Sei sulla pagina 1di 482

Nicolò La Perna, medico pediatra, è nato e vive a Licata.

Laureato presso la facoltà di Medicina e Chirurgia di Catania,


è specializzato in pediatria ed ha svolto la sua attività professionale
presso il reparto di pediatria dell‟ospedale di Licata e come pediatra di
base nell‟ambito della A.S.L. N° 1 (Agrigento).
Ha organizzato per ben 12 anni il concorso “Memorial Rosa Balistreri”
per conto del Lions Club di Licata di cui è socio. Il concorso, a valenza
regionale, ha riscontrato notevoli successi mettendo in rilievo l‟attività
artistica di Rosa Balistreri, il dialetto siciliano ed ha portato alla luce
nuovi talenti nella poesia e nella musica folkloristica siciliana.
Appassionato di musica fin da bambino ha composto musiche e
canzoncine per bambini musicando fiabe quali “Pinocchio” e
personaggi del mondo di Walt Disney, quali “Paperino” .
Si diletta a comporre canzoni con testo siciliano e a studiare la musica
popolare siciliana. Da molti anni l‟accompagna l‟amore per la musica
folk siciliana quale attaccamento alla sua terra e alla sua gente.
Rosa Balistreri foto estrapolata da un filmato
per gentile concessione di Sandro Burgio

Dedico questo libro a mia moglie Marta


“Ciaurusu ciuri da me casa”
ai miei figli, Graziella e Davide
“Non scurdativi da vostra terra di Sicilia”
Rosa Balistreri
per gentile concessione Oberon Sea
Rosa Balistreri nello studio audio di Pippo Russo – 1985 –
foto concessa da Pippo Russo
Note alla seconda edizione.
Dopo la prima tiratura di 500 copie della prima edizione del libro
“Rusidda… a licatisi” formato da 365 pagine esce la seconda edizione
arricchita di testimonianze e canzoni con 477 pagine, centodieci pagine in
più, frutto di ulteriori indagini e ricerche su Rosa Balistreri e sulle sue
canzoni inedite. La prima edizione mi ha permesso di conoscere molte altre
persone, amiche della Balistreri e da costoro ho avute più di 30 nuove
canzoni inedite nel senso che non sono presenti nei dischi ufficiali usciti
mentre Rosa era viva o in quelli usciti dopo la sua morte. Alcune di queste
canzoni hanno un‟ottima qualità audio, altre una discreta qualità ed altre una
pessima qualità; alcune canzoni di discreta e ottima qualità sonora sono state
registrate a casa di amici di Rosa Balistreri, considerato che per gli amici,
anche dopo i concerti, Rosa si riesibiva in privato, quelle con scarsa qualità
sonora sono registrate durante concerti live spesso nelle feste dell‟Unità o
con magnetofoni-registratori o con video cassette VHS. L‟aver conservato
per tanti anni queste registrazioni in condizioni non ottimali ha fatto si che
queste si deteriorassero sia nel sonoro che nel video.
Tutte queste canzoni comunque fanno parte integrante dell‟attività artistica
di Rosa, anzi mostrano una Rosa più spontanea, meno ingessata della Rosa
delle sale di registrazioni, con commenti sulla sua esperienza di vita o nel
caso delle feste dell‟Unità con commenti sulla classe dei politici, dei
padroni, sugli sfruttati, sulla povera gente, sul patrimonio culturale della
canzone siciliana, sulla martoriata terra di Sicilia.
La conoscenza poi di ulteriori amici di Rosa con nuove testimonianze, nuovi
aneddoti di vita, nuove impressioni mi ha convinto ad ampliare la prima
edizione e farne uscire una seconda.
Di sicuro molto materiale c‟è ancora in giro di Rosa Balistreri; alcuni lo
tengono per se come cimeli, sperando magari di farci qualche soldo, altri lo
hanno conservato e sicuramente verrà fuori pian pianino, perché gli amici
che Rosa aveva sono stati molti ed alcuni hanno sicuramente del materiale
audio o video; del resto i concerti di Rosa sono stati migliaia in tutta Italia ed
è quindi probabile anzi sicuro che ulteriori registrazioni video, ulteriori
canzoni verranno fuori e questo farà felici tutti gli amanti della musica
popolare siciliana ed in particolare di questa “Rosa” del giardino siciliano.
L‟autore: Nicolò La Perna
7

INTRODUZIONE

La realizzazione di questo libro su Rosa Balistreri è il naturale evolversi


di un interesse per la musica e la poesia siciliana nato nel 1999 quando ho
iniziato a preparare il 1° “Memorial Rosa Balistreri” concorso di poesia e
musica siciliana inedita, fortemente voluto dal Lions Club Licata nelle
persone dei vari presidenti che dal 2000 a oggi si sono avvicendati e gestito
da un‟apposita “commissione lions” nella quale ho ricoperto l‟incarico di
presidente per ben 12 anni.
Durante questi anni ho incontrato molte persone che nella loro vita hanno
conosciuto Rosa Balistreri o per lavoro o per altri motivi ed ho avuto modo di
ascoltare da loro i ricordi, le impressioni e alcuni aneddoti della vita della
cantante; queste confidenze e rivelazioni mi hanno convinto dell‟opportunità
di scrivere un libro sulla Balistreri per far conoscere meglio la sua personalità,
la vita e l‟attività artistica che non si ferma soltanto al ruolo di cantante e
concertista ma che ha interessato il teatro classico e quello moderno.
Parlare di musica siciliana è parlare di Rosa Balistreri, cantante che è stata
definita la regina della musica popolare e che ha lasciato incise ben 120
canzoni quasi tutte popolari di autore sconosciuto e alcune di autori
contemporanei, tra i quali spicca Ignazio Buttitta.
L‟interesse su Rosa Balistreri, sulla sua attività artistica, sulla sua vita
sociale ed umana è cresciuta notevolmente in questi anni, grazie al rinnovato
interesse per la musica popolare, alla promozione culturale effettuata da
cantanti professionisti che si richiamano alla musica popolare di Rosa, quali,
Etta Scollo, Carmen Consoli, alla riedizione delle sue canzoni in CD della
casa musicale “Teatro del sole”, ai due siti internet ufficiali, il sito della
Fondazione Rosa Balistreri curato dal Teatro del sole:
http://www.rosabalistreri.it e il sito del nipote di Rosa Balistreri, Luca
Torregrossa: http://www.balistrerirosa.it
Mi è sembrato rendere completo questo libro con un capitolo sulla vita di
Rosa Balistreri per meglio conoscere il personaggio e di aggiungere pagine di
approfondimento sulla musica siciliana, sulle sue fonti, sulla struttura
musicale e metrica della canzone siciliana, sul rapporto tra Rosa e Licata, tra
Rosa e il fenomeno religioso e mafioso. Altri capitoli si soffermano su Rosa e
la politica, Rosa e la condizione femminile, il teatro, la multimedialità, Rosa e
la cultura.
Introduzione 8

Questo libro contiene i testi di tutte le canzoni di Rosa, le partiture


musicali delle canzoni, eccetto quelle che non hanno un accompagnamento
musicale ritmico, ho cercato di riportare gli accordi musicali per coloro che
volessero provare a suonare o cantare le canzoni della Balistreri.
Insieme alle canzoni spesso c‟è la copia in testo o in musica ritrovata nei libri
di raccolta di poesie e musiche siciliane di studiosi della musica siciliana.

Spero con tutto ciò di aver contribuito a valorizzare la figura di Rosa


Balistreri, di aver offerto a chi conosce la musica di apprezzarne i testi e le
partiture e di poterle suonare o cantare accompagnandosi con la chitarra o al
pianoforte.
Un ringraziamento particolare a mia moglie per le tante ore sottratte a Lei
e dedicate a questo libro, al direttore pro tempore della biblioteca comunale di
Licata, per avermi permesso di accedere alle carte di Rosa Balistreri, e di
fotografare le dediche scritte sui libri della collezione “Rosa Balistreri”.
Nicolò La Perna
9

PREFAZIONE

Rosa Balistreri (nata a Licata il 25 marzo 1927), scomparsa prematuramente


vent‟anni fa a Palermo (20 settembre 1990), non solo non è stata mai
dimenticata, ma finalmente, purtroppo da morta, ha ritrovato quel rapporto
affettivo con la sua città natale, Licata, che l‟aveva ignorata mentre ovunque
con il suo cantare riscuoteva grandi successi. “Quannu iu moru faciti can un
moru………quannu iu moru, cantati li me canti/ „un li scurdati cantatili pi
l‟autri…….quannu iu moru pinzatimi ogni tantu”. Così Rosa diceva nella sua
canzone, con parole di Lillo Catania, pubblicata postuma nel 1997 in “Rari e
Inediti” a cura di Teatro del Sole, diventato il brano che maggiormente la
rappresenta a livello internazionale e universalmente considerato il suo
testamento artistico. E in effetti quanto Rosa chiedeva in questa mesta
canzone, presentata sul finire degli anni ‟80 dello scorso secolo nello studio di
una piccola radio privata di Palermo e cantata per l‟amico Felice Liotti, si è
pienamente realizzato. La sua figura, la sua voce da carrettiera, il suo ricco
repertorio di cantante, sono rimasti vivi nel popolo siciliano e sono diventati
patrimonio di tantissimi giovani cantanti di musica folk e popolare.
Soprattutto Rosa è ritornata a rivivere nella sua Licata che ormai non la
guarda più come quella povera proletaria che viveva di stenti con la sua
numerosa famiglia in quell‟umido basso in fondo a via Marianello, parte di un
fatiscente ed umido fabbricato edificato nella prima metà dell‟ottocento per
ospitarvi il lazzaretto dei colerici.
Licata alla memoria di Rosa ha intitolato una strada, un centro culturale
presso l‟antico chiostro di Sant‟Angelo, ha murato in via Martinez, angolo via
Sant‟Andrea, nel cuore dei quattro Canti, un‟epigrafe presso un umile piano
terreno che fu sua dimora dopo aver sposato, prima col rito civile il 28 ottobre
1944 e poi col rito religioso il 17 luglio 1948, Giacomo Torregrossa,
“Iachinazzu”, come lei stesso lo chiamava in modo dispregiativo. A Rosa
l‟amministrazione comunale retta dal prof. Ernesto Licata aveva persino
dedicato un festival internazionale estivo di musica folk, intitolato “Una Rosa
per Rosa” ed aveva contribuito per la riedizione in cd di tutto il suo ricco e
variegato repertorio. E di Rosa per lungo tempo si era occupata la stampa
periodica e specializzata con articoli e servizi e la sua vicenda umana ed
artistica interessò anche l‟editoria. Di lei hanno scritto Giuseppe Cantavenere,
con una biografia a lui dettata dall‟artista licatese apparsa nelle edizioni
10

“La Luna” nel 1992, da anni ormai esaurita, “Rosa Balistreri: una grande
cantante folk racconta la sua vita” e Camillo Vecchio con il saggio “U cuntu
ca cuntu. La vita di Rosa Balistreri”, pubblicato dal gruppo editoriale DMG
nel 2002. Ma in verità ce ne siamo occupati anche noi continuamente con
articoli su riviste siciliane e sul mensile “La Vedetta”. Nel 1996 dall‟allora
assessore al turismo Francesca Muscarella ci venne chiesto di scrivere per
l‟estate licatese una biografia di Rosa che in breve tempo attingendo a fonti
giornalistiche e a recensioni musicali riuscimmo a mettere insieme per la
stampa in breve tempo. Nacque così un agevole volumetto di appena 48
pagine dal titolo “Rosa Balistreri, l‟ultima cantastoria”, completo nella sua
brevità anche di una antologia delle sue più belle canzoni. Volumetto ahimè,
oggi molto richiesto, ma esaurito. Ma riteniamo, senza timore di essere
smentiti, che il saggio più completo sulla vita e sull‟opera di Rosa Balistreri
debba essere considerato l‟interessante ricerca del dott. Nicolò La Perna, che
ci ha onorati di prefare e di pubblicare nelle edizioni de La Vedetta.
“Rusidda a Licatisi” è il titolo significativo che Nicolò La Perna ha voluto
dare al suo libro, un titolo che manifesta affetto e simpatia per questa donna
sventurata che conobbe il successo solo in età avanzata, dopo aver patito la
miseria e l‟umiliazione, dopo aver conosciuto il carcere a Licata per aver
tentato di uccidere in un momento di odio e di rabbia il marito ubriacone,
giocatore sfaccendato che aveva persino giocato il corredino di sua figlia e a
Palermo per aver rubato a casa di un nobile signore raggirata e spinta da un
giovane signorotto appartenente a quella famiglia, dopo aver subito e respinto
le avances di un prete palermitano sconsiderato che la teneva come sagrestana
nella propria chiesa, dopo aver sofferto a Firenze per l‟uccisione della sorella
Maria da parte del marito geloso, per il suicidio del padre Emanuele
impiccatosi per il dolore ad un albero sul lungo Arno, per le amarezze patite
dalla figlia Angela e per la delusione subita dopo una lunga parentesi amorosa
durata tre anni, dal pittore Manfredi Lombardi, che l‟aveva lasciata per una
sua modella molto giovane e bella, spingendola a cercare il suicidio.
A Nicolò La Perna, che da dieci anni cura in maniera encomiabile nell‟ambito
di un apposito service del Lions Club licatese un concorso di poesie e canzoni
dialettali e popolari dedicato a Rosa, non sfugge nulla della vita dell‟illustre
licatese e della sua attività artistica, inserita nel più ampio panorama del canto
popolare siciliano, antichissimo come antichissimo è il nostro popolo, di cui
ci elenca le fonti e i suoi maggiori studiosi, quali Alberto Favara (Salemi
1863-1923), etnomusicologo, Lionardo Vigo (Acireale 1799-1879), poeta e
11

filologo, Giuseppe Pitrè (Palermo 1841-1916), scrittore e folclorista,


Francesco P. Frontini (1860-1939), musicista e compositore, Salvatore
Salomone Marino (Borgetto 1847-1916), folclorista. E del canto siciliano,
attingendo e alla sua cultura di musicista e musicologo, ci illustra anche con
dovizia di particolari la struttura poetico-musicale e soprattutto la struttura
musicale della canzone popolare.
Su Rosa indaga a tutto campo. Ci parla del suo rapporto con la religione, che
era la religiosità semplice del popolo siciliano che si traduce nelle
appassionate e melodiose canzoni dedicate alle festività natalizie e a quelle
tristi e sentite della settimana santa che trova il massimo della sua passione in
“Venniri matinu”, patrimonio della cultura religiosa e popolare licatese. Ma ci
parla anche del suo rapporto con la politica e contro il fenomeno mafioso
specie dopo il suo indottrinamento da parte degli amici della sinistra storica
dell‟epoca, Ciccio Busacca, Ignazio Buttitta (Bagheria 1899-1997) che
scrissero molti dei brani da lei interpretati, Leonardo Sciascia (Racalmuto
1921-1989), Renato Guttuso (Bagheria 1911-Roma 1987) e Dario Fo che ne
scoprì il suo genio e l‟avviò al teatro che seppe condividere col canto. Infatti
la vediamo recitare a Firenze nel 1968 col teatro Stabile di Catania in “La
Rosa di zolfo” di Antonio Aniante, mentre nel 1978 recitò e cantò a Palermo
al Biondo ne “La ballata del sale”, scritta appositamente per lei da Salvo
Licata”, negli anni ottanta partecipò a “La Lupa” di Giovanni Verga con Anna
Proclemer, recitò anche ne “La lunga notte di Medea”, diretta da Corrado
Alvaro, con Piera degli Espositi, impersonando Medea, a Gibellina nelle
“Eumeneidi” di Emilio Isgrò, interpretando la Pizia, in “Bambulè” di Salvo
Licata che rappresentò il momento più felice della sua esperienza teatrale e
nel “Cortile degli Aragonesi” che segnò il suo epilogo.
Nicolò La Perna esplora anche il rapporto tra Rosa e la condizione femminile
e la cultura e in specie il suo rapporto con Licata, dove tenne un concerto
poco seguito e dove ricevette una grande delusione dal sindaco dell‟epoca
quando si presentò al suo ufficio per informarlo che aveva deciso, come ha
fatto nonostante tutto, di donare la sua ricca biblioteca sul folclore e sui canti
popolari siciliani alla biblioteca comunale. Non solo fece anticamera, ma
venne trattata con molta freddezza e distacco.
Naturalmente minuziosa è l‟indagine sulla vita di Rosa Balistreri. L‟autore
ne segue punto per punto tutte le tappe e tutte le sue vicende, arricchendola
anche di numerose testimonianze di quanti l‟hanno conosciuta e frequentata.
12

Il prezioso volume di Nicolò La Perna, che espone la ricca materia con una
prosa semplice e lineare, non trascura di elencare la copiosa produzione di
canzoni di Rosa edita in dischi, musicassette o cd e si conclude con la raccolta
di tutti i testi e delle partiture musicali di tutte le canzoni di Rosa, che
costituisce un prezioso quanto raro catalogo della produzione dell‟illustre
licatese a cui mai nessuno aveva pensato.Crediamo, e ne siamo convinti, che
questo originale lavoro di Nicolò La Perna, non solo contribuirà a conoscere
meglio la folk singer licatese e a tramandarne la memoria, ma riceverà
l‟approvazione e il plauso della critica dello specifico settore e di quanti di
Rosa si sono occupati e continuano ad occuparsi, ma soprattutto potrà
contribuire ad accelerare il progetto del nipote di Rosa, Luca Torregrossa, che
vuole creare a Licata un museo che custodisca tutte le cose che appartennero
alla nonna, che affettuosamente lui continua a chiamare mamma, certo, come
lo siamo anche noi, che debba essere Licata a valorizzare questa sua umile
figlia, ma grande e illustre interprete della canzone popolare. Ci auguriamo
che, seppure nelle difficoltà politiche e finanziare che vedono al momento
soccombente il nostro Comune, gli amministratori sappiano recepire e fare
proprie tutte le proposte che vengono da più parti e con l‟unico scopo:
conservare e valorizzare la memoria di Rosa Balistreri
Calogero Carità
13

ALBERO GENEALOGICO DI ROSA BALISTRERI

Gibaldi Antonino Iacona Maria


nonno di Rosa nonna di Rosa
nove figli dal matrimonio tra cui

GIBALDI VINCENZA Gibaldi Mariannina


madre di Rosa zia di Rosa

BALISTRERI EMANUELE
padre di Rosa Angelino
cugino di Rosa
1° fidanzato di Rosa

Maria Mariannina Angela Vincenzo


Balistreri (1) Balistreri Balistreri Balistreri (2)
sorella di Rosa sorella di Rosa sorella di Rosa fratello di Rosa

ROSA BALISTRERI GIOACCHINO TORREGROSSA


nata a Licata il 21 marzo 1927 (Iachinazzu) marito di Rosa

ANGELA TORREGROSSA
figlia di Rosa

LUCA TORREGROSSA
nipote di Rosa
affidato dal tribunale a Rosa Balistreri

1) La sorella Maria Balistreri viene uccisa a Firenze dal marito


2) Il fratello Vincenzo Balistreri è paralitico agli arti inferiori
14

IL CANTO POPOLARE
La canzone è l‟esternazione di un sentimento intimo, individuale, trascritto
in musica, è simile alla poesia che non ha partitura musicale; quando questo
sentimento da individuale viene recepito e cantato da molti diventa con il
trascorrere del tempo canto di tutti, perde la peculariarità e il ricordo del singolo
autore ed assume i connotati del canto popolare, entra a far parte della cultura di
un popolo e viene tramandato per molte generazioni oralmente da padre in
figlio, specie nelle comunità agro-pastorali, per essere riscoperto dopo molti
anni da studiosi di etnomusicologia, una branca della musicologia e della
antropologia che studia le tradizioni musicali orali di tutti i popoli, e venire
fissato in forma scritta (testo) o come musica (partitura).
Il canto popolare siciliano è antichissimo perchè antico è il popolo siciliano;
per ogni individuo, di qualsiasi etnia o religione, il canto è spontaneo ed
accompagna i vari momenti della giornata, i cicli stagionali. Vi sono canti di
lavoro (servivano in lavori usuranti e manuali a rendere meno gravoso il lavoro,
come i canti spirituals per i negri) canti religiosi, ninne nanne, canti d‟amore e
di passione; canta il contadino, canta il minatore, ma anche il fabbro ed il
ciabattino, canta la cameriera e la signora, canta il bambino con le filastrocche,
canta l‟anziano nel raccontare le fiabe, insomma il canto è la continuazione
della parola e lo si ritrova in tutte le culture.
La Sicilia è stata terra di dominio per tanti popoli, dai greci ai romani, dai
cartaginesi agli arabi, dai normanni ai francesi ed agli spagnoli. Ogni
dominatore si è integrato con i dominati, si sono mescolate le parlate, i mestieri,
i canti, le poesie, le nenie, le filastrocche, i canti religiosi; dall‟incontro della
civiltà primitiva siculo-sicana impreziosito dall‟esperienza greca delle colonie
elleniche, e poi dalla cultura romana, araba, normanna, francese e spagnola, in
una parola da questo coacervo di popoli, di costumi, di religioni, nasce il
siciliano parlato, una vera lingua capace di esprimere tutti i sentimenti
dell‟animo umano, dall‟amore alla rabbia, dalle dolci ninne nanne alle triste
canzoni funerarie, dalle serenate all‟innamorata alle storie epiche di uomini o di
eventi storici particolari, dai canti dei bambini ai canti dei lavoratori; nascono
così le poesie e le canzoni cantate dapprima dall‟autore e poi per gradimento
cantato da altri fino a confondersi l‟identità singola del compositore e divenire
identità collettiva: canzone popolare.
Il canto popolare 15

Dice Johann Gottfried Herder (Mohurungen, 25 agosto 1744 - Weimar, 18


dicembre 1803) filosofo, teologo e letterato tedesco “I canti popolari sono
gli archivi del popolo, il tesoro della sua scienza, della sua religione, della
vita dei suoi padri, dei fasti della sua storia, l‟espressione del cuore,
l‟immagine del suo interno, nella gioia e nel pianto, presso il letto della sposa
ed accanto al sepolcro" ed ancora “la poesia e in generale l'arte è
l'immediata espressione della vita di un popolo, la forma della sua coscienza,
la manifestazione della sua spiritualità, della sua anima profonda,” Il canto
popolare è un documento della vita quotidiana di un popolo, degli usi e dei
costumi, del modo di lavorare, del racconto di eventi storici, della politica, dei
suoi governi, è l‟archivio storico di un popolo. Dice Alberto Favara (Salemi, 1
marzo 1863 - Palermo 29 settembre1923) etnomusicologo siciliano e
compositore italiano. “Se noi appoggiamo l'orecchio a terra, allora sentiamo
risuonare... il canto immortale della terra nostra di Sicilia...” Lionardo Vigo
Calanna marchese di Gallodoro (Acireale, 25 settembre 1799 - 14
aprile1879) poeta, filologo e politico italiano riporta nel suo libro “Canti
popolari siciliani” edito nel 1857 al n. 4484 una canzone di Borgetto (Pa) “Cu
voli puisia vegna „n Sicilia, / che porta la bannera di vittoria /…../ canti e
canzoni nn „havi centu mila / e lu po‟ diri ccu grannizza e boria. /…” In realtà
le ricerche del Pitrè, del Vigo, del Favara, del Frontini e di altri hanno messo
in luce decine di migliaia di canzoni siciliane dei molti paesi da loro censiti e
se si sommano a questi anche i paesi non censiti il numero di canzoni supera
le centomila. Alcune di queste canzoni oltre al testo hanno una partitura
musicale e quindi possono essere cantate come lo erano in origine e questo
grazie ad alcuni etnomusicologi come Alberto Favara, musicista, che
trascrivendo le canzoni ha lasciato la traccia musicale in partitura; la gran
parte di canzoni però raccolte dal Pitrè, dal Vigo e da altri contengono solo il
testo e non la partitura per cui si è perduto il motivo musicale di innumerevoli
canzoni, cancellandosi così un prezioso patrimonio. La musica popolare è
espressione dei diversi contesti lavorativi: agricolo (coltivazione grano ulivo,
vite) commerciale (carrettieri, ambulanti) industriale (miniere zolfo, sale)
pastorale (allevamento pecore, bovini); nell‟ambito lavorativo il canto era
sponsorizzato dai padroni perché svolgeva una funzione euritmica agevolando
il lavoro e rendendolo più accettabile e meno gravoso.
Il canto popolare 16

Molti canti sono invece cantati per svago, per diletto e tra questi ci sono gli
stornelli d‟amore, le serenate, i contrasti; la gran maggioranza dei canti
tramandatici dagli studiosi hanno come tema la bellezza della donna con
serenate e stornellate indirizzate al gentil sesso. Interessanti sono i canti
religiosi, i canti di Natale, della Settimana Santa, ed in onore dei santi, tra i
quali spiccano quelli dedicati a Maria, la Madre di Dio, a San
Giuseppe, a San Calogero, a Santa Rosalia, a Sant‟Agata.
Un aiuto alla riscoperta ed alla conservazione della musica popolare
oltrechè dagli studiosi di musica popolare che ci hanno lasciati centinaia di
testi e partiture di canzoni è stata dato da Rosa Balistreri, che girando per tutta
la Sicilia, in occasione dei suoi concerti ha ascoltato dalla viva voce della
gente molte canzoni, ne ha scritto i versi e con l‟aiuto di amici musicisti ha
riportato in musica molte canzoni e ci lasciato incisi in dischi parte del
patrimonio musicale della canzone siciliana. E‟ un ringraziamento che tutti i
siciliani debbono fare a questa cantante che ha permesso in questo modo il
recupero di centinaia di canti siciliani che altrimenti sarebbero andati perduti.

da “Canti Siciliani”, Vigo,1857 al n. 4184


Le fonti del canto popolare 17

LE FONTI DEL CANTO POPOLARE


Benché Rosa Balistreri fosse analfabeta, (imparò a leggere e a scrivere in
età adulta), ebbe molti amici letterati, quali Buttitta e Sciascia ed intrattenne
relazioni di lavoro con molti cantautori siciliani come Nonò Salamone, Ciccio
Busacca, Fortunato Sindoni ed altri. Rosa non conosceva la musica e nei
primi anni della sua carriera come riporta Giuseppe Cantavenere (1) nella
prefazione del libro di Paolo Emilio Carapezza, imparò, mentre era a Firenze
dalla viva voce di Giuseppe Ganduscio, un poeta e cantante riberese, alcuni
brani di canzoni siciliane che il Favara aveva raccolto nel famoso “Corpus” di
canzoni siciliane, altre canzoni siciliane le imparò a Palermo da Paolo Emilio
Carapezza che al pianoforte interpretava diversi brani della collezione del
Favara. Rosa imparò anche a suonare la chitarra, cosa importantissima per
dare ritmo ai suoi canti e si documentò personalmente dalla viva voce di tanta
gente su molte canzoni, fornendosi di una nutrita biblioteca, in parte comprata
e in parte regalata da letterati e studiosi amici, che consultava spesso, come
risulta dalle annotazioni e sottolineatura presenti nella donazione dei suoi libri
e dischi che ha elargito al Comune di Licata. Consultando la donazione “Rosa
Balistreri” della biblioteca licatese si nota un gran numero di libri con
tematica sulla canzone e poesia siciliana, sulle tradizioni in genere, tra questi
spicca il libro “Canti popolari siciliani” di Lionardo Vigo.
Molti libri, avuti in regalo contengono le dediche degli autori e tra questi
Ignazio Buttitta. Le dediche faranno parte di un capitolo di questo libro. La
prima fonte del canto popolare come dice la stessa parola è il popolo, la gente.
La ricerca di canzoni popolari è stata fatta ed ancora viene fatta in molti paesi
e città della Sicilia da tanti studiosi di cultura e di musica siciliana; Molti sono
i libri di canzoni e poesie popolari: alcuni trattano canzoni, poesie e tradizioni
solamente del paese dell‟autore; altri si interessano dei canti a livello
provinciale, ad esempio i canti dell‟agrigentino o del palermitano, altri ancora
ampliano il loro interesse su molte città e paesi dell‟intera Sicilia; non è facile
raccogliere i canti popolari, infatti è necessario non soltanto scrivere il testo di
una canzone, ma delineare il movimento musicale, armonico, scrivere la
partitura, cosa che soltanto un buon intenditore di musica può fare; oggi

1) Giuseppe Cantavenere, prefazione di Paolo Emilio Carapezza, Rosa Balistreri”:


una grande cantante folk racconta la sua vita, 1992
Le fonti del canto popolare 18

grazie ai registratori si può registrare un canzone dal vivo e lavorare sul testo e
sulla musica in un secondo tempo con notevole vantaggio in termini di tempo e
di precisione e poi anche le registrazioni possono formare archivi di canzoni per
gli studiosi di domani o comunque restare una fedele traccia di una canzone
popolare da lasciare ai posteri.
Tra gli studiosi della canzone popolare alcuni hanno lasciato una traccia
indelebile del loro lavoro in molti libri che oggi possiamo consultare e che sono
le uniche fonti di alcune canzoni che altrimenti si sarebbero perse nel tempo.
Tra questi studiosi alcuni meritano, per il loro lavoro certosino di raccolta, di
essere menzionati: Giuseppe Pitrè, Lionardo Vigo, Alberto Favara, Salvatore
Salomone Marino, Francesco Paolo Frontini; i testi di questi studiosi sono tra i
libri preferiti da Rosa Balistreri, infatti basta consultare la collezione di libri di
Rosa per scoprire come la folk singer licatese non è stata una cantante
sprovveduta ma ha consultato i libri degli studiosi del passato facendo rivivere
con la sua interpretazione le più belle canzoni siciliane; a tal proposito è da
sottolineare come alcune canzoni della Balistreri siano un mix nel testo di varie
canzoni diverse con il risultato di formarne una nuova.
Lionardo Vigo Calanna marchese di Gallodoro (Acireale, 25 settebre 1799
- 14 aprile 1879), poeta, filologo e politico italiano, fin da giovane si interessò di
poesia, di tradizioni popolari, di costumi e vita della gente siciliana.
Fu deputato alla Camera dei Comuni italiana.
Pubblicò nel 1857 la “Raccolta di canti siciliani” frutto del lavoro intenso di
ricerca e raccolta di canti in varie paesi della Sicilia durato più di 20 anni. La
raccolta contiene migliaia di canti siciliani, franco-lombardo, siculo-lombardo e
albanesi ed è divisa in canti dedicati a: bellezza della donna, bellezza dell'uomo,
serenate, ingiurie, canti morali, canti religiosi, indovinelli o 'nniminagghi; le
canzoni sono riportate soltanto nel testo non avendo il Vigo nozioni musicali tali
da potergli permettere la scrittura delle partiture. Nel 1870 pubblicò la
“Raccolta amplissima di canti popolari siciliani” un‟edizione che ampliava il
numero di canzoni e di paesi siciliani interessati. Scrisse altre opere sulla Sicilia
e sulla cultura siciliana: Cenno sull'arte drammatica e del teatro in Sicilia
(1833); Notizie storiche sulla città di Aci-Reale (1836), Il Ruggiero, poema
epico (1838).
La vasta raccolta di canzoni siciliane fu studiata da Giuseppe Pitrè, che ebbe un
ampio carteggio con il Vigo sul tema delle tradizioni e delle canzoni siciliane.
E‟ presente nella raccolta di libri “donazione Rosa Balistreri” nella biblioteca
comunale di Licata la raccolta di “Canti popolari siciliani” del Vigo,
Le fonti del canto popolare 19

sottolineata in molte canzoni a riprova dello studio e della ricerca che la


Balistreri ha portato avanti sulle canzoni siciliane. Tra le canzoni cantate da
Rosa sono presenti nelle raccolte del Vigo le seguenti: Quantu basilicò con il n°
791, Accattari vurria na virrinedda al n° 1012, Filastrocca a lu Bamminu al n°
2239, Alavò al n° 2266 e 2276; Bammineddu picciliddu al n° 2318, Chiovi al n°
2336, “Amici amici chi in Palermu jiti” al n° 3139, “Matri ch‟aviti figghi alla
Badia” al n° 3140 e 3141; “Carzari Vicaria” al n° 3144; “Morsi cu morsi” al n°
3164; “ Lassarimi accusì nun ti cunveni” al n° 3186; “Sugnu comu un cunigghiu
ndi la tana” al n° 3206; “M‟arrusicu li gradi e la catina” al n° 3196; il primo
verso di “Me mugghieri unn‟havi pila” al n° 4628; “Lamentu di un servu a un
santu Crucifissu” al n° 5419. Grande amarezza fu data a Vigo da Luigi Capuana,
che per un torto subito dal Vigo, si vendicò fornendo al Vigo dei canti con la
dicitura “provenienti da Acireale” e che il Vigo in buona fede pubblicò. In realtà
erano canti raccolti dal Capuana a Mineo, sua città natale. La mancanza di
ulteriori accertamenti da parte del Vigo fece scaturire una querelle alla quale
intervennero anche il Pitrè e il Salomone Marino, che in primo tempo diedero
poco credito alla amplissima raccolta del Vigo, giudizio che modificarono con
la lettura della gran mole di lavoro raccolto dallo studioso.
Altro grande studioso di musica siciliana, ma non solo di musica perché la
sua attenzione si è focalizzata anche sulla poesia siciliana, sui costumi, sui
proverbi, sulla vita dei contadini, minatori ecc è Giuseppe Pitrè (Palermo, 21
dicembre 1841 - 01 aprile 1916). Appassionato di studi storici e filologici, per la
sua professione di medico frequentava i ceti più umili, i contadini, i marinai, gli
artigiani, fu facilitato, per la sua professione e per i rapporti personali con la
povera gente, a raccogliere i due volumi dei “Canti popolari siciliani” (Palermo
1 vol Ed Luigi Pedone Lauriel, 1870; 2 vol. Tipografia del Giornale di Sicilia
molti dei quali attinti dalla viva voce della madre; una riedizione dei “Canti
popolari siciliani in due volumi viene pubblicata nel 1981 Ed. Carlo Clausen e
faranno parte dei 25 volumi e precisamente il 1° e 2° della “Biblioteca delle
tradizioni popolari” pubblicata tra il 1871 e il 1913” comprendenti canti
d‟amore, di protesta, giochi, proverbi, indovinelli, fiabe spettacoli, feste,
leggende, usi nuziali, costumi nella famiglia, nella casa del popolo siciliano.
Come il Vigo, il Pitrè non conosceva la musica e non ha potuto scrivere le
partiture degli innumerevoli canti raccolti.
Durante tutta la sua lunga vita si interessò di folklore e insieme a Salvatore
Salomone Marino fondò la rivista di tradizioni culturali e folkloristiche
“Archivio per lo studio delle tradizioni popolari”.
Le fonti del canto popolare 20

Nel 1910 divenne professore universitario di demopsicologia, la scienza che lui


stesso aveva coniato per indicare il folklore.
Fu nominato per i suoi meriti letterari senatore della Repubblica nel 1914.
Tra le canzoni del repertorio di Rosa Balistreri risultano nelle sue raccolte:
Tra viddi e vaddi col nome di Pirati, Lu Verbu; Diu vi manna l‟ambasciata; A la
notti di Natali, Alavò, La Principessa di Carini, Chiovi, Mi votu e mi rivotu;
Nesci, nesci, suli, suli la si ritrova come una delle strofe nella canzone Proverbi
siciliani; Diu vi manna l‟ambasciata; Lu verbu sacciu
Francesco Paolo Frontini, (Catania, 6 agosto 1860 - 26 luglio 1939) musicista
e compositore siciliano, fondatore e direttore per trentasette anni della Banda
civica di Catania. Musicista raffinato scrisse molte opere: "Nella" il
"Falconiere“, "Malia", Fu amico di Giovanni Verga, di Capuana, di Mario
Rapisardi, Victor Hugo, Emile Zola, Federico De Roberto, Puccini, Massene,
con i quali intrattenne rapporti culturali intensi.
«Figlio della sua terra e profondo studioso dell'anima musicale del suo
popolo», così lo definisce Francesco Pastura nel "Popolo di Sicilia", scrisse
quattro opere di raccolta di canzoni siciliane: "Eco di Sicilia“, “Canti della
Sicilia”, "Natale Siciliano“, e “Antiche canzoni di Sicilia”; La prima raccolta
“Eco della Sicilia” Ed Ricordi, comprende cinquanta canti e piacque molto a
Giuseppe Pitrè; fu compilata nel 1893 a ventitre anni per incarico della casa
Ricordi. “Canti della Sicilia” Ed Forlivesi 1890 è una riproposizione di 20 canti
già presenti in “Eco della Sicilia”. "Natale Siciliano", Ed. De Marchi, 1904 è
una raccolta di canti e nenie natalizie. “Antiche canzoni di Sicilia”Ed. Carish
S.A., 1936 è un libretto con le partiture delle più belle ed antiche canzoni
siciliane. Queste quattro raccolte di canzoni con testi e partiture musicali
insieme all‟ultimo lavoro “Canti religiosi del popolo siciliano” Ed Carish S.A.,
1938 (21 canzoni religiose) gli hanno meritato il nome di studioso delle
tradizioni siciliane ed è per questo che oggi viene ricordato a fronte di una
miriade di canzoni, romanze, serenate, melodie, operette che egli componeva e
alle quali ha dedicato gran parte della sua vita.
Salomone Marino Salvatore, medico e folclorista (Borgetto, Palermo, 1847 -
1916); fu uno dei ricercatori più appassionati di canzoni, poesie, costumi,
proverbi e del folklore siciliano in genere. Fu amico di Pitrè con il quale fondò
la rivista “Archivio storico delle tradizioni popolari siciliani” (A.S.T.P.) 1882.
Seguendo l‟esempio del Pitrè ha raccolto canzoni, poesie, proverbi,
scioglilingua ecc. che ha pubblicato in vari volumi: La storia nei Canti popolari
siciliani Tip. Michele Asmenta, 1968 “Canti popolari siciliani in aggiunta a
Le fonti del canto popolare 21

quelli di Vigo”, Ed. Giliberti 1887 (vi sono 748 canti solo in versi); “Canti
popolari siciliani nel secolo XVI, XVII e XVIII” , Palermo 1982 “Costumi e
usanze dei contadini di Sicilia”, 1879 “Spigolature storiche siciliane”, Ed Luigi
Pedone Lauriel, 1887 “Leggende popolari siciliane”, Ed Luigi Pedone Lauriel
1880 “Aneddoti, proverbi e motteggi” illustrati da novellette popolari siciliane;
Il Marino Salomone viene ricordato soprattutto per il libro “La baronessa di
Carini”, Ed. Tipografia del Giornale di Sicilia 1870, ripubblicato in 2 edizioni
da Luigi Pedone Lauriel, 1873 dove oltre al poemetto popolare anonimo del
secolo XVI scritto in dialetto siciliano, l‟autore riporta le sue ricerche storiche
sull‟accaduto con scritti e documenti riportanti le motivazioni del genitore
assassino, e della giustizia spagnola che per motivi d‟onore scagionava il padre
della baronessa.
Nei suoi libri oltre alla citata “La baronessa di Carini” troviamo alcune canzoni
del repertorio di Rosa Balistreri tra questi: Lassarimi accussì al n° 577 del libro
Canti popolari; M‟arrusicu li gradi al n° 591; Nun dormu né riposu a tia
pinsannu al n° 125 è una variante della famosa canzone “Mi votu e mi rivotu”;
Morsi cu morsi al n° 558; Quantu basilicò al n 228; Stanotti la me casa al n°
285; Vinni a cantari ad ariu scuvertu al n° 266;
Alberto Favara (Salemi 01/03/1863 – Palermo 29/09/1923, etnomusicologo e
compositore italiano. Seguì gli studi musicali al conservatorio di Palermo. Si
interessò di storia della musica ed in particolare di quella popolare. Comprese
l‟importanza dello studio della musica popolare ed ad essa dedicò molti anni di
ricerche sul campo, portando all‟attenzione di studiosi e letterati il mondo della
canzone popolare siciliana. Il Favara ha raccolto un migliaio di canti popolari
scrivendo la linea melodica, le parole, il ritmo, annotando altresì paese, nome,
età e mestiere del cantore concludendo con delle note tecniche di straordinaria
importanza. I risultati delle sue ricerche furono pubblicate in vari libri: “Le
melodie di Val Mazara” (1903), “Canti e leggende della Conca d'Oro” (1903),
“Il ritmo nella vita e nell'arte popolare in Sicilia” (1904), “Canti della terra e
del mare di Sicilia” (25 canti Ricordi 1907), “Canti della terra e del mare di
Sicilia” ( 2° volume 20 canti Ricordi 1921). Un terzo volume dei “Canti della
terra e del mare di Sicilia” fu pubblicato postumo dal genero Ottavio Tiby (25
canti Ricordi 1954). Un quarto volume è stato pubblicato nel 1959.
L‟opera omnia con il titolo di “Corpus di musiche popolari siciliane” fu
pubblicata postuma dal genero Ottavio Tiby nel 1957.
Le fonti del canto popolare 22

Presso il Museo etnografico siciliano sono stati depositati dagli eredi i lavori
manoscritti del grande studioso. Tra i libri di Rosa Balistreri è presente un libro
di canzoni siciliane edito dalla figlia di Alberto Favara “Scritti sulla musica
popolare siciliana” che riporta alcune canzoni presenti nel “Corpus”; tra queste
spicca “La leggenda du friscalettu”, e Stanotti in sonnu al n° 177.
Scrisse l‟opera teatrale “Marcellina” .
Altri studiosi della musica popolare siciliana sono: Leopoldo Mastrigli,
Alessio Di Giovanni, Santi Correnti, Giacomo Meyerbeer, Lizio Bruno con
“Canti scelti del popolo siciliano” e molti altri autori minori.
Non tutti i canti del repertorio di Rosa Balistreri compaiono nelle raccolte di
canti siciliani dei vari studiosi, alcune persone che hanno conosciuto Rosa e che
io ho contattato, riferiscono che nel corso della sua attività artistica, la cantante
si fermò in molti paesi siciliani, dove con l‟aiuto di amici fidati faceva ricerche
di canti popolari siciliani, insieme a questi amici si recava dalle persone
segnalate per sentire dalla loro voce le canzoni, prendeva appunti sul testo,
mentre i suoi amici musicisti scrivevano le partiture musicali.
Questo lavoro, poco conosciuto da molti, e che la impegnava quotidianamente,
ha fatto in modo che molti canti popolari venissero salvati dall‟oblio del tempo;
da rimarcare come molti musicisti, compositori, poeti hanno contattato Rosa,
facendole ascoltare le loro composizioni e i canti popolari provenienti dai loro
territori. Rosa prendeva appunti su questi canti e spesso cantava insieme a
costoro quando si esibiva nei loro paesi, dando visibilità a cantautori e
compositori poco conosciuti. Un‟altro punto importante da sottolineare è che
Rosa Balistreri non cantava le canzoni prelevate dalle raccolte dei vari studiosi
come erano state raccolte e trascritte sia dal punto di vista testuale che musicale,
ma Rosa li elaborava secondo la sua creatività poi metteva del suo sia per le
parole che risultavano alla fine un collage di vari testi precedenti sia per la
musica che, seguendo la linea melodica degli studiosi, faceva sua con variazioni
personali, aggiunte o sottrazioni di parti musicali, per cui Rosa, pur non essendo
musicista nel senso stretto della parola, non conosceva infatti gli elementi
musicali, riusciva a variare il contenuto musicale mettendoci il suo estro di
donna popolana e di cantautrice. Per alcune canzoni su testo di Buttitta o di altri
poeti Rosa ha composto la linea musicale per cui è ritenuta anche compositrice
musicale.
23

IL CANTO SICILIANO E LA STRUTTURA POETICA

Un capitolo sulla struttura metrica e musicale potrebbe sembrare inutile o


quanto meno inopportuno invece la conoscenza formale e strutturale di una
canzone, testo e musica, ne tratteggia le caratteristiche intrinseche ed è
indispensabile per chi si occupa di musica e di canzoni.
Ogni canzone è composta di testo e di musica, che possono essere studiate
individualmente prima e poi nel loro insieme, la completezza di una canzone
viene fuori quando testo e musica si integrano, quando gli accenti ritmici del
testo si fondono e combaciano con gli accenti ritmici della musica.
Il testo di una canzone è composta da vari versi; il verso è una riga di una
canzone, la sua unità ritmica più piccola di lunghezza variabile.
È formato da sillabe, che possono variare da due a sedici.
Il ritmo è la cadenza musicale che caratterizza il verso. Esso è dato dal
numero delle sillabe del verso e dagli accenti ritmici disposti secondo
particolari schemi in ogni tipo di verso. Gli accenti ritmici sono gli accenti
fondamentali che cadono sulle sillabe toniche, cioè accentate, dove la voce si
appoggia. I versi si classificano in base al numero delle sillabe di cui sono
composti. Si hanno vari tipi di versi, di cui cinque parisillabi (2, 4, 6, 8, 10
sillabe) e cinque imparisillabi (3, 5, 7, 9, 11 sillabe). Tralasciamo il bisillabo,
trisillabo, quadrisillabo e pentasillabo perché poco usati nella canzone siciliana
e ci soffermiamo sul senario (sei sillabe) che ha due accenti ritmici: uno sulla
seconda e l‟altro sulla quinta sillaba: il settenario di sette sillabe; l‟ottonario di
otto sillabe, questo verso è usato in diverse canzoni siciliane, il novenario di
nove sillabe; il decasillabo di dieci sillabe, ed infine, il più comune nelle
canzoni siciliane, l‟endecasillabo di undici sillabe. Gli accenti
dell‟endecasillabo sono in posizione libera, se si esclude l‟ultimo che cade
sempre sulla decima sillaba; tuttavia gli schemi più usati per gli accenti
principali sono: sulla sesta e sulla decima sillaba 6/10; sulla quarta, ottava e
decima 4/8/10; sulla quarta, settima e decima 4/7/10.
L‟esempio tipico è nella famosa canzone “Vitti na crozza supra nu cannuni”.

Sill 1 Sill 2 Sill 3 Sill 4 Sill 5 Sill 6 Sill 7 Sill 8 Sill 9 Sill 10 Sill 11

Vit- ti na croz- za su- pra nu can- nu- ni

acc acc acc Acc


prin

Endecasillabo 4/6/8/10 acc = accento acc prin = accento principale


Il canto siciliano e la struttura poetica 24

Fermo restando che nell‟endecasillabo l‟accento principale è sulla decima


sillaba, gli altri accenti cadono in modo vario. Spesso gli accenti secondari
cadono sulla quarta sillaba o sulla settima, come in “Cu ti lu dissi”

Sill 1 Sill 2 Sill 3 Sill 4 Sill 5 Sill 6 Sill 7 Sill 8 Sill 9 Sill Sill
10 11

Cu ti lu dis- si ca t‟ha- iu a las- sa- ri

acc acc Acc


prin

Gli accenti possono essere spostati su altre sillabe, per cui l‟endecasillabo è
molto duttile e per questo usato per quasi tutte le canzoni siciliane. In
genere l‟endecasillabo è composto da 11 sillabe, raramente da 10
(endecasillabi tronco) o da 12 sillabe (sdrucciolo)
I versi sono riuniti in gruppi (strofe) di un numero pari di versi con varie
rime. L'unica strofa italiana dispari è la terzina (con rima: ABA); per questo
motivo in genere ne vengono accoppiate due, come nel sonetto,
Le rime possono essere : baciate (AA), nelle quartine, 4 versi, le rime
assumono varia forma AABB, ABAB, ABBA, nella sestina comunemente
ABABAB, ABABCC, nella ottava, otto versi, la rima comunemente è
ABABABAB detta "ottava a siciliana" oppure ABABABCC detta "ottava
toscana". Un accenno all‟accento ritmico musicale. In ogni canzone
bisogna adattare l‟accento del testo all‟accento ritmico musicale che in
genere è dato dal tempo in battere; ad esempio il tempo 4/4 formato da 4
semiminime, di ¼ ciascuno, ha l‟accento musicale forte o primario nella
prima semiminima, e l‟accento secondario nella terza semiminima.
Nel tempo ¾, chiamato anche tempo di valzer, formato da tre
semiminime, l‟accento musicale forte o primario cade sulla prima
semiminima.

Rapportandolo ad una canzone ad Es Vitti na crozza che ha un tempo di


4/4 gli accenti dell‟endecasillabo cadono sulle sillabe 4/6/8/10 mentre gli
accenti musicali coincidono perché cadono sulle stesse sillabe.
Infatti: Vitti na crozza supra nu cannuni sono gli accenti del testo
Il canto siciliano e la struttura poetica 25

accentoforte accento forte accento forte accento forte


accento mezzoforte accento mezzoforte accento mezzoforte

in questo caso c‟è coincidenza tra accento del testo e accento musicale.

Nel caso di un tempo ternario come il ¾ abbiamo l‟esempio di Vitti na


bedda affacciata a finestra con sottolineati gli accenti del testo
dell‟endecasillabo 4/7/10

accento forte accento forte accento forte accento forte

anche in questo caso c‟è coincidenza tra accento del testo e accento
musicale, considerato che il tempo musicale è ternario e l‟accento del testo
viene messo ogni tre sillabe 1/4/7/10.
L'accento ritmico quindi da il ritmo alla canzone. Ogni brano musicale si
divide in accenti forti o deboli organizzati nella cellula ritmica che è la
battuta. Esistono battute binarie, ternarie e quaternarie.
Nella battuta binaria si ha un accento forte e un accento debole. Nella
battuta ternaria generalmente un accento forte e due accenti deboli, nella
battuta quaternaria si hanno un accento forte seguito da un accento debole
e da un accento mezzoforte e poi ancoa uno debole, per distinguerlo
dall'accento forte dell'inizio della battuta.
Il ritmo esiste in natura, esempio l‟alternarsi del giorno e della notte, delle
stagioni, il movimento delle onde del mare, il battito cardiaco o la
respirazione.
La musica non può avvenire senza il tempo. Il ritmo è la disposizione
dei suoni nel tempo. Con questi pochi elementi di metrica del testo e di
ritmica musicale si possono catalogare le varie canzoni, riuscendo a
comprendere meglio le modalità strutturali del testo e della musica di una
canzone.
26

LA STRUTTURA MUSICALE DELLA CANZONE POPOLARE

La struttura musicale della canzone siciliana si ricollega alla struttura


musicale greca e mediovale, che si basava come afferma Ottavio Tiby nel
“Corpus di musiche popolari” di Alberto Favara “ sulla sensazione modale e
non sulla tonale”. Tutta la musica di oggi, dalla scoperta del clavicembalo,
quindi dal 1700 a oggi è musica tonale, ovverossia è organizzata attorno ad un
suono centrale o “tonica”, verso questa tonica gravitano tutti gli altri suoni o
note ed è con la tonica nella quasi totalità dei pezzi musicali che si conclude la
composizione musicale. Gli unici due modi ammessi nella musica tonale sono il
modo maggiore ed il modo minore. La differenza fra i due modi sta nei rapporti
tra le varie note e precisamente nel modo maggiore v'è la sequenza: T-T-S-T-T-
T-S, dove T = tono e S = semitono, ovverossia tra la tonica (prima nota) e la
seconda c'è un tono, così tra seconda e terza c'è un tono, tra terza e quarta un
semitono ecc.
Si può comprendere questo riferendosi alla tonalità di Do maggiore, infatti la
sequenza delle note è Do, re, mi, fa sol, la si, do (tra la tonica Do e la seconda
nota Re c'è un tono, così tra la seconda nota Re e la terza Mi c'è un tono, tra la
terza nota Mi e la quarta Fa c‟è un semitono, importante tra la settima nota Si e
l'ottava Do c'è un semitono, la settima è detta anche sensibile perchè porta
sempre verso la tonica Do.
Tutte le altre 11 scale di modo maggiori rispettano la sequenza dei toni e
semitoni precedenti cioè T-T-S-T-T-T-S per cui ad esempio la scala o tonalità di
Re Maggiore in cui la nota Re è la tonica avremo queste note Re, mi, fa#, sol,
la, si, do#, Re. I rapporti tra i vari gradi, in termini di toni e semitoni, sono
identici alla scala di Do maggiore.
Nella modalità minore la sequenza di toni e semitoni è la seguente: T-S-T-T-S-T-
T per cui nella tonalità di Do minore avremo queste note Do, re, mib, fa, sol,
lab, sib. Do. Con la stessa sequenza di toni e semitoni si formano le altre 11
scale minori.
Nella musica siciliana antica (ne sono esempi le mille e più canzoni del “Corpus
di musiche popolari siciliane” di Alberto Favara) prevale la musica modale e
non tonale; la modale si rifà ai canoni musicali della musica greca e mediovale
dove oltre al modo maggiore e minore esistevano altri modi con sequenze di
toni e semitoni diverse dalle due sopra riportate.
Abbiamo così sette modi (ionico uguale alla modalità maggiore, dorico, frigio,
lidio, misolidio, eolio uguale alla modalità minore, locrio.
Dello ionico o maggiore e dell'eolio o minore ne abbiamo già parlato, gli altri
hanno una struttura sequenziale di toni e semitoni diversi.
La struttura musicale della canzone siciliana 27

Queste altre modalità (dorico, frigio, lidio, misolidio, locrio) vengono formate a
partire da ogni grado della scala naturale, proseguendo nella scala naturale
senza l'intervento delle alterazioni (diesis o bemolle). I nomi di queste modalità
vengono date dalle regioni greche e dalle corde usate nel tetracordo (specie di
chitarra con quattro corde) nelle varie regioni della Grecia.
Ad esempio il dorico si forma a partire dal secondo grado Re con questa
sequenza di note: Re, mi, fa, sol, la, si, do, Re e con questa sequenza di toni e
semitoni: T-S-T-T-T-S-T che è diversa dal modo maggiore e minore, infatti fra il
secondo e terzo grado, quindi fra il mi e il fa c'è il semitono.
Il modo frigio si forma a partire dalla terza nota Mi con questa sequenza di note:
Mi, fa, sol, la, si, do, re, Mi e con questa sequenza di toni e semitoni: S-T-T-T-S-
T-T. Risultano nuove scale armoniche che una volta erano usate per le canzoni
di allora.
Il modo Lidio nasce dalla sequenza di note a partire dal 4 grado Fa, il modo
Misolidio a partire dal 5 grado Sol, il modo Locrio a partire dal settimo grado
Si.
Nelle molte canzoni del Corpus del Favara 335 sono in modo dorico, 23 frigio,
145 lidio, 5 misolidio. (1)
Il nostro orecchio musicale, abituato alla musica tonale, mal comprende le altre
modalità, che assomigliano a musiche arabe, indiane ecc. Una volta invece
epoca greca e mediovale le altre modalità erano comuni e l'orecchio era
assuefatto alle altre modalità.
Le canzoni del repertorio della Balistreri sono tutte riconducibili alle due
modalità oggi affermate, la maggiore e la minore non trovandosi quindi le altre
modalità primitive.
La struttura musicale della canzone siciliana è molto semplice, come semplice e
genuino è il popolo che la canta e si fonda su pochi e scelti accordi, su una linea
melodica, frutto dell‟integrazione di dominazioni varie, di connubio con civiltà
diverse; è caratterizzata dalla trasmissione orale e da una struttura formale e
compositiva poco elaborata.

1) Il Favara ha usato la classificazione modale greca, questi modi nell'attuale


classificazione modale che discende dagli aggiustamenti modali effettuati nel medioevo
dalla musica gregoriana, sulla quale si basa la musica attuale sono chiamati
diversamente: il modo dorico greco (3 grado mi) viene chiamato frigio, il modo frigio
greco (2° grado re) viene chiamato dorico, il lidio greco (1° grado do) viene chiamato
ionico o maggiore, il misolidio greco (7 grado) viene chiamato locrio.
La struttura musicale della canzone siciliana 28

C‟è da premettere che quasi tutte le canzoni del repertorio di Rosa Balistreri
sono canzoni popolari e quindi di autore sconosciuto, rimaneggiate nel corso
degli anni e cantate dal popolino che spesso non ha nozioni di musica
approfondita e usa pochi accordi per accompagnarsi alla chitarra; come per tutte
le canzoni popolari di qualsiasi parte della terra gli accordi suonati sono quelli
di tonica, di quarta o sottodominante e di quinta o dominante; sicuramente
musicisti molto validi riescono ad accompagnare le canzoni siciliane
usando molteplici accordi, nel nostro caso ci soffermeremo solo agli
accordi di tonica, sottodominante e dominante.

Parliamo di accordi perchè la canzone siciliana viene accompagnata da


strumenti a corde, chitarre violini etc. Un accordo è dato dalla simultaneità di
due o tre note in genere per intervalli di terze.
Per fare un esempio nella tonalità o nella scala di Do Maggiore la nota centrale
è il Do che viene chiamata tonica, nella tonalità o scala di Sol Maggiore la nota
centrale su cui gira tutta la canzone è il Sol, che viene chiamata tonica.
Due sono le modalità usate oggi la modalità maggiore e la modalità minore. La
prima è usata solitamente per canzoni vivaci, allegre, la seconda per canzoni
meno vivaci, tristi, dolorose.
L‟accordo di tonica maggiore è formato dalla note base, e dalla terza maggiore
insieme alla dominante o quinta. Nel tipico accordo di Do Maggiore abbiamo il
contemporaneo sovrapporsi quindi della nota Do con il Mi e con il Sol. (vedi
esempio: tonica di Do Maggiore)
L‟accordo di tonica minore è formato sempre dalla tonica, dalla terza minore e
dalla dominante.
Quindi avremo Do insieme al Mi bemolle e al Sol. Come si nota la differenza
con l‟accordo maggiore e quello minore è tutto sulla terza, (chiamata anche
modale perché da il modo maggiore o minore), che è maggiore nell‟accordo
maggiore e minore nell‟accordo minore. La tonica e la dominante sono presenti
in tutte e due le tonalità maggiore e minore, (nell‟esempio Do e Sol) mentre
cambia la terza che è Mi nell‟accordo maggiore e Mi bemolle nell‟accordo
minore.
Per terza maggiore si intende l‟intervallo esistente tra due note distanti fra
loro 4 semitoni, cioè 2 toni Es- Do-Mi. Per terza minore si si intende l‟intervallo
esistente tra due note distanti fra loro 3 semitoni, cioè 1 tono e mezzo Es Do-
Mibemolle
La struttura musicale della canzone siciliana 29

Do# Re# Fa# Sol# La# Do#


Reb Mib Solb Lab Sib Reb
Tonalità Do Magg = Tonalità Do minore =
Terza maggiore + Terza minore +
Terza minore = Terza maggiore
Do Do
Mi Mi bemolle
Sol Sol

Do Re Mi Fa Sol La Si Do
Tonica sottodominante dominante

Il semitono è la distanza minima fra due note (Es. passaggio da Do a Do#); lo


stesso da Re a Reb c‟è un semitono. Per tono si intende la somma di due
semitoni (Es il passaggio da Do a Re avviene passando da Do a Do# primo
semitono e da Do# a Re secondo semitono, quindi da Do a Re vi sono due
semitoni ovverossia un tono.
L‟accordo di quarta o sottodominante nella tonalità maggiore è uno dei tre
accordi molto usati ed è formato dalla 4 nota a partire dalla tonica (Fa nella
tonalità Do Maggiore, insieme alla sua terza maggiore (La) ed insieme alla
tonica Do (quindi Fa La Do) l‟accordo di sottodominante nella tonalità Do
Maggiore è il Fa Maggiore.
L‟accordo di quarta o sottodominante nella tonalità minore è formato dalla 4
nota dalla tonica quindi il Fa insieme ad una terza minore (La b) e alla la tonica
(Do). L‟ultimo dei tre accordi fissi utilizzati è l‟accordo di dominante o di
quinta (è la quinta nota dalla tonica) è un accordo di appoggio che tende a
risolversi sempre all‟accordo di tonica; è formato dalla 5 nota dalla tonica, dalla
sua terza maggiore seguita dalla terza minore (quindi nella tonalità Do
Maggiore avremo le seguenti note Sol Si Re, accordo di dominante, che con
l‟aggiunta di un‟ulteriore terza minore si trasforma in accordo di dominante
settima Sol Si Re Fa. La quarta nota di questo accordo è sempre la settima nota
a partire dalla tonica che si chiama sensibile e che necessita per forza del
passaggio alla tonica non potendo restare la canzone in sospeso, mentre il
La struttura musicale della canzone siciliana 22
30

passaggio all‟accordo di tonica porta la canzone nello stato di quiete, e lo si


ritrova quasi sempre alla fine di una canzone. L‟accordo dominante è uguale per
la tonalità maggiore e per quella minore

Conoscere le tonalità è importante per chi suona o canta canzoni, perché


permette di poter alzare o abbassare la tonalità in modo da adeguarla alle qualità
canora del cantante. Vi sono in pratica tante tonalità quante sono le note in una
tastiera di pianoforte (sette note bianche e 5 nere, quindi 12 tonalità maggiore e
12 tonalità minore, (in realtà pur essendo 12 se ne contano di più perché le
tonalità delle note in nero prendono doppio nome ad esempio la tonalità del Do#
(diesis) viene chiamato anche Rebemolle per cui 2 sarebbero in teoria, ma 1 in
pratica, oppure la tonalità di Do bemolle è la stessa di quella di Si.
Normalmente non si usano tutte e 12 tonalità, Rosa Balistreri ne usava poche,
perché le sue conoscenze musicale ed in particolare della chitarra erano limitate a
pochi accordi, quelli essenziali per potersi accompagnare da sola in un concerto.
Le tonalità e quindi gli accordi che la cantante licatese usava erano del Do
Maggiore, Re Maggiore, Fa Maggiore, La Maggiore e Sol Maggiore, mentre le
tonalità minori più usate erano il La minore, il Re minore, il Mi minore.
Gli strumenti musicali e la danza 31

GLI STRUMENTI MUSICALI E LA DANZA

Molti canti popolari, nati per svago o per aiutare con il loro ritmo il lavoro
non hanno bisogno di accompagnamento musicale, alcuni invece come le
serenate, i canti religiosi processionali o natalizi si avvalgono di strumenti
musicali semplici quali chitarre, tamburini, fisarmoniche, ciaramelle etc.
Gli strumenti usati nella musica popolare siciliana possono essere divisi in
strumenti a corde: mandolino, chitarra, a volte violino o violoncello, strumenti a
fiato (lo zufolo o flauto di canna detto anche friscalettu, ciaramella o zampogna
specie per i canti natalizi, “la quartara o bummulu” (è un vaso di creta che viene
suonato soffiando all‟interno in un modo particolare e caratteristico che ne
determina un suono da basso) “a brogna”, (grossa conchiglia) e strumenti a
percussione: lo scacciapensieri “marranzano, mariolo o „gannalarruni”, “u
tammureddu” siciliano (oltre alla pelle tesa presenta piccole piastre metalliche
accoppiate e girevoli su un filo di ferro), il cerchietto , “circhettu” è una specie di
tamburello vuoto con piastre metalliche accoppiate e a volte campanellini, viene
battuto con un polso per segnare il ritmo e spesso in coppia con la ciaramella,
“u tammurinu”, tamburo di circa 60 cm di diametro, ed infine “u timpanu”,
strumento triangolare in acciaio e le castagnette, specie di nacchere in legno.
La musica popolare è spesso collegata col ballo e serve da supporto alla danza,
pensiamo alla canzone “Abballati, abballati, fimmini schetti e maritati” il canto e
la musica di questa canzone si sublima e si completa con la danza, per cui
canzone e danza diventano un tutt‟uno.
Balli come la tarantella (di origine calabro-pugliese) acquistano vitalità e
nuova linfa in terra di Sicilia, così come la controdanza e il balletto siciliano
ballato ormai soltanto dai gruppi folkloristici.
32

I LIBRI EDITI SU ROSA BALISTRERI

Pochi sono i libri che parlano di Rosa Balistreri.


Il più completo con fonti certe è il libro di Giuseppe Cantavenere:
“Rosa Balistreri”: una grande cantante folk racconta la sua vita, 1992, Editore
La Luna, pag. 100 con prefazione di Paolo Emilio Carapezza.
Il libro racconta la vita della cantante narrata dalla stessa Rosa Balistreri e
registrata dall‟autore dalla viva voce della cantante; l‟autore ha limato e
sistemato il racconto di Rosa dandogli quella fluidità e quell‟unicità di
racconto che porta il lettore a leggere tutto d‟un fiato il libro.
E da premettere che la vita di Rosa è raccontata dalla stessa Rosa, per cui
se da una parte chi meglio di lei stessa poteva conoscere le sue vicende, può
accadere d‟altra parte che alcuni fatti o personaggi possono avere una visuale
di parte perché chi scrive sulla propria vita può non essere obiettivo, vuoi
perchè vede determinati fatti solo dalla propria angolazione, vuoi perchè può
nascondere situazioni e fatti incresciosi che possono deturpare la propria
immagine, ne è esempio la figura del marito Gioacchino Torregrossa detto
“Iachinazzu” rappresentato da Rosa come un losco personaggio, definito da lei
“latru, „mbriacuni jucaturi” mentre altri lo descrivono come travagliaturi (1),
altri lo definiscono “un uomo del suo tempo” nel quale l‟autorità in famiglia
era di pertinenza maschile e questa autorità la faceva valere anche con la
violenza, cosa comune a molte famiglie dell‟epoca in cui la cinghia oltre che a
sostenere i pantaloni era usata come strumento pedagogico per i figli o di
sottomissione per le mogli.
Fatta questa premessa il libro lo si può dividere in quattro parti: la tragica e
appassionata vita licatese (comune a molti licatesi dell‟epoca e determinata
dalla povertà presente in larghi strati della popolazione) conclusasi con la
prima esperienza del carcere a Licata per il tentato omicidio del marito, la
seconda parte: la vita palermitana (prosecuzione di eventi tragici con seconda
esperienza nel carcere del capoluogo siciliano: Ucciardone) ed inizio del
riscatto con l‟imparare a leggere e a scrivere; la terza parte: la vita fiorentina
con le ulteriori vicende negative dell‟omicidio della sorella Maria e
dell‟impiccagione consequenziale del padre sul Lungarno, ma con l‟apertura
di una bottega di frutta e verdura e l‟acquisizione di un lieve benessere
economico, il rapporto con il pittore Manfredi, la conoscenza del poeta
Buttitta, del cantastorie Busacca, il rapporto con Dario Fo, i primi dischi e i

1) vedi il libro su Rosa Balistreri di Camillo Vecchio "U cuntu ca cuntu. La vita di Rosa
Balistreri", a pag 32.
I libri editi su Rosa 33
primi concerti specie alle feste dell‟Unità; la quarta parte: il ritorno a
Palermo da cantante riconosciuta, i concerti nelle feste paesane e nei teatri
siciliani, il teatro, la televisione, l‟incisione di ulteriori dischi, le tourneè
all‟estero, la frequentazione di Buttitta, Sciascia, Guttuso, Marcello
Carapezza ed altri siciliani importanti che danno ulteriore avvallo alla
grandezza di questa artista che con la acquisita tranquillità economica da il
meglio di se stessa venendo così riconosciuto in tutto il mondo il suo valore
artistico, gli ultimi anni con le difficoltà anche economiche derivate dal
diminuito interesse per la musica siciliana e folkloristica in genere per
l‟affermazione di altri generi musicali, ed infine la morte improvvisa per
ictus cerebrale.
Il libro è di notevole interesse non solo per le notizie sulla vita
dell‟artista, ma soprattutto perché da uno spaccato della vita della
popolazione licatese degli ultimi anni del fascismo, degli anni della seconda
guerra mondiale, degli anni post bellici ma anche della vita palermitana e
fiorentina, degli anni della rinascita economica italiana dal 1960 fino al
1980, della vita culturale palermitana e siciliana in genere.
Nel libro viene descritto il modo di vivere di quegli anni, le case della
povera gente, la mancanza del lavoro e l‟arte d‟arrangiarsi della gente
comune per poter mangiare e vivere, i vari umili lavori, andare a “spicari”
(1), raccogliere lumache, verdura selvatica, fare la lavandaia o la “criata” (2).
Vi vengono descritti le modalità dei matrimoni, il cosiddetto matrimonio “a
banca” civile, contratto al comune e che seppur valido a tutti gli effetti legali
era visto come una promessa e a volte fatto per poter prendere quei soldi (la
matrimoniale) che lo Stato italiano, (periodo fascista), dava alle nuove
coppie che convolavano a nozze con lo scopo non del tutto recondito di
mettere al mondo figli, un giorno soldati; il tipico matrimonio “purtatu” (3)
di allora celebrato non per amore ma per patto e convenienza tra famiglie per
cui gli sposi non si conoscevano nemmeno ma subivano la volontà dei
genitori nella scelta del partner.
Questo libro si sofferma molto sulla vita licatese, palermitana, fiorentina,
poco invece si sofferma sulla vita di Rosa cantante affermata, sui concerti

1) raccogliere le spighe rimaste a terra dopo la mietitura del grano


2) cameriera presso le famiglie agiate 3) portato da persone combinatori di matrimoni.
.
I libri editi su Rosa 34

effettuati, sui posti di residenza, sull‟esperienze teatrali e televisive, sulle


tourneè in Italia ed all‟estero, forse Rosa per umiltà preferì non soffermarsi su
questi aspetti, che a mio parere sono importanti per poter comprendere la
personalità e la vita artistica di Rosa.
Il libro del Cantavenere al momento non si trova nelle librerie perché esaurito,
sarebbe opportuno un‟ulteriore ristampa, considerato l‟importanza che riveste
per le notizie di prima mano dettate dalla stessa Rosa Balistreri.
Un altro libro su Rosa Balistreri è: “Rosa Balistreri”, l'ultima cantastorie,
Edizione La Vedetta - Licata 1996, pp. 48, ne è autore lo storico licatese preside
Calogero Carità, con articolo iniziale di Melo Freni, tratto dal disco “Terra che
non senti” (1973 , Cetra Folk).
E‟ un piccolo libro che contiene 10 pagine sulla vita di Rosa Balistreri e nelle
restanti pagine i testi di alcune canzoni del repertorio di Rosa Balistreri. Lo
stesso autore nell‟introduzione afferma che più che una biografia il libro è “una
rievocazione delle vicende umane di Rosa Balistreri”. Questo libro ha un
formato più ridotto del libro del Cantavenere, ma racconta in poche pagine la
vita di Rosa Balistreri nelle sue varie fasi: vita licatese, palermitana, fiorentina,
artista affermata, declino.
Il libro scorre in modo fluido e appassiona il lettore; si fonda su ulteriori
ricerche effettuate a Licata dall‟autore, su interviste alla stessa Rosa ed a persone
che l‟hanno conosciuta, su ricerche su riviste e recensioni dei dischi,
sull‟intervista rilasciata dalla cantante al giornalista Francesco Pira, si può
certamente affermare che l‟autore ha la “forma mentis” dello storico; la vita
narrata però segue passo passo quella scritta dal Cantavenere che quindi sembra
essere la fonte primaria di notizie per lo storico licatese.
A differenza del Cantavenere, nel cui libro si nota la partecipazione attiva
narrante della cantante, nel libro di Carità i fatti sono riportati nudi e crudi senza
quindi lasciarsi andare a riflessioni sugli stessi eventi accaduti, cosa comune agli
storici che danno il resoconto degli avvenimenti lasciando ad ogni lettore
l‟immaginazione che questi fatti producono. Il libro è ben fatto, è abbastanza
piccolo e in mezz‟ora si riesce a leggere la vita di Rosa e a tutt‟oggi è possibile
richiederlo contattando il giornale licatese la Vedetta.
Veramente tristi sono i fatti raccontati in tutti e due libri, in modo conciso dal
Carità e in modo più ampio e partecipato dal Cantavenere, la tragica storia della
vita di Rosa, la miseria, la fame, le disavventure del matrimonio imposto, le
violenze subite anche quelle carnali, il carcere e poi il susseguirsi temporali di
tante disgrazie: perdita di figli per violenza fisica o psichica, la morte violenta
I libri editi su Rosa 35

della sorella e del padre. Forse mai tante disgrazie, tanta malasorte, sono
piombate su una stessa persona; probabilmente molti di noi nelle sue
condizioni sarebbero impazziti o si sarebbero suicidate, in verità ci ha
tentato la stessa Rosa senza riuscirci, ma da queste disgrazie Rosa ha
saputo trovare con tenacia la forza del riscatto con il canto, la stessa
pervicacia con cui la malasorte si era accanita contro la sua persona, Rosa
ha saputo mostrare mettendo la forza d‟animo, il coraggio, la sua
indomabile grinta nella vita e nel canto; solo conoscendo la vita travagliata
di Rosa si comprende la forza del suo canto, la sua voce stridente e
possente, le sue interpretazioni teatrali, la sua rinascita, la voglia di
riscatto. Neanche le più dure tragedie hanno fiaccato l‟animo di questa
indomabile siciliana.
Un altro libro su Rosa Balistreri è stato scritto da Camillo Vecchio,
giornalista decano di Licata : "U cuntu ca cuntu. La vita di Rosa Balistreri"
(Gruppo Edit.DMG). stampato a San Cataldo, 192 pagine.
E‟ un libro un pò particolare, perché, prendendo lo spunto dal racconto
della vita di Rosa Balistreri e dei personaggi vicini alla cantante, diventa
un ricco repertorio di usi e costumi del popolo licatese. La vita di Rosa
serve come collante all‟autore per raccontare la vita della povera gente
licatese, specie del quartiere Marina ed in particolare della via Martinez,
dove viveva Rosa Balistreri, le credenze popolari degli anni del fascismo e
del periodo postbellico: “patruneddi casa” (1), “ a draunara” (2), a “Ran
Gela” (3), a Petra da Provvidenza, (4), “u cunzulu” (5), personaggi tipici
licatesi come “Ciciu a moscia”, uno scemo del paese, “don Bilasinu” un
esperto falegname, a “za Ninidda a Caraia” barometro del quartiere
Marina, a “Za Mena a Missina” che con le preghiere leva i “vermi” degli
infanti, e le orfanelle del Carmine che dietro pagamento alla Madre
Superiore facevano ala orante nei cortei funebri con le loro preghiere ma è
anche un libro di eventi storici: il re dello zucchero di Cleveland “Puppinu
u Nardu” detto Sugar King, il periodo fascista con le gaffes del Duce, lo
sbarco degli americani a Licata, la rivolta licatese del 1944. E‟ un prezioso
libro dei tempi che furono, una testimonianza storica della vita di tutti i
giorni, delle paure della povera gente, delle terapie delle guaritrici contro le
varie malattie, di alcuni personaggi tipici veramente esistiti a Licata.
Molto si sofferma l‟autore sul marito di Rosa “Iachinazzu” lo chiama
Giacomo Torregrossa (in verità il suo nome è Gioacchino) definendolo
1) spiriti benigni delle case 2) la megera che si trasforma in tromba marina inghiottendo
barche e marinai 3) un sotterraneo misterioso 4) un sasso in fondo al mare con poteri
magici. 5) il pranzo portato dai parenti stretti ai familiari di un morto
I libri editi su Rosa 36

“Iachinu u curaggiu” per via del coraggio dimostrato allorché un bambino


era caduto in un fosso contenenti liquami (lo smaltimento tramite la rete
fognaria ancora non esisteva) e Iachinu coraggiosamente si gettò in mezzo
ai liquami per salvare il bambino.
L‟autore del libro sostiene che “Mba Iachinu” (Compare Iachinu) fosse
un uomo normale, lavoratore, certo si arrangiava in quel periodo di fame
con tutti i mestieri occasionali, facchino alla stazione ferroviaria, bagnino
in estate, pescatore di sarde, raccoglitore di conchiglie con le quali
adornava i bummuli (1), certo non era uno stinco di santo, alla buon‟ora
faceva roteare la cinghia facendola posare sulle spalle della moglie, ma il
Vecchio afferma che lo facevano molti padri di famiglia in quel periodo,
era frequentatore di “putii do vinu” (2), ma molti uomini finendo il lavoro,
passavano qualche oretta alzando il gomito nelle “putii” e questo era
ritenuto normale.
Ma, se il comportamento di Iachinazzu era comune a molti uomini di
quel tempo, perché le brutte parole su di lui dette da Rosa? Secondo
l‟autore il motivo è da ricercarsi in tanti fatti: nell‟affetto che Rosa aveva
per il cugino Angelino e che avrebbe voluto sposare, nella forzatura dei
genitori di farla sposare con Iachinazzu senza la sua volontà, nell‟inganno
perpetrato da Iachinazzu per possederla con la forza e poi i frequenti litigi
con annesse legnate a “levapelo”, specie quando era ubriaco, il non avere
un lavoro fisso e quindi un‟entrata economica tanto da costringere la
moglie ad andare come “criata” (3) nelle case delle persone agiate, tutte
queste cose hanno rotto totalmente la fiducia reciproca e il Vecchio afferma
che Rosa diede un colpo di lima al marito ferendolo gravemente al collo
tanto da andarsi a costituire perché lo riteneva morto, coscientemente
perché la vita per Rosa era diventata impossibile e che la scusante del furto
del corredo del bambino fosse falsa, mentre la verità è che il rapporto di
coppia si era molto deteriorato e per i frequenti litigi e botte ricevute, tanto
che Rosa si sia vendicata bell‟apposta colpendolo al collo con un colpo di
lima. Io, personalmente, dalle mie ricerche, parlando con varie persone che
hanno conosciuto il marito di Rosa ho potuto appurare come Iachinazzu
viene descritto un “bravu cristianu, travagliaturi”.
Dal libro di Vecchio traspare una Rosa, per niente rassegnata a subire,
una donna emancipata, per quei tempi, maschiaccio da bambina, capace di

1) piccoli vasi in creta 2) botteghe di vino sfuso 3) cameriera


I libri editi su Rosa 37

azzuffarsi con i più forti bambini del quartiere, una donna bella, coi capelli
biondi (cosa non comune per l‟epoca) desiderosa di riuscire nella vita, capace di
ogni cosa pur di arrivare al suo traguardo, una donna attraente che si faceva
guardare e questo per Iachinazzu, uomo di quell‟epoca in cui il femminismo era
di la da venire e in cui comandava il maschio in famiglia, non era accettabile e
da questo contrasto tra la forte personalità di Rosa e quella del marito si ha il
cortocircuito che porta all‟accoltellamento con la lima e alla separazione. Da
quel momento, separatosi dalla moglie, Iachinazzu frequenta le botteghe di vino
giornalmente e si unisce ad altri amici ubriaconi e diventa alcolizzato per
dimenticare la sua triste storia con Rosa. Finisce la sua vita a Ventimiglia, dove
disintossicatosi dall‟alcool “esercitò tutti i mestieri con molta dignità”. E‟
l‟unico libro che mostra varie foto di “Iachinazzu”,
Se per i tre quarti del libro di Vecchio la vita di Rosa è solo un filo
conduttore mentre la protagonista assoluta è Licata con le sue viuzze, la sua
gente, le credenze popolari con i personaggi tipici, l‟ultima parte del libro è
dedicata a Rosa Balistreri e particolarmente alla vita fiorentina di Rosa, il suo
inserimento nella vita sociale e culturale, la sua spregiudicatezza nel lavoro di
fruttivendola e nel rapporto con gli uomini. E poi il successo, l‟incontro con
Franca Rame, moglie di Dario Fo, lo spettacolo “Ci ragiono e canto”, i primi
dischi, la televisione, i concerti, e la sicurezza economica.
Il Vecchio ci presenta una Rosa Balistreri ormai donna matura, famosa, ma
sempre popolana, rimarca la sua generosità e l‟aiuto dato a quanti bussavano
alla sua porta, l‟amore e la nostalgia per Licata, per le viuzze della Marina, per i
luoghi della sua fanciullezza ed adolescenza. Ci mostra una Rosa reale,
disinibita, in carne e ossa con i suoi difetti e i suoi pregi.
Un ultimo capitolo lo riserva all‟amicizia con Amalia Rodriguez, la regina
del Fado portoghese, gli apprezzamenti che Amalia rivolge a Rosa, ormai
riconosciuta artista mondiale nel genere folk e poi la tragica morte per ictus.
V‟è un ultimo libro su Rosa, scritto dal pediatra Dott. Vincenzo Marrali,
ma ancora non pubblicato: “Morire… davvero” Lo stesso autore dice del suo
libro: “Non è una storia inventata, ma la realtà è stata vista e descritta con gli
occhi del ricordo fantastico e della nostalgia di anni infantili, in cui il gioco
comune è stato il momento più gioioso di un'infanzia per altri aspetti non
felice”.
Il nome di Rosa Balistreri è cambiato in Anna Lauria, Bologna è Firenze,
via Adamo è vìa Martinez e sono il contraltare delle viuzze in cui sì svolse la
prima parte della sua vita, la più difficile e, insieme, quella dei sogni e della
I libri editi su Rosa 38

spensieratezza. Così questo ricordo non è solo fantasia. Tanti discorsi,


riportati nel libro, sono frutto di una libera trascrizione di un dialogo avuto
con Lei, in occasione di un incontro quando Lei era già un'artista
affermata.
E' vero il legame con la chitarra, che molto probabilmente (Rosa non ne ha
mai voluto parlare) ha avuto un ruolo nel ferimento del marito. Il
Filippazzo del libro è quello della realtà: Iachinazzu. E' vero il risentimento
di Rosa verso tanti concittadini e verso i responsabili della "Cosa pubblica"
del tempo e forse per questo anomalo rapporto, dice lo stesso Marrali, “ ho
dovuto io, suo compagno di giochi infantili, far stampare e affiggere sui
muri della città l'annuncio della morte di Rosa.
Era il minimo che io potessi fare per omaggio alla Sua umanità, sofferenza
di donna, e alla grandezza di artista, che comunque ha amato
profondamente la sua terra, cantando con il cuore, prima che con le corde
vocali.”
Un ulteriore libro su Rosa Balistreri è stato scritto, ma ancora non
pubblicato dalla cantante folk palermitana, Serena Lao: “Un sogno... una
Rosa”. (1) L‟artista ripercorre nel libro i suoi incontri con Rosa, dapprima
occasionali, poi sempre più assidui per l‟amicizia profonda e sincera che li
ha legati per tanto tempo. Il libro sottoforma di rappresentazione musicale
e teatrale con momenti di lettura e momenti canori è stato presentato
all‟Assemblea Regionale Siciliana ottenendo un grandissimo successo.

