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-Svevo

La coscienza di Zeno

Analisi: la sigaretta è il simbolo dell’inettitudine che è la malattia di Zeno Cosini; egli è convinto che
guarirà solo quando smetterà di fumare. L’inettitudine di Zeno nasce da una sorta di complesso di Edipo,
Zeno racconta infatti di aver da sempre avuto un rapporto molto complicato e tormentato col padre, da
cui nasce la sua nevrosi. La psicoanalisi per Svevo ci aiuta a capire che siamo malati ma non ci guarisce;
alla psicoanalisi è dedicato l’ultimo capitolo del romanzo dove nel bel mezzo della prima guerra
mondiale egli immagina che arrivi una catastrofe generale che riduce la terra a forma di nebulosa: non
c’è altro mezzo per guarire se non la distruzione totale. Alla fine del romanzo Zeno si dichiara guarito
perché almeno lui sa di essere malato: paradossi: i sani sono malati ma non lo sanno.

-Sciascia
Il giorno della civetta

«Io» proseguì poi don Mariano «ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l'umanità,
e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parole piena di vento, la divido in cinque categorie:
gli uomini, i mezz'uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà...
Pochissimi gli uomini; mezz'uomini pochi, che mi contenterei l'umanità si fermasse ai
mezz'uomini... E invece no, scende ancora più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si
credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi... E ancora più in giù: i pigliainculo,
che vanno diventando un esercito... E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere con le anatre
nelle pozzanghere che la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre... Lei,
anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è un uomo...».

-Saba

Trieste

Ho attraversata tutta la città.


Poi ho salita un’erta
popolosa in principio, in là deserta,
chiusa da un muricciolo:
un cantuccio in cui solo
siedo; e mi pare che dove esso termina
termini la città.

Trieste ha una scontrosa


grazia. Se piace,
è come un ragazzaccio aspro e vorace,
con gli occhi azzurri e mani troppo grandi
per regalare un fiore;
come un amore
con gelosia.
Da quest'erta ogni chiesa, ogni sua via
scopro, se mena all'ingombrata spiaggia,
o alla collina cui, sulla sassosa
cima una casa, l'ultima, s'aggrappa.
Intorno
circola ad ogni cosa
un'aria strana, un'aria tormentosa,
l'aria natia.

La mia città che in ogni parte è viva,


ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita
pensosa e schiva.

Le caratteristiche vere e proprie della città si possono cogliere solo nella seconda strofa perché sia nella
prima che nella seconda, il poeta si basa sui suoi stati d’animo mentre la percorre. Ossimoro scontrosa
grazia; lo stesso rapporto che ha Saba con Trieste è un ossimoro, un sentimento di odi et amo: da un
lato troviamo la città triste e incapace di gentilezza, un ragazzo troppo giovane; dall’altro invece è ricca
di bellezza. Trieste è il simbolo dell’animo scisso del poeta tra l’io bambino e l’io adulto; la città viene
identificata come una figura femminile che sta ad indicare il difficile rapporto con l’altro sesso a causa
dell’infanzia travagliata.

-Montale
Meriggiare pallido e assorto

Meriggiare pallido e assorto


presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.

Nelle crepe del suolo o su la veccia


spiar le file di rosse formiche
ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano
a sommo di minuscole biche.

Osservare tra frondi il palpitare


lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.

E andando nel sole che abbaglia


sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.

