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LEZIONE 15

Tardo di mente (rivolto a se stesso): lento nel capire e nel prendere decisioni
piagato (nel fisico) dolorante dal pungente giaciglio si deve buttare su un giaciglio che
evidentemente è un pagliericcio che punge.
mi sono fuso 20 col volo della tarma :ho finito per identificarmi col volo della tarma che abita le
prigioni dove si trova il poeta [quindi con l’unico volo possibile in quella situazione]. La tarma è
un animale insignificante che può essere considerato qui per il fatto che vola, quindi può essere
semplicemente un alter-ego, un sostituto dell’uomo stesso.
che la mia suola sfarina sull’impiantito: quella tarma che una volta a terra inavvertitamente
schiaccio, quindi è un volo che dura poco e limitato all’interno di quella cella. Che la mia suola
rende farina una volta calpestata sul pavimento (impiantito).
[mi sono fuso] coi kimoni cangianti delle luci sciorinate all’aurora dai torrioni: kimoni cangianti
delle luci è una metafora piuttosto forte. Il termine kimono deriva dal giapponese, qui di per sé
sono degli abiti sgargianti. Kimoni cangianti delle luci si riferisce ai vari colori delle luci che
cambiano. Torrioni: torri di vedetta di cui parla al v1. Sciorinate è un verbo che solitamente si
utilizza per i panni stesi al sole. Quindi: luci che si mostrano all’aurora dai torriori.
ho annusato nel vento il bruciaticcio dei buccellati dai forni, siamo di fronte a una serie di
sensazioni che sono inizialmente visive e poi qui diventano olfattive. Buccellati è un biscotto
tipico della zona di Lucca. Quindi arriva l’odore di bruciato di questi biscotti dai forni (che non si
sa dove siano). Questi forni non possono non ricordare l’olocausto e cioè i forni nazisti. Questo
va detto perché ci sono alcuni riferimenti nella strofa precedente che iniziava con la purga dura
da sempre con riferimento indiretto, ma evidente alle purghe staliniane, ai crimini della sinistra.
Qui siamo di fronte ai crimini della destra. In ogni caso qui sinistra e destra non hanno modo di
essere, semplicemente sono delle tirannie che provocano disastri e vittime. Riferimento implicito,
ma piuttosto evidente ai forni crematori.
mi son guardato attorno: non può fare altro che guardarsi all’interno di queste pareti della cella.
ho suscitato iridi su orizzonti di ragnateli e petali sui tralicci delle inferriate: Ho fatto nascere
(con la fantasia) (suscitare) iridi (richiamo sicuro a Clizia visto che c’è la poesia Iride che è legata
a Irma. Iride è iris che nella mitologia classica è l’arcobaleno)arcobaleni su orizzonti (limiti
della cella, quindi stretti orizzonti, sui confini della ragnatela della nostra cella) laddove c’erano
delle ragnatale e ho fatto nascere fiori sui tralicci delle inferriate (tralicci delle inferriate sono
quelli che impediscono di uscire dalla prigione) ho trasformato questi tralicci che mi chiudono
dentro in piante da fiore. È un riferimento alla capacità della poesia poesia che fa nascere fiori
dove fiori non ci sono. La sottolineatura sul pronome personale io ho suscitato grazie alle mie
capacità di uomo e in questo caso grazie alla poesia.
[come uomo] mi sono alzato, sono ricaduto: ho tentato molte volte di superare questa situazione,
ma non ce l’ho sempre fatta. Nel fondo: sembra essere ricaduto in un pozzo senza fondo,
nell’estrema profondità dell’esistenza.
dove il secolo è il minuto: Dove il minuto dura un secolo (v30).
