coppa
di Duri) compaiono un grammatico e un citarista nella stessa stanza. Ma, se crediamo
all’esposizione fatta da PROTAGORA sull’educazione nel dialogo di PLATONE che porta il suo
nome, l’insegnamento del citarista normalmente era successivo a quello del grammatista e
quello del pedotribo (maestro di ginnastica) a quello del citarista:
Gli insegnanti, quando i bambini sanno già leggere, fanno loro declamare in classe, seduti su sgabelli, i
versi dei grandi poeti e li costringono a impararli a memoria … I citaristi, a loro volta, quando l’allievo
sa suonare lo strumento, gli fan conoscere altre belle opere, le opere dei poeti lirici … Più tardi ancora,
si manda il ragazzo dal pedotribo.[2]
Il nome stesso della musica deriva da quello delle Muse e l’uomo colto era definito musikòs anér. Te-
mistocle poi ammetteva di avere avuto un’educazione incompleta perché non aveva imparato a suonare
la cetra.[3]
Anche in palestra gli esercizi ginnici erano accompagnati dal suono dell’aulós.
Certamente ogni palestra aveva almeno un suonatore di aulós. Il suo compito consisteva nel segnare il
ritmo non solo agli esercizi di addestramento del genere che oggi chiamiamo “ginnastica svedese” ma
anche, ad esempio, al lancio del disco o del giavellotto e agli altri sport: vediamo su certi vasi gli auleti
con lo strumento legato alle gote dalla phorbeia (fascia di cuoio) che suonano l’aulós mentre i ragazzi si
esercitano.[4]
[1]
R. Flacelière, La vita quotidiana in Grecia nel secolo di Pericle, p.117.
[2]
Platone, Protagora, 325 c-e, in R. Flacelière, La vita quotidiana in Grecia nel secolo di Pericle, p. 126 .
[3]
Plutarco, Temistocle, 2.
[4]
R. Flacelière, La vita quotidiana in Grecia nel secolo di Pericle, p. 139
48
La musica a Roma
La musica rivestiva un ruolo rilevante in società durante i banchetti, i funerali, le feste private,
gli spettacoli e le cerimonie religiose, ma scarse sono le testimonianze tramandatici relativa-
mente alla teoria e alla tecnica di esecuzione della musica nella Roma antica, per la quale si
dispone di una documentazione nettamente inferiore rispetto a quella, pur avara, relativa alla
musica in Grecia.
A ciò hanno verosimilmente contribuito due fattori;
è probabile che a Roma non fossero in uso partiture musicali, ma fosse diffusa la pratica del suo-
nare “ad orecchio”;
i primi padri della Chiesa condannarono da un punto di vista etico le rappresentazioni teatrali e, in
generale, le pratiche di intrattenimento in uso a Roma, sopprimendone le testimonianze in loro
possesso.
Per gran parte, inoltre, la musica dei romani non fu originale, ma derivata da quella di altre
civiltà con cui vennero a contatto, come quella etrusca, quella africana e mediorientale in con-
comitanza con l’espansione imperiale, e, a partire dal II sec. a.C., soprattutto quella greca, di
cui presumibilmente ripresero il sistema di scale o modi.
Se non sono state tramandate notazioni musicali, numerose sono le testimonianze riguardo gli
strumenti musicali, la cui maggior fonte sono le numerose raffigurazioni d'epoca (affreschi,
mosaici, sculture), alcuni dei quali peraltro sopravvivono ancor oggi, oltre a trattati teorici e a
descrizioni di autori della letteratura latina.
Ciò ha consentito ad alcuni gruppi di archeologia musicale romana, primo fra tutti il gruppo
Synaulia, di identificare e ricostruire la maggior parte degli strumenti utilizzati dagli antichi
musicisti romani e di dedurre empiricamente, attraverso gli strumenti ricostruiti e il confronto
con tradizioni popolari sopravvissute ai secoli, forme musicali verosimilmente simili a quelle
antiche.
Fonti e trattatistica
La prima fonte per la musica della Roma antica è MARCO TERENZIO VARRONE (116-27) che
trasferì la teoria musicale greca a Roma nel settimo libro del suo Disciplinarum libri IX, che
trattava le artes liberales assieme a medicina e architettura.
Scrittori successivi si occuparono della musica nell'ambito della trattazione delle varie disci-
plinae, come
AGOSTINO (354-430), con il suo De Musica, in sei libri;
MARZIANO CAPELLA (IV-V sec.) che alla musica dedica l'ultimo libro della sua opera en-
ciclopedica De nuptiis Mercurii et Philologiae in nove libri;
Severino Boezio (475-525) con il suo De institutione musica.
Gli scrittori latini attinsero solo in parte a Varrone, rifacendosi alla teoria musicale greca an-
che senza bisogno di intermediazioni. La teoria musicale greca, che per la maggior parte ap-
partiene all’epoca imperiale, ebbe anche lettori romani, come è il caso di ARISTIDE QUINTI-
LIANO (II/III sec. d.C.), che dedica i suoi tre libri del De musica a un amico greco e a uno ro-
mano, Eusebio e Florenzio, in linea con il carattere bilingue della cultura dell’Impero Roma-
no.
49
Come si è già detto, la storia della musica a Roma soffre della mancanza di documenti con
notazione musicale. Pur se il sistema di notazione greca era già conosciuto a Roma nella tarda
Repubblica, non esiste alcun frammento di musica con testo latino.
