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CONTENUTI
ELEMENTI
DI PENSIERO
E DI POETICA
METRICA: CANZONE di cinque stanze e un congedo. Ogni stanza ha tredici versi (endecasillabi e sette-
nari) con rime: ABC ABC (FRONTE), C (CHIAVE), DEE DFF (SIRMA).
10
362
Unit 7
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Francesco Petrarca
e il Canzoniere
363
sezione 1 Il Medioevo
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65
364
Il paesaggio di
Valchiusa, affreschi di
Casa Petrarca ad Arqu,
part., met XVI sec.
verde derba (la riva su cui sedeva Laura) che altrove non trovo
(, ho) pace.
32. Se tu... la gente: se tu avessi
tutti gli ornamenti che desideri dice il poeta rivolgendosi
alla canzone potresti uscire
dalla quiete di questo bosco (di
Valchiusa) e andare in mezzo
(gir infra) alla gente (per farti
conoscere).
Unit 7
Francesco Petrarca
e il Canzoniere
VERSO LESAME
Terza stanza. La tristezza del presagio sfuma in un sogno di consolazione: il poeta immagina di essere morto e
che Laura torni in quel luogo desiderosa di vederlo, trova la
tomba del poeta, si asciuga gli occhi col bel velo e prega Dio invocando piet per la sua anima. Il pensiero della
morte non gli incute pi paura a Petrarca, ma gli infonde un
senso di pace, grazie alla metamorfosi amorosa di Laura,
definita, con un celebre OSSIMORO, fera bella et manseta.
Quarta stanza. Questa strofa si riallaccia alla prima
riprendendo la descrizione di Laura e del paesaggio con
immagini che dissolvono ogni ombra di malinconia. Nella memoria, pacificata dal sogno, la natura torna in festa:
una pioggia di fiori cade sullerba, sullacqua, su Laura e
sui suoi biondi capelli; fiori volteggiano nellaria a coronare una visione damore.
Quinta stanza. Nella frase centrale della stanza, Costei per fermo nacque in paradiso, non c nulla che possa riallacciarsi alla concezione stilnovistica della donna
angelo: si tratta infatti di unIPERBOLE. La visione del poeta
cos suggestiva da farlo cadere in uno stato di estasi in cui
la realt si dissolve dandogli lillusione di esser in ciel.
Congedo. Gli ultimi tre versi formano il congedo, formula di chiusura tradizionale delle canzoni. Il poeta si
rivolge direttamente alla sua canzone e la invita a uscire
dal luogo che le fa da sfondo e ad andare tra la gente per
farsi conoscere.
1a prova, tip. A
COMPRENSIONE
La natura
1. Dove ambientata la canzone?
Laura
2. Spiega lespressione fera bella e manseta con cui
Petrarca definisce Laura.
ANALISI
Le gure retoriche
3. Che cosa intende evidenziare il poeta con lanafora di
qual ai vv. 46, 47, 50, 51?
La sintassi
4. Dopo aver letto lanalisi sintattica della prima stanza a
p. 366, fa lanalisi sintattica delle stanze successive; se
puoi individua il tipo di dipendenti.
365
I strofa
terra (A)
sole (B)
giorno (C)
stelle (D)
selva (E)
alba (F)
II strofa
alba (F)
terra (A)
selva (E)
sole (B)
stelle (D)
giorno (C)
III strofa
giorno (C)
alba (F)
stelle (D)
terra (A)
sole (B)
selva (E)
IV strofa
selva (E)
giorno (C)
sole (B)
alba (F)
terra (A)
stelle (D)
V strofa
stelle (D)
selva (E)
terra (A)
giorno (C)
alba (F)
sole (B)
VI strofa
sole (B)
stelle (D)
alba (F)
selva (E)
giorno (C)
terra (A)
Ed ecco infine la terzina conclusiva, detta commiato, in cui le parole-rima sono presenti tutte, dando luogo a un
unico periodo:
Ma io sar sotterra in secca selva
e l giorno andr pien di minute stelle
prima cha s dolce alba arrivi il sole.
Caratteri poetici della sestina petrarchesca
Si tratta di una forma metrica finalizzata senza dubbio a dar prova di virtuosismo poetico. Eppure in Petrarca
essa ha una funzione espressiva importante, che si inquadra sostanzialmente nella linea estetica classicistica
perseguita dal poeta, tesa a creare nel testo un senso di simmetria, di armonia e di circolarit.
Questo fine perseguito da Petrarca inserendo in questa forma metrica precise regole, che possono essere cos
sintetizzate: corrispondenza strofico-sintattica (ogni stanza conclude un periodo ed separata dalla seguente
dal punto), bilanciata peraltro dallo schema metrico, che fa s che ogni stanza riprenda nel verso iniziale la parolarima con cui si conclude la precedente; luso di parole-rima piane, generalmente sostantivi o aggettivi, mai forme
verbali. Ma ci che risalta lutilizzo delle parole-rima per creare un campo semantico che attraversa lintera
composizione.
Nella sestina sopra riportata, ad esempio, risalta il campo semantico della luce e, nel contempo, lo sfondo cosmico come spazio ideale della descrizione dello stato danimo del poeta, attraverso la contiguit semantica di
ben cinque delle sei parole-rima (terra, sole, stelle, alba, giorno).