Trattino al v30: chiude il trattino aperto al v8, si chiude la lunga parentetica e si riprende la realtà
della prigionia.
e i colpi si ripetono ed i passi, e ancora ignoro se sarò al festino farcitore o farcito  Continua a
sentire questi rumori, questi colpi che potevano essere di qualsiasi cosa, quindi si ripetono i colpi
e i passi evidentemente di questi guardiani che si sa che esistono semplicemente quando aprono
lo spioncino e guardano dentro la cella. e i colpi si ripetono ed i passi: è un’epifrasi, ed i passi
viene aggiunto dopo. Per non essere epifrastica avrebbe dovuto essere: e i colpi ed i passi si
ripetono. Tra i due elementi della coppia si inserisce il verbo. Dal punto di vista metrico si
sottolinea la presenza di e congiunzione (e i colpi ed i passi perché e da una parte ed
dall’altra?) fatto perché la scansione delle sillabe sia corretta.
e ancora ignoro se sarò al festino farcitore o farcitoNon so bene ancora, nonostante gli anni
passati in questa prigione, se alla festa finale sarò il cuoco (farcitore) o il cibo preparato dal
cuoco. L’attesa è lunga, il mio sogno di te non è finito. L’attesa della fine o di un evento
definitivo è lunga, il mio sogno di te (della donna) non è finito. Questa donna diventa simbolo di
una speranza un po’ com’era a Silvia di Leopardi, anche se Silvia muore e muore la speranza essa
stessa. Se il sogno di lei, di questa donna, dell’amore, della speranza non sono ancora finiti, cioè
un barlume esiste. La poesia non ha un finale negativo. A proposito di e ancora ignoro se sarò al
festino farcitore o farcito Montale nel ’38 in una delle ultime lettere scritte a Irma aveva scritto
ero l’agnello e ciascuno pensava che io fossi il macellaio. Il mio sogno di te non è finito: finisce
anche con un recupero di Calderon de la Barca toda la vida es sueno.

Nella serra e nel parco


In coppia perché una è il clone dell’altra.
Nella serra: esce nel febbraio del ’46 nella rivista IL QUARANTACINQUE, esce nel primo
numero di questa rivista, poi viene accolta in un volumetto di incisioni del pittore Renzo
Sommaruga che a Verona nel ’52 pubblica 6 INCISIONI DI RENZO SOMMARUGA CON TRE
POESIE DI EUGENIO MONTALE e queste tre poesie sono l’anguilla, nella serra e nel parco.
Queste poesie entrano nella prima raccolta della bufera e altro già nel ’56. Le due poesie formano
un dittico per motivi anche esterni:
-intanto il titolo è costituito allo stesso modo: nella serra- nel parco è un locativo relativo a
contenuti vegetali o pseudo tali serra ci riconduce a un recinto di piante, parco a una distesa
verde.
-Il numero di versi è uguale: 17 disposti allo stesso modo (4 quartine) più un verso finale di
chiusa, non c’è però identità di versi.
-Hanno un’impostazione analoga e un contenuto che sembra analogo, ma non lo è. Sembra che
ambedue siano relative a un sogno: la prima è sicuramente un sogno, la seconda è una visione. Le
due poesie fin dalla raccolta Romanzo chiudevano la sezione intitolata Intermezzo, che poi è
rimasta anche nella bufera del ’56, che presenta Due nel crepuscolo, poi le due prose poetiche. In
romanzo a queste 3 poesie dovevano seguire nella serra e nel parco che poi furono messe nella
sezione Silvae fra la iride e la poesia successiva. La lirica, nella serra, è costruita su 2 parti. C’è
una sorta di ante sogno o di momento prima del sogno che occupa i primi 7 versi e mezzo e
finisce al trattino del v8 e poi c’è il sogno vero e proprio in quello che segue. Il trattino è una
sorta di segnale che indica lo scatto del sogno, come a dire: qui comincia il sogno.
NELLA SERRA
Si passa da una serie di segni premonitori della imminente manifestazione della donna e si
capisce dal tu della seconda parte, sono segni tipici di Irma. Ricordiamo che qui non c’è ancora
Maria Luisa Spaziani e quindi quando si parla di presenze femminili o si tratta di Irma o di
qualcuna minore. Una serie di segnali che preannunciano il sogno (v8) e il sogno è una sorta di
rivelazione di una comunione erotica con l’amata permessa dal sogno. In sogno si può anche
vedere quello che nella realtà non succede. Il sogno sarà il ricordo, rielaborazione, di un’effettiva
intimità amorosa che c’è stata fra i due. Questa poesia è molto spesso citata per la costruzione
delle prime due quartine che è retoricamente geometrica molto elaborata perché queste due strofe
sono tutte divisibili in distici che hanno una sintassi simile. Sono distici isocolici, quindi sono
sovrapponibili nelle loro parti e anastrofici cioè costruiti secondo un ordine sintattico inconsueto.
