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LEZIONE 7

Proda di Versilia
Proda: riviera (come si intitola l’ultima poesia degli Ossi di Seppia) e Versilia mare in
Toscana, provincia di Livorno, non per niente il sotto titolo dell’edizione in rivista scriveva
Viareggio, 1946. Il fatto che qui si parli di Proda di Versilia, cioè la specificazione di Versilia
evidentemente alle orecchie di Montale suona straniante, straniante perché era abituato a ben
altre prode, ben altre riviere che erano quelle di Monterosso. È una poesia in cui si confrontano
due riviere, due orizzonti di vita diversi: quello giovanile e quello maturo. Ai primi elementi del
paesaggio sono legati pulsioni positive, al contrario per la proda di Versilia.
I miei morti che prego perché preghino per me, per i miei vivi RIFERIMENTO ALLA
RELIGIONE dei Lari, con riferimento alle persone care che sono morte e che lui prega (i morti)
perché preghino per me, cioè per avere delle preghiere che possono aiutarlo in questa vita. È una
sorta di rovesciamento di una situazione purgatoriale dantesca. Nel Purgatorio le anime purganti
si riferiscono a Dante chiedendogli quando sarà tornato sulla terra di fare in modo che i loro cari
preghino per loro sono i vivi che pregano per i morti perché la preghiera dei vivi per chi è al
Purgatorio serve per accorciare la pena d’espiazione. Qui invece Montale invoca la preghiera dei
morti per i vivi, non per i morti. Con questa insistenza prego-preghino (poliptoto) con questa
forte allitterazione per-perché-per-per, con un eco del Purgatorio di Dante canto 16 vv. 50-51.
Quindi si rivolge ai suoi morti che lui prega per avere preghiere per lui vivo e per tutti i miei cari
ancora vivi. Così come io invoco per essi morti non la resurrezione (quella predicata dalla
religione cristiana. Quindi io per loro non chiedo una resurrezione dalla carne a una nuova vita)
ma chiedo che giunga a realizzazione quella vita che essi ebbero da vivi, quella vita
incomprensibile e misteriosa (inesplicata=nessuno mai ha spiegato a loro la vita, nessuno mai è
riuscita a capirla). Quindi il poeta invoca per i morti non una vita nell’aldilà, ma che giungano
finalmente a chiudere la loro vita passata, cioè poter approdare al nulla, alla pace. Quindi volontà
di rendere completa e realizzata, quindi di chiuderla quella vita che essi vissero senza sapere
bene perché, senza comprendere il senso di questa vita. Dopo questo lungo preambolo si passa a
“in questo momento.” In questo momento (oggi, nel 1946 è finita la guerra) più di rado si fanno
sentire a me, scendono dal cielo orizzonti aperti (contrapposto a orizzonti stretti che troviamo al
v40, gli orizzonti aperti sono quelli della proda di Versilia cioè di queste spiagge che non sono
ricche di insenature, hanno orizzonti stretti, ma hanno una visione apertissima. Sono spiagge che
si protendono lunghissime verso il mare. Gli orizzonti aperti sono quelli della Versilia, gli
orizzonti chiusi quelli di Monterosso). Oggi che non vivo più a Monterosso, ma sono in Toscana,
più raramente questi morti hanno l’occasione di essere ricordati da Montale gli orizzonti aperti
della Versilia quando
una mischia d’acque e cielo schiude finestre ai raggi della sera una mischia d’acque e cielo,
sta parlando del confine quindi il punto dell’orizzonte in cui cielo e acqua si confondono e verso
il tramonto si possono trovare delle aperture attraverso le quali i morti possono essere ricordati o
farsi sentire. Per la concezione di Montale già espressa nella poesia I morti in Ossi di seppia
nella redazione del ’28 i morti sembrano vivere nel mare e qui vivono una non-vita che
nemmeno loro sanno cosa sia, quindi molto raramente io mi ricordo dei miei cari, dei miei
defunti, forse verso sera.