La sestina nella poesia moderna
Alla fine dellOttocento la sestina viene ripresa da Giosue Carducci (Notte di maggio, in Rime nuove, 1885), e
quindi da Gabriele DAnnunzio. Mentre per nel primo tale ripresa costituisce un tributo alla grande tradizione
lirica trecentesca, di cui il poeta mantiene in vita tutte le principali regole compositive, la sestina dannunziana, gi
sperimentata nella raccolta Isotteo (1886), perviene a esiti nuovi ed originali nei tre componimenti della sezione
Suspiria de profundis del Poema paradisiaco (1893). Riportiamo una parte del primo di essi:
Chi finalmente a lorigliere il sonno
pu ricondurmi? Chi mi d riposo?
Voi, care mani, voi che ne la morte
mi chiuderete gli occhi senza luce
(io non vedr quel gesto ultimo, o Dio!),
voi non potete, voi, farmi dormire?
Oh dolce, ne la notte alta, dormire!
Oh dolce, nel profondo letto, il sonno!
Che mai feci, che mai feci, mio Dio?
Perch mi neghi tu questo riposo
chio ti chieggo? Rinuncio, ecco, a la luce.
Ben, io sia cieco. Io moffro, ecco, a la morte.
Venga e mi prenda la gelata morte
ne le sue braccia. Io moffro a lei. Dormire
ne le sue braccia, non veder pi luce,
chiuder per sempre gli occhi aridi al sonno!
Ah perch, dunque, tu questo riposo
vorrai negarmi? Che mai feci, o Dio?
[]
Non chiedo il sonno. Io sol chiedo il riposo
de la morte; non pi veder la luce
orrida; eternamente, o Dio, dormire.
Come si nota, la sestina dannunziana, pur lasciando inalterato lo schema metrico tradizionale, contrasta con il
senso classico di armonia che lampia voluta dei periodi e la corrispondenza strofico-sintattica conferiscono alla
sestina petrarchesca. Al contrario DAnnunzio utilizza un periodo rotto, frammentato, fatto di interrogative ed
esclamative retoriche, mentre la ripetitivit della parola-rima, che caratterizza lo schema metrico, viene utilizzata
per conferire al testo un senso ossessivo. Si noti, al proposito, come non solo la parola-rima, ma intere espressioni ricorrano nel testo in modo ripetitivo (che mai feci, che mai feci, mio Dio? ..... che mai feci, o Dio?). Il commiato evidenzia particolarmente le novit stilistiche della sestina dannunziana: qui il periodo unico, in cui Petrarca
immette tutte le parole-rima, sostituito da ben quattro brevi frasi indipendenti, di cui le ultime due presentano il
verbo allinfinito, elemento ulteriore di dissoluzione sintattica.
Un'altra risorta
Solo, errando cos come chi erra
senza meta, un po' triste, a passi stanchi,
udivo un passo frettoloso ai fianchi;
poi l'ombra apparve, e la conobbi in terra...
Tremante a guisa d'uom ch'aspetta guerra,
mi volsi e vidi i suoi capelli: bianchi.
I dicea fra mio cor: - Perch paventi? Ma non fu prima dentro il penser giunto,
che i raggi, ovio mi struggo, eran presenti.
Unit 13
Eugenio Montale
e la poetica delloggetto
CONTENUTI
ELEMENTI
DI PENSIERO
E DI POETICA
709
al secondo dopoguerra
VERSO LESAME
1a prova, tip. A
COMPRENSIONE
ANALISI
I ghiaccioli
Le figure retoriche
I cicloni
2. A che cosa alludono, attraverso una metafora, i ci-
Clizia
3. Che cosa sottintende la rappresentazione di Clizia in
710
Il commento
5. In quale strofa il poeta utilizza in modo evidente la tec-
CCLXXIII
Che fai? Che pensi? che pur dietro guardi
nel tempo, che tornar non pote omai?
Anima sconsolata, che pur vai
giungnendo legne al foco ove tu ardi?
Le soavi parole e i dolci sguardi
chad un ad un descritti et depinti i,
son levati de terra; et , ben sai,
qui ricercarli intempestivo et tardi.
Deh non rinovellar quel che nancide
non seguir pi penser vago, fallace,
ma saldo et certo, cha buon fin ne guide.
Cerchiamo l ciel, se qui nulla ne piace:
ch mal per noi quella belt si vide,
se viva et morta ne devea tr pace.
[Francesco Petarca, Rerum vulgarium fragmenta]
CL
- Che fai alma? che pensi? avrem mai pace?
avrem mai tregua? od avrem guerra eterna? - Che fia di noi, non so; ma, in quel chio scerna,
a suoi begli occhi il mal nostro non piace. - Che pro, se con quelli occhi ella ne face
di state un ghiaccio, un foco quando iverna? - Ella non, ma colui che gli governa. - Questo ch a noi, sella sel vede, et tace? - Talor tace la lingua, e l cor si lagna
ad alta voce, e n vista asciutta et lieta,
piange dove mirando altri non l vede. - Per tutto ci la mente non sacqueta,
rompendo il duol che n lei saccoglie et stagna,
cha gran speranza huom misero non crede.
[Francesco Petarca, Rerum vulgarium fragmenta]