Lo riconosciamo fin dal primo verso s’empì d’uno zampettìo di talpe la limonaia il verbo è al
perfetto come tutti gli altri presenti negli otto versi. Poi viene il complemento indiretto (d’uno
zampettio; in un rosario; sui pomi; inalberarsi alla striglia e poi segue il soggetto alla fine.
Soggetto: la limonaia s’empì d’uno zampettìo di talpe e così via. I quattro distici veicolano 4
azioni ripetute in chiasmo: sìempì dìuno zampettio di talpe è legato all’udito. Il secondo distico è
legato alla vista, il terzo è legato ancora alla vista e il quarto torna all’udito. Il chiasmo è dovuto
al fatto che le sensazioni uditive e visive siano incrociate.
Metro: quattro quartine più un verso isolato, 17 versi, 11 novenari e 6 ottonari. L’ultimo verso
ottonario si oppone al ritmo dei versi precedenti.
Rime: rima dominante che compare tre volte e che unisce il v1 zampettio a mio del v10 e Dio del
v13. Limonaia v2-fienaia v4, cocciniglia-striglia; viso-intriso. Sono rime canoniche non interne.
Suoni v14-limoni verso ultimo. Leggero v9-pensiero v13. La lirica finisce con limoni, questo ci
riconduce al periodo degli Ossi di Seppia. Le prime due strofe della poesia i limoni finiscono con
la parola limoni, questo ci orienta verso un periodo che potrebbe essere quello genovese.
Parafrasi e commento:
le prime quattro immagini compongono i 4 distici sono delle immagini pre-sogno o immagini che
sopravvengono prima che si prenda il sonno davvero e parta con il sonno il sogno.
S’empì d’uno zampettìo di talpe la limonaia la limonia è una serra dove ci sono limoni, ma non
solo limoni, anche altro che ci riconduce alla serra della casa di Monterosso, una serra molto
ampia. Zampettio: letteralmente sarebbe tracce dello zampettare delle talpe, quindi o significato
visivo da escludere, potrebbe essere anche il rumore provocato dallo zampettare delle talpe
(preferiamo l’interpretazione uditiva perché ci richiama a una situazione di un mottetto delle
Occasioni che inizia con ECCO IL SEGNO SI INERBA in cui si ricorda il passo di Irma ed è un
passo che proviene dalla serra). Quindi anche se la serra è di per sé un elemento genovese, i passi
della serra sono tipicamente clizieschi.
Brillò in un rosario di caute gocce la falce fienaia: la falce fienaia è una falce da fieno che
nell’immaginario collettivo è immagine alla morte, quindi evoca di per sé la morte questa falce
fienaia. La falce fienaia brillò (quindi c’è un baglio di luce) in un rosario (che di per sé è una
sorta di collana) una fila di gocce caute perché incerte, fanno fatica ancora a cadere dalla falce.
Sono un po’ umanizzate queste gocce. Il rosario ci riporta a una connessione importante con
Iride: rosario è un vocabolo cliziesco. Questa falce da fieno fa vedere e rende quasi brillante
questa fila di gocce che sono sulla lama della falce e queste gocce d’acqua, legate alla falcia
fienaia che è un’immagine legata alla morte, possono anche sembrare gocce di sangue.
S’accese sui pomi cotogni, un punto, una coccinigliaIn questa serra che deve essere ampia e
aperta dove ci sono i limoni, ma anche alberi non da serra (pomi cotogni), un punto cioè una
cocciniglia (piccolo insetto biancastro. N.B: una cocciniglia è apposizione di punto, cioè spiega
che cos’è questo punto.) si rivelò (s’accese) sui pomi cotogni.
si udì inalberarsi alla striglia il poney: [e poi] il pony fu udito, sempre in questi momenti pre-
sogni, inalberarsi (impennarsi) mentre veniva strigliato, quindi pulito. L’immagine è vagamente
erotica: questo pony che si inalbera e possiamo dire queste cose avendo letto i madrigali privati.
l’immagine dell’impennarsi prelude alla comunione erotica sognata delle strofe seguenti.
