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MODULO II (Letteratura contemporanea sp.

Zanato)

LEZIONE 1
FLASHES E DEDICHE
Flashes e dediche: flashes scritto fra due apici perché Montale lo sente come una parola straniera
e inizialmente questa sezione si intitolava lampi e dediche, quindi con termini italiani, ma soltanto
all’altezza dell’opera in versi Montale intervenne perché fino alla prima a edizione della bufera
questa sezione si intitolava lampi e dediche e nell’indice era invece scritto flashes e dediche.
Allora i due curatori, Contini e Bettarini, fecero notare la cosa a Montale e lui decide di
modificare e di unificare con Flahses anche nel testo e non solo nell’indice. Montale dice: flashes
perché è più restrittivo di lampi. Cioè ha un significato più ristretto. Lampi, invece, come
abbiamo letto anche nella Bufera ha un significato spesso meteorologico, qui invece Montale
vuole che i flashes siano i flashes della macchina fotografica. Titolo dal 1980. Parallelamente
nella stessa edizione del 1980 c’è un altro ritocco nelle note perché fino a quel momento era
scritto: i lampi di magnesio (si sottolineava nella nota che erano lampi di fotografie) e le dediche
(sezione quarta) appartengono agli anni 1948-1952. All’altezza del 1980 corregge quest’ultima
data che diventa 1948-1954, quindi a ridosso delle ultime poesie scritte per entrare nella bufera. Il.
‘48 è l’anno del trasferimento a Milano e anche l’anno in cui incontra la Spaziani. Comincia da
questa sezione l’esplicitazione cronologica presente nelle note, quindi rinvii al tempo in cui questa
poesia fu ideata, composta o la cui occasione relativa è fissata accanto molto spesso anche al
luogo. Questa è una novità, a prescindere dai due madrigali fiorentini che avevano un luogo e una
data. Le date vengono messe in nota. Questi luoghi sono relativi a posti visitati da Montale in
qualità di reporter, ovvero in qualità di inviato speciale del Corriere della Sera presso il quale
lavorava. Tutto questo rende questa sezione una sorta di “diario” , un taccuino di viaggio legato
alle varie occasioni di viaggi di Montale come giornalista. Ci sono molti pronomi e aggettivi
possessivi di seconda persona che alludono a un tu. Montale sembra quasi incapace di esprimere
la propria lirica se non ha un referente, questo referente è un “tu” istituzionale, che quasi sempre
istituzionale non è. È un tu femminile non identificato, non abbiamo nomi e cognomi, la qual cosa
ci induce a indovinare il referente. In questa sezione Irma-Clizia sembra sparire. Ci sono vari temi
che vengono affrontati, ma un filo rosso fra queste poesie è un tema astratto quello della
divinità. Il tema di dio inteso sia come divinità superiore, sia come divinità in terra (la dea donna
di Montale, quindi un attributo femminile). Il tema viene affrontato di scorcio come spesso in
Montale. Se spesso in Finisterre il modo in cui si affronta il tema dell’aldilà e piuttosto serio, qui
il modo di affrontare il tema della divinità è leggero, spesso ironico, se non sarcastico delle volte.
I flashes e le dediche si riferiscono letteralmente alle fotografie (spesso queste fotografie
presentano delle dediche). Sono fotografie che permettono di fissare i ricordi anche se vengono
allontanati, come col rovescio del binocolo (altro termine con cui veniva identificata questa
sezione). Se ricordiamo il ventaglio, lì si parlava del cannocchiale arrovesciato e quindi qui col
rovescio del binocolo è questo allontanamento-miniaturizzazione dell’immagine, come in una
fotografia.
Questa sezione è anche legata al ricordo di certi avvenimenti. La novità più grande è che in questa
sezione comincia a vedersi volpe: Maria Luisa Spaziani. C’è anche un’altra donna: un’italiana che
lavorava in Inghilterra in un’agenzia di viaggi. I componimenti generalmente sono brevi, in cui
compaiono certe particolarità stilistiche e linguistiche che anticipano quelle che saranno le
soluzioni di Satura. Blasucci diceva: con Satura siamo di fronte al sublime del comico mettendo
per ossimoro due termini: il sublime che è lo stile alto e il comico che è lo stile basso. Si arriva al
sublime tramite il comico o viceversa: si affronta il comico per arrivare al sublime.