1) vedi la testimonianza di Serena Lao a pag.164-168 e note sulla vita ed attività artistica
a pag. 94.
39

ROSA E IL FENOMENO RELIGIOSO.

Qual è il rapporto tra Rosa Balistreri e la religione?


Ascoltando alcune canzoni di Rosa ed in particolare “Mafia e parrini”, “La
ballata del prefetto Mori” ed altre il giudizio sulla religione ufficiale, quella
guidata dal papa è netto: sia la mafia che i preti sono su uno stesso livello di
sopraffazione contro la povera gente.
Questo giudizio è altamente influenzato dalle persone che Rosa frequenta e
che chiama i suoi amici, Buttitta, Sciascia, personaggi vicino al Partito
Comunista, simpatizzanti ed esponenti di rilievo del partito. La posizione del
Partito comunista nei confronti della religione è stata sempre chiara, basta
guardare alla situazione religiosa nella Russia comunista, dove il Partito
Comunista aveva preso il potere, (l‟abbattimento del muro di Berlino con la
caduta dei regimi comunisti avverrà dopo la morte della cantante): le chiese
venivano chiuse, i preti arrestati, i simboli religiosi abbattuti, v‟era una sola
religione: l‟ateismo. Karl Marx, alla cui visione si rifaceva il Partito
comunista aveva detto: “La religione è il singhiozzo di una creatura
oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, lo spirito di una condizione
priva di spirito. È l'oppio dei popoli. Eliminare la religione in quanto
illusoria felicità del popolo vuol dire esigere la felicità reale” Rosa
Balistreri, frequentatrice abituale ed assidua delle case del popolo, fece sua
questa posizione a tal punto che non volle avere alla sua morte i funerali
religiosi.
Per poter comprendere appieno il rapporto tra Rosa e la religione bisogna
però ascoltare tutte le canzoni di Rosa.
Alcune di queste canzoni, i cui testi sono presenti nelle raccolte del Vigo,
del Pitrè, del Favara, risalgono a tempi antichissimi, Rosa ha asportato la
polvere del tempo, le ha fatte sue e le ha cantate. Sono le canzoni natalizie,
sono le canzoni religiose del Venerdì Santo, sono le ninne nanne: “La notti di
Natali, Maria di Gesù, Lu verbu, Vènniri santu, Vènniri matinu, La
ciaramedda, Nni la notti trionfanti, Ora veni lu picuraru, Filastrocca a lu
bamminu, Diu vi la manna l'ambasciata. Bammineddu picciliddu, Avò”. La
religiosità che sgorga fuori da queste canzoni è la religiosità semplice, del
popolo siciliano che ha sempre avuto fede in Dio e che anche nel periodo di
invasione e sottomissione turca ha conservato la propria fede e la religione.
Se si ascoltano attentamente le canzoni religiose si sente un‟altra voce di
Rosa, più dolce, meno stridente, direi una voce religiosa, non si può rimanere
insensibile ascoltando “Venniri matinu” al dolore della Madonna, la voce di
Rosa ed il fenomeno religioso 40

Rosa è la voce dell‟Addolorata che cerca suo figlio; è qui che si capisce che Rosa
non è atea, Rosa fa parte del popolo siciliano, che è fortemente religioso, è una
tra le più belle rose siciliane, e da Lei, mentre affronta i temi religiosi, esce fuori
una religiosità schietta, sincera. Basta ascoltare il finale di “Avò” “Ora
s‟addummisciu, la figghia mia, guardatimilla vui, Matri Maria.” per comprendere
con quale dolcezza, con quanto amore raccomanda la figlia alla Madonna, è una
preghiera accorata di chi non solo crede alla Madonna, ma di chi affida il bene
supremo di ogni donna: i figli alla Madre Celeste.
Questo è il mio pensiero che del resto contrasta con altre canzoni di aperto
contrasto con la religione e i preti. In alcune canzoni la mafia ed i preti e quindi
la religione sono uno dei mali che affliggono la povera gente. Molto si è parlato e
scritto sui rapporti tra mafia e religione. Augusto Cavadi nella ”Storia della
chiesa” afferma “Gli eventi storici, sino agli episodi più recenti, insegnano che i
rapporti fra mondo cattolico e ambienti mafiosi ci sono stati e non senza
conseguenze di rilievo, spesso in piccoli paesi rurali, anche se in pochi episodi.
Queste situazioni di stretto rapporto tra mafia e preti, riportano alla mente alcuni
versi del poeta dialettale Ignazio Buttitta (Bagheria 1899 - 1997), autodidatta e
profondamente ancorato alla cultura siciliana, scritti proprio per una canzone che
canterà Rosa. “Mafia e parrini (preti) si dittiru la manu: / poveri cittadini, / poviru
paisanu! /…../ - oppure - chi semu surdi e muti? / rumpemu sti catini! / Sicilia
voli gloria, / né mafia né parrini!” nella canzone “Mafia e parrini” ed ancora “se
pensu ca la mafia è nda l‟artari.” nella canzone “La ballata del prefetto Mori”.
Bisogna però ricordare che esistono preti che si sono schierati e si schierano
ancora oggi dalla parte di chi subisce le angherie e l‟invadenza opprimente degli
uomini della mafia, consci della forza bruta della mafia che si vendica di chi osa
contrastarla con atroci ritorsioni anche fino alla morte.
Così è stato per don Pino Puglisi che, svolgeva quotidianamente azione educativa
e sociale in contesti economici depressi e in mezzo a bambini che crescono nelle
strade, come nel famoso quartiere Brancaccio di Palermo, dove venne ucciso il
15 settembre 1993, su mandato dei fratelli Graviano, da Salvatore Grigoli, il
quale, in uno dei tanti interrogatori, affermava “per noi la chiesa era quella che se
c‟era un latitante mafioso, lo nascondeva. Sapevamo che la chiesa di padre
Puglisi era sempre stata una chiesa diversa”. E questo la mafia non lo poteva
consentire. Basta ricordare il famoso discorso di Giovanni Paolo II nella valle dei
templi dove rivolgendosi agli uomini della mafia affermava con forza: “Pentitevi,
verrà il giorno in cui dovete rendere conto delle vostre azioni”.
Bisogna distinguere il ruolo che Rosa aveva assunto pubblicamente con la
partecipazione a molti concerti dell‟Unità dove si uniformava alla dottrina del
Partito Comunista e da qui la canzone “Mafia e parrini” o “Lamentu di un servu a
Rosa ed il fenomeno religioso 41

Cristu” in cui Cristo è trasformato in rivoluzionario e afferma “cu voli giustizia si


la fazza”, dal ruolo privato, personale bene espresso nelle canzoni religiose che
meglio fanno emergere la sua religiosità.
“Mio padre”, afferma Rosa nel libro di Cantavenere (1) “non aveva tanta
simpatia per la chiesa” non era cattolico praticante anzi diceva “Se voglio pregare
Dio non ho bisogno che vado in chiesa” addirittura il padre non aveva battezzato e
cresimato i figli, (2) però a suo modo il padre era religioso e Rosa afferma che
durante i temporali faceva inginocchiare i figli ed insieme recitavano “Lu verbu
sacciu, lu verbu haiu a diri, lu verbu „ncarni di nostru Signuri” una preghiera che
la stessa Rosa ha cantato nel suo repertorio. Altro episodio che Cantavenere
riporta nel suo libro collegato alla religione è che durante il soggiorno a
Campobello di Licata Rosa frequentava la chiesa di San Giuseppe ma non per
devozione, ma perché il prete di quella chiesa, alla fine del catechismo, regalava
un panino con la mortadella oppure delle caramelle e questo bastava per far
frequentare a Rosa la chiesa.
Rosa sposò Giacchino Torregrossa “Iachinazzu” al municipio prima e poi in
chiesa per cui è certo che dovette battezzarsi, cresimarsi e fare la prima
comunione da grande visto che per sposarsi in chiesa è necessario avere i
sacramenti del battesimo, cresima, confessione e comunione. Altro momento in
cui parla della religione nello stesso libro di Cantavenere è quando Rosa esce dal
carcere a Palermo e si trova sola e senza lavoro, in quel momento si affida alla
Madonna e prega “m‟ero scordata di come si pregava, era da quando ero piccola
che non pregavo” questo a riprova che da bambina la mamma gli aveva insegnato
le preghiere e che poi le vicissitudini della vita, le angherie subite hanno
affievolito il senso religioso di Rosa.
Altro episodio riferito da Cantavenere (1) avviene a Palermo dove Rosa per
sopravvivere fa la sagrestana e il nuovo prete della chiesa cerca di circuirla e nello
stesso tempo vorrebbe che si confessasse e che si comunicasse: Rosa gli risponde
“Parrì (prete), io non mi confesso, non mi sono mai confessata e mai mi
confesserò. Il Signore lo prego quando e dove voglio, anche nel sottoscala dove
sto”.

1) Giuseppe Cantavenere, prefazione di Paolo Emilio Carapezza, Rosa Balistreri”:


una grande cantante folk racconta la sua vita, 1992. 2) In realtà Rosa fu battezzata il 27
aprile 1928, e celebrò il matrimonio religioso il 17 luglio 1948 alle ore 8,30 (come risulta
dagli archivi parrocchiali della Chiesa Madre di Licata) fu sicuramente cresimata perché per
sposarsi col rito religioso necessitava essere battezzati e cresimati.
Rosa ed il fenomeno religioso 42

In conclusione mi sento d‟affermare che Rosa in pubblico si professava atea, e


non fu mai tenera con il clero, mentre nel privato sicuramente credeva in Dio e
nella Vergine Maria Addolorata alla quale si affidava nei momenti più bui della
sua vita. A riprova di quanto affermo la stessa Rosa in un concerto effettuato a
Barcellona – Pozzo di Gotto per una festa dell‟Unità afferma: io sono cristiana, e
credo in Dio ma non in chiddi ca hanu a tunaca, (1) ma sono cristiana.
Ma la vera religiosità di Rosa la possiamo estrapolare dai pochi fogli scritti, alcuni
a mano ed altri con la macchina da scrivere che portava sempre con se e che ora
possono essere visionate nella biblioteca di Licata.
Vedi la poesia-canzone a pag. 441 “Diu mi fici” nella quale afferma ripetutamente
“Diu mi fici li pedi pi caminari, Diu mi fici li scarpi spirtusati e l‟ossa rutti e
ancora caminu, Diu mi desi la vuci e la parola pi pridicari li cumannamenti, Diu
mi fici l‟occhi lucenti e niuri etc..” è un‟affermazione straordinaria che solo una
credente può fare; ed ancora le bellissime parole di questa poesia-canzone scritta
da Rosa “Parramu n‟anticchia”
“Diu, ca prima mi dasti / ed ora mi levi lu curaggiu / e mi voti li spaddi.
S‟è veru ca cci si, / scinni e veni a tavulinu / pi‟ fari „n toccu / c‟un bicchieri di
vinu russu. / Dimmillu, pirchì, Tu, mai ti fai vidiri? / e ti stai „ntr‟o tò jardinu
chinu di ciuri e pampini… iu ancora aspettu „cca! Nuddu m‟ascuta, e allura a cu
l‟ha‟ cuntari / chiddu ca provu e viju!Si tu ci si daveru / dimmillu unni ti trovi /
Nun mi lassari sulu a lu caminu. Dimmi cu ti vattiau e ti desi lu nomu “Diu
divinu” e Spiritu binignu / Nun si vidi comu squagghiu a picca a picca e abbrusciu
comu‟un vecchiu lignu! / Scinni Spiritu Santu si tu godi di lu me turmentu?”
Si nota in questa canzone una donna smarrita, che cerca certezze, e punti di
riferimento, un‟anima in pena che vede Dio non come un‟entità astratta, ma come
una persona a cui chiede di scendere di lassù e venire a bere un bicchiere di vino
insieme a lei, lo chiama Spirito benigno che gli da coraggio e forza.
Ed ancora in un‟altra poesia-canzone vedi a pag 442: “La vita è com‟un sciuri” :
“La vita è com‟un sciuri / spunta, crisci e mori. / E‟ liggi di natura, amuri miu / la
fici un sulu Judici Divinu.” Bellissimi versi da cui si sgorgano antiche verità:
“La vita è com‟un fiore / si nasce, si cresce e si muore.” Ma è governata da Dio
“Giudice Divino”. In conclusione la religiosità in Rosa Balistreri è franca,
genuina, non ha bisogno di intermediari come i preti, non è certo la religiosità
cattolica e gerarchica, per cui il mio pensiero alla domanda iniziale “qual‟è il
rapporto tra Rosa e la religione?” mi sento di rispondere che Rosa è
profondamente religiosa, ma fuori dai comuni canoni ecclesiali, lascio comunque
ad ogni lettore trarre le proprie conclusioni.
43

ROSA E LA POLITICA

Rosa Balistreri fino alla vita fiorentina, quindi fino a circa 30 anni non
si occupò di politica intesa come ideologia o come attivista di un partito
politico. I problemi che Rosa doveva affrontare erano altri: primo fra tutti
lavorare per sopravvivere, poter comprare da mangiare per lei, la piccola
Angela e il fratello paralitico. Sia a Licata che a Palermo dovette darsi da
fare con tanti lavori per soddisfare le elementari esigenze che la vita
impone: avere un tetto, vestirsi, nutrirsi, cosa non facile per moltissima
gente in quel periodo postbellico.
Non aveva tempo, né preparazione per dedicarsi alla politica; del resto la
politica, in quei tempi, era un affare per uomini, e non per tutti gli uomini,
solo per chi avesse un po‟ di cultura ed è risaputo che gli analfabeti
superavano di gran lunga coloro che sapevano leggere e scrivere.
Del resto il voto alle donne in Italia fu permesso nel 1945 con il
referendum monarchia - repubblica, l‟emancipazione femminile nel
periodo fascista e prebellico era di la da venire; il concetto, arcaico, era che
il compito della donna era occuparsi dei figli, della famiglia; è quindi
normale e logico che Rosa, come tutte le donne del popolo, non si
occupasse di politica.
Diversa è la posizione di Rosa nel periodo fiorentino. Rosa comincia a
lavorare, apre insieme ad un socio una bottega di frutta e verdura, comincia
a salire il gradino sociale, ora ha una casa, anche se non confortevole, ma è
sempre una casa, ha la domenica libera, nella quale uscire con dei ragazzi e
andare a divertirsi e poi la società fiorentina è più aperta di quella
meridionale; che una ragazza esca con un ragazzo, cosa improponibile in
Sicilia in quei tempi perché giudicata una poco di buono, a Firenze era già
entrata nella mentalità comune come cosa normale e non peccaminosa, e
poi l‟incontro con Manfredi, un pittore con molte amicizie importanti, la
avvicina al mondo culturale e politico.
Conosce Buttitta e Ciccio Busacca, duo ben amalgamato, Rosa
comincia a cantare e molti sono i concerti nelle feste dell‟Unità, feste del
partito comunista. Grazie alle serate delle feste dell‟Unità non ha bisogno
di lavorare nel negozio o di fare la cameriera, per cui passa molte ore
prima e dopo i concerti a parlare con la gente del partito, gente umile,
Rosa e la politica 44

lavoratori e politici affermati.


I rapporti con l‟ideologia comunista e di sinistra furono ampliati con la
conoscenza di Roberto Leydi, Gianni Bosio, Michele Straniero, Dario Fo
ed altri che si occupavano di recuperare e rinnovare la tradizione del canto
popolare e sociale, della canzone di lotta e di protesta; è il periodo delle
canzoni di protesta contro il Vietnam e di quelle di Bob Dylan e Joan Baez.
Rosa Balistreri con questi amici di sinistra idealisti ed intellettuali di
sinistra ebbe rapporti di lavoro ma si distinse da loro per la sua esperienza
personale di sfruttata, di povera, in lei la ribellione non era idealistica,
come per gli amici, ma era una conseguenza delle sofferenze patite nel
corso della sua vita e la esprimeva con il canto.
All‟interno degli amici di sinistra comincia il suo indottrinamento
politico e si delinea la sua ideologia. Nel periodo postbellico l‟Italia è
divisa politicamente in due blocchi la Democrazia Cristiana, i cui
simpatizzanti guardano alla Chiesa, all‟America, e il Partito Comunista, i
cui simpatizzanti sono soprattutto lavoratori dei campi, delle industrie con
l‟attrazione verso la Russia. Rosa non sceglie la politica, è la politica che
sceglie Rosa e ne sfrutta le sue potenzialità durante le feste dell‟Unità. Il
partito Comunista ha bisogno di lei, della sua voce, delle sue canzoni
popolari che parlano di sfruttati, di jurnatari (1) di minatori, di oppressione
della mafia e della Chiesa, e Rosa ha bisogno del partito, dei concerti alle
feste dell‟Unità; il binomio Rosa – Partito comunista diventa più forte.
Quel che predica il partito, lotta allo sfruttamento dei proletari e del
lavoro, emancipazione della donna, abolizione delle religioni,
egualitarismo sociale è quello che Rosa assorbe e lo trasferisce nelle sue
canzoni. Rosa in mezzo ai comunisti ci sta bene. Lei è stata sempre una
sfruttata, una proletaria, senza lavoro e l‟ideologia comunista calza a
pennello con i suoi bisogni che in parte vengono soddisfatti dagli introiti
dei concerti per il partito. Incontra così lo stesso Berlinguer e gli altri capi
del partito, da del tu a tutti e questo le piace, comincia a frequentare le case
del popolo, diventa attivista e portabandiera di un ideologia. Solo così si
possono capire alcune canzoni quali “Mafia e parrini”: l‟idea comunista è
che la religione è l‟oppio dei popoli e serve alla gente per farli stare buoni
e tranquilli contro i padroni e gli sfruttatori, così come la mafia che si allea
coi padroni per sottomettere gli operai che alzano la testa, magari
tagliandola.
1) Lavoratori giornalieri
Rosa e la politica 45

La canzone “Mafia e parrini” è chiara. La mafia usa la lupara e la Chiesa il


Crocifisso per opprimere il proletariato.
Rosa ritorna poi a Palermo da affermata artista, fa concerti per le feste
padronali, va all‟estero e in tutta Italia, fa teatro, apparizioni televisive,
incide dischi, ormai è definita la voce della Sicilia, i suoi introiti economici
sono diversificati, non dipendono più dai concerti alle feste dell‟Unità alle
quali ancora partecipa, la sua visione politica però non cambia, ormai gli
circola dentro come il sangue. Rosa rimane e rimarrà comunista fino alla
morte. Anche se famosa, il suo mondo rimane quello degli sfruttati, dei
lavoratori, nella sua casa palermitana riceve con piacere studenti licatesi,
attivisti di partito, gente comune, continua a frequentare la gente del
popolo, sia per le ricerche di canzoni antiche sia perché quella è la sua
gente, prima mangiava pane ed olive, pane e “tumazzu” (1) lo stesso fa da
affermata artista.
Rosa Balistreri ha speso la sua vita come attivista del partito comunista, ma
è da sottolineare come il partito comunista nelle persone dei suoi dirigenti
non ricambiarono tale attivismo tanto che alla sua morte nessun dirigente
ha comunicato le condoglianze alla famiglia.
Molte sono le canzoni del repertorio di Rosa Balistreri con richiami al
mondo del lavoro, alle persone sfruttate, al lavoro dei campi e delle
miniere, ai jurnatari, ai pescatori; tra queste c‟è da ricordare: “Guarda chi
vita fa lu zappaturi, A tirannia, Sant‟Agata, ch'è àutu lu suli!, Murrina,
Canto di pesca, E lu suli ntinni ntinni, U pumu, O cuntadinu sutta lu
zappuni, Lamentu di un servu ad un Santu Crucifissu, La piccatura, Cantu
pi‟ diri, Cuvernu talianu, Mi nni nvaiu „nda la luna”.
Numerose sono le canzoni con tema gli sfruttati dentro le carceri,
esperienza che la stessa Balistreri fece in prima persona a Licata e
all‟Ucciardone di Palermo: “Nta la Vicaria, Amici amici chi „n Palermu jti,
Amici amici quarari, Buttana di to ma galera sugnu, Chista e la vuci mia,
Cuteddu, Iudici ca liggi studiati, La me liti, Lassarimi accussì, M‟arrusicu
li gradi, Nfamità, Sugnu comu un cunigliu, Testa di mortu”. Le canzoni
squisitamente politiche spesso sono formate da versi di Buttitta e musica di
Rosa o altri artisti, tra queste: “La Sicilia avi un patruni, Storia di Lorenzo
Panepinto, Rosa canta e cunta, Mafia e parrini, La ballata del prefetto
Mori, Addiu bedda Sicilia, Lamentu pi la morti di Turiddu Carnevali, La
ballata pi Peppi Fava,”
1) formaggio
46

ROSA BALISTRERI E IL FENOMENO MAFIOSO

La vita artistica di Rosa si svolge in circa 40 anni d‟attività dal 1950 al


1990, periodo che corrisponde con l‟ascesa nell‟organigramma mafioso
siciliano di Riina e Provenzano, periodo in cui la mafia in Sicilia raggiunge
l‟apice di sfrontatezza e di dimostrazione di forza con i delitti eccellenti:
nel 1980 Piersanti Mattarella, presidente della Regione Siciliana; nel 1982
il gen. Carlo Alberto Dalla Chiesa, prefetto di Palermo, e l'on. Pio La
Torre; i magistrati Giacomo Ciaccio Montalto e Rocco Chinnici nel 1983, e
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino nel 1992, i due giudici siciliani che
più di tutti hanno saputo decodificare ed interpretare il fenomeno mafioso,
opponendosi ad esso con i processi alla cupola mafiosa ed infliggendo
innumerevoli ergastoli, ed infine morendo sotto il tritolo mafioso a
Palermo in due episodi diversi.
La posizione di Rosa Balistreri è la posizione dei suoi amici e mecenati
palermitani: Buttitta, Sciascia, Guttuso, ma è anche la posizione del Partito
Comunista Italiano di cui Rosa è fedele interprete con i moltissimi concerti
nelle feste dell‟Unità. E‟ una posizione di antitesi alla mafia, di netto
rifiuto, di forte accusa del fenomeno e dei suoi efferati mezzi: violenza,
furti, racket, lupara.
Basta ascoltare le canzoni di Rosa per rendersene conto di cosa pensa e
che giudizio da Rosa Balistreri della mafia. In particolare nelle canzoni
“Mafia e parrini, Lamentu ppi la morti di Turiddu Carnevali” nella
“Ballata del prefetto Mori” il concetto è chiaro: opposizione e contrasto
del fenomeno mafioso con una denuncia chiara e netta espressa nelle
canzoni che lei porta in giro per tutta la Sicilia, in Italia e nel mondo:
rifiuto del pizzo, della violenza, della morte, perché la mafia “addisonura
sta terra onesta e povira ca voli pani e travagliu, la libertà e la giustizia”
(1) ed ancora: “E no a mafia e no la liggi infami da lupara” e no onuri,
onuri e gloria cu arrobba e spara …/… chistu gridamu, è a nostra vuci
c‟arrisbigghia i morti ca stanchi semu e vulemu cangiari vita e sorti.”
Il concetto è chiarissimo.
Vero è che questi versi non li ha scritti Rosa, ma altrettanto vero che
con la sua voce ferma e decisa lei se ne appropria, le fa sue e denuncia e
condanna senza “se e senza ma” il fenomeno mafioso e le persone che

1) Ballata del prefetto Mori, vedi a pag. 327


Rosa ed il fenomeno mafioso 47

lo sostengono e portano avanti. Il fenomeno mafioso, articolato come oggi


lo conosciamo, nasce nel dopoguerra, ma prima di allora nell‟800 e nella
prima parte del „900 un fenomeno simile è esistito con valenza rurale,
essendo per lo più rurale la società di allora; la mafia di allora era gestita
dai proprietari terrieri che con i loro caporali incutevano terrore e
oppressione ai contadini, sfruttando il loro lavoro per l‟arricchimento dei
vari baroni, marchesi e casate nobiliari.
Rosa che ha conosciuto nella prima parte della sua vita le problematiche
dei contadini, che ha vissuto la povertà e la fame si fa paladina con le sue
canzoni contro i padroni della terra, delle miniere, cantando molte canzoni
del suo repertorio sul tema dello sfruttamento dei lavoratori.
Giuseppe Cantavenere (1) nel suo libro su Rosa Balistreri riporta un
episodio: Rosa e il padre erano usciti alle prime ore del giorno per
“spicari”, (2) entrando in un campo privato incontrano il sovrastante o
campiere, (3) costui obbliga il padre, se vuole raccogliere le spighe rimaste
a terra, a lavorare senza paga per mezza giornata. A Rosa ribolle il sangue
per l‟ingiustizia ma è costretta dal padre a tacere. Se analizziamo le
canzoni di Rosa che parlano di mafia l‟atteggiamento dell‟artista si fa più
chiaro. In “Mafia e parrini” accomuna i mafiosi ai preti che insieme
opprimono la povera gente: “E mafia e parrini si déttiru la manu; unu jsa
la cruci l‟autru punta e spara / unu minaccia „nfernu, l‟autru la lupara”
Le parole sono molto forti ma esprimono un decisa denuncia del connubio
chiesa-mafia e del fenomeno mafioso.
Ed ancora in “Lamentu ppi la morti di Turiddu Carnevali” “la mafia
pinsava a scupittati” e in “La Sicilia avi un patruni”: “La Sicilia havi una
patria / chi la stringi nta li razza / ma nzammài dumanna pani / finci dallu
e tannu ammazza.”
In “Mafia e parrini” la mafia viene definita “eterna sancisuga” (4).
“La mafia e li parrini / eterna sancisuca - poviri cittadini - poviru
paisanu”. Ma non basta la sola denuncia, Rosa va oltre cantando “Chi
semu surdi e muti, rumpemu sti catini, Sicilia voli gloria, né mafia e né
parrini”.
Considerato il periodo in cui Rosa cantava questi versi c‟è da
riconoscere non solo il forte coraggio personale della cantante licatese
(Rosa ha vissuto molta parte della sua vita a Palermo cioè a dire nella tana
della mafia) ma anche il forte senso civile e morale.
1) “Rosa Balistreri” una grande cantante folk racconta la sua vita, 1992
2) raccogliere le spighe rimaste a terra dopo la mietitura 3) sovrastanti che facevano gli
interessi del padrone della terra e da lui venivano pagati 4) eterna sanguisuga
Rosa ed il fenomeno mafioso 48

In un intervista data negli ultimi anni della vita viene chiesto a Rosa se non
avesse paura delle ritorsioni della mafia contro la sua persona, rispose in
modo chiaro “e che mi ponnu fari, chiossà di quantu haiu suffrutu un pozzu
soffriri”
Due amici di Rosa con i quali intrattenne solida e sincera amicizia
furono ammazzati in modo crudele dalla mafia siciliana: il magistrato
Cesare Terranova e il segretario del PCI siciliano Pio La Torre. La loro
morte avvenuta per aver contrastato gli interessi mafiosi non fecero
cambiare a Rosa le idee sulla mafia anzi le rafforzarono per cui continuò a
cantare e a parlare sempre di mafia assassina e contro gli interessi del
lavoratore e del popolo siciliano.
Oggi che il fenomeno mafioso è meno cruento di un tempo, lo Stato ha
ottenuto grosse affermazioni e vittorie contro la mafia, grazie anche alla
collaborazione dei «pentiti», per cui nel 1993 si è arrivati a risultati
clamorosi, come la cattura del «boss dei boss», Totò Riina, a Palermo,
dopo 23 anni di latitanza; e del «boss» Nitto Santapaola a Catania, capo
riconosciuto della mafia della Sicilia orientale e dello stesso Provenzano,
dobbiamo dire grazie alle forze dell‟ordine, grazie a tanti cittadini che
hanno contrastato la mafia ma grazie anche a questa cantante, a questa
donna siciliana che in periodi difficili ha saputo denunciare il fenomeno
mafioso senza paura e con coraggio nella sua vita e nella sua attività
artistica.
49

ROSA E LICATA

Burrascoso è stato il rapporto tra Rosa e Licata, città natale della


cantante. Rosa ha vissuto a Licata l‟infanzia, la giovinezza e i primi anni
del matrimonio.
Le condizioni economiche della famiglia erano simili a quelle di molte
famiglie licatesi del periodo prebellico e postbellico. Molte famiglie, come
quella di Rosa, abitavano in un unico locale dove le condizioni igienico-
sanitarie erano insoddisfacenti, l‟acqua veniva erogata ogni 15 giorni nella
fontana del quartiere, ancora non c‟era il rubinetto dell‟acqua in ogni
abitazione, non era raro vedere nel periodo invernale durante le piogge
mettere fuori bacinelle per la raccolta delle acque piovane da utilizzare per
gli usi igienici. Il periodo della fanciullezza di Rosa corrisponde agli anni
del fascismo con l‟emigrazione in America, Australia, Argentina di interi
nuclei familiari alla ricerca di un lavoro per poter sopravvivere. Nel
periodo della giovinezza di Rosa l‟Italia è in piena seconda guerra
mondiale con i problemi connessi a tutte le guerre: fame, miseria, povertà
erano la costante di moltissime famiglie licatesi e tra queste quella di Rosa.
Le entrate economiche delle gran parte delle famiglie erano poche, i figli
per ogni famiglia erano numerosi, il lavoro scarso, spesso giornaliero
(jurnatari) in campagna, o a mare nelle barche dei padroni, non sempre
c‟era il pranzo o la cena e non era raro vedere bambini, donne e vecchi con
un piatto vuoto rivolgersi alle suore di via Collegio per poter riempire
gratuitamente il piatto con una minestra di fagioli o fave per sopravvivere e
per non pesare sul modestissimo bilancio familiare bisognava adattarsi con
piccoli lavori: era quello che faceva Rosa andando a spigolare (raccogliere
le spighe rimaste dopo la raccolta del grano) in mezzo ai campi, a
raccogliere verdura spontanea, lumache, fichidindia, capperi, a cantare
durante i battesimi o i matrimoni ed essere ricompensata con taralli (1) e
una bottiglia di rosolio (2) come ricorda Cantavenere (3) nel suo libro o a
salare le acciughe al Salato (4) ed anche a fare la cameriera, eppure in
mezzo a queste difficoltà alcuni anziani del quartiere della Marina
ricordano ancora questa ragazzina scalza, ma contenta che cantava e le
dicevano “Ro canta” e lei li accontentava conscia fin da giovane della sua
voce eccezionale con la canzone “Sciuri sciuri”.

1) dolci tipici licatesi 2) liquore fatto in casa


3) “Rosa Balistreri” una grande cantante folk racconta la sua vita, 1992
4) oggi via Salato vicino l‟Istituto omnicomprensivo Marconi
Rosa e Licata 50

Licata non offriva, come molti paesi della Sicilia, nulla alla povera gente.
Neanche un matrimonio con la persona che si vuol bene può offrire
Licata, perché l‟usanza del tempo voleva che la sposa portasse la dote e
Rosa non aveva nessuna dote disponibile per cui è costretta a rinunciare ad
Angelo, suo cugino che Rosa amava per sposare “Iachinazzu” certo
Gioacchino Torregrossa che lei stessa definirà “latru, jucaturi, „mbriacuni”
e che in un impeto d‟ira lo colpirà con una lima, trafiggendogli il collo,
finendo nel carcere cittadino sotto la cupola di Sant‟Angelo.
La gente la giudica male, perché è consuetudine che ogni sposa debba
sopportare pazientemente anche i sorprusi del marito e sottomettersi: la sua
ribellione non viene compresa e l‟epiteto di “puttana” gli viene stampato
addosso. L‟unica alternativa in questo caso è andare via dal paese ed è
quello che fa Rosa andando a Palermo, Firenze e poi ritornando in Sicilia
sempre a Palermo.
Il rapporto tra Rosa e Licata è un rapporto di amore-odio; amore
perché le ha dato i natali, per i pochi ricordi belli della fanciullezza e della
giovinezza, odio per essere stata umiliata, derisa, incarcerata. Neanche
quando ormai affermata e osannata su giornali, televisioni, con spettacoli
effettuati in mezzo mondo la città di Licata si ricorderà di questa figlia. Nel
dopoguerra tutte le amministrazioni comunali succedutesi al Palazzo
comunale di Licata sono democristiane e Rosa è apertamente comunista
frequentando le case del popolo ed esibendosi nella prima parte della sua
carriera quasi esclusivamente nelle feste dell‟Unità; può quindi appararire
logico e scontato l‟ostracismo dei politici licatesi verso Rosa; questo è
l‟atteggiamento dei sindaci e dei politici licatesi che guidano la città: Rosa
ha fatto la sua scelta politica che contrasta con la nostra e quindi, anche se
famosa per gli altri, per Licata non esiste: nei trenta anni di carriera verrà a
Licata per una festa dell‟Unità, per ricevere un premio da una associazione
licatese (non sarà presente il sindaco) e negli ultimi anni di vita, quando la
notorietà di Rosa è conclamata anche come artista di teatro,
l‟amministrazione licatese la invita ad un concerto in piazza Sant‟Angelo
dove a dire della stessa cantante c‟era un palchetto, una lampadina
(neanche fari) e uno scassato strumento d‟amplificazione audio, di questo
se ne lamenterà nell‟intervista concessa a Radio Alfa al giornalista
Francesco Pira.(1)

1) vedi intervista a Francesco Pira a pag.143-145


Rosa e Licata 51

Eppure il cuore grande di Rosa dimentica le offese delle


amministrazioni licatesi e proprio a Licata lascia quanto di più caro un
artista può conservare: i suoi libri, i suoi dischi, i suoi ricordi personali e lo
fa pubblicamente donando alla biblioteca di Licata tutto il materiale
librario e musicale raccolto nella sua carriera. Oggi Licata timidamente
chiede scusa a Rosa e cerca in qualche modo di riparare al mal fatto nei
suoi confronti. A cambiare pagina è l‟amministrazione di Ernesto Licata,
seguita da quella Saito e dalla amministrazione Biondi; finalmente
qualcosa si muove, non è moltissimo rispetto a quello che hanno fatto
comuni come Palermo e Catania che hanno degnamente ricordato Rosa
Balistreri con grandiose manifestazioni come quella dell‟Etna Fest curata
da Carmen Consoli con la partecipazione di Giorgia, Ornella Vanoni,
Marina Rei, Paola Turci, Tosca, Nada, Patrizia Laquidara, Etta Scollo, Rita
Botto. Il giusto riconoscimento di Rosa comincia ad essere una realtà.
Particolare menzione va data al Lions Club di Licata, club service no profit
che da ben dodici anni organizza il “Memorial Rosa Balistreri” in due
serate, con il patrocinio prima della Provincia di Agrigento ed ora del
Comune di Licata, la prima serata, un concorso di poesie e canzoni
dialettali a valenza regionale e la seconda per ricordare l‟opera della
cantante licatese con concerti, tavole rotonde incentrate sulla vita,
sull‟attività artistica e sulle canzoni di Rosa.
Altre associazioni si sono occupate di Rosa Balistreri intitolando a
Rosa un Festival di gruppi folkloristici, giornali locali quali la Vedetta e la
Campana, giornale oggi non più esistente, hanno portato avanti il ricordo e
le attività effettuate su Rosa Balistreri, ma in questo ritrovato momento di
ricordo della figura di Rosa spicca l‟assenza quasi totale di una politica del
Comune su questa figlia licatese. Sarebbe, a mio parere, doveroso che il
Comune di Licata con l‟aiuto delle varie associazioni istituisse un museo
su Rosa Balistreri ed una settimana dedicata a questa splendida rosa del
giardino licatese, con tavole rotonde, spettacoli di grossissimo spessore con
personalità di spiccato livello regionale e nazionale, del resto l‟isola di
Lampedusa tramite Baglioni con “O‟ Scià” fa la stessa cosa, attirando in
quell‟isola turisti ed artisti di grossissimo livello, in questo modo
l‟attenzione nazionale su Licata sarebbe un fatto certo, questo potrebbe
portare tanti turisti a Licata e sarebbe anche un modo di recuperare
quell‟attenzione che la città non ha dato da viva a questa straordinaria
artista che tutto il mondo ci invidia.
52

ROSA, LA MULTIMEDIALITÀ ED I GIORNALI.

Nella società di oggi in cui la multimedialità domina la nostra vita non


si può fare a meno di collegarsi ad Internet.
Se si scrive su un motore di ricerca in Internet “Rosa Balistreri” appaiono
circa 20.000 pagine contenenti informazioni, interessanti sono solo un
migliaio; su Internet due sono i siti ufficiali; http://www.rosabalistreri.it
curato dall‟Associazione per la “Fondazione Balistreri” a nome della figlia
di Rosa, Angela; La stessa fondazione sotto il nome di “ Teatro del sole”
con la direzione di Francesco Giunta ha edito in CD le riedizioni dei dischi
di Rosa e di alcuni inediti e il sito http://www.balistrerirosa.it gestito dal
nipote di Rosa Balistreri: Luca Torregrossa. Luca si definisce “figlio” di
Rosa portando a giustificazione di quanto afferma il fatto che il tribunale di
Firenze lo ha affidato a Rosa Balistreri fin da bambino e che seppur figlio
della figlia di Rosa, Angela e quindi biologicamente nipote di Rosa, ha
vissuto con Rosa fin da bambino per cui chiama madre e non nonna Rosa
Balistreri. In effetti la fanciullezza, l‟adolescenza e parte della gioventù
Luca li ha trascorsi con Rosa e quindi è comprensibile il fatto che la chiami
mamma.
I due siti sono ben fatti, pieni di notizie su Rosa Balistreri, sulle sue
canzoni, con vari testi di canzoni in siciliano e italiano. Penso che tutte e
due siti stiano facendo opera meritoria nel far conoscere meglio la figura di
questa donna eccezionale.
Molti giornali e riviste pubblicano articoli su Rosa e sulle attività che
vengono fatte in nome di Rosa, tra questi eccelle “la Vedetta” di Licata,
mensile licatese, curato dal Preside Calogero Carità. Sulla Vedetta spesso
vi sono articoli che trattano la personalità e l‟arte di Rosa Balistreri. Anche
il giornale, non più in edicola, “La Campana” si è occupata di Rosa
Balistreri e delle manifestazione in suo onore con svariati articoli. Non
mancano giornali a tiratura nazionale quale Repubblica o il Corriere della
sera, o i giornali siciliani, La Sicilia e il Giornale di Sicilia che si
interessano nelle loro terze pagine delle attività in onore di Rosa Balistreri
con articoli, foto, notizie e concerti su Rosa.
Diversi sono gli spettacoli effettuati sulla vita di Rosa Balistreri, tra questi
da ricordare “Notte intera senza sonno - Vita di Rosa Balistreri”, di Marco
Alessi e Salvo Rinaudo con Giovanna Criscuolo come protagonista e che
da volto e voce alla cantante folk licatese. Lo spettacolo sottoforma di
Rosa, la multimedialità ed i giornali 53

monologo racconta per musica e voce l‟incredibile storia dell‟artista


siciliana: dalla nascita a Licata, alle condanne scontate in carcere, e poi la
fuga a Firenze, l‟omicidio della sorella e il suicidio del padre fino
all‟incontro con l‟amore e con quegli artisti che riconoscendone il talento
l‟hanno finalmente aiutata ad emergere.
Altro spettacolo : “Rosa Balistreri” di Angelo Vecchio, regia Marco
Pupella; è uno spettacolo teatrale-musicale nato da una ricerca che Angelo
Vecchio, giornalista ed autore di molti libri, ha curato meticolosamente,
mettendo insieme tutti i pezzi della vita della famosa cantante folk, con
ricerche personali presso coloro che l‟hanno conosciuta o lavorato con
Rosa. Un altro spettacolo su Rosa "U Cuntu di Rosa Balistreri” è stato
portato sulle scene da Carmelo Vizzi, sottoforma di cuntu poetico di
cantastorie con annesso pannello con quadri della vita della Balistreri,
intercalato da canti con Armando Sorce e gli Iricanti. L‟autore in versi
dialettali ripercorre l‟intera vita dell‟artista licatese

Alcuni quadri del


cartellone di
Carmelo Vizzi
sulla vita di
Rosa Balistreri

Anche il cinema si è occupato di Rosa Balistreri ed in particolare tre registi


Nello Correale, Dario Riccobono e Massimo La Magna in due
lungometraggi. Il film di Nello Correale, “La voce di Rosa” si apre con le
parole di Ignazio Buttitta, il poeta che collaborò con Rosa e le fu amico: La
voce di Rosa, il suo canto strozzato, drammatico, angosciato, pareva
uscisse dalla terra arsa della Sicilia…”. Nel filmato Donatella Finocchiaro,
protagonista femminile, prepara uno spettacolo sulla vita e la musica di
Rosa; questa rappresentazione teatrale viene intramezzata con varie
testimonianze di chi l‟ha conosciuta, con documenti, foto e interviste alla
stessa Balistreri, che si propone in programmi televisivi ed in concerti. La
Finocchiaro interviene con alcuni canti, che si alternano con le interviste a
Dario Fo, Giovanna Marini, Carmen Consoli, Lucilla Galeazzi, Alfio
Antico ed altri amici della cantante.
Rosa, la multimedialità ed i giornali 54

Un altro filmato documentario è “Rosa - cantatrice del sud”; fa parte di un


album di cinque artisti siciliani sotto l‟egida della Regione Siciliana con la
regia di Dario Riccobono e Massimo La Magna.
Il film racconta Rosa attraverso vari quadri suggestivi: è un intreccio di
voci di licatesi frammisto a ricordi di persone che le sono state più vicine,
ad amici e conoscenti intervallato da bellissime canzoni del repertorio di
Rosa interpretate dalla stessa cantante licatese.
I luoghi della vita della cantante, i vicoli della Marina di Licata, le stradine
strette e buie, squarci dei paesini di Campobello, Riesi, Butera ove Rosa ha
vissuto, vengono riproposti mentre scorrono le testimonianze di Manfredi,
il pittore fiorentino che con le sue conoscenze le ha permesso di essere
introdotta nel panorama musicale, del suo amico Felice Liotti o di Cesare
Milaneschi.
E‟ un racconto appassionante condito dalle bellisssime canzoni della
Balistreri che introducono lo spettatore dentro il vissuto reale di questa
artista che il mondo ci invidia.
55

ROSA E LA CONDIZIONE FEMMINILE

Rosa visse la fanciullezza e la giovinezza a Licata, un paese siciliano


che si affaccia sul mar Mediterraneo, dove solo da qualche decennio
l‟antica mentalità di sudditanza della donna è cambiata, grazie ai
massmedia, a Internet, alla scolarizzazione di larghe fasce di popolazioni.
Per le ragazze licatesi di oggi uscire di sera con gli amici, andare al pub, in
discoteca, o in giro è cosa ormai normalissima e di tutti i giorni, non era
così nel periodo fascista e nel periodo postbellico dove le ragazze, le
donne, le madri, erano sottoposte all‟autorità paterna, ed erano relegate in
casa ad aspettare l‟arrivo degli uomini, ed ogni loro ribellione era punita
con soprusi e gesti a volti violenti.
Rosa nacque nel 1927 in periodo fascista, visse a Licata fino a 20 anni
nell‟era fascista, mentre la vita palermitana, fiorentina e di nuovo
palermitana, come affermata artista fino alla morte nel 1990, la trascorse
nel periodo postbellico quando si era affermata la Repubblica Italiana.
Diversa è la condizione femminile nel periodo fascista da quella del
periodo postbellico.
Nel ventennio fascista la condizione femminile fu vista come tutti gli
altri aspetti sociali nell'ottica fascista; l'ideologia fascista inquadrava le
donne in una visione gerarchica del rapporto fra i sessi, dovuta
all'enfatizzato culto della virilità, proprio della mentalità fascista.
La donna nel periodo fascista è sottomessa all‟autorità del marito, il
suo posto è all‟interno della casa, angelo del focolare, e soprattutto madre
prolifica secondo una precisa ideologia demografica del fascismo. La
donna viene inquadrata militarmente come gli uomini, nascono così le
piccole italiane (4/14 anni), le giovani italiane (14/17), le piccole balilla.
Viene disatteso il diritto al voto e si parla però di istruzione primaria per
tutti uomini e donne.
Con la caduta del regime e la fine del conflitto mondiale il ruolo della
donna cominciò a cambiare, specie al nord, ma la situazione reale del
paese, in macerie nei primi anni del dopoguerra, portò ad un
peggioramento della situazione economica, l‟unico dato positivo è il voto
dato alle donne e la parità salariale sancita dalla Costituzione ma non
realmente applicata. Solo con il boom degli anni 50 e 60 si avrà in Italia un
miglioramento delle condizioni generali del paese e di rimbalzo maggiore
disponibilità economica, si ha più libertà di uscire, di andare a ballare,
Rosa e la condizione femminile 56

di divertirsi; notevole è la differenza tra Nord e Sud per quanto riguarda le


abitudini di vita e di emancipazione femminile, solo l‟avvento della TV, dei
giornali, l‟aumento della scolarità farà cambiare mentalità alle nuove
generazioni tanto da assistere ormai ad un livellamento culturale e sociale
in tutta Italia; oggi i giovani vanno in discoteca a Milano come a Licata,
rientrano a casa alle 4 di notte a Milano come a Licata, ma dal punto
lavorativo è facile che trovino lavoro a Milano ma non a Licata. La
condizione femminile rimane scadente dagli anni 50 agli 80, migliorando
gradatamente e notevolmente dopo il 1968 anche grazie al lavoro intenso,
alla volontà ed alla pervicacia delle donne tanto che oggi le donne laureate
risultano più degli uomini, anche se nei posti chiave, quelle delle grandi
aziende e della politica, la maggioranza degli uomini è ancora schiacciante.
Rosa Balistreri è un significante esempio di figura femminile che ha
saputo riscattarsi dalla povertà, dalla miseria, da un marito violento, dalle
vicissitudini tristi della vita e che può essere portata ad esempio come
donna intraprendente, moderna, capace di delineare il proprio destino, di
combattere contro le ingiustizie sociali che hanno relegato il ruolo della
donna sempre subalterno al maschio.
Il canto della Balistreri con la sua voce sgraziata ma incisiva con la sua
drammaticità espressiva fa risaltare la condizione della donna del Sud
soffocata da mille laccioli culturali e sociali, ne è testimonianza tutta la sua
vita.
“ Ho deciso, dice Rosa in un‟intervista, di gridare le mie proteste, le
mie accuse, il dolore della mia terra, dei poveri che la abitano, di quelli
che l'abbandonano, dei compagni operai, dei braccianti, dei disoccupati,
delle donne siciliane che vivono come bestie”.
Ed ancora “Conosco il mondo e le sue ingiustizie meglio di qualunque
laureato. E sono certa che prima o poi anche i poveri, gli indifesi, gli
onesti avranno un po' di pace terrena".
Rosa visse sulla sua pelle la condizione misera delle donne del sud,
prima sotto l‟autorità del padre, poi sotto quella del marito. Sopportò le
ingiustizie, ma non si arrese, lottò con tutte le sue forze tanto da reagire e
mandare all‟ospedale “Iachinazzu”, il marito, ed infine lasciò Licata per
rifarsi una nuova esistenza.
Subì l‟umiliazione della violenza fisica e morale, ma seppe reagire con
forza e determinazione alle sventure e alle umiliazioni; gridò con tutta la
Rosa e la condizione femminile 57

forza della sua voce, denunciò il sistema di sottomissione della


donna, del lavoratore, di tutta la Sicilia alla mafia, al potere religioso e
politico, non ebbe paura di scagliarsi contro il potere politico, contro la
mafia e la Chiesa. Rosa, pur affermata cantante, poteva sfruttare la sua
posizione, poteva andare ad abitare nei quartieri più belli della città, poteva
esibirsi con ricche vesti, ma Rosa non fece tutto questo, rimase donna del
popolo, continuò ad abitare in via S.S. Mediatrice per tutta la vita, tenne
una vita semplice e da vera donna del popolo, ricevendo nella sua casa
studenti, artisti ed aiutando, per quanto le sue finanze lo permettessero, le
persone che a lei si rivolgevano, dimostrò a tutti che una donna, anche da
sola, può farsi avanti nella società e vi può ricoprire un ruolo importante,
fattivo, decisivo.
Rosa e la cultura 58

ROSA E LA CULTURA

Rosa Balistreri non frequentò le scuole da bambina, fino a vent‟anni


non sapeva leggere e scrivere, cosa comune a molte persone nel periodo
pre-fascista e fascista, anche se è da ribadire come nel periodo fascista
molta attenzione fu dedicata da quel governo all‟insegnamento, alle scuole
primarie e alla lotta all‟analfabetismo.
Rosa imparò a leggere e a scrivere in casa del conte Testa, come
riferisce il Cantavenere nel libro dedicato a Rosa (1), la prima parola che
Rosa scrisse fu il suo nome Rosa e questo le diede una grandissima gioia.
Dalla moglie del conte Testa ebbe i primi rudimenti di alfabetizzazione
fino ad acquisire padronanza nel leggere e nello scrivere, attività che le
sarà utilissima nel consultare i libri di canzoni e folklore siciliano.
Rosa ebbe una biblioteca ben fornita, in parte comprata ed in parte
formata da libri che riceveva in dono dai suoi estimatori, quali Buttitta,
Sciacia ed altri che non mancavano mai di regalarle l‟ultimo libro scritto
con delle dediche veramente belle.
Rosa consultò molti libri inerenti la cultura siciliana, con particolare
riferimento alle canzoni; si ritrovano nel lascito dei suoi libri alla biblioteca
comunale di Licata opere del Vigo, del Pitrè, di Marino Salomone, del
Favara, che Rosa consultava, segnando con una penna le canzoni che più
riscuotevano il suo interesse. Grazie a questo suo lavoro possiamo oggi
ascoltare molte canzoni del suo repertorio che altro non sono che un mix di
vari testi di diverse canzoni. Consultò, grazie a degli amici, il Corpus del
Favara, che oltre al testo aveva la scrittura sul pentagramma della melodia.
Rosa non conosceva la musica e non aveva dimestichezza con le note, ma
alcuni suoi amici, quali il Ganduscio, Cesare Milaneschi e il Carapezza le
suonavano al piano le melodie raccolte del Favara, Rosa le faceva sue,
dandogli anche delle varianti personali per cui venivano fuori alla fine
delle canzoni che pur rispecchiando il motivo originale venivano variate e
abbellite con delle interpretazioni personali che davano smalto e nuova vita
alle vecchie canzoni siciliane.

1) Giuseppe Cantavenere, prefazione di Paolo Emilio Carapezza, Rosa Balistreri”:


una grande cantante folk racconta la sua vita, 1992 (sembra che però Rosa abbia frequentato
qualche anno delle elementari come afferma il Dr. Vincenzo Marrali nella sua intervista a
pag 128-129 e come risulta dalla sua firma apposta nell‟atto di matrimonio n.d.a.)
Rosa e la cultura 59

Rosa, consapevole delle sue limitate capacità culturali e musicali si


circondava di musicisti, di cantanti e da loro imparò molte canzoni ed
anche gli elementi essenziali per potersi accompagnare alla chitarra; anche
nella parte migliore della sua carriera, Rosa restò umile e seppe dare ed
avere l‟amicizia di molti cantautori ed artisti, i più famosi Ciccio Busacca,
il maestro Modestini, Mimmo La Mantia, Rocco Giorgi, Tobia Vaccaro, il
giornalista Salvo Licata e molti altri meno conosciuti dal pubblico.
Tra gli amici di Rosa spiccano scrittori, pittori e poeti e tra questi
Buttitta, Leonardo Sciascia, Guttuso.
L‟amicia con Ignazio Buttitta fu sincera, fraterna e molto apprezzata dal
poeta.
Ignazio Buttitta (Bagheria, 19 settembre 1899 – 5 aprile 1997 è uno
dei poeti siciliani più amati e più conosciuti nel mondo, Nella vita
lavorativa fece il salumiere, grossista in alimentari, rappresentante di
commercio.
Ebbe una vita movimentata a causa delle sue idee antifasciste che gli
procurarono vari arresti. Nel 1943 dopo i bombardamenti americani di
Bagheria si trasferì al Nord a Cotogno vicino Milano, dove partecipò
attivamente alla Resistenza. Ritornato in Sicilia dopo lo sbarco degli alleati
e la liberazione dell‟isola, trovando i suoi magazzini saccheggiati, ritorno a
Milano lavorando come rappresentante di commercio. Nel 1960 si
stabilisce definitivamente a Bagheria nella casa affacciata sul mare di
Aspra dove muore il 5 aprile 1997. L‟attività poetica e di scrittore di
Buttitta comincia nel 1922 anno in cui fondò il circolo di cultura "Filippo
Turati”, fino al 1928 fu condirettore del mensile palermitano di letteratura
dialettale "La Trazzera", chiuso dal fascismo. Dopo aver pubblicato
“Sintimintali”, 1923 con prefazione di Giuseppe Pipitone Federico, e il
poemetto in lingua siciliana “Marabedda “, 1928 il poeta ufficialmente
non pubblicò altri libri, ma le sue poesie continuarono a circolare
clandestinamente. La sua prima poesia antifascista fu pubblicata, nel 1944,
sul secondo numero di "Rinascita". Solo nel 1954, con “Lu pani si chiama
pani”, Buttitta ricominciò a pubblicare le sue opere, che gli diedero fama
internazionale.
Molti sono i libri scritti da Buttitta più di cinquanta ed alcuni di questi
sono presenti nella biblioteca di Rosa.
Rosa e la cultura 60

Rosa fu un ospite assidua della casa sul mare di Buttitta ad Aspra (vicino
Palermo); sulla terrazza Rosa, Ignazio ed altri amici poeti e letterati
trascorrevano rilassanti serate. Ignazio recitava i suoi versi e Rosa con la
sua chitarra cantava, con quella sua voce particolare, sgraziata, ma piena di
vitalità e di forza, i canti della terra di Sicilia; le serate si concludevano con
delle cene frugali a base di tuma (1) olive, pane, sarde salate e vino locale.
L‟amicizia tra Rosa e Buttitta nata complice uno spiccato amore per la
terra e le tradizioni siciliane, sfociò in una collaborazione artistica
fortunatissima: di Buttitta sono i versi e di Rosa ed altri musicisti la
musica di “Mafia e parrini”, Lamentu pi la morti di Turiddu Carnevali, e
altre riuscitissime canzoni.
Rosa conobbe Buttitta nel periodo di vita fiorentina ed intrattenne con
lui rapporti culturali ed artistici molto intensi, fu Buttitta che la spronò ad
incidere canzone siciliane e ad intraprendere la carriera artistica.
Rosa fece diversi spettacoli in piazza e in teatro con Buttitta che recitava i
sui versi, mentre Rosa accompagnata dalla sola chitarra proponeva i canti
siciliani della sua memoria ed i canti scritti dal Buttitta come “La morte di
Turiddu Carnivali”. Rosa le fu grata per l‟incoraggiamento e l‟amicizia
sempre più forte durerà fino alla morte del poeta.
La visuale politica di sinistra dei due coincideva, così come
l‟antagonismo ad un governo italiano che poco si occupava della situazione
economica critica della gran parte dei siciliani, del miglioramento
culturale, lasciando l‟isola sottomessa agli interessi del Nord Italia.

Leonardo Sciascia (Racalmuto, 8 gennaio 1921 – Palermo, 20


novembre 1989) è stato uno scrittore, saggista e politico italiano. Fu anche
deputato del Partito Radicale. L‟amicizia con Rosa si sviluppò a Palermo,
Sciascia, amico di Buttitta (frequentava spesso la sua casa ad Aspra) e di
altri intellettuali palermitani conobbe Rosa che apprezzò per la forte
personalità, per la sua voce e per l‟intensa attività che la cantante svolgeva
per la divulgazione delle canzoni e del folklore siciliano.
Lo scrittore partecipò a molti concerti di Rosa e tra i due nacque una
sincera amicizia. Sciascia non mancherà di scrivere di suo pugno
l‟apprezzamento per Rosa in vari libri che lo scrittore regalerà a Rosa. (2)

1) formaggio fresco siciliano


2) vedi le dediche di Sciascia a Rosa Balistreri a pag. 438
Rosa e la cultura 61

Numerosi i libri scritti da Sciascia e tra questi molti di cultura e folklore


siciliano, di alcuni si sono fatti eccellenti film: Rosa Balistreri, viene
riferito nel libro del Cantavenere, (1) aveva discusso con Sciascia la
possibilità che lo stesso scrittore scrivesse un libro sulla vita di Rosa e
l‟idea era stata apprezzata e condivisa da Sciascia, soltanto la morte dello
scrittore impedì che l‟idea si realizzasse e la casa editrice La Luna di
Palermo, tramite lo scrittore Collura, amico di Sciascia e di Rosa chiesero
al licatese Cantavenere, che conosceva Rosa personalmente, di scrivere
una biografia su Rosa. Il Cantavenere riuscì a scrivere la biografia della
cantante che al momento è la biografia più completa della vita di Rosa e la
più attinente alla realtà perché dettata dalla stessa Rosa.

Dario Fo (Sangiano, 24 marzo 1926) è un regista, drammaturgo,


attore e scenografo. Vincitore del Premio Nobel per la letteratura nel 1997.
È famoso per i suoi testi teatrali di satira politica e sociale e per l'impegno
politico nell'area di sinistra. Molti sono le commedie che ha messo su
insieme alla moglie Franca Rame con una struttura di farsa arricchita da
elementi di satira del costume. Tra queste “Mistero buffo”, “Settimo: ruba
un po' meno”, “Isabella, tre caravelle e un cacciaballe” e “Parliamo di
donne”. Incontrò Rosa per lo spettacolo “Ci ragiono e canto” un remake di
canzoni provenienti da tutte le regioni italiane con particolare riferimento a
canzoni sul lavoro, sulla situazione sociale disastrata dei contadini,
minatori e lavoratori. Rosa girò per un anno insieme a tutti gli altri
cantautori della compagnia per molti teatri della penisola e per lei fu il
battesimo di fuoco artistico.
Dopo la partecipazione a questo spettacolo Rosa prenderà sempre più
considerazione delle sue qualità artistiche e sarà il trampolino di lancio per
la sua carriera artistica.

1) Giuseppe Cantavenere, prefazione di Paolo Emilio Carapezza, Rosa Balistreri”:


una grande cantante folk racconta la sua vita, 1992
Rosa e la cultura 62

Altro amico di Rosa è Renato Guttuso (Bagheria, 26 dicembre 1911 -


Roma, 18 gennaio 1987); fu un pittore precocissimo: infatti, appena
sedicenne, affrescò la chiesa di Maria SS. Addolorata ad Aspra con scene
tratte dal Nuovo Testamento. Trasferitosi a Roma, raggiunse il successo
con la grande tela della Crocifissione. Frequenti nelle sue opere i richiami
a paesaggi e temi della terra natale, come nella celebre tela “La Vaccina”.
Le sue opere sono oggi esposte nei musei di tutto il mondo. A partire dagli
anni Settanta Guttuso dona al Comune di Bagheria alcune delle sue opere,
due attualmente sono esposte nella Galleria d'Arte Moderna e
Contemporanea, istituita nel 1973 nei locali di Villa Cattolica.
Muore a Roma nel 1984; le sue spoglie riposano in un sarcofago
monumentale, opera dello scultore Giacomo Manzù, sistemato nel parco di
Villa Cattolica. L'arte di Guttuso è nettamente influenzata dal cubismo di
Picasso e dal realismo di Courbet. Quanto ai temi prediletti vanno ricordati
l'impegno politico e sociale (I funerali di Togliatti), le grandi tragedie
collettive (Fuga dall'Etna), ma anche il ritratto e le nature morte.
Gli incontri tra Guttuso e la Balistreri furono molti, li univa la stessa
visione politica di sinistra del mondo, lo stesso interesse per la Sicilia dei
poveri, dei disperati, dei lavoratori. Rosa cantò in varie serate a casa del
pittore e le stessa ricorda nel libro del Cantavenere (1) come Renato mentre
Rosa cantava con quella sua voce indimenticabile era solito spesso
tracciare un disegno, in bianco e nero che regalava alla fine a Rosa. La
cantante, il giorno dopo, riusciva a venderlo ad appassionati di Guttuso che
pagavano molto bene il dipinto e con quei soldi riusciva a far quadrare il
bilancio della casa di via Maria S.S. Mediatrice.
Da notare che per ironia della sorte agli inizi della carriera Guttuso si
facesse chiamare Franco Balistreri, quasi una premonizione dell‟amicizia
vera e sincera con Rosa Balistreri. Lo stesso Guttuso realizzò un dipinto
che fu inserito nella copertina del primo LP che Rosa pubblicò nel 1972
con la Fonit Cetra.

1) Giuseppe Cantavenere, prefazione di Paolo Emilio Carapezza, Rosa Balistreri”:


una grande cantante folk racconta la sua vita, 1992
63
ROSA BALISTRERI: LA VITA

La vita di Rosa Balistreri e la sua attività artistica è ben descritta nel


libro “Rosa Balistreri” una grande cantante folk racconta la sua vita di
Giuseppe Cantavenere, che è la trascrizione del racconto della vita che
Rosa stessa fece all‟autore del libro. In questo libro vi sono descritti in
modo appassionato ed in prima persona tutti gli avvenimenti più salienti
della vita dell‟artista, sia di quella privata che di quella pubblica. La
presente narrazione vuole essere per il lettore di questo libro un riepilogo
della vita di Rosa Balistreri, considerato che il libro di Giuseppe
Cantavenere non si riesce a reperire nelle librerie e addirittura neanche
nella biblioteca comunale di Licata dove l‟unica copia presente otto anni fa
è andata persa. Si consiglia il lettore di approfondire la vita di Rosa
Balistreri con il libro del Cantavenere, con quello di di Calogero Carità:
“Rosa Balistreri” l‟ultima cantastorie e con il libro di Camillo Vecchio “U
cuntu ca cuntu” la vita di Rosa Balistreri – usi e costumi credenze e
tradizioni di un popolo: quello di Licata.
Rosa Balistreri nasce a Licata il 21-03-1927 da Balistreri Emanuele e
Gibaldi Vincenza. Il luogo di nascita viene posizionato da Camillo Vecchio
nel cosiddetto “recinto” nei pressi dell‟attuale Piazza Linares, la famiglia si
trasferirà in seguito dapprima in un monolocale vicino all‟ex lazzaretto
nell‟attuale via Principe di Napoli ed in seguito in via Martinez, per
Calogero Carità il luogo di nascita è in fondo alla via Principe di Napoli, in
un secondo momento la famiglia si trasferirà in via Martinez.
Per poter comprendere come vivessero le famiglie in quel 1927, anno
di nascita di Rosa, e fin dopo la fine della 2° guerra mondiale bisognerebbe
visitare un monolocale tipico dell‟epoca, formato da una sola grande
stanza, con una finestra, e non sempre presente ed un‟unica porta
d‟accesso. All‟interno della casa c‟era il lettone matrimoniale sopra il quale
spesso v‟era la “naca”(1). Gli arredi interni erano semplici, un tavolino in
legno che è multiuso, serve per consumare il pranzo, ma serve come piano
d‟appoggio per tutte le faccende domestiche, impastare il pane, spianare la
pasta, stirare, ecc. alcune sedie, “l‟amuarru”(2), che non tutti avevano,
dove venivano riposti i pochi vestiti buoni per le feste e le poche

1) )Una culla di legno con materassino dalle cui estremità si partivano a V due corde che
tenevano ferma la culla andando a inserirsi nelle pareti opposte, dentro la culla veniva
imbracato il neonato; la naca tramite una cordicella che arrivava al lettone, veniva dondolata,
specie quando il neonato piangeva in modo da cullarlo e farlo addormentare così da poter far
riposare tutta la famiglia. 2) armadio in legno massiccio
Rosa Balistreri: la vita 64

cose preziose della famiglia, la cassapanca, un baule in legno, contenente la


dote della moglie, lenzuola, coperte, tovaglie, sottovesti ecc. a 6, oppure a 8
o a 12, intendendo il numero di ogni capo di biancheria o la dote delle figlie
femmine che aumentava man mano che gli indumenti venivano cuciti; la
credenza, un mobiletto leggero che conteneva i pochi regali fatti agli sposi
dai parenti ed amici, in genere piatti e bicchieri, insalatiere, posate; vicino al
lettone matrimoniale vi erano dei lettini richiudibili o dei materassi in crine,
servivano per far dormire i figli, quando, essendo numerosi, non stavano tutti
nel lettone; l‟unico serbatoio d‟acqua era formato da una “pitara” 1) la cui
acqua serviva per bere, per lavarsi la faccia, tramite u “vacili”(2), per lavare
la biancheria tramite la “pila” (3) o le stoviglie dopo i pasti giornalieri,
raramente per il bagno, a volte dentro una tinozza o lo stesso lavatoio. Data
la quantità irrisoria di acqua presente nella “pitara” l‟acqua a Licata è stata
un bene preziosissimo e l‟approvvigionamento è stato un problema non
risolto a tutt‟oggi. Ogni rione aveva una fontana pubblica comune a tutto il
rione e a distanza di una settimana o quindici giorni la fontanella erogava
l‟acqua che veniva trasportata nelle case con quartare, lemmi, bummuli, 4),
secchi. Le liti alla fontanella erano comuni e spesso l‟acqua che doveva
finire nelle pitare veniva scaricata addosso insieme ai secchi e bummuli e
non era raro l‟intervento delle forze dell‟ordine per sedare gli animi più
agitati.
Lunghe file si formavano alle fontane, per la verità si vedono nei
momenti critici ancora oggi a “funtanedda” (5), formate da donne e bambini
con recipienti vari. Considerato che le fontanelle non potevano soddisfare la
forte richiesta d‟acqua giravano per il paese le botti di acqua dolce venduta a
peso d‟oro. E‟ un mio ricordo indelebile personale allorquando un giorno di
forte piovosità mio padre mise fuori tegami ed altri attrezzi di cucina per
raccogliere un po‟ di acqua piovana utilizzabile per gli usi di casa, a
dimostrazione questo della scarsità d‟acqua di un tempo. Non vi erano
servizi igienici, per questo uso vi erano le “cascette” (6) poste in un angolo
della casa o i “rinali”(7), ambedue venivano svuotati nella botte comunale
che nelle prime mattinate giravano per le viuzze.
1) grossa recipiente in ceramica che poteva contenere da100 a 150 litri d‟acqua 2) bacinella
rotonda in ferro-porcellanato poggiata su un portabacinella in ferro 3) lavatoio 4) recipienti
in ceramica o alluminio di varie dimensioni 5) casa comunale pubblica, situata in via Palma,
con tetto, aperta nei quattro lati con 24 fontane; una volta sede dell‟abbeveratoio per gli
animali da una parte e di fontanelle per gli umani dall‟altra parte, tutti accomunati dalla
stessa sete. 6) recipiente in creta o ferro smaltato usato come W.C. 7) vaso da notte
Rosa Balistreri: la vita 65

Gli odori sgradevoli erano una costante di tutte queste case. Non vi era
luce elettrica, e l‟illuminazione serale veniva soddisfatta con i lumi ad
“arsoliu”(1) o con delle candele. Per cucinare si utilizzava u “fucularu” (2)
sopra il quale si metteva la pentola per la pasta o la griglia per arrostire le
sarde o altro pesce azzurro, quando c‟era. In ognuna di queste case
vivevano in media sette, dieci persone, comprensibile quindi il disagio
fisico, lo stress nervoso, la poca privace personale, la miseria, la fame, gli
incesti, comuni in alcune delle case degli abitanti di Licata di quell‟epoca.
Non era raro vedere anche animali nella stanza, gatti (servivano ad
allontanare i numerosi topi) galline, ochette, raramente porcellini, tutti
utilizzati per ovviare alla scarsa quantità di cibi ma che portavano
promiscuità negativa ai fini igienici e sanitari; a tal proposito è mio
personale ricordo il fatto che una mia zia un mese prima di Pasqua ogni
anno usava comprare un agnellino che teneva attaccato alla porta, (lo
comprava 30 giorni prima della pasqua perché più piccolo era e meno lo
pagava), e lo nutriva ogni giorno con erbe e broccoli dell‟ortolano; noi
bambini giocavamo con l‟agnellino; dopo un mese, l‟agnellino finiva,
come piatto prelibato per la Pasqua sulla tavola senza che noi bambini
sapessimo la fine del povero agnellino, perché ci veniva detta la pietosa
bugia che l‟agnellino era stato condotto dalla mamma.
Nel caso della famiglia Balistreri c‟è da aggiungere che il padre,
falegname, utilizzava la stessa stanza dove si dormiva e mangiava anche
come laboratorio di falegnameria, per cui aveva in una parete appesi gli
attrezzi, pialla, sega, utensili vari, il banchetto per il lavoro insieme ai
manufatti da sistemare o già finiti: sedie, tavolini, pale per infornare e per
muratori, bastoni per zappe, e una quantità di legname che usava per
riparare o per costruire arnesi che poi vendeva; proprio in questo marasma
si viveva e non certo bene.
Rosa e la sua famiglia abitavano in una di quelle case, povere, con una
realtà sociale ed ambientale veramente scadente, insieme alle tre sorelle,
Angela, Maria, Mariannina e ad un fratello paralitico agli arti inferiori,
Vincenzo.
Il padre, Emanuele Balistreri, ( Licata 21/04/1896 - † Firenze
07/07/1958) veniva dall‟esperienza di un primo matrimonio finito per la
morte della prima moglie per tubercolosi, malattia molto comune a quei
tempi e spesso ad esito fatale, e contratta per mancanza di igiene e di

1) lume a petrolio 2) treppiedi con fornacella funzionante a legna o carbone


Rosa Balistreri: la vita 66

medicinali antitubercolari, e si era risposato in seconde nozze con Vincenza


Gibaldi. Il concetto di paternità era diverso in quegli anni da quello che
abbiamo oggi. Spesso era sinonimo di padre-padrone e tale era don
Emanuele sia con la moglie che con i figli, utilizzando spesso le maniere
forti per farsi ascoltare. Tale concetto di paternità era molto diffuso ed uno
degli attrezzi che serve a tenere su i pantaloni, cioè la cinghia non di rado
era utilizzato per far espiare punizioni o ribellioni all‟autorità paterna.
Chiunque della famiglia, moglie o figli che osava ribellarsi all‟autorità del
padre provava sulla propria carne viva la giusta, per il padre, punizione: del
resto c‟è da dire che il momento politico di allora, epoca del fascismo,
incoraggiava una paternità severa, un incremento delle nascite e una
gerarchia all‟interno della famiglia di tipo militare. Ad aggravare il
carattere violento del padre c‟era una gelosia smodata nei confronti della
moglie che esitava spesso in liti familiari che culminavano non di rado con
calci e pugni e con digiuni per tutta la famiglia. A parte il suo carattere
irascibile e geloso, don Emanuele cercava di soddisfare i bisogni della sua
famiglia non solo col suo lavoro di ebanista e costruttore di arnesi
casalinghi, sedie, scope, maide (1), pile (2) ma anche andando a “spicari”
(3) o raccogliere verdura spontanea o babbaluci (4). I rapporti tra il padre e
Rosa, tesi nella prima parte della vita per via del carattere violento del
padre e per il carattere forte e contestatario di Rosa, diventarono di vero
affetto filiale nella seconda parte di vita, specie a Firenze. Don Emanuele
seguirà la figlia a Firenze, appena Rosa, aprendo una bottega di frutta,
potrà contare su delle entrate certe e dopo aver affittato una casa. A Firenze
don Emanuele avrà l‟ultimo grande dispiacere della vita: l‟uccisione della
figlia Maria da parte del marito, da quel momento non è più lui, si trascina
svogliatamente ed infine decide di togliersi la vita impiccandosi sul
Lungarno († 07/07/1958) . Verrà sepolto a Firenze.
La madre, Vincenza Gibaldi, (Licata - 19/12/1925) proveniva da una
famiglia numerosa, alla quale non mancava niente, grazie al laboriosità del
padre Antonino Gibaldi, che lavorava sulle navi a vapore adibite al
trasporto di zolfo e cereali. La morte, ancora giovane, del nonno di Rosa
portò un decadimento economico nella famiglia anche per la numerosa
prole, nove figli e Vincenza Gibaldi, fu messa in collegio dalle suore, (in
quel tempo molte ragazze e ragazzi, specie in famiglie numerose o quando
veniva a mancare uno dei genitori, venivano mandati nei collegi di suore

1) Attrezzo in legno pianeggiante per impastare il pane o la pasta 2) lavatoi per lavare la
biancheria a mano, 3) raccogliere le spighe rimaste a terra dopo la mietitura 4) lumache.
Rosa Balistreri: la vita 67

che li accudivano dando loro anche una minima istruzione, rimanendo da


giovanette a volte a rimpinguare il già alto numero di suore; l‟invio in collegio
faceva diminuire una bocca da sfamare permettendo a chi restava in famiglia di
poter sopravvivere meglio). Dal collegio uscì a quattordici anni e fu data in sposa
a Emanuele Balistreri; dico fu data in sposa perché la volontà della sposa era
l‟ultima cosa a cui si badava all‟epoca; la scelta del coniuge veniva fatta dal
padre, o in mancanza dalla madre o dalle ruffiane, (persone che combinavano i
matrimoni).
Certo oggi è tutto cambiato, in meglio, le famiglie si formano con la volontà
degli sposi, ma spesso come si formano altrettanto in fretta si scombinano,
divorziano facilmente e le statistiche delle separazioni oggi hanno raggiunto cifre
impressionanti, al contrario di un tempo in cui i matrimoni erano combinati ma
che raramente andavano verso la separazione.
La madre di Rosa, come ella stessa dice, era una santa donna, tutta dedita alla
famiglia ed ad allevare nel miglior modo i figli cercando di non fargli mancare da
mangiare e da vestire; aiutava inoltre il marito a lucidare i mobili con l‟olio, ad
impagliare le sedie e a vendere gli attrezzi costruiti dal marito, come le scope, ed
altri utensili per la casa.
Rosa ebbe un grandissimo affetto per sua madre che portò a Firenze appena le
sue condizioni economiche migliorarono ed abitò con Rosa oltrechè a Firenze, a
Roma, a Partinico e a Palermo. La madre seppe consigliarla anche quando Rosa
aveva raggiunto onori, fama e benessere economico, era presente ai suoi spettacoli
e nelle attività teatrali e la accompagnava negli spostamenti per concerti in Italia;
veniva chiamata dagli amici di Rosa donna “Vicinzina” per rispetto alla sua età.
La vita della madre di Rosa, specie nella prima parte fu piena di stenti e la
stessa Rosa non la vide mai sorridere ed essere contenta, anche a Firenze le
disgrazie non mancarono con l‟uccisione della figlia Maria da parte del marito e la
successiva impiccagione del marito Emanuele. Solo nell‟ultima parte della vita
che corrisponde all‟affermazione artistica di Rosa, troverà un po‟ di serenità e di
pace. La madre muore per infarto a Firenze e lì riposa insieme alla figlia Maria, al
marito ed alla figlia Rosa nel cimitero di Trespiano.
Tre sono le sorelle di Rosa, tutte più piccole di lei, Maria, Mariannina e Angela,
ed un unico fratello Vincenzo, nato paralitico agli arti inferiori, malgrado il suo
handicap farà il calzolaio, e si guadagnerà da vivere con questo lavoro fino alla
morte avvenuta a Firenze.
Delle tre sorelle, Maria si sposa a Licata, il marito è manesco, ubriacone ed un
giorno dopo una lite, butta in strada madre e figli. Maria abbandona il marito e si
trasferisce con i figli a Firenze dove abita nella stessa casa di Rosa insieme alle
Rosa Balistreri: la vita 68

altre sorelle, alla madre e al padre; trova lavoro come domestica in una
famiglia fiorentina. Il marito però non sopporta l‟affronto e si reca a Firenze
per convincerla a rientrare a Licata, dietro il suo forte e deciso rifiuto in un
impeto d‟ira, il marito la accoltella uccidendola († 13/05/1957) . I figli di
Maria saranno accolti da Rosa e dalla sua famiglia. Il marito verrà
processato, imprigionato, riducendosi come dice Rosa ad un rudere di uomo;
dopo 20 anni di prigionia Rosa farà un concerto a Milazzo nello stesso
carcere dove sconterà la pena il cognato ed alla fine lo abbraccerà, gli anni
leniscono le pene e i dolori e la vista di quell‟uomo mal ridotto la
impietosisce e Rosa le concede il suo perdono e quello della sorella uccisa.
Le altre due sorelle Mariannina ed Angela si sono sposate a Firenze e li
trascorreranno molti anni, abitando insieme a Rosa a Firenze da nubili, per
poi prendere la loro strada dopo il matrimonio. Spesso Rosa le andava a
trovare a Firenze nutrendo per loro un profondo affetto.
L‟unica figlia che Rosa ha avuto dal matrimonio con Gioacchino
Torregrossa è Angela Torregrossa. La figlia è nata a Licata e dopo la
separazione col marito è stata affidata dal tribunale a Rosa, che l‟ha portata
con se nelle varie peregrinazioni, a Palermo, a Firenze.
Ancora piccolissima la piccola è stata messa in collegio per poter avere una
adeguata cultura e per permettere a Rosa di spostarsi per il lavoro più
facilmente. La figlia Angela ha avuto un figlio, Luca Torregrossa, adottato
piccolissimo da Rosa ed accudito ed amato come un figlio da Rosa. Del
resto lo stesso tribunale di Firenze le aveva affidata la patria potestà. I
rapporti tra Rosa e la figlia non sono stati mai idilliaci, lo afferma la stessa
Balistreri, nel periodo migliore della carriera di Rosa, corrispondente al
periodo palermitano, la figlia ha collaborato con Rosa in vari spettacoli ed in
varie compagnie. Per problemi caratteriali e per incompatibilità i rapporti tra
madre e figlia spesso erano tesi, al limite della rottura.
Attualmente fa la spola tra Firenze e Palermo dove tramite il “Teatro del
sole” cura le memorie e le attività collegate al ricordo di sua madre.
Luca Torregrossa, è l‟unico nipote di Rosa Balistreri, essendo il figlio di
Angela Torregrossa. I rapporti tra Rosa e Luca sono stati sempre ottimi ed
improntati a vero amore filiale. La stessa Rosa l‟ha fatto crescere, gli ha
fatto frequentare le scuole, l‟ha curato, gli ha fatto fare i primi passi nel
mondo dello spettacolo, infatti insieme a Rosa il nome di Luca risulta tra i
protagonisti della “La Lunga notte di Medea “, dello spettacolo teatrale “La
rosa di zolfo” nel 1982 e negli spettacoli classici delle Orestiadi a
Gibellina. Luca è venuto più di una volta a Licata per convegni su Rosa
Balistreri e al momento impiega molto del suo tempo in attività collegate
Rosa Balistreri: la vita 69

al nome della nonna, tra queste da ricordare la settimana dell‟Etna-Fest a Catania


con Carmen Consoli nel 2008 nella quale si è interessato di allestire una mostra
sulla nonna ed ha fornito del materiale video-sonoro per la manifestazione.
Possiamo dividere la vita di Rosa Balistreri (1927-1990) in due parti: la prima
si svolge in un periodo di tempo che va dalla sua nascita a Licata alla fine della
seconda guerra mondiale, questa parte politicamente coincide con il periodo
fascista (1922- Marcia su Roma e incarico di primo ministro a Benito Mussolini -
1945 fine della seconda guerra mondiale) e la seconda parte di vita che va dalla
fine della seconda guerra mondiale alla morte di Rosa a Palermo nel 1990, in
questo periodo politicamente abbiamo la Repubblica italiana, con la netta
divisione tra Democrazia Cristina e Partito Comunista.
La vita nel paese natio, Licata, come in tutti i paesi della Sicilia è difficile. In
Italia la grande emigrazione che ha origine dalla diffusa povertà in molte zone
d‟Italia, specie nel Sud è in pieno svolgimento e ha come destinazioni privilegiate
l‟America del sud e il Nord America (Stati Uniti, Brasile e Argentina, paesi con
necessità di mano d‟opera per via di immense estensioni di terre non sfruttate)
l‟Australia, l‟Europa (Francia, Belgio, Germania – fine secolo XIX e anni 1950).
V‟è pure l‟emigrazione interna dal sud verso il Nord e se da un parte
l‟emigrazione porta un alleggerimento demografico e un leggero miglioramento
del bilancio economico per le rimesse di danaro proveniente dai paesi di
immigrazione in favore dei parenti degli emigrati, per coloro che restano in Italia,
però, non porta ad un miglioramento delle condizioni socio economiche. La
Sicilia è esclusa dal miglioramento sociale che avviene al Nord, dove le fabbriche
cominciano a dare delle risposte positive al problema lavorativo, perché la società
siciliana rimane prevalentemente agricola.
A Licata la gran parte dei lavoratori nel periodo fascista lavora la terra, una
piccola parte è impiegata nella pesca, altri esercitano l‟artigianato, con i vari
mestieri, fabbro, calzolaio, muratore, falegname, poche sono le botteghe e
prettamente a conduzione familiare, non vi sono fabbriche, il periodo d‟oro dal
punto di vista economico dovuto alla presenza delle raffinerie dello zolfo, le più
grandi d‟Europa, che esportavano dal porto di Licata a mezzo mondo lo zolfo
proveniente dalle miniere del centro Sicilia, era ormai finito da diversi anni perché
le tecniche di estrazione dello zolfo erano diventate poco competitive; Licata si
presentava negli anni del fascismo come una città povera. L‟unico settore
economico che riusciva ad assicurare almeno il pane era quello agricolo, con tutti
i problemi connessi a questo settore: le terre erano ancora di proprietà di
latifondisti, baroni, duchi e borghesia arricchita con l‟estrazione dello zolfo, ed
erano date in comodato con pagamento annuale a gabellotti, i quali con l‟aiuto di
campieri, li affidavano ai contadini, che pur facendo i lavori più pesanti, non
Rosa Balistreri: la vita 70

riuscivano mai a risollevarsi dalla povertà, veniva infatti fatto obbligo di


approvvigionamento delle sementi dai gabellotti, che inoltre anticipavano soldi ai
contadini per il sostentamento delle famiglie, finendo sempre ad indebitarsi
sempre più e a non potersi risollevare dallo stato di povertà e schiavitù. Il vero
affare nel lavoro delle campagne, lo facevano i gabellotti, i campieri, i latifondisti.
Solo se si comprende lo stato di miseria e povertà dei contadini si possono
comprendere le molte canzoni di Rosa dedicate allo sfruttamento dei contadini da
parte dei padroni. A difesa dei contadini alla fine della 2° guerra mondiale si
schierarono partito socialista e partito comunista che riuscirono a riunirli in
cooperative al Nord, ma non al Sud, e a promuovere i diritti in genere dei
lavoratori ed in particolari di quelli agrari al Sud. E‟ a questo partito che Rosa
guarda con attenzione, diventando la voce degli sfruttati, dei miseri e della povera
gente in cerca di un riscatto economico.
Ad aggravare la situazione dei contadini intervenne anche la mafia, ed alcuni
banditi, che sposarono gli interessi dei padroni, riuscendo ad intimidire,
assassinare coloro che si mettevano alla testa della protesta, come nei fatti di
Portella della Ginestra dove nel 1° maggio festa dei lavoratori la banda Giuliano
usò le armi contro gli inermi lavoratori che rivendicavano i loro diritti.