-e poi vinse il sogno: succede qualcosa a queste immagini pre sogno, arriva l’onirismo, il sonno
vero e proprio. Ed ecco il cambio.
La seconda parte è formata da un unico periodo, in sostanza possiamo dire che anche i primi 4
distici formavano un unico periodo anche se sono 4 sotto unità.
Rapito e leggero ero intriso di te, la tua forma era il mio respiro nascosto, il tuo viso nel mio si
fondeva raffigurazione sognata di una comunione erotica. Ero intriso di te: faceva parte
un’unica unità con lei, rapito e leggero, quindi sembra quasi che non senta più il proprio corpo.
Sembra quasi che i due respiri si fondano. Il tuo viso si fondeva nel mio: abbiamo una conferma
di questo aspetto, di questa comunione fra i due.
E l’oscuro pensiero di Dio discendeva sui pochi viventi: l’intuizione (oscuro) della presenza
divina discendeva sui pochi viventi (il poeta e i pochi come lui che sanno riconoscere le cose e
sanno distinguere rispetto alla massa che non sa e non vede). Appunto perché si tratta di un
incontro d’amore, per quanto sognato, sembra essere quest’incontro d’amore la cosa che più ci
avvicina a Dio o comunque è una forma di divinità e quindi Dio è scritto con la d maiuscola.
Questa difficile, quasi impossibile intuizione divina era possibile in quel momento.
tra suoni celesti e infantili tamburi e globi sospesi di fulmini sembra stia per avvenire una
bufera, ma è una bufera in positivo, una sorta di cornice festosa perché si parla di suoni celesti
quindi di suoni che provengono dal cielo, quindi probabilmente la pioggia cristallina. Tamburi
infantili: sono tuoni appena accennati. Globi sospesi di fulmini: immagine tipica della poesia
Arsenio degli Ossi di seppia, sono delle lampade veneziane. Sono globi dondolanti. È chiarito che
si tratta di fulmini. Raffigurazione di una sorta di perturbazione leggera e dolce fatta di pioggia,
tuoni e fulmine che cade su me, su te e sui limoni. I limoni ricordano la limonaia dell’inizio. Su
me, su te che siamo nella serra.
Intuizione della divinità e di benedizione dal cielo che proviene su questo incontro d’amore. Il
fatto che termini con la parola limoni e che si ripeta la limonaia ha fatto sì che Mengaldo abbia
parlato per Montale alla fine della guerra di una tendenza impressionistica di ritorno, come se
la grande parentesi espressionistica dettata dalla sezione Finisterre e tutto quello che era collegato
alla bufera come guerra venga rivisto attraverso occhi impressionistici come quelli che aveva
prima della guerra, cioè nella raccolta Ossi di Seppia. Il fatto che ci sia soltanto qui questo
elemento di ritorno impressionistico non è però così significativo e sembra essere solo una
parentesi.

Nel parco
Aprile ’46 nella rivista Lettere e arti. La costruzione della poesia è abbastanza diversa dalla
precedente. Il titolo ci riporta a un luogo aperto: la serra era di per sé un luogo chiuso con
sospetto di un correlativo oggettivo di qualcosa, nel parco ci riporta a un luogo aperto. A questo
luogo aperto si riferirebbe la magnolia dell’incipit, magnolia che è stata oggetto di uno studio di
Stefano Carrai intitolato la Magnolia di Montale, è un articolo uscito nel 2020, un volume
miscellaneo per un collega che andava in pensione. Carrai poi ha ripubblicato questo e molti altri
suoi interventi su Montale in Volume che si intitola Nell’ombra della magnolia. Torna questa
magnolia e torna l’ombra della magnolia che è presente all’inizio di questa poesia. Carrai
legherebbe l’immagine della magnolia a Firenze e dunque a Clizia. La magnolia che nella poesia
la Bufera era citata da subito e simboleggiava protezione, resistenza, ma anche la poesia che è
una via di fuga, una protezione contro i tempi bui riesce a proteggere. Siamo però nel ’46: la
guerra è finita e quindi la magnolia come simbolo di resistenza e di speranza nel futuro ha
esaurito la sua funzione. Diversa ambientazione ricavabile dal titolo Nella serra-nel parco. Il
sogno è presente nella serra, nel parco non sembra esserci il sogno, ma una visione che a un certo
punto ha più caratteri di incubo.