MONTALE stesso ci dice che: tutti i flashes hanno intonazione madrigalistica diversissimi in ciò
dai mottetti e dagli ossi. Quindi le sezioni legate a componimenti brevi sono negli Ossi di Seppia
la sezione degli ossi brevi e nelle Occasioni la sezione intitolata mottetti.
Qui si dice sono madrigali o hanno intonazione madrigalistica significa che sono soprattutto
brevi e in alcuni casi hanno dei caratteri sessuali. Dal punto di vista topologico questa sezione è
centrale nel libro, non per quanto riguarda i temi dibattuti ma dal punto di vista strutturale. Le
sezioni da 1 a 3 comprendono in tutto 21 pezzi, c’è poi questa sezione Flashes e dediche che ha in
tutto 15 poesie come Finisterre e poi tutte le sezioni successive, dalla quinta alla settima, hanno
tutte 21 pezzi. Quindi: 21, 15, 21. Questa è dal punto di vista strutturale la sezione centrale.
Verso Siena

Si tratta quasi di uno schizzo, poesia messa insieme in momenti diversi e con caratteri diversi. La
strofa centrale, che ora è tra parentesi tonde, era stata pubblicata in lettere d’oggi nel 1943 come
intermezzo fra tre prose poetiche: Visita a Fadin, un’altra prosa intitolata Il lieve tintinnio del
collarino, questa strofa isolata di 4 versi che cominciava senza parentesi e poi Dov’era una volta
il tennis. Il titolo incipitario La fuga dei porcelli sull’Ambretta era preceduto in questa rivista da
una dedica con scritto A G.P. Cartolina probabilmente è Giampiero Gadda Conti, cugino di
Carlo Emilio Gadda. Montale era stato nella sua tenuta in Chianti, la tenuta di Giusterna, era stato
nel giugno del ’42. Questa strofetta non a caso viene pubblicata nel ’43. Questi 4 versi erano una
sorta di accumulazione senza verbo, un appunto a margine, un elenco promemoria. Dopo il ’43
Montale decide di aggiungere qualcosa all’inizio e alla fine, cioè si accorse che per essere
pubblicata nella Bufera questa poesia aveva bisogno di una premessa e di una conclusione. Come
la vediamo noi oggi fu pubblicata nella rivista Paragone nell’ottobre del 1950. Viene pubblicata
assieme ad altre poesie: Sulla Greve, di Un Natale metropolitano, Argyl Tour, Vento sulla
mezzaluna e Sulla Colonna più alta. Questi 6 componimenti col titolo complessivo di Col
rovescio del binocolo vengono pubblicati in Paragone. La poesia è entrata in un gruppo di cui
questa poesia è il capostipite. Col rovescio del binocolo è il titolo della sezione 4 di romanzo e
delle 47 poesie. Il 20 maggio del ’50 la poesia così completa viene inviata a Maria Luisa Spaziani,
ma la seconda strofa è senza parentesi. Possediamo un’altra stesura dattiloscritta di questa poesia
in cui ci sono le parentesi nella seconda strofa e con la data 1942-1950. Data importante perché
rivela che la lirica è nata in due occasioni diverse nel tempo, una prima del ’42 e una seconda del
50. Quindi abbiamo da una parte il nucleo centrale della strofetta di 4 versi legata alla visita al
cugino di Gadda del ’42 e poi il ritorno in quei luoghi stessi che avvenne fra il 29 e il 31 ottobre
del 1949 assieme a Maria Luisa Spaziani: Montale era andato in Chianti perché inviato dal
Corriere della Sera ed era astato accompagnato dalla Spaziani. Quindi il primo nucleo della
poesia, quattro versi centrali, sono legati a questa visita a Gadda Conti, gli altri sono da collegare
a questo ritorno in loco insieme a Maria Luisa Spaziani. Nella veste finale l’occasionalità della
strofa centrale viene riscattata in un significato più complesso, con significati di poetica. Questo è
un primo componimento della poetica che svolge compiti di riflessione sulla poesia. Chi permette
tutto ciò, la musa ispiratrice di questa nuova sezione è Maria Luisa spaziani che è il nuovo Dio
(vedi v.8) di Montale. In una delle lettere a Guarnieri del ’65 Montale dice: non credo che il mio
dio fosse presente in questa poesia. È un Dio in minuscola (ma scritto con la d maiuscola, come
dire che il vero dio per lui è la donna che in quel momento ama, dio in minuscola perché è un dio
più privato rispetto a quello delle religioni liberate). In questa poesia Dio Gittò la maschera: cioè
dio si è rivelato, gettare significa levare. Lei si è rivelata a lui e il viso di lei ha fulminato il ribelle
(lo stesso Montale). un dio che si rivela come il Dio della Bibbia, quasi come una folgorazione.