La poesia è presente nella raccolta poetica ossi di seppia che non sono altro che gli scarti, l’osso di
seppia non è altro che lo scheletro della seppia che viene gettato sulla spiaggia dopo una mareggiata;
esso è quindi un *correlativo oggettivo della morte. Abbiamo quattro strofe, tre quartine ed una di
cinque versi; i versi sono novenari, decasillabi e endecasillabi. La forma metrica è molto personale. Il
meriggiare di Montale è privo di vita anche se l’ambientazione è estiva. Schiocchi di merli onomatopea,
accostamento di parole che ricorda un suono; biche montagnette; frondi foglie; scricchi di cicale
onomatopea. Nell’ultima strofa cambia lo stato d’animo del poeta attraverso il verbo e andando; triste
meraviglia ossimoro; gli ultimi due versi sono una metafora della vita che per Montale è un continuo
camminare attraverso il muro d’orto (metafora del muro: la vera vita e il suo senso si trovano al di fuori
del muro; quando il poeta riesce a vedere al di fuori del muro si rende conto che c’è solo il nulla e perciò
nasce il male di vivere). *Il correlativo oggettivo è l’accostamento di due parole che suscita una
sensazione ben precisa nel lettore tramite degli oggetti. Allitterazione della r; enjambement.
Spesso il mare di vivere ho incontrato

Spesso il male di vivere ho incontrato:


era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.

Bene non seppi, fuori dal prodigio


che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.

Anche questa poesia fa parte della raccolta poetica ossi di seppia, è composta da due quartine di
endecasillabi… tutti tranne l’ultima verso che presenta invece un doppio settenario. Il tema
fondamentale è quello della riflessione di Montale: il male di vivere l’emblema del suo pessimismo che
si avvicina al pessimismo cosmico leopardiano. Nella tecnica del correlativo oggettivo si accosta un
oggetto al suo sentimento che insieme suscitano un’emozione, sensazione nel lettore. Rivo strozzato
onomatopea, correlativo oggettivo del male di vivere; rivo strozzato che gorgoglia ripreso da un verso
di Dante dell’Inferno: gorgoglia nella strozza; allitterazione della r; foglia riarsa enjambement per
spezzare la musicalità; rivo strozzato, incartocciarsi della foglia, cavallo stramazzato tutti correlativi
oggettivi. Mentre in Leopardi c’è la concezione del piacere, anche se in brevi momenti, in Montale la
teoria del piacere non esiste: bene non. Nella seconda strofa sono presenti correlativi oggettivi della
divina indifferenza: statua, nuvola e il falco.

-Ungaretti

Mattina

m’illumino d’immenso

Questa poesia presente nella raccolta allegria di naufragi è un verso nel quale è presente solo l’allegria
che la visione della mattina e dell’alba portano al poeta. Questa poesia ha un valore epifanico ovvero
un’apparizione improvvisa del divino che qui viene presentata dalla visione del sole. È presente
l’allitterazione della m, n e la sinestesia ovvero la figura retorica che prevede l’accostamento di due
parole tipiche dei sensi (illuminare per la vista).

Soldati

si sta come d’autunno


sugli alberi le foglie

La poesia si basa sulla similitudine tra la foglia dell’autunno e la situazione del soldato in guerra.
L’innovazione di Ungaretti sta nel provocare una forte emozione nel lettore con pochissime parole dal
valore fortemente evocativo. Qui è presente il naufragio a differenza di mattina nella quale è presente
l’allegria.

Non gridate più

Cessate d’uccidere i morti,


Non gridate più, non gridate
Se li volete ancora udire,
Se sperate di non perire.

Hanno l’impercettibile sussurro,


Non fanno più rumore
Del crescere dell’erba,
Lieta dove non passa l’uomo.

La poesia è al di fuori dell’ermetismo, fa parte della raccolta il dolore; la poesia di Ungaretti subisce un
cambiamento ed entra a far parte della tradizione poetica: utilizzo dell’endecasillabo. Dopo la guerra
l’Italia ha bisogno di ritrovarsi e di cimentarsi nel periodo di ritorno all’ordine. La poesia viene
composta in seguito al bombardamento del cimitero monumentale del Verano di Roma; per questo la
poesia utilizza gli imperativi, la poesia è una sorta di rimprovero a chi ha compiuto la terribile azione.
La prima strofa si riferisci ai vivi; la seconda ai morti. Anafora del se.

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