La prima immagine: freccia di cerbottana che sfiora il poeta, il termine freccia anticipa l’anguilla
in cui si parla dell’amore come freccia d’amore in terra. Il termine freccia in Montale all’altezza
della Bufera è connotato dall’amore, è la freccia di eros. Quella freccia è un segno dell’amore.
Questa freccia viene paragonata a una foglia di pioppo nella seconda quartina. Probabilmente
parla di pioppo perché le sue foglie assomigliano a una freccia, è sempre la freccia dell’amore.
Quella freccia d’amore è tirata da una mano di qualcuno, ma ipotizziamo sia meglio qualcuna. È
tirata da eros, ma dietro eros c’è lei. Nelle due quartine successive più il verso finale si affermano
dei segnali negativi: un riso che non mi appartiene è un riso che non è quello del poeta e che
non è più suo, quindi qualcosa che è diventato estraneo, poi si parla di un trillo al v12 cioè un
suono acuto che ferisce il poeta, cioè punge le vene, se punge le vene ne uscirà sangue quindi è
un suono acuto che sembra quasi far sanguinare il poeta. Vv13-14: l’ombra è l’ombra della
magnolia che di solito crea un’ombra circolare, ma qui invece la ruota è deforme quindi
evidentemente è un’ombra che non protegge più di tanto. L’aggettivo deforme è sicuramente
negativo. Poi si parla delle radici ossute della magnolia, ossute è un’antropomorfizzazione
dell’aggettivo e anche questo ci riconduce a immagini quasi funeree. C’è poi quest’immagine
meno negativa del poeta che punge con fili di paglia il viso di lei: potrebbe essere un’immagine
di intesa fra i due. Pungere v16: viene ripetuto due volte in questa lirica, v12 un trillo che punge
le vene, v16 pungo con fili di paglia. La prima azione riguarda l’io poetico e la seconda riguarda
la donna che viene punta. Pungere qui ha un significato petrarchesco che è quello di ferire, ferire
con una punta, di solito è una lama, qui è la punta di freccia di cui ha parlato inizialmente. Mentre
la donna ferisce veramente il poeta, un trillo che punge le vene, lo fa quasi sanguinare, questi (il
poeta) le restituisce dei leggeri colpi con fili di paglia, non è così severo l’atteggiamento del
poeta. Sembra una situazione amorosa sbilanciata e questa situazione amorosa sbilanciata
potrebbe essere riferita a Irma, ma qui il verbo pungere ci riconduce ad Annetta e alla poesia
Annetta del diario del ’71-72 ai vv 38-39 Montale si domanda: mi domando che cosa rappresentò
questa donna per me? E risponde: rappresentò una punta che feriva quasi a sangue. Questa
immagine è vicina al trillo che punge le vene della poesia nel parco. Quindi il verbo pungere e il
termine punta, che è un termine petrarchesco e riguarda la poesia amorosa, si attaglia meglio ad
Annetta che a Irma. Nel Parco viene rappresentato il riaffacciarsi visionario dell’antico amore per
Anna avvertito sempre nelle sue valenze di sofferenza e di morte, avvertito sempre nei suoi
elementi negativi. Se accettiamo quest’ipotesi si direbbe che questo dittico sarebbe dedicato il
primo a Irma, il secondo ad Anna, cioè alle due donne più importanti per il poeta fino a quel
momento. Irma sognata in positivo, Anna ricordata attraverso una visione negativa nel tentativo
di esorcizzare quest’immagine che continua a tormentare il poeta ancora molti anni dopo.