Questo Dio è una divinità terrestre che solo l’io lirico conosce, quindi c’è un rapporto diretto fra
soggetto adorante e oggetto adorato. Maria Luisa è istigatrice del ricordo, cioè riattiva il passato di
lui che in questo caso è l’episodio del ’42 e da a quest’occasione lontana un significato nuovo.
Montale tornando su questa poesia, la reinterpreta e la modifica a posteriori grazie alla nuova
presenza di Maria Luisa. È una poesia che per quanto breve cardine della sezione Flashes e
dediche, non per niente la inaugura. La scatola a sorpresa ha fatto scatto: in riferimento alla
macchina fotografica, sorprendentemente trattiene le immagini e dunque il ricordo. Lo scatto è
quella della macchina fotografica che fissa il ricordo. La macchina fotografica è metaforica, è uno
scatto che avviene nella mente del poeta, ma che serve a fissare il ricordo. Che lo scatto fissi il
ricordo ce lo dice Montale un po’ più avanti nella poesia Voce giunta con le folaghe che è
precedente a questa conclusione finale del 1950, qui al v50 si parla dello scatto del ricordo che ha
un significato in parte diverso, ma che serve a noi per chiosare la scatola a sorpresa ha fatto
scacco.
Dal punto di vista metrico: tre piccole lasse di endecasillabi e settenari. Due settenari su 9 versi
totali, abbiamo anche uno schema di rime Ab(sett.)ACD(b v6 maggenga-trattenga v2)C
(macchina-macchie rima ipermetra quasi doppia fra due parole sdrucciole. L’ultima terzina: due
endecasillabi e un settenario EFG. La rima E è irrelata, ma ha una rima immediata fatto-scatto.
Un’altra rima interna è gittò-fulminò. Un’altra rima imperfetta: v3 porcelli-ribelle.
Verso Siena, quindi sulla strada di Siena. Il titolo che mette insieme verso più un nome proprio di
luogo era già nella prima sezione delle Occasioni dedicata a molti viaggi, come questa, per
esempio c’era verso Vienna o verso Capua. Titolo a cui siamo abituati.
PARAFRASI E COMMENTO:
vv.1-2: premessa fatta con una frase esclamativa di tipo meta poetico sul fatto che la memoria non
è trattenibile, sembra una memoria involontaria che scappa anche senza che il soggetto lo voglia.
Ricordi che arrivano improvvisamente e non ci abbandonano.
La memoria una volta arrivata lì in alto che sta per uscire (dalla memoria)
Non si può più trattenere e infatti scappa. Memoria involontaria che scappa.
La parentetica è un elenco che riguarda un ricordo di quel viaggio, questo è l’oggetto della
memoria.
VV3-6: ricordi realistici realmente avvenuti. Lo sappiamo da alcune lettere, anche dalla stessa
lettera di Carlo Emilio Gadda al cugino in cui si parla della fuga dei porcellini. Quindi siccome
Gadda Conti aveva anche una fattoria in cui c’erano dei maialini, questi maialini erano scappati e
si erano recati verso l’ambretta. L’Ambretta è un torrente del Chiani che in quel periodo era
senz’acqua. Vanno con Gadda Conti a inseguire i porcellini che sono scappati e arrivano presso
l’Ambretta di notte e la macchina sobbalza guardando il fiume. Altro ricordo: il carillon di San
Gusmè probabilmente il campanile di San Gusmè, l’orologio del campanile di San Gusmè e
quindi dà dei suoni. Luna maggenga: non è un colore, è una luna di maggio. Possiamo capire che
l’Ambretta fosse asciutta. Maggenga: vocabolo già utilizzato dal Montale degli ossi di seppia
Ceccardo Ceccardi. Maggenga-tutta macchie: allitterazione. Sono alcuni flash che tornano nella
memoria del poeta.