Vita girovaga della famiglia


Molti furono i paesi nei quali la famiglia Balistreri si spostò sperando di poter
fare una vita meno difficile, Palma di Montechiaro è il primo di questi. Il ricordo
che ha Rosa di Palma tra gli anni 30 e 40 è desolante, un paese senza acqua, senza
fogne, con cumuli di immondizie dappertutto, strade sterrate con fanghiglia in
inverno e polvere in estate, promiscuità con animali quali asini, galline, pecore:
oggi Palma di Montechiaro è cambiata in meglio, fino agli 90 ancora la parte alta
di Palma, era con strade senza asfalto ed ancora senza fogne, oggi tutte le strade
sono asfaltate, vi sono le fognature, il problema dell‟acqua è irrisolto come in gran
parte della provincia di Agrigento, il progresso è arrivato anche a Palma, anche se
è afflitta ancora dalla presenza di mafiosi che fanno ristagnare l‟economia
prevalendo ancora l‟economia contadina. Ottimo ricordo rimane a Rosa della
madrina (non di battesimo, cresima o comunione, ma madrina per vicinanza di
casa), e grazie al suo cuore grande tutta la famiglia ha un minimo di aiuto per il
sostentamento quotidiano.
Altro paese è Campobello di Licata, i ricordi di Rosa si soffermano su due
episodi: sulla frequenza nell‟oratorio della chiesa di San Giuseppe, il motivo della
frequenza era solamente il panino con la mortadella che il parroco dava ai
bambini che frequentavano il catechismo, la fame era tanta e bastava questo per
Rosa Balistreri: la vita (gli amori di Rosa) 71

convincere Rosa a frequentare la chiesa; il secondo episodio è la


trasformazione di Rosa e della sorella Maria in vecchiette con uno scialle nero
per poter prendere l‟elemosina che faceva il barone La Lumia ai poveri, anche
a Campobello come a Palma la fame è la costante ed il problema quotidiano da
risolvere. Altri paesi sono Ravanusa e Riesi; tutti e quattro paesi distano da
Licata dai 15 Km di Palma ai 50 Km di Riesi, pur residendo in uno di questi
paesi, il papà Emanuele insieme alla figlia Rosa si recava a piedi per vendere
negli altri paesi vicini i manufatti di falegnameria lavorati dal padre,
ricavandone spesso non soldi ma il corrispettivo in natura come frumento, ceci,
fave.

Gli amori di Rosa.

Il primo amore non si scorda mai, recita un antico detto, ed è quello che
succede a Rosa. Il suo primo amore è Angelino un cugino di Rosa, figlio della
zia Mariannina. Di lui Rosa avrà sempre un buon ricordo, sia per la prestanza e
l‟aspetto fisico, sia per la correttezza morale, infatti non approfittò mai di Rosa,
pur essendo nelle condizioni di farlo anche con l‟assenso di Rosa, in una
nottata di forte temporale allorché il fidanzato era stato costretto a dormire
nella casa di Rosa, ella dimostrò apertamente le sue intenzioni, ma Angelino
correttamente non ne volle approfittare. Arrivarono persino a mettere gli
annunci del matrimonio, ma non se ne fece nulla perché la zia pretendeva il
corredo a 24, (24 camicie, 24 lenzuola ecc) e il possesso del magazzino di via
Martinez dove la famiglia abitava. Il ricordo di Angelino resterà nel suo cuore
e in una delle poche
visite a Licata, Rosa venuta a conoscenza della malattia di Angelino che si era
poi sposato, volle andarlo a trovare ricordandogli dopo tanti anni che l‟affetto
per lui era sincero.
Un altro pretendente di Rosa fu un soldatino americano; gli americani
erano sbarcati in Sicilia nel 1943, certo Frank, Rosa lo ricorda con nostalgia,
soprattutto i suoi occhioni neri, anche se l‟intento del soldatino era soltanto
quello di avere un rapporto intimo con Rosa, cosa che Rosa non permise; in
quel periodo Rosa aveva quindici anni, un aspetto attraente e un corpo
appariscente e le attenzioni di un giovanotto certamente erano ben accettate,
ma Rosa forte dell‟esperienza di altre ragazze che erano rimaste incinte e
ritenute svergognate da tutti seppe frenare le avances del giovanotto. Lo
cercherà a guerra finita, ma non riceverà più notizie, e non saprà mai se fosse
morto in guerra, e neppure se sopravvissuto si fosse sposato in America,
rimarrà per lei un piacevole ricordo.
72

Il matrimonio con Iachinazzu


A diciassette anni, nel pieno della giovinezza, Rosa Balistreri sposa
Giacchino Torregrossa, detto “Iachinazzu”. Il matrimonio, combinato come tutti i
matrimoni di allora, dal padre e dalla famiglia dello sposo, fu celebrato al
Comune, il 28 ottobre 1944, (il matrimonio civile allora era chiamato
“matrimonio a banca”. Questo tipo di matrimonio che per lo stato Italiano ha tutti
gli effetti legali era considerato dalla gente allora come promessa di matrimonio,
reputando il vero matrimonio solo quello celebrato in chiesa; avendo però il
matrimonio in Comune effetti legali veniva elargito alla nuova famiglia il
sussidio fascista (sussiliu) quando il capofamiglia era soldato come nel caso di
Gioacchino Torregrossa. (1)
Non essendo considerato matrimonio a tutti gli effetti gli sposi dopo il si
coniugale al comune ritornarono a vivere nelle case dei genitori, Rosa nella casa
laboratorio in via Martinez, dove attualmente c‟è una lapide che ricorda la
cantante folk siciliana, “Iachinazzu” vicino al lazzaretto nell‟attuale via Principe
di Napoli a casa dei genitori. ”Iachinazzu” non fu un marito modello, la stessa
Rosa lo definisce lagnusu (2), jucaturi (giocatore di carte, passione comune a
molti disoccupati e poveri che trascorrevano nelle putie, botteghe di vino, serate
intere giocando a carte, mangiando e bevendo), latru (usava andare nelle
campagne altrui a rifornirsi di cassette di carciofi, pomodori, fichi ecc)
„mbriacuni (ubriacone, il vino era il toccasana dei poveri tramite il quale
dimenticavano le loro disgrazie e miserie, una specie di droga a buon mercato,
che però minava il rapporto familiare perché l‟ubriaco spesso ritornando a casa
sotto i fumi dell‟alcool non lesinava botte ed angherie alla moglie ed ai figli e
spesso la separazione era la soluzione finale come nel caso del matrimonio tra
Rosa e Iachinazzu alle sbornie quasi quotidiane). Iachinazzu è figlio del suo
tempo, del periodo postbellico, della carenza di lavoro e della disoccupazione
conseguente, della fame e della miseria imperante in larghi strati della società di
quel tempo. Iachinazzu, cercò però di darsi da fare non disdegnando qualsiasi
occupazione, fu facchino, portabagagli, bagnino in estate, pescatore di sarde
quando c‟era buon tempo, pescivendolo, adornava con le conchiglie bummuli (3)
e oggetti in creta, creando dei veri capolavori artigianali, aiutava il suocero nel
magazzino di falegnameria costruendo pale, maiddi, siggiteddi, pilaturi (oggetti
in legno utilizzati come attrezzi domestici o per impastare la farina, infornare o
lavare la biancheria). Opposto al giudizio di Rosa sul marito è il pensiero
espresso da Camillo Vecchio nel libro su Rosa Balistreri “U cuntu ca cuntu”, che
1) Dagli atti della Chiesa Madre di Licata risulta che il 17 luglio 1948, alle ore 8,30 fu celebrato il
matrimomnio religioso tra Rosa Balistreri e Gioacchino Torregrossa con residenza familiare in via
Martinez 2) indolente e con poca volontà di lavorare. 3) recipiente in creta utilizzato per conservare
l‟acqua (come la bottiglia odierna )
Rosa Balistreri: la vita (il matrimonio) 73

lo definisce un buon lavoratore e addirittura “Iachinazzu curaggiu” per via del


coraggio dimostrato nell‟occasione di un salvataggio di un bambino caduto in un
cunicolo fognario, collettore delle fogne a cielo aperto di allora; Iachinazzu, con
sprezzo del pericolo entrando nel cunicolo riuscì ad afferrare e salvare il piccolo
restituendolo vivo ai genitori. Sfortunato fu il matrimonio tra Rosa e Iachinazzu;
i motivi sono da distribuire equamente a tutte e due gli sposi, Rosa aveva un
carattere indipendente, libero, forte, desiderosa di emergere e mal sopportava una
vita di miserie, di soprusi, di liti continue, di botte, del resto non era stato un
matrimonio d‟amore, (allora gli sposi a volte nemmeno si conoscevano e tutto
veniva pianificato dalle famiglie degli sposi), anche il primo rapporto, estorto con
inganno, e vissuto da Rosa come stupro, aveva lasciato l‟amaro in bocca a Rosa;
neanche la nascita dell‟unica figlia Angela aveva rasserenato i rapporti tra i
coniugi e le continue liti, la sensazione di soffocamento, la disperazione portarono
Rosa durante una lite a trafiggere con una lima la carotide di Iachinazzu:
credendolo morto, Rosa si costituì ai carabinieri che la tradussero nell‟ex carcere
nel convento di Sant‟Angelo che oggi per strano caso della sorte è diventato
“Centro studi Rosa Balistreri” con una sala a lei dedicata.
Iachinazzu fu solo ferito e in modo molto grave, ma trasportato all‟ospedale riuscì
a salvarsi, derubricando così l‟accoltellamento in tentato omicidio e dopo ventuno
giorni di prigione Rosa uscì dal carcere, e non vi rientrò anche se condannata a 6
mesi per via della condizionale. Da quel momento il matrimonio si sciolse, Rosa
ottenne del tribunale l‟affidamento della figlia e i due non si rividero più.
Iachinazzu lasciò Licata e visse per alcuni anni a Ventimiglia guadagnandosi la
vita con umili lavori e pur potendo carpire qualche vantaggio, quando Rosa
divenne un‟apprezzata cantante, essendo sempre il marito, volle restare all‟ombra
e dimenticare completamente quel matrimonio travagliato. Rosa ottenne il
divorzio, allorchè il referendum per il divorzio aprì le porte alla legge sul divorzio.
Vita palermitana
Chiusa la relazione con Gioacchino, Rosa si diede da fare per sfamare la
piccola ed aiutare la famiglia, lavorò in una vetreria, ma le continue avances e alla
fine lo stupro da parte di uno dei padroni della vetreria le fecero lasciare quel
lavoro, fece la domestica, lavorò come operaia in un magazzino dove
inscatolavano le sarde in salamoia, ma a Licata il lavoro scarseggiava ed il paese
non offriva avvenire e non assicurava neanche il necessario per vivere, si convinse
ad abbandonare Licata e si recò a Palermo, sicura che il capoluogo siciliano
potesse offrirle più opportunità. Tramite uno zio che abitava a Palermo entrò come
cameriera presso una famiglia benestante, che aveva un figlio, studente di
medicina. Rosa aveva appena vent‟anni ed era una bella ragazza, il giovanotto era
Rosa Balistreri: la vita (vita palermitana) 74

un bel ragazzo e dopo vari tentativi la convinse ad avere rapporti che


durarono un anno circa, fin quando Rosa restò incinta; il ragazzo, giocatore
incallito era oppresso dai debiti di gioco e convinse Rosa, con la promessa
di una vita coniugale, a rubare molti soldi dal comodino della padrona.
Scoperto l‟ammanco e denunciato il fatto, Rosa dovette scappare a
Sondrio, dove la madre era ricoverata, ma i carabinieri riuscirono a trovarla
e a tradurla in prigione all‟Ucciardone; fu condannata e scontò 7 mesi di
carcere considerata la recidiva. Il periodo carcerario sarà fonte di
ispirazione per le tanti canzoni sul carcere che Rosa canterà durante la sua
carriera artistica. Uscita dal carcere, ormai agli ultimi mesi di gravidanza,
senza lavoro, senza una fissa dimora provò un momento di grande
sconforto, dal quale la risollevò un ex carcerata, levatrice, che l‟aiutò
ospitandola a casa sua fin quando, arrivato il momento di partorire, ebbe un
difficile travaglio e il bimbo venne alla luce morto. La levatrice le procurò
lavoro come cameriera presso il conte Testa e per un anno e mezzo Rosa
ritornò a sperare ed a vivere con un certa tranquillità, sia perché i conti la
rispettavano e non le facevano mancare niente sia perché la contessa le
insegnò a leggere e scrivere cosa che diede grande soddisfazione, coraggio
e forza alla giovane licatese (1); ai conti però serviva una balia in grado di
educare il piccolo, che nel frattempo si avviava a due anni, per cui dovette
lasciare la casa del conte che però volle aiutarla trovandole lavoro come
sagrestana nella chiesa Maria SS. degli Agonizzanti, lavoro apprezzato da
Rosa solo per poco tempo fino alla morte del santo uomo parroco
monsignor Campanella; le cose cambiarono con l‟arrivo del nuovo
parroco, un prete sensibile alle sottane femminili, che in vari momenti
cercò di circuire Rosa, e non riuscendogli la licenziò, Rosa, rimasta senza
lavoro volle rifarsi dei sacrifici e delle avances del parroco, decidendo di
rubare le offerte dei devoti nelle cassette delle elemosine e con i soldi
raggranellati prese il treno con la sola volontà di lasciare Palermo e la vita
disgraziata siciliana, naturalmente il parroco non fece nessuna denuncia,
potendo questa trasformarsi in un boomerang contro lo stesso prete.

Vita fiorentina
L‟ultima fermata del treno che Rosa prese insieme al fratello Vincenzo,
era Firenze e lì scesero. (1) Rosa trovò subito lavoro come cameriera ed il
fratello aprì in uno sgabuzzino una bottega di calzolaio. Il lavoro per tutti e
1) In realtà Rosa sapeva scrivere certamente il suo nome, forse per aver frequentato qualche anno
di elementare, ed è dimostrato dalla firma che Rosa stessa appone all‟atto del matrimonio civile
(conservato nella chiesa Madre di Licata) al contrario del marito che appone la croce sempre nello
stesso atto.
Rosa Balistreri: la vita (periodo fiorentino) 75

due andava bene e la vita finalmente sorrideva loro, Rosa affittò a San Frediano
due stanze con servizi, che le permisero di richiamare la famiglia da Licata. Tutti
trovarono un lavoro, il padre, la sorella Mariannina, ed Angela. Per un anno la
tranquillità tornò in casa Balistreri, lavorando tutti potevano soddisfare le
necessità della vita ed anche qualche piccolo divertimento, ma le disgrazie per la
famiglia Balistreri non erano finite, perché una forte lite tra la sorella Maria e il
marito a Licata portò il marito a buttare fuori casa moglie e figli, che trovarono
rifugio in casa Balistreri a Firenze; Rosa non si perse d‟animo ed ospitò la sorella
procurandogli anche un lavoro, ma dopo tre mesi il marito si precipitò a Firenze
con lo scopo di convincere la moglie Maria a tornare a Licata per rimettersi
insieme; di fronte al ripetuto rifiuto di Maria, il marito, in un momento d‟ira,
l‟accoltella alla gola provocandole una grave ferita mortale e finendo per questo
in carcere. La morte di Maria gettò la famiglia nella disperazione, per il padre
Emanuele il colpo fu così pesante che non volle più lavorare e diventò sempre più
taciturno fino a decidere in un momento di forte depressione di impiccarsi ad un
albero sul Lungarno. Questa seconda tragedia portò lutto e disperazione, per Rosa,
per la madre, per le sorelle e per i bambini, il colpo fu così pesante che per diversi
mesi non riuscirono a risollevarsi dall‟apatia e dalla disperazione; ma la vita non
si può fermare e a poco a poco, lavorando sodo, Rosa, la madre e le sorelle
trovano quel minimo di rassegnazione, di pace e di tranquillità. A Firenze i
rapporti sociali erano diversi dalla Sicilia, i ragazzi il sabato sera e la domenica
uscivano, andavano a ballare, stavano insieme e così Rosa si inserisce in un giro
di amici del quartiere, e con loro esce per riprovare a vivere, fin quando conosce
un pittore, certo Manfredi Lombardi, uomo fine e raffinato che disegnerà molti
quadri prendendo a modella Rosa Balistreri, i due si innamorano e decidono di
vivere insieme, Rosa trascorrerà tre anni meravigliosi, finalmente la vita le sorride
Rosa apre una bottega di frutta e verdura che gestisce insieme a Manfredi. Tra i
due c‟è una perfetta sintonia, è Manfredi a intuire le potenzialità vocali della
Balistreri e a spingerla a studiare il repertorio tradizionale siciliano, è Manfredi
che la fa debuttare dal vivo, in occasione di una sua mostra antologica a
Piombino. Grazie a Manfredi conosce l‟ambiente degli artisti fiorentini tra cui
Saverio Bueno, la figlia Caterina, Ivan Della Mea, mercanti e critici d‟arte, tra
questi Mario De Micheli che sentendola cantare la incoraggiò a cantare in
pubblico e la presentò a Michele Straniero, un cantautore di sinistra interessato
alla musica popolare che la mise in contatto con gli impresari della Ricordi con la
quale casa discografica incise il primo disco in vinile: canta “Rosa Balistreri”
della Linea Rossa dei “Dischi del Sole”.
Rosa Balistreri: la vita (periodo fiorentino) 76

E‟ necessario per comprendere gli inizi artistici della Balistreri fare un accenno al
movimento di sinistra chiamato il “Nuovo Canzoniere italiano” la cui
frequentazione da parte della Balistreri è alla base della sua carriera artistica. Il
“Nuovo canzoniere italiano” è formato da un gruppo di artisti e studiosi di
musica popolare e del canto sociale che partire dagli anni 60 a Milano diedero
vita a una rivista e a un gruppo musicale collegandosi all‟esperienza del
“Cantacroniche” di Michele Luciano Straniero.
I componenti del “Nuovo canzoniere italiano” sia i musicisti che gli
intellettuali attraverso la rivista e pubblicazioni discografiche (collana dei
“Dischi del sole” ) si riproponevano la riscoperta e riproposizione del canto
popolare sociale impegnato. I maggiori rappresentanti di questo gruppo erano
oltre a Michele Luciano Straniero, Fausto Amodei, Robero Leydi, Sandra
Mantovano, a questi si aggiunsero Gianni Bosio, Ernesto Di Martino, Cesare
Bermani, Ivan della Mea, Giovanna Daffini, Giovanna Manni, Caterina Bueno,
Dario Fo ed altri.
Grazie al lavoro di queste persone nasce lo spettacolo “Bella ciao” e “Ci
ragiono e canto”. Moltissimi furono i dischi della collana “Dischi del sole” che
ha pubblicato canzoni popolari e album della canzone impegnata di sinistra. Tra
questi da ricordare il disco del 1967 di Rosa Balistreri (è il primo disco della
Balistreri) con le tre canzoni: “Picciliddi unni iti”, “C‟erano tri sorelli” e “O
contadinu sutta lu zappuni” dal titolo “canta Rosa Balistreri” e con copertina un
dipinto di Manfredi su Rosa Balistreri.
Rosa Balistreri conobbe varie persone del gruppo del “Nuovo canzoniere
italiano” e con queste stabilì una forte amicizia fondata sugli stessi interessi a
favore della povera gente e dell‟ideologia di sinistra.
L‟incontro con Ciccio Busacca, cantastorie siciliano e Ignazio Buttitta a
Bologna le aprì il mondo della canzone siciliana, lo stesso Buttitta la convinse a
cantare in pubblico e ad imparare a suonare la chitarra. Rosa comprò una chitarra
e con l‟aiuto di Xavier Bueno, che le insegnò pochi accordi, poté essere
autosufficiente nell‟accompagnarsi con la chitarra. Per ampliare il repertorio
studiò molti canti del Corpus di Alberto Favara grazie all‟aiuto di un frate
francescano, Cesare Milaneschi, che registrò su un magnetofono la linea
melodica di questi canti che lo stesso Manfredi aveva sentito dalla viva voce di
Giuseppe Ganduscio (Ribera, 6 gennaio 1925 - Firenze, 7 settembre 1963) poeta
italiano ed illustre personaggio siciliano, che si era occupato moltissimo di
musica popolare; la scoperta del “Corpus di musiche popolari siciliane” del
Rosa Balistreri: la vita (il ritorno in Sicilia) 77

Favara rappresentò un momento di fondamentale importanza per il futuro


artistico della Balistreri: Rosa cominciò a fare le prime serate sotto la
spinta di Manfredi e degli amici a Empoli, Prato, San Miniato, ad ogni
serata aumentavano gli spettatori dando a Rosa grandissima soddisfazione
e spingendola sempre più ad ampliare il repertorio ed a migliorarsi. Rosa
diventa la modella preferita di Manfredi ed è lo stesso Manfredi che
ricorda in un‟intervista “«ho dipinto molti ritratti di Rosa, era la donna
che mi stava vicino, per me era naturale». ed ancora: “Abbiamo vissuto
insieme 3 anni, in una casa di borgo San Frediano, Rosa era una persona
incredibile: non aveva frequentato nessuna scuola, aveva imparato a
scrivere dalla sorella, eppure aveva doti intellettive eccezionali e un
temperamento fortissimo”.
Rosa fece concerti al teatro Carignano di Torino, al Manzoni di Milano e al
Metastasio di Prato, l‟incontro con Dario Fo le fa spiccare il volo artistico;
Dario Fo cercava cantautori per uno spettacolo “Ci ragiono e canto” nel
quale i canti popolari di tutte le regioni italiane fossero, specie quelli di
protesta o a contenuto sociale, tutti rappresentati. Dario Fo restò
impressionato dal timbro e dalla forza espressiva che emanava la voce di
Rosa e la ingaggiò subito. Grazie a questo spettacolo Rosa acquisisce un
posto di rilievo tra i cantastorie siciliani, e comincia a girare per circa un
anno con gli artisti di “Ci ragiono e canto” tutta l‟Italia. Perde i contatti con
Manfredi che dopo tre anni di vita insieme abbandona Rosa per convivere
con una insegnante, che poi sposerà.
Concluso lo spettacolo di Dario Fo, Rosa rimane senza lavoro e senza il
suo uomo, in un momento di depressione ingerisce un tubetto di
tranquillanti, il tentativo di suicidio non ha un esito tragico perché finita in
ospedale viene rianimata e salvata. In quel momento difficile viene aiutata
dal Partito comunista che la chiama nelle varie feste dell‟Unità, Rosa
riprende coraggio e forza e si decide a ritornare in Sicilia non più come una
domestica, ma come cantante affermata.

Il ritorno in Sicilia
Nel 1970 Rosa ritorna in Sicilia, a Palermo, insieme a Luca e alla
madre “donna Vicinzina”. Ormai Rosa è un‟artista affermata, tutti la
apprezzano e la osannano considerandola la “voce della Sicilia”, e non
tarda molto ad essere accolta dai palermitani. A Palermo ritrova l‟amico
Buttitta ed intreccia molte amicizie con uomini di cultura, di politica e del
mondo universitario.
Rosa Balistreri: la vita (il ritorno in Sicilia 78

Tutti la stimano e la invitano nelle feste e nelle loro case; Rosa si sente
orgogliosa ma non si monta la testa. Le amicizie palermitane di Rosa faranno
parte di un capitolo di questo libretto; tra gli amici conosce l‟avvocato
Cacopardo, che Rosa definisce “buono e generoso”, l‟avvocato da in affitto a
Rosa un suo appartamento in una casa popolare di Via S.S. Mediatrice, nelle
vicinanze del polo universitario palermitano, ma non richiederà mai il compenso
finendo alla fine per regalare l‟immobile a Rosa. In questa casa Rosa vivrà la
vita palermitana, è in questa casa che riceverà persone importanti ma anche
gente umile, universitari, militanti del partito comunista e soprattutto cantautori,
cantanti e musicisti che a lei si rivolgevano per farle ascoltare le loro
composizioni, per chiederle un parere, per avere un aiuto.
In questa casa, eccettuato qualche parentesi temporale di soggiorno nel
trapanese, (Partinico), vivrà gli anni entusiasmanti del successo artistico. Sono i
15 anni più belli della sua vita artistica. Da Palermo Rosa si sposta per i vari
concerti nell‟isola ed in tutta Italia, in Sicilia avrà la sua avventura con il teatro,
che farà parte di un altro capitolo di questo libro, da Palermo spiccherà il volo
per le tournèe all‟Estero, Svezia, Germania, Stati Uniti.
Dappertutto ottiene successi esaltanti, gli emigranti la amano e vorrebbero
tenerla in America, è invitata in diverse trasmissioni televisive siciliane, ed
anche nazionali, partecipa al Festival di San Remo, anche se la sua canzone
viene subito eliminata, perché non inedita, avendola cantata in altre
manifestazioni. Ritorna tre volte a Licata, una per ricevere un premio, e due per
concerti.

Dopo l‟ultimo concerto effettuato in Piazza Sant‟Angelo, detta a Giuseppe


Cantavenere che registrerà il tutto, la sua travagliata vita, dalla fanciullezza ad
artista affermata; saranno le note dettate da Rosa che permetteranno al
Cantavenere di scrivere un interessante libro sulla vita di Rosa Balistreri. Verso
gli anni 1985 il gradimento della musica folk nel pubblico è in discesa e dopo
15 anni di successi strepitosi cominciano a mancare le richieste di concerti, per
due anni Rosa si trasferisce a Partinico insieme a Luca e alla madre Vincenzina
poi ritorna a Firenze e trascorre gli ultimi anni della sua vita effettuando altri
concerti, altre feste dell‟Unità e sagre cittadine, gira per tutta l‟Italia
soffermandosi varie volte in Sicilia, a Palermo, dove molti dei suoi vecchi amici
e protettori intanto erano morti, incontra ancora varie volte Ignazio Buttitta nella
villa d‟Aspra, fino alla malattia finale quando un ictus cerebrale la colpisce
durante un concerto in Calabria, viene trasportata a Palermo in ospedale e qui
dopo qualche mese di malattia il 20 settembre 1990 muore.
Rosa Balistreri: la vita (il ritormo in Sicilia) 79

Al suo funerale c‟erano poche persone, oltre i familiari c‟era Laura Mollica,
l‟autrice Marilena Monti, l‟amico poeta Felice Liotti con la moglie Lia, gli amici
di Partinico Fifo e Tanino Gaglio e qualche altro amico come il maestro Mario
Modestini. Veramente un triste commiato da questa vita per una voce conosciuta
in tutto il mondo. Nel paese natio, Licata, un medico, Vincenzo Marrali, farà
apporre a sue spese gli avvisi funerari fra l‟assordante silenzio del Comune, dei
politici, delle varie associazioni e della cittadinanza licatese. Rosa riposa per sua
espressa volontà nel cimitero di Trespiano (Firenze) vicino alla sorella Maria,
alla madre e al padre.
80

ROSA BALISTRERI E IL TEATRO

Rosa Balistreri non fu soltanto cantante folk, la sua attività artistica non si
concretizzò soltanto nella concertistica e nel canto, ma grazie alla sua splendida
voce, alla sua forte personalità, partecipò attivamente a spettacoli teatrali,
alcuni addirittura scritti per lei.
La prima apparizione teatrale di Rosa avvenne nel lontano 1966
col lo spettacolo “Ci ragiono e canto” di Dario Fo. Rosa viveva
a Firenze e il primo spettacolo fu alla
Pergola e Rosa cantò canti della terra
siciliane, nenie e canti d‟amore.
Nel CD di riepilogo dello spettacolo
“Ci ragiono e canto” Rosa canta
la canzone “Accattari vurria na virrinedda”
Allo spettacolo partecipano molti artisti:
Ivan Della Mea, Paolo Ciarchi, Franco
Coggiola, il Gruppo Padano di Piadena,
il coro del Galletto di Gallura, Giovanna Daffini, Giovanna Marini, Caterina
Bueno, Cati Mattea, Silvia Malagugini. Lo spettacolo sarà rieditato con “Ci
ragione e canto n. 2” nel 1973 e la Sicilia sarà rappresentata da Ciccio Busacca.
Lo spettacolo fu presentato in molti teatri italiani e per Rosa fu il battesimo
artistico che le darà notorietà e che le porterà tanta fortuna.
Questo spettacolo darà a Rosa sicurezza nelle sue potenzialità artistiche e vocali
e la proietterà nel campo musicale facendola a conoscere ad un pubblico vasto,
dopo questo spettacolo Rosa Balistreri non sarà più la stessa donna, perché
prenderà coscienza che il suo destino è nel canto, nella musica dialettale
siciliana.
Nel 1968 Rosa Balistreri partecipa allo spettacolo «La rosa di zolfo» di
Aniante con regia di Nando Greco con Maria Sciacca e Guido Cerniglia con il
teatro Stabile di Catania. L‟opera teatrale è tratta dall‟omonimo libro di Aniante
Antonio: Rosalia, zolfatara e maga e amante appassionata, corre dalla miniera
alla foresta, dall'altipiano assetato al porto, e all'angiporto, della città;
nell'intrico delle peripezie incontra e ama il brigante nobile, la «mano nera»,
Petrosino. Donna bellissima e temeraria, Rosalia, «la rosa di zolfo», sorge a
rappresentare un sogno ingenuo e forte, il sogno di libertà dello zolfataro.
Un‟altra edizione della “Rosa di zolfo” nel 1984 con regia di R. Bernardini
Rosa Balistreri e il teatro 81

ha visto sul palco Rosa Balistreri, Leo Gullotta, Elisabetta Carta e Luca
Torregrossa (nipote della Balistreri).
Nel 1978 Rosa partecipa allo spettacolo “La Ballata del sale”
di Salvo Licata, regia M. Scaparro per il
teatro Biondo di Palermo con musiche
del maestro Mario Modestini;
"La ballata del sale" è un grande
capolavoro di ricerca popolare
ed è basata sui canti di mare dei tonnaroti
tratti dal “Corpus” del Favara, arrangiati per
un quartetto d' archi e per un trio di musica
popolare, violino, chitarra e fisarmonica.
Rosa fu amica personale dello scrittore
Salvo Licata e del maestro Modestini, i quali insieme
gli confezionarono a misura questo spettacolo, collaborerà ancora
con tutte e due nello spettacolo “Oh Bambulè”
Lo spettacolo, come ricorda Rosa stessa nel libro di Cantavenere, (1)
“parla di una principessa rapita dai pirati e riscattata dall‟amante, perché i
genitori non volevano uscire soldi. I pirati per liberarla volevano “tri liuni,
tri falcuni, tri culonni ca d‟oru su” La madre diceva: “Megghiu perdiri na
figghia, ca tantu oru nun trovu cchiù” Nello spettacolo si esibiscono come
musicisti i giovani Rocco Giorgi, Tobia Vaccaro e Mimmo La Mantia, (tutti
e tre in momenti diversi accompagneranno Rosa Balistreri nei suoi
concerti). Lo spettacolo ottiene grandissimo successo e fu un trionfo per
Rosa, per il maestro Mario Modestini e per l‟autore Salvo Licata.
Nel 1979 Rosa Balistreri partecipa allo spettacolo teatrale “La Lupa”
di Giovanni Verga, regia Lamberto Pugelli, la parte della Lupa la interpreta
magistralmente Anna Proclemer.
Rosa Balistreri canta varie canzoni siciliane accompagnata alla
chitarra da Rocco Giorgi. Lo spettacolo farà conoscere ad un pubblico
sempre più vasto le qualità vocali ed artistiche di Rosa Balistreri,
proiettandola non solo come cantante ma come interprete teatrale.
“Con la suggestione delle sue antiche canzoni autenticamente popolari
Rosa Balistreri, dice in un‟intervista il regista Pugelli, porta nello
spettacolo il sapore della terra siciliana, l‟asprezza del paesaggio, i veri

1) Giuseppe Cantavenere, prefazione di Paolo Emilio Carapezza, Rosa Balistreri”:


una grande cantante folk racconta la sua vita, 1992
Rosa Balistreri e il teatro 82

sentimenti”.Gli interventi di Rosa conferiscono


allo spettacolo la cadenza della grande
ballata popolare. È la storia, tratta da
una novella di Verga, di una donna
siciliana sfrenata, accecata di sesso,
un animale, una lupa appunto, ma
una lupa in calore che perde la testa
per il giovane Nanni Lasca, gli fa
sposare la figlia per tenerselo vicino
e si avvia alla inevitabile conclusione sanguinosa. Lo spettacolo toccherà
molte piazze italiane per otto mesi, ma non verrà messo in scena in Sicilia.
Rosa faceva la parte della zia Filomena e della cantastorie. Anche questo
spettacolo fu un successo per la Balistreri.
Fa parte della sua esperienza teatrale la partecipazione a "La lunga
notte di Medea", diretta da Corrado Alvaro. In quest‟opera Piera degli
Espositi interpreta Medea, Rosa Balistreri era la coscienza di Medea
vecchia e la coscienza di Medea giovane. Piera recitava e Rosa cantava le
stesse parole dette da Piera.
In quest‟opera Corrado Alvaro evidenzia soprattutto l‟aspetto umano di
Medea: egli si è accostato a questa figura cercando di comprenderne fino in
fondo le ragioni, considerandola solamente una vittima costretta dalle
circostanze a compiere il male. Alvaro ha così chiamato in causa ragioni
esterne, inevitabili e determinanti, alleggerendo di conseguenza il peso
della colpa di Medea.
La Medea di Alvaro non ha più nulla della strega, è solo una donna
innamorata e una madre amorosa, angosciata dal destino dei suoi figli.
Nel 1981 Rosa Balistreri partecipa allo spettacolo “La fame e la
peste”di Salvo Licata, giornalista e scrittore
palermitano, grande ammiratore ed amico di
Rosa. Lo spettacolo, per la Fondazione Biondo,
viene diretto dallo stesso Salvo Licata.
Nel 1982 è presente nel nuovo spettacolo
di Franco Scaldati “Buela”, della fondazione
Andrea Biondo di Palermo insieme a Pippo
Spicuzza. Lo spettacolo, fortemente voluto
dal direttore artistico del Biondo Carriglio,
debuttò a Roma, dove nessuno conosceva Scaldati
Rosa Balistreri e il teatro 83

e dove il suo dialetto siciliano, incomprensibile per molti spettatori non


aveva nessuna probabilità di essere capito. Lo spettacolo, contrariamente
alle aspettative, fu un trionfo. Gli umori poetici, i grumi fantastici, la beffa
e la favola che tanto avevano a che fare con la Sicilia, ma poco o nulla con
quella folclorica, la struttura da operetta musicale, furono alla base di un
successo che si riconfermò quindici giorni dopo a Palermo.
Un ricordo particolare meritano le partecipazioni di Rosa Balistreri alle
Orestiadi di Gibellina del 1984 – 1985 – 1986.
Le Orestiadi sono un Festival internazionale con rappresentazioni sia
teatrali sia classiche, con momenti che interessano non solo il teatro ma
anche la pittura, la scultura ed il cinema. Rosa Balistreri partecipò
all‟edizione del 1984 con “Agamennone”, nel 1985 dove faceva la parte
della Pitia, la maga che prevede il futuro, con “Le Coefori” e nel 1986 con
“Le Eumenidi” con Francesca de Benedetti, Marcello Perracchio, Renzo
Palmer. La recitazione della tragedia era in siciliano.
Le Orestiadi prendono il nome dalla trilogia Orestea di Eschilo che
racconta la mitologia di Oreste che uccide la madre e l‟amante per
vendicare la morte del padre. Le Orestiadi sono organizzate dalla
Fondazione che è nata con l‟intento di raccogliere, salvaguardare e
potenziare il patrimonio culturale espresso dalla città di Gibellina,
ricostruita dopo il terremoto del 1968 con interventi di artisti di peso
internazionale. Le manifestazioni si tengono nel suggestivo "Cretto di
Burri”, sulle macerie della vecchia Ghibellina o a volte nel “Baglio di
Stefano”. Rosa stessa nel libro del Cantavenere (1) dice: “recitavamo a
Gibellina dove “ci su i morti arrivucati sotto le macerie”… mentre
recitavo mi veniva la pelle d‟oca, “u friddu mi veniva” pensando a quei
morti. Ed ancora: “Quando cantavo la ninna nanna “Amuri miu ti vogghiu
beni – l‟ucchiuzzi di me figghia su sireni”, la cantavo ai morti che avevo
sotto i piedi”.
La partecipazione di Rosa alle tre edizioni diede lustro alle Orestiadi, e
consacrò Rosa Balistreri non solo come cantante, ma anche come artista
teatrale di notevoli doti.
Nel 1987, sempre per il teatro Biondo, una nuova attività teatrale vede
impegnata Rosa Balistreri: “Oh Bambulè” di Salvo Licata diretta da Carlo
Quattrucci, assieme a Giustino Durano e a Luigi Maria Burruano, con le
musiche di Mario Modestini e le scene di Bruno Caruso. Salvo Licata per
Rosa Balistreri e il teatro 84

la professione giornalistica, ma soprattutto per la grande umanità che lo


caratterizzava e per l‟amore che nutriva per la sua città, conosceva
Palermo, e ne ha colto l‟intima anima celata dietro la tristezza o
l‟efferatezza di certe realtà. Questo lavoro è un chiaro esempio dell‟amore
di Salvo Licata per Palermo ed è stato scritto prendendo spunto da un fatto
di cronaca nera, avvenuto nel 1965 al Borgo Vecchio: il duplice omicidio
di una giovane prostituta e del suo amante, un marinaio yemenita, uccisi
dal “protettore” della ragazza. ” Nell‟operetta Rosa Balistreri interpreta
Maria Blunotte ex cantante di palchetti nelle feste di piazza. Lo spettacolo
ebbe un successo oltre le aspettative e consacrò in veri artisti i protagonisti:
lo scrittore Salvo Licata, il maestro Mario Modestini, Rosa Balistreri che
interpretò l‟operetta in modo magistrale.
L‟ultimo spettacolo a cui parteciperà Rosa Balistreri è
“U Curtigghiu di Raunisi“ d‟Ignazio Buttitta, per la regia di Sammartano,
ancora una volta al teatro Biondo con Giacomo Civiletti in coppia con
Luigi Maria Burruano. Lo spettacolo è una farsa che rappresenta le vicende
della povera gente , sempre alla ricerca del modo migliore per sbarcare il
lunario e migliorare la propria condizione sociale. Buttitta rivisitò l‟opera
settecentesca dandole un taglio popolare più adatto allo spettatore d‟oggi.
Le fortune teatrali di Rosa Balistreri oltre alla bravura, alla grinta, alla
particolare voce di Rosa debbono sicuramente attribuirsi a due artisti che
Rosa stimò e a cui diede la sua amicizia sincera: Salvo Licata e Mario
Modestini. Salvo Licata (9 giugno 1937 – 1 aprile 2000) giornalista de
l‟Ora e successivamente del Giornale di Sicilia di Palermo viene definito
dalla figlia Costanza “grande conoscitore della lingua e dei modelli di vita
della casbah palermitana”, ha avuto uno straordinario interesse per il teatro
palermitano con la scrittura di diversi spettacoli andati in scena
per il Teatro Biondo, tra questi "Il Trionfo di Santa Rosalia", (1977)
"Cagliostro dei Buffoni" (1978), "La Ballata del Sale" (1979, "Soirée"
(1979), "La fame e la peste" (1971), "Scusi, permesso c'è nessuno?" "Ehi
Coca!"(1983). Il rapporto professionale con Rosa fu intenso e proficuo
negli spettacoli "La Ballata del Sale", "La fame e la peste", "Ohi
Bambulè!" che ottennero grandi consensi dal pubblico palermitano, tanto
da far salire gli abbonamenti del teatro Biondo dai 3000 a 13000 a
dimostrazione dell‟interesse e del gradimento dei palermitani.
Per notizie sull‟attività artistica e sulla vita maestro Mario Modestini vedi
pag. 106-108
85

DISCOGRAFIA: LA PRODUZIONE DI CANZONI


EDITA IN DISCHI, MUSICASSETTE O CD

Possiamo dividere la produzione discografica di Rosa Balistreri in due


sezione ben distinte: la prima è quella vera, autentica ed è formata da tutti i
dischi in vinile (ancora non esisteva il CD room) che Rosa Balistreri ha
registrato con varie case discografiche, si tratta delle registrazioni
effettuate nel trentennio di vita artistica (dai primi 45 giri agli ultimi L.P.);
l‟altra sezione è formata dalle riedizioni dei dischi in vinile in CD effettuati
da varie case discografiche, la più importante “Il teatro del sole” con lo
scopo commemorativo e divulgativo-commerciale. C‟è da aggiungere che
la casa discografica Teatro del sole ha edito oltre alle riedizioni in CD dei
dischi in vinile, altri CD di inediti, registrati da Rosa in forma privata a
casa di amici o di artisti e che grazie a questa iniziativa sono stati resi
fruibili al grande pubblico.
I primi dischi di canzoni di Rosa Balistreri sono dei 45 giri in vinile
Il primo in assoluto e intitolato: canta “Rosa Balistreri” della Linea Rossa
dei “Dischi del Sole”, il disco contiene tre brani: ”Picciliddi unni iti”,
“C‟erano tri sorelli”, “O contadinu sutta lu zappuni”

Il secondo disco è un vinile a 45 giri con la dicitura “Rosa e la sua


chitarra” contiene due brani: “Lu venniri matinu” (canto religioso) e “la
Siminzina” (ninna nanna)
Altri dischi in vinile sempre a 45
giri con la scritta “Rusidda a licatisa”
contengono i seguenti brani:
1) Acidduzzu (di me cummari)
Levatillu stu cappeddu
2) U cunigghiu –
Na varcuzza banneri banneri
Discografia: Dischi in vinile, musicassette, CD 86

3) A pinnula (una canto divertente


sugli anticoncezionali)

I primi dischi in vinile LP a 33 giri sono


1) La voce della Sicilia (1967, Tauro Record)
Quantu basilicò, La siminzina, Olì olì olà,
Caltanissetta fa quattru quarteri, Guarda
chi vita fa lu zappaturi, Morsi cu morsi, Lu vènniri matinu, Mamma vi
l'aiu persu lu rispettu, Matri chi aviti li figghi a la badia, Cummari Nina
cummari Vicenza, La notti di Natali, Ddu palummi, e S. Antoninu calati
calati
2) Un matrimonio infelice (1967, Tauro Record) testo e musica di Rosa
Balistreri, racconta la storia della sorella Maria con la sua tragica fine a
Firenze per mano del marito geloso.
3) La cantatrice del Sud (1973, RCA riedizione de La voce della Sicilia).
4) Amore tu lo sai la vita è amara (1971, Cetra Folk). Le canzoni sono:
Mi votu e mi rivotu, Ch'è autu lu suli, Mirrina, Ntra viddi e vaddi, Lu
verbu, A curuna, Signuruzzu, chiuviti chiuviti, A tirannia, Lu libru di li
nfami, Nta la Vicaria, e Lu focu di la paglia.
5) Terra che non senti (1973, Cetra Folk). Le canzoni sono:
A virrinedda, Lu muccaturi, L'anatra, Levatillu stu cappeddu, Vènneri
santu, O Patri Manueli, Ti nni vai, E la pampina di l'aliva, e Terra ca nun
senti.

6) Noi siamo nell'inferno carcerati (1974, Cetra Folk Le canzoni sono:


Judici ca la liggi studiati, Buttana di to mà, Morsi cu morsi, La me liti,
Nfamità, Cuteddu ntussicatu, Amici, amici, quarari! quarari!,
Discografia: Dischi in vinile, musicassette, CD 87

Chista è la vuci mia, Càrzari ca si fattu cruci cruci, Matri ch'aviti figli,
Càrzari Vicarìa, Lassarimi accussì, M'arrusicu li gradi, Sugnu comu un
cunigliu, Amici amici chi n Palermu jti, e Testa di mortu.

7) Amuri senza amuri (1974, Cetra Folk). Le canzoni sono: Vinni a cantari
all'ariu scuvertu, L'amuri ca v'haju, O cori di stu cori, Cu ti lu dissi, Vurria
fari un palazzu, Lu rispettu, E lu suli ntinni ntinni, Stanotti nzonnu, Nivuru
carinusu, Nina nanna di la guerra, e La Sicilia havi un patruni.
8) Vinni a cantari all'ariu scuvertu (1978, Cetra Folk) è una riedizione
del disco precedente “Amuri senza Amuri” con le stesse canzoni
9) Concerto di Natale (1985, PDR) Quannu Diu s'avia ncarnari, Nni la
notti trionfanti, Ora veni lu picuraru, Filastrocca a lu bamminu, Avò, Diu vi
la manna l'ambasciata, Sutta n'pedi, La notti di Natali, La ciaramedda,
Bammineddu picciliddu.
Discografia: Dischi in vinile, musicassette, CD 88

7) Amuri senza amuri (1974, Cetra Folk). Le canzoni sono: Vinni a cantari
all'ariu scuvertu, L'amuri ca v'haju, O cori di stu cori,
Cu ti lu dissi, Vurria fari un palazzu, Lu rispettu, E lu suli ntinni ntinni,
Stanotti nzonnu, Nivuru carinusu, Nina nanna di la guerra, e La Sicilia havi
un patruni.
8) Vinni a cantari all'ariu scuvertu (1978, Cetra Folk) è una riedizione
del disco precedente “Amuri senza Amuri” con le stesse canzoni

Tre vinili a 45 giri


1) “A virrinedda”, Amuri Luntanu
2) “La piccatura” Cetra, 1975 dall‟omonimo film di Pier Ludocivo Gavoni
“La peccatrice”. Il film è ambientato in Sicilia negli anni 50 e durante tutto
il film si respira l'inquietante atmosfera siciliana col sottofondo della
canzone di Rosa Balistreri"
3)Terra can un senti. Canzone presentata al Festival di Sanremo e poi
esclusa per irregolarità secondo gli organizzatori (la canzone era stata
cantata precedentemente e quindi non inedita).

CD PUBBLICATI DOPO LA MORTE (RIEDIZIONI)


1) La Sicilia di Rosa (Amore tu lo sai la vita è amara) Nuova Fonit Cetra
1996 ;vi sono tutti i canti della edizione della Cetra Folk del 1971con
l‟aggiunta del canto “Maria di Gesù”
2) Rosa Balistreri (1996, Teatro del Sole - ried. in CD de La voce della
Sicilia) in collaborazione col Centro Rosa Balistreri, di Licata.
3) Un matrimonio infelice (1997, Teatro del Sole - ried. in CD)
4) Rari e Inediti (1997, Teatro del Sole). Le canzoni sono: Acidduzzu (di
me cummari), Levatillu stu cappeddu, Me muggheri unn'avi pila (pi
lavari), A pinnula, U cunigghiu, Na varchuzza bànneri bànneri, Spartenza
amara, Liggenna du friscalettu, La barunissa di Carini, Mafia e parrini,
Rosa canta e cunta, Mi votu e mi rivotu, Vitti na crozza, e Quannu moru.
Discografia: Dischi in vinile, musicassette, CD 89

5) Amore tu lo sai la vita è amara (2000, Teatro del Sole – riedizione del
vinile della Cetra Folk in CD)
6) Terra che non senti (2000, Teatro del Sole - riedizione del vinile della
Cetra Folk in CD)
7) Noi siamo nell'inferno carcerati (2000, Teatro del Sole - riedizione del
vinile della Cetra Folk in CD)
8) Vinni a cantari all'ariu scuvertu (2000, Teatro del Sole - riedizione del
vinile della Cetra Folk in CD)

9) Vinni a cantari, in un solo elegante


cofanetto i 4 CD del Teatro del Sole c
orrispondenti ai quattro dischi della Fonit
Cetra (1972-1978), anno 2001

10) Collection 1, la raggia, lu duluru, la passione (2004 Lucky Planets).


Le canzoni sono: 'A virinnedda, Buttana di to' ma', Ciuriddi di lu chianu, È
la pampina di l'alivu, Lu muccaturi, Matri ch'aviti figli, Mi votu e mi
rivotu, Rosa rosa, Terra ca nun senti, La Sicilia avi nu patrunu, Stanotti
'nzonnu, Amuri luntanu, La piccatura, 'O cori di 'stu cori, e Amuri senza
amuri.
Discografia: Dischi in vinile, musicassette, CD 90

11) Collection 2 (2004 Lucky Planets). Le canzoni sono: 'Nta la Vicaria, E


lu suli 'ntinni 'ntinni, L'amuri ca v'haju, Lu rispettu, Intra viddi e vaddi,
Amici amici chi 'n Palemo jiti, Carzari ca si fattu cruci cruci, Chista e' la
vuci mia, Cuteddu ntussicatu, La me liti, Lassarimi accussì, M'arrusicu li
gradi, 'Nfamità, Cu ti lu dissi, Nna nanna di la guerra, Nivuru carinusu,
Vinni a cantari all'ariu
12) Amuri senza amuri (2007 Lucky Planets) non tutti i brani sono cantati
da Rosa Balistreri Rosa rosa (autoreBalistreri) U pumu Amuri senza amuri
(balistreri) Lu muttu anticu, Un mortu ca chianci Non criditi amuri
Ciuriddi di lu chianu (Balistreri) Quattru tarì A riti
Cristu sinnannau E vui durmiti ancora

13) Rosa canta e cunta (2007, Teatro del Sole).


sedici canzoni di cui otto sono inedite
(da una registrazione improvvisata che la
cantastorie tenne vent‟anni fa in un piccolo
studio casalingo a Udine),”Cu ti lu dissi,
L'anatra, I pirati a Palermu, Ffaccia 'ffaccia
Maria, La sacra santa notti di Natali,
Lamentu di un servu a un Santu Crucifissu,
Lu muccaturi, Mamà chi tempu fa a lu paisi, Nostalgia, Passa Maria, Rosa
canta e cunta, Ti vogliu beni assai, Tu si bedda, Vitti na bedda, Vurria di lu
to sangu cincu stizzi,
14) Le Piu Belle Canzoni di Rosa Balistreri Warner Music Italia 2006
Ninna nanna di la guerra, Tirannia, Ch‟e autu lu suli, Lu libru di li
Nfami, Signuruzzu, chiuviti chiuviti, Levatillu stu Cappellu, O Patri
Manuali,Ti nni vai, Vènniri santu, Carzari vicaria,
Judici ca la liggi studiati, Morsi cu morsi, Sugnu comu un cunigliu, Testa
di mortu Storia di Lorenzo Panepinto.15-16) Canti della Sicilia PDR 2000
Ed Vivaio due CD
1 CD): Cu ti lui dissi, Curri cavaddu miu, Vittina bedda,
Discografia: Dischi in vinile, musicassette, CD 91

Signuruzzu chiuviti chiuviti, La tirannia, Tu si bedda, La cursa di li


cavaddi, La tarantula, Quantu basilicò, La trabia, Morsi cu morsi,
La siminzina.
2 CD): Avò Chiovi Chiovi L'anatra Cummari Nina Cummari Vicenza
Quannu Diu s'avia 'ncarnari , Sutta n'pedi, La ciaramedda, 'Nni la notti
triunfanti, Ora veni lu picuraru, Filastrocca a lu Bamminu, Diu vi la nanna
l'ambasciata, A la notti di Natali, Bammineddu picciliddu

17) Omaggio A Rosa Balistreri (2007) Sotto l'egida del Comune di San
Giovanni La Punta, nell'ambito della manifestazione "Concorso Rosa
Balistreri 2007", è stato realizzato un CD "Omaggio a Rosa Balistreri". Il
disco, oltre alle canzoni di Rosa Balistreri, comprende tre canzoni di
Francesco Ferro su testi dello scrittore Fernando Luigi Fazzi. Acidduzzu di
me cummari / Cu ti lu dissi / E la vita addiventa amuri (cantata da
Francesco Ferro) / E lu suli ntinni ntinni / La Barunissa di Carini /
Levatillu stu cappeddu / Li me patruna (cantata da Francesco Ferro) / U
cunigghiu / Mi votu e mi rivotu (cantata da Francesco Ferro) / Non
vogghiu dinara (cantata da Francesco Ferro) / Na Lacrima (Poesia recitata
da Christian E. Maccarone / Quannu moru.
Infine un ultimo accenno a dischi di vari cantanti , dove si possono trovare
canzoni di Rosa Balistreri
I Dioscuri pubblicano nel 1996 Voci di un antico Natale con la
partecipazione straordinaria di Rosa Balistreri. Nel vinile “XI Sagra
nazionale dei cantastorie” vi sono due pezzi”: “Amici amici” (canto di
carcere), “Addio, Bella Sicilia” insieme alle canzoni di vari cantastorie.
“Ci ragiono e canto” 1966” è un L.P vinile tratto da uno spettacolo
di Dario Fo; si tratta di una raccolta di canti del mondo popolare
e proletario delle regioni italiane, con “Accattari vurria na virrinedda” e
“Abballati, abballati” cantate da Rosa Balistreri come canzone della terra
regione di Sicilia. Cd “Santa Venerina Magico Natale” - Canti di Rosa”".
Edito dal Comune di Santa Venerina (Ct) 2004 da un concerto di Natale
effettuato da Rosa il 30 dicembre 1989 a Santa Venerina.
92

I FIGLI D‟ARTE DI ROSA BALISTRERI.

Alla morte di Rosa Balistreri molti artisti, soprattutto donne, nella scia
tracciata da Rosa della rivalutazione della canzone siciliana si sono inserite nel
filone della musica folk continuando ed ampliando la ricerca sul patrimonio
culturale siciliano, scrivendo nuove canzoni e mettendo nel loro repertorio
canzoni cantate da Rosa Balistreri. Alcune di queste artisti sono state definite
dalla critica le "eredi di Rosa", tutte amano intensamente Rosa e la musica
siciliana, ma tutte hanno un vissuto personale e un'esperienza diversa da Rosa e
lo esprimono nei loro concerti con sensibilità diverse, unendo musica
tradizionale con altri generi, quali il rock, il jazz, ne vengono fuori spesso
contaminazioni ben riuscite e che trovano seguito in un pubblico attento, anche
giovanile spesso, con successi strabilianti. Oltre a singoli artisti vi sono gruppi
musicali che hanno fatto della canzone in siciliano o delle canzoni del
repertorio di Rosa la loro bandiera, anche essi con notevole seguito di pubblico
e successo.
Tra questi artisti e gruppi musicali meritano un ricordo:

Anelli Alfredo e Letizia, palermitani, figli d'arte, dal 1970 si interessano di


musica tradizionale siciliana svolgendo ricerche dal vivo in molti paesi siciliani.
Nel 1972 fondano l'Etnic Soncs group composto da eccezionali musicisti:
Agostino Comito , Giuseppe Cusumano, Francesco Buzzurro, Salvatore
Orlando, che assume il ruolo di voce del gruppo.
Si esibiscono in Italia e in Europa facendo amicizia con molti artisti di musica
popolare. La loro attività concertistica in giro per l'Italia e l‟Europa ha permesso
loro di conoscere e lavorare con importanti artisti come: Rosa Balistreri, Otello
Profazio, Ciccio Busacca, Nonò Salamone, e di musica leggera come Eugenio
Bennato.
Hanno stabilito proficue collaborazioni con l‟Ente Autonomo Teatro
Massimo di Palermo e con la Fondazione Orchestra Sinfonica Siciliana.
Pubblicano nel 1977, il libro "Triunfi e Novene di Sicilia"
La loro musica affonda nelle radici delle tradizioni siciliane, nel repertorio di
Rosa Balistreri e le loro canzoni, pur conservando i ritmi e i sapori della musica
mediterranea e araba, sono arricchite con la ritmica moderna.
Catania Lillo, musicista, l‟incontro con Rosa è stato fortuito e favorito dalla
vicinanza dell‟abitazione di Rosa con quella della fidanzata. Fin da giovane
Lillo ha avuto il talento di comporre canzoni, ed avendo conosciuto Rosa
I figli d‟arte di Rosa Balistreri 93

Balistreri, le chiese un incontro per farle ascoltare la sua produzione musicale.


Da quell‟incontro è nata un amicizia sincera e solida che ha visto per circa 4
anni collaborare la grande Rosa con Lillo che scriverà numerose canzoni in
siciliano per Rosa. Rosa ha compreso il notevole talento di Lillo e lo ha
incoraggiato e sostenuto. Molte sono le canzoni che Lillo Catania ha composto
dopo aver ascoltato la travagliata vita dell‟artista licatese, una tra queste è stata
cantata da Rosa assumendo i connotati di testamento della Balistreri: “Quannu
moru”
Molte bellissime canzoni di Lillo Catania, dopo la morte di Rosa, sono
entrate nel repertorio di molti cantanti di musica siciliana, perché esprimono il
profondo amore per la terra siciliana e particolarmente per “Quannu moru” il
desiderio intimo di Rosa di restare nella memoria dei siciliani. Ancora oggi
Lillo compone e partecipa a vari eventi musicali, alcuni in onore di Rosa
ottenendo grandi soddisfazioni e donando al pubblico sensazioni e musiche di
notevole valore artistico. (vedi testimonianza di Lillo Catania a pag 130-136)

Cappello Sara, palermitana, cantautrice, pur non avendo conosciuto Rosa,


si è inserita nella scia delle artisti eredi di Rosa Balistreri; come Rosa è
impegnata a ricercare, elaborare, musicare testi della tradizione siciliana,
conservati grazie all‟opera di ricercatori di fine 1800 ed inizi del 1900, a
scrivere nuove canzoni con testo e musica frutto della sua anima siciliana.
Figlia di genitori musicisti ha trovato un suo spazio tra le artiste siciliane, molti
i suoi concerti in giro per l‟isola e per tutta Italia, nei quali predominano oltre
alle canzoni del repertorio di Rosa le nuove sue canzoni pregne della
delicatezza e della sensibilità poetica espresse con il dialetto siciliano. Ha edito
il CD "Vurria sapiri unn‟abiti a lu nvernu", 1966 Teatro del sole;
Di Rosa dice: “ Non ho conosciuto personalmente la grande interprete della
musica popolare siciliana Rosa Balistreri… avevo sentito parlare di lei quando
ancora non cantavo, avevo ascoltato qualche canzone, nulla di più, ma lei mi
era rimasta dentro, con quella voce, con la sua rabbia, quel mondo evocato
dalle parole del suo canto. La cercai per tanto tempo e pur vivendo nella stessa
città non mi riuscì di incontrarla”.
“Ho imparato a conoscerla ascoltando e cantando le sue
canzoni, assimilandole, facendole mie, cantandole nei miei concerti; sensazioni
arcaiche, intense mi vengono suggerite dalla sua voce, quella voce che affonda
nelle radici di un canto senza tempo, che è il frutto logico, dei disagi
di una vita difficile”.
I figli d‟arte di Rosa Balistreri 94

Giunta Francesco, musicista e discografico palermitano. Come musicista


pubblica nel 1991 il primo CD “Li varchi a' mari”, nel 1992 "Per terre assai
lontane" nel 1994 "Porta Felice" nel '97 , "E semu ccà" Dal 1997 la sua attività si
è incentrata nel campo del recupero del patrimonio linguistico e musicale
siciliano e la sua attività preminente, pur continuando ad esibirsi come
musicista, è quella di discografico creando e curando l‟etichetta “Teatro del
sole” con la quale ha curato la riedizione dell‟intera opera discografica di Rosa
Balistreri in nove CD che ripercorrono l‟intera attività artistica della cantante
licatese. I primi CD datano 1996, mentre l‟ultimo “Rosa canta e cunta” è datato
2007; i primi 5 CD sono la riedizione integrale dei vinili di Rosa, gli ultimi due
portano alla luce registrazioni di canzoni di Rosa fatte a casa di amici e per
questo inedite.
La casa discografica “Teatro del sole” ha edito ben 60 titoli con spiccata
preferenza alla musica siciliana. Francesco è il promotore e l‟artefice del sito
www.rosabalistreri.it , uno dei sue siti che si definiscono ufficiali di Rosa
Balistreri. Il sito è ben fatto e riporta, oltre ai testi di varie canzoni, molte notizie
sull‟attività artistica e di ricerca di musica popolare prefiggendosi lo scopo di
diffondere e promuovere l‟opera di Rosa Balistreri.

Lao Serena, palermitana, inizia la sua carriera artistica dopo aver conosciuto
Rosa Balistreri che le ha elargito consigli e suggerimenti sul canto e sulla
canzone siciliana. “A Rosa debbo la mia carriera” riferisce la cantante. Da 20
Serena Lao anni calca le scene di teatri, piazze, anfiteatri, chiese. Le canzoni
siciliane sono il suo cavallo di battaglia, sulla scia di Ciccio Busacca e di Rosa
Balistreri, ma si è proiettata pure verso altri generi musicali, con influenze della
musica etnica araba e mediterranea.
Nel 1985 rappresenta la Sicilia nei festeggiamenti del 4 ottobre in onore di San
Francesco, patrono d‟Italia, nel 1987 con la compagnia “Voci di Sicilia” diretta
da Anna Cuticchio facendo conoscere le più belle canzoni siciliane nei teatri
calabresi. Lavora nello spettacolo “Ehi, Coca” di Salvo Licata al Piccolo teatro
di Palermo e all‟Angelo Musco di Catania insieme a Gigi Burruano, Tony
Sperandeo e Giacomo Civiletti. Ha portato a Palazzo dei Normanni un omaggio
a Rosa Balistreri con lo spettacolo musicale e letterario "Un sogno, una rosa".
Ha scritto e musicato “Francesco, una follia d‟amore” “Un pupo vero” su
Pinocchio, “Io, Rosalia” supra na stidda cugghivu na rosa”, su Santa Rosalia,
con i CD relativi.
I figli d‟arte di Rosa Balistreri 95

Ha istituito l'Associazione Culturale e Compagnia Teatrale "Rosa Balistreri",


con lo scopo di valorizzazione ed diffondere le tradizioni popolari siciliane. Di
Rosa Balistreri dice in un intervista: “ Non voleva fiori, non voleva elogi e
onorificenze, voleva comunicare a tutto il mondo il disagio della Sicilia e delle
donne siciliane sfruttate dai potenti e bastonate dalla vita”.

Lauricella Enza, canicattinese, cantante di musica folk, amica e collega di


Rosa Balistreri, ha lavorato con lei in alcuni concerti, fa parte con Laura
Mollica, Serena Lao, Rosa Balistreri e Ciccio Busacca , del gruppo storico del
canto popolare della Sicilia.
Da diversi anni impegnata nel proporre la musica siciliana attraverso le sue
fonti storiche con spettacoli, concerti tra cui il più famoso “Canti di pietra”
dove Enza interpreta i canti della tradizione siciliana, alcuni già cantati dalla
Balistreri, con rielaborazioni e sonorità musicali aperte a nuove esperienze e
contaminazioni mediterranee, (arabe, spagnole) mix di un incontro nell‟isola di
un coacervo di popoli (francese, arabi, spagnoli, anglosassoni) che hanno
arricchito e formato l‟idioma siciliano.
Ha dato la sua voce in un canto arcaico di mietitura nel lavoro musico-
teatrale “Pipino il Breve” di Toni Cucchiara con la coppia di comici Tuccio
Musumeci e Pippo Pattavina. Molti i CD nei quali sono presenti pezzi musicali
di Enza Lauricella, tra questi il canto “Sant‟Agata che autu lu suli” nel CD
“Buon Compleanno Rosa – Omaggio a Rosa Balistreri” Teatro del
Sole/Graham e Associati, 2007.

Mollica Laura, comincia a cantare da adolescente, grazie all‟incontro con


artisti siciliani di primo piano: il poeta Ignazio Buttitta, la cantante Rosa
Balistreri, il cantastorie Ciccio Busacca.
Ha lavorato in teatro con grandi registi: Orazio Costa, Roberto
Guicciardini, Antonio Calenda, Carlo Quartucci (Bambulè) e Paolo e Vittorio
Taviani (“Kaos, film). Collabora con il Teatro Stabile di Palermo, il Teatro
Stabile di Catania, l‟Istituto Nazionale del Dramma Antico di Siracusa,
Rappresenta la Sicilia nell‟84 nei concerti in occasione delle Olimpiadi di Los
Angeles a Beverly Hills. Effettua molte tournèe all‟estero, Stati Uniti,
Australia, Canada, Sudafrica, Messico e a Parigi, Monaco, Bruxelles.
Il repertorio di Laura Mollica si basa sulla ricerca di canti siciliani nel
“Corpus” del Favara, nel Vigo.
I figli d‟arte di Rosa Balistreri 96

Ha lavorato con Giuseppe Greco con il quale hanno realizzato il cd “La


vuci mia” suite per strumenti e voce ispirata a frammenti della musica
popolare siciliana.
Ha lavorato con il maestro Mario Modestini in “Rosa Rosalia” concerto
etnico cameristico, in “Ballate, preludi e canti di Sicilia” e nello “Stabat
mater”. Laura Mollica ha lavorato con Rosa Balistreri in diverse occasioni,
sia nelle piazze della Sicilia, che nei teatri d‟Italia, con due produzioni del
Biondo Stabile di Palermo “Bambulè” e “Buela”.

Monti Marilena, è un personaggio poliedrico, scrittrice, cantautrice,


drammaturgo, attrice, regista. Ha inciso per la Fonit Cetra: “Io vi racconto
- una parte di me”. Coautrice delle musiche in “Palermo oh cara” di
L.M.Burruano, al Teatro Massimo di Palermo
Autrice e co-regista della colonna sonora film "Viaggio nelle memoria-la
Palermo di Dacia Maraini" per Rai3. Ha scritto la colonna sonora, ha
cantato e recitato nello spettacolo teatrale "Le vecchie e il mare" di Ritssos,
per la direzione di Maurizio Scaparro. Ha scritto vari libri: “Viaggio di
cuore” (2000), Passione (2000), Foulard (2000), Aquila (2001), Gabriele
(2002), La vela la tela (2004), L‟isola signora (2005), Stupore irriverente
(2006) e Giudice Paolo (dedicato a Paolo Borsellino).
Marilena ha la musica nel sangue e la trasmette nei vari spettacoli che fa in
tutta Italia. Il dialetto, la cultura, la storia siciliana sono i suoi cavalli di
battaglia. La canzone che unisce Rosa Balistreri a Marilena Monti è:
“Vurria di lu to sangu cincu stizzi”, è una canzone d‟amore composta nel
1974, Rosa chiese a Marilena di poterla cantare e la sua interpretazione è
molto bella. Marilena fu amica di Rosa e con lei fece vari spettacoli.
In un‟intervista così Marilena ha tratteggiato la figura di Rosa: «Potrei dire
che la vita di Rosa è stata, come la sua opera, sofferta. Rosa cantava il
dolore, perché lo aveva vissuto in prima persona”. “Rosa fu calda come il
sole, generosa come la terra che ha acqua, aspra come quando la terra si
crepa. Lasciò passione e sangue in chi, come me, si è felicemente scontrato
con la caparbia voglia sua di esistere cocciuta e vera...”

Pitino Cecilia, modicana, cantante folk, da diversi anni, ricercatrice di


musica etnica e popolare, si esibisce in concerti che uniscono la musica
tradizionale con influssi musicali europei e mediterranei coniugandoli con
la danza con risultati splendidi e di forte impatto per il pubblico.
I figli d‟arte di Rosa Balistreri 97

Ha collaborato con Carlo Muratori e Faisal Taher e con coreografi quali


Etienne Schwarcz e Anne Marie Porrai. Nel 1990 canta "U viersu" nel film
"I Ragazzi di via Panisperna" di Gianni Amelio, nel 1998 pubblica il CD
"Spunta 'na rosa" Viceversa Records, nel 1999 inserisce un brano nel CD
"Nomad's dance", Femios Records" Parigi. Interprete, insieme ad altre 7
voci della Sicilia, di una raccolta di ninne nanne dal titolo “Alavò” – La
Sicilia nei canti della naca”, Teatro del sole; nel 2008 esce l‟album “Buon
compleanno Rosa” prodotto dal Teatro del Sole e dalla Graham & associati
- Palermo, a cui partecipa con la canzone “I Pirati a Palermu” . Diversi i
CD pubblicati in Francia
Innumerevoli i concerti in Sicilia, in Italia ed in Europa.

Politi Matilde, cantante ed attrice palermitana, laureata in antropologia


culturale, attenta ricercatrice delle tradizioni siciliane e del mediterraneo:
nei suoi spettacoli Matilde Politi sottolinea il legame strettissimo con la
musica siciliana, utilizzando strumenti quali il marranzano, organetto,
tamburello, i suoni di una Sicilia antica, ma ancora viva. Diversi sono gli
spettacoli che Matilde insieme ai suoi musicisti propone alternando brani
della classica musica siciliana tratti dal Favara, dal Pitrè, dal Marino
Salomone, dal Vigo a nuovi brani personali tra questi: “Si eseguono
riparazioni dell'anima”, “Canti delle tradizioni popolari”, “Terra/Terre”,
“Vogghiu cantari e darimi bontempu”; gli spettacoli di Matilde risultano
un mix piacevole dei musica antica e moderna.
Ha inciso diversi CD; “Folk, song from Sicily”; “A tirannia”, canti
politici e storici del popolo in Sicilia; “Ma'aria, sugnari”: Matilde Politi.
Ha suonato in numerose piazze italiane e partecipato ai principali festival
siciliani di musica popolare.
Salvo Clara, trapanese, a 17 anni conosce Rosa Balistreri che ascoltata
la sua voce, ne rimane positivamente colpita, tanto da proporle di fare dei
concerti insieme a Lei, Clara per la giovane età e perché ancora studentessa
non si sente d‟accettare. Trasferitasi a Palermo partecipa attivamente alla
vita culturale del tempo e si dedica a ricerche nella cultura popolare per il
Folkstudio di Palermo, diventando la voce canora degli ideali della
contestazione di quel periodo. Tornata a Trapani, apre un suo locale
ristorante “Itrabinis”, dove riscopre i sapori del Mediterraneo, le ricette
classiche accoppiate sempre alla buona musica siciliana. Fa parte del
Comitato d‟onore della Fondazione Rosa Balistreri istituita a Palermo. Da
I figli d‟arte di Rosa Balistreri 98

alcuni anni è ritornata a cantare e a fare concerti riportando alla luce nuove
canzoni antiche e canzoni del repertorio di Rosa Balistreri. Ha partecipato al CD
“Buon compleanno Rosa” Teatro del sole, 2007 con molti artisti che si
richiamano alla musica siciliana. Ha partecipato a libro-CD "Di questa terra
facciamone un giardino" Tributo a Pino Veneziano, Editore Coppola, 2009

Scollo Etta, catanese, trascorre molta parte della sua vita in Germania, dove
si dedica alla composizione, alla ricerca e allo studio della musica siciliana e
delle sue fonti, ritornando in Italia per concerti ed esibizioni musicali. Ha
inserito nei suoi concerti gran parte del repertorio di Rosa Balistreri, ottenendo
ampi e riconosciuti consensi in ogni spettacolo. Benché la sua vita si svolge in
Germania è rimasta attaccata alla sua terra, alla quale dedica ogni suo sforzo per
farla progredire e far conoscere ad un pubblico sempre più ampio le tradizioni
non solo musicali di questa terra assolata e nello stesso tempo arida di cultura.
Ha collaborato con artisti quali Eddie Lockjaw Davis, con l‟Orchestra Sinfonica
Siciliana, Franco Battiato, Giovanni Sollima e Monika Leskovar, Nabil Salameh,
Markus Stockhausen, Cécile Kempenaers, Alain Croubalian. Ha scritto le
colonne sonore “Come la pioggia” per il film «Für immer und immer» di Hark
Bohm e il brano “I tuoi fiori” per il film «Bad Guy» del regista coreano Kim Ki-
Duk. Ha inciso i seguenti CD: “Blu”,1999; “Il bianco del tempo”, 2001; “In
concerto”, 2002; “Casa”, 2003; “Canta Rò”, 2005 (un compendio di canzoni del
repertorio della Balistreri); “Canta Rò in Trio”, 2006 (un secondo ricordo delle
canzoni di Rosa); “Les siciliens!”; “Il fiore splendente”.
La vita dell‟artista è tutta occupata dalla musica, dedica molte ore della sua
giornata preparando nuove canzoni e programmando nei minimi particolari i
suoi spettacoli sia in Italia, in Germania che in tutta Europa.
Carmen Consoli, artista catanese molto apprezzata nella musica leggera; Da
qualche anno paladina della sicilianità e della canzone siciliana, ha inserito nel
suo repertorio molte canzoni di Rosa Balistreri, ha curato dal 29 maggio 2008 al
20 giugno 2008 nell‟ambito della rassegna folk di Etnafest, insieme ad Angelo
Scandurra, il prof. Sebastiano Gesù e il nipote di Rosa Balistreri Luca
Torregrossa, una mostra di foto, manoscritti, libri, abiti, oggetti personali, dischi
e i testi teatrali di Rosa Balistreri.
Il 31 maggio 2008 a Catania in Piazza Università Carmen Consoli ha
effettuato un grande spettacolo musicale “Terra ca nun senti” con lo scopo di
“recuperare la memoria di questa grande cantautrice, la prima vera cantautrice
italiana, una delle personalità femminili più indipendenti della musica
popolare.”
Rosa Balistreri e i cantastorie 99

Lo spettacolo ha visto la presenza di grandi artiste del panorama musicale e


teatrale nazionale: Giorgia, Ornella Vanoni, Marina Rei, Paola Turci, Tosca,
Nada, Patrizia Laquidara, Etta Scollo, Rita Botto, che hanno cantato molti brani
del repertorio di Rosa Balistreri. Dietro alle artiste un megaschermo ha
proiettato immagini di Licata e l‟intervista del poeta siciliano Ignazio Buttitta.
La serata si è conclusa con il canto della Consoli “Terra ca nun senti”
accompagnata dalla grande orchestra “Etna orchestra” fondata dalla stessa
Carmen Consoli.

ROSA E I CANTASTORIE

I cantastorie siciliani, una tradizione antichissima, eredi dei menestrelli


mediovali, per tanti anni sono stati la memoria storica degli avvenimenti
siciliani, dei personaggi cari al popolo, degli avvenimenti luttuosi, i loro spazi
più congeniali sono state le piazze, le fiere dove hanno instaurato un rapporto
diretto con anziani e giovani tramite una chitarra e un semplice cartellone,
dipinto spesso da loro, con la sola forza del loro canto, della mimica e della loro
parlata. Le loro storie spesso sono avvenimenti o personaggi reali di una volta,
osservate e cantate però con occhi attenti alle problematiche presenti. Si
potrebbero definire i giornalisti più antichi e i diffusori di notizie, considerato
l‟alto tasso di analfabetismo della società di un tempo sono stati i veicoli della
comunicazione del passato; una volta numerosi, oggi in un numero limitato
assolvono ancora oggi il compito di commentare fatti di sangue, di mafia, di
dolore o di gioia presenti nella vita di tutti i giorni. Anche Rosa Balistreri fu in
un certo modo cantastorie, cimentandosi in alcuni cantate: “Storia di Turiddu
Carnevali” con testo di Buttitta o “Un matrimonio infelice” storia della
sfortunata sorella Maria e della sua uccisione per mano del marito.
Rosa intrattenne un forte legame con alcuni cantastorie tra i quali Ciccio
Busacca, Fortunato Sindoni, Nonò Salamone ed Otello Profazio.
Busacca Cicciu, (Paternò, 1926 – 1984) è stato uno dei più noti e bravi
cantastorie che la Sicilia abbia avuto. Inizia la sua carriera di cantastorie negli
anni 1950 per concludersi agli inizi degli anni 1980.
Ha partecipato da giovane al Concorso Primo Concorso Nazionale per
Cantastorie “Premio Trovatore d'Italia” del 1957, classificandosi al primo posto
con la storia di “Turi Giulianu, re di li briganti”.
Molte sono le sue collaborazioni con personaggi e artisti di grosso spessore,
Rosa Balistreri e i cantastorie 100

come Rosa Balistreri, i poeti dialettali Turiddu Bella e Ignazio Buttitta del quale
interpretò le liriche più belle come "U lamentu pi la morti di Turiddu Carnivali"
e "Lu trenu di lu suli" pagine toccanti della grande poesia di Buttitta, pagine che
hanno segnato la storia siciliana di quell'epoca.
Dario Fò lo volle nel suo collettivo come interprete nel suo "Mistero
Buffo" - "Ci ragiono e canto n.2" - "Giullarata", in quest‟ultima al suo
fianco recitarono le figlie Concetta e Pina, che a loro volta dimostrarono una
grande bravura e notevole capacità esecutiva, inserendosi autorevolmente nella
scia tracciata dal padre. Rosa ha conosciuto Ciccio Busacca a Firenze in uno
spettacolo del cantastorie, da quel momento il desiderio di imitarlo e diventare
cantante la pervase, volle conoscerlo più da vicino andandolo a trovare e
stabilendo con lui una amicizia vera che durerà per tanti anni. Insieme a Ciccio
fece vari spettacoli sia nella provincia di Firenze che in Sicilia. La stima
reciproca si rafforzò con la frequentazione e lavorarono insieme ricercando
antiche canzoni nel campo della musica tradizionale. Ciccio Busacca ha inciso
molti CD, con un successo straordinario specie tra gli emigrati, tra questi: “Lu
trenu di lu suli, Cosa è la mafia, Canzoni carrettiere siciliane, La storia di
Giuliano (Il re dei briganti), La storia di Giovanni Accetta, La storia di lu
briganti Musulinu,, Lamentu pi la morti di Turiddu Carnevali, Lu piscaturi
sfortunatu.”