Formalmente sovrapponibili, ma ben distanti nei contenuti queste due poesie. Montale le tratta in
parallelo e assegna loro gli stessi spazi anche mentali. La diversità si coglie a livello metrico e
ritmico. Queste poesie non hanno né endecasillabi né settenari, metri dominanti in tutta la sezione
Silvae, queste sono due poesie che si pongono al di fuori di quell’uniformità metrica caratteristica
di Silvae, proprio qui abbiamo una diversità sostanziale dal punto di vista ritmico-metrico. A
ribadire il legame fra le due poesie è una stessa rima che si ripete dall’una all’altra: nella sera
abbiamo intriso che rima con viso al v11, nel parco abbiamo riso al v9 interna e viso che è
l’ultima parola.
Rime: m’appartiene-vene; calute-ossute; mi allungo-pungo.
Parafrasi e commento:
Nell’ombra della magnolia che sempre più si restringe, a un soffio di cerbottanala magnolia dà
un’ombra, però se quest’ombra si restringe (e visto che sotto è definita deforme, quindi
quest’ombra non è più folta e rigogliosa vuol dire che questa magnolia ha perso delle foglie
probabilmente perché è autunno) a causa della stagione. Sembra che da questa magnolia
provenga una freccia soffiata da una cerbottana. Questa cerbottana mi sfiora, quasi non colpisce il
poeta, e si perde lontano. È un segnale misterioso. La freccia è pur sempre la freccia d’amore.
Pareva una foglia caduta dal pioppo paragona questa freccia di cerbottana alla foglia del
pioppo. Abbiamo semplicemente un passaggio fra la freccia e una foglia di pioppo. Quella freccia
improvvisamente si anima e diventa qualcosa di concreto, legato a un corpo, la mano. (che) il
quale pioppo perde colori (si stringe) a un colpo di vento autunnale che fa cadere nuove foglie dal
pioppo. Dopo c’è il trattino che importa un cambio di situazione:
e fors’era una mano 8 scorrente da lungi tra il verde e forse era una mano che passava com’era
passata la freccia da lontano fra le piante.
Un riso che non m’appartiene trapassa da fronde canute fino al mio petto Un riso che ora non
mi appartiene più, quindi questa risata è qualcosa da riferire ad altri. Nella poesia due del
crepuscolo a un certo punto si dice riferito ad Anna degli Uberti il gesto già più non v’appartiene,
la non appartenenza sembra essere tipica di Anna.
Arriva da fronde canute (di per sé sono le fronde degli alberi incanutite perché è autunno, però
visto che canuto è un aggettivo antropomorfico potrebbero essere i capelli della donna ormai
imbiancati) e quindi questo riso trapassa fino al mio petto. Il petto secondo la tradizione lirica è il
cuore del poeta.
lo scuote un trillo che punge le vene: il trillo è un acuto di riso che scuote il mio petto, il mio
cuore e mi fa sanguinare le vene.
E rido con te sulla ruota: il riso primo era lontano cioè non apparteneva al poeta. Adesso è un
riso sulla ruota deforme dell’ombra. La ruota deforme dell’ombra è prima di tutto il cerchio
dell’ombra della magnolia che non è più pieno e rotondo visto che la stagione è autunnale. Ma
quando si parla di ruota parliamo della ruota del tempo, cioè del tempo lineare che trascorre ed è
un tempo però deforme questa volta. Quindi è un tempo forse non più misurabile e l’aggettivo
deforme si riferisce meglio all’atmosfera funerea e quindi ad Anna.
mi allungo disfatto di me sulle ossute radici che sporgono: disfatto di me oggi diremmo
distrutto, non più me stesso. Sembra quasi non riconoscersi e si allunga sulle radici della
magnolia, ma sono radici ossute che sporgono e quindi antropomorfizzate anche queste e anche
queste radici sono un correlativo della presenza di lei, il campo semantico è quello di una creatura
ridotta alle ossa, scarnificata come un cadavere.
Pungo con fili di paglia il tuo viso: pungere finale potrebbe essere anche un segnale di simpatia,
sembra un gesto esorcistico (es. gli aghi che vengono inseriti in qualche bambolina per
esorcismo, che qui diventa più semplicemente fili di paglia che pungono il viso di lei) quasi un
allontanare da sé un’immagine che lo perseguita.

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