-sempre più raro, astore celestiale, un cutter bianco -alato li posa sulla rena: Sempre più
raramente succede che un cutter (è un veliero) con le ali bianche li fa posare sulla sabbia (= li fa
affiorare alla mia memoria). Astore celestiale: astore con cui è definito questo veliero. L’astore è
un rapace, è un uccello celeste. Il termine non è montaliano, ma è un sintagma dantesco, ancora
una volta dal Purgatorio VIII. Nel Purgatorio verso sera vengono dal cielo due angeli, Dante
parla di astori celestiali, quindi qui ridotto al singolare è come se fosse qualcuno inviato dal cielo
a rivelare nuovamente nella mente del poeta e nel ricordo questi defunti. Poi descrive questi
orizzonti aperti, questa proda di Versilia e la descrive con la figura retorica dell’elencazione di
elementi negativi.
Broli (= giardini recintati) di zinnie (piantati a zinnie. Zinnie sono dei fiori molto colorati) tinte
ad artificio (sembrano non aver colori naturali). Quindi cominciamo già in questa descrizione di
Proda di Versilia un elemento innaturale. La parentetica nonne dal duro sòggolo le
annaffiano: nonne sono persone anziane però siccome parla di soggolo: è la fascia sotto gola che
hanno le suore. Queste nonne sono delle suore anziane che annaffiano questi giardini recintati.
chiuse lo sguardo a chi di fuorivia non cede alle impietose loro mani il suo male : con gli occhi
chiusi che non danno retta a chi viene da fuori (quindi non sono del luogo come Montale) e non
si rivolge a loro per rivelare il suo male (che sarà prima di tutto un male fisico perché queste
suore saranno verosimilmente delle suore d’ospedale), non cede alle loro mani impietose (anche
questo è un elemento negativo per delle suore che hanno delle mani senza pietà). Impietose loro
mani conferisce l’idea di queste suore invecchiate male e poco inclini ad amare le persone
oppure possono ascoltare le persone solo se queste per prime cedono il loro male, quindi si
rivolgono a loro.
cortili di sterpaglie incanutite (secondo elemento)= cortili di erbacce diventate bianche a causa
della siccità.
nei quali cortili se entra un gatto color frate (potrebbe essere un colore grigio) voci irose (è la
gente del luogo) manda loro (i gatti) via. Voci irose corrisponde alle mani impietose, cioè ancora
una volta un aggettivo negativo comportamentale che indica una cattiveria d’animo nelle suore o
nei vicini, cioè nei tanti del luogo.
Macerie (perché siamo nel dopo guerra) e piatte altane (altane: terrazzi in alto sopra le case. È
quasi un ossimoro parlare di piatte altane, quindi non sono altane di varia altezza. Sono piatte
cioè sono tutte della stessa altezza) su case basse.
lungo un ondulato declinare di dune e ombrelle aperte al sole grigio= la spiaggia è formata da
una serie di dune sabbiose, quindi una sabbia formata da una serie di dune sabbiose, non rocciosa
come quella di Monterosso. Questa spiaggia sabbiosa declina verso il mare, ma è lunga, è quasi
interminata. Ci sono case basse, questa spiaggia piatta e lunga verso il mare, ombrelle aperte che
sono gli ombrelloni. Quindi è una zona di mare anche questa, come già Monterosso, ma è ben
diversa. Il sole grigio non è il sole che scalda come il sole che scaldava a Monterosso. È un sole
grigio, sbiadito.
sabbia che non nutre gli alberi sacri alla mia infanziaLa sabbia non è in grado di nutrire, di
far crescere, gli alberi della mia infanzia che per me erano gli alberi che indicavano Monterosso
e il paesaggio ligure, cioè il pino selvatico (che noi chiamiamo anche pino marittimo), il fico e
l’eucalipto. Dopo aver elencato una serie di elementi negativi legati alla Versilia, alla fine della
prima lassa si è innestato un discorso verso l’infanzia e adesso continua a parlare della sua
infanzia.