Per riempire questo vuoto Günter Wille (Musica Romana: die Bedeutung der Musik im Le-
ben der Römer, Amsterdam, Schippers, 1967) ha raccolto un’abbondante serie di testimonian-
ze letterarie, archeologiche, organologiche, epigrafiche e numismatiche. Questa notevole mole
di materiale testimonia certo il ruolo preminente della musica a Roma, ma non rivela nulla
sulla musica in sé.
La storia
Periodo arcaico
Nell’età regia (VIII-VI secolo a.C.) e nella prima età repubblicana si svilupparono a Roma e
nel Lazio forme di canto monodico e corale, di cui rimangono poche tracce.
I canti sacrali
Conosciamo ad esempio frammenti di testi cantati, della cui esecuzione però si sa poco: si
tratta di carmi sacrali come il Carmen Fratrum Arvalium o il Carmen Saliare, carmi convivia-
li (carmina convivalia) o carmi in onore del generale vincitore (carmina triumphalia) o la-
mentazioni funebri (neniae).
E’ probabile che essi fossero accompagnati dal suono della tibia, uno strumento a fiato corri-
spondente all’aulós greco.
Le neniae
Il gruppo Synaulia ha proceduto ad alcune ricostruzioni di forme musicali, tra cui, per il peri-
odo arcaico, segnaliamo il brano intitolato Neniae, in cui sono utilizzati, oltre la voce femmi-
nile e il flauto, alcuni strumenti a percussione, tra cui lo iynx. L'effetto, assai suggestivo, ri-
produce l'atmosfera inquietante dei lutti antichi. Durante i funerali le preficae erano chiamate
ad eseguire i pianti rituali, cui si ispira questa composizione, rifacendosi alla tradizione delle
lamentazioni funebri ancora presente nel Sud Italia. Durante le cerimonie funebri era impiega-
to anche il flauto. Qui vengono impiegate due coppie di doppi flauti per ottenere un effetto
oscillante e continuo.
http://www.youtube.com/watch?v=nNGw4XiecxA
Synaulia, La musica dell’antica Roma, Vol. I – Gli strumenti a fiato - Amiata Records Arnr
1396, Firenze, 1996, brano 23. Neniae
I Salii
Sempre ad opera del gruppo Synaulia è il brano dedicato ai Salii, sacerdoti guerrieri delle an-
tiche origini latine, dediti al culto di Marte. Nel brano una pelle viene percossa con tre verghe,
secondo l’uso antico, come possiamo vedere dalla raffigurazione presente alla Galleria Bor-
ghese in Roma, che li rappresenta.
50
I Salii percuotono con verghe una pelle tesa.
Roma. Museo della Galleria Borghese
Il ritmo qui riprodotto è suggerito dalla loro tipica danza detta tripudium, cioè due salti brevi
sul medesimo piede ed un terzo lungo quanto gli altri due sull'altro piede.
Synaulia, La musica dell’antica Roma, Vol. I – Gli strumenti a fiato - Amiata Records Arnr
1396, Firenze, 1996, brano 25. Salii
La nascita del teatro
La notizia di un primo spettacolo musicale a Roma ci è data da LIVIO (Annales VII 2, 3 sgg.)
e si riferisce ad un evento accaduto nel 364 a. C. quando, in occasione di una pestilenza, furo-
no istituiti ludi scenici, con attori etruschi che danzarono accompagnandosi al suono della ti-
bia (flauto).
Essi furono poi imitati dai giovani romani che aggiunsero alle danze canti aritmicamente va-
riati sull’aria intonata dal tibicinen, costituendo così le saturae.
Musica e danza dovevano essere strettamente unite anche nei fescennini, canti contro il ma-
locchio (fascinum), e nelle atellane, farse popolari in cui dominava l’improvvisazione, come
nella nostra commedia dell’arte, ad opera di personaggi fissi come il Bucco, il Pappus ed il
Dossenus.
Della musica romana possiamo solo farci una vaga idea, ma molto stretto doveva essere il
rapporto con la musica ed il teatro etrusco.
51
CICERONE (Leg. II 15, 39) a proposito della musica di Livio Andronico e di Nevio parla di iu-
cunda severitas.
Ad uno di questi poeti, ovvero a TERENZIO, apparterrebbe, secondo alcune ricostruzioni, l'u-
nico discusso frammento musicale della civiltà romana.
Nel CD Musique de la Grèce Antique, eseguito dall’Atrium Musicae di Madrid sotto la dire-
zione di Gregorio Paniagua, si trova anche l'esecuzione di un brevissimo frammento
dall’Hecyra di Terenzio, costituito da un singolo verso, l'861.
ut unus hominum homo te vivat numquam quisquam blandior.
(così che al mondo non vi è nessuno tra gli uomini più gradevole di te.)
Dalle didascalie di TERENZIO apprendiamo che l'autore delle musiche fosse un certo FLACCO,
liberto di Claudio; nella didascalia dell'Hecyra si specifica l'autore e il tipo di flauto utilizzato
(tibiae pares):
modos fecit Flaccus Claudi tibiis paribus tota
(Ter., Hecyra, Did., 6-9).
La maggior parte degli studiosi, come il NORDEN, afferma tuttavia recisamente che della mu-
sica latina non è rimasto nulla. Sembra infatti che il frammento in questione non sia che un
falso. La frase musicale che accompagna questa sola riga dell'Hecyra è stata copiata nel
XVIII secolo del compositore italiano ARCANGELO CORELLI da un manoscritto del X secolo e,
per lungo tempo, si è creduto che fosse la sola reliquia di tutto il corpo della musica antica
romana. Recentemente, tuttavia, il musicologo THOMAS J. MATHIESEN, ("Terence", in The
New Grove Dictionary of Music and Musicians, ed. S. Sadie e J. Tyrrell. London, Macmillan,
2001, xxv, 296) afferma che non è più possibile ritenerlo autentico.