L’altra parte aggiunta più tardi è relativa all’esperienza avuta anni dopo con Marialuisa negli
stessi luoghi. La scatola a sorpresa è la macchina fotografica metaforica della memoria. La
macchina fotografica ha scattato nello stesso luogo in cui Maria Luisa Spaziani (il mio Dio) si
manifestò e fulminò con la sua luce colui che era restio a iniziare un rapporto d’amore con lei
(ribelle) Gettando la maschera l’ha annichilito costringendolo ad accettare questo amore. Questa
conclusione non ci dice più di tanto di quello che ci dirà la poesia seguente che ha caratteri più
esplicitamente erotici. Gittare la maschera possiamo intenderla anche a doppio senso: rivelarsi al
poeta anche fisicamente.
Sulla greve

Poesia pubblicata in Paragone nell’ottobre del ’50 della serie appena vista Col rovescio del
binocolo. Poesie tipicamente legate a ricordi di viaggio. Interessante quello che dice Montale in
una delle lettere a Guarnieri nel gennaio del ’66: la greve è un paesaggio che esiste. Non credo di
esserci stato con una donna.
In effetti greve dal 1967, si denomina oggi Greve in Chianti, è un borgo fra Firenze e Siena che si
snoda sul fiume Greve. È un fiume che finisce nell’Arno. Questa Greve è il fiume, non il paese.
Quindi è un riferimento a un paesaggio che esiste. Siccome la lirica è incentrata sul rapporto con
la donna e questo è innegabile e Montale ha detto che su Montale non è mai stato con una donna,
possiamo presumere che il paesaggio sia solo un pretesto e che vada interpretato allegoricamente.
In verità il paesaggio compare soltanto nel secondo periodo della prima lassa che è costituito
ancora una volta, secondo uno stilema tipico di Montale, da un’elencazione ellitticaUn masso,
un solco a imbuto, il volo nero d’una rondine, un coperchio sul mondo…i tre puntini finali
significano che l’elenco può continuare. È un paesaggio non riconoscibile in senso geografico. Se
non ci fosse il titolo “Sulla Greve” potrebbe essere da qualsiasi parte questo paesaggio.
Interpretandolo in senso metaforico-erotico: un tempo l’io lirico era abituato a cenare con questa
donna soltanto con lo sguardo (quini una volta i rapporti erano legati alla vista, il desiderio
amoroso fra i due era consumato come un pasto attraverso gli occhi). Poi la cena amorosa può
compiersi fino in fondo e le pietanze pane, acqua e vino di cui parla nella seconda strofa
coincidono con il corpo di lei. Il titolo sulla Greve si può interpretare in senso erotico infatti non
dice a Greve o verso Greve, ma sulla Greve, come se fosse una sorta di segnale del corpo di lei.
Una lettera a M.Spaziani del 20 maggio del ’50 contiene la seconda strofa di questa poesia con
qualche variante e in più c’è una nota. Purtroppo non posso mutare il vino in select come vorrei.
[non posso brindare a te] era forse meglio la versione acqua-il fruscio vicino alla tua testa, le
labbra vino. Mi pare che io non possa concedermi immagini troppo naturalistiche, ma forse
sbaglio. Immagini troppo naturalistiche vuol dire troppo esplicite dal punto di vista sessuale,
quindi ci invita a interpretare dal punto di vista erotico questa poesia. Due settimane dopo
Montale in un’altra lettera a Maria Luisa Spaziani scrive: troppo mi sono abituato a cenare solo
con lo sguardo o col pensiero come dice la mia poesia che hai letto ieri. Vuol dire che la poesia
completa fu inviata il 2 giugno del ’50 a Maria Luisa. Questo conferma che la lirica è per Maria
Luisa o riguarda il rapporto con Maria Luisa e ci conferma che la seconda strofa fu scritta prima
della prima strofa attuale. Nell’archivio Spaziani è presente un dattiloscritto dell’intera lirica. La
metafora della cena amorosa ha un archetipo evangelico dell’ultima cena di Cristo quando lascia
ai suoi discepoli il pane e il vino che diventano corpo e sangue di lui, quindi due elementi della
cena che si riconducono a elementi fisici. In effetti qui siamo di fronte a un’eucarestia non
metafisica, ma fisica, del tutto intima e privata. Il metro: due lasse di cinque più quattro versi: 4
endecasillabi più settenario, seconda lassa: 1 quinario finale, v.6 endecasillabo, v7 dodecasillabo
(anche detto endecasillabo ipermetro) per la ragione che il primo emistichio è un settenario con
accento di sesta. Rime: esposte al v.5 mondo e al v8 profondo. Interne: Imbuto-velluto. Seconda
strofa: mandolino v7-vino v.9, sono rime esposte. Notiamo l’accumulazione su cui si fonda la
seconda strofa: da acqua a vino elementi in chiasmo. Acqua: sostantivo legato al C.O. è
diventata fruscio scorrente, poi il vino mi è diventato tuo profondo respiro. Abbiamo acqua e vino
ai due estremi, fruscio scorrente e profondo respiro rovesciati all’interno.