A quell’ombre i primi anni erano folti, gravi di miele= a quelle ombre del pino, del fico e
dell’eucalipto i miei primi anni erano intensi (folti è riferito a ombre. È un’ipallage
dell’aggettivo). A quelle ombre folte i miei primi anni erano folti anch’essi, pesanti di zucchero
(gravi di miele) (quindi erano periodi da vivere con dolcezza), pur se solitari (abbandonati).
L’aggettivo abbandonati ci ricorda le Ricordanze di Leopardi in cui al v38 in cui si legge “qui
passò gli anni abbandonato, occulto.” Abbandonato quindi in questo caso solitario.
a quel rezzo anche se disteso sotto due brandelli di crespo punteggiati di zanzare dormivo nella
stanza d’angolo, accanto alla cucina= sono iniziati i ricordi della fanciullezza. A quell’ombra
(rezzo) io dormivo nella stanza ad angolo (quindi nella casa delle Due Palme di Monterosso)
accanto alla cucina disteso sotto due brandelli di crespo cioè di velo anti zanzara
dormiva o di notte o anche di pomeriggio (nottetempo). Siesta è rivolta a cicale che durante
l’estate friniscono tutto il giorno. Durante una siesta di cicale, nel pomeriggio, quando forse le
cicale frinivano di meno, poteva dormire, nel mio sonno profondo (abbagliante potrebbe voler
dire profondo, oppure abbagliante cioè in mezzo alla luce abbagliante del sole del primo
pomeriggio), intravedevo (travedevo) oltre il muro (che separava la camera ad angolo dalla
cucina), al lavandino, care ombre (di serve, di cuoche. Sono ombre sia perché non esistono più,
sia perché dalla stanza ad angolo non vedeva le fattezze delle persone, ma le vedeva stampate sul
muro, vedeva le ombre) vedeva le cuoche massaggiare le grosse anguille (murene) per
respingerne in coda, e poi reciderle è un particolare di cucina ligure quando queste murene
venivano pescate e per poterle mangiare si toglieva la lisca, allora venivano massaggiate
continuamente in modo tale che poi queste spine si potessero levare tutte insieme e poi recidere,
tagliare. Quindi anche questo è un gesto familiare.
a quel perenne alto stormire= lo stormire di per sé è quello delle fronde, ma il perenne stormire è
anche il canto assordante delle cicale di cui ha parlato sopra. Lo stormire riporta all’Infinito di
Leopardi. Quindi stormire delle piante secondo l’eco leopardiana, ma anche di per sé il rumore
delle cicale. Altri perduti: persone che non ci sono più con rastrelli e forbici lasciavano il vivaio
dei fusti nani (quindi avevano evidentemente una sorta di serra dove facevano crescere le piante)
e si recavano nel giardino dei sempreverdi bruciati dal sole e i canaletti che servivano per
l’irrigazione (cavane) avide d’acqua perché erano quasi asciutte. Siamo in piena estate. Tutte le
parole nell’ultimo verso battono sulla a tonica. Perduti: sono i giardinieri che facevano parte
della servitù.
Anni di scogli e di orizzonti stretti: sono anni dell’infanzia del poeta. Anni di scogli e di orizzonti
stretti, non di sabbie, di sterminate spiagge sabbiose come in Versilia, ma di scogli e di orizzonti
chiusi (stretti) perché formati da varie insenature che impedivano di vedere troppo lontano.
a custodire vite ancora umane Sono gli anni di Monterosso. a custodire vite ancora umane: a
custodire vite ancora capaci di umanità (ricordiamo invece la disumanità delle suore o gli
abitanti irosi), e gesti conoscibili gesti autentici non falsi.