Dal II secolo
Nel II secolo a.C. a Roma confluirono anche molti attori e musicisti greci e l’educazione mu-
sicale divenne un requisito fondamentale per l’educazione dei giovani delle famiglie romane
più in vista.
I musicisti greci, oltre a insegnare la propria arte, si esibivano personalmente in esecuzioni di
musica squisitamente greca, e i loro compensi erano sempre molto alti. Amatissimo da Cesare
e da Cleopatra, e successivamente da Ottaviano, fu il sardo TIGELLIO, cantore e tibicine (suo-
natore di flauto) che morì nel 40 o nel 39 a.C.
All’epoca di Nerone ebbero molta fama il greco TERPNOS, chiamato a corte, e MENECRATES
ai quali, come afferma SVETONIO, Menecraten citharoedum et Spiculum murmillonem triumphalium
virorum patrimoniis aedibusque donavit. (Suet. Neronis vita, 30)
Accanto a questi divi vi era poi una serie di musici ambulanti, chiamati circulatores, perché il
pubblico occasionale si disponeva in circolo attorno a loro e alla fine dello spettacolo dava un
modesto compenso per lo spettacolo offerto.
Sempre a partire dal II secolo a.C. si diffuse l’usanza di far intervenire ai banchetti danzatrici
e suonatrici di sambuca, per allietare gli invitati.
Alla fine dell’età repubblicana e poi soprattutto in età imperiale si diffuse l’uso di avere al
servizio dei nobili musicisti di entrambi i sessi, in grado di suonare ogni tipo di strumento. Si
trattava dei pueri symphoniaci del seguito di Milone o quelli che Verre si procurò in Sicilia.
Ad essi è dedicato il brano intitolato Symphoniaci tratto da Synaulia, La musica dell’antica
Roma, Amiata Records Arnr 1396, Firenze, 2003.
http://www.youtube.com/watch?v=uJLXyBzMci0
52
Mimo, pantomimo, altri generi teatrali
Mimo
Nell’ultimo periodo della repubblica e nell’età imperiale si affermarono nuovi generi di spet-
tacolo come il mimo, in cui l’attore interpretava testi comico-satirici, accompagnando la reci-
tazione con il gesto e la danza al suono delle tibiae.
Pantomimo
Vi è poi anche il pantomimo, in cui si realizzavano scene mimico-orchestriche di argomento
mitologico o storico con danzatori, che si accompagnavano con un coro o un’orchestra com-
posta da tibie, cetre, zampogne, strumenti a percussione come gli scabella, che erano suonati
con i piedi, ed i cimbali.
Altri generi
Oltre al mimo e al pantomimo, che prevedevano un’intima fusione di canto e ballo, esistevano
anche altri generi di spettacolo, ai quali si assisteva nei circhi, e a cui partecipavano le ambu-
baiae, danzatrici di origine siriana che ballavano al suono dell’abub o ambub, uno strumento
molto simile all’arpa; le crotalistriae erano invece le danzatrici che ballavano in modo sen-
suale accompagnandosi con i crotali.
Sembra poi accertato che in epoca imperiale si tenessero anche dei concerti con esibizioni di
cori ed orchestre, in cui comparivano strumenti musicali come la tuba, la bucina, il cornu, che
erano generalmente utilizzati in ambito militare.
Tardo Impero
Nel corso dei secoli la musica a Roma veniva eseguita nelle occasioni solenni della vita co-
munitaria oltre che nei teatri, nelle case private e nelle piazze, prendendo sempre più spazio,
tanto che nel IV secolo d.C. AMMIANO MARCELLINO lamentava che gli studi seri venivano
abbandonati per dedicarsi al canto o al suono della cetra:
quelle poche case che un tempo erano famose per la severità di studi abbondano ora di tutti i diverti-
menti escogitati da una torpida ignavia, e risuonano ovunque di canti e del dolce suono delle cetre. In
luogo del filosofo si invita il cantore, e al posto dell’oratore il maestro di divertimenti: chiuse per sem-
pre le biblioteche, come fossero sepolcri, si fabbricano organi idraulici, lire grandi come carri, flauti ed
altri imponenti strumenti per accompagnare la mimica degli istrioni (Historiae, IV, 18)
In sintesi, l’influenza della cultura greca sulla musica latina fu enorme, ed anche teorici della
musica romana come VARRONE (I secolo a.C.) e MARZIANO CAPELLA (V-VI secolo d.C.) non
ci hanno riferito di mutamenti significativi da parte dei Romani in ambito musicale.
53
Alcuni testi poetici latini musicati dal gruppo Synaulia
Alcuni versi di Virgilio
Esistevano diversi oracoli e diverse erano le forme di osservazione dei fenomeni naturali: una
di queste era la divinazione attraverso i suoni della natura, come quelli delle foglie delle quer-
ce mosse dal vento e dello scoppiettio del fuoco.
Il gruppo Synaulia, ispirandosi a queste atmosfere, per ricostruire i suoni dell'antica sapienza
oracolare utilizza, oltre i consueti strumenti, anche una voce recitante che declama i seguenti
versi di Virgilio.
