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Guido Gozzano
Non stupisce che alle soglie del Novecento Petrarca sia recepito come la voce
emblematica della tradizione, come il campione della classicit e come tale, in un periodo
di "rivoluzioni poetiche", duramente messo in discussione. A questo modello, fin dai primi
decenni del XX secolo, taluni autori delle pi giovani generazioni (i futuristi, per esempio)
si oppongono ferocemente: lo considerano un autore paludato e accademico, superato ed
estraneo rispetto al gusto della modernit, improponibile ai lettori contemporanei.
Lesempio di Petrarca, in generale, rifiutato con polemico slancio da tutti gli scrittori del
primo Novecento i quali, incerca di unarte nuova e d'avanguardia, che sia all'altezza della
sensibilit e della cultura del mondo moderno, puntano alleversione e alla rottura nei
confronti delle forme classiche. Viceversa altri poeti continuano a guardare al Canzoniere
con curiosit, interesse e attenzione.
Su questa linea Guido Gozzano (1883-1916) ripropone il Canzoniere di Petrarca come
riferimento fondamentale per l'educazione morale e letteraria di ogni uomo. Nei suoi testi
si trovano perci sia frequenti citazioni da Petrarca, sia allusioni pi o meno dirette ai
testi del Canzoniere; in tal modo il poeta contemporaneo intende in primo luogo rendere
omaggio al suo modello. D'altro canto, per, le citazioni e le allusioni, inserite in un
contesto diverso da quello originale, hanno spesso un sapore amaramente ironico:
segnalano che la sublime perfezione petrarchesca ormai irraggiungibile, poich l'uomo
moderno si dibatte in situazioni umili e prosaiche, ben diverse da quelle sperimentate dal
poeta classico.
In simile prospettiva si pu leggere il testo che segue, il quale riproduce la parte iniziale e
quella conclusiva della poesia Un'altra risorta, pubblicata da Gozzano nella raccolta I
colloqui del 1911: qui l'autore rievoca un incontro con la donna amata, la poetessa
Amalia Guglielminetti, sovrapponendo alla fanciulla l'immagine di Laura celebrata da
Petrarca nel sonetto CX del Canzoniere.
Solo, errando cos come chi erra
senza meta, un po' triste, a passi stanchi,
udivo un passo frettoloso ai fianchi;
poi l'ombra apparve, e la conobbi in terra...
Tremante a guisa d'uom ch'aspetta guerra,
mi volsi e vidi i suoi capelli: bianchi.
Ma fu l'incontro mesto, e non amaro.
Proseguimmo tra l'oro delle acace
del Valentino, camminando a paro.
Ella parlava, tenera, loquace,
del passato, di s, della sua pace,
del futuro, di me, del giorno chiaro
()
Ed era lei che mi parlava, quella
che risorgeva dal passato eterno
sulle tiepide soglie dell'inverno?...
La quarantina la faceva bella,
diversamente bella: una sorella
buona, dall'occhio tenero materno.
Tacevo, preso dalla grazia immensa
di quel profilo forte che m'adesca;
tra il cupo argento della chioma densa
ella appariva giovenile e fresca
come una deit settecentesca...
Amico neghittoso, a che mai pensa?
Penso al Petrarca che raggiunto fu
per via, da Laura, com'io son la Lei...
Vincenzo Cardarelli e Giuseppe Ungaretti sono due poeti assai dissimili fra loro e tuttavia
appartenenti alla medesima generazione (che comprende, con Sbarbaro, gli autori nati
nel penultimo decennio dell'Ottocento). Essi guardano a Petrarca come a un importante
punto di riferimento, e per ciascuno ricava dal Canzoniere stimoli e suggestioni
assolutamente personali.
Vincenzo Cardarelli, da parte sua, accoglie da Petrarca, lo stimolo a procedere in
direzione di una scrittura elegante, selettiva e squisita: egli punta a una poesia pura e
assoluta, senza contatti con la realt, e occupata solo dai motivi ricorrenti nel proprio
mondo interiore. Fra questi, come nel caso di Petrarca, domina l'ossessiva
contemplazione dello scorrere del tempo: il trapassare delle ore, dei mesi e delle stagioni,
che segna il progresso della vita umana dalla nascita verso la morte.
Nel testo che segue, dalla raccolta Giorni in piena (1934), Cardarelli osserva l'avvento
della stagione autunnale, che dall'estate conduce all'inverno, e scorge in ci un'analogia
con il tramonto della sua giovinezza. Ecco la sua conclusione:
Ora passa e declina,
in quest'autunno che incede
con lentezza indicibile,
il tempo migliore della nostra vita.
Essa ricorda alcuni versi di Petrarca (dalla canzone XXXVII):
Che sai s'a miglior tempo ancho ritorni
et a pi lieti giorni,
o se l perduto ben mai si racquista?
[...]
Il tempo passa, et l'ore son s pronte
a fornire il viaggio,
ch'assai spacio non aggio
pur a pensar com'io corro a la morte.
Il linguaggio scelto da Cardarelli, vicino a quello di Petrarca, colloca la riflessione fuori
della storia, cos segnalandone il valore eterno:
Autunno. Gi lo sentimmo venire
nel vento d'agosto,
nelle piogge di settembre
torrenziali e piangenti,
e un brivido percorse la terra
che ora, nuda e triste,
Petrarca incontra Laura e riconosce in lei un'apparizione che gli rivela il significato della
vita, cos Luzi incontra un fantasma femminile che ha precisi connotati: sorride, veglia sul
poeta e gli svela la natura misteriosa dell'amore. La donna, alla maniera di Laura, la
luce che illumina le tenebre, la presenza salvifica che affina e purifica i pensieri di
ogni individuo:
Finch una luce senza margini d'ombra
illumina l'oscurit del tempo,
risale ad uno ad uno i suoi tornanti
e m'accorgo di te entrata nella mia vita
neppure mi chiedo da che parte e quando
e se lo sei o se invece non sei sorta
su dalla sua profondit di notte in notte affiorando.
Che far qui mi dico mentre splendi
e sorridi un sorriso anche mio forse
veglia su di me. Forse affina da sempre il mio pensiero
occupato da troppe parvenze e monco e ti guardo come sei, gi nota
sebbene mai prima d'ora veduta
e stupisco che l'amore abbia questo volto interno.
suoi tornanti: i tornanti della strada immaginaria che ia luce deve percorrere per emergere dai buio.
affina: raffina, eleva.
occupato... e monco: dominate da immagini false e limitato.
nota: conosciuta.
interno: interiore.