PARAFRASI E COMMENTO
In questi momenti non mi cibo soltanto con lo sguardo
Come facevo una volta quando tu ti sporgevi al mio fischio e ti vedevo appena [l’io lirico andava
a trovare la donna, con un fischio la chiamava e i due si guardavano. Il loro amore era platonico,
si pasceva di sguardi. Nel platonismo il primo grado d’amore è lo sguardo. Il termine fischio è
realistico e poco aulico, si ritroverà negli Xenia cioè nel rapporto fra Montale e Mosca].
VV3-5 un masso, un solco a imbuto, il volo nero d’una rondine, un coperchio sul mondo:
elementi di un paesaggio metaforico che di per sé non dicono nulla se interpretati letteralmente.
Questo elenco rinvia a due corpi che fanno l’amore. Un solco a imbuto: disegno del pube
femminile che si chiude su di lui. Un masso: richiama il titolo greve che vuol dire pesante in sé,
quasi la presenza del corpo di lui su di lei. Il volo nero d’una rondine: immagine che tornerà nei
madrigali privati con chiari intenti sensuali, qui è un simbolo fallico maschile. Un coperchio sul
mondo: metafora sessuale del coprire è quasi canonica nella nostra tradizione letteraria.
Riferimenti all’atto sessuale, fatto del tutto inusitato da Montale fino a questo momento e che
ritroveremo in Maria Luisa Spaziani che libera un aspetto della sessualità del poeta. Dopo aver
anticipato la cena che adesso non è più fatta di sguardi, ma anche di altre cose, sottolinea quella
che è la sua cena vera e propria.
Boccio di velluto: è la bocca, boccio vellutato che sono le tue labbra.
Glissato: termine tecnico-musicale che indica l’abbassamento o l’innalzamento progressivo di un
suono. È un suono che proviene dalla sua bocca, è un innalzamento progressivo del suono. I
sospiri si fanno più intensi.
Mi è acqua il fruscio scorrente [fruscio dei capelli di lei sul letto], il tuo profondo respiro (appena
concluso l’atto sessuale) mi fa da vino. Quindi mi cibo del tuo corpo, dell’amore che faccio con
te. Potrebbe sembrare eccessiva un’interpretazione di questo genere infatti Montale non esplicita.
Quando lui dice: non vorrei essere troppo naturalistico vuol dire proprio questo non vorrei
essere stato troppo esplicito dal punto di vista erotico.
La trota nera
Ha la scritta in esergo Reading, in Inghilterra, sede di un’università in cui ha insegnato per molti
anni Meneghello. Questo periodo è il periodo in cui Montale va a Reading e incontra Meneghello

.
Di questo componimento possediamo una fotocopia di un manoscritto originale che apparteneva a
Meneghello. Questo originale sembra non ci sia più, abbiamo una fotocopia che si trova nel fondo
—manoscritti di autori contemporanei dell’Università di Pavia. Questa fotocopia del ms originale
ha una data 1948 e poi è scritto Cabershame Bridge si riferisce a un fiume dove ci sono questi
personaggi che pescano. Infatti in un ms c’è una nota di Montale dove dice: non ci sono trote in
questo fiume.