Brano tratto da Synaulia, La musica dell’antica Roma, Vol. I – Gli strumenti a fiato - Amiata Records
Arnr 1396, Firenze, 1996, brano I9 - Oraculum
54
Animula Vagula
Ancora ad opera del gruppo Synaulia, un brano che, pur non riportando i versi dell'imperatore
ADRIANO, cerca di riprodurne l'atmosfera: come una ruota ipnotica, tipica di molte musiche
non solo mediterranee, due frasi musicali intonare da due coppie di doppi flauti si ripetono in
un errare all'infinito, evocando un fluido che si ispira alla poesia omonima dell'imperatore A-
driano, composta in stile ellenistico poco prima della morte.
Brano tratto da Synaulia, La musica dell’antica Roma, Vol. I – Gli strumenti a fiato - Amiata Records
Arnr 1396, Firenze, 1996, brano 2 - Animula vagula
55
Strumenti musicali
A corda
Lyra / Lyrae
Kithára
Phórminx o Kítharis
Bárbiton
Psaltérion e altre arpe
Pandoura
A fiato
Calamus
Aulós / Tibiae
Syrinx
Rhombus
Iynx
Ottoni
Salpinx / Tuba
Bucina
Cornu
Percussione
Tympanon
Cymbala - Díscos
Sistrum
Croúmata
Scabellum
56
I Greci conoscevano gli strumenti a corda, a fiato e a percussione, mentre ignoravano gli
strumenti ad arco. Le corde potevano essere toccate sia con un plettro - a forma di T o di
uncino con il quale si sfioravano le corde - che con le dita.
A Roma erano usati Soprattutto la cetra e la lira, che accompagnavano la poesia lirica, ma
si faceva ricorso anche a strumenti a fiato e a percussione.
57
A corda
Lyra ( ) in Grecia
Brano tratto Ancient Greek Musical Instruments / Music of Ancient Greece / Petros Tabouris Ensemble, 2009, brano 116
Hymn To Nemesis (Lyra)
Lyrae a Roma
Brano tratto da Synaulia, La musica dell’antica Roma, Vol. II – Gli strumenti a corda - Amiata Records Arnr 1396, Firenze,
2003, brano I - Invocation To Mercury
58
Kithára ( ) - Cithăra
Brano tratto da Synaulia, La musica dell’antica Roma, Vol. II – Gli strumenti a corda - Amiata Records Arnr
1396, Firenze, 2003, brano 7. Lyra And cithara
Phórminx ( ) o kítharis ( )
La phórminx o kítharis usata in OMERO pare che
fosse uno strumento semplice, con tre o cinque
corde soltanto.
L'introduzione dell'uso di sette corde è attribuita a
TERPANDRO, nel VII secolo a. C. (anche se già le
cetre minoiche e micenee, molto piú antiche, a-
vevano sette corde o piú), e questo numero rima-
se praticamente immutato.
Il suonatore teneva fermo lo strumento contro il
proprio corpo, pizzicando (e forse fermando) le
corde direttamente con la mano sinistra, mentre
con la destra le percuoteva con un apposito stru-
mento, il pléktron ( ). La funzione preci- Ricostruzione moderna.
sa di ciascuna mano non è chiara.
Brano tratto Ancient Greek Musical Instruments / Music of Ancient Greece / Petros Tabouris Ensemble,
2009, brano 14 Kitharis con Petros Tabouris
59
Bàrbiton ( )
Ricostruzione moderna.
Brano tratto Ancient Greek Musical Instruments / Music of Ancient Greece / Petros Tabouris Ensemble,
2009, brano 8: Barbitos
Psaltérion ( )
Brano tratto da Synaulia, La musica dell’antica Roma, Vol. II – Gli strumenti a corda - Amiata Records Arnr
1396, Firenze, 2003, brano XVIII
60
Pandoura ( ) - Pandūra
Uno strumento di forma grosso modo triangolare, provvisto di corde di diversa lunghezza ma di
uguale spessore, che i Romani chiamavano pandura e i Greci trichordon-pandoura, avendo in ge-
nere tre corde.
Era dotato di cassa armonica rettangolare con manico lungo o di cassa bombata con manico corto e
ricurvo alla cui estremità si trovavano i cavicchi ai quali erano fissati le corde.
Pigiando con le dita le corde contro il manico, la parte vibrante poteva essere ridotta a piacimento
e la qualità dei suoni che si poteva produrre diventava infinita. La pandura veniva suonata esclusi-
vamente dalle donne, spesso sedute, come risulta dalle raffigurazioni dello strumento in epoca an-
tica.
La sua origine sembra mesopotamica, da “pan-tur” (piccolo arco), un liuto sumero simile alla pan-
dura.
Brano tratto da Synaulia, La musica dell’antica Roma, Vol. II – Gli strumenti a corda - Amiata Records Arnr
1396, Firenze, 2003, brano 12. Pandura.
61
A fiato
Aulós ( )
Lo strumento a fiato per eccellenza era l'aulós, nome
generico con il quale si designavano svariati tipi di
flauto od oboe. Il flauto era lo strumento d'accompa-
gnamento usuale per il ditirambo e per i cori della tra-
gedia e della commedia. Esso veniva suonato anche ai
banchetti, ai sacrifici e ai funerali, ed era usato per da-
re il ritmo alle danze. La traduzione «flauto» per il
greco aulós è fuorviante, poiché lo strumento, munito
di un'ancia, era simile piuttosto al clarinetto o all'oboe.