respiro o anelito finale di sommersi simili all’uomo o a lui vicini pure nel nome: in
quest’orizzonte ricorda gli animali, che dice, sono simili all’uomo o vicini all’uomo anche nel
nome. Gli uomini danno a questi animali un nome antropomorfizzato, simile a loro, il che
significa che c’è una perfetta comunione fra l’uomo e la natura. Qui infatti il pesce si chiama
pesce-prete, oppure un altro tipo di pesce si chiama pesce-rondine oppure l’astice era chiamato
lupo della nassa (nassa= gabbia di vimini grazie alla quale si imprigionano i crostacei. L’astice è
capace di tagliare queste nasse con le sue forbici). Quindi il lupo della nassa è detto così perché
l’astice taglia con le sue forbici la nassa così come un lupo farebbe con gli artigli. L’astice che
dimentica le pinze quando Alice gli si avvicina Alice: probabilmente una serva che va a
prendere l’astice per poterlo cuocere, secondo altri Alice sarebbe un riferimento ad Alice nel
paese delle meraviglie, volume che Montale aveva letto in lingua originale (inglese) grazie a
Irma Brandais nella versione inglese. È un po’ difficile trovare episodi con l’astice in Alice del
paese delle meraviglie, quindi visto il contesto (sta parlando di un mondo umano, un mondo di
ricordi legati soprattutto ai servitori) Alice probabilmente è una delle serve cuoche.
Oltre tutte queste cose ricordae il volo da trapezio dei topi familiari da una palma all’altra: i
voli erano già stati menzionati nella poesia Lungomare. E il volo da funambolo (da trapezio) dei
topi familiari da una palma all’altra. Probabilmente questi voli sono anche i voli della fantasia,
quindi sono un correlativo oggettivo dei voli della fantasia del bambino che gioca in questo
mondo che visto con gli occhi dell’adulto è un mondo fatato.
tempo che fu misurabile (misurabile a misura d’uomo) fino a che non s’aperse questo mare
(sembra quasi che questo mare sia di fronte all’io, è il mare del titolo cioè della Versilia, questo
mare della maturità) infinito (non con orizzonti stretti, ma un mare che sembra non finire più), di
creta e di mondiglia ( cioè è un mare di scorie. Mondiglia= è un dantismo. Utilizzato per indicare
il metallo vile che viene mescolato all’oro per battere moneta. Mare infinito: ci riconduciamo
all’Infinito di Leopardi. Creta= fango. Mare di fango e di scorie. È un’altra di quelle poesie in
cui Montale torna alla sua infanzia e torna a esaltare l’età mitica dell’infanzia rispetto al presente
che ha un segno completamente opposto.
EZEKIEL SAW THE WHEEL
La poesia fu pubblicata insieme a Proda di Versilia nella rivista Società nel dicembre del 1946.
Ricordiamo che le due poesie avevano un titolo comune: due motivi. Di questa poesia e della
precedente possediamo delle bozze di stampa (le aveva Gianfranco Contini a cui Montale aveva
mandato delle bozze di stampa). In quelle bozze di stampa la prima redazione del titolo era:
“Due tempi di”***, con asterischi legati al nome di qualcuno/a. Questo titolo, forse un po’
troppo realistico, sulle bozze fu cambiato in Due motivi, sempre con questa sfumatura musicale
nel titolo, ma senza asterischi. Quello che oggi è il titolo Ezekiel saw the wheel nella redazione in
rivista, cioè nella redazione in Società, era un’epigrafe, quindi la lirica era denominata
dall’incipit Ghermito m’hai dall’intrico e poi come una sorta di epigrafe/esergo in alto a destra
c’era questo Ezekiel saw the wheel che adesso diventa il titolo.
Il titolo (Ezekiel saw the wheel) è ripreso da una citazione dell’inizio di uno Spiritual, di uno di
quei canti afro-americani legati alla spiritualità dei neri d’America. Il testo suona più o meno
così: Ezechiele, il profeta biblico, vide la ruota in alto nel mezzo dell’aria (è un po’ il ritornello
di questo Spiritual).
Ezechiele è il profeta biblico. C’è un libro della Bibbia che si intitola: libro del profeta Ezechiele.