Otello Profazio, cantautore e cantastorie dialettale calabrese. Da più di


quaranta anni è impegnato in un‟opera di recupero delle tradizioni calabrese e
dell‟Italia meridionale (Sicilia, Puglia e Basilicata), ha rielaborato molte poesie
di Ignazio Buttitta. Autore, ricercatore e interprete appassionato, ha saputo dare
voce alle tante anime della Calabria e del Meridione. Ha conosciuto Rosa
Balistreri, essendo il consulente di Melo Freni, per la Fonit Cetra; è grazie alle
sue intuizioni che la Fonit Cetra ha creato una serie di dischi del repertorio
folkloristico italiano ed ha proposto nuovi artisti quali Rosa Balistreri al grande
pubblico. L‟amicizia con Rosa è stata spontanea e durevole nel tempo, insieme
a Rosa hanno riadattato moltissime canzoni del repertorio classico siciliano
mettendovi quel qualcosa in più di personale che ne hanno fatto grandi successi
presso il pubblico; fu amico e collega di altri grandi cantastorie Orazio Strano,
Vito Santangelo, il grande Ciccio Busacca. Otello Profazio affonda i suoi temi
nel mondo contadino, minerario, dei lavoratori, del sottoproletariato facendosi
mediatore tra questo mondo ormai arcaico e la nuova realtà delle città italiane;
Rosa Balistreri e i cantastorie 101

è il divulgatore per eccellenza della cultura meridionale, delle lotte dei contadini e
del mondo operaio contro uno Stato che ha emarginato queste classi sociali. Molti i
suoi CD pubblicati : “Il brigante Musolino, Il treno del sole, I paladini di
Francia, L‟Italia cantata dal Sud , Gesù, Giuseppe e Maria, Sollazzevole, Qua si
campa d‟aria, Scibilia Nobili. Amuri e pilu, Calabria, Patti Marina in
Sicilia, Storie e leggende del Sud, Tra Scilla e Cariddi, Mannaja all‟ingegneri”.

Nonò Salamone, nato a Sutera, è uno degli ultimi cantastorie siciliani di


vecchia generazione, un artista apprezzato in Italia e nel mondo. Prezioso è il suo
lavoro di ricerca e di valorizzazione delle tradizioni della musica siciliana che
racconta nelle piazze e nelle televisioni, le nuove piazze virtuali oggi. I suoi
spettacoli sono intrisi di voglia di far conoscere la Sicilia pulita, quella che si
oppone agli sfruttatori, alla mafia, la Sicilia degli emigranti con la valigia di
cartone, degli sfrattati, della povera gente, uno spettacolo di Nonò ha questo titolo:
“La mafia spara, la puisia rispunne”, un forte impegno civile caratterizza tutta
l‟attività del cantastorie. Nonò Salamone ha conosciuto personalmente Rosa
Balistreri instaurando con la cantante licatese una solida amicizia; ha conosciuto
altri grandi cantastorie, Ciccio Busacca, Fortunato Sindoni e Otello Profazio; con
loro ha stabilito una sincera amicizia e collaborazione artistica, effettuando vari
spettacoli insieme a loro. Importante la collaborazione col grande poeta siciliano
Buttitta, del quale ha musicato varie poesie e cantate. Tra le cantate più
emozionanti di Nonò spicca “Lu Trenu di lu suli” che racconta la strage avvenuta
l‟8 agosto 1956 in una miniera di carbone situata a Marcinelle, in Belgio, strage
che portò alla morte di 262 uomini tra cui 136 emigrati italiani di cui molti
siciliani. Diversi sono i CD incisi da Nonò: “E vaiu a lassari, L'omu e la
natura, Dedicatu a li 'nnimici mia 'nfami e carogna, Prima di cominciare, Sutera
(Sud Nord), La Sicilia Popolare, I Poeti popolari di Montedoro, Storia di Santa
Rosalia, Vintimila picciriddi, Marta D'Elicona, Focu ardenti”. Molte apparizioni
di Nonò avvengono in televisione, importante anche una sua partecipazione ad un
film.

Fortunato Sindoni di Barcellona (ME), cantastorie, musicista, laureato in


lingue e letteratura straniera, influenzato dalle musiche e dai testi di Woody
Guthrie, folk singer americano molto attento alle problematiche del lavoro e dei
diritti dei lavoratori, inizia la sua attività artistica inserendosi nella scia dei
cantastorie classici che utilizzavano chitarra e cartellone per i propri spettacoli.
Conosce e collabora con i grandi cantastorie Ciccio Busacca, Mauro Geraci,
102

Orazio Strano, Vito Santangelo , Nonò Salamone. Conosce e collabora con artisti
e poeti come Buttitta, di cui musica molte canzoni, e Rosa Balistreri, di cui scrive
una storia "Rosa Balistreri: una storia cantata" con cartellone annesso realizzato
dal pittore Paolo Pasquale.
Fortunato Sindoni ha edito tre CD: “Storie e ballate contro la Mafia” per non
dimenticare e per continuare a lottare; “Il poeta e il cantastorie”: F. Sindoni in
viaggio con Ignazio Buttitta: “Cronache in versi e musica” ovvero quando la
realtà supera la fantasia; Fortunato Sindoni, si è esibito in Australia, Olanda,
Francia, Germania, Svizzera, Austria, Inghilterrra, Malta e in tanti altri paesi sia
in incontri e feste con gli emigrati che in Conferenze-Recital per studiosi
e amanti della cultura popolare.

MUSICISTI ACCOMPAGNATORI DI ROSA BALISTRERI

Agostino Comito, palermitano, musicista di chitarra classica, mandolino. Ha


accompagnato Rosa Balistreri nella prima parte di vita palermitana in molti
concerti nelle feste dell‟Unità in teatro ed in giro per la Sicilia. Ha partecipato e
partecipa attualmente alla vita artistica palermitana suonando insieme a tanti
artisti palermitani, in vari contesti dal “Festino” a Santa Rosalia, a spettacoli
vari.
Ha partecipato ad editare diversi CD insieme a cari artisti di musica siciliana:
Antologia della Musica Italiana, sezione La Sicilia. Un brano di “Buon
compleanno Rosa” insieme alla cantante Enza Lauricella, ha collaborato nel CD
Sciàllaba con altri musicisti, e al CD Pizzica di Letizia e Alfredo Anelli con i
quali ha fondato l‟etnic Sonos Group , CD Vuccirìa.org col pezzo Vespro.

Mimmo La Mantia, palermitano studia chitarra classica da giovanissimo


sotto la guida di Josè Thomas e di Ralph Towner, approfondendo complessi
linguaggi della composizione e dell'improvvisazione. I suoi primi concerti
risalgono al 1970 con il duo La Mantia-Franco Morreale; nel 1973 dopo un
incontro fortuito con Rosa Balistreri diventa il chitarrista d Rosa suonando in
diversi contesti televisivi e in importanti manifestazioni culturali, a volte insieme
al violinista Tobia Vaccaro, con il quale stabilirà un ottima amicizia personale e
di lavoro. Accompagnerà Rosa Balistreri fino alla sua morte.
Nel 1986 Mimmo La Mantia scrive le musiche del lavoro teatrale
“Aspettando Palermo” e, nello stesso anno, suona nelle fila dell'Orchestra Jazz
Siciliana del Brass Group diretta dal grande compositore Gil Evans.
Rosa Balistreri e i musicisti accompagnatori 103

Nel 1990 il chitarrista sarà invece diretto da Carla Bley, nel corso di diversi
concerti palermitani tenuti dalla compositrice californiana, la
quale per l'occasione guiderà l'Orchestra Jazz Siciliana, nelle cui fila compaiono
anche Steve Swollow e Gary Valente.
Nel 1994 il chitarrista insieme al collega chitarrista e violinista Tobia
Vaccaro, compone le musiche per il lavoro teatrale “Polvere”. E‟ professore di
chitarra classica, insegnando le basi musicali a molti giovani, tra questi
Francesco Buzzurro, ottimo chitarrista solista.
Gli anni successivi sono segnati da un intensa attività concertistica, durante la
quale partecipa al festival di Fado a Perugia, negli anni di "Perugia Jazz". Incide
inoltre due dischi: "For Joseph"e "Tango"(col quartetto Palermo). Attualmente
lavora ad un nuovo progetto per chitarra e orchestra, "Suite Ciammara", con
arrangiamenti di Mario Modestino, noto compositore palermitano ed è presente
in molte manifestazioni musicali e culturali che si tengono annualmente a
Palermo.

Rocco Giorgi, palermitano, chitarrista autodidatta ha iniziato a studiare chitarra


classica col Maestro M. G. Modestini all‟età di 19 anni. Il primo spettacolo a cui
partecipa è la “Ballata del sale” di Salvo Licata, fra le cui interpreti è presente
Rosa Balistreri, con la quale Rocco instaura una solida amicizia. Da questa
prima positiva esperienza il chitarrista accompagnerà Rosa Balistreri in
moltissimi concerti e spettacoli televisivi e teatrali, tra cui “La Lupa” di Verga
con Anna Proclemer. L‟ultimo concerto insieme alla Balistreri lo farà a Giarre
pochi giorni prima della morte della cantante licatese. Da diversi anni è
impegnato con la cantante Anna Granata sul recupero del patrimonio musicale
siciliano producendo spettacoli come “Una rosa… per Rosa” messi in scena in
molte città italiane con molte canzoni del repertorio di Rosa Balistreri. Insieme
ad Anna Granata ha edito il CD “Avò” con 12 brani del repertorio di Rosa. I due
professionisti hanno effettuato un applauditissimo concerto a Licata nel 1997 in
occasione dell'ottantesimo anniversario della nascita di Rosa Balistreri al teatro
“Re Grillo”

Tobia Vaccaro, sciacchitano, ma palermitano di adozione, chitarrista


classico eccezionale ma anche violinista. Studia chitarra col maestro Modestini,
conosce Rosa Balistreri proprio mentre Rosa cercava un chitarrista; Tobia
ricorda: “mi presentati a casa sua in via S.S. Mediatrice, suonai la chitarra ed
anche il mandolino, Rosa sentendomi suonare, restò contenta e pochi giorni
Rosa Balistreri e i musicisti accompagnatori 104

dopo facemmo il primo concerto.


Tobia suona nello spettacolo teatrale“La ballata del sale” e in “Buela” due
spettacoli in cui Rosa canta da protagonista: Tobia diventerà insieme a Mimmo
La Mantia e Rocco Giorgi ed Agostino Comito uno degli accompagnatori
chitarristi fissi di Rosa Balistreri.
Con Rosa gira l‟Italia facendo spettacoli in molte città, partecipa insieme a
Rosa a spettacoli della RAI quali Bliz con Gianni Minà ed altri. Al momento
Tobia fa parte di quel nutrito numero di artisti che insieme a Mimmo La Mantia
si spende per la la cultura palermitana, facendo concerti specie di musica jazz.
Ha formato insieme a Fabio Rizzo, Massimo Patti ed in seguito Giovanni
Apprendi il gruppo “Nadir” negli anni 90, che nasce da un sogno: recuperare la
tradizione musicale siciliana filtrata dal gruppo attraverso matrici culturali
diverse araba, spagnola siciliana.
Tobia ha partecipato ad un altro gruppo musicale “Accabbanna” girando
vari paesi: Canada, Turchia e tanti altri. “Accabbanna” parola del dialetto
siciliano che significa “da questa parte”, o “dalle nostre parti” si inserisce in un
mix di contaminazioni tra jazz e musica etnica. Il gruppo incide anche un CD
con i seguenti artisti Olivia Sellerio (voce); Giampaolo Casati (tromba); Gaspare
Palazzolo (sax tenore e soprano); Enrico Tobia Vaccaro (chitarre e violino);
Piero Leveratto (contrabbasso e arrangiamenti); Giovanni Apprendi (tamburi e
percussioni); Tobia Vaccaro insieme a Maurizio Maiorana, Mimmo La Mantia
Marko Bonarius fondano L'ensemble “Cuarteto Palermo”, i quattro musicisti con
molti anni di esperienza alle spalle si esprimono con il tango. La formazione
anima molte delle serate “tanguere” della città di Palermo, donando ai ballerini
la speciale emozione del danzare sulla musica dal vivo. Hanno da poco
pubblicato il primo cd "Volver" (La Locomotiva). Tobia ha partecipato come
musicista allo spettacolo “Assassina” di Franco Scaldati, e “Libro Notturno”
dello stesso regista, una riscrittura del Macbeth di William Shakespeare, con
molte repliche di cui una alle Orestiadi di Gibellina nel 2005.

Pippo Russo, chitarrista, imprenditore discografico, ottimo musicista, in una


prima parte della vita. Si interessa di musica leggera collaborando con i Beans,
Maurizio e Guido de Angelis diventando uno dei migliori chitarristi rock,
capacità che mette al servizio di varie case discografiche incidendo molti dischi
con famosi artisti in tutto il mondo. Nel 1976 fonda a Catania una sua casa
discografica la PDR ( Produzioni Discografiche Riunite), facendo uscire molti
CD con molti artisti i piu importanti dei quali sono i Denovo, i Beans, Tony.
Rosa Balistreri e i musicisti accompagnatori 105

Cucchiara, Gianni Bella, Rosa Balistreri, Lucio Dalla, Eugenio Finardi e Franco
Battiato. Conosce Rosa Balistreri con la quale inciderà un CD: Concerto di
Natale, 1985 divenendo oltrechè amico anche accompagnatore dell‟artista
licatese in numerosi concerti; dall‟incontro con Rosa Balistreri nasce la passione
per la musica popolare e decide di dedicarsi alla ricerca del repertorio musicale
siciliano dalla viva voce degli anziani continuando così l‟opera meritoria di tanti
ricercatori di musiche popolari siciliane. Nel 2000 ha edito “Canti della Sicilia”
un raccolta di canti di Rosa Balistreri in due CD.
E‟ al momento uno dei pilastri della cultura musicale di Catania collaborando
con Taormina Arte e con il Teatro Stabile di Catania.

TESTIMONIANZE - RICORDI - ANEDDOTI


DI CHI HA CONOSCIUTO
ROSA BALISTRERI

In questa sezione del libro sono raccolte varie testimonianze di personaggi


famosi e non, persone che hanno conosciuto Rosa Balistreri intrattenendo con Lei
una sincera amicizia, persone che hanno collaborato con Lei, suonato e cantato
con Lei, persone che l‟hanno conosciuta a Licata da bambina o giovinetta oppure
a Palermo dove Rosa ha risieduto per una ventina d‟anni o in altri posti della
Sicilia.
Le loro testimonianze, i loro ricordi sarebbero andati nel dimenticatoio del tempo
se qualcuno non le avesse raccolte e fatte conoscere agli altri.
Ogni testimonianza è un pezzetto della vita di Rosa, è un frammento della sua
personalità, tutte insieme possono dare un quadro più preciso della personalità,
della vita artistica, ma anche giornaliera di questa grande cantante che tutto il
mondo ci invidia.
Sicuramente molte persone che hanno conosciuto Rosa e che potrebbero
raccontarci tante cose di Lei non sono riportate in questo libro perché le
conoscenze come le amicizie di Rosa sono state migliaia e non tutte sono
pervenute al sottoscritto che si riserverà in una prossima edizione di ampliarla e
di correggere eventuali inesattezze.

.
Testimonianze: 106

Il ricordo di Rosa del maestro Mario Modestini

Conobbi Rosa nel 1977 in casa di Salvo Licata, amico di vecchia data,
avevamo frequentato insieme le elementari. Un giorno tra un discorso e l‟altro gli
feci notare che la Sicilia, immersa nel Mediterraneo, veniva espressa, nella
musica popolare, attraverso canti di contadini, canti di carrettieri, di minatori
etc… eludendo spesso l‟immensa suggestione dei canti del mare. Io, in verità,
avevo una certa competenza sull‟argomento, infatti avevo già composto, in forma
di preludi, alcune Marinarische e Cialome per chitarra solista o per ensemble
cameristico; Salvo colse l‟idea all‟istante e sentita Rosa (entusiasta) partimmo
subito !!! e fu “La Ballata del Sale”
Una fortunata coincidenza!... un libello: Scibilia Nobili, regalo fattomi da una
mia allieva, una antica storia di pirateria nella quale marinai turchi rapiscono una
bella ragazza, appunto Scibilia e la portano prigioniera a Tunisi… ho musicato il
“libello” tutto d‟un colpo che poi diventerà il secondo tempo dell‟operina…
intanto che Salvo terminava la prima parte.
Si provava a casa mia, ricordo il forte impegno di Rosa con la sua voce intensa e
viscerale che esplodeva nei momenti più drammatici “figghiu ciatu meu”.
Per le difficoltà economiche del teatro, ho dovuto ripiegare su giovani
esecutori non ancora diplomati ma di grande versatilità musicale tra questi Tobia
Vaccaro e Rocco Giorgi che poi sarebbero diventati insieme a Mimmo La Mantia
gli accompagnatori ufficiali di Rosa.
“La Ballata del Sale” ha ottenuto un grande successo, basata sulla voce di Rosa
supportata da un corale di cinque attori, un quartetto d‟archi e un trio etnico
(flauto, chitarra e mandolino)
Tra le canzoni ce n‟era una molto toccante “Giovani beddu” che poi Rosa ha
voluto inserire nello spettacolo “La Lupa” con Anna Proclemer dove interpretava
la parte della prefica. A questo proposito ricordo al teatro di Sulmona assistendo
allo spettacolo… quando in una certa scena Rosa con tutta la sua drammaticità
intona “giuvani beddu”, una signora del pubblico seduta vicino a me
commentava:…che bella canzone! Chissà se l‟autore è ancora vivo… io mi sono
toccato… Con “la Ballata del sale” andammo in scena nel 1979 per la regia di
Maurizio Scaparro prima a Catania e poi a Palermo e in tanti altre città e fu un
trionfo.
Per Rosa ho composto altre due operine “Buela” 1982 di Franco Scaldati e
“Ohi Bambulè”di Salvo Licata, anno 1987, regia di Carlo Quartucci scene e
costumi di Bruno Caruso, sempre prodotti del teatro Biondo di Palermo.
Testimonianze: Mario Modestini 107

A proposito di Bambulè! Una mattina ricevo la solita telefonatina della


Balistreri, mi chiedeva se stavo lavorando a qualcosa… le dissi che avevo
appena terminato di scrivere le musiche per questo spettacolo e che da lì a
poco sarebbero incominciate le prove. Con molto pudore mi fece capire
che aveva bisogno di lavorare…”chi fa nun c‟è una particedda pi
mia..?!?!” Le spiegai che le parti erano già state assegnate ma avrei
comunque parlato con Salvo per vedere cosa si poteva fare. Ci furono
molte difficoltà ma alla fine grazie a Salvo che inventò all‟istante una parte
per lei e grazie al maestro Pietro Carriglio, Rosa ebbe il ruolo di una
cantatrice che esponeva solo il canto nei vari quadri della pièce. Non era
contenta di sostenere la sola parte di canto, avrebbe, anche, voluto recitare,
ma quando le fu detto che il testo non era in vernacolo ma il lingua… “in
lingua?” rispose lei stupita… “e chi voli diri in lingua?”, le spiegammo
che lo spettacolo non era in dialetto siciliano ma in lingua italiana…”in
italiano?” rispose lei…”picchì nautri italiani semu?”
Buela ebbe il debutto a Roma dove Scaldati non era conosciuto e dove
si temeva che il suo linguaggio particolare poteva non essere ben accetto,
ma la drammaturgia fortemente poetica, la musica sofisticata e intensa, la
bravura degli attori, Scaldati compreso, l‟interpretazione suggestiva di
Rosa furono la base di un successo meritato e concreto.
Donna di fiato e di forte personalità, grande memoria di antichi canti di
Sicilia, patrimonio non indifferente del nostro mondo culturale, Rosa era
una grande lavoratrice, si preparava con scrupolo e puntigliosità dando
spesso preziosi suggerimenti sulle dinamiche canore dove lei possedeva
una naturale maestria. Non aveva molti amici, era diffidente e sospettosa
(la vita era stata molto dura per lei), giudicava le colleghe siciliane di canto
in maniera molto severa, specie quelle che “si stricavanu” cercando di
imitarla.
La ricordo sempre come una Bedda Matri!! La rabbia e il dolore nella
sua voce evocavano cantilene di fatalità, di speranze perdute… Rosa era il
Canto della Terra… della mia terra!! Amara e avara per lei viva, arida e
avida per lei morta.
Note su Mario Modestini, diplomato in orchestrazione presso il
Conservatorio Bellini di Palermo, ha perfezionato gli studi di
composizione all‟Accademia Chigiana di Siena. Collaboratore fin dai
primi anni del Biondo Stabile di Palermo, ha firmato molte delle musiche
di scena prodotti dal teatro, lavorando con registi come Orazio Costa,
Maurizio Scaparro, Mario Missiroli, Carlo Quartucci, Pietro Carriglio.
Testimonianze: Mario Modestini - Biagio Scrimizzi 108

Ha composto musiche per radiodrammi e lungometraggi cinematografici,


partecipando a numerose rassegne internazionali, da Taormina Arte a Venezia
Cinema, allo “Shakespeare Festival” per l‟Arena di Verona. Per il film di Marco
Amenta Une fille contre, che ha partecipato al Festival di Cannes, ha vinto il
Premio Italia per le composizioni musicali. Studioso della musica popolare
siciliana, ha collaborato con Rosa Balistreri dal 1976 fino alla sua scomparsa, e
per lei ha scritto le musiche della Ballata del sale e di Ohi Bambulè! di Salvo
Licata, diretta da Scaparro e di Buela di Franco Scaldati, tre operine musicali
rappresentate con successo di critica e di pubblico in vari teatri italiani. Ha
collaborato col Teatro Massimo e con gli Amici della Musica di Palermo, con il
Teatro Bellini e lo Stabile di Catania, con l‟Accademia Musicale Fiorentina. Per
Giorgio Albertazzi ha scritto l‟opera Verba Tango su testi di Borges con la voce di
Giuni Russo e musicato le Lezioni americane di Italo Calvino rappresentate a
Parigi al Thèatre des Italiens. Tra i lavori più recenti, le musiche per gli spettacoli
Didone con Pamela Villoresi, I giardini dell‟Ozio (Opera su Federico II) su testo
di B.Li Vigni, con Ivana Monti, e quelle per sette canti della Divina Commedia
incise in un CD da Giorgio Albertazzi. Su testi di Osvaldo Valenti ha composto
l‟oratorio sacro Hetaera Rosalia per recitante, soprano e orchestra, rappresentato
nella Cattedrale di Palermo, l‟opera-poesia Melopea per Mothia e il balletto
Huna la Luna rappresentato al Teatro Politeama di Palermo. Su alcune liriche di
Tommaso Romano è nata l‟Opera-Poesia “Acquerelli dello Scirocco” prodotto
dalla Panastudio di Palermo. Vincitore del Premio Paride per le musiche di scena
e del Premio Favara per la ricerca etno-musicale, il 30 settembre 1997 è stato
invitato a tenere un concerto di Ballate e canti di Sicilia presso la sede
dell‟Unesco a Parigi.

Il ricordo di Rosa di Biagio Scrimizzi

"I canti popolari - disse Herder - sono gli archivi del popolo, il tesoro della
sua scienza, della sua religione, della teogonia e cosmogonia sua, della vita dei
suoi padri, dei fasti della sua storia; 1'espressione del suo cuore, l'immagine del
suo interno, nella gioia e nel pianto."
In Italia il nostro canzoniere è ricchissimo; è nota quella canzone popolare che
proclama: “Cu voli puisia vegna 'n Sicilia - ca porta la bannera di vittoria; canti
e canzuni nn'havi centumila. (1)
E davvero il canto è tutt'una cosa col nostro spirito, ci accompagna dalla culla
alla tomba, spunta sul nostro labbro in ogni bisogno, in ogni manifestazione, in
Testimonianze: Biagio Scrimizzi 109

ogni avvenimento della vita. Tutti cantano: la madre nella culla, il carrettiere, il
contadino, il cantastorie. Tutto è poesia e in tutti i tempi.
Si diceva che la Sicilia "canti e canzuni nn'havi centumila.“ E anche centumila,
forse, sono i cantanti popolari. Ma fra questi chi ha dato maggiore lustro al canto
popolare è stata certamente una piccola donna licatese, non bella ma dal fascino
indiscusso, dalla voce inimitabile, dai toni profondi e drammatici: Rosa
Balistreri.
Nel suo canto Rosa rivelava gioie e dolori, rabbia e gelosia, amore e odio che
sono propri dell‟animo dei siciliani: "Amor, dispetto, rabbia e gelosia - sul core
d'ogni donna han compagnia." recitava una poesia popolare. Ero amico di Rosa.
Nelle trasmissioni della RAI da me curate, almeno in quelle che avevano per
protagonista la Sicilia, la Balistreri ebbe sempre un posto preminente. Risuonano
ancora nelle mie orecchie le note accorate, strazianti, di pianto della canzone: "I
pirati a Palermu."
“Arrivaru li navi, quantu navi a Palermu, / vsu „mpazzuti li pisci, chi lamentu ca
fannu… tuttu l‟oru a l‟aranci cci arrubbaru: chi dannu…
nn‟arrubbaru lu suli, lu suli, Sicilia chianci!"
E davvero il pianto era nella sua voce come lo era quando cantava:
"Picurareddu chi 'mmanu mi teni / e m‟ammazzaru all‟acqui sireni
e m‟ammazzaru pi 'na pinna di di cui, 7 me frati Peppi tradituri fu."
La sua voce assumeva, invece, un tono malizioso quando cantava:
"Mamma nun mi mannati a lu mulinu / lu mulinaru mi vulia vasari.“
Io fui amico e sodale di Ignazio Buttitta, come lo fu, del resto, Rosa.
Nelle sere calde d'estate ci ritrovavamo spesso nella casa di Ignazio ad Aspra,
casa prospiciente il mare. Trascorrevamo le serate sulla vasta terrazza dove una
tavola imbandita ci invitava a consumare pane, formaggio, olive, sarde salate e
dell‟ottimo vino. Ignazio recitava spesso le sue poesie e Rosa le condiva con dei
canti a volte allegri, a volte drammatici ma che deliziavano quanti, insieme a noi,
facevano da corona a quel duo inimitabile. E‟ ancora viva in me la voce di Rosa
quando intonava: “Quantu basilico siminu avannu - iu ti nni dassi 'na rrama a lu
jornu.”
Nello spettacolo andato in scena nel Luglio 1988: "U curtigghiu di li raunisi" dì
Ignazio Buttitta che aveva trascritto il testo dall'originale “Vastasata” di autore
ignoto del 1700, su musiche di Mario Modestini, cantava Rosa Balistreri.
E negli anni ottanta, in uno spettacolo dedicato alle opere di Luigi Pirandello dal
titolo: "Per Pirandello" era presente Rosa Balistreri, figura possente e
drammatica emersa non più giovanissima, quale inimitabile cantante folk.
Testimonianze: Biagio Scrimizzi 110

In quegli anni tenne più di un recital con il cantastorie Ciccio Busacca.


E' da ricordare anche una sua partecipazione nel 1987 ad uno spettacolo scritto
da Salvo Licata: “Ohi Bambulè” che la videro impegnata insieme ad attori di
fama. Devo dire, non senza rimpianto, che io ho perduto un'amica speciale e la
Sicilia una cantante popolare unica.
A Lei, a Rosa, si possono benissimo adattare due versi di una poesia
popolare: “Quannu nascisti tu, stidda lucenti, - 'nterra calaru tri ancili
santi...” Ma, per fortuna, Rosa non è stata dimenticata soprattutto da cantanti tra
cui, solo per citare qualche nome, Enza Lauricella e, recentemente Etta Scollo.
In un articolo apparso sul giornale di Sicilia del 4 Gennaio 2009 dal titolo: "A
Rosa Balistreri - omaggio con Etta Scollo” è detto tra l'altro: "La performance è
un omaggio a Rosa Balistreri, cantante e donna siciliana che appassionatamente
ha seguito la sua vocazione trovando il senso dell'esistenza."
Per parte mia vorrei adattare per Lei alcuni versi di Juan Ramon Jimenez: "… Io
l'ascoltavo - come un lieve sospiro. La sua voce: - un suono angelico. Ma più
che la voce mi giunge il suo timbro…
Biagio Scrimizzi, dirigente della RAI palermitana, scrittore, poeta, è uno dei
personaggi di spicco nel panorama della cultura palermitana.
E‟ stato l‟artefice di molte trasmissioni RAI su Rosa Balistreri ed è grazie a lui
che molte registrazioni audio-video di Rosa Balistreri si sono conservate fino ad
oggi ed è grazie alle trasmissioni televisive di Biagio Scrimizzi che Rosa
Balistreri venne conosciuta in tutta Italia. Grande amico di Ignazio Buttitta e di
molti letterati ed artisti palermitani con i quali ha concorso all‟epoca d‟oro della
cultura letteraria palermitana degli anni 70.
Ha scritto i seguenti libri: Giufà per il verso giusto, 1990; Filastrocche. Da
fiabe e leggende siciliane, 1991; L'accelerato delle sei, 1992; Tinìtili astutati li
cannili, 1996; Nella selva dei modi di dire, 2005; Viliai supra 'na nuvola, 2007;
Spigolature e dintorni, 2008;
Poeta raffinato, ha scritto molte poesie, alcune di queste presenti in diverse
antologie, ha fatto parte di molte giurie in concorsi di poesie e letteratura di
rilievo nazionale.

“Raccolta amplissima di canti popolari siciliani” 1870 Lionardo Vigo al n: 391 e 964
1) in realtà Mario Modestini non musicò questo spettacolo (nota dell‟autore)
Testimonianze: Fortunato Sindoni 111

Il ricordo di Rosa di Fortunato Sindoni


Io ho conosciuto Rosa a Città del mare in occasione di una rassegna di
cantanti popolari e cantastorie siciliani; da allora tra me e Rosa si è instaurata
una fortissima amicizia; di Rosa Balistreri ho dei bellissimi ricordi, avendola
invitata più volte in spettacoli organizzati nella provincia di Messina, ed
ospitandola a casa mia. Uno tra questi è rimasto memorabile nella mia memoria
essendo stato effettuato nel manicomio criminale di Pozzo di Gotto, nella quale
struttura io lavoravo come insegnante, e dove era ricoverato Angelino, il cognato
di Rosa, marito della sorella Maria, uccisa dallo stesso marito a Firenze e per
questo detenuto. Lo spettacolo che Rosa effettuò fu straordinario; il cognato,
ridotto in condizioni pietose sia fisiche che mentali, era presente, ma ritengo che
non riuscì a percepire questo senso del perdono; durante quello spettacolo si è
verificato un momento di altissima tensione perchè riuscire a perdonare quel che
Rosa ha vissuto sulla propria pelle non è stato facile, perché ognuno di noi sa
quando la vita a volte ci rende cattivi, invece lei è riuscita a dare una grande, una
grandissima lezione a noi esterni al manicomio ed ai carcerati. Rosa diede due
ore di serenità e di gioia ai detenuti cantando molte canzoni del suo repertorio
ed alla fine pubblicamente perdonò il cognato, cosa che le costò moltissimo dal
punto di vista personale, ma che ebbe un impatto pubblico straordinario.
Ricordo che quando le proposi di cantare al manicomio criminale di Pozzo di
Gotto Rosa fu felice e disse istintivamente si, senza pensarci due volte, “Io
verrò, disse, a cantare per i detenuti e perdonerò pubblicamente mio cognato”,
qui vi fu uno sguardo pieno di tensione tra Rosa e a “za Vicinzina”, la madre di
Rosa, evidentemente la madre non approvava il gesto di Rosa, ci vorrebbe un
romanziere per descrivere quello sguardo tra madre e figlia. La grandezza di
Rosa è sia nella voce ma soprattutto nelle capacità e nelle doti umane e
l‟umanità di Rosa andava oltre al di la del personaggio e basta ascoltare alcune
sue canzoni per cogliere il pathos, la rabbia, il dolore che vengono fuori dalla
sua voce.
Nessuno riuscirà ad eguagliare la voce e le emozioni che le canzoni di Rosa
danno a chi le ascolta, perché la forza espressiva nasce dal suo vissuto, dalle sue
sofferenze, dal suo passato che Rosa riverbera nel suo canto. Oggi vi sono varie
artiste che si definiscono eredi o che cercano di cantare imitando la voce di
Rosa, ciò è impossibile perché il vissuto di ogni artista è diverso, diverse sono le
emozioni, chi canta le canzoni del repertorio di Rosa può soltanto dargli una sua
Testimonianze: Fortunato Sindoni – Melo Freni 112

interpretazione, guai se si permette di cantare come Rosa, avrebbe un insuccesso


se paragonata alla voce di Rosa; io ascoltando queste cantanti non riesco a
sentire la benché minima emozione, interpretano attraverso la ragione, attraverso
la mente le canzoni, ma il risultato è diverso.
Rosa aveva una grandissima dote di umanità, la cosa più importante di Rosa
è la voce, l‟apoteosi della Sicilia, Rosa era autentica, Rosa era una delle
pochissime artiste che io conosco che utilizzava naturalmente, perché non aveva
studiato, non conosceva la musica, l‟uso dei quarti di tono, tipo arabo che nessun
artista, a maggior ragione che ha studiato, può fare. Rosa era una voce
autenticamente popolare non di quelle che ora fanno musica etnica, musica
popolare per fare cassetta, la sua voce autentica, popolare da delle emozione
fortissime

Il ricordo di Rosa di Melo Freni (1)

Voglio unirmi al vostro ricordo per il grande affetto che mi ha legato a Rosa
Balistreri per una trentina d‟anni da quando Ignazio Buttitta me la ha catapultata
in casa; lui l‟aveva incontrata a Firenze nell‟abitazione di un grande pittore,
Manfredi Lombardi ed aveva scoperto quella voce;
io, diceva Buttitta, posso portarla ai festival dell‟Unità, tu però puoi fare tanto
con i tuoi mezzi, la televisione da una parte e l‟industria discografica dall‟altra,
(in quegli anni ero il consulente della sede romana per la Fonit Cetra per la
musica popolare), così mi affidò questo splendido fardello di Rosa che poi si
affezionò molto alla mia casa per cui divenne quasi una ospite fissa in casa mia
nel periodo che soggiornava a Roma.
Anche Otello Profazio cercò di incoraggiare, per quello che poteva, questa
grande vocazione canora di Rosa, talmente naturale che tante volte debordava e
toccava a noi portarla nell‟alveo della sua naturalità. Ricordo poi gli spettacoli;
io non posso dimenticare il successo di Rosa a Stoccolma allorchè su invito
dell‟Istituto Italiano di cultura diretto dalla signora Pallavicini andai a fare
“Nostra Signora del Sud” . Il canto doloroso della Nostra Signora era
naturalmente quello di Rosa. Lo spettacolo era tutto incentrato sulla poesia
siciliana da Antonio Veneziano nel 600 fino ad oggi passando in rassegna tutta la
poesia dialettale siciliana; in una parola un grande spettacolo costruito intorno
alla figura di Rosa. Il successo fu enorme ed ancora oggi ricordo gli applausi
scroscianti degli svedesi che pur non capendo una parola, essendo lo spettacolo
in siciliano, tributarono enorme consenso comprendendo il pathos e il dolore che
trasmetteva la voce di Rosa.
Testimonianze: Melo Freni 113

Sicuramente è probabile che Rosa sia morta con un grande dispiacere,


un grande dolore: Rosa insisteva che io scrivessi una sua biografia, ma era
una biografia talmente amara con quel finale tragico della morte del padre
che scriverla mi era impossibile; Per descrivere la vita di Rosa ci sarebbe
voluto un Caravaggio con quei grandi chiaroscuri, con quella grande
drammaticità di quei tagli, di quella luce; di Rosa adesso ci rimane la sua
grande voce. Rosa era grande, dicevano che era la Joan Baez italiana, no,
Rosa non era la Joan Baez era solo Rosa Balistreri nell‟Universo e nel
mondo; perché non si trovano i suoi stacchi di voce, la sua drammaticità in
altri artisti, queste doti erano
solamente sue, al di la di lei non li poteva fare e non li farà mai nessuno.
A me capitava spesso, che dopo la morte di Rosa, mi facessero
ascoltare un artista dicendomi: questa è la novella Rosa, ma non si può fare
nemmeno un minimo paragone, Rosa è insostituibile; quando noi oggi
mettiamo un disco di Rosa, quando ascoltiamo “I pirati a Palermu”,
quando ascoltiamo “Quantu basilicò, La siminzina, Caltanissetta fa
quattru quartieri” restiamo incantati dalla sua voce, la drammaticità è tale
che non si può immaginare minimamente chi possa imitarla; Rosa è unica e
non vi nego che dal punto di vista sentimentale e di amico è una rosa che
mi manca.

(1) intervento in occasione del 6° Memorial Rosa Balistreri,


Licata agosto 2005

Melo Freni è nato a Barcellona Pozzo di Gotto, è cresciuto a


Castroreale, poi a Messina e a Palermo, dove ha conseguito la laurea in
Giurisprudenza. Dopo una breve esperienza forense, che lo ha visto
difensore anche in Corte di Assise, è entrato in RAI, per concorso nel 1963,
alla sede di Palermo del Giornale Radio fino al 1970 e quindi a Roma, al
TG1, fino al 1995, dove è stato anche redattore capo delle rubriche
culturali. E‟ stato consulente della sede romana per la Fonit Cetra per la
musica popolare. In letteratura ha esordito nel 1965 con “Il senso delle
cose”, presentato da Leonardo Sciascia. Ha pubblicato dieci romanzi,
cinque saggi, cinque raccolte di poesie. Sulla sua opera sono state svolte
numerose tesi di laurea anche presso università straniere, ed è presente in
prestigiose antologie critiche italiane.
Testimonianze: Felice Liotti 114

Il ricordo di Rosa di Felice Liotti

Il mio era un lavoro ad alta precisione ed il principale (datore di lavoro) ci


teneva la radio accesa per non essere troppo oppressi dalla durezza del lavoro e
dal rumore delle macchine.
Si ascoltava la radio distrattamente per stare attenti al lavoro, ma quel giorno
venni “colpito” da una voce strana, graffiante, di enorme intensità. Non avevo
capito la presentazione della cantante per cui rimasi ad arrovellarmi il cervello
per cercare di sapere l‟identità della cantante.
All‟epoca abitavo a Roma e quella voce mi aveva fatto fare un balzo dentro
le mie nostalgie.
Una settimana dopo seppi che al Folk studio c‟era una cantante nuova,
siciliana e la collegai subito a quella voce. Conoscevo ancora gelosamente il
“canzoniere” dattilo-scritto ed ho una memoria indelebile di quel concerto.
Non si poteva chiudere così quell‟incontro e decisi che avrei seguito tutti i suoi
concerti romani che, però, si svolgevano presso le sezioni comuniste. Il concerto
seguente si svolgeva nella sezione “San Lorenzo”, là rinnovai i miei
complimenti alla cantante e decisi di comprare l‟unisco disco che aveva fatto
con la RCA e mi regalò due dischetti amatoriali.
Mia madre, molto malata, abitava nello stabile di fronte ma non aveva potuto
assistere al concerto così che pregai Rosa di salire le scale e farmi questo grande
favore. Non avrei mai creduto che un perfetto sconosciuto potesse ottenere tanto,
ma mi vennero giù le lacrime quando vidi Rosa seduta ai bordi del lettino a
cantare insieme a mia madre le canzoni delle nostri tradizioni.
Da allora la nostra amicizia non ebbe sosta, ci si frequentava spesso ed ho
seguito tutti i suoi concerti; mi regalò tutti i suoi dischi che conservo
gelosamente. Rosa viveva a Palermo, dove io con la famiglia dopo qualche anno,
ci siamo trasferiti. Continuarono le frequentazioni ed io entrai nella cerchia delle
radio private dove spesso, Rosa venne come ospite con la sua chitarra.
Nel 1987 a Capodanno la invitai a pranzo, assieme alla madre Donna
Vincenzina. Alla fine del pranzo volle lasciarmi un ricordo di quella giornata e
mi fece un‟ora di registrazioni.
Facemmo un‟intervista alla madre che cantò anche tre romanze molto antiche.
Poi , diventò seria, schiarì la voce e mi cantò alcune cose bellissime come la
“leggenda du friscalettu”, “Mafia e parrini”, ma soprattutto “Vitti na crozza”,
quella canzone che mai aveva voluto eseguire; la considerava una puttana che
Testimonianze: Felice Liotti 115

andava spoglia dei suoi significati, vestita solo di un trallallero vergognoso.


Volle dare dignità a una canzone che meritava un posto diverso.
Fu il principio della fine: vendette la casa di Palermo (e non mi va di
raccontare la storia), abitò per qualche mese a Partinico, ma poi tornò a Firenze
dove la tanto amata madre la lasciò sola (morì).
Siamo a Castelfiorentino e dopo varie cose mi arriva una telefonata: Rosa in
lacrime mi chiede di cercarle qualcosa, anche una sola serata. La propongo ad
amici miei ristoratori che la scritturano per la vigilia del Capodanno.
Forse è stato il canto del cigno, non l‟ho mai sentita cantare così; tutta la
gente dimenticò di mangiare facendo cerchio attorno a lei. Rosa era felice,
sprigionava una bellezza inusitata. Organizzammo una serata radiofonica e
registrammo varie canzoni con Fifo e Tanino Gaglio ma poi ci gelò il sangue:
Silenzio, io cantu lu me testamentu - Quannu moru -
Dopo qualche mese, qualcuno mi disse che Rosa era in ospedale a Palermo,
andai subito, ma non me la fecero vedere. La vidi dopo qualche giorno a Villa
Sofia, nuda, sotto un lenzuolo di tela, coi capelli arruffati, in coma;
Rosa non c‟era più, la vegliavamo quattro (contati) amici con il cuore gonfio
di tristezza; feci un disegno a penna dietro un biglietto da visita ma non è tutto
ciò che mi resta, di lei ho la sua voce sempre presente, le sue battute sempre
mordaci e la sua consapevolezza di ciò che il mondo ha perduto, uno dei più
grandi personaggi della Sicilia… e non è retorica.

Felice Liotti

disegno fatto da Felice Liotti


Testimonianze: Salvo Licata 116

Il ricordo di Rosa di Salvo Licata

Prima di lei, mi era giunta la sua voce. Aveva inciso il primo di una lunga
serie di dischi per la Fonit Cetra. Si era alla fine degli anni Sessanta. Adesso lo
cerco, ma non lo trovo più. Mi ricordo che c'era “Lu vènniri matinu”, straziante
lamento della Madonna sul presentimento dell'uccisione del Figlio, e altri canti
ugualmente belli, ugualmente intensi. Sulla copertina c'era una sua foto
giovanile, un volto drammatico e non privo di grazia, di luce. E le note
informavano che era di Licata e che viveva a Firenze.
Ai responsabili dell'immagine era sembrato poco chiamarla cantante e la
definivano “la cantatrice del Sud”. Sembrò giusto anche a me: come si fa a
chiamarla cantante? Questa scaglia pezzi di vita, pezzi di dolore, come macigni.
Non avevo sento mai nulla di simile.
In quegli anni Beppe Fazio mi aveva regalato un rarissimo disco di Giuseppe
Ganduscio con quattro canti di carcerati (Ivu allu 'nfernu ca ci fui chiamatu ... ).
Ganduscio era già morto e quel disco segnava un tramite col modo di cantare
ottocentesco, stentorio, “argentino”. Lo avevo amato molto: rendeva
limpidamente una linea di canto irta di semitoni e quarti di tono, che gli amici
musicisti mi spiegavano di derivazione araba. Insisto che mi aveva affascinato.
Ma Rosa mi scolvolse. Volli assolutamente conoscerla. L'occasione arrivò
presto: Marco La Fata, allora (spero di non sbagliarmi) segretario del Pci a
Partinico, l'aveva invitata per una serata. Ci andai e da quel momento cominciò
la nostra amicizia.
In quel tempo, insieme con la canzone popolare, si faceva il canto di
impegno sociale, il canto politico, di protesta, di denuncia. Al cabaret “I
Travaglini” di via Sammartino 40, che dirigevo con Luahn Rexha e Antonio
Marsala, anche noi cercavamo di “cantargliele”. Rosa sentì alcuni brani e ne
rimase conquistata: le sembrava perfino inadeguato quello che cantava lei. Mi
sforzai di farle capire che quello che cantava lei era arte, e che questa era roba
passeggera. Ma lei mi chiedeva di scriverle qualcosa.
Dopo quella di Partinico le sue serate in giro per la Sicilia si moltiplicarono.
Di li a qualche anno si stabili a Palermo nella casa di via Maria Santissima
Mediatrice verso Bonagia, dove sono stato tante volte a fare progetti, a sentirla
provare: era una casa piena di chitarre. Ma Rosa non finiva le serate con l'ultimo
canto in palcoscenico: c'era sempre una coda, per gli amici. Si andava di notte a
svegliare Peppino detto “U Turcu” in via dei Coltellieri alla Vucciria.
Borbottando Peppino scendeva in trattoria e, aiutato dalla moglie, riapriva la
Testimonianze: Salvo Licata 117

cucina.
Mi accorgevo allora quale poteva essere la forza unificante del canto
popolare, ovvero dell' emozione comune, concorde, assoluta.
Di fronte a lei che cantava non c'era più distinzione d‟ascolto. Tanto più che
m‟impressionava questa unanimità quando pensavo che a scoprirla e a
valorizzarla erano stati artisti e intellettuali come Guttuso, Sciascia, Ignazio
Buttitta, Bruno Caruso, Roberto Leydi, Paolo Emilio Carapezza, Dario Fo.
Da lei stessa sentivo brandelli della sua storia, fitta di vicende anche
tragiche. Spesso mi diceva: “Perché non ci sediamo e scriviamo la mia vita?”.
Ma io mi fermavo a quei frammenti, come intimidito. Ad accostare i pezzi, viene
fuori questo spettro di storia: la sua famiglia era rimasta sconvolta da fatti tragici
e lei con la figlioletta era fuggita a Firenze; qui si era messa a fare la cameriera
e, sfaccendando, cantava. In quella casa capita un amico di famiglia, un pittore,
che si innamora di lei e la porta con sé. Vengono così i dischi alla Fonit Cetra e
le varie edizioni di “Io ci ragiono e canto” di Dario Fo.
E finisce la storia d‟amore col pittore.
Il colmo della sua notorietà fu segnato da una del tutto inopportuna
partecipazione al Festival di Sanremo a metà degli anni Settanta. Nella guerra
futile ma spietata tra i discografici, Rosa fu subito eliminata. Il canto popolare,
come la canzone di protesta, intanto non tirava più. Sempre più rari i nuovi
dischi alla Fonit Cetra (l‟ultimo l'ha inciso nel 1984 con una piccola casa di
Catania, quella di Pippo Russo) Rosa arrancava con le serate e col teatro (è di
quegli anni una sua partecipazione a La lupa di Verga con Anna Proclemer).
Nel 1978 riuscii a scrivere qualcosa per lei. Era “La ballata del sale”, fiaba sui
canti del mare musicata splendidamente da Mario Modestini. Il personaggio
principale, sin dal nome (Raisi Rosa), era non solo dedicato a lei, ma per lei
pensato. Pietro Carriglio, che in quella stagione iniziava il lungo cammino che
avrebbe portato il Teatro Biondo a diventare il Teatro Stabile di Palermo,
credette nel testo, nelle musiche, ma soprattutto in Rosa e produsse lo spettacolo
(diretto da Maurizio Scaparro, oggi assai celebre). Avevo saldato il mio debito.
L'epilogo per me è Bambulè, un mio nuovo testo ancora con le bellissime
musiche di Modestini e ancora prodotto dal Biondo (ormai Teatro Stabile).
Stavolta il regista è Carlo Quartucci, capo storico del teatro di ricerca in Italia. A
mettere insieme il gruppo (del quale fanno parte tra gli altri, Burruano, Emiliana
Perina e Giustino Durano) è sempre Carriglio. Rosa è felice di questa nuova
esperienza insieme. Ma ha un rammarico: «Perché l'hai scritta in italiano? Chi
semu 'taliani nuatri?». È l'estate del 1987 . Da allora ci siamo persi di vista.
Testimonianze: Salvatore Di Marco 118

Il ricordo di Rosa di Salvatore Di Marco

Alcuni giornali, subito dopo la sua scomparsa, hanno scritto che con lei s'è
spenta l'ultima voce del canto popolare della Sicilia del Novecento, e noi
ostinatamente diciamo di no. È morta Rosa Balistreri che del folk siciliano è
stata per quasi trent'anni una regina, e la sua scomparsa ha rappresentato
sicuramente una perdita gravissima per la musica popolare di oggi e per tutta la
cultura nazionale. Con lei scompare una bandiera bella della più autentica
sicilianità, ma vogliamo fortemente augurarci - anche nel suo nome e nella sua
memoria - che la sua voce, inimitabile e insostituibile, non sia stata davvero
l'ultima, e che la nostra magnifica tradizione folk, lungi dall'essere approdata
all'ultima spiaggia, trovi ancora altre voci e sappia valorizzare le risorse nuove di
cui già generosamente dispone affinché il posto che Rosa Balistreri ha lasciato
non resti vuoto per sempre. Il pericolo è semmai che la memoria di questa
magnifica e superba artista siciliana si affievolisca e si perda, come del resto sta
già accadendo per Ciccio Busacca o per Turi Bella, e come accade per altri figli
nobili della nostra terra così ostinatamente smemorata.
Di lei, di Rosa Balistreri, le cronache siciliane si erano occupate negli ultimi
tempi quando la cantante aveva voluto far dono alla biblioteca comunale del suo
paese di tutta la propria biblioteca privata. Era nata a Licata, nell'agrigentino, il
21 marzo 1927 e morì all'alba del 20 settembre 1990 nell'ospedale palermitano
di Villa Sofia, dove era stata ricoverata in gravi condizioni nell'agosto di
quell'anno, in seguito ad un micidiale ictus cerebrale che l'aveva colpita in
Calabria, mentre stava sulle scene de “I mafiusi di la Vicaria”. Ebbe - come
ormai si sa bene una infanzia aspra, difficile, una esistenza travagliata e sofferta,
e solo tardivamente aveva toccato le vette del successo pieno. Analfabeta, Rosa
Balistreri da bambina aveva lavorato nei campi, operaia a 14 anni, poi ortolana,
dalla natia Licata si spostò fanciulla a Campobello di Licata, da li a Palermo e
infine a Firenze dove aveva stabilito definitivamente la propria dimora e vi
trascorse, adattandosi all'inizio a fare tanti duri mestieri, l'ultimo ventennio della
propria vita insieme ai figli. E appunto lì è stata traslata la sua salma e vi riposa.
Dotata di carattere tenace, volle liberarsi dalla propria condizione di
analfabeta e conquistò da sé, con ammirevole caparbietà, il dono della lettura,
della scrittura e infine di una magari non vasta cultura moderna.
Cominciò la sua attività di artista del canto popolare e del teatro siciliano fin dai
primi anni '60. E qui cerchiamo adesso di ricostruire sommariamente il tracciato
del suo cammino di folksinger siciliana evidenziandone i momenti principali, le
tappe più significative.
Testimonianze: Salvatore Di Marco 119

Ispirandosi ai testi meno noti e ancora non saccheggiati del Corpus di


musiche popolari siciliane del Favara, ma scavando pure essa stessa nelle sue
memorie infantili (è, ad esempio, il caso della filastrocca fanciullesca “Lu verbu
sacciu, lu verbu haju a diri”) e tra quelle della sua gente, ha riportato alla luce
motivi e canti che lei, spesso su musiche del maestro Mario Modestini, sapeva
bene adattare alla forza drammatica e tenera della sua voce, una voce che dopo
quasi vent'anni dalla morte tutti ricordiamo, inconfondibile ancora nelle sue
intense vibrazioni, una voce che è stata definita “contrattile ma capace di
notevoli virate verso l'alto” (C. Celi su La Sicilia, Catania 21 settembre 1990).
Nel 1968 esce il suo primo disco Rosa Balistreri cantatrice del Sud che
comprende principalmente canti di pescatori, di contadini, delle zolfare e canti
d'amore. Con quel disco la Balistreri rese palesi non solo le proprie capacità
d'artista e 1'ampia gamma delle sue possibilità di voce regina nel canto popolare,
ma nel contempo le proprie vocazioni civili e ideali scegliendo di farsi ribelle
testimone della Sicilia più povera e più amara, lei che aveva sulla pelle e
sull'anima le cicatrici del degrado, della miseria, delle violenze subite per lunghi
anni. La Sicilia delle zolfare e del feudo a cui lei volle collegarsi, anche per
essere stata essa stessa figlia di quella realtà, probabilmente fin d'allora era già
avviata al proprio tramonto storico. Il flusso dolente dell'emigrazione verso il
Nord italiano e l'espansione urbanistica e degli affari nelle grandi città siciliane
avevano contribuito decisamente a spopolare le campagne mentre chiudevano le
zolfare e le miniere.
Si diffondevano intanto i miti accattivanti della civiltà dei consumi. Ma non
s'erano affatto cancellate le miserie e le ingiustizie subite dal nostro popolo, e
perciò Rosa Balistreri volle esserne la forte voce di protesta, in anni in cui, dopo
l'onda lunga del '68, il folk italiano riprendeva vigoria, e la contestazione (non
solo giovanile, ma popolare) rilanciava per più attuali decodificazioni alternative
i canti popolari delle regioni italiane. Rosa Balistreri in quella cultura si inserì a
pieno titolo e fu amica di grandi artisti e prestigiosi letterati come Renato
Guttuso, Leonardo Sciasela, Bruno Caruso, Roberto Leydi, Ignazio Buttitta.
Anzi, nel 1971 cantò testi scritti dal grande poeta bagherese, e infatti la troviamo
sulle scene de I pirati a Palermo, de Il cortile degli Aragonesi che ancora
conservano nella nostra memoria il timbro caldo della sua arte. In quegli anni
collaborò pure con Otello Profazio.
Sulla vita e sull' arte di Rosa Balistreri si è scritto tanto, e non è il caso di
insistere adesso. Un solo punto è opportuno riprendere qui e che riguarda il suo
esordio artistico e il suo primo incontro con Ignazio Buttitta e con il cantastorie
Ciccio Busacca; non manca di fascino quanto ne riferì la stessa cantante licatese
Testimonianze: Salvatore Di Marco 120

nel libro del Cantavenere: “Seppi che dovevano venire a Bologna per fare una
serata insieme, Ignazio Buttitta e Ciccio Busacca. io avevo letto un libro di
Buttitta, avevo imparato delle poesie. Parlavano di fame di ingiustizie, di libertà.
Pareva un libro scritto per me. Salii in macchina e andai a trovarli a Bologna. Fu
come una rivelazione. Un fulmine che mi aprì il cielo.
Questi sono veri artisti, mi dissi, Busacca cantava e Buttitta recitava le sue
poesie, cu 'a birritta da turco in testa e quel gesticolare, quella voce che
incantava. Mi sono innamorata di tutti e due. Anch'io ero una cantastorie come
Busacca, e in lui mi sono specchiata. Mi dissi "anch'io debbo cantare, diventare
famosa come lui, dire le cose che ho dentro".
Poi Buttitta venne a Firenze e lo ospitammo a casa nostra. Canta Ro' mi
disse Ignazio. Ma quannu canti, nun cantari ppi l'autri. Ppi ttia a cantari. Cantai
due o tre canzoni. Buttitta mi guardava con quegli occhi che mangiavano. Mi
disse "Tu devi imparare a suonare la chitarra. Perché tu sarai la cantatrice del
Sud". "Ha ragione", mi dissi. "Ignazio ha ragione". Gli occhi gli
lampeggiavano”. Mi comprai una chitarra. Saverio Bueno mi dette delle lezioni:
pochi accordi mi insegnò, giusto per accompagnare le mie canzoni. Andavo a
trovarlo sù a Fiesole, dove abitava; qualche volta capitava lui a casa nostra. Ora
riuscivo a cantare come Busacca. Finalmente si stava per realizzare il sogno
della mia infanzia. Cantare con la gente che sta seduta davanti e ti ascolta e ti
applaude”.
Nel 1975 in Ci ragiono e canto di Dario Fo si dispose a meglio padroneggiare le
tecniche di presenza sulla scena del teatro. Nel 1978 è impegnata nella parte di
Rais Rosa, una sorta di capociurma marinaresca ne “La Ballata del sale”, una
ardente favola di Salvo Licata (ancora di questo autore palermitano interpreterà
“Ohi Bambulè” del 1987). E ancora la ricordiamo ne “La rosa di zolfo” di
Antonio Aniante e negli anni '80 ne “La lupa” di Verga con Anna Proclemer e la
regia di Giorgio Albertazzi. E ancora nella Medea di Corrado Alvaro con Piera
degli Esposti al Teatro di Calabria. Così la seguiamo, lungo questo filo del
ricordo, negli spettacoli che dal «Manzoni» di Milano vanno al «Carignano» di
Torino, al «Metastasio» di Parma. Ma è impossibile ripercorrere i luoghi, le città,
i teatri, le piazze di tutta Italia dove Rosa Balistreri ha cantato, dove ha pure
calcato scene di teatro come più spesso le accadeva negli ultimi anni della sua
vita.
Né risulta facile rievocare i grandi successi di pubblico che riusciva ad intestarsi
dagli schermi televisivi della Rai nazionale ma anche di emittenti private, o le
sue incisioni discografiche; il suo ultimo disco è del 1984, un “Concerto di
Natale” composto in collaborazione con Pippo Russo di Catania. Di lei ricorda
Testimonianze: Salvatore Di Marco 121

Giuseppe Cantavenere nel suo volume Rosa Balisteri (Ed: La Luna, Palermo
1990), che avrebbe voluto scrivere Leonardo Sciascia, impressionato dalla sua
eccezionale e sofferta esistenza. E ciò sarebbe certamente avvenuto se la morte
non lo avesse stroncato. Con Palermo, se vogliamo allontanarci da certe sue
tragiche memorie giovanili, Rosa Balistreri, artista e donna ormai in cammino
verso il proprio riscatto umano e culturale, tesse un forte e significativo sistema
di relazioni che hanno al centro figure come quelle di Ignazio Buttitta, di Salvo
Licata, del compositore Mario Modestini, di Melo Freni e altri ancora. In virtù di
questo la nostra artista ha saputo scrivere una sua bella pagina di vita che è parte
della storia della Palermo del Novecento.
Di questa grande figlia della nostra terra ci pare di rintracciare il dato saliente
della sua personalità di donna e di artista in una espressione che le attribuisce
(come ha scritto G. Razete su L'Ora, Palermo 20 settembre 1990) rimarcata
“sicilianità scontata sulla propria pelle” che e dolente, tenerissima e amara,
rabbiosa e appassionta che ha sempre accompagnato quella sua chitarra che,
ahimè, tace per sempre.

Salvatore Di Marco
Testimonianze: Paolo Emilio Carapezza 122

Il ricordo di Rosa di Paolo Emilio Carapezza

«Tal dono ebbe di natura: d' ogni modulazione di voce, tentata dall' arte della
musica, ne faceva un miracolo; e, dove e come voleva, riusciva ad infletter la
voce, tanto da sembrare che tenesse un organo celato nel suo petto». Così
Antonino Mongitore scriveva trecent' anni fa d'un altro musico siciliano, Nicolò
Toscano, vissuto più d' un secolo prima; e sembra profetare di lei, Rosa
Balistreri. La sua voce era infatti di mille colori, di ampia estensione, ora
possente ora delicata, ora luminosa ora tenebrosa, aspra e tenerissima, capace
d'ogni sfumatura. Rosa era nata a Licata il 21 marzo 1927; morì a Palermo il 20
settembre 1990. Negli anni Cinquanta, portandosi appresso la figlioletta di pochi
anni e un fratello minorato, emigra a Firenze: li mantiene vendendo frutta e
verdura. Tramite Manfredi, il pittore con cui conviveva, entra in contatto con
l'ambiente artistico. Saverio Bueno le dà lezioni di chitarra; Giuseppe Ganduscio
amplia il suo repertorio, cantandole i Canti popolari siciliani raccolti da Alberto
Favara all'inizio del secolo. Conosce due siciliani illustri: il poeta Ignazio
Buttitta, di cui intonerà i versi, e il cantastorie Ciccio Busacca, che prende come
modello. Dario Fo la sceglie a rappresentare la Sicilia nel suo spettacolo Ci
ragiono e canto, che debutta al Teatro alla Pergola. Incide i suoi primi dischi. Nel
1970 torna in Sicilia e si stabilisce a Palermo. Canta nei teatri e nelle piazze; i
suoi dischi si diffondono. Salvo Licata progetta per lei un musical: "La ballata
del sale", che debutta al Teatro Biondo. Seguono tournée in Germania e Svezia,
poi in America. Per vivere sfrutta la sua voce, sotto la vampa del sole,
nell'umido della luna, fino a rovinarsi le corde vocali e la salute. Me la
presentarono, all' inizio della primavera del 1971, due illustri scienziati,
Marcello Carapezza e Ugo Palma, che in certo senso me l'affidarono. Rosa non
sapeva leggere la musica, e tornava in Sicilia dopo tanti anni. Pochi erano i canti
che ricordava da quand' era bambina; già a Firenze Ganduscio le aveva
insegnato, modulandoli con la sua bellissima voce, alcuni dei canti che Alberto
Favara aveva registrato per iscritto nel decennio attorno all'anno 1900. Ora che
poteva guadagnarsi la vita cantando, Rosa aveva bisogno di ampliare il suo
repertorio. Per questo io mi sedevo al pianoforte e per interi pomeriggi le
suonavo e le cantavo le melodie raccolte dal Favara. Ad alcune rimaneva
indifferente, altre le apprezzava ma come da lontano e le lasciava svanire; molte
invece le imparava subito e le cantava con la sua voce meravigliosa e col suo
fuoco ardente, come se le avesse sempre conosciute: come se le ricordasse per
antica sapienza che tornava alla memoria, o come congenite idee platoniche
risvegliatesi dentro di lei.
Testimonianze: Paolo Emilio Carapezza 123

E le cantava poi, fiera della novità, quando ci riunivamo a casa di Marcello o


di Ugo. Cantava allora alternandosi col cantastorie Ciccio Busacca. Facevano un
bel contrasto: Ciccio epico e monocorde con la voce cavernosa e metallica, Rosa
lirica e tragica tutta fuoco e fiamme colorate. Organizzammo per loro un gran
festa nella villa di Ida e Nino Titone a San Lorenzo, per presentarli agli studiosi
di folklore ed agli organizzatori d'attività musicali a Palermo. Per brindare al
loro successo fu aperta una bottiglia di "vino 'nzolio, anno 1815" (così si leggeva
nella sbiadita etichetta manoscritta), che avevo trovato a Blufi nella cantina di
mia bisnonna: ma i loro canti erano più antichi e più inebrianti. Fu nell'aprile del
1971. Erano gli anni dell'impetuoso sorgere d' interesse per il folklore musicale:
l'anno prima Nino Buttitta ed Elsa Guggino avevano fondato il Folkstudio, nel
quale inizierà la formazione d'una generazione di etnomusicologi siciliani.
Dell'epifania di Rosa in questo fervido ambiente è metafora una bella fotografia,
stampata su manifesti e cartoline che invitavano alla solenne commemorazione
Palermo per Rosa Balistreri: una mostra-spettacolo ("Immagini in forma di
rosa"), un convegno di studi ("Il seme della rosa") e cinque serate di canti e
suoni ("La memoria del canto") nel teatro Al Massimo, dal 16 al 20 novembre
1996. Ecco in primo piano Rosa, che canta a voce spiegata davanti alla sua
bancarella di frutta e verdura, in un mercato fiorentino negli anni Cinquanta.
Dietro di lei gli ortaggi sono grigi in chiaro-scuro, ma sopra di lei si librano,
brillanti in pieno sole, quattro dozzine di rossi pomi d'oro da lei scagliati in cielo
scuotendo la cassetta di legno che li conteneva: simbolo quelli della tradizione
sbiadita e impolverata, e questi invece dei canti che rinascono vividi dalla sua
bocca. Ma ella era capace non solo di trasmettere, resuscitandola, la tradizione,
ma anche, con le radici ivi affondate, di creare; la melodia per le strofe dei
"Pirati a Palermu" di Ignazio Buttitta l'inventò ella stessa: "Arrivaru li navi, tanti
navi a Palermu: li pirati sbarcaru cu li facci di 'nfernu". "A li fimmini nostri ci
scipparu di l'occhi / la lustrura e lu focu ch'addumava li specchi". Chi più di lei,
non solo fisicamente, più depredata e violata? Quando incise i primi dischi,
persino dei canti che ricordava dalla fanciullezza (e s'accompagnava da sé sulla
chitarra) ci fu chi si registrò come "elaboratore", per lucrarne i diritti d' autore.
Ma il fuoco degli occhi, la sua anima splendente, nessun pirata o diavolo poté
mai rubargliela.

Articolo scritto per il giornale la “Repubblica”

Paolo Emilio Carapezza


Testimonianze: Rocco Giorgi 124

Il ricordo di Rosa di Rocco Giorgi

Il concerto al manicomio criminale di Barcellona-Pozzo di Gotto


“Curnuti, curnuti a mia un mi ci facistivu veniri!! curnuti, picchì a mia no e
a l‟autri si? curnuti” Con queste parole urlate a squarciagola e con un
disperazione incredibile, siamo stati accolti al carcere criminale di Barcellona,
dopo che alle nostre spalle si era chiuso il grande cancello di ferro.
Io e Rosa siamo entrati nella struttura con la macchina e appena scesi
abbiamo sentito quest‟uomo che urlava, vedevamo anche la finestra con le
sbarre da dove veniva quella voce, e due mani aggrappate, ma non riuscivamo a
vedere chi urlasse, si sentiva soltanto la voce che urlava con disperazione. Le
finestre erano alte sulle camere per cui i detenuti non potevano guardare fuori e
per questo vedevamo soltanto le mani della persona che urlava.
Nel carcere dove ci saremmo dovuti esibire, era detenuto il cognato di Rosa,
che trent‟anni prima aveva assassinato a coltellate la sorella stessa di Rosa e lei
ogni tanto mi parlava di questo episodio, mi raccontava di quando si era
trasferita a Firenze, di quando era scappata dalla Sicilia, dal marito, dalla povertà
e, avendo trovato una sistemazione soddisfacente, aveva fatto venire suo padre,
sua madre e la sorella che anche lei aveva abbandonato il marito, cosa che a quei
tempi era ritenuta inammissibile.
Sicuramente non aveva immaginato che la situazione sarebbe degenerata con
una lite furibonda che sarebbe culminata con l‟assassinio di sua sorella. Rosa
quando mi parlava di questo episodio mi faceva sentire la rabbia che aveva
provato, l‟ingiustizia che aveva dovuto subire, il senso di frustrazione che
provava per essersi sentita, anche se indirettamente, responsabile della morte di
sua sorella e della successiva morte del padre che per il dolore si era impiccato.
Adesso eravamo li perché nel giro di qualche giorno il cognato di Rosa
sarebbe stato rimesso in libertà perché aveva finito di scontare la sua pena e
Rosa aveva deciso di perdonare pubblicamente quest‟uomo, di incontrarlo e fare
un concerto a lui e a tutti i detenuti. Era un avvenimento che fece molto scalpore
e di cui ne parlarono molto i giornali.
Mentre il detenuto invisibile urlava facendoci letteralmente gelare il sangue,
io e Rosa ci guardavamo mentre prendevamo le chitarre, e ci venne incontro un
signore sorridente con la barba e i capelli lunghi che ci accolse come se non
sentisse le urla di quell‟uomo che continuava a ripetere “curnuti, curnuti, picchì
a mia no!!” L‟uomo con la barba era uno degli operatori sociali che lavoravano
all‟interno del carcere, e che avrebbe fatto un po‟ da padrone di casa.
Testimonianze: Rocco Giorgi 125

La prima cosa che gli abbiamo chiesto era proprio una spiegazione di quelle
urla. L‟operatore ci rispose che alcuni detenuti non avrebbero potuto assistere
allo spettacolo perché non potevano stare insieme agli altri per motivi di
sicurezza, per cui sarebbero rimasti chiusi nelle loro celle e quello che sentivamo
era uno di loro che protestava per essere stato escluso dallo spettacolo.
Con un groppo in gola siamo entrati nel reparto dove era ricoverato il
cognato di Rosa e abbiamo cominciato a conoscere alcuni detenuti, l‟operatore
ci descriveva a grosse linee lo stato mentale di alcuni di loro, ce li presentava e
mi resi conto che mentre alcuni ci rispondevano e si relazionavano alcuni di loro
sembrava che non si rendessero conto di nulla, erano ridotti ad un stato
vegetativo.
Mi colpì la presentazione di uno di questi detenuti: l‟operatore mi diceva che
il mondo di quella persona era limitata al suo letto, non c‟era altra cosa
all‟infuori del suo letto, viveva lì, mangiava lì non se ne allontanava mai.
Cercavo di sentire Rosa, a me batteva il cuore e mi sembrava di sentire anche
il suo, con Rosa bastava uno sguardo per capirsi al volo, ci succedeva sul
palcoscenico ma anche fuori dal palco, mentre ci aggiravamo fra guardie
carcerarie, detenuti, altri operatori, lettini e persone che non riuscivamo a
definire, alla fine a me sembrava di non riuscire più a distinguere chi fossero i
detenuti e chi i carcerieri, avevo l‟impressione che la pazzia dei criminali o del
posto in se stesso avesse contaminato anche la mente delle persone normali. Le
terapie sedative avevano cancellato la personalità di molti detenuti. La stessa
cosa era accaduta al cognato di Rosa. Non si rendeva conto di cosa stava
succedendo, sembrava un bambino appena nato, guardava Rosa ma non si
ricordava nulla. L‟operatore sociale cercava di spiegargli chi era Rosa, ma lui
non percepiva nulla, non capiva che Rosa era lì per perdonarlo, non aveva più
ricordi, sembrava una pianta, forse non ricordava che trent‟anni prima aveva
ucciso sua moglie.
Io mi chiedevo come avrebbe potuto abbandonare l‟istituto non essendo
assolutamente autosufficiente.
Rosa è voluta rimanere sola col cognato e poi mi ha detto che qualcosa si era
ricordato ma molto, molto vagamente.
Il concerto si è tenuto in un teatrino sempre all‟interno del carcere, la platea
era letteralmente circondata dalle guardie che avevano realizzato un cordone fra
le file esterne e le pareti del teatro. In quei secondi prima dell‟inizio osservavo
gli spettatori e notavo che sul viso di molti c‟era qualcosa che li rendeva “strani”
mentre alcuni sembravano “normali”, avevo sentito dire che alcune persone
Testimonianze: Rocco Giorgi 126

perfettamente normali, condannate a lunghe pene, riuscivano a farsi passare per


malati di mente per trascorrere la pena in quell‟istituto che doveva essere più
leggero del carcere normale!
Insieme a noi si sono esibiti altri musicisti che non sapevo chi fossero né da
dove venissero, in particolare ricordo un fisarmonicista molto virtuoso,
veramente bravo. Alla fine del concerto abbiamo suonato un pezzo tutti insieme.
Ho detto a questo fisarmonicista che giro armonico fare e lui ha annuito
improvvisando e facendo delle variazioni che mi hanno lasciato a bocca aperta,
per cui quando tutto era finito ho cercato di parlare con questa persona per
complimentarmi ma lui non riusciva a parlare, emetteva dei mugolii perché
aveva delle grosse difficoltà e ho realizzato solo in quel momento, mentre lo
abbracciavo e gi dicevo che era stato bravissimo, che anche lui era uno dei
detenuti.
L‟operatore mi ha rivelato che quella persona era affetta da “cretinismo”
sono rimasto doppiamente sorpreso sia perché suonava benissimo sia perché non
sapevo che il termine cretino indicasse una persona affetta da una sindrome.
In genere Rosa iniziava i suoi concerti rivolgendosi scherzosamente a me o
se ci fossero stati Tobia, Mimmo o Agostino con “addrumate i citrofani e sunate,
curnuti” dove “citrofani” stava per microfoni ma Rosa molto spesso coniava
delle parole fondendone insieme due diverse, in questo caso “citrofano” è un
misto fra citofono e microfono, ma noi capivamo lo stesso per cui
addruamavamo i citrofani e suonavamo. Ma questa volta ho iniziato senza che
Rosa dicesse nulla.
È superfluo dire che quello è stato uno dei concerti che non dimenticherò
mai, Rosa ha sempre avuto il dono di riuscire ad affascinare le persone che la
ascoltavano, in qualsiasi situazione. Io non ricordo un concerto, e dico uno in cui
Rosa non sia riuscita a coinvolgere le persone sia che si suonasse in teatro che in
piazza o in qualsiasi altro luogo.
Ricordo lo sguardo che mi rivolse prima di iniziare, un sorriso dolce e
amaro. In una frazione di secondo ho percepito il peso di quel momento e il
coraggio che l‟ha sempre accompagnato che anche in quel frangente le stava
permettendo di prendere la situazione in mano e di penetrare il cuore di tutte le
persone che aveva davanti senza alcuna distinzione fra detenuti, guardie,
assassini, malati mentali e operatori sociali. Il concerto è stato bellissimo, come
sempre! Grande Rosa
Rocco Giorgi
Testimonianze: Laura Mollica 127

Il ricordo di Rosa di Laura Mollica

La stessa Laura Mollica così ricorda l‟incontro con Rosa Balistreri:


“Nel 1979 incontrai per la prima volta Rosa Balistreri nel camerino del
Teatro Biondo di Palermo, al termine dello spettacolo “La ballata del sale”
di Salvo Licata. Era ancora in abiti di scena e, nonostante fosse attorniata
da amici e ammiratori, continuò a mangiare le sue olive nere comprate alla
Vucciria, prendendole da un coppo (1) di carta.
Mi stupì motto questo atteggiamento assolutamente contrario ad ogni
divismo. Rosa era cosi: la sua semplicità, la schiettezza che metteva in ogni
manifestazione della vita e della professione alle volte dava un certo
sgomento.
Quando, poi, volle sentirmi cantare, ci demmo un appuntamento a
Palermo, a casa di un suo amico musicista: Lillo Catania. Presi la chitarra e
cantai "Cuteddu „ntussicatu" un canto di carcere, tratto dalla raccolta che
Rosa aveva pubblicato per Fonit Cetra. Misi tutto il mio impegno per
sfoderare il meglio detta mia voce, il colore e la potenza.
Al termine. Rosa mi disse che la mia voce l‟aveva davvero stupita, ma ero
troppo giovane per cantare una canzone di vendetta, dolore, rabbia e
tradimento.
Alla tua età che ne sai delle passioni? Aspetta di avere almeno
quarant‟anni; io ne avevo appena sedici e non capivo cosa volesse dire. La
vita, poi, me lo ha insegnato.
Ecco un suo commento su Rosa: “Rosa quando cantava, si donava
completamente. E questo avveniva sul palcoscenico, come al ristorante,
dopo cena, tra amici. Rosa era generosa, cantava con ogni lembo della sua
pelle e tutto il suo corpo vibrava come animato da una forza
soprannaturale. Era questo che, insieme al suo particolarissimo timbro di
voce, dava straordinarie emozioni al pubblico”. Ed ancora “Rosa amava la
sua terra, ma la Sicilia, forse, non l‟ha amata abbastanza.”

1 ) foglio di carta avvitato a cono


note biografiche di Laura Mollica a pag. 95-96
Testimonianze: 128

Il ricordo di Rosa di Vincenzo Marrali

Ho conosciuto Rosa da bambino, eravamo quasi coetanei, abitavamo in


via Martinez entrambi, l‟ho conosciuta per le strade del quartiere Marina o
in giro, ai “quattru cantuneri” (1) o a piazza Duomo che era il nostro
luogo di gioco; Rosa era un maschiaccio, non era brutta, era un tipo, era
una bella ragazza, un tipetto, per la vivacità del suo carattere, per il suo
comportamento che non accettava imposizioni né soprusi da parte dei
maschietti, giocava con noi come se fosse un maschietto come noi; io la
incontravo spesso alle scuole elementari, (2) più saltuariamente dopo e con
emotività rilevante dopo da giovanotti e poi da adulto in via Martinez al
numero 14, quando le nostre strade presero direzioni diverse; non parlerò
della vita di Rosa perché Pino Cantavenere ha scritto una biografia
esauriente, io ho scritto così per diletto dopo la sua morte la sua storia, la
storia di Rosa scritta con la fantasia pur mantenendo nella realtà i fatti
fondamentali della sua vicenda biologica e questo soprattutto per capire la
sua musica e le sue canzoni. (3) Rosa anche da bambina cantava, cantava
sempre con quella sua voce roca, gutturale, ma vibrante di gioia e di
spensieratezza; se qualcuno le chiedeva perché cantasse sempre, Rosa le
rispondeva che lei viveva di fame, di botte e di canzoni, cantava per se
stessa perché a lei era concesso di vivere di sogni e di canzoni e le sue
canzoni erano autobiografiche. Molti parlano di un infanzia felice pur nelle
ristrettezze economiche di gioia e di dolori, l‟ironia di quelle canzoni
nascondeva la sua nostalgia degli anni giovanili e la sua infelicità
contemporaneamente. Le canzoni segnano e rappresentano l‟evoluzione
della sua vicenda umana ed anche le tappe della sua crescita: “Ciuri ciuri”
e le canzoni dialettali allegre caratterizzarono i suoi anni di adolescenza
anche se erano venate da un sottofondo di malinconia. “Guardo il sole e
canto” mi diceva e diceva da giovanetta; era il periodo dell‟innamoramento
con Angelo, dei sogni giovanili, dei sogni del principe azzurro e poi si
arriva alle canzoni della disperazione dell‟angoscia della vita con
Iachinazzu che ho conosciuto, brutto, basso, tozzo con testa enorme, della
vita in carcere, con le vicende di Palermo con il tentativo di suicidio. Dice
un proverbio indiano: “il sogno non lega più il corpo del povero che cade

1) Incrocio tra via Martinez e via Sant‟Andrea a Licata. 2) Secondo Vincenzo Marrali Rosa
Balistreri frequentò qualche anno delle elementari, anche se nelle memorie della stessa Rosa
dettate al Cantavenere, lei afferma di aver imparato a leggere e a scrivere a Palermo mentre
lavorava come cameriera nella casa dei conti Testa
3) “Morire… davvero” vedi a pag. 37-38 di questo libro
Testimonianze: Vincenzo Marrali 129

a pezzi” così è successo con Rosa Balistreri; Rosa cantava con rabbia il
dolore, il rancore, la malinconia che aveva dentro e che mai
l‟abbandoneranno, era un canto di ribellione e di violenza contro il destino
crudele: “Sinni eru li me anni” rappresentava il dolore atroce per una vita
sprecata nel fango nel pianto e nell‟abbrutimento che comunque Rosa
aveva saputo riscattare con orgoglio ed abnegazione. I suoi spettacoli erano
espressione di un mix di memorie d‟infanzia, di ricordi del lessico del suo
paese, di rimpianti; continuò a cantare “Si maritau Rosa e Vitti na crozza”
come le aveva sempre cantate con tutta la struggente malinconia e con il
rimpianto di un mondo perduto di sogni svaniti nel nulla. Io sono un‟attrice
comica, disse ad un giornalista, al massimo posso essere un clown con la
maschera della tragedia umana, vecchia e sempre attuale, un pagliaccio di
Leoncavallo che canta per trovare un attimo di pace interiore perché i
ricordi anziché uccidermi mi diano la forza di continuare a vivere, “la mia
vita è una maschera” disse e la sua decisione di non volere essere
seppellita nel cimitero del paese natio suscitò perplessità e critiche ma
quella decisione voleva significare un taglio netto con il passato, con quella
vita di stenti di umiliazioni e di rinunce . Aveva cantato “Addiu bella
Sicilia, ci stannu brava genti e li cchiù carogni e infami” ma aveva chiesto
a me, aveva scritto a me “Fati can nun moru daveru” che era il segno
dell‟attaccamento viscerale di Rosa a quella terra di cui si era sentita parte
integrante e da cui era stata in qualche maniera trascurata. Quando è morta,
ho sentito il dovere, l‟obbligo morale proprio per obbedire a quel “fate che
nun moru daveru” di fare pubblicare l‟annuncio mortuario, cosa che non
aveva fatto il Comune di Licata per annunciare ai cittadini che Rosa
Balistreri era morta. Questo mio libro “Morire davvero” ha voluto essere il
grazie a Rosa Balistreri per quello che ci ha dato e che ancora ci da.