La sua invenzione era attribuita alla dea Atena (vedi
Marsia). Il flauto, fatto di canna, legno, osso o avorio,
era cilindrico o leggermente conico, e anticamente era
trapassato da tre fori, portati a sei all'inizio del V se-
colo, di cui uno era forse di sfogo. Verso la fine del V
secolo il flauto era piú lungo e il numero dei fori fu Auleta, con doppio flauto.
portato a sedici. In epoche differenti possono essere Tondo di coppa a figure rosse da Vulci. Ca.
state usate canne sonore sia doppie che singole inseri- 490 a.C. - Louvre, Parigi, Inv. G 313
te in un unico bocchino.
Generalmente gli aulói erano suonati in coppia, mantenuti spesso da una fascia attorno alle gote
del suonatore. Non sappiamo se le due canne venissero suonate separatamente, ottenendo una scala
piú ampia, o se fossero suonate insieme, producendo così una rudimentale armonia; è probabile
che si applicassero entrambe le tecniche. Non sempre le canne erano della stessa lunghezza. Pro-
babilmente in età arcaica a ciascun «modo» (o scala) corrispondeva uno strumento distinto. In se-
guito fu inventato un congegno per chiudere i fori non richiesti in una data scala, in modo che su
una coppia di aulói si potesse facilmente suonare in molte tonalità differenti.
62
Rilievo laterale dei Trono Ludovisi,
rappresentante una etera che suona l'aulós
o flauto doppio di tipo greco.
VI sec. a.C., Roma, Museo Nazionale Romano
Brano tratto Ancient Greek Musical Instruments / Music of Ancient Greece / Petros Tabouris Ensemble,
2009, brano 22: Ritual Dance (Aulos) con Aristidis Vasilaris.
Tibĭae
Le tibĭae erano strumenti costituiti da coppie di fiati e costituiscono il corrispondente romano del
greco aulós. Potevano essere ad ancia semplice, doppia o flauti a zeppa. Erano largamente impie-
gati, come si deduce dalle raffigurazioni, presso gli antichi popoli mediterranei: Egizi, Fenici, E-
truschi e Greci. Le tibĭae variavano per lunghezza, forma, diteggiatura e materiale di costruzione.
Dallo studio comparato delle raffigurazioni dei testi d'epoca e dei rari reperti rimasti, si deduce che
i Romani utilizzavano diversi tipi di tibĭae, principalmente quelle di canna ad ancia semplice.
La lunghezza variava da circa 30 cm fino a circa 60. Le tibiae pares erano di pari lunghezza, men-
tre quelle impares avevano una canna più corta dell'altra. Un altro tipo di tibia meno rappresentata,
in legno tornito, con campana finale e a doppia ancia, è quello etrusco. Le tibiae con padiglione di
corno naturale provenivano dal Medio-Oriente ed erano legate al culto di Cibele, la Magna Mater;
spesso si usavano con la tecnica della respirazione continua, utilizzando il capistrum, una sorta di
benda che si passava intorno alla bocca, che aiutava ad aumentare la pressione. Anche i flauti ve-
nivano suonati in coppia, in diverse varianti. I doppi flauti sono tuttora diffusi lungo una linea che
va dall'India attraverso il Medio-Oriente e i Balcani sino in Italia. Sembra che i migliori flauti, ot-
tenuti da una canna speciale, giungessero alla Roma imperiale dall'India.
Mosaico con attori che si preparano per una recita, fra cui una suonatrice di tibiae (flauto).
I sec. d.C. Napoli, Museo Archeologico Nazionale.
Brano tratto da Synaulia, La musica dell’antica Roma, Vol. I – Gli strumenti a fiato - Amiata Records Arnr
1396, Firenze, 1996, brano XIII - Tibiae Impares.
63
Syrinx ( )
In Grecia le canne avevano pari lunghezza, ma erano chiuse internamente, come quella che tiene in
mano Pan nell'affresco di Pompei qui sotto riprodotto.
La syrinx con forma « a scala », familiare nell'iconografia, costituiva invece la varietà etrusca e
romana dello strumento.
Generalmente esso era ottenuto con canne leggerissime e fragili, come i gambi della cicuta o le
canne di palude, ma reperti d'epoca giunti sino a noi furono costruiti con materiali più resistenti,
come la terracotta, il legno, l'avorio e il metallo.
In Cina costituisce ancora la base musicale da più di cinquemila anni.
Brano tratto Ancient Greek Musical Instruments / Music of Ancient Greece / Petros Tabouris Ensemble,
2009, brano 13 Delphic Hymn To Apollo (138 B.C.) (Syrinx).
64
/ Rhombus
Riproduzione moderna.
/ Ĭynx
65
Ottoni
Salpinx ( )
Brano tratto Ancient Greek Musical Instruments / Music of Ancient Greece / Petros Tabouris Ensemble,
2009, brano 12 Salpinx.
Tŭba
Brano tratto dal CD Audio Pugnate IV del gruppo tedesco Musica Romana - Ensemble für frühe Musik.
Bucĭna
66
Rilievo della Colonna Traiana con suonatori di bucina.
Il sec. d.C. Roma, Museo della Civiltà Romana.
Brano tratto da Synaulia, La musica dell’antica Roma, Vol. I – Gli strumenti a fiato - Amiata Records Arnr
1396, Firenze, 1996, brano VIII.
Cornū /
Brano tratto da Synaulia, La musica dell’antica Roma, Vol. I – Gli strumenti a fiato - Amiata Records Arnr
1396, Firenze, 1996, brano VII.
67
Percussioni
Tympanon ( ) / Tympănum
Cymbăla ( ) - Díscos ( )
68
Meno raffigurato era il cymbalum più
grande, chiamato díscos, di circa 20 cm,
di cui è un esempio lo strumento usato
dal “Fauno” degli Uffizi a Firenze.