La trota nera fu pubblicato per la prima volta soltanto nella Bufera e altro nel ’56 rispetto alle altre
poesie scritte quasi insieme e pubblicate in Paragone. Montale fu a reading nella primavera del
’48 come inviato del Corriere della Sera. Di questo periodo sono testimonianza le poesie
pubblicate con il titolo Col rovescio del binocolo. Di questa esperienza legata al viaggio in
Inghilterra restano riflessi in due racconti di Montale, uno presente nella farfalla di Dinard e un
altro in Fuori di casa. C’è un racconto intitolato Honey che è il soprannome di una cuoca, in
questo racconto pubblicato in Farfalla di Dinard c’è come protagonista Cerce Donald “graduato”
onorevolmente a Oxford. Questo Donald invita a cena Montale e fa arrivare la sua cuoca
direttamente da probabilmente Londra, una città nera come il carbone. Qui si parla ad un certo
punto di trota nera e di carbonchio che ricorda il carbone. Nonostante il suo nome, Honey,
Montale dice, è un angelo nerissimo anch’esso. Il colore nero ritorna ed è legato a una cena fatta a
casa di Donald laureato (graduato). L’altro racconto Fuori di Casa: Baffo E CI pubblicato nel
Corriere della Sera a fine aprile del 1948, cioè nel periodo in cui stava per arrivare a Reading. Qui
Montale risponde alle domande di Miss Coins a proposito di alcune sue (di lui) impressioni di
viaggio. Emergono alcuni flash legati ad alcuni racconti che escono nel Corriere della Sera e che
poi Montale recupera nelle sue raccolte: Farfalla di Dinard e Fuori di Casa. Protagonista di questa
poesia è una trota nera imprendibile ai tanti laureati e dottorati che tentano di pescarla. Reading,
città universitaria, è piena di laureati e sono tutti lì verso sera a cercare questa trota che non si
riesce a pescare. Significato metaforico dietro a questa situazione: metafora pesca della verità che
è imprendibile. Verità legata alla divinità. Come questi laureati cercano di prendere una trota nera
imprendibile, noi cerchiamo di arrivare a una verità che non esiste. Una verità specie legata alla
divinità: dottori in divinità. Accanto a questo significato legato contingentemente alla situazione
vista a Reading si coglie un altro aspetto perché la trota nera oggetto di pescaggio inutile viene
avvicinata nella seconda parte della lirica a una donna dai capelli neri (quindi trota nera per
recuperare anche il colore dei capelli della donna, ma nera anche perché si tenta di pescare verso
sera quando i riflessi sono scuri, neri) un’impiegata (ipogei del tuo ufficio) che evidentemente
Montale avrebbe voluto “pescare” anche lui. Da alcune confessioni di Montale stesso sappiamo
che questa donna mora di capelli, lui la chiama “GBH” e continua: giovane signora italiana
impiegata in un’agenzia di viaggi conosciuta a Firenze nel 1945. Quindi conosce questa signora
in Italia e la rivede a Reading. Questa signora era originaria di Forlì e aveva sposato un inglese,
per cui l’ultima lettera H si riferisce al cognome del marito. L’agenzia di viaggi era quella
fiorentina di Pier Bussetti. Appare dunque nelle poesie di Montale in questa sezione speciale,
appare una donna-trota irriverente che sembra sfuggire come la trota ai tentativi di pescaggio da
parte del poeta. Appare una donna-trota irriverente che sembra sfuggire anche lei ai tentativi di
pescaggio da parte del poeta. È la donna-trota che ci riporta alla fisicità quasi animalesca, quindi
abbiamo un abbassamento di tono rispetto ai toni molto alti con cui era arrivato Montale con
Clizia e a cui arriverà con Silvae. Abbassamento di tono, anche parodia dei propri tentativi di
“conoscere” questa ragazza. Prima ancora di Maria Luisa Spaziani c’è questa donna che si
incarica di fare da contraltare di Clizia, personaggio completamente nuovo rispetto agli altri.
Metrica: strofa di 8 versi ottonari e novenari. Ottonari: 1-4-8; Novenari: dal 5 al 7. Molte rime: v.1
serale-v.7sale. v2 economia-v4 via, v3 divinità v6 sfà. Quasi tutti questi versi sono versi che
rimano fra di loro e poi c’è una rima ipermetra interna fra ricciolo (v6) e ufficio v8. Schema
rimico: a8b8c8b8x9(d)c9a9d8.
*x9 perché ho una rima irrelata.

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