Vincenzo Marrali, primario emerito di Pediatria, ha coniugato la sua


attività di lavoro di pediatra a quella politica e di scrittore.
Ha scritto un libro su Rosa Balistreri avendola conosciuta fin da bambino
per la vicinanza della sua abitazione con quella di Rosa in via Martinez e
stabilendo da adulti una sincera amicizia con la cantante licatese. Ha avuto
occhi attenti alle problematiche sociali dei bambini con i due libri scritti
insieme al giornalista Francesco Pira: “Giochi e videogiochi”, “Dal
nascondino alla consolle”, “Infanzia media e tecnologie”.
Testimonianze: 130

Il ricordo di Lillo Catania “Quattro anni con Rosa”


Quando la incontrai la prima volta stava rientrando a casa, quella di
Palermo in via Maria SS. Mediatrice. Era lì che abitava Rosa Balistreri,
nello stesso condominio in cui mi recavo giornalmente per vedere la mia
fidanzata Marina, oggi mia moglie. La riconobbi subito.
A parte la custodia che recava con sé, dove conservava la sua preziosa
chitarra, la sua era una figura che non passava inosservata, una figura
d‟artista alquanto estrosa con un abbigliamento singolare: gonna molto
lunga (sino ai piedi), scarponcini senza tacco, cardigan di lana a trama
larga e a colori vistosi, cappellino tipo basco alla francese anch‟esso di lana
che si abbinava al colore della giacca.
Ne parlai subito dopo con la mia fidanzata. A quei tempi, era l‟autunno
inoltrato dell‟anno 1977, ero ancora studente in ingegneria e coltivavo la
passione di comporre e cantare canzoni. Mi definivo cantautore: avevo
composto una decina di canzoni che per il loro contenuto di rottura verso
alcuni aspetti della società mi accomunava ai grandi cantautori,
contestatori, di quel periodo: erano Guccini, De Gregori, Bennato, De
Andrè…
Chiesi a Marina di accompagnarmi dalla Balistreri per proporle di
comporre per lei alcune canzoni: E così il giorno appresso, bussammo nel
suo appartamento al pianterreno. Ci venne ad aprire proprio Rosa
Il luogo era affascinante. Mi bastò girare gli occhi tra le pareti per
capire subito che quella donna aveva una vita piena ed interessante. Le
pareti erano disseminate di quadri e due di essi molto grandi avevano come
soggetto proprio lei: in uno appariva rannicchiata sopra un lettuccio
coperta con un plaid a scacchi rossi e neri e nell‟altro nuda in tutta la sua
giovanile bellezza. Altri dipinti e poi fotografie, che la ritraevano con
famosi personaggi quali Sciascia, Guttuso e Buttitta, incorniciavano le
pareti sino in ogni loro angolo. Iniziai a parlare con timidezza e con un
poco di rossore in viso “Io sono un cantautore,” dissi “e mi diletto a fare
canzoni. Se le interessa, posso provare a scrivere per lei.” “Ma quali lei e
lei,” interloquì subito Rosa “m‟ha‟ dari di tu. Iu sugnu Rosa: iu sugnu Rosa
pi‟ tutti.” (“mi devi dare del tu. Io sono Rosa per tutti”.)
“Va bene Rosa: io mi chiamo Lillo Catania.”
Rosa prese una chitarra che stava lì a portata di mano, me la porse e
disse: “Fammi sèntiri qualcosa in sicilianu.” (“fammi ascoltare qualcosa in
siciliano”)
Testimonianze: Lillo Catania 131

Raccolsi volentieri l‟invito e iniziai a suonare e a cantare una “Sirinata


siciliana”. “Bella, bella veramenti. E poi hai „na bella vuci, caura e
„ntunata.” “Ma sti‟ canzuni „un su‟ pi‟ mia. Iu fazzu n‟antro generi: di
protesta, di dinunzia, di lotta. Chista è „na canzuni d‟amuri ca nun
s‟addici a „na vecchia comu a mia. ”
Forse per non dispiacerci aggiunse: “Dumani venimi a truvari, verso li
sei, ca ti cuntu quarchi cosa di la me vita e videmu chi sa fari.”
Fu questo il mio approccio con Rosa Balistreri. Il giorno seguente io e
Marina, ci presentammo a casa della folk star. Si sedette di fronte a noi e
disse: “Ora vi cuntu un cuntu.” E Rosa cominciò a raccontarci tutte le
emozioni che si portava appresso sin dalla sua fanciullezza.
“Quann‟era picciridda,” esordì, “eramu poveri, tantu poveri ca mi nni
jva cu me patri a fari spichi. Circavamu „nmenzu li terri chiddu ca nun
interessava a cu era sazio e ca „nveci era grazia di Diu pi‟ cu avia fami...”
“Quann‟era picciridda,” diceva, ”durmivamu tutti dintra „na stanza, supra
un lettu sulu, e mangiavamu o scuru pi‟ risparmiare l‟ogghiu c‟accurriva
pi fari lucerni…”
Rosa parlava ed io memorizzavo. Più in là nel tempo, da quelle
commozioni dovevano nascere tutte le mie canzoni; da questi fatti, dalle
parole dette e da quelle appena accennate o non dette, derivarono due delle
mie canzoni più belle: “A me vita” e “E cantu, e cantu”
Poi il suo racconto si fece drammatico: “E‟ comu si la me famiglia
havissi „na maledizioni.” “Happi „na soru ammazzata du maritu e u patri,
me patri, affucatu pi la disperazione. Vautri, carusi, „un putiti ‟maginari
quantu duluri, quantu chiantu, e poi, pi‟ amara cumpagnia, la solitutini, la
disperazioni, e sempri la miseria pi‟ contornu.”
Mi soffermai a guardarla in viso per bene. I lineamenti non erano belli:
gli occhi piccoli, la bocca grande, il naso leggermente a patata, non la
dipingevano come una donna bella. Mi colpì in modo singolare lo stato
della sua pelle, specie quella del viso in cui si evidenziavano centinaia di
piccole rughe che le deturpavano l‟aspetto, me la rendevano più vecchia di
quanto effettivamente era.
Quando entrammo un po‟ più in confidenza mi spiegò che aveva
semplicemente scambiato crema: forse aveva usato una depilatoria per le
gambe, non adatta al viso. C‟è da dire, però, che tutti questi difetti fisici
sparivano quando si cominciava a discutere con lei perché erano altri gli
interessi che attraevano l‟intelletto degli astanti.
Testimonianze: Lillo Catania 132

“Poi a diciassette anni mi maritavu. Pinsava tra di mia “mi


sistimavu…” ammeci chidd‟omu si rivilò un dibosciato: „mbriacuni,
lagnusu e viziuso d‟ogni cosa. Doppu a prima figlia, fici un aborto dopu
l‟autro sino a cuntarini deci, undici, dudici. Allura scappai e lu lassai.
Sula, iu e me figlia, a Diu e la vintura.”
La stessa sera, sul tardi, quando rientrai a casa, non feci altro che
pensare al racconto che avevo sentito, alle emozioni che mi avevano colto,
a come avrei potuto riportarle in musica. Mi ritrovai seduto sul letto con la
chitarra in mano. Caddi in una specie di catalessi catartica in cui solo il
mio spirito poteva generare la melodia che si abbinasse ai fatti conosciuti
quel pomeriggio e alla loro drammaticità.
Arpeggiavo e sussurravo, pronunciando parole senza senso, seguendo
solo la dolcezza o il pathos che gli accordi che formavo sulla chitarra mi
ispiravano. Poi, quasi per incanto, uscirono le parole giuste sulla musica
giusta: “Quann‟era picciridda…” È così che è nata la prima strofa di “A
me vita”. La suonai e risuonai, per non dimenticare il motivo. La cantai e
ricantai piano piano, e trascrissi le parole in un foglio di carta. Ero
pienamente soddisfatto. Mi sono imposto però di non rivelare subito la mia
creazione: dovevo aspettare che lei finisse il suo racconto e di aggiungere,
successivamente, le rimanenti strofe.
Per diversi giorni Rosa lasciò Palermo per alcuni concerti al ritorno
potei andarla a trovare. Appena mi apparve davanti la porta le dissi: ”Ho
fatto una canzone per te.” Lei sorrise: “Sintemmula.” Io cantavo e si
vedeva che Rosa apprezzava, commossa e strabiliata. “Minchiuni che
bella!” disse, appena ebbi finito. “Fammila sentiri n‟autra vota ”. Per la
seconda volta cantai la mia canzone. “Sì, è veramenti bella. Bella di
cantari: ci voli concentrazioni e raggia. Bravu! Si‟ veramente bravu.”
“Ora ti cunto u restu.” disse, sistemandosi davanti a me.
“Na‟ me vita fici ogni tipu di travagliu, adattannumi a tutti li situazioni.
Poi arrivavu a Firenze, emigranti e sula. E „ca canuscivu un‟omu
importanti, un pitturi, un certu Manfredi, chiddu di quadri.” E mi indicò i
due quadri che arricchivano le sue pareti. Non disse nient‟altro.
Mi fece capire che per qualche tempo fu felice e poi, non capii perché (e
mai me lo disse), non lo fu più. Allora fuggì via da questa situazione per
arrivare all‟ultimo traguardo, quello che l‟avrebbe consacrata interprete del
canto popolare siciliano.
Testimonianze: Lillo Catania 133

Mi raccontò che un giorno incontrò Dario Fò, il quale girava per l‟Italia
recitando il suo “Mistero Buffo”. Cercava una cantante, una donna con una
gran voce. E Rosa si fece subito avanti. Dario Fò, da buon conoscitore di
persone, colse la rabbia interna di quella donna, immaginando che avrebbe
dato tutta sé stessa pur di togliersi dalla strada ed conquistarsi un po‟ di
spazio nel campo della musica folk. Allora la prese con sé e da
quell‟avventura, iniziata per disperazione, nacque la Rosa Balistreri che
conosciamo.
Quella sera Rosa mi raccontò altre cose ma io con la testa non c‟ero più:
già stavo organizzando il tema della mia seconda canzone seguendo
l‟istinto delle emozioni che il racconto dell‟artista aveva saputo
trasmettermi. Così la notte quando ritornai a casa, diedi libero sfogo alla
mia ispirazione. Ormai con Rosa avevo raggiunto una speciale sintonia, in
sentimenti ed emozioni, che mi consentì di scrivere tutta d‟un fiato la
nuova canzone: “E cantu e cuntu”.
Il giorno dopo rividi Rosa e si ripeté il copione del giorno prima. Lei
ascoltò la canzone e disse semplicemente: “Si è bella! Cantala arriè.”
Poi aggiunse “Tu si‟ scrittu alla SIAE?” “Si. Certo!” “Allura sti‟ canzuni
s‟annu a dichiarari subitu alla SIAE e nun l‟ha fari sentiri a nuddu.”
Fermò per un attimo il suo discorso: cercava il tono giusto per dirmi una
cosa importante. “Si vo‟ ca li cantu iu, hamu a fari a mità: iu la musica e tu
i paroli. È accussì ca si fa: nuddu fa nenti pi‟ nenti.”. Era stata fredda e
spietata, ma sincera. Nel mondo dello spettacolo il più piccolo, il meno
conosciuto, doveva pagare il prezzo per la notorietà. “Va bene, Rosa.”
risposi. Non mi sembrò giusto, ma compresi subito che non vi era
alternativa.
A casa di Rosa continuai ad andare per tanti altri pomeriggi e per tutto
l‟inverno e tutta la primavera, una volta per lasciare il testo di una canzone,
un‟altra per cantare le canzoni e darle modo di impararle. Intanto il tempo
passava. E passò pure tutta l‟estate senza che ci incontrassimo una sola
volta perchè impegnata in concerti: io restavo a studiare per preparare gli
esami di settembre delle materie arretrate.
Al rientro quando incontrai Rosa mi premurai a chiederle se aveva
cantato le mie canzoni: mi interessava sapere quale tipo di gradimento
avesse manifestato il pubblico. Lei mi rispondeva di no, che ancora era
presto, che non se la sentiva di cantarle. Ma perché? chiedevo io.
Compresi successivamente che Rosa aveva paura.
Testimonianze: Lillo Catania 134

Paura di perdere la faccia, dato che la sua figura di artista era legata
alla riscoperta ed esecuzione di brani di origine popolare.
Sognando di incidere un disco con Rosa, nel successivo autunno e
inverno, composi altre canzoni cambiando però genere: stavolta dovevano
essere canti di protesta, di denuncia, quelli che Rosa prediligeva e che ne
esaltavano la personalità. Fu così che elaborai “Cantu pi‟ diri”
Quando Rosa ascoltò le nuove canzoni disse semplicemente “mi piacinu.”
e lo disse con il tono di chi avrebbe potuto sostenere le argomentazioni
cantate senza alcun timore e di fronte a chiunque.
Passarono altri mesi prima di un altro incontro con Rosa, e passò
nuovamente l‟estate e rivenne l‟autunno. Ci incontravamo ma a parte
qualche convenevole o una parola di augurio, non mi invitava a casa sua.
Ebbi modo di constatare che se le dicevo che avevo dei canti da proporle
allora si mostrava allegra e gentile altrimenti restava indifferente, se non
addirittura seccata. “Sugnu stanca.” mi diceva, lasciandomi intendere che
non aveva voglia di discussioni. E forse era vero, chè a quei tempi Rosa
partecipava alla recita della Lupa, quella con la Proclemer, ed era probabile
che fosse veramente stanca.
E così il mio rapporto con lei diventò di tipo occasionale per tutto
l‟anno. Il mio stato d‟animo nei suoi confronti era di rancore e di
turbamento. Un giorno però incontrandoci per caso mi invito ad
accomodarmi a casa sua. In questa occasione mi rivelo che aveva pensato
di realizzare un suo vecchio progetto, un progetto ambizioso, quello di fare
un disco, anche a spese sue, che avesse come soggetto le favole per i
bambini. Era, mi disse, un campo nuovo in cui lei si cimentava per la
prima volta, ma era sicura che avrebbe avuto successo; questa era
l‟occasione buona per uscire con delle innovazioni, fresche e originali, che
sarebbero state accolte favorevolmente dal pubblico e dalla critica. Rosa
mi parve sincera e il progetto meritorio di approfondimenti.
Mi commissionò in questa occasione la composizione di favole o storie,
tra quelle più conosciute dai bambini, che presentassero una buona morale
oltre che una melodia semplice e orecchiabile. Mi tuffai nel lavoro e di
nuovo i miei contatti con Rosa ripresero con continuità e frequenza. Le
favole che scelsi furono le più note “La cicala e la formica” e “ Il lupo e
l‟agnello”. Entrambe le canzoni piacquero molto a Rosa, tanto che si
sbilanciò con una promessa: le avrebbe inserite, comunque, subito nel suo
prossimo LP.
Testimonianze: Lillo Catania 135

Ma di dischi in quel periodo Rosa non ne faceva ed io, più che mai deluso,
cominciai a perdere le speranze di una loro concretizzazione.
Con Rosa ci vedevamo sempre più di rado, tanto che tra me e lei si era
instaurato un clima di pessimismo estremo; con il pessimismo, però,
arrivarono anche le canzoni più belle: “Quann‟iu moru”, “Chi strata
longa”, “Senza di tia”, “Trona e lampia” …
Un giorno che ero andato a trovarla, senza dirle che avevo fatto una
nuova canzone, presi la chitarra e intonai: “Quann‟iu moru” Quand‟ebbi
finito chiese: “A facisti pi mia?” (31) “secondo te?” risposi. “Sì è pi‟ mia.
Ma pi‟ scaramanzia „un la cantu. È troppu tristi.” “No, Rosa che dici.
Questo invece è un inno alla vita. Dato che prima o poi tutti dobbiamo
morire, questo canto è un testamento spirituale che dà valore alla tua vita.”
“Mah!” Disse lei: “Però si parla di morti, da me morti.” (33)
Intanto arpeggiavo sulla chitarra. Mi concentrai e lasciai uscire la voce,
intonando “Chi strata longa.” “Minchiuni che bella.” Disse Rosa, “Chista,
sì, ca mi piacissi cantalla. Fammi vidiri comu si fa.” Ricantai la canzone
sino ad insegnargliela, ripetendo strofe ed accordi sino a stancarmi. Ma era
una bella soddisfazione. Capivo che Rosa si era innamorata della mia
canzone e di come la cantavo e questo soddisfaceva tutte le mie fatiche,
tutti i miei sacrifici.
Questa canzone, detto da lei, era quella che sentiva di più, quella in cui
si riconosceva maggiormente. Ancora il tempo passava. Ormai non
chiedevo più niente a Rosa. Se faceva o no dischi, se cantava in giro le mie
canzoni. Adesso ero diventato più guardingo e alcune canzoni non le
registrai più a nome di tutti e due ma solo a nome mio. La passione di
comporre l‟avevo nel sangue e, con o senza Rosa, questa spinta creativa
doveva venir fuori.
Mi inventai “Viaggiu o 'nfernu” e “La ballata di la morti”. Rosa
sentiva ed apprezzava; ascoltava e guardava gli accordi mentre
memorizzava il ritmo. Un giorno, sicuramente, le avrebbe cantate.
Gli ultimi incontri che ebbi con lei avvenirono per un progetto teatrale, che
però non andò a buon fine per liti tra attori e tra attori e regia. I canti più
significativi che ho creato per questo progetto furono “L‟omu e la vita”, “
Sugnu accussì” e “La me filosofia”. Però anche dalle avventure negative
possono nascere degli aspetti positivi, in quel contesto conobbi l‟artista
Serena Lao, una cantante con una gran voce, alla quale affidai molte delle
mie canzoni, tra queste “La leggenda del gabbiano”, una canzone del
Testimonianze: Lillo Catania 136

gruppo delle favole e delle storie commissionatemi da Rosa; Serena la


cantò per parecchi anni nei suoi spettacoli.
Gli anni ottanta furono quelli determinanti per la mia vita. A luglio del
1980 presi la laurea in ingegneria elettronica e cominciai a cercare un
lavoro consono al mio titolo.
Presentai anche alcune domande d‟insegnamento presso il comune di
Milano e proprio da lì, a gennaio del 1981, fui chiamato per iniziare la mia
avventura come insegnante. Da allora con Rosa Balistreri non ebbi più
contatti. Seppi più tardi che aveva venduto casa per trasferirsi a Licata. E
ancora più in là, con mio sommo dispiacere, appresi che era morta a causa
di un colpo apoplettico.
Avevo perso anche i contatti con tutti i vecchi amici e con il mondo
della canzone popolare. Dopo trent‟anni però alcuni di loro mi hanno
cercato per informarmi che Rosa aveva cantato le mie canzoni, che le
aveva registrate, in modo estemporaneo in casa di amici, e che ora, ora che
la sua figura d‟artista folk è stata riscoperta e la sua popolarità cresciuta a
dismisura, questi canti venivano interpretati da numerosi altri artisti. Quel
successo che avevo chiesto e cercato nella mia amica, arrivava dopo la sua
morte, e proprio con quella canzone che non voleva cantare per
scaramanzia, “Quann‟iu moru”.
Mi pento di tutto quello che, a suo tempo, ho pensato di Rosa e oggi
devo dirle grazie: un grazie grande quanto il mare oceano, un grazie sentito
e pieno di commozione, che ripaga tutti gli anni passati aspettando di sentir
cantare le mie canzoni, un grazie che è anche il giusto premio alle sue e
alle mie sofferenze.
Grazie Rosa.

note su Lillo Catania a pag. 92-93


Testimonianze: 137

Il ricordo di Rosa di Agostino Comito

Ho accompagnato Rosa per un lungo periodo, fra me e lei si instaurò


una grande amicizia; tante volte mi invitava a casa sua e preparava la pasta
con i broccoli dicendomi: “sacciu ca ti piacinu”. Ricordo la mamma di
Rosa, donna Vicinzina sempre presente, che a volte cantava, aveva una
bella voce e Rosa ne era orgogliosa. Con Rosa abbiamo fatto tanti
spettacoli nelle piazze e nei teatri; una sera dopo uno spettacolo in un
teatro di Napoli fummo invitati a casa di Sergio Bruni che ci fece ascoltare
l‟ultimo suo lavoro di registrazione. Di Rosa ricordo la sua grande
generosità, a volte mi diceva: “sta sira ti rugnu u duppiu‟‟. Una volta venne
a trovarla una ragazza sua ammiratrice, Rosa indossava un abito molto
costoso che aveva acquistato qualche giorno prima, la sua ospite le fece i
complimenti per il bel vestito che indossava e lei senza esitazione glielo
regalò. Con lei ho partecipato ad un lavoro teatrale dal titolo “Conosci tu il
paese” di Attilio Blasetti con un attore protagonista importante, Emilio
Marchesini. Tramite Rosa ho avuto la fortuna di conoscere Ignazio Buttitta,
Caterina Bueno, Ciccio Busacca, Salvo Licata; spesso nello stesso
spettacolo vi era Ignazio Buttitta il quale si esibiva con le sue poesie prima
di Rosa e si intratteneva più del solito; Rosa per questo si arrabbiava molto
e diceva: “Ma un finiu cchiù?, ma quannu a finisci chistu? Iu sugnu stanca
e m‟aiu a ghiri a curcari”. Un altro episodio con Buttitta avvenne in Irpinia
ad un anno dal terremoto del 1980. Ricordo che partimmo da Palermo con
la macchina di Rosa eravamo in 4: Rosa, Ignazio, Rocco Giorgi ed io.
Anche quella volta è stata un‟esperienza molto forte ed indimenticabile,
ma veniamo al fatto. Oltre a visitare i paesi terremotati Ignazio Buttitta
organizzò alcuni spettacoli in quelle zone, poi per un malinteso
incominciarono a litigare tutto si svolse in macchina mentre si tornava a
Palermo. Lei si rivolse a noi chiedendoci di sostenerla nella sua ragione,
noi non parlammo e lei ci restò molto male. Arrivati in un autogrill
entrammo al bar e lei fece finta di non essere in nostra compagnia , si
avvicinò al banco e pagò un solo caffè. Di certo non era da lei: era davvero
offesa. Successivamente venimmo a sapere che avevano fatto pace . Non
poteva che finire così, due “grandi” che avevano una grande stima l‟uno
dell‟altra. Ricordo una dedica che mi fece in occasione di un mio
compleanno: “Ad Agostino Comito che non smetta mai di suonare e che la
sua chitarra canti con tanto amore. Questa era Rosa.
Vedi note su Agostino Comito a pag. 102
Testimonianze: 138

Il ricordo di Rosa di Anna Cartia Buongiorno

La mia amicizia con Rosa è nata in seno alla RAI. Se ben ricordo era
direttore il Dott. Albino Longhi, “uomo di sinistra” ed aiutava Rosa
facendole cantare le sue canzoni folkloristiche di tradizione. Eravamo
intorno al 1971-72 ed io avevo pubblicato il mio libro sulla donazione del
sangue che fu presentato ed abbondantemente recensito da diversi
giornalisti della RAI. Nacque una buona amicizia con Pino Badalamenti
che mi presentò Rosa; le parlammo di queste mie ballate folk che avevo
scritto, quella dell‟antimafia in occasione del delitto del Procuratore
Scaglione, (n.d.a. ucciso dalla mafia il 5 maggio 1971), la “ninna nanna”
per Cudduredda, dedicata alla bambina che, in seguito al terremoto del
Belice, era rimasta sepolta per cinque giorni. Ritrovata viva, non riuscì a
vivere perché aveva i polmoni intasati di polvere e purtroppo morì. Ci
incontrammo in questa occasione e grazie a mamma RAI diventammo
amiche, Queste ballate Rosa le cantò alla RAI di Palermo; da allora in poi
quando Rosa era a Palermo si faceva sentire.
Poi stette molto male perché fu operata, ed era ospite di una mia cara
amica di Mondello, mi telefono e capii che era molto giù di morale.
La andai a trovare un pomeriggio e le feci compagnia per quasi tre ore;
fu in quella occasione che mi raccontò tanti episodi tremendi che avevano
funestato la sua giovinezza; la fame che poteva saziare andando a
raccogliere cicoria e babbaluci, (1) sempre sotto le minacce di un padre
violento e con poca voglia di lavorare anche se aveva un buon mestiere
come ebanista ed era anche bravo.
I suoi lavori come domestica che non le avevano risparmiato la
violenza e lo stupro di qualche padroncino. Persino l‟infamia di farla
passare per ladra che la portò in carcere da innocente; l‟uccisione di sua
sorella da parte del marito che andò in carcere e malgrado ciò lei andò a
fare un concerto proprio nel carcere ove si trovava suo cognato.
E mi raccontò anche la parte bella della sua vita che in certo senso
l‟aveva riscattata da tutte le malversazioni sopportate in famiglia e fuori,
Gli incontri con personaggi illustri che l‟avevano onorata con la sua
amicizia. A me fece conoscere Leonardo Sciascia con il quale diventammo
amici e che mi onorò parecchie volte intervenendo a

1) lumache
Testimonianze: Anna Cartia Bongiorno 139

concerti, spettacoli e conferenze che organizzavo con la cooperativa


“Sicilart” che ho presieduta dal 1974 al 1992.
Rosa non conosceva le “mezze misure” era come una folata di vento,
quando ti investe non sei più padrona della tua volontà.
Un giorno mi venne a trovare verso mezzogiorno; quando aprii la porta
nemmeno mi salutò, venne dentro con le mani in testa, agitatissima
dicendomi: “Annuzza mia… lo sai che ti voglio bene… mi devi salvare…
sono nei guai!…” Conoscendo il personaggio che pareva attirarsi addosso
tutti io guai del mondo, mi sentii morire; pensai che fosse accaduto qualche
guaio a sua madre o a Luca, il nipotino che aveva adottato come figlio,
cercai di calmarla e farle dire di che guaio si trattava. Sempre con le mani
per aria e andando su e giù per la stanza mi rispose: Mi hanno telefonato da
Milano perché al teatro Manzoni ci sarà uno spettacolo per presentare i vini
d‟Italia e mi sono impegnata a cantare una canzone folk sui vini di
Sicilia… mi danno un milione… lo capisci?
Mi sono messo a cercare una canzone che parlasse dei vini siciliani…
ma tu ci credi che non esiste una canzone sui vini di Sicilia? Cose da folli!
Può essere, disse Rosa, che a nessun “cornuto” ci passò per la testa di
cantare “sti beddi vini siciliani?...ca ci possiamo ubriacare tutti?” A questo
punto si calmò e con la massima naturalezza puntò il dito verso di me e
sentenziò: “ora me la inventi tu… e presto, qui c‟è la cassetta, me la
registro e sul treno per Milano l‟imparo e domani la canto”. Io mi sentivo
confusa e stordita; provai a dirle che non era possibile inventarsi su due
piedi una canzone a soggetto. Ma Rosa era una valanga, mi trascinò dove
voleva lei. Telefonai a mio marito in ufficio, era nativo di Partinico e
dottore in agraria; quando gli chiesi di darmi dei nomi di vini siciliani
famosi… prima pensò che fossi ammattita, poi rassicurato circa la mia
salute mentale mi diede le informazioni chieste.
Angosciata, ma rassegnata cercai di scrivere un testo che lessi a Rosa,
lei ne fu entusiasta; mi misi al pianoforte e cercai d‟inventarmi una
melodia adatta, per farla breve nel giro di un‟ora era nata la canzone “Viva
Baccu”. Rosa aveva portato una cassetta ove registrarla, nel giro di
mezz‟ora se la incise e scappò per andare a prendere il treno per Milano; si
era studiati gli accordi per la chitarra e andò via felice; mentre scendeva
per le scale… tornò indietro, mi venne vicina, mi baciò ancora
Testimonianze: Anna Cartia Bongiorno – Nonò Salamone 140

e mi disse: “hai visto che ci sei riuscita a farmi una canzone in meno di
un‟ora?... avevo ragione io…” Che dovevo dirle?... ha sempre ragione tu!
Il lato positivo fu che vinse anche il milione; mi venne a trovare al ritorno
da Milano ed era veramente felice: Non ci vedevamo spesso perché lei era
sempre in giro ed io ero dietro ai miei impegni: una famiglia di cinque
persone, l‟associazione degli scouts e la cooperativa della Sicilart con un
teatro da gestire. Ma come avrò fatto?
Di Rosa mi è rimasta la sua amicizia, la sua sincerità, la sua lealtà, quel
che pensava diceva, senza sotterfugi, curava si, i suoi interessi, ma chi non
lo avrebbe fatto dopo aver vissuto la sua vita, per non ritornare in miseria.
Di Rosa mi è rimasto il suo sorriso, ampio, vero, era la sua ricompensa
quando potevo aiutarla, e il suo calore umano; grazie Rosa.

Anna Cartia Bongiorno, compositrice e poetessa è nata a Siracusa,


vive a Palermo. Ha fondato nel 1974 la Coop. "Sicilart" per diffondere
l‟amore per la musica ed il teatro. Ha composto 30 ballate che raccontano
le storie più salienti della Sicilia degli ultimi anni, due balletti di cui uno
tratto da un opera di Rosso di S. Secondo, due opere liriche che sono state
eseguite in concerto. E' Cavaliere dell‟Ordine “Al Merito della Repubblica
Italiana”. Ha avuto un'intensa collaborazione con Rosa Balistreri nel
periodo in cui Rosa è vissuta a Palermo.
E‟ stata una sua amica vera, dandole consigli ed aiuto nei momenti delle
difficoltà della travagliata vita di Rosa. Per le ha scritto varie canzoni e
tenuto un interessante epistolario.

Il ricordo di Nonò Salamone

Tante cose potrei raccontare della grande Rosa, ci fu un‟occasione


quando venne a Torino con lo spettacolo “La lupa” assieme ad Anna
Proclemer! Una domenica pomeriggio, prima dello spettacolo la andai a
trovare a sorpresa, nel suo camerino del teatro Carignano! Ricordo fu
come ci fossimo conosciuti da sempre, era felice come quando si incontra
un amico, che non vedi da tanto. La sera avevo spettacolo a Torino, in un
teatro di periferia, e Rosa quella sera non lavorava, così mi promise che
sarebbe venuta a vedermi. Fu puntualissima e a un certo punto dello
spettacolo la invitai a salire su palco a cantare con me, continuammo
assieme per tutta la serata, con la sala del teatro gremita
Testimonianze: Nonò Salomone – Salvatore Marfia 141

di gente che applaudiva in continuazione. Fu una grande festa per tutti!


Da allora iniziò una bella amicizia, tutte le volte che Rosa veniva a
Torino stava in casa mia, lo stesso ricambiava l‟ospitalità quando con mia
moglie andavamo a Palermo.
Tanti sono stati gli spettacoli fatti insieme sullo stesso palco, in Sicilia e
in Calabria! Nei diversi momenti di tempo libero, quando ci incontravamo,
dalle sue riflessioni, veniva fuori una grande rabbia, la stessa che si sentiva
nelle sue canzoni. Forse avrebbe voluto realizzare meglio la sua vita, fatta
sempre di sacrifici, e di stenti! Sapeva di essere amata ed apprezzata dal
suo pubblico, ma di ricevere poco dalle istituzioni, che poco la
ricambiavano, lei aveva dato tanto alla nostra Sicilia! Mai la nostra musica
e la nostra poesia ebbe una voce e una forza così importante, nessuno mai
interpretò il carattere e l‟anima siciliana come aveva fatto lei! In cambio
costretta sempre a scappare lontano da quella terra, che lei ne cantava la
vita.
Vedi note su Nonò Salamone a pag. 101

Il ricordo di Rosa di Salvatore Marfia

Nel 1972 ebbi modo di conoscere Rosa Balistreri e ne ho apprezzato la


simpatia e la generosità del suo carattere siciliano, di una generazione
quasi del tutto tramontata.
Rosa, sebbene ha avuto un tratto di vita difficile, ha sempre portato
avanti con fierezza la sua voglia di vivere donando la sua vita per il canto
popolare. Il suo canto incisivo ed omogeneo penetrava le orecchie di chi
l‟ascoltava.
Rosa Balistreri, licatese, si trasferì successivamente a Palermo,
motivata dal suo folgorante successo nella musica folkloristica, nel
quartiere residenziale Villa Tasca in via S.S. Mediatrice, 62, casa che ho
avuto modo di frequentare per l‟intesa che ci univa nell‟idealismo di
protesta sull‟ingiustizia della vita.
Era molto compiaciuta delle mie canzoni e s‟impegnò a portarle in giro
per i vari paesi ove, soprattutto nelle feste dell‟Unità nelle quali, tante
volte, l‟ho affiancata ottenendone sempre un trionfo.
Le sue simpatie particolari erano vestirsi nelle maniere tradizionali
Testimonianze: Salvatore Marfia 142

licatesi portando sempre un fazzoletto in testa detto “muccaturi” (1) come si


usa dire in siciliano. Il paese di Altofonte, da cui provengo, era
molto attratto dal suo entusiasmo, dalla sua simpatia e dal suo carattere
espansivo, infatti ogni volta che c‟erano delle feste paesane, la parte di
popolazione che si dichiarava di sinistra era molto lieta di riceverla nella
cosiddetta “casa del popolo”.
Lì si intratteneva con noi tutti durante le cosiddette “mangiatelle” senza
pretese; A Rosa e a tutti noi bastavano un po‟ di olive, del formaggio, del buon
vino, delle noci e preferibilmente della caponatina fresca (2) per stare in
compagnia, per parlare del partito, di politica, di giustizia sociale.
A Rosa mi univano gli stessi ideali di pace, giustizia, lavoro per i
diseredati e per i poveri, la stessa visione della società, le stesse battaglie
contro lo sfruttamento dei lavoratori, dei jurnatari, (3) dei minatori.
Rosa tuttavia ha lasciato tanto nei cuori di chi, come me, ha avuto modo di
condividere il suo maestoso orgoglio, di difendere la classe operaia, giacchè in
quei tempi sembravamo ancora all‟era del feudalesimo, di spingere, con
l‟assegnazione agraria, il passaggio delle terre dei baroni ai contadini che
coltivano veramente la terra, in questo campo anche io ho condiviso questo
impegno scrivendo dei versi che da Rosa esaminati hanno trovato la sua
approvazione e ben presto sono stati trasformati anche con l‟aiuto di Rosa in
canzoni popolari folkloristiche come ad esempio “la canzone dei braccianti”,
“L‟unione fa la forza”, “Medici e farmacisti”, canzoni che ho portato insieme
a Rosa nelle piazze. La città di Licata, tanto ricca di cultura, e patria natale
della stessa Rosa, ha fatto un doveroso “Memorial” in suo onore per tenere
vivo il suo ricordo. I ricordi che ho riferito non saranno mai cancellati in me
perché, dopo tanti anni, sono ancora vivi e li rivivo ogni giorno.

Salvatore Marfia, compositore musicale di numerose canzoni in


siciliano, poeta raffinato di Altofonte (Palermo) ha conosciuto Rosa Balistreri
intrecciando con Lei un‟intensa frequentazione artistica;.
La musica è lo sfogo della sua vita, alla quale ricorre come medicamento per
tutti i problemi che la vita riserva, si diletta a scrivere pure poesie, ma
soprattutto è un bravo cantante e compositore di canzoni siciliane.

1) fazzoletto, chiamato così dall‟uso di detergere il muco dalle narici


2) piatto formato da peperoni patate e melanzane 3) lavoratori a giornata
Testimonianze: 143

Il ricordo dei Rosa di Francesco Pira

Il mare di Licata è il punto forte del messaggio di Rosa Balistreri, in


un‟intervista che ho realizzato tanti anni fa e che è ormai un pezzo di storia
del folklore della nostra città ma anche della nostra regione, vista la
notorietà che ormai ha assunto negli anni questa cantante, sicuramente il
mare è il momento più forte che Lei ha con il suo popolo; nell‟intervista
che ho realizzato prima della morte di questo grandissimo personaggio
licatese emerge anche un aspetto strano, una Rosa Balistreri povera che noi
conosciamo: questa voglia di andare a lavare i panni in acqua, perché non
c‟era più possibilità e questo racconto della mancanza d‟acqua che è uno
dei fatti più critici della nostra regione e, il Memorial Rosa Balistreri che
ogni anno il Lions Club Licata celebra, è un‟occasione molto importante
per la nostra città non solo per mettere in competizione persone che come
Rosa Balistreri credono nello sviluppo del nostro dialetto ma anche in una
cultura che nasce dalla povertà dalle storie di terre, dal sacrificio, ma anche
dalla possibilità di ragionare sul futuro di Licata come terra di studio e
come terra in cui il folklore può diventare momento aggregante. In altre
parti del mondo questa operazione è riuscita e soprattutto Rosa Balistreri
può essere un punto di riferimento per i giovani, pensate a quello che ha
detto Carmen Consoli, una delle più grandi artiste siciliane che quando ha
dovuto scegliere tra Gemise Joyce e Rosa Balistreri non ha avuto
assolutamente dubbi. Oggi Licata, ad esempio, non ha fatto diventare la
casa dove è nata Rosa Balistreri una casa museo, come hanno fatto in tante
altre parti d‟Italia come ad esempio la casa di Luigi Tenco, oggi Licata ha
tantissimi libri che sono stati donati da Rosa Balistreri, ma molti giovani
non conoscono il valore di questa donazione, oggi forse dovremo lavorare
di più su cose che già abbiamo e soprattutto per celebrare questa cantante
che è diventata il simbolo di una città che ha voglia di crescere ma forse
non riesce a crescere; ma quello che manca nella nostra città è la possibilità
di parlare di Rosa quasi tutti i giorni cosa che avviene in città ad esempio
della Francia, mi è capitato di visitare la cittadina dove viveva Ive Montan,
dove è stato realizzato un museo, dove si parla continuamente di lui e Rosa
Balistreri nell‟ultima intervista dice questa frase quasi storica che però può
apparire banale “i licatesi capiranno il mio valore quando sarò morta “
Testimonianze: Francesco Pira 144

che è poi una frase che comunque dicono tutti i grandi che non sono stati
valorizzati. Oggi Rosa Balistreri ha avuto dedicata una sala, ha un gruppo
folkloristico, ha tantissimi riconoscimenti e poi ha dall‟altra parte la sua
storia che è una storia molto particolare, una storia che moltissimi licatesi
non conoscono come non conoscono la storia di Filippo Re Capriata, non
conoscono la storia di Angelo Maria Ripellino, non conoscono la storia di
tanti personaggi che fanno parte della nostra contemporaneità, molti
giovani non sanno delle canzoni che sono state scritte ma anche della
partnership che in passato la stessa Rosa Balistreri ha avuto con artisti
come Buttitta o come Guttuso. Rosa Balistreri era probabilmente il
simbolo di quello che noi quotidianamente cerchiamo nel nostro lavoro
quella di rispecchiare una licatesità che non ha mai trovato una sua
pienezza forse perché noi stessi non siamo stati mai consci delle capacità
che abbiamo avuto e c‟è una componente che Rosa Balistreri canta nelle
sue canzoni e che emerge nell‟intervista che noi abbiamo fatto, una
componente quasi di rammarico per il livello di invidia che portava spesso
i licatesi a non valorizzare le persone da vive e cosi c‟è nell‟intervista il
racconto del concerto fatto in piazza Sant‟Angelo in cui Lei era quasi
completamente sola, al buio, con pochissime persone che poi forse erano i
fedelissimi, persone della sua generazione che poi forse non hanno
compreso che stavano vivendo quell‟ultimo concerto di una grande artista,
un po‟ come quando andiamo a vedere i grandi concerti e ci convinciamo
che era importante esserci, il c‟ero anch‟io in quel momento, tutti quanti
noi abbiamo avuto la consapevolezza che Rosa Balistreri rappresentava un
pezzo di storia della nostra città ed era un pezzo di storia che se ne stava
andando. Due serate del Memorial dedicate a Rosa Balistreri rappresentano
il punto di partenza così come il Festival del folklore rappresenta un
momento di confronto importante e che ha anche un aspetto internazionale.
Le espressioni artistiche che sono nate a Licata “U cuntu ca ti cuntu” di
Carmelo Vizzi e Armando Sorce, la possibilità che in un futuro
l‟Amministrazione possa rieditare il libro di Giuseppe Cantavenere (1)
sulla vita di Rosa Balistreri, il Memorial Rosa Balistreri dei Lions, questi
sono i fatti che ci possono far capire che siamo sulla strada giusta, una
strada che deve coinvolgere certamente le scuole, è molto importante

1) Rosa Balistreri: una grande cantante folk racconta la sua vita, 1992
Testimonianze: Francesco Pira 145

lavorare sui bambini per far conoscere quest‟artista, per far conoscere le sue
canzoni mettere insieme gli insegnanti di musica, di italiano di arte per far
capire qual è il vero tratto di questa nostra grande artista e poi c‟è
sicuramente da lavorare per organizzare manifestazioni che possono avere un
aspetto di tipo culturale ma anche folkloristico, per esempio un convegno
sulla vera capacità, i vari momenti della vita e le capacità artistiche mettendo
a confronto personaggi che hanno lavorato con Lei.
Rosa Balistreri seppellita nel cimitero di Trespiano, guarda Firenze, un pò
quella città le ha dato il giusto riconoscimento; mi è capitato di parlare di lei
con Otello Profazio, un grande artista che ho incontrato in Calabria e mi
diceva che la grande caratteristica di Rosa era quella di sviluppare attorno a
se una capacità di squadra, lei riusciva a mettere le persone insieme, a farle
parlare, ecco l‟esempio di Rosa Balistreri può essere per la nostra città un
esempio di aggregazione forte cercare di far lavorare come è successo
quest‟anno tante forze insieme nel nome di Rosa, nel nome di un progetto che
attraverso il nome di Rosa possa trainare degli interessi culturali sostanziali
per la nostra città, per far questo bisogna certamente mettere insieme il
mondo dell‟arte, dell‟accademia, delle scuole, di tutti gli artisti che l‟hanno
conosciuta, mi è capitato di parlare con Teresa de Sio di Rosa Balistreri, di
ascoltare i Dioscuri a Gorizia di fronte ad una platea e di poter sentire lì tutte
le canzoni di Rosa Balistreri, cosi come è bello sentirle rappresentate da
giovani che fanno parte di gruppi folkloristici, allora è opportuno lavorare
tutti insieme ognuno per le proprie competenze per valorizzare tutti insieme il
nome di Rosa Balistreri.
Francesco Pira è professore aggregato di Comunicazione, di Relazione
pubbliche presso l‟Università di Udine. Presso lo stesso Ateneo coordina il
progetto della Web radio ed è direttore responsabile della testata giornalistica
della stessa radio e del periodico “Il Gomitolo”. Il Presidente della
Repubblica, Giorgio Napolitano, con proprio decreto firmato lo scorso 2
giugno 2008, lo ha insignito della distinzione onorifica di "Cavaliere
dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana”.
Ha pubblicato Come creare un ufficio stampa, 1997; Di Fronte al
Cittadino, 2001): Comunicazione & Potere. 2000), Videogiocando, 2001);
Dall'E-Commerce all'E-Government (Cleup 2001); Comunicare il Comune,
come il cittadino da utente diventa, 2002). Come comunicare il sociale,
2005), Infanzia media e nuove tecnologie, con il Primario Emerito di
Pediatria, Vincenzo Marrali, 2007; La Nuova Comunicazione Politica, 2008
insieme a Luca Gaudiano.
Testimonianze: 146

Il ricordo di Rosa di Rita Botto

Ho conosciuto Rosa mentre registrava i canti di Natale nella sala di


Pippo Russo. In quel periodo io cantavo il jazz e mi sembrò così lontano da
me quello stile musicale, che allo stesso mi affascinò, soprattutto perchè a
cantare era Rosa. Aspettai che finisse di incidere per stringerle la mano e
farle i miei complimenti. Furono pochi momenti... ma ricorderò sempre la
naturalezza con la quale, finiti i convenevoli, mi chiese il favore di comprarle
un pacchetto di "MS"... ……ecco, questa fu la prima e l'ultima volta che vidi
di presenza Rosa; furono pochi momenti indimenticabili, e quando penso
alla forza espressiva che usciva dal suo canto ancora oggi mi vengono i
brividi…..c‟era qualcosa in lei che andava al di là della voce!
Di lì a poco Rosa venne a mancare e coincidenza volle che sentii
l‟esigenza di cantare in siciliano. Ancora oggi nei miei concerti non mancano
mai canti del repertorio della grande Rosa Balistreri, che ha saputo risuscitare
tante canzoni della tradizione siciliana sepolte nei libri di ricerca del Favara,
del Vigo, del Pitrè e di altri autori.

Rita Botto, catanese, musicista ha cominciato la sua attività artistica nella


musica leggera, in quella brasiliana, prediligendo jazz e blues. La scoperta
della musica siciliana e di Rosa Balistreri in particolare ha indirizzato la sua
attività artistica verso la musica tradizionale siciliana, portandola attraverso la
ricerca di testi e musiche del genere popolare ad esibirsi in concerti, in cui la
canzone siciliana la fa da padrone, in mezzo mondo, Sicilia, Italia, Europa.
L‟amicizia con Carmen Consoli la porta ad avere collaborazioni artistihe con
questa grande cantante siciliana e con i Laudari (gruppo musicale siciliano).
Insieme a dieci cantanti di grosso spessore del panorama musicale
italiano partecipa all‟Etna-Fest curato da Carmen Consoli, in uno spettacolo
dedicato alla grande cantante licatese.
Ha curato il CD “Stranezza d‟amuri”, 2004 e “Donna Rita, 2008.
Importanti le collaborazioni con Kaballà, Mario Venuti e tantissimi artisti
siciliani.
Testimonianze: 147

Il ricordo di Rosa di Alfredo e Letizia Anelli


Abbiamo conosciuto benissimo Rosa Balistreri.
Il nostro rapporto con Rosa è stato bellissimo e custodiamo di questa grande
artista un ricordo straordinario.
La ricordiamo una donna forte, tenera, umana, rude ma allo stesso tempo dolce e
ingenua come una bambina.
Andando indietro nel tempo ricordiamo qualche episodio di lei.
Per la festa di San Calogero ad Agrigento, nell‟anno1980 facemmo insieme un
concerto per questa festa patronale, all‟ora che dovevamo esibirci lei era
scomparsa e l‟organizzatore non sapeva dove fosse andata, dopo vane ricerche,
all‟improvviso lei si presentò sul palcoscenico come se nulla fosse, dicendo:
sono stata dal barbiere per farmi tagliare i capelli.
Noi ridendo le dicemmo, Rosa forse vuoi dire dal parrucchiere.
E lei con aria imperturbabile rispose “no, no u varberi “, tantu chi mi ni futtu, iu
mi ci attruvavu bona”.
Un altro ricordo risale sempre all‟anno 1980.
Facemmo un concerto nel quartiere Zen di Palermo, dove oltre a noi e Rosa
Balistreri c‟era anche Otello Profazio ed altri artisti.
Presentava la serata Rosanna Vaudetti della Radiotelevisione Italiana.
Alcuni artisti presenti nel cast dello spettacolo per farle onore eseguirono diverse
canzoni del suo repertorio dicendo:
“Questa canzone in onore di Rosa” , “Questa canzone la dedichiamo a Rosa” ,
“Quest‟altra canzone in omaggio a Rosa” e cosi via dicendo…
All‟improvviso lei che stava seduta fra noi e Otello Profazio, si alzò gridando ad
alta voce…e ora “chi cacchiu cantu iu” ?
Concludendo possiamo dirle che Rosa ha lasciato veramente un segno indelebile
della sua personalità artistica e proprio per questo sarà la nostra bandiera per
conquistare i cuori di coloro i quali non amano la propria lingua e le proprie
tradizioni musicali.

Alfredo e Letizia Anelli, figli d‟arte, nascono a Palermo e sono musicisti,


cantanti, ricercatori di musica siciliana ed autori in campo internazionale.
Nel 1970 cominciano ad interessarsi alla musica tradizionale, ripescando in giro
per la Sicilia, nella memoria degli anziani un vasto repertorio di canti e musiche
popolari.
La loro attività concertistica in giro per l‟Italia e l‟Europa ha permesso loro di
conoscere e lavorare con importanti artisti quali: Rosa Balistreri, Otello
Profazio, Ciccio Busacca, Compagnia di canto popolare napoletana, Eugenio
Bennato, Maria Moramarco cantante pugliese, Ambrogio Sparagna, Ignazio
Testimonianze: Alfredo e Letizia Anelli – Emiliana Perina 148

Buttitta, Matteo Salvatore, Maria Carta, Mimmo Cuticchio , Pina Bausch grande
coreografa internazionale tedesca e tanti altri.
Hanno collaborato inoltre con prestigiosi Enti musicali, Teatro Massimo di
Palermo, Orchestra sinfonica siciliana, Theater Baden Baden etc.
Già da molto tempo i fratelli Anelli hanno intrapreso una nuova strada come
compositori delle loro canzoni che parlano un linguaggio immediato ed attuale e
più vicino al modo di pensare di oggi.
Infatti nel loro vasto repertorio è possibile rintracciare le più diverse influenze
etniche, dalle melodie spagnole e greche a quelle arabe che miscelate con
sapiente maestria a quelle siciliane, hanno aperto nuovi orizzonti alla musica ed
alla canzone siciliana.

Il ricordo di Rosa di Emiliana Perina


Le mie frequentazioni della grande Rosa sono state numerose, è vero, ma
purtroppo assai veloci e fuggitive, se prese nella loro singolarità.
Mi spiego meglio. Ho conosciuto Rosa verso la metà degli anni Settanta,
allorché ho intrecciato una collaborazione artistica con un altro "agrigentino":
Tony Cucchiara. Io ho interpretato molti dei suoi musical ed ho fatto parte del
suo organico in occasione di numerose manifestazioni musicali e teatrali che si
sono svolte nel corso di oltre un ventennio dentro e fuori i confini della Sicilia.
In occasione di tali eventi mi successo più volte di incontrare la grande cantante
siciliana, e spesso anche di condividere il palco con lei. Purtroppo queste
manifestazioni rappresentano spesso opportunità di incontri molto fugaci: ci si
presenta, se ancora non ci si conosce, ci si accorda sui termini pratici della serata
(scaletta, presentazioni, repertorio) e poi, finita la manifestazione, ci si saluta e
chissà quando ci si rivede. Se si è fortunati, può capitare di cenare assieme dopo
lo spettacolo, ma sono spesso tavolate molto numerose, dove difficilmente si
trova lo spazio per parlare davvero e per conoscersi a fondo.
L'unica occasione per una frequentazione più assidua si è verificata
nell'estate del 1987, quando abbiamo ambedue partecipato, per un paio di mesi,
ad uno spettacolo all'aperto allestito dall'Ente Teatro Biondo di Palermo, che si è
tenuto nello spiazzo antistante la Palazzina cinese, nel grande complesso della
Favorita. Lo spettacolo era "Bambulè" di Salvo Licata, per la regia di Carlo
Quartucci, musiche di Mario Modestini. Altri interpreti: Giustino Durano,
Alessandro Balducci (mio marito), Laura Mollica, Luigi Maria Burruano,
Viviana Polich, Nunzia Di Trapani.
Testimonianze: Emiliana Perina 149

In quella circostanza abbiamo avuto modo di conoscerci un po' meglio, ma


non troppo, perché ricordo che aveva avuto di recente un problema di alloggio
ed aveva traslocato forse due volte nel giro di pochissimo tempo: prima a
Partanna, poi addirittura in provincia di Trapani, credo. Quindi, sia durante il
periodo delle prove, che nel corso delle recite, era costantemente in viaggio, con
la conseguenza che, al di fuori degli orari di stretto lavoro, non abbiamo quasi
mai avuto l'opportunità di frequentarci. Posso dire che era una persona molto
generosa, "alla mano", di un'umanità semplice ed evidente, come sanno esserlo
(ed è una regola) le persone veramente grandi.
Dopo quell'esperienza non l'ho più incontrata, e quando è mancata, ho
provato un dispiacere umano immenso, per la bella persona che era venuta
meno, ed uno artistico per il talento che si spegneva con lei.

Emiliana Perina inizia la sua carriera come cantante di musica leggera


partecipando al “Festival di Sanremo”. Frequenta la Civica Scuola d‟Arte
Drammatica “Piccolo Teatro di Milano”
Emiliana interpreta ruoli da protagonista nelle commedie musicali scritte da
Tony Cucchiara: “Storie di periferia”, “Caino e Abele”, “Canta e cunta”, “La
baronessa di Carini”, “Swing”, “Stracci”, “La ballata del Bene e del Male”
spettacoli prodotti dal Teatro Stabile di Catania; con registi quali Giuseppe De
Martino, Lamberto Pugelli e Filippo Crivelli;
Emiliana Perina partecipa nel 1982 alla ”Ifigenia in Tauride” di Euripide,
allestita dall‟Istituto per il Dramma Antico al Teatro Greco di Siracusa, per la
regia di Lamberto Pugelli. Nel 1983 interpreta “Bambulé” al Teatro Biondo –
Teatro Stabile di Palermo, per la regia di Carlo Quartucci, musiche di Mario
Modestini, con Giustino Durano e Rosa Balistreri.
Partecipa ai seguenti spettacoli “Zitti, stiamo precipitando” di e con Dario Fo,
“Vita di Galileo” di Bertolt Brecht, per la regia di Maurizio Scaparro,
allestimento del Teatro Stabile di Roma, “Sogno d‟un tramonto d‟autunno” di
Gabriele D‟Annunzio, regia di Mina Mezzadri, Teatro di Porta Romana di
Milano, “Naufraghi” di Alfredo Balducci, musiche di Henry Mancini, regia di
Enrico Beruschi, “Fuoriserie ‟93” di Enrico Vaime, Guglielmo Zucconi,
Umberto Simonetta e Maurizio Micheli, al Teatro Litta di Milano.
Per il cinema e la televisione, Emiliana Perina ha partecipato al film “Un eroe
borghese” con Fabrizio Bentivoglio, per la regia di Michele Placido, ed ha preso
parte a numerosissime puntate dei telefilm “Casa Vianello”, “Nonno Felice” e
“Casa, dolce casa” .
Testimonianze: 150

Il ricordo di Rosa di Mimmo La Mantia

Ho conosciuto Rosa in una rassegna di musica a Città del Mare; io


accompagnavo con la chitarra una cantante, Rosa era lì perché doveva
cantare e per far questo si accompagnava da sola con la chitarra che
conosceva giusto a punto per poter accompagnare le sue canzoni,
conosceva gli accordi classici, i più semplici in maggiore e in minore, quali
Do Magg, Sol Magg, Fa Magg, Re min, La min, Sol7, La7; in quel periodo
l‟accompagnava Agostino Comito che però non era presente e Rosa,
avendo sentito un mio pezzo con la chitarra, volle conoscermi,
proponendomi in un secondo momento di accompagnarla mentre cantava,
cosa che ho accettato. Per circa 20 anni, dal 1979 al 1988 l‟ho
accompagnata, insieme abbiamo fatto molti concerti, durante le feste
dell‟Unità, almeno 5 sei volte siamo stati invitati in Rai, in vari programmi
tra cui Bliz, un programma con Gianni Minà, siamo stati al Piccolo teatro
di Milano, in quel periodo lo dirigeva Streler, in quegli anni abbiamo girato
quasi tutta l‟Italia, la Calabria, il Lazio, siamo stati in Lombardia, a
Benevento, al Festival del Cinema, abbiamo fatto insieme un sacco di
concerti sempre applauditissimi.
Io ho accompagnato molte cantanti di musica siciliana però il feeling
che avevo con Rosa era qualcosa di incredibile; una volta ho organizzato
una rassegna di musica siciliana a Monreale che è il mio paese, tra le varie
canzoni abbiamo fatto “Mi votu e mi rivotu”, questa canzone cantata da
Rosa era una sensazione che ti entrava dentro, ti veniva la pelle d‟oca a
sentirla, riuscire a trasmettere queste cose lo puoi fare solo da artista, ma se
sei semplicemente strumentista o cantante soltanto non li riesci a
trasmettere; dal punto di vista umano Rosa era una donna particolare
curava molto il suo interesse, ma sul palco era una artista vera, una donna
di spettacolo.
Degli spettacoli effettuati con Rosa mi è rimasto un video, è stato
registrato al telegiornale di Sicilia, lo scopo di questo video era quello di
essere trasmesso in eurovisione, quindi anche fuori Italia, in Brasile,
Canada e lo abbiamo registrato a Palermo e il regista era Salvo Licata,
l‟autore della “Ballata del sale”, la prima opera in cui c‟erano parole e
musica siciliana, a cui anche io avevo partecipato quando avevo 22 anni; in
questo video avevo circa 28 anni.
La chitarra è stato il mio strumento musicale, io sono uscito dal
conservatorio di Palermo. In quel periodo spaziavo dal jazz al rock,
Testimonianze: Mimmo La Mantia 151

praticamente mescolavo vari generi per cui c‟era una fusione di timbri
musicali, suonavo con Tobia, un vero musicista, lui suonava il violino e
anche a lui piacevano vari generi musicali.
Molti sono i ricordi e gli aneddoti che potrei raccontare, mi soffermo su
alcuni.
La cosa che spesso faceva Rosa era quella di insultarci però in buona fede,
ridendoci sopra e per instaurare con il pubblico una feeling infatti spesso
quando eravamo sul palco per stimolarci a rendere il massimo, ci diceva:
“avanti curnutazzi, sunati” ci diceva un sacco di parolacce, però lo faceva a
fin di bene, sorridendo e mettendo allegria al pubblico e noi non solo non
ci offendevamo, ma ci ridevamo cordialmente, alla fine però ci presentava
alla platea in modo molto gratificante.
Prima della nostra conoscenza la accompagnava qualche amico ed
allora Rosa, guardando come suonavamo, chiedeva come si facessero gli
accordi e imparò alcuni accordi di chitarra che gli furono utilissimi specie
quando con gli amici dopo gli spettacoli trascorreva qualche ora insieme a
loro suonando e cantando qualche pezzo del suo repertorio.
Il maestro Mario Modestino ha un inedito di Rosa nel senso che Rosa
una volta andò a casa sua e cominciò a cantare un pezzo che Mario ha
musicato, insieme a Mario abbiamo un progetto in cui vorremmo fare
questo inedito, già è arrangiato ed orchestrato.
Rosa era attaccatissima a Licata, non ne parlava male, parlava male dei
politici che governavano Licata, mentre amava la gente licatese ed era
legatissima alle tradizioni licatesi.
A livello interpretativo non esiste ancora una cantante che si può
paragonare a Rosa, oggi ci sono le nuove leve della canzone siciliana, ma
Rosa era qualcosa di particolare, la sua musica è legata alla sua vita, alle
sofferenze che ha patito.
Rosa era incredibile, aveva una forza di animo eccezionale, aveva
molto sofferto, anche la fame ed è per questo che curava molto mi suoi
interessi economici
Vi sono molti pezzi musicali che abbiamo fatto insieme a Rosa: la
ballata di Beppe Fava, il testo è di Ignazio Buttitta e la musica l‟ho messa
io, Rosa aveva molti pezzi che io e Tobia abbiamo trascritto in musica
almeno una sessantina di pezzi che lei ha poi depositato alla SIAE, tra
l‟altro lei era molto disordinata, e non so se Lei ha fatto le fotocopie di
questi testi, faceva le cose e poi le dimenticava dappertutto.
Testimonianze: Mimmo La Mantia – Francesco Giuffrida 152

Questi pezzi glieli abbiamo trascritto perché lei non conosceva la


musica, non sapeva riportare sul pentagramma una canzone, ma non so che
fine abbiano fatto. Un ultimo ricordo che ben inquadra la personalità di
Rosa: quando andava a trovare amici, spesso andava via con qualche cosa,
formaggi , pane, olio, in pratica si portava ogni ben di Dio; quando io
scendevo da Monreale per fare spettacoli con Lei le portavo, su sua
richiesta, il pane di Monreale, anche perché piaceva alla madre, che
abitava con lei, donna Vicinzina, e Lei ogni volta mi diceva portamelo che
poi te lo pago, ma non ricordo che me lo abbia pagato mai, i ricordi che ho
di Rosa sono rimasti indelebili e debbo ringraziarla perchè io ero giovane e
i suoi consigli mi sono stati professionalmente utili per la mia carriera di
musicista.
note su Mimmo La Mantia a pag. 102-103

Il ricordo di Rosa di Francesco Giuffrida


La prima volta che vidi e sentii cantare Rosa fu nel ‟66, a Roma, in teatro;
lei era una dei cantori del „ Ci ragiono e canto ‟ di Dario Fo, era l‟unica
siciliana ed era stata chiamata proprio per rappresentare il canto popolare
siciliano. Cosa che lei fece egregiamente. Ma fu nel 1967 che ho potuto
veramente conoscere Rosa; dopo una serie di incontri nel corso di suoi
spettacoli, lei mi invitò a Firenze, io abitavo e studiavo a Catania, a casa
sua e io, ovviamente andai. Anche io mi occupavo di musica popolare: il
‟67 è anche l‟anno di fondazione del Centro Ganduscio, che si occupava
proprio di ricerca e riproposta del canto popolare siciliano; lo fondammo in
due, io e Gianni Famoso, anche lui presente in questa ‟trasferta fiorentina‟ .
Abitavamo a casa di Rosa: lei stava in centro, in una grande casa dove
normalmente affittava stanze agli studenti universitari; c‟erano anche sua
madre e sua figlia, quest‟ultima appena diventata mamma. E c‟era anche
Manfredi Lombardi il pittore fidanzato di Rosa: un fiorentino doc, noto a
tutti unicamente come Manfredi (così firmava i suoi quadri), comunista
molto legato al PCI e alle sue sezioni. Manfredi ebbe un ruolo
importantissimo nella vita di Rosa; credo che senza l‟incontro con
Manfredi la vita di Rosa sarebbe stata molto diversa. Rosa arrivò a Firenze
dopo una vita contrassegnata da violenze di tutti i tipi, sia dentro la sua
stessa casa che nei posti dove riusciva a trovare da lavorare: per lei,
sottoproletaria senza istruzione e senza grandi ideali, se non il miraggio di
un po‟ di pace e di serenità, perdersi sarebbe stato tragicamente ‟normale‟.
Testimonianze: Francesco Giuffrida 153

Ma Rosa incontra con Manfredi quella che potremmo definire un‟altra


civiltà: quella delle case del popolo, della solidarietà, del mutuo soccorso,
dell‟unità. E lei aderisce con naturalezza a questa vita; diventa
“comunista”. Non credo che abbia mai preso una tessera o che abbia mai
saputo niente della linea politica del partito del quale si sentiva parte;
perché lei sentiva di essere dalla parte degli umili: che però questa volta
erano uniti e perciò veramente forti . Ecco la grande novità per Rosa: si
può essere poveri senza essere sottomessi, si può essere disoccupati,
licenziati, arrestati senza per questo perdere un solo briciolo di dignità,
senza mai pregare od ossequiare un potente. E tutto questo Rosa in Sicilia
difficilmente avrebbe potuto capirlo: occorreva cambiare l‟aria che aveva
attorno per diventare un‟altra persona restando sempre Rosa, ‟incazzata‟ e
ribelle. Così Rosa diventa voce del Sud lontano dal Sud: ne reinterpreta la
tradizione e la fa diventare cosa nuova riuscendo a dare voce a dolori e
rabbia secolari.
Nel periodo in cui sono stato a casa di Rosa, Gianni nel frattempo aveva
dovuto raggiungere Catania per una supplenza. ho percepito perfettamente
la mutazione di Rosa. E l‟ho percepita proprio perché lei stessa spesso
paragonava la vita nuova all‟inferno già vissuto. Giravamo per sezioni e
“case del popolo” per cantare – Rosa faceva coppia con Dodi Moscati, una
cantante folk di Firenze, e spesso Rosa cantava in italiano: c‟era la guerra
in Vietnam e questo era l‟argomento principale dei nostri “interventi
canori”. Rosa era veramente a casa sua, la gente la riconosceva, le voleva
bene e lei lo sentiva, si avvolgeva con questo affetto; affetto di gente che la
conosceva appena e che lei non conosceva, ma che sentiva ormai come la
sua gente, il suo popolo. E questo - grazie alla sua capacità di farsi
ascoltare - sarebbe avvenuto in qualunque regione d‟Italia e in qualunque
nazione, senza che lei dovesse mai abbandonare o rinnegare la sua origine
e la sua appartenenza alla Sicilia degli umili.
Un ricordo preciso dei miei giorni fiorentini: un giorno Rosa mi mise a
parte di una sorta di segreto: “Ho un amico frate – mi disse – che sa
leggere la musica e suona il pianoforte; io gli porto il Corpus di musiche
popolari siciliane di Alberto Favara e lui suona.
Quando sento qualcosa che mi colpisce mi faccio registrare il brano e poi
lo imparo a modo mio” Ricordo ancora il mio stupore: era incredibile
come un brano suonato al piano, spesso con un solo dito (ascoltai qualcuna
di quelle registrazioni su un piccolo registratore Geloso), potesse diventare
Testimonianze: Francesco Giuffrida 154

un canto che la voce di Rosa faceva diventare vivo e palpitante; era come se lei
potesse digerire quella musica, quelle parole per farle diventare carne sua,
sangue suo per restituire poi tutto a chi ascoltava. Non credo che qualcuno ci
sia più riuscito, perlomeno al suo livello. Altri ricordi: la visita della vedova di
Giuseppe Ganduscio a casa di Rosa. Ganduscio, morto a Firenze qualche anno
prima, era stato il primo a fare conoscere canti popolari siciliani diversi dal
solito Ciuri ciuri e Vitti „na crozza incidendoli coi “Dischi del Sole”; e questi
canti, La tirannia, Quantu basilicò, Stanotti „n sonnu, Morsi cu morsi e tanti
altri, erano ormai entrati a far parte del repertorio di Rosa. La visita di Ignazio
Buttitta: gli piaceva sentire la voce e il modo di cantare di Rosa perché secondo
lui Rosa riusciva a rendere e a migliorare cantando quello che per lui era
scrittura e recitazione. E chi avrebbe potuto dargli torto?
Io non amo per nulla i miti e non sarò certo io a mitizzare Rosa; Rosa è stata
unica, fino a ora, perché il suo essere cantante è stato generato dall‟incontro di
esperienze personali spesso terribili con momenti storici forse non più ripetibili
e che, in ogni caso, appartengono al passato. Le violenze subite da Rosa, per
una serie di coincidenze, in un preciso momento della storia d‟Italia, gli anni
‟60, sono diventate forza trasformatrice: della tradizione, della maniera di
cantare, di rapportarsi col pubblico e con gli altri. Cosa farebbe oggi Rosa? Di
tanto in tanto me lo chiedo, ma non so rispondermi con assoluta certezza.
Probabilmente sarebbe a cantare, con la sua voce roca e vibrante, nelle
manifestazioni per l‟acqua pubblica e nei cortei No Tav.

note su Francesco Giuffrida.


Nato a Catania nel 1947 - comincia a occuparsi di canti sociali (canti del
lavoro, della Resistenza, di protesta, di lotta etc.) nei primi anni '60, in parallelo
a un impegno politico “dalla parte degli sfruttati”. Inizia a comporre dal 1964
canzoni, in italiano e in siciliano, e continua tuttora. Nel 1967, assieme ad altri
giovani, fonda il “Centro Ganduscio”, dedicandosi alla raccolta di canti
popolari siciliani e al loro studio. Gira l'Italia e l'Europa (Svizzera, Francia,
Germania) cantando con una cooperativa teatrale dal nome “R 60”, che è il
titolo di una canzone di lotta. Nel 1976 torna a Catania dove ha insegnato nella
scuola fino a due anni fa; oggi, pensionato, si dedica unicamente a ricerche sul
canto popolare siciliano e a spettacoli: l'ultimo è stato "La Sicilia: Padri e
padrini - da Garibaldi a Falcone“, 25 repliche, ed è stato realizzato assieme al
gruppo “Il CantaStoria” che ha contribuito a fondare.
Testimonianze: 155

Il ricordo di Rosa del giornalista Camillo Vecchio

Conosco molto bene le notizie collegate a Rosa Balistreri perché mi


sono occupato di Rosa per aver scritto un libro su di Lei "U cuntu ca
cuntu”. La vita di Rosa Balistreri“ (1) . Mi sono documentato da tante
persone che l‟hanno conosciuta a Licata, io stesso ho conosciuto Rosa e
Iachinazzu. Dalle tante interviste avute con vicini di casa, parenti di
Iachinazzu mi sono fatto un concetto ben preciso delle vicende umane di
Rosa che tratteggio nel mio libro.
Rosa aveva una personalità forte, che mal sopportava vessazioni ed
imposizioni, aveva coscienza del suo aspetto piacevole e si metteva in
mostra facilmente andando in giro con disinvoltura, al contrario
dell‟usanza di allora che voleva la donna relegata in casa; il paese di Licata
era piccolo per Rosa ed era naturale che andasse via per cercare fortuna
altrove. Rosa era spigliata, tendente alla socialità e mal sopportava il ruolo
casalingo, va infatti a lavorare, in una vetreria, in una fabbrica per salare
acciughe, va in controtendenza per il ruolo della donna di allora, si
potrebbe dire come ai nostri tempi che era una donna emancipata.
Rosa fu una vittima di quel tempo di ristrettezze e di povertà che
interessavano più della metà delle persone licatesi nel periodo pre e
postbellico. Rosa è nata non dove dicono tutti nelle vicinanze del lazzaretto
ma a Castel Sant‟Angelo (2) nei ruderi di questo castello; in quel periodo,
anni 1920, chi era senza casa, le persone più umili, ottenevano una
concessione comunale per abitare parti del castello, che era già malridotto
e cadente e precisamente vi erano degli archi, in ogni arco alloggiava una
famiglia, poi furono tutti sfrattati per far posto ad un commerciante di
zolfo, certo Cammilleri che li utilizzò come deposito visto che da Licata
partivano i piroscafi pieni di zolfo e questo castello era proprio dentro al
porto.
Rosa era cresciuta durante la guerra in mezzo alla fame provocata dalla
situazione economica disastrata di quei tempi, ma anche dalla povertà del
paese che basava le sue uniche risorse ed entrate sulla pesca e un po‟
sull‟agricoltura e gli unici mezzi di trasporto di allora erano i carretti per le
varie merci in entrata o in uscita dal paese.

1) vedi a pag. 35 di questo libro 2) vecchio castello situato una volta dentro al porto nelle
vicinanze dell‟Hotel Faro di oggi
Testimonianze: Camillo Vecchio 156

Io ho conosciuto personalmente Iachinazzu, che durante la guerra è stato


richiamato dalla leva con incarico di marò di bordo nelle navi militari;
Iachinazzu fu attratto da Rosa Balistreri, ma lei era innamorata del cugino
un certo Angelo, un bel ragazzo, del resto a Licata nella zona della Marina
spesso avvenivano matrimoni tra cugini, anche per non dare la roba
(proprietà) a persone, spesso contadini, di altri quartieri; Licata in quel
periodo era formato da vari quartieri; “a Marina, San Paulu, Settispadi a
Cunzaria etc…”, (1) ed ogni quartiere aveva quasi una parlata diversa dalle
altre e si ci sposava spesso all‟interno del quartiere; in quel periodo molti
matrimoni avvenivano per acquisire dallo Stato il famoso “sussiliu” (2)
mentre i celibi pagavano la tassa del celibato, per ogni figlio nato invece
c‟era un premio in danaro, più figli per lo Stato era sinonimo di più soldati,
come ha fatto Colamiano che aveva tredici figli, era un pescivendolo che
quando sbarcarono gli americani si mise al loro servizio facendo capire di
essere qualcuno, mentre era nessuno e “tantu si misi a camurria” (3) che lo
fecero portiere del municipio, ma lui mirava in alto e divenne confidente
prima della polizia militare e poi della polizia italiana ed abitava in via
Monte di Pietà, Iachinazzu non era un delinquente era un figlio della
confusione che allora regnava in Italia, faceva lo scaricatore di porto nella
cooperatriva Carrubba con sede in via Umberto con la funzione di scaricare
e portare sulle spalle i sacchi di merce (frumento o altro) che le navi
caricavano o scaricavano ed erano chiamati “i vastasi du travu” operai
devotissimi alla Madonna Addolorata di San Agostino; quando non v‟erano
piroscafi da scaricare Iachinazzu faceva “u portabagagliaru” portando le
valige delle persone dalla stazione ferroviaria alle abitazioni di coloro che
arrivavano a Licata, altro mestiere era adornare bummuli (4) con le
conchiglie, che vendeva poi nelle sere d‟estate mettendosi vicino alla
lanterna. Quando si divise da Rosa avvenne perché c‟era una questione
ogni sera, perché lui si ubriacava non spesso, ma quasi ogni sera e quindi le
liti erano all‟ordine del giorno e siccome una sera Iachinazzu ritiratosi
ubriaco la legnò per bene, Rosa si vendicò trafiggendolo con un colpo di
lima al collo, mandandolo all‟ospedale e

1) la Marina, vicino al porto abitato da marinai, San Paolo su una collinetta e quindi
nella parte alta del paese abitata all‟inizio da profughi dei Malta, Settespade in
periferia verso la biforcazione per Campobello e Palma di Montechiaro abitato da
contadini, Cunzaria cosiddetto per la concia delle pelle.
2) sussidio, sovvenzione statale per le nuove famiglie 3) insistere 4) anfore di creta
Testimonianze: Camillo Vecchio 157

andandosi a costituire dai carabinieri; in seguito disse che la motivazione del


tentato omicidio era dovuta al fatto che il marito era un fannullone, ubriacone e
che aveva venduto “a mbascianna” (1) perché Rosa era incinta, invece non era
vero, il vero motivo era dovuto alle frequenti liti e alle legnate che il marito le
assestava sul groppone molto spesso; su Iachinazzu Rosa ha detto delle fesserie
per controbilanciare quello che lei ha fatto, quasi per farsi scusare, perché
tralasciando il fatto che si ubriacava, cosa comune a molti poveri di allora,
Iachinazzu cercava di guadagnarsi onestamente da vivere per lui e per la sua
famiglia, ma Rosa era come una bottiglia in mezzo a delle grosse damigiane,
una suo padre e l‟altra Iachinazzzu, piuttosto che rompersi come le bottiglie e
calare la testa Rosa si ribellò mandando all‟ospedale il marito e decretando così
la fine di quel matrimonio ormai insopportabile per lei.
Gioacchino aveva due amici, tra cui uno, certo Federicos, di cui ho
pubblicato nella “Vedetta” una poesia, lui aveva le scuole elementari e una sera
si e l‟altra pure erano insieme all‟osteria. Iachinazzu aveva una zia, una santa
donna, che passava il suo tempo tra la casa e la chiesa madre, facendo le pulizie
della chiesa e conducendo una santa vita si chiamava “Graziedda”, a lei spesso
Iachinazzu si rivolgeva per avere qualche lira, ed alla sua esperienza si
rivolgevano tante donne del quartiere. Rosa Balistreri pur in mezzo alle
disgrazie di quel tempo è nata fortunata perché in un periodo di fame, nel
malessere generale ha avuto la fortuna di cantare, di avere una buona voce, che
in seguito decreterà la sua fortuna d‟artista. Rosa era molto furba, faceva quei
piccoli mestieri che tanti allora facevano anche i pescatori, andava a spicare e
furbescamente rubava le spighe dai covoni già pronti cosa che spesso esitava in
botte a levapelo da parte dei sovrastanti. Rosa era bella e portava i capelli
biondi, cosa non comune per allora e attirava gli sguardi degli uomini, Rosa era
cosciente di questo e spesso gironzolava per le strade per farsi ammirare. Vicino
alla casa dei Balistreri abitava una certa Angilora, una signora con tanti figli
con una voce molto bella, potente e aggraziata nello stesso tempo, che spesso
nelle serate d‟estate di sera sedendosi fuori dalla porta cantava e suscitava
l‟ammirazione di Rosa che le fu amica e da lei imparò varie canzoni licatesi.
Oggi tutti parlano bene di Rosa ma qualche lato oscuro c‟è, ad esempio e lo so
per certo ed ho un carteggio per dimostrare quando dico, che Rosa

1) corredino per il neonato


Testimonianze: 158

a Firenze fece una truffa, prese da un grossista della merce, e non la pagò,
trasferendosi in Sicilia, il grossista la cercò in tante parti, specie a Licata,
mandandole improperi e ingiurie a Lei e alla sua figlia. (1)

Il ricordo di Rosa di Tano Avanzato

Era un pomeriggio di Agosto dei primi anni ‟70 quando incontrai per la
prima volta Rosa Balistreri a Campobello di Licata, nella piazza principale
del paese; Rosa era sola, vestita di un camicione a fiori che gli arrivava
fino alle caviglie e sulle spalle uno scialle, anch‟esso a fiori, sembrava una
gitana, era venuta a Campobello per un concerto.
Fra noi ragazzi era già nota e ogni tanto si cantava anche qualche sua
canzone seppure non era la nostra musica. Erano tempi in cui non era
molto di moda cantare in siciliano.
Poi nel tardo pomeriggio di quel giorno un amico, Lillo Guarneri
(filippino) mi chiese se la sera volevo andare con lui in campagna da amici
che si riunivano. Lì rividi Rosa e quella sera per la prima volta la sentii
cantare dal vivo. Il suo non era non solo un canto, ma il canto, la storia
della Sicilia, era il suo sangue.
Dicono che ognuno è figlio del proprio tempo e certamente è vero.
Ecco, io credo che per Rosa questo non vale, perché lei non è figlia del suo
tempo, Rosa è figlia del tempo, del tempo di Sicilia e della sua storia. Per
questo ognuno di noi che ha scelto di fare questo mestiere, dovunque vada,
si porterà sempre dietro l‟eredità immensa che questa grande figlia di
Sicilia ci ha lasciato.
Tano Avanzato, di Campobello di Licata, musicista, inizia la sua
attività di cantastorie nell‟ormai lontano 1999, continuando comunque a
fare parte del Gruppo di canto popolare “Zabara” che ha fondato nel 1990.
Ha ormai al suo attivo centinaia di spettacoli che negli anni ha tenuto nei
vari centri della Sicilia, del sud e della Lombardia, oltre che in Francia, in
Inghilterra e negli Stati Uniti.Nel doppio CD antologico dal titolo “La mia
vita vorrei scriverla cantando”, è contenuto un suo brano: “La Tristizza”.
Nel luglio 2007, edito dalla casa editrice IPSA di Palermo, Tano Avanzato
con il gruppo Zabara pubblica, il CD: “Lu trenu du suli” dal vivo, alcuni
canti di Tano Avanzato sono presenti nel CD edito dalla Regione Sicilia
“Nun sugnu poeta” , 2007. 1) Dopo circa dieci giorni che Camillo Vecchio ha scritto
questa testimonianza è passato, essendo molto anziano e malato, a miglior vita non potendomi
consegnare o farmi vedere le prove della truffa che riferisce il Vecchio, per cui la testimonianza
è da prendere con le dovute riserve non essendoci prove di quanto il Vecchio afferma.
Testimonianze: 159

Da molti anni è impegnato nel recupero di canti siciliani della sua terra,
canti che porta in giro con il gruppo “Zabara”. E‟ una asse portante della
cultura di Campobello di Licata, curando le visite alle pietre dipinte, sulla
Divina Commedia di Dante, di Silvio Benedetto e alle piazze artistiche di
Campobello di Licata, portando in giro l‟arte e il buon nome del suo paese.