Il díscos, dal suono potente e chiassoso,
è tuttora usato in Asia per scacciare ali
spiriti negativi.
Sistrum ( )
69
Croúmata ( ) - Crotăla ( )
Brano tratto Ancient Greek Musical Instruments / Music of Ancient Greece / Petros Tabouris Ensemble,
2009, brano 1 Parthenion (Phorminx, Krotala).
Scabellum
70
Progetti musicali contemporanei
Nikolaos Ioannidis
http://homoecumenicus.com/ioannidis.htm
E’ un compositore, musicologo, esecutore multi-strumentale, teorico dei media e produttore
creativo di media digitali.
Si è dedicato allo studio e alla ricostruzione del canto originale dell'antica poesia greca epica e
lirica dell’ottavo-quinto secolo a.C. con l'utilizzo di antichi strumenti popolari greci e con-
temporanei (l'antica cetra, la chitarra classica, le percussioni etniche).
Ancient Greek texts from the epic and lyrical poetry of the 8th-6th century B.C.
The Music of Ancient Greeks - Early Epic and Lyrical Poetry
MOISA
http://www.moisasociety.org/
Società internazionale per lo studio della musica greca e romana e della sua eredità culturale.
Pubblica in rete una rivista bibliografica elettronica intitolata De Musicis:
http://www.moisasociety.org/de-musicis
71
Musique de la Grece Antique
http://www.allmusic.com/album/greece-musique-de-la-grece-antique-mw0000271758
Musique de la Grece Antique è una produzione realizzata sotto l'egida dell'Unesco (per la
prima edizione in LP) del 1979 di Harmonia Mundi (etichetta discografica indipendente
francese, con sede ad Arles, specializzata nella pubblicazione di dischi di musica classica) che
permette all'ascoltatore di rivivere le suggestioni della musica della Grecia antica.
L’esecuzione è dell’ensemble, ora sciolto, Atrium Musicae de Madrid, diretto da Gregorio
Paniagua, di cui costituisce la registrazione più famosa. L’esecuzione delle composizioni an-
tiche è stata eseguita con strumenti ricostruiti secondo le antiche testimonianze. I concerti
hanno suscitato grande interesse nel corso di una serie di acclamati tour internazionali.
Synaulia
http://www.soundcenter.it/synaulia.htm
Synaulia è un gruppo di archeologia sperimentale applicata alla musica e alla danza.
Il nome deriva dal termine di origine greca synaulia che nell'antica Roma indicava un gruppo
strumentale composto principalmente da strumenti a fiato.
Il gruppo è stato creato nel 1995 a Leida, in Olanda, dal paleorganologo Walter Maioli e dal-
la coreografa e antropologa Natalie Van Ravenstein nell'ambito di attività promosse dal lo-
cale museo. Inizialmente il lavoro del gruppo era finalizzato alla ricostruzione di strumenti
musicali dell'antichità a fini didattici per il parco archeologico olandese Archeon. In seguito,
l'attività si è estesa allo studio e alla riproposizione della musica e della danza dell'antichità i-
talica, approfondendo soprattutto il periodo dell'antica Roma imperiale. Gli esiti di questa at-
tività si sono tradotti in una serie di produzioni musicali, in parte destinate o riutilizzate per
film, sceneggiati e documentari relativi al periodo dell'antica Roma, tra i quali Il Gladiatore di
Ridley Scott e la serie televisiva Roma, nella realizzazione di uno strumentario ad uso esposi-
tivo e didattico (226 repliche di strumenti), nonché nella pubblicazione di alcuni saggi sull'ar-
gomento. Walter Maioli e il gruppo di ricerca Synaulia sono attualmente ricercatori e artisti in
residenza presso il Vesuvian National Institute for Archaeology and the Humanities a Ca-
stellammare di Stabia (NA).
Discografia
Synaulia, La musica dell’antica Roma, Vol. I – Gli strumenti a fiato - Amiata Records Arnr
1396, Firenze, 1996;
Synaulia, La musica dell’antica Roma, Vol. II – Gli strumenti a corda – Amiata Records,
Arnr 0302, Roma, 2003.
Michael Levy
Musicista e compositore, dal 2006 ha concentrato le proprie ricerche e attività al fine di ricre-
are le tecniche di costruzione e di esecuzione delle antiche lire.
Ha pubblicato vari album sotto l’etichetta Music of The Ancient World, tra cui Ode To An-
cient Rome, The Ancient Greek Lyre, Echoes of Ancient Rome, The Temple of Mars, The An-
cient Greek Modes.
Interessanti in particolare i suoi studi sulla storia della lira:
http://fandalism.com/ancientlyre
72
Ensemble Kérylos - Musiques de l’Antiquité grecque et romaine
http://www.kerylos.fr/index.php
Creato nel 1990 da ANNIE BÉLIS, è un gruppo di musicisti francesi, il cui repertorio è costitui-
to esclusivamente da brani musicali composti sulla base di antichi spartiti provenienti dall'an-
tichità greca e romana. La sua specifica vocazione è quella di restituire con la massima esat-
tezza possibile uno straordinario patrimonio musicale rimasto in silenzio per più di quindici
secoli, e tuttora poco conosciuto dal pubblico. Gli spartiti sono le esatte trascrizioni degli anti-
chi documenti, senza aggiunte o modifiche. I testi sono cantati in greco antico secondo la pro-
nuncia erasmiana, gli strumenti utilizzati sono accurate repliche delle lire, delle citharae, dei
fiati e delle percussioni antiche, realizzati secondo i modelli originali, frutto di un paziente e
minuzioso lavoro di ricostruzione effettuato in stretta collaborazione tra Annie Bélis e i liutai
Jean-Claude Condi et Carlos Gonzalez.