Ezechiele in questo libro descrive una visione: vede 4 esseri che poi si scoprirà essere degli
angeli, che sono accompagnati da quattro ruote e queste ruote insieme a questi quattro angeli si
muovono dalla terra al cielo. Quindi è una visione. Nello Spiritual le 4 ruote diventano una ruota
sola Ezekiel saw the wheel. Ed è questa ruota unica che Montale tiene presente e che vediamo
citata al v26, è una Ruota. Dunque è una ruota, ma Montale non tiene presente soltanto il testo
dello Spiritual, ma si rifà anche alla Bibbia, direttamente al libro di Ezechiele. Per
esempioVv1-2: mano straniera è un’apostrofe a una mano di qualche persona straniera e
questo riferimento alla mano è presente nel libro di Ezechiele (cadde sopra di me la mano del
Signore).
Questa poesia è una poesia in forma di visione, il riferimento allo spiritual ci riporta a quella che
è la terra per eccellenza di Irma. La mano straniera del v2 è sì un richiamo al libro di Ezechiele,
ma deve essere anche intesa come manus domine cioè la mano di donna. Quindi è Montale che
reinterpreta quella mano di Dio applicandola alla donna e se è straniera tanto più questa mano
sarà quella di Irma, innescata dal titolo, dallo spiritual tipicamente americano.
In questa sezione Silvae, ma non solo, capita spesso che Irma si confonde con altre donne. Qui
sicuramente fin dall’inizio siamo di fronte a Irma, però viene presentata specie nel centro della
poesia con dei simboli che richiamano piuttosto ad Anna degli Uberti. Questa visione è una
visione minacciosa ( v26 quando la ruota minacciosa apparve). Minacciosa è una variante
introdotta nelle bozze possedute da Continiminacciosa non c’era all’inizio e c’era solo quando
la ruota apparve. Se aggiunge minacciosa, una motivazione ci deve essere. Questa visione è
minacciosa, sembra quasi essere pericolosa per il poeta. Questa visione minacciosa
accomunerebbe il passato luttuoso di Arletta con il presente, pur sempre luttuoso, di Irma-Clizia.
Sempre luttuoso perché Irma non c’è più. Questa serie di ricordi negativi presenti nella lirica
vengono quasi a coincidere con il movimento della ruota del tempo che più che congiungere
cielo e terra come nel libro di Ezechiele, è la ruota del tempo che si muove sempre uguale, ruota
che recupera i ricordi perduti e li fa rivivere nel presente. In una lettera a Guarnieri del 1964
Montale dice: la ruota di Ezechiele è simbolo di sofferenza (del poeta). La sofferenza legata
all’amore per Annetta che si è ripetuta per Clizia, la cui mano di Clizia continua a ghermire
l’innamorato.
Metro: strofa unica di 30 versi. Questa misura di strofa unica e di 30 versi viene ripetuta varie
volte, la vedremo nell’Anguilla. Qui abbiamo tre periodi, ma i primi due sono molto brevi, poi il
periodo successivo finisce al v6, gli altri 24 versi formano un unico periodo. Qui non abbiamo
versi endecasillabi, ce ne sono, ma sono in netta minoranza. Qui si alternano soprattutto ottonari
e novenari: 8 ottonari e 14 novenari= 22. Più sei endecasillabi che sono più o meno raggruppati.
Parafrasi e commento
Ghermito m ’hai dall’ intrico dell’ edera, mano straniera?--> mi hai preso (ghermito) con i tuoi
artigli (artiglio è ripetuto anche al v30, quindi è una poesia che si apre e si chiude con
l’immagine dell’uccello rapace che ghermisce in volo la sua vittima). Dal folto (intrico)
dell’edera (correlativo di Irma, già utilizzato in Finestra Fiesolana con edere scarlatte), mano
straniera (aggettivo che si addice a Irma).