Il ricordo di Rosa di Antonio Bilotta

La prima volta che sentii parlare di Rosa Balistreri io ero piccolino,


potevo avere circa dodici anni. La mia famiglia insieme alle famiglie dei
miei zii e quella di un cugino di mio padre, Rocco Antonio Amato, si erano
trasferiti nella residenza estiva in C.da Stagnone. E una sera, proprio lui,
Rocco Antonio Amato, rientrando dal paese, con tanta euforia, appena
sceso dalla macchina, disse di accendere subito la radio perché c'era una
licatese che stava cantando. Eravamo alla metà degli anni settanta, e a quei
tempi la radio e la televisione erano qualcosa di mitico. Si accese subito la
radio e gli adulti subito iniziarono a parlare di Rosa e delle vicissitudini
avute con suo marito "Iachinazzu". Io, mio fratello e i miei cugini
ascoltavamo le canzoni alla radio ma non capivamo niente perché per noi
la musica folk era incomprensibile. Però il nome di Rosa Balistreri rimase
impresso nella mia mente. I giorni successivi raccontavo ai compagnetti di
avere ascoltato alla radio Rosa Balistreri, una licatese, ma nessuno di loro
la conosceva. Tutto era andato nell'oblio quando una sera di parecchi anni
dopo, vedendo la trasmissione televisiva Maurizio Costanze Show vidi
Rosa Balistreri seduta nel salottino come ospite. Seguii con gioia la
trasmissione e così ebbi l'occasione di vederla fisicamente. Ne parlai a
scuola con i compagni ma pochissimi la conoscevano. Quella persona
aveva fatto nascere in me la passione folk. Iniziai a cercare qualche
cassetta musicale di Rosa, ma i negozi di dischi che c'erano all‟epoca a
Licata non ne vendevano. Verso la fine degli anni settanta o inizio anni
ottanta, la giunta comunale presieduta dall‟allora sindaco Miceli Sopo,
deliberò di assegnare un premio ai concittadini che si erano distinti a
livello regionale e nazionale. Fra di questi c‟era anche Rosa Balistreri. Io
allora facevo attività teatrali e cabarettistiche, e sono stato invitato a far
qualche sketch insieme a Franco La Perna per allietare la serata.
Testimonianze: Antonio Bilotta 160

In quell'occasione la cooperativa Teatrale il Dilemma, presieduta da


Angelo Biondi, decise di assegnare una targa ricordo anche a me e Franco.
Io ero emozionantissimo. Era la prima volta che "potevo vedere da vicino"
una persona famosa e che potevo far vedere le mie capacità teatrali. La
gioia fu ancora più grande quando il Sindaco chiamò Rosa Balistreri per
consegnarci la targa ricordo. Fu un'emozione indescrivibile. La foto che mi
fu scattata mentre mi consegnava il premio la custodisco come un cimelio
e ogni tanto la faccio vedere con orgoglio
ai mie figli. La cosa che mi rammarica è che nessuno ha mai pensato di far
costruire un busto della cantante e inserirlo in qualche posto pubblico a
perenne memoria. Le è stata intitolata una strada, ma mi sembra poco.
Ricordiamoci che Rosa ha donato la sua biblioteca al comune di Licata,
quindi ai licatesi, ma anche questo forse pochi lo sanno.
I1 timbro inimitabile della voce di Rosa Balistreri, che ne faceva una
vera e propria rarità, le permise di esternare i tantissimi sentimenti che
viveva il popolo siciliano ed in prima persona lei stessa. Nella sua vita
aveva provato tutto: fame, umiliazione, violenza e sofferenza, ma con
grande caparbietà ha saputo raggiungere il successo raccontando a tutto il
mondo la vita misera del popolo siciliano. Le sue canzoni esternavano
sensazioni intense, frutto della sua vita difficile ed hanno permesso anche il
recupero del patrimonio musicale della Sicilia. Ascoltando le sue canzoni,
ci si trova affascinati a tal punto di immedesimarsi e rivivere quei momenti
belli o brutti che siano.

Antonio Bilotta licatese, diplomatosi ragioniere ha continuato gli studi


universitari presso la facoltà di Economia e Commercio di Palermo, ma a
causa di un‟occupazione studentesca di tutto il polo universitario, decise di
interrompere gli studi per svolgere il servizio militare e successivamente
continuarli. Finito il militare, invece si abilitò Ragioniere Commercialista e
Revisore Ufficiale dei Conti ed inizio a svolgere la libera professione,
successivamente si è abilitato all'insegnamento nelle discipline:
Trattamento Testi; Stenografia e Dattilografia; Calcolo e macchine
elettrocontabili ed elettroniche. E' stato per cinque presidente della
Federazione Italiana delle caccia per la sezione comunale di Licata nonché
comandante della polizia venatoria sempre di Licata, presidente dei
Revisori Ufficiale dei Conti nella scuola F.sco Giorgio e alla Bonsignore di
Licata.
Testimonianze: 161

Il ricordo di Rosa di Antonio Cottone

Cosa dire di Rosa Balistreri? Piccole cose!, perché figli di due mondi
diversi: il canto folk, il suo, e il canto lirico, il mio. La prima volta ci
incontrammo, per cantare i versi della signora Anna Cartia Buongiorno e
subito dopo il concerto mi disse: “Antonio… la tua voce è la voce del
canto lirico, vai a studiare e diventerai un bravo baritono”. Ipso facto,
l‟ascoltai e tra il conservatorio ed alcuni maestri privati ho raggiunto quasi
la perfezione del canto lirico, da Rosa in seguito apprezzato.
Un‟altra volta ci siamo incontrati sulla spiaggia di Isola delle Femmine e
abbracciandola le dissi: Rosa non potrò dimenticarti, perché il tuo
cognome si confonde dove io sono nato cioè Balestrate (paese vicino
Palermo) e da Balestrate a Balestrieri manca un sospiro: la tua voce ed il
tuo amore. L‟ho seguita nella sua carriera tramite TV, e giornali e man
mano che il suo nome e la sua arte venivano apprezzate nel mondo
ricordavo con nostalgia la sua sincera amicizia; di lei mi è rimasto il
ricordo di una donna forte ma umile, orgogliosa della sua sicilianità e
tenace contro le avversità della vita. Grazie della tua amicizia, Rosa.

Cottone Antonio nato a Balestrate (PA) avvocato, eccellente baritono,


si diletta nello studio della musica e del canto lirico con soddisfacenti
risultati. Con il suo inserimento nel mondo del lavoro non diminuisce,
come spesso avviene, l‟amore e la passione per l‟arte, anzi diventano
stimolo e guida per la sua maturazione.
Nel 1976 la casa editrice Italo-Latino Americana di Sao Paolo in Brasile -
Palma - e a Palermo le edizioni - Tipi della Tea Mazzone - pubblicano il
suo primo libro : "Un pugno di Verità", una raccolta di poesie ispirate dalla
semplicità della vita sino ad allora vissuta.
Nel 1998 le edizioni - Libro Italiano Ragusa - pubblica il suo secondo
libro: "L'altro pugno di verità", frutto della sua maturazione materiale,
morale e spirituale.
Più volte ha partecipato a manifestazioni letterarie e ancor più spesso è
stato chiamato quale baritono, a partecipare a rappresentazioni di canto
lirico.
Testimonianze: 162

Il ricordo di Rosa di Carmelo Santrone

La prima volta che ho incontrato Rosa Balistreri e stata quando è


venuta a Licata chiamata dall‟allora giunta comunale con sindaco
comunista. Altre volte è tornata a Licata per esibirsi in vari spettacoli
teatrali, sia al teatro “Re Grillo” che in piazza Progresso e alla villa Giulia.
Ma la prima volta che sono venuta in diretto contatto con Lei è stato nel
lontano 1965, allorquando insieme ad un altro licatese, Enzo Petronciana,
siamo stati a Roma per presentarci nella stessa casa discografica in cui
lavorava Rosa, per fare dei provini come cantautori.
Siccome Rosa sapeva il giorno della nostra presentazione, e Lei, trovandosi
a Roma nella sua casa all‟EUR, fece in modo di incontrarci quella mattina
e presentarci al Produttore discografico.
Dopo aver esitato i nostri provini, Rosa è entrata in sala registrazione per
incidere un suo L.P.
Finito il tutto ci siamo rincontrati con Rosa e, sapendo che noi due si
rimaneva a Roma, Rosa ci ha invitato a casa sua per quella sera.
Verso le 6 di pomeriggio di primavera, ci presentammo a casa di Rosa; al
vederci Rosa ci ha abbracciati e ci ha condotti nella sua modesta cucina:
“Trasiti… trasiti… carù…mangiastivu „pi sira… nun aviti fami?”
“No Ro… unn‟avemmu fami, pi nattri è ancora prestu pi mangiari!”
“Va bbè… allura vi priparu un cafè; poi chiù tardi ni mangiamu un pezzu
di pani, accussì mi faciti cumpagnia!”
“Allura… carù!... chi mi cuntati d‟a Licata?...”
“Chi t‟amu a cantari Ro!… sempri a stessa cosa: nni manca l‟acqua… nni
manca a luci… u travagli ppi picciuteddi e… a bona politica”
“Eh… mannaia a miseria… sempri o stessu è stu paisazzu?... mortu di fami
e siccu di siti…va bbè… un ci pinzammu cchiù ppi d‟ora, facemmuni na
bella cantata… Carmè… tu canti?”
“No Ro!... ia un sugnu cantanti, Vicenzu è cantanti; ia scrivu canzoni!”
“ Chi scrivi?, chi scrivi?”
Tuttu chiddi ca mi veni „ntesta Ro!... pozzu scriviri canzuni d‟amuri, di
protesta, o puri canzuni siciliani!”
Testimonianze: Carmelo Santrone 163

“Bravu… bravu … chi nni dici di scriviri na canzoni ansemi a mia?”


“Pirchi no!... Ro…”
“Allura assettiti comudu e „ncuminzamu a scriviri”
Quella sera, mi ricordo nell‟arco di due ore è nata la canzone “Lu lupu
e l‟agneddu, che Rosa doveva poi musicare e mettere in un prossimo L.P.
Dopo avere provato alcune volte la canzone, Rosa, mise chitarra e testo da
parte e ci invitò a consumare una modesta cena.
Finito di mangiare, mi ricordo, giocammo un po‟ a carte, facemmo alcune
scope e po un “Tipittu”
Verso le undici e qualcosa, visto che la sua bambina aveva sonno ed
anche Lei era stanca, ci siamo congedati, promettendo di ritornare ancora
la sera dopo.
Così infatti fu; ci siamo presentati a casa di Rosa, altre tre volte,
dopodichè, venuto per me il giorno di ritornare in Sicilia, ho abbracciato
Rosa con tutta la mia anima, dicendole che ci saremmo rivisti, a Dio
piacendo, a Licata.
Da allora tante volte Rosa è venuta a Licata; ogni volta mi faceva
sapere che era al paese, ed io andavo a trovarla a casa di sua sorella in via
Rettifilo Garibaldi oppure al teatro, quando portava qualche spettacolo con
la sua compagnia di Palermo.
Nell‟apprendere della sua morte, mi è venuto un nodo alla gola, perché
Rosa mi aveva fatto da mamma e da maestra di vita.
L‟ultima cosa che ho potuto fare per Lei è stato intitolarci l‟ultima poesia
dedicata alla sua vita: “Ricurdannu a tia… Rosa”

Carmelo Santrone. licatese, poeta, pittore, conoscitore delle tradizioni


di Licata, ha partecipato a vari concorsi di poesia dialettale ed a molte
mostre di pittura. Ha conosciuto ed ha intrattenuto rapporti di amicizia ed
anche di lavoro con Rosa Balistreri, che ha incontrato ogni volta che Rosa
ritornava a Licata. Vincitore nel Concorso "Memorial Rosa
Balistreri"Licata come compositore nella 2 e 3 edizione.
Testimonianze: 164

Il ricordo di Rosa di Serena Lao

Da un libro, non pubblicato “Un Sogno ...Una Rosa” scritto da Serena


Lao e dedicato a Rosa Balistreri.
… All‟inizio degli anni Settanta, io avevo poco più di vent‟anni. Sposata,
madre di due figli, grilli per la testa non ne potevo avere. Facevo la
casalinga, ma quella non era certamente la mia vocazione. Nel mio intimo
ero rimasta la sognatrice di sempre. La notte, mentre tutti dormivano,
scivolavo dal letto attenta a non fare rumore, mi sedevo al tavolo del
soggiorno e scrivevo poesie, canzoni, pensieri e tutto quanto mi passava
per la mente
Il sacro fuoco dell'arte non mi aveva mai abbandonata, era annidato in
un cantuccio del mio cuore. A volte lo sentivo bruciare in me talmente forte
che non so cosa avrei fatto per poter esternare a tutti la voglia di fare teatro,
di scrivere, di cantare. Invece la mia passione la dovevo tenere nascosta
quasi fosse una vergogna. Ma io ci pensavo sempre e qualunque cosa stessi
facendo, la testa l‟avevo sempre là! Quando ero a casa e sfaccendavo, mi
capitava spesso di estraniarmi dalla realtà e vagare coi pensieri. Mi vedevo
in un grande teatro su di un palcoscenico, mi pareva quasi di avvertire gli
applausi della gente. Poi aprivo gli occhi e tutto svaniva, finiva la magia.
Potere far parte del mondo dello spettacolo allora mi sembrava un‟utopia,
una meta tanto agognata quanto irraggiungibile!
Una sera...mi trovavo con la mia famiglia, padre e madre compresi, a
teatro, uno dei pochi svaghi concessi a chi portava una fede nuziale al dito.
Era un teatro tenda in cui una nota compagnia teatrale siciliana
rappresentava commedie dialettali.
Fu lì che la vidi per la prima volta.
Ma Rosa non stava sul palcoscenico, era seduta in platea, nelle ultime
file. Era una donna normale, apparentemente come tante. Sicuramente non
l‟avrei notata se non fosse stato per un particolare che mi incuriosì: sulle
gambe teneva una chitarra. Accanto a lei c‟era un'anziana signora, più tardi
seppi che era sua madre, "a za Vicinzina."
"Rusidda a Licatisa", come si faceva chiamare allora, aspettava l'intervallo
per intrattenere la gente. Non era conosciuta e si accontentava di quelle
briciole di tempo regalate dal capocomico pur di esprimersi davanti a un
pubblico. Nessuno sapeva chi fosse quella donna né da dove venisse, ma
non appena cominciò a cantare, rimasi
Testimonianze: Serena Lao 165

come ipnotizzata ad ascoltarla, il mio cuore accelerò i battiti e fui presa da


una strana euforia mista a malinconia. Mentre si diffondevano per l‟aria
quelle note, mi sembrò di volare in alto, al di sopra di tutto ciò che è
materia e mi sentii parte integrante dell'universo. Per eccessivo che possa
sembrare, è esattamente ciò che provai.
Il dialetto mi era familiare. In casa, quando ero piccola, lo parlavamo
regolarmente e conoscevo alcune canzoncine e filastrocche che mi cantava
mio nonno quando mi “annacava” davanti l‟uscio di casa. Ma quella voce,
quella voce giovane e vecchia, dolce, vibrante, incisiva, suadente, mi colpì
a tal punto che mi venne quasi da piangere. Quelle sensazioni non le
dimenticherò mai. Ero molto giovane, ma l'impatto fu fortissimo. Una
ridda di sentimenti repressi si scatenò in quell‟istante. In un attimo avevo
deciso della mia vita. Volevo fare quello che stava facendo quella signora
sconosciuta: volevo esibirmi ed emozionare il pubblico come lei stava
facendo con me!
Sono passati tanti anni, ma ricordo perfettamente che Rosa cantò una
ninna nanna “A siminzina”, poi “Lu focu di la pagghia” e in quei canti ci
mise tutta l‟anima. Però non venne particolarmente apprezzata in
quell‟occasione, captai dei commenti tra il pubblico. Qualcuno a bassa
voce mormorava: "nni sta facennu addummisciri", qualche altro
sussurrava: “pari un martoriu."
La gente non era abituata a sentire il canto siciliano nella sua vera
essenza, senza fronzoli e senza “infiocchettature” per turisti. Sarebbe
dovuto passare del tempo prima che il suo grande valore le venisse
riconosciuto. Io invece rimasi molto turbata da quell‟incontro e giunta a
casa ne parlai con mia madre. "Sai", le dissi, "mi piacerebbe cantare,
voglio conoscere quella signora!" Ma lei mi guardò con disappunto e
nemmeno mi degnò di una risposta. La nostra regione aveva sempre
vantato grandi ricercatori come Giuseppe Pitrè, Alberto Favara, Salomone
Marino, Leonardo Vigo che avevano lasciato la loro impronta regalandoci
interessantissime raccolte di testi siciliani. Da qualche tempo era nato a
Palermo il "Folk-studio", un‟associazione culturale la cui opera meritoria
consisteva nel raccogliere, attraverso testimonianze orali, il nostro
patrimonio etno-musicale, per poi diffonderlo attraverso incisioni
discografiche. Ma di ciò beneficiavano pochi appassionati e gli addetti ai
lavori.
Testimonianze: Serena Lao 166

La gente comune, distratta dalle musiche e dai ritmi che arrivavano da


oltreoceano o dalla tv nostrana che propinava musica leggera molto
commerciale, non era pronta a recepire il messaggio di Rosa, la sua
personale protesta contro i prepotenti, la sua ribellione per una vita
difficile, irta di spine, la sua impareggiabile voce che gridava aiuto
attraverso i suoi canti. La gente preferiva canticchiare spensieratamente
"che colpa ne ho se il cuore è uno zingaro e va" oppure "finché la barca va
lasciala andare". E così di quella signora non seppi più nulla.
… Ormai quasi ogni sera mi sintonizzavo e divenni una habituè delle radio
libere. Una volta, durante una delle tante serate trascorse dialogando via
etere, sentii il conduttore profondersi in mille complimenti nei confronti di
un‟ascoltatrice, una certa Rosa Balistreri. Non vi prestai molta attenzione,
stavo ripassando la poesia che tra poco avrei letto; quel nome, poi, non mi
diceva nulla, non lo avevo mai sentito. Tuttavia molti telefonarono per
salutarla e per chiederle di cantare. Sul momento pensai che fosse una delle
tante ascoltatrici che qualche volta si cimentavano, in maniera spesso
discutibile, nel canto o nella recitazione, quindi continuai a ripassare la
poesia, in attesa della mia imminente diretta.
Si fece pregare un tantino l‟ascoltatrice e alla fine accettò di cantare.
Non appena emise il primo suono, calamitò immediatamente la mia
attenzione. Ebbi un tuffo al cuore. Quella voce l‟avrei riconosciuta tra
mille! Era la stessa che anni prima, una sera di tanto tempo fa, mi aveva
emozionata e sconvolta. Non avevo alcun dubbio: era lei! Quella voce
l‟avevo tante volte rievocata nel mio immaginario, la stessa intensità, lo
stesso pathos! Anche da una radiolina il suo grande talento si sprigionava
così forte da azzerare ogni mia incertezza. Era lei! Finalmente l'avevo
trovata! Ora potevo salutarla, potevo parlarle come facevano gli altri. Si …
ma cosa le avrei detto? Al solo pensiero ero presa da un tremito, la sentivo
così irraggiungibile! Eppure il suo approccio con la gente sembrava
genuino e spontaneo.
Si esibì in un canto allegro e malizioso: "A virrinedda". Giustissima
intuizione! A quell‟ora tarda della notte c‟era bisogno di un guizzo di
buonumore. Ma la sua bravura non fu inferiore a quella volta in cui aveva
interpretato canti d‟amore dolci e malinconici. Non appena terminò, il
conduttore l‟applaudì, i telefoni impazzirono e tutti, all‟unanimità, le
chiesero un bis.
Testimonianze: Serena Lao 167

Molti fecero una richiesta ben precisa: "Mi votu e mi rivotu". Era il suo
cavallo di battaglia, dicevano. Lei contenta si diede con slancio al suo
pubblico e cantò ancora.
Mi sentii accapponare la pelle. Non avevo mai sentito in lingua siciliana
niente di più struggente e appassionato. Quel canto d‟amore bellissimo che,
attraverso le sue magiche corde vocali, diventava ora una dolcissima
serenata, ora un richiamo accorato, ora un‟invocazione disperata all‟uomo
amato, mi entrò nelle vene. Adesso sì che avevo davvero il groppo in gola!
Ero commossa, anche perché quella canzone mi riconduceva alla mia vita
senza amore, la sentivo particolarmente mia.
Ancora applausi e ovazioni, poi Rosa salutò con garbo e chiuse la diretta.
Continua...........
Abbandonate definitivamente le radio libere, mi dedicai anima e corpo
all‟arte canora e compositiva. Scrissi poesie, canzoni, poi imparai alla
perfezione alcuni canti del suo repertorio (quattro o cinque in tutto) e la
chiamai al telefono.
A ripensarci, non so dove trovai il coraggio per farlo, in fondo ci eravamo
incontrate solo via etere.
"Pronto" rispose subito lei con quella sua voce maschia e penetrante.
Volevo riattaccare, ma alla fine parlai tutto d‟un fiato.
"Ciao, scusa se ti disturbo, sono Serena, la conduttrice di Tele Radio
Normanna. Abbiamo parlato tante volte durante i miei programmi. Ti
ricordi di me?"
Certo era passato del tempo, ma lei, non so se per pura cortesia o perchè
davvero convinta, mi disse di sì.
"Sai Rosa, io da qualche tempo canto" dissi, non senza una certa faccia
tosta. "Ho imparato alcune tue canzoni e vorrei sentire cosa pensi della mia
voce. Molti dicono che è gradevole, ma solo tu puoi darmi un parere
autorevole. Mi puoi ascoltare?"
Non se lo fece dire due volte e fissammo la data e l‟ora del nostro incontro.
Dopo due giorni, puntualissima, mi presentai e trepidante come una
scolaretta al suo primo esame (e di fatto lo era), feci il mio ingresso nella
sua casa.
La sua abitazione era al "rez-de-chaussée" di una palazzina in via SS
Mediatrice (zona Villa Tasca), dalle cui finestre si poteva quasi toccare la
strada. Sotto c‟era il bar Zeus.
Testimonianze: Serena Lao 168

Suonai il campanello e dopo qualche secondo, mi venne ad aprire un


anziana signora con tre gatti e due cani di media taglia al seguito.
"Entra, accomodati. Mia figlia è nella sua stanza e ti sta aspettando".
Trovai Rosa seduta in mezzo al letto. Sul momento non capii quello strano
modo di accogliermi, ma lei chiarì subito:
"Ho un po‟ d‟influenza e preferisco starmene al calduccio".
Ci fu un attimo di silenzio. Mi sentivo a disagio. Avrebbe potuto rimandare
l‟incontro, visto che non stava molto bene! Ma lei, intuendo forse il mio
imbarazzo, con una fragorosa risata esclamò:
"Non sono mica moribonda!".
Poi afferrò la chitarra che era posata ai piedi del letto e accennò qualche
accordo.
"Dai, avanti, fammi sentire. Cosa vuoi cantare?"
Ed io muta, zitta. "Allora?“ "No... scusami Rosa... non ce la faccio! Non
posso!“ "Cosa non ce la fai! Cosa non puoi! Cerca di non rompere i
coglioni e canta" e sorrise ancora.
Era la prima volta che la vedevo così da vicino ed era passato troppo
tempo da quella volta a teatro. La sua voce era impressa nelle mie orecchie
e nella mia memoria perchè ascoltavo continuamente il suo disco, ma
fisicamente non me la ricordavo quasi più. La guardai. Non si poteva certo
considerare bella con la sua indefinibile età, col suo viso segnato da troppe
e forse premature rughe, coi suoi capelli radi, ma a me sembrò bellissima
e...cantai.
Con voce tremante intonai "Lu focu di la pagghia". Lei mi accompagnava
con la chitarra e intanto mi osservava e soprattutto mi ascoltava. Quando
terminai, rimasi col fiato sospeso in attesa del suo verdetto. "Hai una bella
timbrica" commentò subito. "Mi piaci, mi ricordi Dodi Moscati, ma hai
problemi di fiato, devi studiare".
L‟ascoltavo e incameravo ogni sua frase, ogni suo concetto. Non avevo la
minima idea di chi fosse quella Dodi Moscati, ma... quell‟accostamento mi
piacque.
Mentre parlava, buttò giù le coperte e si alzò dal letto.
"Vieni",disse, "andiamo a telefonare, ti mando da un mio amico che
insegna tecnica vocale".
Questa è la Rosa che io ricordo: spontanea, generosa e per certi versi un
po‟ bizzarra. Da quel momento iniziò il mio vero rapporto con lei.
..................................
notizie su Serena Lao a pag. 94-95
Testimonianze: 169

Il ricordo di Fifo Costanzo


Ho scritto questa poesia mentre Rosa si trovava in coma a Villa Sofia,
essendo stata colpita da ictus cerebrale. Rosa è morta stringendomi la mano.
“Ti nni stai jennu Rosa, „ndi sta vita sfurtunata, / mi sta lassannu Rosa,
comu na pecora tusata / e li to figghi soffrunu stu jornu di svintura,
si sbattunu la testa tutti a li mura mura.
Tu ti „nni vai Rosa o matri sfurtunata, / ni lassi lu to cori, ni sta mala jurnata.
Vola „nda lu celu finu a lu firmamentu, / c‟è Cicciu ca t‟aspetta,
t‟aspetta ed è cuntentu, / tu e Cicciu in mezzu all‟angili cu li chitarri „nmanu
cantatini i canzuni sempri in sicilianu / e cu lu vostru cantu ognunu s‟arriposa
o Patri Cicciu Busacca, o Matri nostra Rosa” Fifo Costanzo
Fifo Costanzo, siciliano, dolcissimo poeta in lingua madre in dialetto
siciliano, compositore e cantautore eccezionale sapeva infondere in chi
l‟ascoltava l‟amore per la terra siciliana, per la musica della sua gente.
Moltissime le sue composizioni, di rara bellezza artistica, la storia di
“Cudduredda” la bambina ritrovata viva dopo cinque giorni sotto le macerie del
terremoto e purtroppo dopo deceduta, “U cunighieddu”, un coniglio che si
allontana dalla tana attratto dalle bellezze della natura e finisce sotto i colpi di
un cacciatore, la leggenda di “Cola pisci” o la canzone del mercato del pesce.
Amico fraterno di Rosa Balistreri, che invitava spesso nel suo locale a Partinico,
e con la quale cantò in vari spettacoli ed intrattenne un rapporto speciale di
amicizia fraterna. Fifo, prima di conoscere Rosa, componeva canzoni in italiano,
ascoltando le canzoni di Rosa in siciliano, Fifo è entrato in questo meraviglioso
mondo della canzone siciliana ed ha composto da allora tutte le sue canzoni in
siciliano. Amico fraterno di Fabrizio De Andrè (1) che di Fifo affermò “Per Fifo
andrei fino in capo al mondo”, dei New Trolls e dell‟artista Tanino Gaglio con il
quale ha formato un duo indimenticabile che ha dato origine a molte canzoni
siciliane basate sull‟amore sviscerato per questa terra assolata ma povera, ricca
di bellezze, ma povera di lavoro. Ha aperto vari locali alternativi, varie locande,
il primo “Il Sombrero” gli altri tutti chiamati “Da Fifo” ma il poco fiuto
commerciale, per la sua profonda onestà che mal si coniuga con attività
imprenditoriali, lo ha portato a vari fallimenti che gli hanno reso la vita
difficoltosa. L‟autore di questo libro, che lo ha conosciuto personalmente a
Licata in occasione di un suo intervento al “Memorial Rosa Balistreri” è rimasto
incantato e profondamente colpito dalla sua sensibilità, dall‟affetto per Rosa
Balistreri e dalla commozione e dalle lacrime che gli sgorgavano nel ricordare
Rosa al pubblico.
1) Falsa la notizia che darebbe la paternità della canzone “Questa di Marinella è la storia
vera” a Fifo, costituendosi l‟amicizia con Fifo dopo l‟uscita della canzone “Marinella”
Testimonianze: 170

Il ricordo di Rosa di Salvo Dalfino

Sono uno dei fortunati possessori della biografia di Rosa Balistreri del
Signor Cantavenere e questo mi rende orgoglioso perché aver letto la vita
di Rosa Balistreri raccontata dalla stessa Rosa, cosa che non conoscevo, è
stato molto importante perché mi ha fatto capire, mi ha dato la chiave di
lettura di questo straordinario personaggio. Rosa per me era un mito fino a
quando non l‟ho conosciuta personalmente, perché sono un appassionato di
musica come tanti palermitani ed avevo sentito alcune canzoni ma non
l‟avevo mai sentito cantare e non l‟avevo mai incontrata personalmente.
Conobbi Rosa Balistreri nell‟inverno freddo tra il 1980 e l‟81 mentre lei
viveva in via Maria SS. Mediatrice, in quel anno io frequentavo il secondo
anno di infermiere all‟ospedale “Civico” di Palermo e mi ritrovai un
pomeriggio a fare tirocinio in sala operatoria in chirurgia toracica, facevo il
tirocinio insieme ad una collega un‟infermiera generica che lavorava in
pneumologia donne nello stesso ospedale; avendo finito il nostro tirocinio,
la collega mi disse: saliamo sopra a salutare le colleghe di reparto e poi
andiamo, io la seguii, in pneumologia donne, salutate le colleghe,
traversammo il reparto e la collega, prima di lasciare il reparto, entrando in
una stanza, salutò la degente dicendola “ciao Ro” e andammo avanti, io
lanciai solo un‟occhiata dentro quella stanza di due posti letto occupata
solamente da una donna con una camicia da notte color rosa chiaro.
La mia collega, mentre eravamo giù, ha capito che io non avevo
riconosciuta la donna, giacchè di Rosa Balistreri io avevo un‟immagine di
presenza scenica vestita di scuro sicuramente molto diversa di quella
immagine della donna ricoverata in quella sala di degenza, e mi disse non
hai visto chi c‟era? no risposi, è Rosa Balistreri, riprese a dire la mia
collega e lì io quasi stavo per svenire perché per me Rosa era una persona
che portava dentro qualcosa di molto importante, resistetti cinque minuti
soltanto dopo di che pregai la collega di ritornare in reparto e di
presentarmela, lei con molto piacere acconsentì e così risalimmo su, siamo
entrati nella sala di degenza e la mia collega disse: “Rosa, ti presento Salvo
Dalfino, un collega che sta facendo con me il corso. Io non so cosa Rosa ha
visto in me, sicuramente ha visto un mio particolare interesse, un mio
trasporto, tanto che la mia collega ci lasciò soli in quella sala di degenza,
Rosa cominciò a parlare ed ad un certo punto aprì
Testimonianze: Salvo Dalfino 171

il cassetto del suo comodino, prese un quaderno di scuola elementare dove


lei aveva scritto di suo pugno parecchie canzoni, tirò da sotto il letto una
chitarra, una Ramirez da studio che aveva con se e cominciò a cantare le
sue canzoni a me soltanto; non mi ricordo quante canzoni cantò o quanto
tempo sono stato li dentro, per me poteva essere stato solo un minuto o
un‟eternità perché ero assolutamente rapito dalla sua voce, che cantava
solamente per me e mentre la stavo guardando ed ascoltando mi disse: “io
per adesso sto cantando solamente per i tuoi occhi” e mi resi conto che io
ero in una sorta di trans, in un sogno, la stavo guardando, la stavo
mangiando con gli occhi, con le orecchie e da quel momento in poi è
entrata dentro di me e dopo 25 anni sta succedendo che mi trovo qui a
condividere questa esperienza insieme a tante persone che l‟hanno
conosciuta, hanno avuto una conoscenza sicuramente diversa dalla mia,
forse più approfondita.
Per me quell‟esperienza è stata incredibile, straordinaria; salutata Rosa
Balistreri scesi giù per ritornare a casa, lì vicino c‟era un mio amico con
cui suonavo insieme e con cui condividevamo le nostre esperienze e gli
dissi “Mimmo sai chi ho conosciuto?” chi hai conosciuto rispose “Rosa
Balistreri” continuai io, Rosa Balistreri? Disse stupito il mio amico.
Ascolta mi disse lui me la devi fare conoscere, me la devi presentare.
L‟indomani era domenica ed andammo a trovarla in ospedale e lei fu
contentissima di vederci anche perché poche persone la andavano a
trovare, prendemmo la sua chitarra ed il reparto di pneumologia donne e
uomini diventò un teatro, perché con la sua generosità, non si è frenata, e
benché fosse li perché non stava molto bene, eppure cantò più di un‟ora per
i pazienti tanto che i malati alla fine dissero “ci avete dati 10 anni di
salute” una cosa straordinaria. Questa è la mia personale esperienza perché
dopo ci vedemmo con Rosa Balistreri altre volte, la andai a trovare a casa
sua in via SS. Mediatrice, poi ci perdemmo di vista anche perché Rosa per
la sua professione era sempre in giro e solo dopo qualche anno lessi della
sua morte. Rosa da allora mi è rimasta dentro e questa sera condividendo la
mia esperienza con voi e avendo ascoltato da voi le vostre esperienze di
conoscenza di questa formidabile cantante siciliana ritornerò a casa felice
di aver approfondito alcuni tratti della sua personalità.

intervento in occasione del 6° Memorial Rosa Balistreri, Licata, agosto 2005


Testimonianze: 172

Il ricordo di Gino Santamaria

Ho conosciuto Rosa Balistreri fin da bambino perché abitavo in via


Martinez, la stessa strada in cui abitava Rosa, e spesso ci incontravamo, io
più povero di lei e lei più povera di me: io, come anche Rosa, avevo una
bella voce di tenore e qualche volta cantavo in chiesa, su richiesta, per
qualche matrimonio.
Spesso incontrandomi Rosa mi diceva: “Ginù, tu che sai tanti belli
canzuni „mparamilla qualcuna, cussì pozzu cantari puri ia, macari ni
qualchi vattiu” (1) ed io a ripeterle sempre : “Rosa ia nun ti pozzu aiutari,
pirchì a travagliari minn‟aiu a giri; tu e to patri, beni o mali, ni sta casa
fatta a putia, ci l‟aviti un pocu di travagliu di falegnameria e faciti pali,
siggiteddi p‟assittarisi, pili pi lavari, scanatura pi mpastari.” e così dicendo
la lasciavo sola dovendo andare a lavorare. Ricordo che una volta Rosa
arrabbiata mi rispose maledicendomi: “Ginù, a vuci t‟ava finiri, e tu unn‟a
putiri ciù cantari”. E vero è stato, con la mia voce non son riuscito a
sfondare nel campo musicale e sono rimasto un poveraccio fino ad oggi,
ma Lei, Rosa, anche se non l‟ho potuta aiutare è diventata una stella e la
prima cantante licatese.
Un altro ricordo di Rosa mi è rimasto impresso perché da bambini, per
la fame che allora c‟era, andavamo “a spichi”, (2) ovverosia raccoglievamo
le spighe di grano rimaste nei campi dopo la mietitura, c‟era tanta fame
allora e raccoglievamo spiga per spiga lasciata a terra facendone dei
mazzetti che portavamo a casa e, appena arrivavamo a casa le spighe
venivano calpestate, spagliate con il vento, schiacciate o portate al mulino
per poter fare un pò di pane, o per sminuzzarle nel brodo per calmare i
morsi della fame che in quel periodo erano il problema principale per ogni
famiglia.
Brutti ricordi certo, specie ora che un piatto di pasta o un pezzo di pane
non manca più a nessuno.. .

1) battesimo 2) raccogliere spighe di grano cadute a terra dopo la mietitura


Testimonianze: 173

Il ricordo di Rosa di Tanino Gaglio

Ho conosciuto Rosa Balistreri tramite Fifo Costanzo, un poeta e


cantautore straordinario, amico di Rosa, quando insieme a Rosa abbiamo
fatto uno spettacolino in una scuola elementare di Partinico; da
quell‟incontro rimasi folgorato dalla forza che emanava questa cantante.
Rosa ha abitato a Partinico per due anni, scelse Partinico negli ultimi
anni della sua esistenza perché era un paesino piccolo a misura d‟uomo e
Rosa era stanca di abitare a Palermo, anche perché molti dei suoi amici
erano morti e perché negli ultimi anni le richieste di spettacoli si erano
molte ridotte per via di un calato interesse per la musica folk e poi anche
perché conosceva Fifo Costanzo, me ed altri amici con i quali quasi ogni
sera si intratteneva nel ristorante “Da Fifo”, portandosi a volte la madre
“Donna Vicinzina” e Luca che abitavano con Lei. Questi due anni furono
quelli di maggiore frequentazione con Rosa, a volte la incontravo quasi
giornalmente. Nel locale “Da Fifo” si mangiava benissimo con piatti
cucinati da eccellenti cuochi e a volte anche da Fifo, tra le portate
eccellevano gli spaghetti al pesto, che lui preparava tritando finemente il
pesto e che Rosa prediligeva e poi lo stesso Fifo andava a raccogliere
asparagi e funghi che cucinava in modo superbo e lui ci deliziava con il
palato e con la musica, ricordo che Fifo andava fiero dei suoi locali, dico
locali, perché Fifo apriva un locale e poi dopo poco tempo lo chiudeva
aprendo successivamente un altro, tra gli ospiti di cui Fifo si pregiava c‟era
stato addirittura Richard Burton.
Ricordo che spesso verso l‟orario di chiusura Rosa e Fifo prendevano
la chitarra e ci intrattenevano piacevolmente, coinvolgendo nel canto tutti i
presenti, serate bellissime che non potrò mai dimenticare.
Rosa una volta intervenne ad una trasmissione radiofonica in una radio
privata di Felice Liotti, Rosa rispondeva al pubblico su tanti argomenti, ma
soprattutto sulle canzoni di musica siciliana e ricordo che per qualche ora
si mise a disposizione degli ascoltatori che gli chiedevano di cantare in
diretta e Rosa, umile come sempre non si sottrasse alle richieste degli
ascoltatori della radio eseguendo molte canzoni accompagnandosi con la
chitarra.
Ho un ricordo particolare di Rosa allorché, essendo diminuiti gli
spettacoli e non avendo gli accompagnatori chitarristi usuali che per tanti
anni l‟hanno accompagnata, Tobia Vaccaro, Mimmo La Mantia, Rocco
Testimonianze: Tanino Gaglio 174

Giorgi, mi disse un giorno: “Taninu, aia giri a cantari a Cerda, ta senti


d‟accumpagnarimi ca chitarra?” premetto che a Rosa piaceva molto
l‟accompagnamento ad arpeggio che io facevo nell‟accompagnarla mentre
cantavo, gli risposi subito di si, provammo alcune canzoni ed in macchina
raggiungemmo Cerda durante “la festa del carciofo”. C‟era molta gente per
l‟occasione e Rosa fece una sfilza di canzoni con quella sua voce possente
e graffiante che mandò in visibilio il pubblico. Dopo il nostro intervento
Rosa voleva conoscere il mio onorario e ricordo che gli ho detto “Rosa già
mi hai regalato la gioia di suonare con te che per me vale di più di tutti i
soldi”, alla fine gli organizzatori ci regalarono due grosse cassette di
carciofi e ci riempirono il cofano di carciofi, fu una delle ultime volte che
potei suonare con Rosa. Perché poco dopo Rosa insieme alla madre e a
Luca lasciò Partinico ritornando di nuovo a Firenze. Un ultimissimo
ricordo di Rosa l‟ho avuto il 31 dicembre del 1989 quando, ero nel mio
negozio e mia madre mi disse c‟è Rosa al telefono, risposi e al telefono
Rosa mi dice: “Taninu, sugnu a Tommaso Natali per un concerto, tu e Fifo
vinitimi ad aiutari” in effetti non necessitava di aiuto, ma desiderava stare
con noi, andammo subito in quel ristorante dove cantava Rosa e fu una
serata superba, nella quale Rosa mi diede un testo di una canzone scritto da
Lei e mi disse mettici la musica, questo testo lo musicai mettendoci degli
accordi molto belli ma un po‟ difficili e Rosa stessa mi disse appena
l‟ascoltò, fammela con accordi più semplici, perché Rosa conosceva pochi
accordi della chitarra. La vidi un ultima volta sul letto d‟ospedale a Santa
Sofia dietro una vetrata, Rosa era in coma, eravamo insieme a Fifo, a
Felice Liotti, Serena Lao, Marilena Monti e qualche altro amico di Rosa,
ricordo che pregai il Signore di lasciarcela ancora, purtroppo Rosa se ne
andò.
Rosa Balistreri è stata e continua a essere la voce insuperata della
nostra Sicilia, Rosa rappresenta tutti i lati dell‟artista vero, dalla
spontaneità alla voce unica, dolce nei momenti in cui doveva essere dolce,
robusta e a volte aspra in altri momenti più incisivi, dal punto di vista
musicale ed artistico era una grande professionista, anche il suo modo di
incedere, come sistemava la chitarra, come vestiva, come interloquiva con
il pubblico lo faceva da grande artista di livello internazionale avendo
cantato in tutti i posti del mondo.
Testimonianze: Tanino Gaglio – Armando Sorce 175

Tanino Gaglio, vive ad Alcamo, comincia a studiare musica dall'età di


10 anni specializzandosi nel suonare la chitarra a plettro, è autore di molte
canzone. Ha musicato testi di altri autori, tra i quali testi di Petru Fuddruni,
poeta del 1660, poesie di Ignazio Buttitta, ha musicato una poesia a Rosa
Balistreri, con la quale ha stretto una amicizia fraterna.
Lo sprone per scrivere poesie gli viene dato da un incontro con Ignazio
Buttitta, circa 26 anni fa e dalla conoscenza con la poetessa di Castelbuono
Enza Mazzola. Grande estimatore di Fabbrizio D'Andrè e di Rosa
Balistreri con la quale ha suonato e per vari anni ha intrattenuto una sincera
amicizia. Si occupa di musica, poesie facendo di questa attività una
passione intensa.

Il ricordo di Rosa di Armando Sorce

Ho conosciuto Rosa Balistreri a Licata, io ero molto giovane e già mi


occupavo di musica popolare ed avevo insieme ad altri amici costituito un
gruppo musicale “Gruppo Canzoniere Popolare”.
Ricordo che un‟estate Rosa Balistreri venne a Licata perché in Piazza
Progresso c‟era programmato un suo spettacolo durante la festa di
Sant‟Angelo e nella sera stessa doveva esibirsi Ciro Sebastianelli; Rosa
alloggiava all‟Hotel Al Faro, non la conoscevamo ed abbiamo chiesto di
Lei al portiere, Rosa scese ci presentammo come gruppo musicale folk,
cosa rara in quei tempi nei quali c‟era la mania per l‟esterofilia, la musica
rock , blues, jazz ecc, per cui subito si stabilì un feeling particolare, tra un
drink e un altro chiedemmo a Rosa se era possibile ritagliarci un piccolo
spazio nello spettacolo dell‟indomani, se potesse farci esibire,
contrariamente a quanto ci aspettassimo Rosa fu contenta dell‟idea e ci
promise di darci visibilità in Piazza Progresso ed in effetti fu così perché
dopo aver cantato varie canzoni Rosa ci presentò al pubblico e ci permise
di cantare tre nostri pezzi musicali; dal suo atteggiamento capii la grande
umanità di Rosa, che ci incoraggiò a continuare nella musica popolare
dandoci anche degli ottimi consigli; il suo atteggiamento verso di noi
giovani fu quasi materno, perché non solo si fidò di noi giovani
sconosciuti, musicalmente parlando, ma ci permise di cantare e ci
incoraggiò sulla strada della musica popolare.
La seconda volta che incontrai Rosa fu alcuni anni dopo in estate, io
insieme ad altri amici avevamo formato il gruppo “ Iricanti”, gruppo
Testimonianze: Armando Sorce 176

ancora attivo e nel quale ancora suono e canto, quando fummo contattati
dall‟avvocato Russo, ex dipendente del Comune, anche lui appassionato di
musica , Rosa era venuta a Licata ed era ospite in un villino, alla Poliscia,
forse dell‟avvocato Cantavenere, il signor Russo ci disse che Rosa doveva
tenere una serata con la gente che abitava nei villini viciniori e ci invitò a
partecipare attivamente con le nostre canzoni allo spettacolo di Rosa
Balistreri; la proposta ci piacque moltissimo ed anche Rosa si mostrò
disponibile, quella sera fu un successo straordinario, Rosa si esibiva con il
suo repertorio e noi con canzoni nostre e del repertorio classico siciliano,
cantammo una canzone noi ed una Rosa e la gente applaudì sia Rosa che
noi in modo veramente entusiasmante, l‟esperienza fu diversa dalla prima
perché in Piazza Progresso eravamo su un palco, qui invece eravamo tra la
gente che era seduta in mezzo a noi e l‟ambiente era molto familiare; Rosa
era molto interessata alla nostra musica tanto che registrò tutti i pezzi che
facemmo.
L‟ultimo periodo che incontrai Rosa e lo feci molti volte fu nel periodo
che frequentai l‟Università a Palermo, soggiornavo vicino la casa di Rosa,
ed abitavo in via Platania ed a un paio di isolati più avanti c‟era Via Maria
SS. Mediatrice, dove abitava Rosa in un appartamento a piano terra pieno
di quadri, alcuni importanti perché erano di Guttuso, li Rosa incontrava
molte persone ed era felice di incontrare me, mia sorella e qualche altro
amico sia perché eravamo licatesi, e sia perché musicisti di canti popolari,
stiamo parlando degli anni 80-81, anni in cui la parabola di Rosa era in
discesa, Rosa ci diceva che aveva problemi, era ferma, si dedicava di più al
teatro. Andavamo spesso a casa sua ed insieme a Lei cantavamo e ricordo
che Rosa era sempre contenta di vederci insieme alla madre che abitava
con Lei, e ci invogliava a ritornare.
Licata ha assunto un comportamento ostracistico verso Rosa, le
amministrazioni di Licata erano prevalente democristiane ma sempre
contrapposte ai comunisti e Rosa che militava nel P.C.I. non era ben vista
dall‟ambiente politico di allora.
Rosa Balistreri era unica, aveva una voce straordinaria, assolutamente
naturale, un dono che Dio le ha dato e che lei ha saputo coltivare ed
valorizzare al massimo; oggi chi canta le canzoni di Rosa commette un
grande errore se pensa di interpretarle alla maniera di Rosa, il suo registro
vocale e la sua espressività erano uniche e nessuno riuscirà mai ad imitarla;
il suo canto era molto passionale, istintivo e diretto.
Testimonianze: Armando Sorce 177

Le emozioni e le sensazioni che emanavano dalla sua voce colpivano


direttamente, non erano mediate dallo stile, dalla cultura, erano immediate
e arrivavano al cuore; dalle sue canzoni traspariva il suo vissuto riuscendo
sempre a trasmettere spaccati della propria vita della sua Licata e della sua
Sicilia, della sua triste esperienza giovanile; la vita di miseria e di dolore
trasparivano dal suo canto. Ricordo un piccolo aneddoto eravamo al Bar
Gambrinus a Piazza Progresso a Licata prima del concerto e Rosa per
scaldare la voce ordinò, e poi mi disse che lo faceva prima degli spettacoli,
un po' di whisky con un cucchiaino di zucchero, era il suo modo di scaldare
le corde vocali e poi la cosa che più ricordo è la forte personalità di Rosa
Balistreri, la grande carica umana specialmente di fronte a dei ragazzi quali
eravamo allora, e poi l‟atteggiamento quasi materno verso di noi perché tra
tanti artisti che facevano musica leggera, rock, blues, noi facevamo musica
popolare e questo per lei artista siciliana di canzone siciliane era come un
volerci indicare la strada da seguire anche dopo di lei. Una cosa che mi
addolora oggi è che non c‟è nessuna spinta nessuna programmazione da
parte del Comune, della Provincia su come ricordare Rosa Balistreri, lo
hanno fatto città come Palermo e Catania soprattutto Catania con Carmen
Consoli con l‟Etna - Fest, un operazione straordinaria con una settimana di
approfondimento culturale e concerti su Rosa Balistreri.
Licata potrebbe diventare il centro della musica popolare in Italia, la
spinta propulsiva della musica popolare, con delle iniziative poi che non
sono costosissime, perché i cantanti di musica popolari si accontentano di
poco, non sono come i cantanti di musica leggera che chiedono compensi
elevatissimi.

Armando Sorce, fin da bambino nella bottega del papà barbiere, ha


respirato musica popolare, infatti il padre a fine giornata riuniva gli amici
vicini, chi suonava il banjo, chi la chitarra, chi il mandolino o la
fisarmonica e facevano musica popolare; da giovanotto insieme ad altri
amici fonda il gruppo “Il Gruppo Canzoniere Popolare” e per decenni si
dedica allo studio della musica popolare e delle sue fonti, Vigo, Pitrè,
Favara, che diventano gli autori di alcune musiche del gruppo. Nel 1981 ha
formato insieme a Lorenzo Alario il gruppo musicale “ Iricanti”,
un‟interessante fucina di musica popolare e di tradizioni siciliane trascritte
in musica a Licata, gruppo tutt‟ora attivo.
Testimonianze: Armando Sorce 178

Il gruppo continua ad occuparsi di musica popolare e di Rosa Balistreri,


con concerti e recital portati in giro in tutta la Sicilia. Gli Iricanti oggi
sono formati oltre che da Armando Sorce (cantante e chitarrista), da
Lorenzo Alario (chitarrista e compositore dei brani del loro repertorio),
Concetta Casano(voce solista), Cinzia Marotta (voce corista), Vincenzo
Farenella (percussionista), Giampiero Iacona (bassista e zampognaro),
Nunzio Cannavò (violinista) e Mimmo de Caro (mandolinista).
Con gli Iricanti Armando ha edito un 45 giri “Forza Licata” l‟inno
sportivo del Licata Calcio con nel retro una canzone “U piscaturi” che poi
è stata recepita come sigla di chiusura dalla trasmissione “Il campanile
d‟argento” dell‟emittente televisiva Antenna Sicilia.
Agli Iricanti hanno partecipato musicisti che oggi hanno un ottimo
riscontro artistico, quali Ninni La Marca. Alessio Vitali, Calogero Marrali,
famoso batterista jazz, Vincenzo Trentino (fisarmonicista) . Oggi, dopo
qualche anno di inattività, sono ritornati sulla scena musicale più motivati e
carichi di prima.
Testimonianze: 179

Il ricordo di Rosa di Salvatore Strincone

Ho conosciuta Rosa nel settembre del 1973 in occasione della festa


dell‟Unità organizzata dal Partito Comunista di Licata con un concerto in
Piazza Progresso; io rientravo dalla Germania dove ero stato emigrante per
lavoro, premetto che con Rosa avevamo una parentela larga essendo una
Balistreri la nonna della mia prima moglie, quindi parente di Rosa. Tra gli
ospiti invitati sul palco c‟era pure Ignazio Buttitta, che aveva vinto un
prestigioso premio nazionale di poesia, premio Viareggio, mesi prima e che
si alternava a Rosa sul palco leggendo le sue poesie. Alcuni tra gli
organizzatori erano preoccupati, altri addirittura impauriti che lo spettacolo
potesse fallire perché a Licata viveva in quel periodo l‟ex marito di Rosa
Iachinazzu, spesso ubriaco e la paura consisteva nel fatto che Iachinazzu
sapendo che Rosa doveva cantare potesse salire sul palco e potesse fare del
male a Rosa, per inciso Rosa aveva dato un colpo di lima anni addietro a
Iachinazzu facendolo finire in ospedale e qualcuno paventava la possibilità
che Iachinazzu potesse avere qualche coltello, anche se gli organizzatori
avevano regalato a Iachinazzu trenta mila lire per farlo stare alla larga da
Piazza Progresso.
Nessuno degli organizzatori voleva presentare al pubblico Rosa
Balistreri ed allora io che ero giovanissimo e militavo tra i giovani
comunisti mi feci avanti dicendo agli organizzatori che l‟avrei presentata io
e così avvenne, salii sul palco e dopo un piccolo discorso politico la
presentai al numeroso pubblico come una licatese che aveva tanto sofferto,
come un‟operaia e lavoratrice perché Rosa aveva lavorato in una vetreria a
Licata, in una fabbrica per salare le acciughe, ed in un‟altra fabbrica dove
si fabbricavano le scope con le giummare, insomma la presentai come una
dei nostri, la piazza era piena. Cerano più di due mila persone in piedi,
Rosa con la sua chitarra salì sul palco e cominciò il suo repertorio con la
canzone “I pirati a Palermu” di Ignazio Buttitta, forse in onore di Buttitta
che era presente, man mano che andava avanti gli applausi del pubblico si
fecero sempre più forti e scroscianti, fu un trionfo per “Rusidda”, che era
scappata da Licata con una valigia di cartone e che ritornava da grande
artista in mezzo alla sua gente. Per nostra fortuna Iachinazzu non si fece
nemmeno vedere, andando a spendere il nostro regalo probabilmente in
qualche osteria..
Rividi Rosa un anno dopo nell‟estate del 1974 nella spiaggia di Mollarella;
Rosa era ospite di parenti a Campobello di Licata, ed era
Testimonianze: Salvatore Strincone 180

venuta nella spiaggia per godere di una giornata di relax, per prendere il
sole e tuffarsi nel mare limpido di Mollarella, portando con se la sua
inseparabile chitarra; mentre era nel suo camerino cominciò a strimpellare
e a cantare canzoni siciliane, pian pianino le persone vicine al suo
camerino si siedono sulla sabbia per ascoltarla, si avvicinano altre persone
dalla spiaggia, in una parola più di cento persone attorniano Rosa che
continua a cantare riscuotendo applausi a non finire, In quel periodo Rosa
era già affermata cantante e le persone presenti tributarono ampi consensi a
questa concittadina che gratuitamente regalava loro uno spettacolo. Dopo
due anni nella stessa spiaggia nel 1976 Rosa si ripeté cantando per i
presenti e ricordo che cantò la storia di sua sorella uccisa dal marito che
poi finirà al manicomio criminale, Rosa per far comprendere questa
canzone, che cantava come fosse una cantastorie, si soffermò spiegando
alle persone presenti quei fatti tragici, io ero vicino a Lei, quando Rosa con
forte commozione si fermò piangendo, il ricordo di quei avvenimenti la
sconvolse, dopo qualche minuto si riprese e continuò a cantare; le persone
presenti rimasero in silenzio e molti ricordo che l‟abbracciarono e la
baciarono per darle conforto.
Devo dare atto al Lions Club Licata che ogni anno organizza delle
serate in onore di Rosa Balistreri, questo compito spetterebbe al Comune
ed agli amministratori locali che invece sono sordi al richiamo culturale
che è anche ricchezza, perché Rosa ha dato lustro a Licata, Rosa è qualcosa
di speciale e dovrebbe essere il Comune a portare avanti un discorso di
valorizzazione della figura artistica di questa licatese, a fare un museo
nella casa natia di Rosa, solo un‟amministrazione aveva iniziato un
discorso di valorizzazione di Rosa, il sindaco Ernesto Licata ed il vice
sindaco Di Cara, istituendo una “Fondazione Rosa Balistreri”, la sala Rosa
Balistreri nell‟ex carcere con il materiale audio e librario che Rosa ha
lasciato a Licata, oggi tutto tace ed è una vergogna per gli amministratori
di questa città.

Salvatore Strincone, licatese, emigrato in Germania ed in Francia per


diversi anni, sostenitore una volta del Partito Comunista, si è allontanato da
questa ideologia politica dopo aver vissuto i fatti dell‟Ungheria e del muro
di Berlino. Impegnato da molti anni nel sociale, cultore della musica
folkloristica è Presidente dell‟Associazione Marinai d‟Italia a Licata.
181

TESTI E PARTITURE DELLE CANZONI DEL REPERTORIO DI


ROSA BALISTRERI

Le partiture delle canzoni sono state da me scritte dopo attento ascolto


di ogni canzone. Essendo un lavoro in cui l‟orecchio è la parte essenziale
nel recepire ogni nota, ne deriva la soggettività di ogni partitura ed anche
del testo in siciliano e della traduzione in italiano. Ogni canzone è stata
scritta rispettando la tonalità usata da Rosa Balistreri con l‟inserimento
degli accordi per chitarra. Può accadere che di una canzone vi sono diverse
registrazioni con diverse interpretazioni e quindi anche le tonalità musicali
possono variare, personalmente mi sono attenuto alla registrazione dei
dischi in vinile in mio possesso riportando la tonalità ed anche
l‟introduzione musicale da me visionata. Sicuramente per la soggettività
del lavoro potranno esservi delle note o degli accordi errati, come anche
del testo in siciliano o la traduzione in italiano, di questo chiedo venia ai
lettori; se questi mi saranno segnalati , porgo i ringraziamenti e sarà mio
compito correggerli in altre edizioni.
Più dell‟80% delle canzoni del repertorio di Rosa Balistreri sono canti
di autore ignoto che con il tempo hanno assunto la qualifica di canto
popolare, alcune invece sono di autori noti, ad esempio Buttitta, e sono
pubblicati già nei siti ufficiali di Rosa Balistreri. Potrebbe capitare che una
canzone che io ho classificato come canto popolare sia invece di un autore
da me sconosciuto o nel testo o nella partitura con il quale mi scuso
anticipatamente e riporterò le giuste rettifiche nelle eventuali ulteriori
edizioni.
Molte canzoni sono riportate nei libri di raccolta di canzoni siciliane, di
quelle che ho rinvenuto riporto copia e ricercatore vicino alla canzone.
Di tutte le canzoni del repertorio di Rosa Balistreri riporterò in questa
raccolta testi e partitura di canzoni tradizionali, tralasciando le canzoni che
hanno un autore noto sia nel testo che nella musica per ovvi motivi di
diritti d‟autore (SIAE).
182

LA VOCE DELLA SICILIA


(Tauro Record, 1969)
LA CANTATRICE DEL SUD
RCA, 1973 riedizione
(I luoghi della memoria)
ROSA BALISTRERI
Teatro del sole dicembre 1996

La notti di Natali……………………………….. pag 183-185


Caltanissetta fa quattru quarteri, ………………. pag 186
Cummari Nina cummari Vicenza……………… pag 187-188
Ddu palummi .……………………………….. pag 189-190
Guarda chi vita fa lu zappaturi ………………… pag 191
La siminzina ………………………………… .. pag 192-193
Lu venniri matinu ……………………………... pag 194-195
Mamma vi l'aiu persu lu rispettu ……………… pag 196-197
Matri chi aviti figghi a la badia ……………….. pag 198-199
Olì olì olà ……………………………………… pag 200-201
Morsi cu morsi ………………………………… pag 202-203
Quantu basilicò ………………………………… pag 203-204
S. Antoninu calati calati ………………………. pag 205

I pirati a Palermu ………………………………. pag 206-208


(aggiunto nell‟edizione del Teatro del Sole 1996)

.
Testi e partiture delle canzoni 183

A LA NOTTI DI NATALI NELLA NOTTE DI NATALE


(canto tradizionale)
A la notti di Natali Nella notte di Natale,
c‟è na festa principali c‟è una festa principale
e nascì lu Bambineddu ed è nato il Bambinello
„nmezzu lu voi e l‟asineddu. (2 volte) in mezzo ad un bue e un asinello.
Pipituni senza sali Cretino senza sale in testa,
c‟avviniri a vinnignari? devi venire a vendemmiare?
cu lu pattu ca ti fazzu con il patto che ti faccio
ca racina un ti n‟ha mangiari, che uva non ne devi mangiare!
cu lu pattu ca ti fazzu con il patto che ti faccio
ca racina un ti n‟ha mangiari. che uva non ne devi mangiare!
E susi pasturi nun dormiri chiù Ed alzati pastore, non dormire più,
lu vidi ca è natu Bambinu Gesù. (2 v) lo vedi che è nato il Bambino Gesù.
A la notti di Natali Nella notte di Natale,
c‟è na festa principali c‟è una festa principale
e nascì lu Bambineddu ed è nato il Bambinello
„nmezzu lu voi e l‟asineddu in mezzo ad un bue e un asinello
e nascì lu Bambineddu ed è nato il Bambinello
„nmezzu lu voi e l‟asineddu. in mezzo ad un bue e un asinello.
Aspettatimi tanticchiedda Aspettatemi un pochino
quantu arrivu a lu pagliaru quando arrivo al pagliaio,
mi scurdai la puddastredda mi sono scordato la pollastrella
l‟acidduzzu dintra u panaru l‟uccellino dentro il cestino,
la racina dintra u cufinu l‟uva dentro la cesta
pi purtarla a Gesù Bambinu. per portarla a Gesù Bambino.
E susi pasturi nun dormiri chiù Ed alzati pastore, non dormire più,
lu vidi ca è natu Bambinu Gesù. lo vedi che è nato il Bambino Gesù
A LA NOTTI DI NATALI
E‟ una delle più antiche e conosciute canzoni natalizie, viene cantata ancora oggi in
moltissimi paesi di tutta la Sicilia. E‟ presente in tutti i libri di raccolta di canzoni
siciliane. Tra questi la versione del “Corpus” del Favara è questa: “E la notti di Natali
c‟è la festa principali - parturiu la gran Signura nna n‟afflitta manciatura - mmenzu
l‟oi e l‟asineddu fici a Gesù bammineddu, - e ognirunu lu biniricia: chistu è lu fruttu
chi fici Maria . Il verso utilizzato è l‟ottonario con rima baciata e qualcuna incrociata. Il
ritmo utilizzato è il ¾ o valzer, ritmo delle canzoni natalizie e delle nenie. La tonalità è
La Maggiore. Vedi copia del Pitrè a pag. 459 al n. 988, anche Francesco Paolo Frontini la
riporta col nome “Il Natale” cantato dagli orbi in “Canti siciliani, 1904, De Marchi al n 5
Testi e partiture delle canzoni 184
Testi e partiture delle canzoni 185

“Canti siciliani” 2 volume 1870, Giuseppe Pitrè, al n: 17 appendice musicale

“Corpus di musiche popolari siciliane”, 1957 Alberto Favara al n: 653


Testi e partiture delle canzoni 186

CALTANISSETTA FA CALTANISSETTA CONTA


QUATTRU QUARTERI, QUATTRO QUARTIERI,
Caltanissetta fa quattru quarteri, Caltanissetta conta quattro quartieri,
la megghiu giuvintù, li surfarara. la migliore gioventù, i solfatari. (1)
La duminica su' tutti cu‟ dinari, La domenica sono tutti con i denari (2)
a lu luni a la pirrera hannu a calari. il lunedì nella zolfara devono scendere.
C‟un tintu pani e na trista lumera, Con pane duro e una triste lucerna
tutta la simanedda hannu a passari. tutta la settimana devono trascorrere (3)

1) lavoratori nelle miniere di zolfo


2) in tasca, 3) in miniera

“Corpus di musiche popolari siciliane”,


1957 Alberto Favara al n: 140

Questa canzone fa parte dei canti di


protesta dei lavoratori. Il lavoro in
miniera, un tempo comune in Sicilia,
per l‟estrazione dello zolfo, (miniera di
Pasquasia a Enna, miniera di
Passarello a Licata e miniere ad
Agrigento) e del sale (Realmonte,
Racalmuto) impiegava molti lavoratori
che conducevano una triste esistenza
alla luce delle lucerne per l‟estrazione
dei minerali che venivano convogliati nel porto di Licata o di Porto Empedocle da dove
venivano esportati in tutto il mondo.
La disagiata vita dei minatori, pirriaturi, dalla parola siciliana “pirrera” miniera, ha
dato spunto a molte poesie e canzoni su questo tema.
Questo tipo di lavoro oggi è scomparso perché l‟estrazione dello zolfo con altri
sistemi ha reso non competitivo l‟estrazione tradizionale dalle miniere che pertanto sono
state chiuse e con le miniere è terminato il periodo d‟oro di Licata che vedeva
nell‟immagazzinamento, nel raffinamento e nell‟imbarco di questo minerale una fonte
lauta di guadagno per i lavoratori e per gli imprenditori.
Molti giovani di Caltanissetta lavoravano una volta nelle miniere vicino Enna, il
lunedì scendevano in miniera forniti di pane e companatico da utilizzare per tutta la
settimana o più che restavano sottoterra e che veniva conservato in gabbiette di ferro per
evitare che i topi lo mangiassero. I topi erano naturali commensali durante i loro pasti e
non venivano uccisi perché in caso di esalazioni di gas, grisou, i minatori seguivano il
percorso di fuga dei topi. Il verso è endecasillabo con accento tonico sulle sillabe
4/6/8/10
Testi e partiture delle canzoni 187

CUMMARI NINA, COMMARE NINA,


CUMMARI VICENZA (tradizionale) COMMARE VINCENZA

Ah, cummari Nina, Ah, comare Nina,


Ah, cummari Vicenza Ah, comare Vicenza
cummari Nina, cummari Vicenza comare Nina, comare Vicenza
mittitivi a lenza mettetevi di buona lena
cca nasci u 'nguà 'nguà (1) che nasce l‟infante
S'è masculiddu, Se nasce maschietto,
lu mannu a la scola lo manderò a scuola
s‟è fimminedda cosetta mi fà se è femminuccia mi farà la calza (2)
1) 'nguà 'nguà suono onomatopeico dal 2) lavoro di cucito
pianto del bambino

“Corpus di musiche popolari


siciliane”, 1957
Alberto Favara al n: 443

Canzone lieta e frizzante da cantare durante le faccende domestiche o in coro al


lavatoio. C‟è un velato accenno alla scolarità dei bambini, diritto per il mondo maschile,
e non per le bambine, e alla condizione di lavoratrice casalinga della donna, cosa
accettata senza trauma dal popolino di allora.
Il verso è misto essendo presenti endecasillabi e altre misure; il tempo è 4/4 , vivace ed
allegro. Una partitura di questa canzone la scrisse oltre al Favara, Paolo Francesco
Frontini in “Eco della Sicilia”, 1893, Ricordi al n: 30 col nome di “Canto de‟ contadini
etnei”.
Testi e partiture delle canzoni 188

Nella raccolta Frontini c‟è questa versione “Cummari Nina, cummari Vicenza /
mittitivi a lenza cca nasci u 'nguà 'nguà, havi sett'anni, ca sugnu maritata / 'non passa
'st‟annata mi chiamu mamà, s'è masculiddu, lu mannu a la scola / su è fimminedda
quasetta si fa”
Testi e partiture delle canzoni 189

DO PALUMMI DUE COLOMBE


(canto tradizionale)

Supra na casa vitti du palummi Sopra una casa vidi due colombe
supra di iddi l‟occhi mia pusaru; sopra di loro gli occhi miei si posarono,
li vitti a cumpuneddu suli suli, li vidi accoccolati da soli
na gioia di lu cori mi scinniu. una gioia dentro il cuore mi scese.
Dintra di mia dissi e pinsau: Dentro di me dissi e pensai:
cu sapi si puri iddi hannu pinzeri chi sa se anche loro hanno pensieri
o forsi un n‟hannu vuci pi gridari, o forse non hanno voce per gridare,
lu so duluri nuddu u pò capiri. il loro dolore nessuno può capire.
Si comu a mia batti lu me cori Se come a me batte il cuore,
lu sangu d‟iddi è russu comu a nui il loro sangue è rosso come il nostro.
palummi ed acidduzzi sunnu eguali Colombe ed uccellini sono uguali
hannu la carni lu sangu e lu cori hanno la carne, il sangue ed il cuore,
biati iddi chi lu ponnu fari beati loro che possono farlo
cangianu celu vulannu cu l‟ali, cambiano cielo volando con le ali,
biati iddi chi lu ponnu fari beati loro che possono farlo
cangianu celu vulannu cu l‟ali. cambiano cielo volando con le ali

L‟attenzione del compositore si ferma su due colombe e i dubbi lo assalgono: chissà


se anche loro pensano, soffrono come gli uomini e chissà cosa ci direbbero se avessero
la parola per potersi esprimere. Dubbi che affollano la mente di noi umani e che mai
avranno una risposta.
La conclusione è che anche loro sono fatti di carne, sangue e cuore e che quindi
debbono essere rispettati perché fanno parte della vita che ci circonda.
Testi e partiture delle canzoni 190
Testi e partiture delle canzoni 191

GUARDA CHI VITA GUARDA CHE VITA FA


FA LU ZAPPATURI LO ZAPPATORE
(Giuseppe Ganduscio)

Guarda chi vita fa lu zappaturi Guarda che vita fa lo il contadino


chi notti e jornu suda e 'un avi locu, che notte e giorno suda e non ha pace,
parti di notti e torna a vint‟uri parte di notte e torna all'imbrunire
d‟invernu all‟acqua d‟inverno all‟acqua (1)
e d‟estati a lu focu. e d‟estate al fuoco. (2)
Di tanti gregni Di tanti covoni
'n ci resta na spica, non gli resta una spiga,
lu so travagghiu 'ngrassa li patruna, il suo lavoro ingrassa i padroni
po' vidi c‟a lu ventu s‟affatica, poi vede che invano s‟affatica,
li so picciotti chiancinu diuna. i suoi bambini piangono digiuni,
E pensa cu la menti scuitata E pensa con la testa disturbata
l‟amma a cangiari dobbiamo cambiare
sta sorta mischina. (due volte) questa sorte meschina.
1) pioggia 2) sole

II testo è tratto da una canzone di Giuseppe Ganduscio (Ribera, 6 gennaio 1925


– Firenze, 7 settembre 1963) (poeta italiano ed illustre personaggio siciliano) col
titolo “Lu viddanu” scritta a Firenze nel 1955. Il poeta ha messo insieme varie frasi
tipiche dei contadini che sudano e faticano per far arricchire con il loro lavoro i
proprietari terrieri; Rifacendosi ad una canzone trascritta dal Favara “Ora
ch'avemu mangiatu e avemu vivutu” canto di ringraziamento dei mietitori,
Ganduscio ha scritto questa canzone di protesta nella quale il tema della dura fatica
della vita del contadino s‟interseca con la volontà di voler cambiare “questa sorte
meschina” Canto di protesta, canto di lavoro, al centro c‟è il contadino sfruttato, 16
ore di lavoro “sotto l‟acqua o sotto il sole” “di tanti covoni non gli resta niente”, “il
suo lavoro ingrassa il padrone” mentre i figli “piangono digiuni”. “E una sorte senza
speranze e deve essere cambiata”. La terra a chi la lavora, il frutto della terra a chi
“al vento s‟affatica”. La canzone è pregna di indignazione, d‟ingiustizia sociale, di
sudore, di sfruttamento ma non di rassegnazione ed è una delle canzoni più cantate
da Rosa nei festival dell‟Unità dove riscuoteva scroscianti applausi. Rosa racconta
la vita del contadino ma è come se parlasse della sua vita, del suo lavoro: salare le
acciughe, tagliare il vetro, fare la serva, tutti lavori duri e faticosi che la fanno
identificare con il contadino. Ma non c‟è rassegnazione, anzi c‟è la volontà di lotta e
la speranza di voler cambiare questa vita dura e dare la giusta retribuzione e dignità
a chi lavora. Il verso è endecasillabo con accento tonico sulle sillabe 4/6/8/10
Testi e partiture delle canzoni 192

LA SIMINZINA (1) LA SEMENZA


(tradizionale)
Bo e l‟aribò (2) Bo e l‟aribò
ora veni lu patri tò ora arriva tuo padre,
e ti porta la siminzina e ti porta la semenza,
la rosa marina e lu basilicò, la rosa marina e il basilico,.
e ti porta la siminzina e ti porta la semenza,
la rosa marina e lu basilicò. la rosa marina e il basilico.
O figghia mia lu santu passau O figlia mia, il santo è passato
e di la bedda mi „nni spiau e della bella mi ha chiesto,
e ju ci dissi la bedda durmia ed io gli ho detto che la bella dormiva,
e dormi figghia di l‟arma mia e dormi, figlia dell'anima mia.
e ju ci dissi la bedda durmia ed io gli ho detto che la bella dormiva,
e dormi figghia di l‟arma mia e dormi, figlia dell'anima mia.
vo, vo, vo dormi figghia e fai la vò, Ninna nanna, dormi figlia e fai la nanna.
vo, vo, vo dormi figghia e fai la vò. Ninna nanna, dormi figlia e fai la nanna
1) Siminzina: la semenza, sono i semi di
zucca essiccati al sole e poi salati. 2) Bo e l‟aribò oppure Vo e l‟arivò
E‟ uso sgranocchiarli nelle feste ha il significato di Ninna, Nanna
Le ninne nanne sono canzoni cantate in tutti gli angoli della terra, sono presenti in
ogni regione italiana, in Sicilia in tutti i paesi le mamme cantano ninne nanne per
indurre il sonno ai neonati; Tutte le mamme in qualsiasi latitudine conoscono l‟effetto
tranquillante, calmante, rassicurante ed ipnoinducente delle ninne nanne, spesso il solo
accennare una ninna nanna predispone al sonno al neonato quasi per un riflesso
condizionato, a volte accompagnato da movimenti ondulatori (annacata) che sono
ritmici e che amplificano l‟induzione al sonno e molto rassomigliano all‟azione del
pendolo e delle parole rassicuranti dette dal medico durante l‟ipnosi.
Sono canzoni dolci, di vero amore materno. Il ritmo usato in quasi tutte le ninne
nanne è il 3/4 oppure 6/8, ritmo tipico dell‟andirivieni o barcarola, e dei canti natalizi
Ogni prima nota del ¾ è la nota con accento forte e corrisponde all‟inizio del
movimento ondulatorio una volta a destra e una volta a sinistra.
Il neonato, spesso per il sonno diventa irrequieto, piange, accelera il battito cardiaco e la
frequenza respiratoria, con la ninna nanna il neonato comincia a respirare seguendo il
ritmo della musica, il battito cardiaco rallenta e le pulsazioni si adeguano ai ritmi della
melodia, la tensione muscolare diminuisce, il corpo si rilassa e il bambino prova una
sensazione di benessere che è il primo passo per addormentarsi.
Lionardo Vigo, (Acireale, 25 settembre 1799 – 14 aprile 1879) poeta, filologo, nella
raccolta di “Canti popolari siciliani” pubblicata nel 1857 riporta al n: 2266 la seguente
canzone di Palermo, dalla quale è certamente tratta la “Siminzina”
(vedi copia a pag. 458 al n 2266 e copia del Pitrè a pag. 459 al n. 738)
Testi e partiture delle canzoni 193

“Corpus di musiche
popolari siciliane”,
1957 al n: 542
Alberto Favara
Testi e partiture delle canzoni 194

LU VENNIRI MATINU IL VENERDI‟ MATTINO


(canto tradizionale religioso)
Lu Vennirì matinu a ghiornu chiaru Il Venerdì mattino quando è giorno chiaro,
la Bedda Matri si misi in caminu; la Madonna si mise in cammino,
'ncuntrau a San Giuvanni pi la via, incontrò San Giovanni per la via
ci dissi: «Unni stati jennu o Matri mia?» che Le disse: “Dove andate o Madre
«Vaiu circannu lu me caru Figliu mia”“Vado a cercare il mio caro Figlio
ca lu pirdivu e nun lu pozzu asciari». perchè l‟ho perso e non lo posso trovare”
«Iti 'nta ssà casuzza di Pilatu, “Andate nella casa di Pilato,
lu iti asciari 'nchiusu e 'ncatinatu». lo troverete rinchiuso e incatenato”
Tuppi tuppi: «Cu è ddocu darreri?» Tuppi tuppi (1) “Chi è lì dietro?”
«Sugnu la tò Matruzza Addulurata». “Sono la tua mamma Addolorata”
“Oh cara Matri mia un vi pozzu apriri “O cara mamma mia non vi posso aprire
ca li giudei mi stannu 'ncatinatu. perché i Giudei mi tengono incatenato.
Jti ddocu darreri c'è l‟arginteri, Andate lì dietro c‟è il mastro argentiere,
facitici l‟aneddu a lu Signuri». fate l‟anello al Signore”
L‟aneddu a lu Signuri nun ci stavi, L‟anello al Signore non si trova
ci stannu tri chiuvidda 'e pedi 'a cruci. ci sono tre chiodini ai piedi della croce.
«Oh caru mastru chi faciti a st‟ura?» Oh caro mastro che fate a quest‟ora?”
«Fazzu tri chiova apposta pi lu Signuri». “Faccio tre chiodi apposta per il Signore”
«Oh caru mastru un li faciti a st‟ura “Oh caro mastro non li fate a quest‟ora
vi pagu la jurnata e la mastrìa». vi pago la giornata e la bravura di mastro”
«Oh cara Matri nun lu pozzu fari, “Oh cara Madre non lo posso fare,
unni c'è Gesù ci mettinu a mia». a posto di Gesù (in croce) mettono a me.
La Bedda Matri 'ntisi stu parlari, Appena la Madonna sentì questo parlare,
fici vutari: munnu, terra e mari! fece girare mondo, terra e mare.
1): suono onomatopeico del bussare

Tra i canti popolari a tema religioso questa canzone è una delle più conosciute in tutta
la Sicilia e veniva cantata il Giovedì e il Venerdì Santo in varie parti dell‟isola.
L‟Addolorata è in cerca del Figlio e lo trova incatenato nella casa di Pilato. Commovente il
dialogo della Santa Madre con San Giovanni, con il Figlio incatenato e col mastro fabbro
che fabbrica i chiodi per la croce. Nella canzone è preminente il dolore e il dramma
dell‟Addolorata nel tentativo di cambiare gli eventi dolorosi del Figlio. I canti religiosi da
tempo immemorabile hanno attratto la fantasia dei compositori che hanno lasciato pagine
straordinarie della pietà religiosa e della fede del popolo siciliano. Il dolore
dell‟Addolorata è straordinariamente interpretato da Rosa Balistreri, che, seppur nella vita
si dichiara non religiosa, in questa pagina mostra il suo interiore religioso e la vicinanza di
una mamma che ha vissuto nel dolore per la perdita di due figli appena nati con la santa
Madre di Gesù. Strutturalmente il canto è formato da endecasillabi con accento ritmico
nelle sillabe 6/10 con alcune rime baciate A/A. La tonalità musicale è La maggiore con un
tempo di ¾.
Testi e partiture delle canzoni 195
Testi e partiture delle canzoni 196

MAMMA VI L'HAIU PERSU MAMMA VI HO DISONORATA


LU RISPETTU
(tradizionale)

Mamma vi l‟haiu persu lu rispettu Mamma vi ho disonorata


di la finestra lu dalla finestra lo
(nachiti tunni e llariulè) (nachiti tunni e llariulè)
di la finestra lu fici acchianari dalla finestra l‟ho fatto salire.
di la finestra lu dalla finestra lo
(nachiti tunni e llariulè) (nachiti tunni e llariulè)
di la finestra lu fici acchianari. dalla finestra l‟ho fatto salire.
Tu parla, parla mi lu tegnu strittu Tu chiacchiera quanto vuoi, io me lo
ca schetta vecchia nun tengo stretto perchè nubile non
(nachiti tunni e llariulè) (nachiti tunni e llariulè)
ca schetta vecchia nun vogliu ristari, perché nubile e vecchia non voglio
ca schetta vecchia nun restare, perché nubile e vecchia no
(nachiti tunni e llariulè) (nachiti tunni e llariulè)
ca schetta vecchia nun vogliu ristari. perchè nubile e vecchia non voglio
Nni nni fujemu dirittu dirittu restare. Ce ne fuggiamo diritto diritto
poi comu voli Diu poi come vuole Dio
(nachiti tunni e llariulè) (nachiti tunni e llariulè)
poi comu voli Diu m‟à maritari. poi come vuole Dio mi debbo sposare.