Index of /mp3
MUSICA RICERCATA
http://www.musicaricercata.it/arte_cultura_musica/associazione/musicaricercata.html
Musica Ricercata è nata come ensemble di musica da camera nel 1987 per iniziativa di MI-
CHAEL STÜVE e di altri musicisti attivi prevalentemente a Firenze, uniti dal comune interesse
per il grande patrimonio musicale di questa Città.
Nel 1989 l’ensemble si è costituito in associazione culturale e da allora la sua attività concerti-
stica, frutto di attente ricerche musicologiche, abbraccia un repertorio sempre più ampio, che
si distingue per la rarità dei programmi e la particolarità delle tematiche trattate.
Dei progetti internazionali di Musica Ricercata selezionati e cofinanziati dalla Commissione
Europea nell’ambito di azioni culturali specifiche, il primo è stato HELLENIKA – Dialogo
della musica antica et della moderna sulla musica greca antica e sulla nascita del melo-
dramma a Firenze, che è stato inserito nei programmi culturali Caleidoscopio 1996 e Caleido-
scopio 1997.
Non sono reperibili in rete dei brani da ascoltare.
De Organographia
http://web.eecs.utk.edu/~mclennan/OM/DO.html
De Organographia è un gruppo di musicisti americani (Oregon City), fondato e diretto da
GAYLE & PHILIP NEUMAN, che esegue la musica della Grecia antica utilizzando un gran nu-
mero di strumenti costruiti dagli stessi musicisti come fedeli riproduzioni degli strumenti anti-
chi: aulos, lyra, kithara, syrinx, syrinx, monokalamos, trichordon, psythirã, tympanon,
kymbala, e salpinx.
Music of Ancient Greek è il titolo del CD realizzato nel 1995 e che comprende praticamente
tutti i brani musicali editi della letteratura greca, uno straordinario, benché esiguo, insieme di
diversi pezzi risalenti dal 400 a.C. al 300 d.C.: i frammenti dell' "Oreste" e dell'"Ifigenia in
Aulide" di Euripide, l'"Inno al Sole", l'"Inno a Nemesis" e l'"Invocazione a Calliope e Apollo"
di Mesomede, e due più ampi brani che corrispondono agli inni delfici. Altre realizzazioni ri-
guardano la storia della musica antica di altre civiltà (egizia, mesopotamica, ecc.).
Per ascoltare dei brani, si può consultare Youtube all’indirizzp:
http://www.youtube.com/user/MisterAncientMusic/videos?view=0
73
Paolo Emilio Carapezza
Dal 1970 è professore di Storia della musica all'Università di Palermo. Ha fondato e dirige il
Corpus di Musiche Rinascimentali Siciliane (21 volumi sin oggi, dal 1970) e le collane
Puncta, studi musicologici (12 volumi dal 1974) e Constellatio musica, monografie sui com-
positori antichi (6 volumi dal 1998). Molti dei suoi scritti si trovano tradotti nelle principali
lingue europee.
Antiche musiche elleniche
http://www.digitalmnemes.net/index.php?page=shop.product_details&flypage=flypage_new.t
pl&product_id=31&category_id=17&option=com_virtuemart&Itemid=100054
Su ITune:
http://itunes.apple.com/fr/album/carapezza-antiche-musiche/id472419050
Christodoulos Halaris
http://www.allmusic.com/artist/christodoulos-halaris-mn0000204155
Viene anche chiamato "Chris Hallaris"; è un compositore e studioso greco, uno dei maggiori
esperti nello studio e nella ricostruzione della musica greca antica e bizantina. Si è dedicato
agli studi di musicologia e di composizione dopo aver studiato matematica a Parigi. Prenden-
do spunto dall’iconografia religiosa e dalla musica tradizionale popolare greca, ha iniziato a
ricostruire i frammentari documenti musicali dell’antica Grecia.
Le sue composizioni sono state usate come colonne sonore di film.
74
Su Youtube:
http://www.youtube.com/watch?v=9MA_plMW2yw&playnext=1&list=PL2D7266ADFC634
487&feature=results_main
75
John Psathas
http://www.johnpsathas.com/
http://sounz.org.nz/contributor/composer/1017/
http://www.youtube.com/playlist?list=PL07075151DD378738&feature=plcp
Musicista neozelandese, di famiglia greca immigrata, nel 2004 partecipò alla realizzazione di
'Zeibekiko', del Nederlands Blazers Ensemble (NBE), che lo invitò a creare un intero pro-
gramma basato sul tema: 2500 anni di musica greca.
Zeibekiko su YouTube:
http://www.youtube.com/playlist?list=PL07075151DD378738
La sua realizzazione più notevole è stata la composizione di gran parte della musica per le ce-
rimonie di apertura e di chiusura del Giochi Olimpici di Atene 2004.
Il 2006 ha visto l'uscita di un CD / DVD del progetto: View From Olympus, che ha avuto un
buon successo di vendite ponendosi al top delle classifiche di musica classica in Nuova Ze-
landa.
View From Olympus su YouTube:
http://www.youtube.com/watch?v=y12k_QZVrJE
76
Bibliografia
Th. Reinach (1893), La musique des hymnes de Delphes, «Bulletin de correspondance hellé-
nique», 17, pp. 584-610.