M ’ero appoggiato alla vasca viscida= sintagma in enjambament e in allitterazione. Viscido è un
aggettivo negativo. Vasca scivolosa. La vasca è un simbolo arlettiano perché negli Ossi di
Seppia nella poesia Vasca si parla di una vasca del giardino di Monterosso, è una vasca viscida
in cui si può scivolare dentro. l ’aria era nera= imperfetto narrativo. L’aria annuncia un
temporale, è comunque un elemento negativo. Il colore nero è di Arletta. Sia la vasca, che il nero
ci riconducono ad Anna. Solo una vena d ’onice tremava nel fondo, quale stelo alla burrasca =
nel fondo della vasca che sarà stato in pietra d’onice che trema (perché c’è l’acqua) come se
fosse lo stelo di un fiore sottoposto a una burrasca di vento. Anche il fondo è un elemento
cimiteriale legato sempre ad Arletta. Ma la mano non si distolse: questa mano straniera che ha
ghermito il poeta quasi con violenza non molla la presa, nel buio si fece più diaccia: nel buio si
fece più fredda e la pioggia che si disciolse sui miei capelli, sui tuoi d’allora, troppo tenui,
troppo lisci, frugava tenace la traccia in me seppellitala pioggia (quindi improvvisamente
questa mano sembra comportarsi come la pioggia battente, cadente). La pioggia qui diventa
simbolo del tempo, pioggia che cade sui capelli miei e tuoi di allora, troppo tenui (troppo
leggeri), troppo lisci a causa della pioggia. Pioggia che ricorda per contrasto la Pioggia nel pineto
di d’Annunzio. Questa pioggia frugava tenace il ricordo (traccia in me seppellita). Questa
pioggia rovista, muove tenacemente e con insistenza la traccia, cioè ciò che resta del ricordo,
seppellita nella mia memoria, da un cumulo, da un monte di sabbia che avevo ammassato nel
cuore. Quindi ci dice perché quel viso, quella voce, quei capelli, quel volto sono stati seppelliti
dal poeta, sono stati sepolti da un cumulo di sabbia metaforico che aveva ammassato nel cuore,
l’avevo ammassato io volutamente. Aveva ucciso Anna dentro di sé e aveva messo al di sopra di
questa immagine ricordo di Anna un cumulo di macerie, di sabbia, che voleva soffocare la tua
voce, a spingerla in giù. Spingerla in giù significa proprio spingerla nell’aldilà.
dentro il breve cerchio che tutto trasforma= siccome ha parlato di spingerla in giù, questo breve
cerchio fa probabilmente riferimento all’inconscio del poeta, cioè voleva respingerla il più
profondamente possibile dentro di sé. Questo breve cerchio dell’inconscio che tutto trasforma,
reinterpreta la realtà. La reinterpretazione della realtà era quella che Montale voleva uccidere,
cioè seppellire sotto un cumulo di sabbia il volto, l’immagine di questa donna. Torniamo ancora
all’immagine della pioggia che abbiamo detto fugava tenace la traccia è un novenario. V19
raspava, portava all’aperto anche qui è un altro novenario. Sembra quasi un cane che sta
facendo una buca per portare alla luce della coscienza dall’inconscio (portava all’aperto) con
l’orma delle pianelle (sono le ciabattine che si usano in casa. Sono quelle di lei) sul fango
indurito (il fango è diventato duro perché il ricordo non è più fresco. È un riferimento alla
donna.), riporta alla luce la scheggia, la fibra della tua croce in polpa marcita di vecchie
putrelle porta anche qui un’unghia, una scheggia. Linea sottile del ricordo che viene dato a
questa scheggia, a una parte della croce, della tua croce, nel senso metaforico, cioè della tua
sofferenza. Marcita di vecchie putrelle: sono i ricordi che marciscono perché si esauriscono, si
consumano. Schiantate: è un’aggiunta della seconda redazione sulle bozze perché nella prima
redazione c’era nel limo, cioè nel fango. Probabilmente Montale la sente come una ripetizione,
quindi ha tolto nel limo ed è diventato putrelle schiantate. Putrelle sono delle travi. Schiantate:
ormai distrutte, quasi finite.