Canto allegro e spensierato, che parla del rispetto dovuto ai genitori e


dell‟onore perso, cosa gravissima per i tempi passati, non solo per la figlia, ma
per tutta la famiglia, che per molto tempo non usciva di casa per non essere
additati dalle comari e non finire in bocca alle malelingue. Esempio ne è “Lia”
dei “Malavoglia” di Verga, che essendo diventata una “donnina” costringe la
sorella Mena a non uscire di casa, ad andare a messa di mattino prestissimo e in
un altro paesino, per non essere vista, ed addirittura Mena rifiuta le offerte
matrimoniale di compare Alfio perché la gente
avrebbe ricordato la fine della sorella.
Per la ragazza di questa canzone, però, l‟onore personale e della famiglia passa
in secondo piano, l‟importante è trovare marito, anche se ci sarà la “fuitina”,
abbandono precipitoso del tetto paterno insieme al fidanzato, con la prova
d‟amore e con il finale riparatorio del matrimonio.
Testi e partiture delle canzoni 197

“Corpus di musiche popolari


siciliane”, 1957
Alberto Favara al n: 747
Testi e partiture delle canzoni 198

MATRI CHIA VITI FIGGHI MADRI CHE AVETE FIGLI


A LA BADIA ALLA BADIA
(tradizionale)

Matri chi aviti figghi a la Badia Madri che avete figli a la Badia (1) ,
un li chianciti no chi su sarvati. non li piangete, perché sono al sicuro.
Chianciti chiddi di la Vicaria Piangete i figli della Vicaria (2)
chi sunnu privi di la libirtati. perchè sono privi della libertà
Matri chi aviti figghi carzarati Madri che avete figli carcerati
iti alla Vicaria e li viditi. andate alla Vicaria e li vedete.
iti alla Vicaria e li viditi andate alla Vicaria e li vedete.
Nui semu nda lu „nfernu carzarati Noi siamo nell‟inferno carcerati
e vui matruzzi fora chi chianciti. e voi madri fuori (3) che li piangete.
Nui semu nda lu „nfernu carzarati Noi siamo nell‟inferno carcerati
e vui matruzzi fora chi chianciti. e voi madri fuori che li piangete.
1) in convento
2) carcere borbonico a Palermo
3) fuori dal carcere

Da Canti Siciliani, 1857 Vigo


al n. 8 e al n.9 pag 264

“Canti siciliani” 1 volume 1870,


Giuseppe Pitrè”, al n: 414

Fa parte delle canzoni che Rosa Balistreri ascoltò certamente nel carcere
dell‟Ucciardone di Palermo dove fu rinchiusa per diversi mesi. E‟ un accorato appello
alle madri che non hanno più accanto i figli o perché hanno fatto i voti (Badia) o perché
sono carcerati (Vicaria). Il ricordo della madre che piange, perchè ha il figlio carcerato,
è uno dei dolori più forti per un carcerato.
Testi e partiture delle canzoni 199
Testi e partiture delle canzoni 200

OILÌ, OILÌ, OILÀ OILÌ, OILÌ, OILÀ


(tradizionale)

Oilì, oilì, oilà, pocu paroli Oilì, oilì, oilà, poche parole
palazzu fabbrica, oilì, oilì, oilà un palazzo fabbricò, oilì, oilì, oilà,
palazzu fabbrica, un palazzo fabbricò,
„nmezzu lu mari. in mezzo al mare.
„Nmezzu lu mari c‟è In mezzo al mare c‟è
na villanova una villa nuova
veni lu ventu e la, oilì, oilì, oilà viene il vento e la, oilì, oilì, oilà,
veni lu ventu e la viene il vento e la,
motta a la praia. spinge sulla spiaggia.
Tolla ntichiti, tollala là Tolla ntichiti, tollala là
tolla ntichiti, tollala là tolla ntichiti, tollala là
tolla la lallà tolla la lallà
Ci sta na picciutedda mariola Ci sta una giovinetta mariuola
di nomu ci mittemu... la chiameremo…
oilì, oilì, oilà oilì, oilì, oilà,
di nomi ci mittemu camiola la chiameremo “camiola”
Teni li capidduzzi bruni e rizzi Tiene i capelli neri e ricci
e si li strizzi oilì, oilì, oilà e se li strizza oilì, oilì, oilà,
e si li intrizza la palermitana e se li intreccia come una palermitana
Tolla ntichiti, tollallà Tolla ntichiti, tollallà
tolla ntichiti, tollalà tolla ntichiti, tollallà
tolla la lallà. tolla la lallà.

Appartiene ai canti che non hanno un tema specifico, ma il cui scopo è far
cantare per il solo piacere del canto.
Qualsiasi momento nella giornata è buono, durante le pulizie di casa, al
lavatoio, nel preparare il pasto frugale. Il cantare questo canzone denota
serenità, gioia, vitalità.
Spesso i canti similari venivano cantati in coro, al lavatoio comune o la sera
al calar del sole, quando le comari, dopo una giornata di lavoro, si riunivano nel
cortile, prima di recitare il S. Rosario, utilizzando le terze note superiori o
inferiori determinando bellissime armonie corali.
Testi e partiture delle canzoni 201

“Corpus di musiche popolari


siciliane”, 1957
Alberto Favara al n: 444
Testi e partiture delle canzoni 202

MORSI CU MORSI (tradizionale) E‟ MORTO CHI E MORTO


Morsi cu morsi, Chi è morto è morto,
cu m‟amava persi, chi mi amava ho perduto,
come fineru li jochi e li spassi! son finiti i giochi e gli spassi!
Sta bedda libirtà Questa bella libertà,
comu la persi! come l‟ho persa!
L‟hanno 'n putiri L'hanno in potere
li canazzi corsi. i cani corsi.
Chianciti tutti, li liuna e l‟ursi, Piangete tutti, i leoni e gli orsi,
chianci me matri piange mia madre
ca vivu mi persi. che mi ha perduto mentre ero vivo.
Cu dumanna di mia A chi chiede di me,
comu 'un ci fussi: (rispondete) come se non ci fossi:
scrivìtimi a lu libru di li persi.. scrivetemi (1) nel libro dei perduti.
1) il mio nome)

“Corpus di musiche popolari siciliane”, 1957 al n: 107 Alberto Favara


Testi e partiture delle canzoni 203

da “Canti Popolari” in aggiunta a quelli del


Vigo, 1867, Palermo, di Salvatore
da “Giuseppe Pitrè, La musica popolare ed Salomone Marino al n. 558 di pag. 228
il carteggio col maestro F. P. Frontini” “Raccolta amplissima di canzoni sciliane”
di Carmelina Naselli, Palermo a pag. 6 1870, Lionardo Vigo al n: 3164

Canto di carcere, si denota l‟amarezza di chi è in cella, solo, abbandonato dagli


amici, solo il ricordo della madre lenisce il dolore. Nei canti dei carcerati il ricordo
materno è una costante che si ritrova in molte poesie e canzoni; la madre è il primo
collegamento con la vita ed è la prima persona a cui si ci rivolge nel bisogno; anche chi
si è macchiato di orribili delitti si intenerisce al ricordo della madre che piange per il
figlio.

QUANTU BASILICÒ (tradizionale) QUANTO BASILICO


Quantu basilicò Quanto basilico
simini ogni annu semini ogni anno
tu mi nn'ha dari tu devi darmene
'na cima a lu jornu. un pezzettino al giorno.
Ah! si vo' lu me' curuzzu Ah! Se vuoi il mio cuore
ti lu mannu te lo mando
lu to' mi l'ha mannari il tuo dovrai mandarmi
a lu ritornu. di ritorno.
Ah! li carnuzza tua Ah! Le tue carni tenere
ciavuru fannu fanno profumo
ca cu li ciavura che a chi le odora
ci passa lu sonnu. passa il sonno.
Ah beddu ah! siddu t'avissi Ah amore mio! ah! Se ti avessi
a me' cumannu al mio comando
dumani mi susissi a manzjornu . domani mi alzerei a mezzogiorno.
Testi e partiture delle canzoni 204

“Corpus di musiche popolari siciliane”, 1957 Alberto Favara al n: 90

“Raccolta amplissima di canti siciliani”, da “Canti Popolari” in aggiunta a quelli


1870, Lionardo Vigo al n. 791 del Vigo, 1867, Palermo di Salvatore
Salomone Marino al n. 228 di pag. 112

“Corpus di musiche popolari siciliane”, 1957 Alberto Favara al n: 550


Testi e partiture delle canzoni 205

SANT‟ANTUNINU SANT‟ANTONINO
CALATI CALATI (tradizionale) VENITE, VENITE.

E Sant‟Antuninu calati calati Oh Sant‟Antonino, venite, venite


ca jù l‟annacu e vui che io lo dondolo e voi l‟addormentate…
l‟addummisciti… vo… vo… E se non dormi, bello,
E si nun dormi beddu alla testa del letto
lu capizzu ti prendo per i piedi
ti pigghiu pi li pedi e ti scuoto…vo…
e t‟arrimazzu… vo… E quando viene
E quannu veni la festa del monte
la festa di lu munti debbo comprarti
t‟aja „cattàri tante cose, tante… vo…
tanti cosi, tanti… vo… O si può o non si può
O si po‟ o nun si po‟ il vestitino per San Calogero. (1)
lu vistiteddu pi San Calò. E al sacerdote dobbiamo dirglielo
E allu parrinu ci l‟ama a diri che lo dovrei portare dal barbiere.
chi l‟avia purtari ni lu varveri. Oh Dio, come è bello
Moru ch‟è beddu, oh Dio, come è grande
moru ch‟è granni quando cresce va a comprare la carne;
quannu crisci và a ccatta la carni; maschio e bello
masculu e beddu lo dobbiamo dire
ci l‟ama a diri per dispetto dei vicini.
alla raggia di li vicini. O si può o non si può
O si po‟ o nun si po‟ il vestitino per San Calogero.
lu vistiteddu di S. Calò.
1) debbo comprare

Questa canzone è una ninna nanna antichissima, cantata ancora fino a pochi
anni fa dalle mamme siciliane, la ritroviamo in “Corpus di musiche popolari
siciliane”, 1957 Alberto Favara al n: 550
Si invoca San Antonio per far addormentare il piccolo bambino e nello
stesso tempo si lodano le bellezze del neonato; non viene ricercato il significato
delle parole, ma che queste facciano rima, e un ritmo dondolante per favorire il
sonno. I versi sono liberi come libero è il canto con accompagnamento della
chitarra senza ritmo, né tempo.
Testi e partiture delle canzoni 206

I PIRATI A PALERMU I PIRATI A PALERMO


(Ignazio Buttitta)
Arrivaru li navi Sono arrivate le navi
tanti navi a Palermu, tante navi a Palermo,
li pirati sbarcaru i pirati son sbarcati
cu li facci di „nfernu. con le facce d'inferno.
N‟arrubbaru lu suli, lu suli, Ci hanno rubato il sole, il sole,
arristammu allu scuru, chi scuru, siamo rimasti al buio, che buio,
Sicilia… chianci. oh, Sicilia… piangi.
Tuttu l‟oru all‟aranci Tutto l'oro alle arance
li pirati arrubbaru han rubato i pirati,
li campagni spugghiati le campagne spoglie
cu la neggia lassaru. nella nebbia han lasciato
N‟arrubbaru lu suli, lu suli, Ci han rubato il sole, il sole,
arristammu allu scuru, chi scuru, siam rimasti al buio, che buio,
Sicilia… chianci. oh, Sicilia… piangi.
Li culura a lu mari I colori del mare
arrubbaru chi dannu! ci hanno rubato, che danno!
su „mpazzuti li pisci i pesci sono impazziti
chi lamentu chi fannu. che lamento che fanno.
N‟arrubbaru lu suli, lu suli, Ci han rubato il sole, il sole,
arristammu allu scuru, chi scuru, siam rimasti al buio, che buio,
Sicilia… chianci. oh, Sicilia… piangi.
A li fimmini nostri Alle nostre donne
ci scipparu di l‟occhi han strappato dagli occhi
la lustrura e lu focu lo splendore ed il fuoco
c‟addumava li specchi. che illuminava gli specchi.
N‟arrubbaru lu suli, lu suli, Ci han rubato il sole, il sole,
arristammu allu scuru, chi scuru, siam rimasti al buio, che buio,
Sicilia… chianci. oh, Sicilia… piangi.

“Io ho incontrato Rosa Balistreri a Firenze, circa 22 anni fa, in casa di un


pittore mio amico. Quella sera Rosa cantò il lamento della morte di “Turiddu
Carnevali”, che è un mio poemetto. Io quella sera non la dimenticherò mai. La
voce di Rosa, il suo canto strozzato, drammatico, angosciato, pareva che
venissero dalla terra arsa della Sicilia.
Testi e partiture delle canzoni 207

Ho avuto l'impressione di averla conosciuta sempre, di averla vista nascere


e sentita per tutta la vita: bambina, scalza, povera, donna, madre, perchè Rosa
Balistreri è un personaggio favoloso, direi un dramma, un romanzo, un film
senza volto. Rosa Balistreri è un personaggio che cammina sopra un filo che
ha un cuore per tutti, che ama tutti; un cuore giovane per la Sicilia di Vittorini
e di Quasimodo, un cuore giovane per la Sicilia di Guttuso e di Leonardo
Sciascia”.
Ecco cosa pensava Ignazio Buttitta (1) di Rosa Balistreri
I versi sono di Ignazio Buttitta (19 settembre 1899 - 5 Aprile 1997) che ricorda
in questo testo le invasioni turche, ma in senso lato è rivolta all‟annessione
della Sicilia da parte dello stato Italiano.
Famose le parole di Buttitta:
”Un populu mittitilu a catina /spugghiatilu, atttupatici a vucca,
e` ancora libiru. Livatici u travagghiu, u passaportu,
a tavula unni mancia, u lettu unni dormi, è ancora libiru.
Un populu diventa poviru e servu, / quannu ci arrobbanu
la lingua addutata di patri: è persu di sempri.
Diventa poviru e servu / quannu li paroli nun figghianu paroli
e si mancianu tra d'iddi”. (2)
I temi ricorrenti nei suoi scritti sono quelli delle lotte contadine e della
conservazione della cultura siciliana.
E‟ la canzone che più delle altre dimostra il perfetto binomio tra Rosa e
Buttitta, non solo erano amici fraterni, dividevano insieme ad altri amici ad
Aspra spesso le serate davanti ad una tavola imbandita con olive, sarde salate,
pane siciliano e vino locale, ma condividevano l‟amore per la Sicilia, lo sdegno
per lo sfruttamento del lavoratore, il richiamo ad una giustizia sociale vera, la
conservazione della cultura siciliana, il canto per le bellezze della terra di
Sicilia: il mare con i suoi colori, il cielo azzurro, il sole cocente e forte. Tutto i
pirati hanno rubato, non resta che piangere, Sicilia piangi.
Il verso è settenario con accenti sulla sillaba 3/6.

1) note su Ignazio Buttitta a pag. 59-60.


2) Un popolo mettetelo in catene, spogliatelo
tappategli la bocca è ancora libero. Levategli il lavoro, il passaporto
la tavola dove mangia, il letto dove dorme, è ancora ricco.
Un popolo diventa povero e servo / quando gli rubano la lingua
ricevuta dai padri: è perso per sempre. Diventa povero e servo
quando le parole non figliano parole / e si mangiano tra di loro.
Testi e partiture delle canzoni 208
Testi e partiture delle canzoni 209

AMORE TU LO SAI LA VITA È AMARA


(Cetra Folk 1971)
Teatro del sole dicembre 2000

A curuna ……………………………………………. pag 210-211


A tirannia …………………………………………… pag 212-213
Sant‟Agata ch'è autu lu suli ………………………… pag 213-214
Lu focu di la paglia ………………………………… pag 215-216
Lu libru di li nfami …………………………………. pag 270
Lu verbu ……………………………………………. pag 217-219
Nta la Vicaria ………………………………………. pag 219
Mirrina………………………………………………. pag 220
Mi votu e mi rivotu …………………………………. pag 221-223
Ntra viddi e vaddi …………………………………… pag 224-226
Signuruzzu, chiuviti chiuviti ……………………… pag 226-228

Maria di Gesù……………………………………… pag 229-230


(inserita nell‟edizione del Teatro del sole, 2000)
Testi e partiture delle canzoni 210

A CURUNA (tradizionale) LA CORONA

Arsira lu me beddu vinni fora Ieri sera il mio amore è uscito


supra un cavaddu d‟oru volando
chi vulava. sopra un cavallo d‟oro.
Sutta li me finestri e li barcuna Sotto le mie finestre e i balconi
c‟un fazzulettu „nmanu lacrimando
e lacrimava. con un fazzoletto in mano.
S‟affaccianu lu re cu la rigina Si affacciano il re e la regina
a sta picciotta l‟hamu questa ragazza
a „ncurunari. dobbiamo incoronare.
Su picciridda Sono piccolina
e nun canciu parola e non cambio parola
a iddu vogliu solo lui voglio
e non vogliu curuna e non voglio la corona.

“Corpus di musiche popolari siciliane”, 1957 Alberto Favara al n: 513


Testi e partiture delle canzoni 211

Canto d‟amore, sicuramente cantato per le serenate alla fidanzata;


s‟intrecciano ricordi fantastici dell‟infanzia, “re e regina”, cavallo d‟oro che
vola” , “l‟incoronazione” con parole d‟amore. Strutturalmente la canzone è
formata da endecasillabi con accenti forti sulle sillabe 6/8/10; Tempo musicale
4/4 con tonalità di Sol minore
Testi e partiture delle canzoni 212

A TIRANNIA LA TIRANNIA
(tradizionale)

Ccà sutta nta stu „nfernu puvireddi Qui sotto in questo inferno (1)
ah! nui simu cunnannati poveretti, ah! siamo condannati
a tirannia. alla tirannia.

Ca „nmucca di li lupi Perché in bocca dei lupi


su l‟agneddi sono gli agnelli
ah! chianciti, Ah! piangete per me,
chianciti oh! mamma mia. piangete oh! mamma mia.

La tirannia li carcagna „ncarca La tirannia mette sotto i piedi


ah! l‟abusu e lu putiri ah! l‟abuso e il potere
strica e curca. sottomettono e fanno morire.

Ca ogni nazioni Giacchè ogni nazione


ca sta terra sbarca presente sulla terra,
si diverti cu nui si diverte con noi
sempri a la turca. sempre alla turca.

Sempri lu riccu „nfrunti Sempre il ricco


„nni rincarca ci opprime
a biviri ni tocca amara urca. e ci tocca bere da un amaro calice.

E si accussì „nni secuta la varca E se in questo modo si va avanti


ah! megliu ca ah! è meglio che
ni „nni jssimu a la furca andiamo alla forca.

1) carcere

Canto di carcerati: c‟è tutta l‟amarezza di chi è costretto a stare in prigione,


il risentimento contro il ricco ed il potente che opprime il povero, la
constatazione che in ogni parte della terra c‟è iniquità verso i più deboli,
la rassegnazione che porta a continuare a “bere il calice amaro”, la liberazione
da questa oppressione anche andando incontro alla “forca”.
Testi e partiture delle canzoni 213

“Corpus di musiche popolari siciliane”, 1957 Alberto Favara al n: 370

SANT‟AGATA, SANT‟AGATA
CH‟È ÀUTU LU SULI! COM‟E‟ ALTO IL SOLE
(tradizionale)

Sant‟Agata, ch'è àutu lu suli! Sant‟Agata com‟è alto il sole!


fallu pi carità, fallu calari. fallo per carità, fallo tramontare.
Tu non lu fari no pi lu patruni, Tu non lo fare no!, per il padrone,
ma fallu pi li pòviri ma fallo per i poveri
jurnatari. lavoratori a giornata.
Sìdici uri stari Stare sedici ore chinati
a l‟abbuccuni, con la schiena curva,
li rini si li màngianu li cani; da far soffrire lombalgie acute;
Iddu si vivi vinu a l‟ammucciuni, Egli (1) beve vino di nascosto,
a nui „nni duna l‟acqua di vadduni e a noi dà l'acqua ristagnata
unni si tennu a moddu li liani. dove si tengono a mollo gli arbusti (2)

1) il padrone
2) per fare le corde
Rosa Balistreri nei suoi canti è sempre dalla parte dei lavoratori. La sua
storia personale di miseria e di povertà, la sua esperienza politica nel partito
comunista la portano a scegliere canzoni di protesta, nelle quali forte si connota
il contrasto tra il contadino costretto a spalle curve a dissodare la terra sotto il
sole cocente della Sicilia e il padrone che si arricchisce con il lavoro dei
contadini e che beve vino mentre lascia l‟acqua ristagnata nelle pozze per
dissetare i lavoratori. Il grido di protesta è forte e deciso, come forte e decisa è la
voce della cantante. Strutturalmente la canzone è formata da endecasillabi con
accento sulla 6 e 10 sillaba. La musica ha un ritmo di ¾ , valzer lento, con
tonalità di La minore.
Testi e partiture delle canzoni 214

accordi: La- = A-
Re- = D-; Mi+= E+
Testi e partiture delle canzoni 215

LU FOCU DI LA PAGLIA IL FUOCO DELLA PAGLIA


(tradizionale)

Lu focu di la paglia pocu dura Il fuoco della paglia poco dura


quantu l‟amuri di la munzignara quanto l‟amore di una menzognera
l‟amuri ca durò menu d‟un‟ura l‟amore che durò meno di un‟ora
vampa la capricciusa di mavara. è il fuoco capriccioso
di una cartomante.
L‟occhiu amurusu miu L‟occhio mio pieno d‟amore
ti vitti chiara, surgiva d‟acqua ti vide chiara, sorgente di acqua
cristallina e pura cristallina e pura
ma mètiri li petri di ciumara ma non basta togliere
è lu risparmiu di la fugnatura. le pietre di fiume perché rimane
il fango della fognatura.
Stannu sunannu a mortu li campani Stanno suonando a morto
ora ca tu ammazzasti le campane
lu miu amuri, ora che tu hai ammazzato
lu suli ca scurò cielu e lu mari il mio amore,
e lu me cori è chinu di duluri. il sole che ha oscurato cielo e mare
e il mio cuore è pieno di dolore.
Mi lu mittisti a modu di littani Hai dato il mio cuore ai becchini
stannu scavannu fossi e sipurturi stanno scavando fosse e sepolture
cercanu crozzi e mali cristiani cercano teschi e gente cattiva
pi darimi li spini „ncanciu di ciuri per darmi spine in cambio di fiori.

La canzone parla di un amore breve durato poco “meno di un'ora”, come un "fuoco
di paglia" che si accende in fretta e in fretta scompare.
Commovente il lamento iniziale, che nasce dall‟amore tradito di una “menzognera”,
un tempo “cristallino e puro” che diventa presto “fango di fogna”. “Ora che hai
ammazzato il mio amore si è oscurato il cielo e il mare”, “le campane suonano a morto”
Tristissimo il finale: il cuore dell‟innamorato abbandonato e tradito è freddo, morto e
viene rappresentato da un cimitero pieno di “teschi e sepolture” e “da spine in cambio
di fiori”. Disperato il finale col la-la-la un lamento dal quale traspare tutto il dolore, la
delusione e la rassegnazione di aver perso l‟amata.
Strutturalmente la canzone è formata da endecasillabi con accento sulla 6 e 10
sillaba. La tonalità musicale è in Si bemolle minore (la tonalità in minore accentua
l‟amarezza e la disperazione).
Testi e partiture delle canzoni 216
Testi e partiture delle canzoni 217

LU VERBU SACCIU IL VERBO CONOSCO


(tradizionale religioso)

Lu Verbu sacciu, lu Verbu La parola di Dio conosco


haiu a diri, lu Verbu „ncarni e quella debbo recitare, il Verbo
di Nostru Signuri. di Nostro Signore fattosi carne
Dintra un truncu di cruci Sopra un tronco di croce
„happi a muriri dovette morire
pi sarvari a nuatri piccaturi. per salvare noi peccatori.
A Cruci quant‟è arta e quant‟é bella, La croce come è alta e quanto è bella
un vrazzu arriva ncelu un braccio arriva in cielo
e l‟autru „nterra. e un l‟altro in terra.
A la valli di Gesu và picciuli Alla valle di Gesù piccoli
e ranni hamu a essiri ddà. e grandi dobbiamo incontrarci
San Giuanni avanti avanti Davanti a tutti San Giovanni
cu un libru d‟oru „nta li manu ca liggia. che legge un libro d‟oro nelle mani.
Signuri pirdunatili sti poviri piccaturi! Signore perdonate
Giuvanni, comu l‟haiu a pirdunari questi poveri peccatori
ca peccanu lu Pasqua e lu Natali? o Giovanni, come debbo perdonarli
C‟haiu datu lu cunfissuri che peccano di Pasqua e di Natale?
nun si vonnu cunfissari, Ho dato loro il confessore
ci haiu datu lu pridicaturi non si vogliono confessare,
nun lu vonnu ascutari, ho dato loro il predicatore
Vo… sia a l‟infernu nfernali. non lo vogliono ascoltare
Rispunni Maria e dici: Vo…. vadano all‟inferno infernale.
cu lu dici tri voti a lettu Risponde Maria e dice: chi lo dice
non aviri paura di fiddettu tre volte a letto non avrà paura di incubi
cu lu sapi e nun lu dici chi lo sa e non lo dice
l‟armuzza sua nni la pici vedrà la sua anima bruciare nella pece
cu lu sapi e nun lu „mparirà chi lo sa e non lo imparerà
centu balati di focu avrà . cento lapidi di fuoco avrà.

Canto religioso: è l‟unica preghiera che il padre di Rosa conosceva ed è quella che
recita insieme ai figli inginocchiati nelle sere di temporali con lampi e tuoni, quando la
casa trema ad ogni tuono e sembra crollare, come è raccontato nel libro su Rosa
Balistreri del Cantavenere (1). E‟ la religiosità della povera gente che recita la sola
preghiera che conosce quando le forze della natura sembrano accanirsi contro i
meschini. E‟ la preghiera dei vinti, che si rivolgono in prima persona a Dio, senza
intermediari, senza i preti e la chiesa, chiedono perdono dei peccati, e chiedono la
protezione divina contro le avversità della vita e della natura.
1) Rosa Balistreri: una grande cantante folk racconta la sua vita, 1992,
Testi e partiture delle canzoni 218

accordi: La- = A-
Re- = D-; Mi+= E+
Testi e partiture delle canzoni 219

“Canti siciliani 2 volume 1870, Giuseppe Pitrè”, al n: 821

NTA LA VICARIA DENTRO LA VICARIA (1)


(tradizionale)

E „nta la Vicarìa ci su‟ li guai Dentro la Vicaria ci sono i guai


e massimamenti e soprattutto
cu un „nn‟havi a cui, per chi non ha nessuno,
pi tutti vennu amici e pi mia mai, per tutti vengono gli amici e per me mai,
a li grati mi l‟afferru a trarraddui. mi afferro alle grate per disperazione.

Sulu suliddu mi cuntu li guai, Solo, soletto ripenso ai miei guai,


la notti un dormu no! la notte non dormo
ca pensu a vui; perché penso a voi; (2)
pensu a dda sfurtunata di me matri penso a quella sfortunata di mia madre
a quannu la persi, nun la vitti cchiuj. quando l‟ho persa e non l‟ho vista più

1) carcere palermitano borbonico


2) donna amata

Canto di carcere: Il dolore del carcerato, abbandonato da tutti e senza più


amici, è ben rappresentato dalla voce straziata di Rosa.
Solo i ricordi della “sfortunata madre” e della donna amata leniscono
l‟orrore della vita del carcerato, non resta che afferrarsi alle sbarre quasi per
romperle coi denti.
Testi e partiture delle canzoni 220

MIRRINA (canto tradizionale) MIRRINA

Ah, ccà! Mirrina Ah, qua! Mirrina


e reggiti a lu ventu e reggiti al vento
e vatti lu violu cantu cantu, e segui la stradina di lato,
a nomu di lu Santu Sacramentu, nel nome del Santo Sacramento,
lu Patri, Figliu del Padre, del Figlio
e lu Spiritu Santu. e dello Spirito Santo.
Taglia la spiga Taglia la spiga
„ncentu voti „ncentu più di cento volte
e mentri ca tu giri e mentre tu tagli
iu cacciu a cantu io canterò
ah ccà! Mirrina, ah, qua! Mirrina
ca „nta stu furmentu perchè questo frumento
lu suli d‟oru ci jttau lu mantu. il sole d‟oro ha ricoperto
Ora ca l‟aria fu vutata para con il suo manto.
prestu ca po‟ Ora che l‟aria è cambiata tutta,
v‟asciuga la sudura presto che poi v‟asciuga il sudore,
curremu ca lu suli ca nn'affara lavoriamo sodo perché
di quannu agghiorna il sole brucia dall‟alba
„nsinu a quannu scura. al tramonto.

Amuri tu lu sai sta vita è amara Amore, tu lo sai, questa vita è amara
e sai comu la siti „nni turtura, e sai come la sete ci tortura,
si scontri a Nina se incontri Nina
cu la sò quartara con il suo recipiente d‟acqua,
dicci ca Turi sò mori d‟arsura. dille che il suo Turi muore di sete.
Canto di lavoro, intriso di invocazioni di ringraziamento a Dio, per aver dato
abbondanti messe, con il sudore del lavoro manuale del contadino che miete il
grano con la falce, patendo la sete sotto il sole cocente, mentre il pensiero va
all‟amata che lavora portando una brocca d‟acqua per dissetare i mietitori.
Il verso “Amuri tu la sai la vita è amara” ha dato il titolo all‟intero disco.
Il lavoro nei campi una volta era ben distribuito: agli uomini i lavori più duri,
dissodare il terreno, seminare, mietere con le falci, alle donne un lavoro meno
pesante, portare i “bummuli”, brocche, piene d‟acqua per dissetare durante la
stagione, spagliare ed insaccare il grano.
Testi e partiture delle canzoni 221
MI VOTU E MI RIVOTU MI GIRO E MI RIGIRO
(tradizionale)
Mi votu e mi rivotu suspirannu Mi giro e mi rigiro (1) sospirando
passu li notti „nteri senza sonnu. passo le notti intere senza sonno.
E li biddizzi tò iu cuntimplannu E contemplando le tue bellezze
li passu di la notti „nsinu a jornu. le ripenso nella notte
Pi tia nun pozzu ora fino a quando fa giorno.
cchiù durmìri Per te ora non posso più dormire
paci nun havi cchiù pace non ha più
st‟afflittu cori. questo afflitto cuore.
Lu sai quannu ca iu Tu lo sai quando
t‟haiu a lassari: dovrò lasciarti:
quannu la vita mia quando la vita mia
finisci e mori. finisce e muore.

1) dentro il letto
da “Canti Popolari” in aggiunta a quelli
del Vigo, 1867, di Salvatore Salomone
Marino al n 125 di pag. 70
e in “Raccolta amplissima di canti siciliani”
Lionardo Vigo al n 613
Il canto “Mi votu e mi rivotu” è la canzone più ascoltata del repertorio di Rosa
Balistreri ed è il canto che più viene associato a Rosa Balistreri da molti appassionati di
musica popolare siciliana o di altri generi musicali.
Il canto è molto antico, l‟autore come in quasi tutti i canti popolari, è sconosciuto.
Rosa Balistreri in un intervista afferma di aver sentito cantare questa canzone per la
prima volta dentro il carcere di Palermo, ed ha attribuito ad un carcerato la
composizione, in realtà il testo di questa canzone è presente nella raccolta di “Canzoni
siciliani” del Frontini.
Salomone Marino Salvatore nel suo libro “Canti popolari siciliani” 1867 riporta la
stessa canzone : “Nun dormu né riposu a tia pinsannu / passu li notti interi senza sonnu”.
Nei primi del 1900 viene musicato col nome di “Canzone villereccia”.
Nella canzone l‟amato spasima per l‟amata e trascorre intere notti pensando a Lei,
solo la morte potrà dividerli. La musica è dolcissima ed è un inno d‟amore che
coinvolge totalmente l‟amato da fargli perdere sonno e pace. Solo la morte potrà
dividerli.
Il verso è un endecasillabo, mentre la musica ha la tonalità di La minore con un
tempo di 6/8 caratteristico delle barcarole e ninne nanne.
Testi e partiture delle canzoni 222

accordi: La- = A-
Re- = D-; Mi+= E+
Testi e partiture delle canzoni 223

Giuseppe Pitrè, “Canti siciliani” 2 volume appendice musicale al n 5

“Canti popolari siciliani”,


1857 Lionardo Vigo, pag 180 al n: 9

Di questa canzone esistono molteplici interpretazioni della Balistreri, in alcune


aggiunge questa seconda strofa: Acula vai vulannu mari mari etc.
Da notare come in alcune versione di questa canzone il secondo verso è “passu li
notti „nterra senza sonnu” mentre in altre “passu li notti ‟nteri senza sonnu”.
Tutte e due versioni sono corrette anche se la più antica sembrerebbe essere
“notti „nterra” cosa del resto comune in estate nei campi per i contadini.
Testi e partiture delle canzoni 224

NTRA VIDDI E VADDI (tradizionale) TRA VILLE E VALLI


(La bella Agatina rapita dai turchi)
„Ntra viddi e vaddi e „nta voscura funni Fra ville e valli e tra i boschi fitti
unn‟é l‟amanti mia! di ccà mi spriu dov'è l'amante mia? di qua è scomparsa!
la vaiu pi circari e ‟un trovu dunni vado per cercarla e non trovo dove
pi lu so amuri lu munnu firriu. per amore suo giro il mondo
Mi votu cu lu mari e spiu all‟unni Mi rivolgo al mare e domando alle onde
mi dati nova di lu beni miu mi date notizie dell'amore mio,
e l‟ecu di luntanu m‟arrispunni e l'eco da lontano mi risponde,
ca schiava di li turchi si nni ju. che schiava dei turchi se n‟è andata.

M‟addisiassi la spada d‟Orlannu Desiderei avere la spada di Orlando


quantu girassi pi tuttu lu munnu per girare tutto il mondo
la mè Agatuzza „nni mori chist‟annu la mia Agatina morirà quest'anno,
cu t‟affirravi… ivi! mi cunfunnu. chi ti ha preso…ah! io mi confondo.
Fu sò mammuzza cu cori tirannu, Fu sua mamma con cuore tiranno,
la mannau a mari a circari lu nunnu; la mandò a mare a cercare il nonno:
comu ncagliasti, ‟un sintisti lu bannu come ci sei cascata! non hai sentito il bando?
‟un ci jti a mari li turchi cci sunnu. " Non andate a mare, i Turchi ci sono "

Pigliati l‟armi curriti picciotti Prendete le armi, correte picciotti


ci voli forza e curaggiu di tutti ci vuole forza e il coraggio di tutti
cu misi ncruci contro chi ha messo in croce
e cu mpindia li crocchi e chi ha appeso agli uncini,
comu traseru sti nfamazzi turchi. come sono entrati questi infami turchi.

Antica canzone siciliana ambientata nella Sicilia prima del dominio arabo (827 -
1061), allorquando le scorrerie dei turchi avvenivano lungo le coste e nei paesi
rivieraschi. Da queste scorrerie, per potersi difendere, nascono le varie torri di
avvistamento col solo scopo di vedere le navi in avvicinamento e segnalarle ai castelli
viciniori per preparare la difesa con l‟aiuto dei contadini e di tutti i cittadini. La storia
della bella Agatina, rapita dai turchi mentre andava a chiamare il nonno serve al suo
amore per incitare i giovani a lottare contro gli invasori turchi. La canzone viene
riportata dal Pitrè nel 1871 tra le leggende e storie con il nome “I pirati” nel suo libro
Canti popolari siciliani”
Nel 1875 il Marino-Salomone riporta nella sua “Storie in poesia siciliana” la
ristampa della “Historia della bella Agata prisa da li cursali nelli praij vicino a la
Licata” così come era stata stampata nel 1566 a Palermo per la stampa di Matteo
Mayda. La canzone è presente anche nel “Corpus” del Favara. L‟ultima strofa non è
presente nelle raccolte citate e si pensa che possa essere stata aggiunta dalla Balistreri.
Strutturalmente la canzone è formata da endecasillabi con accento forte sulle sillabe
6/10. Tempo di 4/4 con tonalità di Sib
Testi e partiture delle canzoni 225

accordi: Fa+ = F+; D07 = C7; Sib+= B+


Testi e partiture delle canzoni 226

“Canti siciliani” 1 volume 1870,


Giuseppe Pitrè”, al n: 419

Da Giuseppe Pitrè, la musica popolare


ed il carteggio inedito col maestro
F.P. Frontini al n. 912 di pag. 100, 101

SIGNURUZZU O SIGNORE,
CHIUVITI CHIUVITI (tradizionale) MANDATECI LA PIOGGIA

Signuruzzu chiuviti chiuviti O Signore, fa che piova, che piova


ca l‟arbulicchi su morti di siti. perché gli alberelli sono assetati.

Mannatinni una bona Mandateci una pioggia copiosa


senza lampi e senza trona. senza fulmini e senza tuoni.

Signuruzzu ‟un nni castigati Signore non ci castigate


ca lu panuzzu nni livati. perché (se non piove) il pane ci levate.

L‟acqua di „ncelu sazìa la terra L‟acqua del cielo sazia la terra


funti china di pietà. fonte piena di pietà.

Li nostri lacrimi posanu „nterra Le nostre lacrime cadono in terra


e Diu „nni fa la carità e Dio ci fa la carità.
Testi e partiture delle canzoni 227

“Corpus di musiche
popolari siciliane”,
1957 Alberto Favara
al n: 714

E‟ un canto di preghiera cantato dai contadini per impetrare da Dio la


pioggia per le campagne.
Le preghiere per la siccità erano a volte espresse singolarmente, ma spesso
insieme con processioni e canti religiosi per chiedere a Dio la pioggia sotto la
guida dei preti e con al seguito tutti i contadini con mogli e figli.
La siccità è stato sempre un problema per i siciliani, mai risolto dai vari
governi succedutisi, in particolare la città di Licata ha il triste primato di città
dell‟assetato. E‟ un problema atavico risolto in tante città d‟Italia che possono
usufruire giornalmente di acqua corrente, ma non in Sicilia e particolarmente a
Licata dove i rubinetti vedono uscire il prezioso liquido, se va bene ogni tre o
quattro giorni, e nel periodo estivo a volte anche dopo quindici giorni.
Una domanda fu fatta a Rosa dal giornalista Francesco Pira sul problema
dell‟acqua, e lei ha risposto di non comprendere come in tante altre parti d‟Italia
il problema dell‟approvvigionamento dell‟acqua fosse risolto e l‟acqua
sgorgasse dai rubinetti ogni giorno, mentre in tanti paesi della Sicilia il problema
dopo 150 anni dall‟Unità d‟Italia fosse irrisolto.
Dal punto di vista metrico la canzone è formata da vari versi, musicalmente
il ritmo è di valzer lento con tonalità di La minore
Testi e partiture delle canzoni 228

accordi: La- = A-
Re- = D-; Mi+= E+
Testi e partiture delle canzoni 229

MARIA DI GÈSU MARIA DI GÈSU


(tradizionale)

Di Trapani passàu Da Trapani passò


Maria di Gèsu Maria di Gesù (1)
„ncoddu li marinari la purtaru. a spalle la portarono i marinai.

Lì munaceddi subitu scinneru Le novizie scesero subito


ed a Maria lu velu arrigalaru. e a Maria il velo regalarono.

Maria ci arrispunniu Maria rispose


sutta lu velu: da sotto il velo:
“Figli, vi binidicu e mi nni vaiu”. “Figli, vi benedico e me ne vado”.

Tinchi, tinchi la campanedda Tinchi, tinchi (2) la campanella


vann‟annannu li virgineddi, ora vanno le novizie
vann‟annannu cu Maria ora vanno con Maria
vannu dicennu la litania. vanno dicendo la litania.

1) statua della Madonna 2) Tinchi, tinchi suono onomatopeico


che riproduce il suono della campanella
in chiesa.

Canto religioso: in molti paesi marinari, v‟è l‟usanza di far trasportare nelle
feste religiose le statue di santi o della Madonna dai marinai, come a Licata,
paese natale di Rosa Balistreri, dove per la festa di Sant‟Angelo l‟urna del santo
insieme a quattro grossi fercoli viene trasportata per le vie cittadine dai marinai.
In questa canzone v‟è il ricordo delle processioni di monache e novizie nelle
feste principali religiose. Un dì, numerose, le suore, oggi ridotte a poche decine,
avevano un ruolo ben preciso nella società, tenendo aperti collegi per diseredati
e senza nome, istruendo i bambini dell‟infanzia e delle elementari, organizzando
il lavoro negli ospedali, sfornando deliziosi dolci in una parola erano integrati
nel tessuto socio-economico dei paesi, oggi la carenza vocazionale o forse il
benessere e nuovi modelli per i giovani hanno ridotto al lumicino la presenza di
queste sorelle.
Il verso è un endecasillabo, mentre la struttura musicale dall‟iniziale 4/4 si
trasforma nel 3/4 più brioso . La tonalità e La Maggiore.
Testi e partiture delle canzoni 230
Testi e partiture delle canzoni 231

“Corpus di musiche
popolari siciliane”,
1957 Alberto Favara
al n: 720

TERRA CHE NON SENTI


(Cetra Folk 1973)
(Teatro del sole 2000 riedizione )

Canto di pesca (Canto di tonnara)…………… pag 232-233


L‟anatra …………………………………………... pag 234-235
A virrinedda ……………………………………… pag 236-237
Canto di caccia …………………………………… pag 238-239
La pampina di l‟alivu …………………………….. pag 240
Ti nni vai .......................................................... pag 241
Levatillu stu cappeddu …………………………… pag 242-243
Lu muccaturi .......................................................... pag 244-246
O Patri Manueli ………………………………….. pag 247-248
Proverbi siciliani …………………………………. pag 249-252
Terra ca nun senti ………………………………… pag 253-254
Vènniri Santu …………………………………… pag 255-256
Testi e partiture delle canzoni 232

CANTO DI TONNARA CANTO DI TONNARA


(canto tradizionale)

Ora iù vajiu a calari la Trabia Ora io vado a calare la rete


na tunnaredda tanta luminata. davanti Trabia (1)
Ma iù pi tantu nun mi lu cridìa una piccola tonnara piena di luce
d‟iri a truvari la nassa scassata. Ma io davvero non me l‟aspettavo
O Ciccu lu longu, ascùtami a mia di andare a trovare la nassa distrutta.
„nPalermu nun ci va sta luminata. Oh Francesco il Lungo, dammi ascolto
Sugnu appujatu supra a Munti Grossu a Palermo non arriverà questa barca.
viju li tunni e mi passanu arrassu. Sono appoggiato sopra Monte Grosso
E tu Trabia comu un cani corsu vedo i tonni ma passano lontano.
mi stai di supra comu un Satanassu E tu Trabia come un cane corso (2)
1)Famosa tonnara vicino Trabia, paese mi stai addosso come un satanasso
in provincia di Palermo 2) una razza di cane

Canto di pesca e di tonnara come lo stesso titolo dice.


Una pesca particolare: quella del tonno, un giorno attività fiorente in varie
parti della Sicilia dove periodicamente al passaggio dei tonni i pescatori
creavano dei lunghi corridoi nel mare con le reti costringendo i tonni a
raggrupparsi alla fine nella stanza della morte, area di mare ben delimitata dalle
reti che impedivano ai tonni di uscire sia dal fondo che dai lati, dove centinaia di
tonni venivano uccisi con le fiocine (mattanza). Oggi questa attività langue per
la diminuzione dei tonni uccisi in mare aperto da attrezzatissime navi, spesso
giapponesi. Nel canto vi sono dei riferimenti topografici, Trabia, paese vicino
Palermo, monte Grosso, montagna vicino Termini Imerese. Il pescatore è
sfortunato perchè i tonni hanno rotto le reti e li vede nuotare a largo. Non resta
che imprecare contro la sfortuna.
Il verso è un endecasillabo, la musica ha un accompagnamento con chitarra a
ritmo libero.
Testi e partiture delle canzoni 233

da Canti Siciliani, 1857 Vigo

“Corpus di musiche popolari siciliane”, 1957 Alberto Favara al n: 598


Testi e partiture delle canzoni 234
L‟ANATRA (tradizionale) L‟ANATRA
Ah! ca n'haju lu pedi, lu pedi dill'anatra Ah! qui ho il piede, il piede dell'anatra
pedi ccu pedi mi dici ca veni piede con piede mi dice che viene
e comu veni si nni va e come viene se ne va
n'haju lu pedi dill'anatra. io ho il del piede dell'anatra.
Ah ca n'haju la gamba, la gamba dill'anatra Ah! qui ho la gamba, la gamba dell'anatra.
gamba cu gamba tira ca ti „nciarma gamba con gamba tira che ti infiamma
pedi cu pedi mi dici ca veni piede con piede mi dice che viene
e comu veni si nni va e come viene se ne va
n'haiu lu pedi dill'anatra. io ho il del piede dell'anatra.
Ah ca n'haju la coscia, la coscia dill'anatra, Ah qui ho la coscia, la coscia dell'anatra
coscia cu coscia tira ca ti „ncoscia, coscia con coscia tira che ti fa svenire
gamba cu gamba tira ca ti „nciarma, gamba con gamba tira che ti infiamma
pedi cu pedi mi dici ca veni piede con piede mi dice che viene
e comu veni si nni va e come viene se ne va
n'haiu lu pedi dill'anatra. io ho il del piede dell'anatra.
Ah ca n'haju lu ciarrabbaddazzu Ah qui ho lu “ciarrabbaddazzu”,(1)
lu ciarrabbaddazzu dill'anatra lu “ciarrabbaddazzu” dell'anatra
ciarrabbaddazzu lu strinciu e l'abbrazzu “ciarrabbaddazzu” lo stringo e l'abbraccio
coscia cu coscia tira ca ti „ncoscia coscia con coscia tira che ti fa svenire
gamba cu gamba tira ca ti „nciarma gamba con gamba tira che ti infiamma
pedi cu pedi mi dici ca veni piede con piede mi dice che viene
e comu veni si nni va e come viene se ne va
n'haiu lu pedi dill'anatra. io ho il del piede dell'anatra
Ah ca n'haju la panza, la panza dill'anatra Ah qui ho la pancia, la pancia dell'anatra
panza cu panza tira ca t'avanza pancia con pancia tira che t‟avanza
ciarrabbaddazzu lu strinciu e l'abbrazzu “ciarrabbaddazzu” lo stringo e l'abbraccio
coscia cu coscia tira ca ti „ncoscia coscia con coscia tira che ti fa svenire
gamba cu gamba tira ca ti „nciarma gamba con gamba tira che ti infiamma
pedi cu pedi mi dici ca veni piede con piede mi dice che viene
e comu veni si nni va e come viene se ne va
n'haiu lu pedi dill'anatra. io ho il del piede dell'anatra
Ah ca n'haju lu pettu, lu pettu dill'anatra Ah qui ho il petto, il petto dell'anatra
e cu lu pettu mi conzu lu lettu e con il petto mi preparo il letto
panza cu panza tira ca t'avanza pancia con pancia tira che t‟avanza
ciarrabbaddazzu lu strinciu e l'abbrazzu “ciarrabbaddazzu” lo stringo e l'abbraccio
coscia cu coscia tira ca ti „ncoscia coscia con coscia tira che ti fa svenire
gamba cu gamba tira ca ti „nciarma gamba con gamba tira che ti infiamma
pedi cu pedi mi dici ca veni piede con piede mi dice che viene
e comu veni si nni va e come viene se ne va
n'haiu lu pedi dill'anatra. (due volte) io ho il del piede dell'anatra
1) “Ciarrabbaddazzu”: organo genitale dell‟anatra
Testi e partiture delle canzoni 235

“Corpus di musiche popolari


siciliane”, 1957
Alberto Favara al n: 730
Testi e partiture delle canzoni 236

A VIRRINEDDA LA VERRINA (1)


(tradizionale)

Accattari vurria na virrinedda Vorrei comprare una verrina


di notte la to porta spirtusari e di notte bucare la tua porta
vidiri gioia mia quantu sì bedda per vedere gioia mia quanto sei bella
quannu ti spogli prima di curcari! quando ti spogli prima di coricarti.
E temu ca tu fussi cussi bedda E temo che tu possa essere così bella
ca l'occhi nun m'avissiru a nurvari che gli occhi mi potrebbero accecare
lassa la porta misa a spaccazzedda lascia la porta un po‟ aperta
ca iu stanotti ti vegnu a truvari. che questa notte ti vengo a trovare.
E na varcuzza banneri banneri E una barchetta con tante bandiere
sta dia d'ammuri ni vinni a purtari questa dea d'amore venne a portare
ridìanu tutti li cilesti speri ridevano tutte le celesti sfere
trimavanu li specchi di lu mari. tremavano tutti gli specchi del mare.
Binidittu lu Diu chi ti manteni Benedetto Dio che ti mantiene
ca cussi bedda ti vosi furmari! e che così bella volle formarti!
Spampinanu li sciuri unni ca veni dove tu vai fioriscono i fiori
l'ariu tribulatu fa sirinari. l'aria tempestosa fai rasserenare.
Avia li trizzi di na Mantalena Aveva le trecce di Maddalena (2)
„ntesta si miritava na curuna in testa portava una corona
„nni la to casa nun ci sta lumera nella tua casa non c‟è lume
lu lustru lu fai tu, stidda Diana. la luce la emani tu, stella Diana.
Catina ca mi teni „ncatinatu Catena che mi tieni incatenato
catina chi „ncatini l‟arma mia catena che incateni l‟anima mia
beni ti vogliu cchiù di lu me ciatu bene ti voglio più del mio respiro
accussì criu ca vo beni a mia così credo che tu voglia bene a me.
1) trapano a mano
2) la peccatrice del Vangelo

Antichissima canzone siciliana riportata da molti studiosi della canzone


siciliana. Briosa la melodia, scanzonato il testo nel quale l‟amante vorrebbe fare
un buco nella porta della stanza dell‟amata per ammirare le sue bellezze; le da
anche un buon consiglio: lasciare la porta socchiusa per poterla andare a trovare
di notte. E‟ una serenata che molti gruppi folkloristici mettono nel loro
repertorio perché autenticamente siciliana e perché il ritmo si presta ai balletti
siciliani in modo eccellente.
Endecasillabi sono i versi, ritmo di tarantella con tonalità di La minore.
Testi e partiture delle canzoni 237

Da Raccolta amplissima di canti siciliani, 1870, Vigo


al n. 1012 e al n. 828 Vedi anche la copia del Pitrè a pag. 353 al n. 32
Testi e partiture delle canzoni 238

CANTO DI CACCIA
(tradizionale)
‟Nmezzu l‟alivi na pirnici c'è In mezzo agli ulivi c‟è una pernice
mo pigghia la spagnola e torna arrè adesso prendi il fucile e ritorna indietro,
‟Nmezzu l‟alivi na pirnici c'è in mezzo agli ulivi c‟è una pernice
mo pigghia la spagnola e torna arrè adesso prendi il fucile e ritorna indietro
curri spagnola e porta la quaglia ccà corri con il fucile e porta la quaglia qua
e si non la trovi allura, e se non la trovi subito,
luntanu si nni va lontano se ne va,
luntanu si nni va, luntanu si nni va, lontano se ne va, lontano se ne va.
la quagghia spalma l'ali e si nni va la quaglia allarga le ali e se ne va.
luntanu a la campagna si nni va. lontano in campagna se ne va.
A nmezzu a dda lumia In mezzo ad un albero di limone
na quagghia c'è una quaglia c‟è
va pigghia la spagnola e torna arrè vai, prendi il fucile e ritorna indietro,
A nmezzu a dda lumia in mezzo ad un albero di limone
na quagghia c'è una quaglia c‟è
va pigghia la spagnola e torna arrè vai, prendi il fucile e ritorna indietro;
cerc'a spagnola cerca il fucile
e porta la quaglia ccà e porta la quaglia qua
e si non la trovi allura, e se non la trovi subito,
luntanu si nni va lontano se ne va,
luntanu si nni va, luntanu si nni va, lontano se ne va, lontano se ne va.
la quagghia spalma l'ali e si nni va, la quagli allarga le ali e se ne va,
la quagghia spalma l'ali e si nni va. la quaglia allarga le ali e se ne va.
Canto di caccia. La canzone ha un ritmo brioso e coinvolgente; ricorda una delle
attività molto diffuse un tempo: la caccia, attività svolta non solo dal ceto benestante ma
anche dai contadini e che dava un aiuto alle ristrettezze economiche di un tempo.
Un dì quagli e pernici erano numerose e i cacciatori li preferivano per le carni
delicate; oggi per l‟ecosistema cambiato, per l‟uso diffuso di antiparassitari, per
l‟urbanizzazione spinta, non solo quaglie e pernici non si vedono più, ma gli stessi
conigli sono a rischio estinzione; è cambiato anche il giudizio della gente comune sulla
caccia e sul cacciatore visto non più come attività sportiva, ma come concausa alla
estinzione di tante razze di uccelli e per questo sono sempre meno i cacciatori.
Si parla della spagnola, vecchio fucile importato nel periodo di dominazione spagnola in
Sicilia, una doppietta molto efficiente e precisa. I versi sono endecasillabi tronchi,
mentre la musica ha un tempo di 4/4 con tonalità di La maggiore
Testi e partiture delle canzoni 239

La+ = A+; Re+ = D+; Mi7= E7

“Corpus di musiche popolari siciliane”,


1957 Alberto Favara al n: 196
Testi e partiture delle canzoni 240

LA PAMPINA DI L‟ALIVA LA FOGLIA DELL‟ULIVO


(tradizionale)
E la pampina di l‟aliva E la foglia dell‟ulivo
di l‟aliva la pampina. dell‟ulivo la foglia.
Veni lu ventu la cutulìa Viene il vento, la muove con forza
la cimiddìa, cascari la fa. la rompe e cascare la fa.

Antichissima canzone siciliana presente nella raccolta del Frontini, nella quale le parole
non hanno un significato, ma quel che conta è la melodia; veniva cantata dai raccoglitori
d‟olive spesso in modalità polifonica utilizzando le terze superiori od inferiori e quindi
in coro a più voci. Il canto in questo caso serviva a ritmare il tempi del lavoro e a lenirne
le fatiche. Molti gruppi folkloristici hanno incluso questa canzone nel loro repertorio sia
perché molto antica, che per la polifonia che si può fare con questo pezzo musicale.
I versi sono vari mentre la musica è una valzer lento con tonalità La maggiore
Testi e partiture delle canzoni 241

TI „NNI VAI TE NE VAI


Ti nni vai, ti nni vai... Te ne vai, te ne vai...
sula mi lassi sola mi lasci
cu quali cori tu con quale cuore tu
‟bbannuni a mia! mi abbandoni.
Lu suli si nni va Il sole se ne va
dumani torna domani torna
ma vui figliuzzu ma voi, figlio mio
nun turnati cchiù. non tornate più.
Lu suli si nni va Il sole se ne va
dumani torna domani torna “Raccolta amplissima di canti
si mi nni vaju jò se me vado io popolari siciliani”, 1870
nun tornu cchiù. non torno più. Lionardo Vigo al n: 3734

“Corpus di musiche popolari siciliane”, 1957 Alberto Favara al n: 411 e 450

Canzone triste incentrata sul tema dell‟abbandono dei figli che emigrano per
lavoro. Alcuni interpretano l‟abbandono della persona amata.
Ritmo libero nella prima parte che si trasforma in valzer lento.
Testi e partiture delle canzoni 242
LEVATILLU STU CAPPEDDU LEVATI QUESTO CAPPELLO

Levatillu stu cappeddu Levati questo cappello


ca si figghia di mastriceddu ché sei figlia di un piccolo artigiano
Cirinnà eh Cirinnà Cirinnà eh Cirinnà
nun lu vidi ca nun ti sta? non lo vedi che non ti sta?
Levatilla sta ricciata Levati questa camicetta arricciata
nun lu vidi ca nun ti sta? non lo vedi che non ti sta
Levatilla sta ricciata Levati questa camicetta arricciata
nun lu vidi ca nun ti sta? non lo vedi che non ti sta?
Levatilla sta ricciata Levati questa camicetta arricciata
ca mi pari davveru na criata perché mi sembri davvero una cameriera
Cirinnà eh Cirinnà Cirinnà eh Cirinnà
nun lu vidi ca nun ti sta? non lo vedi che non ti sta?
Levatilla sta ricciata Levati questa camicetta arricciata
ca mi pari davveru na criata perché mi sembri davvero una cameriera
Cirinnà eh Cirinnà Cirinnà eh Cirinnà
nun lu vidi ca nun ti sta? non lo vedi che non ti sta?

“Corpus di musiche
popolari siciliane”,
1957
Alberto Favara al n: 748
Testi e partiture delle canzoni 243

La- = A-; Mi7= E7; Do+ = C+; Sol7 = G7

Canto allegro, da cantare in compagnia per trascorrere qualche minuto


d‟allegria. L‟argomento trattato, il cappello o la camicia arricciata erano molto
comuni, specie il cappello, in ogni strato sociale, essendo portato dai ricchi, ma
anche dai poveri e ci ricorda come ogni canzone è legata al momento storico in
cui viene creata, proponendo come tema o un abbigliamento comune in quel
tempo come il cappello o fatti storici o un contesto sociale di quell‟epoca.
Il testo, come alcune canzoni da passatempo, non vuole dirci qualcosa, ma
soltanto insieme alla musica darci una ventata di spensieratezza e allegria.
I versi sono liberi, mentre la musica è formata da un valzer allegro con tonalità
che ondeggia tra il La minore e il Do maggiore rendendo la canzone più vivace.
Testi e partiture delle canzoni 244

LU MUCCATURI (tradizionale) IL FAZZOLETTO

E la bella mi prumisi E il mio amore mi promise


un muccaturi, un fazzoletto
mi lu prumisi a lu sciumi a lavari, me lo promise mentre lavava al fiume,
mi lu prumisi a lu sciumi a lavari. me lo promise mentre lavava al fiume.
E acqua d‟oru e sapuni d‟amuri, E acqua d‟oro e sapone d‟amore
ogni stricuni ti vurria vasari, ad ogni strofinata ti vorrei baciare,
ogni stricuni ti vurria vasari. ad ogni strofinata ti vorrei baciare .
Poi ti lu stennu Poi te lo stendo
all‟occhiu di lu suli al sole splendente
supra na rosa „ppu un s‟allurdiari, sopra una rosa per non farlo sporcare,
supra na rosa „ppu un s‟allurdiari. sopra una rosa per non farlo sporcare.
Di punta e punta Da una punta all‟altra
l‟haiu a raccamari lo debbo ricamare
e da lu mezzu n‟aquila riali, proprio al centro un‟aquila reale,
e da lu mezzu n‟aquila riali, propio al centro un‟aquila reale,
e da lu mezzu n‟aquila riali. proprio al centro un‟aquila reale.

da Canti Popolari Siciliani, 1940 Roma


“Raccolta amplissima di canti popolari
riedizione delle opere del Pitrè
siciliani”, 1870 Lionardo Vigo al n: 1864
vol. l° al n. 238 di pag. 266

Divertente canzone molto antica, tradotta in italiano con il nome di “Amor dammi
quel fazzolettino”, lo stesso tema con le medesime azioni, strofinarlo con il sapone,
stenderlo sui rami di rose, ricamarlo, il tutto condito con baci al padrone del fazzoletto, il
fidanzato.
I versi sono dodecasillabi mentre la musica è in 4/4 con la tonalità di La maggiore
Testi e partiture delle canzoni 245

La+ = A+; Re+ = D+; Mi7= E7

“Canti siciliani” 1 volume 1870,


Giuseppe Pitrè”, al n: 238
Testi e partiture delle canzoni 246

“Corpus di musiche popolari siciliane”, 1957 Alberto Favara al n: 376


Testi e partiture delle canzoni 247

O Patri Manueli O Padre Emanuele

O Patri Manueli liparotu O Padre Emanuele liparoto (1)


unni dastivu funnu cu la navi? dove avete dato fondo con la nave?
Cinquanta passi a li primi nfrunteri‟ Cinquanta passi il fondo alle prime
lu ventu comu grecu e tramuntana. avvisaglie del vento grecale e di
tramontana.
Cci muddàu la gùmina ch‟avia Gli mollò la gomena che aveva
lu curaddu cu l‟ancura pigghiaru il corallo con l‟ancora pigliarono.
stativi alligramenti liparoti Statevi allegri liparoti
ca ‟un cci lu dicu no a li trapanisi. perchè non lo dico ai trapanesi.

Stativi alligramenti liparoti Statevi allegri liparoti


ca ‟un cci lu dicu no a li trapanisi perchè non lo dico ai trapanesi
li trapanisi frischi comu rosi i trapanesi son freschi come rose…
ogni valenti a jucari si misi. ogni uomo valente si mise a giocare.

Niscìu na varca a lu scogliu di Sita Uscì una barca allo scoglio di Seta
tutti li scogli addivintaru rina tutti gli scogli diventarono sabbia
niscìu na varca… misi a banniari uscì una barca… mi misi a gridare
e ogni barca misi a calari e ogni barca cominciò a calare le reti.

1) di Lipari, isola vicino Trapani

Canzone marinaresca, vi sono reminiscenze di luoghi come Lipari, isoletta del


trapanese, Trapani, di pesca del corallo, e di pesca al tonno e della rivalità di un tempo
tra liparoti e trapanesi. Aggiunge il Favara che la pesca del corallo in questa canzone si
svolge su una barca liparota dove tra i marinai c‟è un trapanese, che giura di non rivelare
ai trapanesi il luogo dove hanno pescato il corallo, ma era un inganno perché i trapanesi
già lo conoscevano.
Antica canzone che si riscontra anche nella raccolta del Vigo.
Testi e partiture delle canzoni 248

“Corpus di musiche popolari siciliane”, 1957 Alberto Favara al n: 576


Testi e partiture delle canzoni 249

PROVERBI SICILIANI
Tutti li cosi vannu a lu pinninu Tutte le cose vanno in fondo
ed a lu peju ‟un ci si „nclina ognunu e al peggio nessuno si rassegna
a cu duna a cu leva lu distinu ad alcuni il destino dà e ad altri leva
e nun ci pari mai lu nostru dunu. e non sappiamo mai ciò che è nostro.
Nun curri paru lu nostru caminu Non corre diritto il nostro cammino
pocu cridi lu saggiu a l‟importunu il saggio poco crede all‟importuno
lu riccu mancu cridi a lu mischinu il ricco nemmeno crede al meschino
lu saziu nun cridi a lu dijunu. e il sazio non crede al digiuno.
Pi troppu ventu lu vasceddu sferra Per troppo vento il vascello sbanda
pi la gran frevi lu malatu sparra per la gran febbre il malato sparla
p‟assai cunsigli si perdi la guerra per molti consigli si perde la guerra
e pi tanti giudizii si sgarra. e per troppi giudizi si sgarra.
Lauda lu mari e teniti a la terra Loda il mare e tieni i piedi fermi a terra
pensa la cosa prima ca si sparla pensa la cosa prima di parlare
pirchì haju ntisu diri a la me terra perché ho sentito dire dalle mie parti
cu fa li cosi giusti mai li sgarra. chi fa le cose giuste mai le sbaglia.
A chiànciri figliuzza chi cci cavi A piangere figliola cosa ci ricavi
lu sangu t‟arribbelli e po‟ murìri il sangue ti ribolle e puoi morire
pacenzia ci voli a li burraschi pazienza ci vuole nelle burrasche
ca nun si mancia meli senza muschi. perché non si mangia miele senza mosche.
Ma cu du‟ lepri voli assicutari Ma chi due lepri vuole inseguire
nè unu e nè l‟autru po‟ aggarrari né una né l‟altra può afferrare
ma cu nun fa lu gruppu a la gugliata ma chi non fa il nodo all‟ago
perdi lu cuntu cchiù di na vota. perde il conto più di una volta.
Ci dissi lu jadduzzu a la puddastra Disse il galletto alla gallina
tuttu lu munnu è comu casa nostra tutto il mondo è come casa nostra
ci dissi la padedda a la gradiglia disse la padella alla graticola
haiu pisci grossi mancia e no fragaglia. ho pesci grossi: mangia! e non frattaglie.
Accosta veni ccà mancia carduna Accosta vieni qua mangia cardi
ca a lu casteddu mancianu picciuna perché al castello mangiano piccioni
rispunni e dici lu ziu Nicola risponde e dice lo Zio Nicola
si la pignata ‟un vuddi nun si cala. se la pentola non bolle non si versa la pasta.
Lu picuraru ca fa la ricotta Il pastore che fa la ricotta
lu sapi iddu l‟amici c‟aspetta lo sa lui gli amici che aspetta
la furca nun è fatta pi lu riccu la forca non è fatta per il ricco
è fatta pi la testa di lu porcu. è fatta per la testa del porco.
„Nni la testa d‟un maiali Nella testa d‟un maiale
tu ci manci tu ci sciali tu ci mangi, tu ci sciali
„nni la testa d‟un cunigghiu nella testa d‟un coniglio
nenti lassu e nenti pigghiu. niente lascio e niente piglio.
Timpirateddu ti vivi lu vinu Pian pianino ti bevi il vino
ca ti teni lu stomacu ntonu ché ti tonifica lo stomaco
Testi e partiture delle canzoni 250
cu ammucciau lu latinu chi ha nascosto il latino
fu gnuranza di parrinu. fu ignoranza di prete.
‟Un c‟è festa e nè fistinu Non c‟è festa né festino
si ‟un c‟è un monacu e un parrinu se non c‟è un monaco e un sacerdote
ma lu monacu da Badia ma il monaco della Badia
a Gesù lu patrunia, a Gesù lo chiama padrone.
C‟è la monica di casa C‟è la monaca
a Gesù lu stringi e vasa di casa a Gesù lo stringe e bacia
„nni la casa di Gesù nella casa di Gesù
„nzoccu trasi ‟un nesci chiù. quel che entra non esce più.
Ma cu havi na bona vigna Ma chi ha una buona vigna
havi pani, vinu e ligna e lu trivuli e ha pane, vino e legna e il pianto
lu beni cu cci l‟havi si lu teni. ed il bene chi ce l‟ha se lo tiene.
Quannu chiovi di matina Quando piove di mattina
pigghia l‟aratru e và simina prendi l‟aratro e vai a seminare
quannu veni lu giugnettu lu frumentu sutta lu quando viene giugno
lettu, ma la luna di jnnaru il frumento sotto il letto, ma la luna
luci comu jornu chiaru. di gennaio luccica come giorno chiaro.
Signuruzzu chiuviti chiuviti O Signore fate piovere, fate piovere
ca l‟arburiddi su morti di siti perchè gli alberelli sono assetati
e si acqua ‟un nni mannati e se acqua non ne mandate
semu persi e cunsumati siamo perduti e rovinati.
L‟acqua di „ncelu sazìa la terra L‟acqua del cielo sazia la terra
funti china di pietàti, fonte piena di pietà
li nostri lacrimi posanu nterra le nostre lacrime cascano a terra
e Diu „nni fa la carità. e Dio ci fa la carità.
Nesci, nesci suli, suli pi lu santu Sarvaturi, Esci, esci sole, sole per il Santo Salvatore
‟etta un pugnu di nuciddi getta un pugno di noccioline
arricrìa li picciriddi fai gioire i bambini
etta un pugnu di dinari arricrìa li cristiani,‟etta butta un pugno di denari fai contenti gli uomini,
un pugnu di fumeri butta un pugno di concime
arricrìa li cavaleri. fai contenti i cavalieri.
Antonio Veneziano: Poesie
I proverbi sono presenti in tutte le società e sono il
concentrato dell‟esperienza degli anziani, che con poche
parole riescono a racchiudere grandi verità, che sono
sempre valide in tutti i continenti. Il Verga nel suo
“Malavoglia” ne cita diversi decine; intere biblioteche si
possono formare raccogliendo tutti i proverbi siciliani
Ogni paesello ha i suoi proverbi, anche se alcuni uguali con piccole variazioni. In
questa canzone vi sono moltissimi proverbi e provengono da tanti paesi; uno più
interessante e profondo dell‟altro, uno più vero dell‟altro. La prima parte dei versi sono
formati da endecasillabi, la seconda parte da ottonari, la musica presenta un tempo di 4/4
con tonalità di Mi maggiore.
Vedi copia da “Canti siciliani, 1857 del Vigo a pag. 458 al n. 72 “Pi lu gran tempu lu
vascellu sferra” e copia del Pitrè a pag. 459 “Nesci nesci, suli suli” al n. 8
Testi e partiture delle canzoni 251
Testi e partiture delle canzoni 252
Testi e partiture delle canzoni 253

TERRA CA NUN SENTI TERRA CHE NON SENTI


maestro Alberto Piazza

Malidittu ddu mumentu Maledetto quel momento


ca grapivu l'occhi 'nterra che ho aperto gli occhi sulla terra,
'nta stu 'nfernu. in questo inferno.
Sti vint'anni di turmentu Questi vent'anni di tormento
cu lu cori sempri 'n guerra col cuore sempre in guerra,
notti e gghiornu. notte e giorno.
Terra ca nun senti ca nun voi capiri Terra che non senti, che non vuoi capire,
ca nun dici nenti vidennumi muriri. che non dici niente vedendomi morire.
Terra ca nun teni Terra che non trattieni
cu voli partiri e nenti cci duni chi vuole partire e niente dai
pi falli turnari. per farli tornare.
E chianci, chianci, ninna oh E piangi, piangi, ninna oh!
Maliditti tutti st'anni Maledetti tutti questi anni
cu lu cori sempri 'n guerra col cuore sempre in guerra,
notti e gghiornu. notte e giorno.
Malidittu, cu t'inganna Maledetto chi ti inganna
prumittennuti la luci promettendoti la luce
e a fratillanza e la fratellanza.
Terra ca nun senti ca nun voi capiri Terra che non senti, che non vuoi capire,
ca nun dici nenti vidennumi muriri che non dici niente vedendomi morire.
terra ca nun teni cu voli partiri Terra che non trattieni chi vuole partire
e nenti cci duni pi falli turnari e niente dai per farli tornare
e chianci, chianci, ninna oh e piangi, piangi, ninna oh!

Questa canzone “Terra ca nun senti” da il titolo all‟album omonimo di Rosa


Balistreri. Sembra il resoconto della prima parte della vita della Balistreri, “vent‟anni di
turmentu cu lu cori sempri in guerra”. La vita così vissuta è una maledizione ed allora
“malidittu dru mumentu ca grapivu l‟occhi in terra” “maliditti tutti st‟anni”.
La canzone è di forte impatto, esprime l‟attaccamento alla terra di Sicilia, ma è
anche un forte rimprovero a questa terra bella, ma desolata, che vede morire i propri
figli, li vede partire emigrati e non fa niente. Il rimprovero è in effetti rivolto ai politici,
alla miope politica sul lavoro, ai governanti di Roma che fanno languire questa terra
piena di bellezze paesaggistiche, di risorse culturali non sfruttate; non resta altro da fare
che piangere, stessa conclusione della canzone “I Pirati a Palermu” di Buttitta: “Sicilia
chianci”. (vedi a pag. 206-208)
Testi e partiture delle canzoni 254
Testi e partiture delle canzoni 255

VENNIRI SANTU VENERDÌ SANTO


(tradizionale religioso)

Vènniri Santu, vènniri matinu Venerdì Santo, venerdì mattino


quannu la Matri Santa quando la Madre Santa
si misi „ncaminu si mise in cammino
scuntrau na vicchiaredda pi la strata incontrò una vecchietta per la strada
ed era la Vironica chiamata. ed era la Veronica chiamata.

Bona donna un omu Buona donna un uomo


hatu scuntratu avete incontrato
nni lu visu è tuttu „nchiajatu che ha il volto tutto piagato
vistutu cu na vesta lavurata vestito con una veste lavorata
beddu ca nuddu tanto bello che nessuno
cci po‟ assumigliari. gli può somigliare.

Bona donna un omu Buona donna un uomo


hajiu scuntratu ho incontrato
e nni lu visu è tuttu nchiajatu e il suo volto è tutto piagato
la facci cu stu velu la faccia con questo velo
cci haju asciucatu gli ho asciugato
e lu so visu m‟arristò stampatu. ed il suo viso mi è rimasto stampato.

Giuda, Giuda tradituri Giuda, Giuda traditore


tradimentu a mia facisti tradimento mi hai fatto
e pi trentatrì dinari e per trentatre denari
a me figgliu ti vinnisti. mio figlio ti sei venduto.

Canto religioso che riferisce il ricordo della Veronica e del suo velo con impressa la
faccia sanguinante del Cristo. E‟ un episodio della salita al Calvario di Gesù Cristo,
riportato nei Vangeli, che è rimasto vivo nella religiosità popolare come è dimostrato dai
tanti quadri, poesie e canzoni che riportano l‟avvenimento.
Maria cerca suo figlio e chiede notizie ad una sconosciuta per l‟appunto la Veronica
che le risponde di aver incontrato un uomo con il viso”tutto „nchiaitu” con
innumerevoli piaghe e di averlo asciugato con un velo sul quale è rimasta stampata
l‟immagine di Gesù.
Endecasillabo è il verso, mentre musicalmente abbiamo un tempo di valzer lento,
tristissimo, con tonalità altrettanto triste quale quella minore e cioè La minore.
Testi e partiture delle canzoni 256
Testi e partiture delle canzoni 257

NOI SIAMO NELL' INFERNO CARCERATI


(Cetra Folk 1974
(Teatro del sole maggio 2000 riedizione)

Amici amici chi n Palermu jti, ………………………………. pag 258


Amici, amici, quarari! quarari! ………………………………pag 259
Buttana di to mà………………………………………………. pag 260
Cuteddu ntussicatu ………………………………………….. pag 261
Chista è la vuci mia …………………………………………... pag 261-262
Judici ca la liggi studiati …………………………………….. pag 263
La me liti ……………………………………………………… pag 264
Lassarimi accussì …………………………………………….. pag 265-266
M'arrusicu li gradi …………………………………………… pag 267-268
Sugnu comu un cunigliu ……………………………………… pag 269
Nfamità ……………………………………………………… pag 270
Càrzari ca si fattu cruci cruci ……………………………… pag 270
Testa di mortu ……………………………………………… pag 271
Morsi cu morsi ……………………………………………… pag 202-203
Matri ch'aviti figli …………………………………………… pag 198-199
Càrzari Vicarìa ……………………………………………… pag 272
Testi e partiture delle canzoni 258

AMICI AMICI AMICI, AMICI


CHI „N PALERMU JTI CHE A PALERMO ANDATE
(tradizionale)

Amici amici chi „n Palermu jti Amici, amici, che a Palermo andate
mi salutati dda bedda citati, salutatemi quella bella cittadina,
mi salutati li frati e l‟amici salutatemi i fratelli e gli amici
puru ddà vicchiaredda ed anche quella vecchietta
di me matri. di mia madre.
Spiatinni di mia chi si nni dici, Cercate di sapere cosa si dice di me,
si li me cosi sunnu cuitati, se le mie cose sono tranquille,
ca siddu voli Diu, comu si dici perché se Dio vuole, come si dice
pur‟iu cci haju a jiri a libirtati. pure io sarò libero presto.

“canti popolari siciliani”, 1857


Lionardo Vigo al n: 7 pag 264

“La Sicilia musicale”, 1891 Leopoldo Matrigli,


Saggio di 40 melodie, pag 22

Canto di carcere. La solitudine è il peggior male per un carcerato, ed appena un


amico lo va a trovare, oppure un carcerato sta per uscire, il morale sale ed allora si vuol
conoscere la vita di fuori, cosa pensano di lui gli amici, e se le sue vicende giudiziarie si
stanno sistemando, ma soprattutto si invia un saluto alla cara vecchietta: la madre che
aspetta la libertà del figlio. La speranza e la fiducia in una prossima uscita dal
carcere rendono l‟atmosfera tetra di un carcere meno pesante. Ritroviamo questa
canzone anche in Paolo Francesco Frontini “Eco di Sicilia” 1939, Ricordi al
n: 20 col nome di “Canto del carcerato”.
Testi e partiture delle canzoni 259

AMICI AMICI AMICI AMICI,


QUARARI! QUARARI! CRETAI
(tradizionale)

Amici, amici, quarari! quarari! Amici, amici, caldaie caldaie (1),


faciti na quarara di liscia fate un pentolone di liscivia (2)
ca sti pirocchi mi vogliu squarari perché questi pidocchi voglio ammazzare
cu su „nisciutu di la vicaria per chi è uscito dal carcere.
Curriti tutti mastri pettinari Correte tutti maestri pettinagnoli (3)
faciti tanti pettini pi mia costruite tanti pettini per me,
sì nun c‟è corna faciti sirrari se non ci sono corna fate segare
li corna a chiddi le corna a quelli che
chi „nfamarunu a mia. mi hanno accusato ingiustamente.

1) quarari o quadara o caldaia 2) soda caustica


Il verso a modo di proverbio lo si 3) maestri che costruivano i pettini
dice per gli amici di cui non si ci con le corna dei buoi
fida

da Canti Popolari Siciliani, 1940 Roma


riedizione delle opere del Pitrè
vol. l° al n. 409 di pag. 331

Canzone di carcere attribuito ad AntonioVeneziano, poeta del 1500, morto carcerato


nel 1593 a Palermo per l‟esplosione della polveriera del castello a mare.
E un invocazione agli amici ed ai maestri pettinagnoli per vendicare chi è in carcere.
Nel pentolone vuole farci bollire i pidocchi e dal pettinagnolo vuole tanti pettini fatti
però con le corna degli infami che lo hanno denunciato alla giustizia.
Testi e partiture delle canzoni 260

BUTTANA DI TO MA‟ PUTTANA DI TUA MADRE


(tradizionale)

Buttana di to mà, ngalera sugnu Puttana di tua madre, in galera sono


ah senza fari un milèsimu di dannu ah! senza fare un millesimo di danno
Tutti li amici me' cuntenti foru ah! tutti i miei amici son rimasti contenti
ah quannu ncarzareteddu ah! quando in carcere
mi purtaru mi portarono
Ah tutti li amici me' ah! tutti i miei amici,
nfami e carogna infami e carogna
ah chiddu ca si mangiàu la castagna(1) ah! maledetto il delatore
ah quannu arristaru a mia ah! quanto mi hanno arrestato,
era „nnucenti. io ero innocente.
Ah era lu jornu di tutti li santi Ah! era il giorno di ognissanti
e nun sugnu mortu no, su' viv'ancora, e non sono morto no!
ogghiu cci nn'è nta la lampa sono ancora vivo,
e ancora adduma (2) olio ce n‟è in questa lampada
Ah si voli Diu e nesciu di sta tana ed ancora accende
a risposta cc'aiu a dari ah! se vuole Dio ed esco da questa tana
a l'impamuna, ann'a finiri sti una risposta debbo dare agli infami,
vintinov'anni debbon finire questi venti nove anni
ùnnici misi e vintinovi jorna, undici mesi e ventinove giorni,
ùnnici misi e vintinovi jorna undici mesi e ventinove giorni

1) mangiare la castagna è sinonimo di


delazione alle forze dell‟ordine
2) ho ancora molti anni da vivere

Dal libro Canti siciliani in aggiunta a quelli


del Vigo di Salvatore Salamone Marino al
n. 579

Dare della puttana alla madre di un nemico è la massima offesa che si può fare in
Sicilia e questo è l‟epiteto che il povero carcerato da al delatore che lo ha consegnato
alla giustizia. Anche gli amici lo hanno abbandonato, ma il suo fisico è robusto e fra
ventinove anni darà una giusta risposta agli infami che lo hanno denunciato.
Testi e partiture delle canzoni 261
CUTEDDU „NTUSSICATU COLTELLO INTOSSICATO
(tradizionale)

Tegnu un cuteddu Tengo un coltello


tantu „ntussicatu così intossicato
ca „zzoccu tocca che quel che tocca
„nchiaja ed è pirdutu; diventa piaga ed è perduto;
„nfunnu a lu „nfernu in fondo all‟inferno
l‟hannu fabbricatu l‟hanno fabbricato
e a la vinnitta poi fu vinnutu e per la vendetta poi fu venduto.
Lu tradimentu sempri Il tradimento sempre
ha vinnicatu ha vendicato
e cchiù d‟un cori fausu ha firutu e più di un falso cuore ha ferito
e si a lu pettu un jornu e se al petto un giorno
l‟haju appizzatu lo troverò conficcato
è signu ca stu cori fu tradutu. è segno che questo cuore fu tradito.

CHISTA È LA VUCI MIA QUESTA E‟ LA MIA VOCE


(tradizionale)
Vinutu sugnu vinutu Son venuto
dintra la vicaria, dentro il carcere,
vinni pi fariti sentiri son venuto per farti sentire
chista è la vuci mia. questa è la mia voce.
Siddu nun pigghiu sbagghiu Se non erro
chista e la porta amata questa è la porta amata
d‟unni facia la guardia dove facevo la guardia
nuttata pi nuttata. nottata dopo nottata.
Figghiu tu pigghi sbagghiu Figlio, stai sbagliando
di lu tempu passatu del tempo passato
a nautru beddu giovani a un altro bel giovane
lu cori cci haiu datu il cuore ho dato.
Lu santu diavuluni!!! Oh! Santo diavolone!!!
chistu iu un lu sapia questo non lo sapevo
m‟accuntintava moriri mi sarei accontentato di morire
… amari a tia,
e nun che amare te
m‟accuntintava a moriri mi sarei accontentato di morire
dintra a la vicaria. dentro il carcere.
Testi e partiture delle canzoni 262

“Corpus di musiche popolari siciliane”, 1957 al n: 471 Alberto Favara


La- = A-; Re- = D-; Mi7= E7
Testi e partiture delle canzoni 263

JUDICI CA LA LIGGI GIUDICI CHE LA LEGGE


STUDIATI STUDIATE
(tradizionale)

Judici ca la liggi studiati Giudici, che la legge studiate


nun sapiti lu „nfernu unni si trova, non sapete l‟inferno dove si trova,
va jiti nni li vecchi carzarati andate dai vecchi carcerati
ca iddi vi nni ponnu dari nova; che loro possono darvi notizie;
truvati deci giuvani assettati troverete dieci giovani seduti
dda n‟mezzu là in mezzo
c‟è lu mastru di la scola c‟è il professore della scuola
di fogliu e fogliu lu libbru vutati di foglio in foglio il libro girate
lu „nfernu nta li carzari si trova l‟inferno nelle carceri si trova.