M. L. West, Analecta Musica aus: Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik 92 (1992) 1–54
L. E. Rossi, Musica e psicologia nel mondo antico e nel mondo moderno: la teoria antica
dell'ethos musicale e la moderna teoria degli affetti; A. C. Cassio, D. Musti, L. E. Rossi
(edd.), Synaulía: cultura musicale in Grecia e contatti mediterranei. Annali dell'Istituto Uni-
versitario Orientale di Napoli (AION), Dipartimento di Studi del Mondo Classico e del Medi-
terraneo Antico, Sezione Filologico-Letteraria. Quaderni 5. Napoli: Istituto Universitario O-
rientale, 2000, 57-96.
E. Pöhlmann – M.L. West, Documents of Ancient Greek Music –The Extant Melodies and
Fragments edited and transcribed with commentary, Oxford, Clarendon Press, 2001.
Musikè, l’unità poesia-musica nella Grecia Antica a cura di G. Ferraro e S. Tomei, Simone
per la scuola http://www.simonescuola.it/musike/index.html
G. E M.F. Rachet, Dizionario Larousse della civiltà greca, Gremese, Roma, 2007
J.-C. Fredouille, Dizionario Larousse della civiltà romana, Gremese, Roma, 2007
A. BELLIA, Gli strumenti musicali nelle immagini della Grecia antica. Percorso di didattica
museale musicale. «Alma Mater Acta. Contributi di ricerca dell’Alma Mater Studiorum. Uni-
versità di Bologna». All’indirizzo:
http://amsacta.cib.unibo.it/2955/1/Angela_Bellia,_Gli_strumenti_musicali_nelle_immagini_d
ella_Grecia_antica..pdf
77
Richter, Lukas. 2000. Pathos und Harmonia: melodisch-tonale Aspekte der attischen Tragö-
die. Prismata 10. Frankfurt am Main. Abstract: http://www.moisasociety.org/de-
musicis/pathos-und-harmonia-melodisch-tonale-aspekte-der-attischen-tragodie
Giovanni Comotti, La musica nella cultura Greca e Romana, EDT, Torino, 1996, vol. I, pp.
18-26.
Luca Bianchini, Musica rituale dei misteri iniziatici, in InitLabor – Cultura musicale & infor-
matica, 2006, http://www.initlabor.net/musicaeriti/bianchini-misteri.html
78
Sommario
In Grecia................................................................................................................................................................. 2
79
Esecuzioni musicali ..................................................................................................................................... 31
Pean. Papyrus Berlin 6870 – Peana e lamento di Tecmessa ............................................................................ 32
1. Peana in onore di Apollo ........................................................................................................................ 32
Metrica ......................................................................................................................................................... 32
Testo e traduzione ........................................................................................................................................ 32
Esecuzioni musicali ..................................................................................................................................... 33
Seconda parte – Il pianto di Tecmessa – Brani strumentali ............................................................................. 33
Metrica ......................................................................................................................................................... 34
Testo e traduzione ........................................................................................................................................ 34
Esecuzioni musicali ..................................................................................................................................... 35
Ricostruzione del testo e delle partiture musicali ............................................................................................. 36
Lo stasimo di Oreste ......................................................................................................................................... 37
Metrica ......................................................................................................................................................... 37
Testo greco e traduzione italiana ................................................................................................................. 38
Esecuzioni musicali ..................................................................................................................................... 38
Frammenti dell’Ifigenia in Aulide .................................................................................................................... 39
Metrica ......................................................................................................................................................... 39
Testo greco e traduzione italiana ................................................................................................................. 39
Esecuzioni musicali ..................................................................................................................................... 40
La tecnica ............................................................................................................................................................. 41
Melodia e metrica ............................................................................................................................................. 41
Scale o modi o harmoníai ................................................................................................................................. 41
I modi greci....................................................................................................................................................... 42
Toni e generi ..................................................................................................................................................... 42
La notazione ..................................................................................................................................................... 42
A Roma ................................................................................................................................................................. 45
Fonti, contesti, evoluzione ....................................................................................................................... 45
80
Alcuni testi poetici latini musicati dal gruppo Synaulia ................................................................................... 54
Alcuni versi di Virgilio...................................................................................................................................... 54
Alcuni versi di Ovidio ....................................................................................................................................... 54
Animula Vagula ................................................................................................................................................ 55
A fiato ................................................................................................................................................................... 62
Avēna, calămus o fistŭlae ................................................................................................................................. 62
Tibĭae ................................................................................................................................................................ 63
Syrinx ( ) ................................................................................................................................................. 64
/ Rhombus .......................................................................................................................................... 65
/ Ĭynx ....................................................................................................................................................... 65
Ottoni .................................................................................................................................................................... 66
Salpinx ( ) ............................................................................................................................................. 66
Tŭba .................................................................................................................................................................. 66
Bucĭna ............................................................................................................................................................... 66
Cornū / ................................................................................................................................................... 67
Percussioni ........................................................................................................................................................... 68
Tympanon ( ) / Tympănum ................................................................................................................ 68
Cymbăla ( ) - Díscos ( ) ............................................................................................................ 68
Sistrum ( ) ........................................................................................................................................... 69
Croúmata ( ) - Crotăla ( ) ................................................................................................... 70
81
Polish group Gardzienice ................................................................................................................................. 75
ETRUSCHinJAZZ - Marco Giudolotti ............................................................................................................. 75
John Psathas ..................................................................................................................................................... 76
Conrad Steinmann Ensamble ........................................................................................................................... 76
Bibliografia .......................................................................................................................................................... 77
82