Montale tenta di portare alla luce del ricordo l’immagine di questa donna che è un’immagine
ormai sclerotizzata. Questa pioggia del tempo che prosegue riconduce con sé una scheggia o una
fibra della tua croce tratta, questa scheggia della tua sofferenza, da = porta un’unghia, una
scheggia, una parte della tua croce (intesa come sofferenza) marcita di vecchie putrelle
schiantate (travi ormai distrutte, quasi finite). Passato marcio che porta sofferenza. L’acqua del
tempo, della pioggia, l’ha resa marcia, sempre con tentativo di rendere realistica l’immagine del
tempo che passa. Da questo passato torna un ricordo di sofferenza della croce.
Il sorriso di teschio che a noi si frappose quando la Ruota minacciosa apparve. Sorriso di
teschio: sorriso di morte, immagine tipicamente arlettiana che fra me e te si frappose quando la
ruota (ruota con la r maiuscola e sarà la ruota del destino, a meno che ci sia un riferimento alla
guerra perché qui sta passando da Anna a Irma) minacciosa apparve al primo mattino (tra riflessi
d’aurora) e
fatti sangue i petali del pesco su me scesero e con essi il tuo artiglio, come ora: immagini di
trasformazioni in negativo. Petali del pesco: ricordano una fioritura, diventano sangue. Il color
pesco è un color rosa. Questi petali fatti sangue scesero su di me e con essi anche il tuo artiglio,
come sta succedendo anche ora. Quindi questa mano di lei continua a ghermire il poeta. È la
mano della sofferenza e che colpisce soprattutto lui. Un’aurora trasformata in sangue e la mano
di una donna, che dovrebbe essere una mano amica e carezzevole, diventa una mano che
ghermisce. Incrocio abbastanza violento fra l’immagine di Irma che non c’è più nel ‘46 e Anna
del passato, quindi una sofferenza analoga d’amore che il poeta sente dentro di sé, quasi che
l’esperienza di Anna degli Uberti si sia ripetuta con Irma a distanza di tempo con altri modi. Si
parla di una scheggia della tua croce che non è più la croce di Irma che diventa un nuovo Cristo
che si sacrifica per tutti, è una sofferenza di lei che è anche sofferenza di lui.
LA PRIMAVERA HITLERIANA

In esergo:
c’è una citazione tratta da una poesia forse di Dante, una poesia dubbia attribuibile a Dante,
riporta un suo corrispondente, un poeta veneziano Giovanni Quirini.
È una poesia che Montale pubblicò nella rivista Inventario nell’autunno-inverno ’46-47 con una
data (nella rivista) che era una data doppia: 1939-1946. Questa poesia poi fu riprodotta nel 1955,
quindi l’anno prima dell’uscita della Bufera e altro, fu stampata nel 55 in un’antologia poetica
della resistenza italiana a cura di Accrocca e Volpini, pubblicata dall’editore Landi nel ’55.
Montale si rende quasi un partigiano. Esiste una nota di Montale nella Bufera e altro dalla prima
edizione in poi:

È esattamente la situazione in cui si pone questa poesia: è il momento in cui Hitler arriva in
Italia, a Firenze (abbiamo anche una data precisa, era il 9 maggio del 1938). Hitler arriva a
Firenze dopo essere stato a Roma e arriva insieme a Mussolini e viene poi accolto al teatro
comunale di Firenze. Si rievoca in queste due righe anche la nevicata delle farfalle bianche
sull’Arno. Il titolo primavera hitleriana sarà dovuto al fatto che questa visita accade in
primavera, 9 maggio, e primavera si riferisce al momento quasi ascendente della fortuna di
Hitler. Primavera hitleriana è la sua stagione esaltante che poi sfocerà nella guerra. in questo
momento è un dittatore di grande successo.
La poesia è divisa in 3 lasse: le prime due sono quasi un resoconto dell’arrivo di Hitler a
Firenze. L’atmosfera è esaltata, le botteghe sono chiuse, concorso di folla, c’è questa parte quasi
narrativo-documentaria legata alla contingenza. La terza e ultima lassa è divisa in due da un
verso a scalino, v30, in cui compare Clizia esplicitamente per la prima volta nelle raccolte
poetiche di Montale.

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