“Corpus di musiche
popolari siciliane”,
1957 Alberto
Favara al n: 467

“Raccolta amplissima di canti



popolari siciliani”, 1870
Lionardo Vigo al n: 3152
Testi e partiture delle canzoni 264
LA ME LITI LA MIA LITE
(tradizionale)

Dumani si discirni la me liti Domani si discute la mia lite


„nmezzu di setti judici e avvocati. in mezzo a sette giudici ed avvocati.
Spiatini di mia chi sinni dici Chiedete di me, della mia posizione
siddu in Palermu se a Palermo
vaju a libirtati. vado ad acquistare la libertà.


Testi e partiture delle canzoni 265

LASSARIMI ACCUSSÌ LASCIARMI COSÌ


NUN TI CUNVENI NON TI CONVIENE
(tradizionale)

Lassarimi accussì nun ti cunveni, Lasciarmi così non ti conviene,


lassarimi accussì senza ragiuni: lasciarmi così senza ragione:
un tempu mi vulevi tantu beni, un tempo mi volevi tanto bene
ora su' carzaratu e m'abbannuni! ora sono carcerato e m‟abbandoni!
Ma pensatilla a senzii sireni, Ma pensaci ora con calma,
pensacci ca fu iu ricordati che sono stato io
lu primu amuri. il primo amore,
'nta ssu pittuzzu un siggillu teni: nel tuo petto un sigillo tieni:
du' palureddi scritti due paroline scritte
a l'ammucciuni. di nascosto:
Lassarimi accussì nun ti cunveni, Lasciarmi così non ti conviene,
lassarimi accussì senza ragiuni: lasciarmi così senza ragione:
un tempu mi vulevi tantu beni, un tempo mi volevi tanto bene
ora su' carzaratu e m'abbannuni! ora sono carcerato e m‟abbandoni!

da “Canti Popolari” in aggiunta a quelli del Vigo, 1867, Palermo


Salvatore Salomone Marino al n. 577 e
“Raccolta amplissima di canti popolari siciliani”, 1870
Lionardo Vigo al n: 3186
Testi e partiture delle canzoni 266


Testi e partiture delle canzoni 267

M'ARRUSICU LI GRADI MI RODO LE GRATE


E LA CATINA E LA CATENA
(tradizionale)

M'arrussicu li gradi e la catina, Mi rodo le grate e la catena


la rragia mia lu cori cunsuma, la rabbia il cuore mi consuma,
la rragia mia lu cori cunsuma; la rabbia il cuore mi consuma,
Di notti e jornu, Di notte e di giorno,
di sira e matina dalla sera al mattino
mi vaju dànnu la testa a li mura. mi sbatto la testa contro i muri,
mi vaju dànnu la testa a li mura. mi sbatto la testa contro i muri,
Mi spirtusa lu senziu Mi buca il cervello
'na virrina, un trapano a mano,
sempri davanti sempre davanti
l'haju la mè sfurtuna. io ho la mia sfortuna,
sempri davanti sempre davanti
l'haju la mè sfurtuna. io ho la mia sfortuna,
Mi spacchirò la testa qualchi sira, Mi spaccherò la testa qualche sera,
megghiu la morti chi sta sipultura, meglio la morte che stare sepolti, (1)
megghiu la morti chi sta sipultura. meglio la morte che stare sepolti
1) in carcere

“Raccolta amplissima di canti popolari siciliani”, 1870 Lionardo Vigo al n: 3196


e da “Canti Popolari” in aggiunta a quelli del Vigo, 1867, Palermo
di Salvatore Salomone Marino al n. 591 di pag. 239

Amaro e triste canto di carcere, dove si evince la disperazione e una rabbia


così forte da voler spezzare i ferri delle finestre e delle catene con i denti e da
sbattersi la testa contro i muri. Meglio morire che stare in carcere
Testi e partiture delle canzoni 268


Testi e partiture delle canzoni 269

SUGNU COMU UN CUNIGGHIU SONO COME UIN CONIGLIO


(tradizionale)

Sugnu comu un cunigghiu Sono come un coniglio


„nta la tana dentro la tana
firriatu di sbirri e traditura, circondato da gendarmi e traditori,
lu Capitanu m‟havi pi la lana il Capitano mi tiene per la testa
nun sacciu a quali judici mi duna. non so a quale giudice mi vende.
Sugnu jttatu Sono gettato via
pi lignu di vara come il legno di una bara
ed è tutta na chiaja la me pirsuna, e son ricoperto di piaghe
si n‟atra vota sona la campana se un‟altra volta suona la campana
scippamuci la testa a li „nfamuna . tagliamoci la testa agli infami.

“Canti Popolari Siciliani”, 1940 Roma riedizione delle opere del Pitrè vol. l° al n
399 di pag. 327
“Raccolta amplissima di canti popolari siciliani”, 1870 Lionardo Vigo al n. 3219


Testi e partiture delle canzoni 270

„NFAMITA‟ INFAMITA’
(tradizionale)

Lu libbru di li „nfami t‟accattasti Il libro degli infami ti sei comprato


la prima „nfamità mi la ficisti. la prima infamità me l‟hai fatta.
Nun sentu ne rilogiu e ne campana Non sento ne orologio e ne campana
ca mi sentu „ncatinatu perché mi sento incatenato
comu un cani. come un cane.
Sentu chiamari mamma Sento chiamare mamma
e m‟allamicu e mi rattristo
chi mamma… ma quale mamma…
m‟arrispunni la catina. la catena mi risponde
Ammazzari vurria Ammazzare vorrei
cu sì vosi chi ha voluto così
na palla vecchia una palla vecchia
e un pugnu di lupara. e un pugno di lupara.

CARZARI CA SI FATTU CARCERE CHE SEI DIVENTATO


CRUCI CRUCI UNA CROCE
(tradizionale)

Carzari ca si fattu cruci cruci Carcere che sei diventato una croce
malidittu ddu „nfami ca ti fici maledetto quell‟infame che ti ha fatto
si miritava d‟anima dannata. si meriterebbe l‟anima dannata.
Iddu pi primu la galera a vita Lui per primo la galera a vita
carzari funnu e cuncavata tana carcere profondo e tana concava
ogn‟unu di valuri t‟abbannuna ogni uomo di valore ti abbandona
si costruitu a na parti stramani sei costruito in una zona fuori mano
unni nun passa mancu lu scursuni. dove non passa neanche un serpente.
Mi ci hannu misu a mia Mi hanno messo li dentro
comu un cani come un cane
e „ncatinatu peggiu di un liuni e incatenato peggio di un leone
pi pani mi manciai carduna amari, per pane mi son mangiato cardi amari,
pi acqua mi vivia lu me suduri. per acqua mi son bevuto il mio sudore.
Testi e partiture delle canzoni 271

TESTA DI MORTU TESTA DI MORTO


(tradizionale)

Stanotti „nsonnu mi vinni Questa notte durante il sonno


a „nsunnari, ho sognato,
„nsonnu mi vinni in sogno mi è apparsa
na testa di mortu. una testa di morto.
Iu cu dda testa mi misi a parlari Io con quella testa mi misi a parlare
cci dissi: o testa chi nova mi porti? le dissi: che novità mi porti?
Caru amicuzzu miu teniti forti Caro amichetto, tieniti forte
Ca quannu e ura perchè quando sarà ora
ti vegnu a pigliari ti verrò a prendere.

“Corpus di musiche popolari siciliane”, 1957 Alberto Favara al n: 176

Il tema è simile alla famosa canzone siciliana “Vitti na crozza”, (1) anzi è verosimile
che quest‟ultima è una versione di “Testa di mortu” ritrovandosi copia nel “Corpus” del
Favara al n. 177 con questa dicitura: Stanotti „nsonnu mi vinni a nsunnari,„nsonnu
mi vinni na crozza di mortu e ccu dda crozza mi misi a parrari " Tu dimmi
crozza chi nova mi porti ? “
1) vedi “Vitti na crozza” a pag.311-312
Testi e partiture delle canzoni 272

CARZARI, VICARIA (tradizionale) CARCERE, VICARIA


Carzari, vicaria, la Favignana Carcere, vicaria, la Favignana, (1)
lu casteddu di santa Caterina. il castello di Santa Caterina (2)
Malidittu cu fici santu Vitu maledetto chi ha fatto San Vito (3)
dintra e di fora è di ferru allannatu. dentro e di fuori è tutto ferro.
Cu cci havi un frati Chi ha un fratello
e cu cci havi un maritu e chi ha un marito
nni ddu misiru locu scunsulatu. in quel misero luogo sconsolato.
Lu carzaratu ca la notti un dormi Il carcerato che la notte non dorme
pensa a la libirtà, mori e s‟addanna. pensa alla libertà, muore e si danna
l‟anima.
1) isola siciliana con un carcere
2) altro carcere siciliano
3) vecchio carcere di Agrigento

“Corpus di musiche popolari siciliane”, 1957 Alberto Favara al n: 363


Testi e partiture delle canzoni 273

AMURI SENZA AMURI


(Cetra Folk 1974, )

VINNI A CANTARI ALL'ARIU SCUVERTU


(Cetra Folk 1978))

Teatro del sole, maggio 2000

Cu ti lu dissi ………………………………………….. …. pag 274-275


E lu suli ntinni ntinni ……………………………………. pag 276-277
L'amuri ca v'haju …………………………………………pag 278-279
La Sicilia havi un patruni ………………………………... pag 280-281
Lu rispettu …………………………………………………pag 196-197
Storia pi la morti di Lorenzu Panepintu ……………....... pag 282
Ninna nanna di la guerra ………………………………….. pag 283
O cori di stu cori ………………………………………… pag 284
Nivuru carinusu ………………………………………… pag 285
Stanotti nzonnu ……………………………………………pag 286
Vinni a cantari all'ariu scuvertu …………………………pag 287-288
Vurria fari un palazzu …………………………………….pag 289-290
Testi e partiture delle canzoni 274

CU TI LU DISSI CHI TE LO HA DETTO


(tradizionale)

Cu ti lu dissi ca t‟haju a lassari Chi te lo ha detto che debbo lasciarti


megliu la morti e no chistu duluri meglio la morte e non questo dolore
ahj ahj ahj ahj ahj ahj ahj ahj
moru moru moru moru muoio, muoio, muoio, muoio,
ciatu di lu me cori anima della mia anima,
l‟amuri miu si tu. l‟amore mio sei tu.

Cu ti lu dissi a tia nicuzza Chi lo ha detto a te piccolina


lu cori mi scricchia il cuore mi si scricchiola
a picca a picca a picca a picca a poco a poco, a poco a poco
ahj ahj ahj ahj ahj ahj ahj ahj
moru moru moru moru muoio, muoio, muoio, muoio,
ciatu di lu me cori anima della mia anima,
l‟amuri miu si tu. l‟amore mio sei tu.

Lu primu amuri lu fici cu tia Il primo amore l‟ho fatto con te


e tu schifiusa e tu schifiltosa
ti stai scurdannu a mia ti stai scordando di me
paci facemu oh nicaredda mia pace facciamo oh piccolina mia
ciatu di l‟arma mia anima della mia anima,
l‟amuri miu si tu. l‟amore mio sei tu.

Questa canzone è una delle più famose del repertorio di Rosa e tutt‟ora viene cantata
da molti gruppi folkloristici e da molti cantanti folk. E‟ un canto d‟amore, un amore
altalenante, con luci ed ombre, difficoltoso, ma alla fine l‟amata, “ciatu di lu me cori”, è
il vero ed il solo amore. Vi sono decine di registrazioni di questa canzone cantata dalla
Balkistreri, specie live, a riprova di quanto venisse apprezzata dal pubblico e dalla stessa
cantante. Strutturalmente la canzone è formata da endecasillabi con tonalità Re minore.
Testi e partiture delle canzoni 275

Re- = D-; Sol- = G-; La7 = A7


Testi e partiture delle canzoni 276

E LU SULI NTINNI NTINNI E IL SOLE ALTO, ALTO


(tradizionale)

E lu suli ntinni ntinni E il sole è alto, alto


chist‟è l‟ura di irininni. questa è l‟ora di andarcene.
E lu suli mari mari E il sole mare, mare
u patruni ni duna i dinari. il padrone ci da i denari. (1)
E lu suli vanedda vanedda E il sole stradine, stradine
o suprastanti ci cadi a vardedda. al sovrastante cade la bisaccia
E lu suli muntagni muntagni E il sole montagne, montagne
cavuci e pugna a lu suprastanti. calci e pugni al sovrastante
E lu suli vadduni vadduni E il sole valloni, valloni
cavuci e pugna a lu nostru patruni. calci e pugni al nostro padrone
Lu suli si nn‟annau Il sole se n‟è andato
e dumani tornerà. e tornerà domani
Si mi nni vajiu ju Se me ne vado io
ccà un ci tornu chhiù nno nno qui non ci trono più
La curpa l‟havi to ma‟ La colpa è di tua madre
ca nun ti vosi marita‟. che non volle sposarti

1) paga giornaliera

Canzone di contrasto, si denota il risentimento verso il padrone ed il


sovrastante che sfruttano il lavoratore per arricchirsi, si prende per pretesto il
sole con le varie fasi della giornata per potersi lamentare della bassa paga,
delle soperchierie del sovrastante e del padrone, ai quali si vorrebbe dare calci
e pugni per ripagarli con la stessa moneta. La soluzione è andarsene, ma dove?
a morire di fame? Meglio lavorare e sperare in un giorno migliore.
La canzone è formata da versi ottonari, con tonalità musicale di Mi minore che
si trasforma nel ritornello in Mi maggiore.
Testi e partiture delle canzoni 277

Mi- = E-; Si7 = B7


Mi+ = E+;
Testi e partiture delle canzoni 278

L‟AMURI CA V‟HAIU L‟AMORE CHE HO PER VOI


Esposito-Maglia

Non lu sapiti l‟amuri ca v‟haiu Voi non sapete l‟amore che ho per voi
e nun sapiti quantu vi disiu; e non sapete quanto vi desidero;
nun lu sapiti non sapete
comu chiangiu e staiu come piango e come mi sento
quann‟è ca ppi mumentu quando per un solo momento
non vi viu. non vi vedo.
Dintra di l‟arma mia Dentro di me
na vampa cci haiu ho una vampa di fuoco
e lu me cori è vostru e non lu miu; e il mio cuore è vostro, e non è mio;
si moru „nparadisu non ci vaiu se muoio in paradiso non ci vado
pirchì p‟amari a vui perchè per amare voi
non pensu a Diu. non penso a Dio.
E vui sapennu st‟amuri e sti peni E voi conoscendo
mi lassati muriri comu „n cani questo amore e queste pene
ma oggi siddu cc‟è cu vi tratteni mi lasciate morire come un cane
speru di cunvincirivi dumani. ma oggi se c‟è chi vi trattiene
Cchiù non m‟amati spero di convincervi domani
e cchiù vi vogghiu beni Più non m‟ amate e più vi voglio bene
chiù passa e chiù e più passa il tempo
vi mannu cristiani e più vi mando persone (1)
non mi lassati amuri „ntra sti peni non mi lasciate amore in queste pene
pirchì siti ppi mia perchè siete per me
l‟acqua e lu pani. l‟acqua e il pane.

1) per convincervi
Una delle più belle canzoni d‟amore del repertorio di Rosa Balistreri.
L‟amore per l‟amato è così intenso che non solo lo stesso cuore non le
appartiene più, essendo stato donato al fidanzato, ma anche la stessa anima è
del suo amore e non per Dio. Spesso però l‟amore non è ricambiato, ma più lui è
distratto è più l‟amore cresce, ormai è più forte del bisogno di nutrirsi.
Molte sono le registrazioni di questa canzone fatte dalla Balistreri, perché
faceva parte fissa del suo repertorio nei molti concerti effettuati riscuotendo
sempre grandi applausi.
Testi e partiture delle canzoni 279

Re- = D-; Sol- = G-;


La7 = A7; Do+ = C+
Testi e partiture delle canzoni 280
LA SICILIA HAVI UN PATRUNI LA SICILIA HA UN PADRONE
( Ignazio Buttitta)
La Sicilia havi un patruni La Sicilia ha un padrone
un patruni sempri uguali un padrone sempre uguale
ca la teni misa ncruci che la tiene messa in croce
e cci canta u funerali. e le canta il funerale.
La Sicilia havi un guvernu La Sicilia ha un governo
un guvernu ‟taliànu un governo italiano
cu la furca a lu capizzu con la forca al capezzale
e la corda nna li manu. e la corda nelle mani
La Sicilia havi una patria La Sicilia ha una patria
chi la stringi „nta li vrazza che la stringe e l‟abbraccia
ma „nzammài dumanna pani ma se per caso chiede pane
finci dallu finge di darglielo
e tannu ammazza. e proprio allora ammazza.
La Sicilia è spupulata La Sicilia è spopolata
un disertu ogni paisi un deserto ogni paese
vecchi e cani „nta li strati vecchi e cani nelle strade
picciriddi scàvusi misi. bambini con i piedi scalzi.
Li picciotti sunnu fora I giovanotti sono fuori
ca li vrazza l‟hannu sani perché hanno braccia forti
ma lu patri ‟taliànu ma il governo italiano
si vinniu p‟un pezzu di pani. se l‟è venduto per un pezzo di pane.
La Sicilia è addummisciuta La Sicilia è addormentata
dormi u sonnu di li morti dorme il sonno dei morti
ed aspetta mentri dormi ed aspetta mentre dorme
chi canciassi la so‟ sorti. che cambierà la sua sorte
Ma la sorti nun è ostia Ma la sorte non è ostia sacra
un è grazia di li santi non è una grazia che elargiscono i santi
si conquista cu la forza si conquista con la forza
nta li chiazzi e si va avanti. nelle piazze e si va avanti
Povira terra mia Povera terra mia
comu si po‟ campa‟. come si può vivere così.
Le parole di questa canzone sono di Ignazio Buttitta e la musica verosimilmente è di Rosa. Forte
è lo sdegno di chi si vede depredato, ignorato, abbandonato da un governo italiano, voluto dagli
stessi siciliani che hanno aiutato Garibadi a liberarsi dal giogo dei Borboni per cadere sotto il
gioco italiano, che invece di migliorare le condizioni economiche della gente pensa solamente a
tassarli e a mandarli nelle varie guerre come carne da macello. La Sicilia è spopolata, vi sono
solo vecchi e bambini, i giovani sono fuori, al Nord Italia o addirittura fuori Italia come in
Belgio dove il governo italiano ha barattato la manodopera italiana con il carbone che il Belgio
da a basso prezzo.Non c‟è che una soluzione scendere nelle strade e conquistare con la forza i
propri diritti.
Testi e partiture delle canzoni 281

Fa- = F-; Sib- = Bb-; Do7 = C7


Testi e partiture delle canzoni 282

“STORIA” PER LA MORTE “STORIA” PER LA MORTE


DI LORENZO PANEPINTO DI LORENZO PANEPINTO

Lu sidici di maju a prima sira, Il sedici di maggio a prima sera


lu tempu scuru il tempo era buio
e luna nun cci nn‟era. e la luna non c‟era.
L‟empij scillirati e traditura, Gli empi scellerati e traditori
nun vosiru addumari li lampera. non vollero accendere i lampioni.
A lu paisi quantu luttu c‟era In paese quanto lutto c‟era
quannu arrivau la figlia criatura. quando arrivò la figlia poveretta.
Patruzzu miu, comu fazzu ora Padre mio come faccio adesso
ca piccilidda cci arristavu sula. perché bambina sono rimasta e sola.
E don Lorenzu va a la sipultura E don Lorenzo va a la sepoltura
accumpagnatu di tutta la Lega. accompagnato da tutti, poveri e potenti.
Accumpagnatu di tutta la lega Accompagnato da tutti
ognunu la so‟ lingua studiava. mentre ognuno pensava ai propri affari.
Ognunu la so‟ lingua studiava Ognuno pensava ai propri affari
a don Lorenzu la vita liggeva. ripercorrendo la vita di don Lorenzo.
Chiancimmu tutti genti siciliani: Piangiamo tutti, o siciliani:
muriu lu patri chi dava lu pani. è morto il padre che dava il pane.
Comprici sunnu li affittajola Complici sono i potenti
macari agenti di cancillaria. ed anche gli agenti di polizia.
A li putenti chistu un ci calava Ai potenti non andava giù
ca don Lorenzu che don Lorenzo
l‟occhi „nni grapria. gli occhi ci aprisse.
E p‟aviri a lu populu aiutatu E per avere aiutato il popolo
a don Lorenzu ci finì ammazzatu don Lorenzo finì ammazzato.
Testi e partiture delle canzoni 283

NINNA NANNA DI LA GUERRA NINNA NANNA DELLA GUERRA


(Giuseppe Ganduscio)

Ed alavo ' sunnuzzu viniti Fai la ninna oh, sonno venite


ca iu l'annacu e vui l'addummiscitì, che io lo cullo e voi l‟addormentate,
ed alavo' figliuzzu ammannatu fai la ninna figlio speciale
suliddi semu, to'patri è surdatu. soli siamo, tuo padre è a fare il soldato.

Ed alavo 'figliuzzu di Diu Fai la ninna, figlio di Dio,


ca tu' nascisti e to' patri murìu che tu sei nato e tuo padre è morto
muri a la guerra, un ti potti vidiri, morì alla guerra, non ti poté conoscere
suliddi semu, suliddi a patiri. siamo soli, soli per patire
Oh oh oh Oh, oh, oh
dormi figliu e fai la vo'. dormi figlio e fai la nanna.
Oh oh oh Oh, oh, oh
dormi figliu e fai la vo', dormi figlio e fai la nanna,
dormi figliu e fai la vo'. dormi figlio e fai la nanna.

È una ninna nanna di Giuseppe Ganduscio (Ribera, 6 gennaio 1925 -


Firenze, 7 settembre 1963) poeta italiano ed illustre personaggio siciliano, che
si occupò moltissimo di musica popolare e insegnò a Rosa a Firenze i canti
prelevati dal “Corpus” del Favara. In questa ninna nanna si denota l‟animo
antimilitarista e pacifista del Ganduscio, vicinissimo ai movimenti contro le
guerre che sfoceranno nella rivoluzione dei giovani del 1968. Interessante ninna
nanna, nella quale la madre addormenta il bambino ricordandogli il padre
morto in guerra; ninna nanna e guerra non collimano, la prima è l‟espressione
della dolcezza della mamma che culla il bimbo per addormentarlo, la seconda è
l‟espressione più brutale di un essere umano costretto ad ammazzare altri
uomini spesso per litigi tra i potenti; in questa ninna nanna la dolcezza della
voce di Rosa contrasta con la bruttezza della guerra e della morte.
La versione originale del Ganduscio continua così:
Ed alavò figghiuzzu ammannatu / quannu si granni „un ci iri surdatu
ca pi surdatu „un ti fazzu partiri / megghiu cu‟ tia „ngalera iri. (1)

1)Ed alavò, figliolo speciale / quando sei grande non andare soldato
perchè per soldato non ti faccio partire / meglio morire con te in galera
Testi e partiture delle canzoni 284

O CORI DI STU CORI O CUORE DI QUESTO CUORE


(tradizionale)
O cori di stu cori, anticu amuri O cuore del mio cuore, antico amore
un ti scurdari a mia si mi vo‟ beni. non dimenticarmi, se mi vuoi bene

Si curpu, si mancai, si fici erruri Se ho colpa, se ho mancato, se feci errori,


ca ogni mancanza l‟amuri un si cedi. perché per ogni mancanza l‟amore non si
affievolisce.
Ah, ca t‟acquistavu cu pirfettu amuri Ah, che ti ho avuta con perfetto amore
cu quali cori t‟haiu a disamari. con quale cuore dovrei disamarti..
Ora fineru li frunni e li ciuri Ora son cadute le frondi e i fiori
ma ancora è virdi la rama e lu pedi ma ancora verde è il ramo ed il tronco (1)
1) l‟amore è sempre forte, anche dopo tanti
anni, come un tronco di albero antico ma
con i rami verdi

“Corpus di musiche popolari siciliane”, 1957 Alberto Favara al n: 96


Testi e partiture delle canzoni 285
NIVURU CARINUSU

E nivuru carinusu a focu ardenti E nero….. con fuoco ardente


sciatu di l‟arma mia anima della mia anima,
a focu abbastanti. fuoco sufficiente.
Tu sulu mi trasisti „nda la menti Tu solamente mi sei entrata nella mente
lassariti un ti po‟ a nissun‟amanti. lasciarti non ti può nessun amante.
Cu ti l‟ha fattu Chi ti fatto
st‟occhi arrisplinnenti? questi occhi risplendenti?
l‟ha fattu lu me Diu li ha fatti il mio Dio
a cu li so santi. insieme ai suoi santi
Ora figghiuzza un‟ha mariti tanti Ora, figlia mia non hai tanti mariti
e bedda ti amu iu bella, ti amo io
e sugnu abbastanti e sono sufficiente.

Canto di carrettieri originario


di Castelvetrano.
Dice il Favara che riporta nelle
sue ricerche il canto
col nome “A la carrittera”:
"Nel lento viaggio notturno il
cattettiere passa il tempo
cantando... quando poi si trovano
insieme molti
carri, a sfilare lenti nella via,
allora nasce subito, nel chiaro di
luna, la gara del canto, nella
quale il diritto di cantare passa a
turno dall'uno all'altro con una
formula sacramentale: -
Ora li me' canzuni li cantai,
Vanni Bajata cantassi li soi. -
e Vanni Bajata entra a cantare
“Corpus di musiche popolari siciliane”, in un nuovo modo".
1957 Alberto Favara al n: 225
Testi e partiture delle canzoni 286
STANOTTI NZONNU STANOTTE IN SOGNO
MI VINNI NA VECCHIA MI VENNE UNA VECCHIA
Stanotti nzonnu Stanotte in sogno
mi vinni na vecchia mi venne una vecchia
mi dissi: Peppi ti vo maritari? mi disse: Peppino ti vuoi sposare?
All‟occhiu tegnu na picciotta bedda Sott‟occhio tengo una ragazza bella
china di robbi e china di dinari. piena di proprietà e piena di denaro.
Sorti com‟haju a fari Sorte come debbo fare
cu sta vecchia con questa vecchia
ca „nta lu sonnu mi veni a cantari? che nel sonno mi viene a cantare?
Cu piglia la muglieri piglia detta Chi prende moglie prende imbrogli
la detta veni e gli imbrogli vengono
a crisciri e a mancari. a crescere e a mancare.

“Corpus di musiche popolari


siciliane”,
1957 Alberto Favara al n: 214

Il Favara intitola questo canto nell‟edizione Ricordi “Modo delle donne del Catitu,
canto di lavoro, nel battere i cordami sul blocco di marmo” Il Catitu è un quartiere di
Trapani, dove le donne cantavano questa cantilena mentre aiutavano i loro uomini
battendo su blocchi di marmo la ddisa (materia prima a filamenti ) per farne gomene
grosse per le imbarcazioni.
Testi e partiture delle canzoni 287

VINNI A CANTARI SON VENUTO


ALL'ARIU SCUVERTU (tradizionale) A CANTARE ALL‟APERTO
E vinni a cantari all‟ariu scuvertu Son venuto a cantare all‟aperto
unni ca fu cunclusu lu nostru pattu. dove fu firmato il nostro patto
Si mi dici di sì cent‟anni aspettu Se mi dici sì, aspetto cento anni
si mi dici di no cassamu l‟attu. se mi dici no strappiamo l‟atto
Pigghiu un cuteddu e mi scassu lu pettu Prendo un coltello e mi apro il petto
dintra ci truvirai lu to‟ ritrattu. lì dentro troverai il tuo ritratto

Sol- = G-; Re7 = D7


Testi e partiture delle canzoni 288

manoscritto di Alberto Favara

dal “Corpus” di Alberto Favara

da “Canti Popolari” in aggiunta a quelli del Vigo,


da Canti Siciliani, 1857 - Vigo
1867, Palermo di Salvatore Salomone Marino
al n. 42
al n. 265 di pag. 125
Testi e partiture delle canzoni 289

VURRIA FARI UN PALAZZU Vorrei fare un palazzo


(tradizionale)

Vurria fari un palazzu Vorrei fare un palazzo


supra un munti sopra un montagna
firriateddu di petri ddomanti. attorniato di pietre di diamante.

Po‟ fari du‟ finestri faccifrunti, Poi fare due finestre di fronte
quantu cci affacci tu, affinché ti affacci tu,
bedda galanti. bella galante.

Vìviri cci vurria „nna sti to‟ junti Bere vorrei con le tue mani unite
„nta sta funtana chi teni davanti. in questa fontana che tieni davanti.

Sa chi ti dicu… tiramu li cunti Sai cosa ti dico… tiriamo le somme


tu t‟abbatti nnarrè e ju nn‟avanti. tu piegati all‟indietro e io in avanti.

da “Raccolta amplissima di
canzoni siciliane” Lionardo
Vigo
al n. 514 di pag 219

da “Canti Popolari” in aggiunta a quelli


del Vigo, 1867 Palermo di Salvatore
Salomone Marinoal n. 108 di pag .64
e “Raccolta amplissima di canzoni
siciliane” Lionardo Vigo
al n. 514
Testi e partiture delle canzoni 290

Fa- = F-; Sib- = Bb-; Do7 = C7

“Corpus di musiche popolari siciliane”, 1957 Alberto Favara al n: 89


Testi e partiture delle canzoni 291

RARI E INEDITI
(Teatro del Sole, 1997)

Acidduzzu (di me cummari) ……………………………... pag 292-293


A pinnula ………………………………………………….. pag 294-295
La barunissa di Carini …………………………………….pag 297
Levatillu stu cappeddu …………………………………… pag 242-243
Liggenna du friscalettu ……………………………………pag 297-298
Mafia e parrini ……………………………………………. pag 299-300
Me muggheri unn'avi pila (pi lavari) ……………………. pag 301-302
Mi votu e mi rivotu ……………………………………… pag 221-223
Na varchuzza bànneri bànneri, vedi A virrinedda …….. pag 236-237
Rosa canta e cunta ………………………………………. pag 303-304
Quannu moru ………………………………………………pag 305
Spartenza amara ………………………………………… pag 306-308
U cunigghiu ……………………………………………… pag 308-310
Vitti na crozza …………………………………………… pag 311-312

Molti dei seguenti brani presenti nel CD del teatro del Sole sono stati registrati da
Felice Liotti, amico della Balistreri, in una radio privata palermitana, in occasione
di alcuni incontri di lavoro avuti con Rosa Balistreri.
Testi e partiture delle canzoni 292

ACIDDUZZU DI ME CUMMARI UCCELLINO DI MIA COMARE


(tradizionale)

Acidduzzu di me cummari Uccellino di mia comare


senza pinni e senza ali senza penne e senza ali
si pusau supra la testa si posò sopra la testa
a me cummari ci fici na gran festa a mia comare ci fece gran festa:
Ma ch‟è beddu st‟acidduzzu Ma come è bello l‟uccellino
chi cantari ca mi fa, che cantare che mi fa,
tutta la notti cici mi fa, tutta la notte, cici mi fa,
mi pizzica e muzzica e poi si ni va! mi pizzica e morsica e poi se ne va.
Acidduzzu di me cummari Uccellino di mia comare
senza pinni e senza ali senza penne e senza ali
si pusau supra lu pettu si posò sopra il petto
a me cummari ci fici gran fettu a mia comare ci fece gran effetto.
Ma ch‟è beddu st‟acidduzzu Ma come è bello l‟uccellino
chi cantari ca mi fa, che cantare che mi fa,
tutta la notti cici mi fa, tutta la notte, cici mi fa,
mi pizzica e muzzica e poi si ni va! mi pizzica e morsica e poi se ne va.
Acidduzzu di me cummari Uccellino di mia comare
senza pinni e senza ali senza penne e senza ali
si pusau supra lu panza si posò sopra la pancia
a me cummari ci fici sustanza. a mia comare ci fece sostanza.
Ma ch‟è beddu st‟acidduzzu Ma come è bello l‟uccellino
chi cantari ca mi fa, che cantare che mi fa,
tutta la notti cici mi fa, tutta la notte, cici mi fa,
mi pizzica e muzzica e poi si ni va! mi pizzica e morsica e poi se ne va.
Acidduzzu di me cummari Uccellino di mia comare
senza pinni e senza ali senza penne e senza ali
si pusau supra a scagghiola si posò sopra la scagliola
a testa di intra e l‟ali di fora. la testa dentro e le ali di fuori
Ma ch‟è beddu st‟acidduzzu Ma come è bello l‟uccellino
chi cantari ca mi fa, che cantare che mi fa,
tutta la notti cici mi fa, tutta la notte, cici mi fa,
mi pizzica e muzzica e poi si ni va. mi pizzica e morsica e poi se ne va.
Tutta la notti cici mi fa, tutta la notte, cici mi fa,
mi pizzica e muzzica e poi si ni va. mi pizzica e morsica e poi se ne va.

Canzone popolare dai molti doppi sensi, si parla di un uccellino, ma si pensa ad altri
pennuti, che di notte “pizzicano” le donne.
Piacevole canzone, specie se cantata insieme agli amici, magari a pancia piena e con un
buon bicchiere di vino siciliano in mano.
Testi e partiture delle canzoni 293
Testi e partiture delle canzoni 294
A PINNULA LA PILLOLA

Sintiti amici cari chi vaiu a raccuntari, Sentite amici cari, le cose che vi debbo raccontare
un fattu stranu assai un fattu eccezionali; un fatto strano assai,
u fattu di sti fimmini, un fatto eccezionale; il fatto di queste donne,
beddi comu li mammuli belle come i fiori di mammole
ca pigghianu li pinnuli apposta ‟ppi campà che prendono le pillole apposta per vivere.
V‟arricurdati Aida, chidda di San Cristofaru Vi ricordate Aida, quella di San Cristoforo
scappata co francisi, ddu pezzu di figghiolu, scappata col francese, quel pezzo di figliuolo,
ca miniminigonna ora ca è riturnata con la minigonna ora è tornata
parra ca er moscia, è tutta emancipata. parla con la “er” moscia, è tutta emancipata.
A propriu l‟autra ieri cu Lilla s‟ancuntratu Ma proprio l‟altro ieri con Lilla si è incontrata
s‟abbrazzanu spiannuci: si abbracciano e le chiede:
Aida unn‟è ca statu? Aida dove sei stata?
Haiu statu „ndi la Francia Sono stata in Francia
cu me beddu francisi col mio bel francese
m‟arricriatu l‟anima ca avi chiù di tri misi. sono contenta e felice e questo da tre mesi.
Beni, ma dimmi Aida comi è co po capiri Bene, ma dimmi Aida, come lo puoi capire
parrà dra strana lingua parla quella lingua strana
e ccu ddu straniu diri e con quel strano dire.
Sapissi cara Lilla, chi lingua cauda e fina. Sapessi cara Lilla, che lingua calda e fina.
ca usa lu fagottu pari na sirpintina. ed usa il fagotto sembra una serpentina.
E‟ veru dimmi Aida ddocu ni ssu paisi E vero, dimmi, Aida, li in quel paese
„nvintarunu na pinnula hanno inventato una pillola
ca si pigghia ogni misi. che si prende ogni mese.
Pirchì quannu ritardanu li ospiti aspettati Perché quando ritardano gli ospiti aspettati (1)
sunnu duluri stomacu ppi schietti e maritati. sono dolori di stomaco per zitelle e maritate.
O Lilla bedda cara, tu nun fari chiù vuci Oh Lilla, bella cara, non fare più strepiti
u sacciu ca si „llicca pi certi cosi duci. lo so che ti piacciono certe cose dolci.
Perciò ppi farti vidiri ti vogghiu beni assai Perciò per farti vedere che ti voglio assai bene
na scatola di pinnuli, ppi tia iu purtai. una scatola di pillole per te ho portato.
Ora quannu si a tavula ccu lu to giovinottu Ora quando sei a tavola con il giovanotto
iddu intra la cicara „ppo lassari u biscottu. lui dentro la tazza (2) può lasciare il biscotto.
Però ancora prima di mettiti a mangiari Però ancora prima di metterti a mangiare
du pinnuli ppi subbitu almeno due pillole
a menu t‟ha pigghiari. subito devi prendere.
Allegri, tutti fimmini, vinni la cuntintizza Allegri voi tutte donne, è venuto il tempo felice
approfittatavinni, mentri che c‟è sosizza approfittatene mentre che c‟è salsiccia
si diggirisci subbitu, a panza nun s‟abbutta si digerisce subito, la pancia non gonfia,
sta prudigiusa pinnula sia biniditta tutta questa prodigiosa pillola sia tutta benedetta,
sta prudigiusa pinnula sia biniditta tutta questa prodigiosa pillola sia tutta benedetta
1) i cicli mensili femminili 2) allusione all‟organo genitale femminile
Questa canzone molto divertente, oggi che l‟uso degli anticoncezionali è cosa accettata da
tutti, potrebbe essere non compresa, infatti è da inquadrare negli anni 70 quando sono state
immesse sul mercato le pillole anticoncezionali e le donne erano impreparate alla novità.
La canzone è piena di doppi sensi, ma non è volgare, anzi è piacevole e mette buon umore,
regalandoci qualche sorriso.
Testi e partiture delle canzoni 295
Testi e partiture delle canzoni 296
LA BARUNISSA DI CARINI LA BARONESSA DI CARINI
(tradizionale)
La barunissa di Carini La baronessa di Carini
era affacciata „nda lu sò barconi era affacciata al suo barcone.
Vidi viniri a na cavallarìa; vide venire uomini a cavallo:
chistu è me patri questo è mio padre
chi veni pri mia! che viene per me!
Chianci Palermu, Piangi Palermo,
chianci Siracusa, piangi Siracusa,
a Carini c‟è lu luttu in ogni casa; a Carini c‟è il lutto in ogni casa;
cu‟ la purtau sta nova dulurusa chi ha portato questa notizia dolorosa,
mai paci pozz‟aviri a la sò casa. mai pace possa avere nella sua casa.

da “Giuseppe Pitrè, La musica popolare ed il carteggio col maestro F. P. Frontini”


di Carmelina Naselli, Palermo a pag. 13 la partitura, a pag. 128
il testo

Famosa e triste è la storia della baronessa di Carini.


Molti cantastorie hanno tramandato poemetti e intere cantate su questa tragedia .
E‟ la storia di Donna Laura Lanza di Trabia, figlia di Don Cesare Lanza, conte di
Mussomeli e Lucrezia Gaetani, sposata al barone Vincenzo La Grua. La baronessa
sposata a 14 anni fu uccisa dal padre perché trovata nella stanza da letto con il suo
amante Ludovico Vernagallo. La tragica morte ebbe ai suoi tempi, anche per la
posizione sociale dei protagonisti e per la disumana uccisione da parte del padre un eco
grandissima, tale da diffondersi in tutta la Sicilia. I cantastorie hanno diffuso il fatto ai
posteri fino a nostri giorni.
Testi e partiture delle canzoni 297
LIGGENNA D''U LA LEGGENDA
"FRISCALETTU" DEL FRISCALETTO
(tradizionale)

Picurareddu ch'mmucca mi teni Piccolo pecoraio che in bocca mi tieni


ju fui ghittata 'nta l'acqui sereni io fui gettata nelle acque serene
e pi pigghiari na pinna di cù per portare a te una penna di cuculo
me frati Peppi lu tradituri fù mio fratello Peppe il traditore fu
(2 volte)
Picurareddu ch'mmucca mi teni Piccolo pecoraio che in bocca mi tieni
ju sugnu figghia di Re Cavaleri. io sono figlia di Re Cavaliere.
A tia Patri ca' mmucca mi teni A te, o Padre che in bocca mi tieni
iu fui ammazzata nill‟acqui sireni. io fui ammazzata nelle acque serene
A tia purtari 'na pinna di cù Per portare a te una penna di cuculo
tò figghiu Peppi lu tradituri fù tuo figlio Peppe il traditore fu,
tò figghiu Peppi lu tradituri fù. tuo figlio Peppe il traditore fu.

manoscritto di Alberto Favara


Questa canzone, presente nella raccolta del Favara al n. 509, racconta il mito di
Siringa. La figlia di un Re, per gelosia, fu gettata nel fiume da suo fratello, nelle
vicinanze di un canneto, e vi morì annegata. Un pastorello, che pascolava il gregge
passando per il canneto, taglia una canna e si costruisce un flauto (friscalettu in
siciliano). Appena suona il flauto, si sente uscire dal flauto la voce della sorella uccisa
che accusa il fratello. Il ragazzo sbalordito corre dal Re e riferisce l‟evento.
Il Re, dubbioso, suona il flauto e da questo esce chiara la voce della figlia che dice:
“O padre mio che mi tieni fra le labbra , il traditore fu tuo figlio, Peppe”.
Testi e partiture delle canzoni 298
Testi e partiture delle canzoni 299

MAFIA E PARRINI MAFIA E PRETI


testo di Ignazio Buttitta
musica di Otello Profazio
La mafia e li parrini La mafia e i preti
si déttiru la manu si diedero la mano
poviru cittadinu, povero cittadino,
poviru paisanu povero paesano.
E mafia e parrini E mafia e preti
si déttiru la manu. si diedero la mano,
E mafia e parrini E mafia e preti
si déttiru la manu si diedero la mano,
La mafia e li parrini La mafia e i preti
eterna sancisuca eterna sanguisuga
poviri cittadini povero cittadino,
poviru paisanu povero paesano.
E mafia e parrini E mafia e preti
si déttiru la manu. si diedero la mano,
E mafia e parrini E mafia e preti
si déttiru la manu si diedero la mano,
Unu jsa la cruci Uno alza la croce,
l‟autru punta e spara l‟altra punta e spara
unu minaccia „nfernu uno minaccia l‟inferno
l‟autru la lupara l‟altra la lupara.
E mafia e parrini E mafia e preti
si déttiru la manu. si diedero la mano,
E mafia e parrini E mafia e preti
si déttiru la manu si diedero la mano,
Chi semu surdi e muti (1) Che siamo sordi e muti
rumpemu sti catini rompiamo queste catene,
Sicilia voli gloria la Sicilia vuole gloria
né mafia e né parrini né mafia, né preti.
E mafia e parrini E mafia e preti
si déttiru la manu. si diedero la mano,
E mafia e parrini E mafia e preti
si déttiru la manu si diedero la mano.

Tanti libri sono stati scritti sul rapporto tra mafia e preti a conferma di un problema reale. In
molti paesi siciliani il rapporto è stato strettissimo e questo non è passato inosservato a Buttitta,
poeta siciliano molto attento ai fenomeni sociali della Sicilia del dopoguerra.
La canzone trova Ignazio Buttitta e Rosa Balistreri in totale accordo sul rapporto tra mafia e
preti. La mafia minaccia con la lupara e il prete alzando la croce l‟inferno.
(vedi capitolo Rosa e il fenomeno mafioso a pag. 46 di questo libro)
1) preso dall‟invocazione al patrono licatese Sant‟Angelo “ E chi semu surdi e muti… viva Sant‟Angilu”
Testi e partiture delle canzoni 300
Testi e partiture delle canzoni 301
ME MUGGHIERI 'UN AVI PILA MIA MOGLIE NON HA LAVATOIO
Picciotti chi v'aviti a mmaritari Giovanotti, che vi dovete sposare
cchiù prima ancora di farivi ziti prima ancora di farvi fidanzati
a zita sutta e supra at' a „gguardari la fidanzata sopra e sotto dovete guardare
si nun vuliti 'nganni e ni patiti se non volete inganno e poi ne patite.
si nun sapi travagghiari Se non sa lavorare,
dopu nenti si po' ffari (due volte) dopo niente si può fare
Ma chistu unn‟ nenti sintiti comu cantava (parlato) Ma questo è niente: sentite come
me compari Minnicu… e cumu cantava? cantava mio compare Domenico… e come cantava?
E malidittu quannu mi maritai E maledetto il giorno che mi sposai
truvai me mugghieri senza pila trovai mia moglie senza “pila”
dopu tri gghiorna ca mi nn'addunai dopo tre giorni che me ne sono accorto
la me mugghieri nun avia pila la mia moglie non aveva “pila”.
me mugghieri unn'avi pila, n'avi pila Mia moglie non ha “pila”, non ha “pila”
pi…. oh… (a pila pi „llavari) per… Oh … la “pila” per lavare
e ci manca u pilaturi E ci manca il lavatoio
acqua dintra 'nn avi chiù acqua dentro non ne ha più.
Picciotti chi „vv'aviti a mmaritari Giovanotti, che vi dovete sposare
cchiù prima di cunzarivi lu lettu prima ancora di prepararvi il letto
sentiti a mmia 'nzoccu aviti a fari sentite a me cosa dovete fare
pruvativilla cu lu friscalettu. mettetela in prova con il piffero.
Siddu nun sapi sunari Se non sa suonare,
dopu nenti si po' ffari (due volte) niente dopo si può fare
(parlato) Ma chistu ancora nun è nenti: (parlato) Ma questo non è niente:
sintiti me compari Cicciu comu cantava sentite mio compare Ciccio come cantava
e comu cantava ? Ah sintiti e come cantava? Ah sentite
E malidittu quannu mi maritai E maledetto il giorno che mi sposai
truvai me mugghieri senza pila trovai mia moglie senza “pila”
dopu tri gghiorna ca mi nn'addunai dopo tre giorni che me ne sono accorto
la me mugghieri nun avia pila la mia moglie non aveva “pila”.
me mugghieri unn'avi pila, unn'avi pila pi… mia moglie non ha “pila”, non ha “pila”
(parlato) oh… ma chi vi criditi per…(parlato) Oh … ma che vi credete:
a pila pi lavari…ah e ci manca u pilaturi la “pila” per lavare e ci manca il lavatoio
acqua dintra 'nn avi chiù acqua dentro non ne ha più.
(parlato) un si „catta a lavatrici (parlato) perché non si compra la lavatrice?
ma quali lavatrici … Ma quale lavatrice,
a pila è sempri pila picciotti la “pila” è sempre “pila” giovanotti
Ah ah ah chi mugghieri c‟accapitai Ah, ah ah che moglie ho capitato
c‟accattai la vugghia e lu filu le ho comprato l‟ago e il filo
e nun la vitti cusiri mai. (due volte) e non l‟ho vista cucire mai.
Questa canzone scherzosa e con vari doppi sensi è piacevole e si basa sul doppio
significato della parola siciliana “pila” che si può tradurre come lavatoio o pilatore, ma
anche come peli (riferendosi a quelli femminili del pube). I consigli per i giovanotti sono
sensati: attenzione alla fidanzata se sa lavorare bene intendendo il lavoro casalingo, ma
anche i piacevoli “lavori” coniugali. Dopo il matrimonio non è possibile più fare niente.
Testi e partiture delle canzoni 302

da Canti Siciliani, 1857 Vigo


al n. 4628
Testi e partiture delle canzoni 303

ROSA CANTA E CUNTA ROSA CANTA E RACCONTA

Stasira vaiu e curru cu lu ventu Stasera vado e corro col vento


a grapiri li porti di la storia. ad aprire le porte della storia,
Stasira vogliu dari p'un mumentu stasera voglio dare per un momento
la vita a lu passatu e a la memoria, vita al passato e alla memoria,
stasira cu la vampa di l‟amuri stasera col fuoco dell'amore
scavu na fossa, na fossa a lu duluri. scavo una fossa, una fossa al dolore.
C'è chiù duluri, c'è chiù turmentu C'è più dolore c‟e più tormento
ca gioia e amuri pi l'umanità che gioia e amore per l'umanità,
nun è lu chiantu ca cancia lu distinu non è il pianto che cambia il destino,
nun è lu scantu ca ferma lu caminu, non è la paura che ferma il cammino,
grapu li pugna, cuntu li dita apro i pugni, conto le dita,
restu cu sugnu, scurru la vita. resto chi sono, trascorro la vita.
Cantu e cuntu, cuntu e cantu Canto e racconto, racconto e canto,
pi nun perdiri lu cuntu. per non perdere il conto
Nuddu binidicì lu me caminu Nessuno ha benedetto il mio cammino,
mancu la manu nica d'un parrinu neanche la mano piccola di un prete,
e vaiu ancora comu va lu ventu, e vado ancora come il vento,
circari paci sulu p'un mumentu. cercando pace solo per un momento.
Voglio spaccari, spaccari li cieli Voglio spaccare i cieli
pi fari chioviri, chioviri amuri. per far piovere, piovere amore.
C'è cu t'inganna c'è cu cumanna C'è chi t'inganna, c'è chi comanda
e cu 'n silenziu mutu sinni sta, e chi in silenzio muto se ne sta,
è lu putiri ca 'nforza li putenti è il potere che rafforza i potenti,
è lu silenziu c'ammazza l'innuccenti è il silenzio che ammazza gli innocenti!
grapu li pugna, cuntu li dita Apro i pugni, conto le dita,
restu cu sugnu scurru la vita resto chi sono, passo la vita.
Cantu e cuntu, cuntu e cantu Canto e conto, racconto e canto,
pi nun perdiri lu cuntu. per non perdere il conto.
Vinni a stu munnu quannu lu voscienza Sono venuta al mondo quando il saluto
si schifiava pi li strati strati, “voscenza”veniva abusato per le strade,
tempi d'abusi di fami e di guerra tempi di abusi, di fame e di guerra,
criscivu „nmmenzu di li malandati. sono cresciuta in mezzo alla povera gente.
Lacrimi muti ni chiancivu, e quanti! Lacrime mute ne ho piante, e quante,
la me nnuccenza si la sparteru in tanti: la mia innocenza se la sono spartita in tanti:
la malagenti, li priputenti I cattivi, i prepotenti,
tanti, su tanti ni sta sucità tanti proprio tanti in questa società,
nun è l'amuri ca crisci ad ogni banna non è l'amore che cresce da ogni parte,
ma lu favuri ca sparti cu cumanna ma il favore che divide chi comanda!
grapu li pugna, cuntu li dita, Apro i pugni, conto le dita,
restu cu sugnu, scurru la vita resto chi sono, trascorro la vita!
Cantu e cuntu, cuntu e cantu Canto e conto, racconto e canto,
pi nun perdiri lu cuntu per non perdere il conto.
Testi e partiture delle canzoni 304
E‟ una delle più belle canzoni del repertorio di Rosa Balistreri. In questa canzone c‟è
condensata la sua storia umana di sofferenza, lacrime e fame, la storia di tutti i lavoratori
dei campi e delle miniere, delle sopraffazioni dei padroni, ma è anche la storia di chi non
ci sta ad essere sfruttato e dimentica il dolore ed allora apre i pugni per conquistare la sua
dignità, per “spaccare” con questi anche i “cieli” con lo scopo di far “piovere amore”
Insieme alla canzone “Quannu iu moru” di Lillo Catania è il testamento lasciatoci da
Rosa.
ROSA CANTA E CUNTA
Testi e partiture delle canzoni 305

QUANNU MORU QUANDO MORIRÒ


(Lillo Catania )

Quannu moru nun mi diciti missa Quando morirò non fatemi dire messa
ma ricurdativi di la vostra amica ma ricordatevi della vostra amica,
quannu moru purtatimillu un ciuri quando morirò portatemi un fiore
un ciuri granni è russu, un fiore grande e rosso
comu lu sangu sparsu. come il sangue sparso.
Quannu moru faciti ca nun moru Quando io muoio fate che io non muoia
diciti a tutti chiddu ca vi dissi. dite a tutti ciò che vi ho detto.
Quannu moru nun vi sintiti suli Quando morirò non vi sentite soli
ca suli nun vi lassu giacchè soli non vi lascio
mancu dintra lu fossu. neanche quando sarò dentro la fossa.
Quannu moru cantati li me canti, Quando morirò cantate i miei canti
nun li scurdati, cantatili pi l‟autri. non li scordate, cantateli per gli altri.
Quannu moru pinsatimi ogni tantu Quando morirò pensatemi ogni tanto
ca pi sta terra „ncruci perchè per questa terra in croce
iu moru senza vuci. sarò morta senza voce.

E‟ il testamento di Rosa Balistreri.


Ricordatevi di me cantando le mie canzoni. “Soli non vi lascio” “Portatemi un fiore”.
Ma soprattutto continuare a cantare le mie canzoni, solo così sarò viva in mezzo a voi.
L‟autore è Lillo Catania che faceva concludere la canzone con quest‟ultima strofa:
Quannnu sintiti sunari „na chitarra
„na vuci forti, la mia ca vi canta
vi canta e dici ca sugnu „menzu l‟amici
compagni „ni la vita, compagni „ni la morti.
Testi e partiture delle canzoni 306

SPARTENZA AMARA PARTENZA AMARA


(tradizionale)

Chiancennu e suspirannu la lassai Piangendo e sospirando la lasciai


assittatedda davanti la porta mentre era seduta davanti alla porta;
idda mi rissi veru ti ni vai lei mi disse: veramente te ne vai,
ora li peni mia cu li cunorta. ora chi darà conforto alle mie pene.
E lu viaggeddu ca è luntanu assai, E il viaggio è lontano assai,
a lu ritornu tu mi trovi morta, e al ritorno tu mi troverai morta,
e lu viaggeddu ca è luntanu assai, e il viaggio è lontano assai,
a lu ritornu tu mi trovi morta, e al ritorno tu mi troverai morta.
Quannu la bianca manu ci tuccai Quando la bianca mano le toccai
paria la manu sembrava di certo la mano
d‟una vera morta. di una morta,
Quannu la bianca manu ci tuccai quando la bianca mano le toccai
paria la manu sembrava di certo la mano
d‟una vera morta. di una morta.
Chiancennu e suspirannu la lassai Piangendo e sospirando la lasciai
assittatedda davanti la porta. mentre era seduta davanti alla porta.

da Canti Siciliani, 1857 Vigo al n 9

La partenza per trovare un lavoro è sempre dolorosa, specie se si lascia un


mamma anziana, e non si è certi di trovarla in vita al ritorno. E‟ il dramma di
molti siciliani che debbono lasciare la propria terra per trovare lavoro e spesso
partono da soli lasciando i propri cari. Rosa Balistreri che ha lasciato la terra
natia recandosi al Nord per lavoro, ha conosciuto di persona il dramma degli
emigranti e molto bene interpreta in questa canzone i sentimenti di chi è
costretto a lasciare la propria mamma e la terra natale.
Testi e partiture delle canzoni 307
Testi e partiture delle canzoni 308

“Corpus di musiche popolari siciliane”, 1957 Alberto Favara al n: 435

U CUNIGGHIU (tradizionale) IL CONIGLIO

Lu cunigghiu c‟havi lu mussu Il coniglio ha il muso


e lu mussu l‟aviti vui ed il muso avete voi
jù stanotti mi lu „nzunnai io stanotte mi son sognato
mussu cu mussu, curcata cu vui muso con muso coricata con voi
ah la cirasa, la cirasa chi ciavuru fa, ah la cirasa, la cirasa che odore che fa,
sta picciuttedda mi stringi e mi vasa questa giovinetta mi stringe e mi bacia
ca voli a cirasa ca pampina. perché vuole la cirasa con la foglia.
Lu cunigghiu c‟havi lu ciatu Il coniglio ha il fiato
e lu ciatu l‟aviti vui ed il fiato avete voi
jù stanotti mi lu „nzunnai io stanotte mi son sognato
ciatu cu ciatu, curcata cu vui fiato con fiato coricata con voi
ah lu cutugnu, lu cutugnu chi ciavuru fa, ah la cotogna, la cotogna che odore che fa,
sta picciuttedda mi stringi e mi vasa questa giovinetta mi stringe e mi bacia
ca voli u cutugnu ca pampina. perché vuole la cotogna con la foglia.
Lu cunigghiu c‟havi lu pettu Il coniglio ha il petto
e lu pettu l‟aviti vui ed il petto avete voi
jù stanotti mi lu „nzunnai io stanotte mi son sognato
pettu cu pettu, curcata cu vui petto con petto coricata con voi
ah la cirasa, la cirasa chi ciavuru fa, ah la cirasa, la cirasa che odore che fa,
sta picciuttedda mi stringi e mi vasa questa giovinetta mi stringe e mi bacia
ca voli a cirasa ca pampina perché vuole la cirasa con la foglia.
Testi e partiture delle canzoni 309
Lu cunigghiu c‟havi la panza Il coniglio ha la pancia
e la panza l‟aviti vui ed la pancia avete voi
jù stanotti mi lu „nzunnai io stanotte mi son sognato
panza cu panza, curcata cu vui pancia con pancia coricata con voi
ah lu cutugnu, lu cutugnu chi ciavuru fa, ah la cotogna, la cotogna che odore che fa,
sta picciuttedda mi stringi e mi vasa questa giovinetta mi stringe e mi bacia
ca voli u cutugnu ca pampina. perché vuole la cotogna con la foglia.
Lu cunigghiu c‟havi la coscia Il coniglio ha la coscia
e la coscia l‟aviti vui ed la coscia avete voi
jù stanotti mi lu „nzunnai io stanotte mi son sognato
coscia cu coscia, curcata cu vui coscia con coscia coricata con voi
ah la cirasa, la cirasa chi ciavuru fa, ah la cirasa, la cirasa che odore che fa,
sta picciuttedda mi stringi e mi vasa questa giovinetta mi stringe e mi bacia
ca voli a cirasa ca pampina. perché vuole la cirasa con la foglia.
Lu cunigghiu c‟havi li peri Il coniglio ha i piedi
e li peri l‟aviti vui ed i piedi avete voi
jù stanotti mi lu „nzunnai io stanotte mi son sognato
peri cu peri, curcata cu vui piedi con piedi coricata con voi
ah lu cutugnu, lu cutugnu chi ciavuru fa, ah la cotogna, la cotogna che odore che fa,
sta picciuttedda mi stringi e mi vasa questa giovinetta mi stringe e mi bacia
ca voli u cutugnu ca pampina. perché vuole la cotogna con la foglia.

Lu cunigghiu c‟havi lu pilu Il coniglio ha il pelo


e lu pilu l‟aviti vui ed il pelo avete voi
jù stanotti mi lu „nzunnai io stanotte mi son sognato
pilu cu pilu, curcata cu vui pelo con pelo coricata con voi
ah la cirasa, la cirasa chi ciavuru fa, ah la cirasa, la cirasa che odore che fa,
sta picciuttedda mi stringi e mi vasa questa giovinetta mi stringe e mi bacia
ca voli a cirasa ca pampina perché vuole la cirasa con la foglia.
ah lu citrolu, lu citrolu chi ciavuru fa, Ah il cetriolo, il cetriolo che odore che fa,
sta picciuttedda m‟a strica u linzolu questa giovinetta mi strofina il lenzuolo
ca voli u citrolu ca pampina. perché vuole il cetriolo con la foglia.

Questa canzone afferma che tra il coniglio e la donna vi sono molte


rassomiglianze. Come il coniglio la donna ha il muso, il fiato, il petto, la pancia,
la coscia, i piedi, il pelo. Ogni rassomiglianza è buona per sognare di stare
vicino all‟amata e per decantarne le bellezze. Qualche doppio senso non è
sgradevole e fa nascere un malizioso sorriso.
Testi e partiture delle canzoni 310
Testi e partiture delle canzoni 311

VITTI NA CROZZA (tradizionale) HO VISTO UN TESCHIO

Vitti na crozza supra nu cannuni, Ho visto un teschio sopra un cannone,


iu fui curiusu e ci vosi spiari, fui curioso e volli chiedergli il perchè,
idda m‟arrispunniu cu gran duluri mi rispose con gran dolore
murivu senza corpi di campani. sono morto senza suono di campane.
Cunzatimi cunzatimi lu lettu Rassettatemi, rassettatemi il letto
ca da li vermi sugnu mangiatu tuttu. perché dai vermi sono mangiato tutto.
Si nun li scuntu ca li me piccati, Se non li sconto qui (1) i miei peccati,
li scuntu all‟autru munnu li sconterò all‟altro mondo,
o scilliratu. o me scellerato.
Si nni jeru si nni jeru li me anni Son passati, son passati i mei anni,
si nni jeru, sinni jeru e un sacciu unni, son passati, son passati e non so dove.
ora ca sugnu arrivatu a ottant‟anni Ora che sono arrivato a ottant‟anni,
chiamu la vita e la morti rispunni, chiamo la vita e la morte mi risponde,
ora ca sugnu arrivatu a ottant‟anni ora che sono arrivato a ottant‟anni,
chiamu la vita e la morti rispunni. chiamo la vita e la morte mi risponde.
Cunzatimi cunzatimi lu lettu Rassettatatemi, rassettatemi il letto
ca di vermi sugnu mangiatu tuttu. perché dai vermi sono mangiato tutto
Si nun li scuntu ca li me piccati, se non li sconto qui i miei peccati,
li scuntu all‟autru munnu li sconterò all‟altro mondo
o scilliratu. o me scellerato
1) in terra
Vitti na crozza” è la canzone siciliana più conosciuta, la più cantata, è diventata anzi
l‟emblema canoro della Sicilia, non è raro sentirla cantare da comitive allegre e
spensierate. Rosa Balistreri la interpreta senza il ritornello gioioso del trallalleru trallallà
rallentando vistosamente il ritmo. E‟ la giusta interpretazione anche perché le parole
raccontano di un dialogo di un anziano con un teschio che racconta la sua morte “senza
campane” quindi senza sacramenti. E‟ una canzone triste, senza speranza, il vecchio
invoca la “vita” ma “la morte risponde”. Nella voce della Balistreri traspare la tristezza
di chi ha vissuto la sua vita e si ritrova vicino alla morte, di chi si interroga sul dolore,
sulla vita e non trova risposta alcuna.
L‟autore del testo è un siciliano sicuramente ignoto, come ignoti sono gli autori di
moltissime canzoni e che appartengono al popolo. La musica è stata registrata alla SIAE
dal maestro agrigentino Franco Li Causi, non si conosce se la musica è stata inventata
dal Li Causi o se il Causi arrangiò un tema musicale antico scrivendo la partitura e
quindi riportando sul pentagramma un tema musicale non suo ma della tradizione del
popolo siciliano.
Testi e partiture delle canzoni 312
Testi e partiture delle canzoni 313

CANTI DELLA SICILIA


PDR 2000 Ed Vivaio due CD (2003)

1 CD):
Cu ti lu dissi, …………………………………….. pag 274-275
Curri cavaddu miu ………………………………. pag 390
Vitti na bedda ……………………………………. pag 319-320
Signuruzzu chiuviti chiuviti …………………….. pag 226-228
A tirannia………………………………………… pag 212-213
Tu si bedda ………………………………............ pag 321-322
La cursa di li cavaddi ……………………………. pag 316
La tarantula ……………………………………… pag 317-318
Quantu basilicò ……………………………………pag 203-204
La trabia ………………………………………….. pag 232-233
Morsi cu morsi……………………………………. pag 202-203
La siminzina ..…………………………………….. pag 192-193

2 CD):

Chiovi Chiovi o Ciovi Ciovi ……………………… pag 314-315


L'anatra …………………………………………… pag 234-235
Cummari Nina Cummari Vicenza ………………. pag 187-188
La ciaramedda……………………………………. pag 339-340
'Nni la notti triunfanti ………………………….... pag 323
Ora veni lu picuraru ……………………………... pag 323-326
Quannu Diu s'avia „ncarnari ……………………. pag 327-328
Sutta n'pedi ………………………………………. pag 329-330
Avò ………………………………………………… pag 331-332
Bammineddu picciliddu …………………………. pag 333-334
Diu vi la nanna l'ambasciata ……………………. pag 335-336
Filastrocca a lu Bamminu ……………………….. pag 337-338
La notti di Natali ………………………………… pag 183-185
Testi e partiture delle canzoni 314

CIOVI, CIOVI, CIOVI. PIOVE, PIOVE, PIOVE


Ciovi, ciovi, ciovi Piove, piove, piove,
la gatta fa li provi, la gatta fa le prove,
lu surci si marita il topo si sposa
cu la coppula di sita; con il berretto di seta;
nesci la cugnata esce la cognata
cu la vesti arraccamata, con la veste ricamata,
nesci lu Signuri esce il Signore
e fa spuntari u suli. e fa spuntare il sole.
Ciovi, ciovi ciovi Piove, piove, piove,
la gatta fa li provi, la gatta fa le prove,
lu surci si marita il topo si sposa
cu la coppula di sita, con il berretto di seta,
nesci la cugnata esce la cognata
cu la vesti arraccamata con la veste ricamata
nesci lu patruni… esce il padrone…
chi corna a pinnuluni. con le corna penzolanti.

da “Giuseppe Pitrè, La musica


popolare ed il carteggio col maestro
F. P. Frontini” di Carmelina Naselli,
- Palermo (a pag. 24)
Da Canti Siciliani, 1857, Vigo al n. 2336, 2337

E‟ una classica filastrocca cantata ancora oggi dai bambini, a volte mentre fanno il
girotondo. La caratteristica delle filastrocche è che viene cantata con ritmo sempre più veloce,
non interessa il significato di una frase o delle parole, ma la loro ripetizione, spesso con suoni
onomatopeici o con rime che rendono la filastrocca divertente per chi la canta, ma anche per gli
adulti che l‟ascoltano. Viene tramandata da padre in figlio oralmente da molti anni, dal 1700 in
poi studiosi della canzone siciliano ne hanno raccolte molte in antologie.
Testi e partiture delle canzoni 315
Testi e partiture delle canzoni 316

LA CURSA DI LI CAVADDI LA CORSA DEI CAVALLI


(tradizionale)
Ohè! Ohè! u cavadduzzu miu Ohè! Ohè il cavalluccio
i Vanni Quartu di Vanni Quarto
unni… pigghiau u barattu dove... ha preso il cambio
Ohè! Ohè! Ohè! Ohè
Ivi e parti di porta Felici, sono andato dalle parti di porta
ivi a pigghiari Felice e sono andato a prendere
l‟acula a Matrici. l‟aquila alla Matrice
Ohè! Ohè! u cavadduzzu miu Ohè! Ohè il mio cavalluccio
i Vanni Quartu di Vanni Quarto
unni… pigghiau u barattu dove… ha preso il cambio
Ohè! Ohè! Ohè! Ohè
e ci fici li pedi d‟argentu e gli ho fatto i piedi d‟argento
e mi va comu lu ventu e mi corre come il vento

“Corpus di musiche popolari


siciliane” 1957
Alberto Favara al n: 704

Ecco cosa dice il Favara: Anticamente da Porta Felice a Porta Nuova a Palermo si
correvano le corse dei cavalli. Finita la gara il vincitore riceveva in premio l‟aquila reale
costellata da scudi d‟argento e si formava una corte che ritornava a Porta Felice con in
testa il cavallo ed il cavaliere vincitore (Vanni Quarto) preceduti dall‟aquila reale.
Testi e partiture delle canzoni 317

LA TARANTULA LA TARANTOLA
(tradizionale)

A mi t‟ha muzzicatu La tarantola ha morso


a bella la tarantula la mia bella
e t‟ha muzzicatu li pedi e le ha morso i piedi,
pedi cu pedi mo‟ si ni veni piedi con piedi ora viene,
mo‟ si ni veni mo si ni va‟ ora viene ed ora va
chista è la tarantula. questa è la tarantola.
A mi t‟ha muzzicatu La tarantola ha morso
a bella la tarantula la mia bella
e m‟ha muzzicatu la coscia e le ha morso la coscia,
coscia cu coscia mo mi si „ncoscia coscia con coscia ora mi si angoscia,
gamba cu gamba mo mi si n‟ciamma gamba con gamba ora mi si infiamma,
pedi cu pedi mo si ni veni piedi con piedi ora viene,
mo si ni veni mo si ni va ora viene ed ora va
chista è la tarantula questa è la tarantola.
A mi t‟ha muzzicatu La tarantola ha morso
a bella la tarantula la mia bella
e m‟ha muzzicatu la panza e le ha morso la pancia,
panza cu panza mo mi s‟avanza pancia con pancia ora viene avanti,
coscia cu coscia mo mi si „ncoscia coscia con coscia ora mi si angoscia,
gamba cu gamba mo mi si n‟ciamma gamba con gamba ora mi si infiamma,
pedi cu pedi mo si ni veni piedi con piedi ora viene,
mo si ni veni mo si ni va ora viene ed ora va
chista è la tarantula questa è la tarantola.
A mi t‟ha muzzicatu La tarantola ha morso
a bella la tarantula la mia bella
e m‟ha muzzicatu lu pettu e le ha morso il petto,
pettu cu pettu mo mi ci jettu petto con petto ora mi ci butto,
panza cu panza mo mi s‟avanza pancia con pancia ora viene avanti,
coscia cu coscia mo mi si „ncoscia coscia con coscia ora si mi angoscia,
gamba cu gamba mi mi si n‟ciamma gamba con gamba ora mi si infiamma,
pedi cu pedi mo si ni veni piedi con piedi ora viene,
mo si ni veni mo si ni va ora viene ed ora va
chista è la tarantula. questa è la tarantola.
Canzone allegra, scherzosa, che sprizza allegria. La tarantola, ragno il cui morso da
ebbrezza e movimenti del corpo indiavolati, punge l‟amata nelle zone del corpo della
donna amata che sono le più desiderate per il suo amore. Molto simile alla canzone “U
cunigghiu” e “L‟anatra”.
Testi e partiture delle canzoni 318
Testi e partiture delle canzoni 319

VITTI NA BEDDA HO VISTO UNA BELLA RAGAZZA


(tradizionale)

Vitti 'na bedda Ho visto una bella ragazza


affacciata 'a finestra affacciata alla finestra
c'abbivirava lu basilicò. che innaffiava il basilico.
E ju ci dissi Ed io le ho detto:
damminni 'na 'nticchia dammene un poco:
idda mi dissi è tuttu lu tò. lei mi rispose: è tutto tuo.
Famminni jiri Fai andare
mé matri a la missa mia madre alla messa
ca ti lu dugnu cu tutta la grasta. che te lo do con tutto il vaso.
A la turnata ci tornu a passari Al ritorno passo di nuovo
persi la grasta e lu basilicò; ho perduto il vaso e il basilico;
e cu lu sì e cu lu no e con il sì e con il no
di notti si chianta lu basilicò. di notte si pianta il basilico.

. “Canti siciliani” 1 volume 1870,


Giuseppe Pitrè”, al n: 80

L‟usanza di donare un vaso di basilico ai vicini in Sicilia fino a qualche anno


addietro era molto comune, aveva il significato di voler intrattenere amicizia con
la persona a cui si donava il vaso. Il basilico, una delle piante più profumate, è
una pianta presente in molte case siciliane, sia per il forte profumo che emana
sia perché viene usato in cucina su molte pietanze, primo fra tutte la pasta al
pomodoro, e poi sulla parmigiana fatta in casa e su molti altri piatti.
Il canto è piacevole e viene cantato in vari paesi siciliani.
Il verso è il classico endecasillabo con accenti forti sulle sillabe 4/7/10
intramezzato ad endecasillabi tronchi (di dieci sillabe). La tonalità
dell‟introduzione e del passaggio tra una strofa e l‟altra è in La minore che
sfocia in La Maggiore nelle strofe con il tempo di ¾.
Testi e partiture delle canzoni 320
Testi e partiture delle canzoni 321

TU SI BEDDA TU SEI BELLA


(tradizionale)

Tu sì bedda, tu sì bedda nica nica, Tu sei bella, tu sei bella piccolina mia,
malandrina malandrina e arrobbacori, malandrina, malandrina e rubacuori
mi l‟arrubbasti a mia stu cori, hai rubato a me il cuore
ora lu teni, ora lu teni „mpussessu tò. ora lo tieni, ora lo tieni in possesso tuo
mi l‟arrubbasti a mia stu cori, hai rubato a me il cuore
ora lu teni, ora lu teni „mpussessu tò. ora lo tieni, ora lo tieni in possesso tuo.
Quant‟è bedda, Quanto è bello,
quant‟è bedda sta curpuratura, quanto è bello il tuo corpo,
lu pettu tunnu, lu pettu tunnu e lu visu il petto tondo, il petto tondo ed il viso adornato,
adurnatu, di tia sugnu assai „nnamuratu di te io sono assai innamorato
comu a ttia, comu a ttia non nun ci nn‟è, come te, come te nessuna c‟è,
di tia sugnu assai „nnamuratu di te sono assai innamorato
comu a ttia, comua ttia non nun ci nn‟è. come te, come te nessuna c‟è.
Sti labbruzza, Queste piccole labbra,
sti labbruzza „nzuccarati, queste labbra inzuccherate
li tò occhi, li tò occhi culuri di mari, i tuoi occhi, i tuoi occhi, colore di mare,
mi hannu fattu assai „nnammurari, mi hanno fatto assai innamorare,
pi lu geniu, pi lu sangu ca mi fai tu per il genio, per il sangue che mi fai
mi hannu fattu assai „nnammurari, mi hanno fatto assai innamorare
comu a tia, comu a tia veru un ci „nn‟è. come te, come te nessuna c‟è,
Chi sù beddi, chi sù beddi li toi capelli, Che sono belli, che sono belli i tuoi capelli,
l‟occhi toi, l‟occhi toi coluri di mari, i tuoi occhi, i tuoi occhi, colore di mare,
mi hannu fattu assai „nnammurari, mi hanno fatto assai innamorare,
comu a tia, comu a tia veru un ci „nn‟è. come te, come te nessuna c‟è,
mi hannu fattu assai „nnammurari, mi hanno fatto assai innamorare
comu a tia, comu a tia veru un ci „nn‟è, come te, come te nessuna c‟è,
mi l‟arrubbasti a mia stu cori, hai rubato a me il cuore
comu a tia, comu a tia veru un ci „nn‟è, ora lo tieni, ora lo tieni in possesso tuo
mi l‟arrubbasti a mia stu cori, hai rubato a me il cuore
ora lu teni, ora lu teni „mpussessu tò. ora lo tieni, ora lo tieni in possesso tuo.

Una delle più belle canzoni d‟amore. E‟ pura poesia sensuale: gli occhi
azzurri colore del mare, il petto tondo, i capelli, le piccole labbra e il viso
adornato; tutto il corpo dell‟amata attrae il fidanzato ed ora il fidanzato cerca il
suo cuore per donarglielo, ma questo è stato rubato metaforicamente dall‟amore
di lei ed ora lo tiene fermamente in suo possesso.
Testi e partiture delle canzoni 322

Accordi per chitarra: Sib+ = Bb+; Mib+= Eb+; Fa7 = F7


Testi e partiture delle canzoni 323

NNI LA NOTTI TRIONFANTI NELLA NOTTE TRIONFANTE


(tradizionale religiosa)

Nni la notti trionfanti Nella notte trionfante


ca nasciu l‟Onniputenti, che è nato il Bambinello,
nni la notti trionfanti nella notte trionfante
ca nasciu l‟Onniputenti, che è nato il Bambinello,
si parteru giovilanti, si partirono giubilanti,
si parteru giovilanti si partirono giubilanti
li tri ri di l‟aria, i tre re dell‟aria,
li tri ri di l‟aria i tre re dell‟aria.
Li tri spirdi potenti I tre spiriti potenti
di l‟imperiu calaru, dal cielo calarono,
li tri spirdi potenti i tre spiriti potenti
di l‟imperiu calaru dal cielo calarono,
s‟accurdaru li strumenti accordarono gli strumenti
s‟accurdaru li strumenti accordarono gli strumenti
e lu Gloria cantaru e il Gloria cantarono
e lu Gloria cantaru e il Gloria cantarono.
E Maria ha dittu a ognunu E Maria ha detto ad ognuno
vi ringraziu di l‟affettu vi ringrazio per l‟affetto,
e Maria ha dittu ognunu e Maria ha detto ad ognuno
vi ringraziu di l‟affettu vi ringrazio per l‟affetto.
ca purtastivu pi donu che avete portato per dono,
ca purtastivu pi donu che avete portato per dono.
a me figliu pargulettu, a mio figlio pargoletto,
a me figliu pargulettu. a mio figlio pargoletto,

ORA VENI LU PICURARU ORA VIENE IL PECORAIO


(tradizionale religiosa)
Nun durmiti chiù pastura, Non dormite più pastori,
già che è natu lu Missia già che è nato il Messia,

Bettilemme e li fridduri a Betlemme con tempo freddoloso
nascì in brazza di Maria è nato nelle braccia di Maria.
La ninna oh la ninna oh La ninna oh la ninna oh
dormi Gesù e fai la vo vo. dormi Gesù e fai la vo vò.
Testi e partiture delle canzoni 324
Ora veni lu picuraru, Ora viene il pecoraio
e nun havi chi ci purtari, e non ha cosa portargli,
porta latti „ntra la cisca, porta latte nel pentolino di rame,
cascavaddu e tuma frisca. caciocavallo e formaggio fresco.
La ninna oh la ninna oh La ninna oh la ninna
dormi Gesù e fai la vo vo. oh dormi Gesù e fai la vo vò.
Ora veni lu cacciaturi Ora viene il cacciatore
e nun havi chi ci purtari e non ha cosa portargli,
porta lepri e un cunigghiu, porta una lepre ed un coniglio
pi la matri e pi lu figghiu. per la madre e per il figlio.
La ninna oh la ninna La ninna oh la ninna
oh dormi Gesù e fai la vo vo. oh dormi Gesù e fai la vo vò.
Ora veni lu jardinaru Ora viene il giardiniere
e nun havi chi ci purtari e non ha cosa portargli,
ci purtau du aranciteddi, ci ha portato due arance,
pi jucari lu picciriddu. per far giocare il bambino.
La ninna oh la ninna oh La ninna oh la ninna
dormi Gesù e fai la vo vo. oh dormi Gesù e fai la vo vò.
Ora veni la viddanedra Ora viene la villanella
e nun havi chi ci purtari e non ha cosa portargli,
ha scinnutu di li muntagni, è discesa dalle montagne,
porta mennuli e castagni. porta mandorle e castagne.
La ninna oh la ninna oh La ninna oh la ninna oh
dormi Gesù e fai la vo vo. dormi Gesù e fai la vo vò.
Nun durmiti chiù pastura, Non dormite più pastori,
già che è natu lu Missia già che è nato il Messia,
Bettilemme e li fridduri a Betlemme con tempo freddoloso
nasci in brazza di Maria. nasce nelle braccia di Maria.

La versione del Favara nel suo “Corpus” così recita: “Ora veni lu picuraru e nun ha chi ci
purtari / porta latti e nti la cisca / cascavaddu e tuma frisca. Arrivisciti o matri mia, ca nui semu
a la campìa. E ninna ahò, e ninna ahò e lu mè figghiu dormiri vò”.
Bellissima ed antica canzone natalizia tutt‟ora cantata nelle sere natalizie o davanti alle icone
natalizie (fiureddi). Ciò che la gente povera possiede viene portato al Bambinello, formaggio
fresco e caciocavallo, due arance, mandorle e castagne. La canzone è pregna dell‟atmosfera
natalizia, di dolcezza, di bontà, serenità e gioia. vedi copia del Pitrè a pag. 459 al n. 987 ed è
presente nella raccolta di Francesco Paolo Frontini “Natale Siciliano, 1904, De Marchi al n: 4
col nome “Pastorale”
Testi e partiture delle canzoni 325

Vedi testo in “Canzoni siciliane” , 1856 Vigo a pag. 458 al n. 2244


Testi e partiture delle canzoni 326

“Corpus di musiche popolari siciliane”, 1957 Alberto Favara al n: 650 e al 644


Testi e partiture delle canzoni 327
QUANNU DIU QUANDO DIO
S'AVIA 'NCARNARI SI DOVEVA INCARNARE
(tradizionale religiosa)
Quannu Diu s'avia 'ncarnari Quando Dio si doveva incarnare
mannà l'Angilu Gabrieli, mandò l‟angelo Gabriele, a Maria
a Maria l'ha salutari devi salutare, la regina dei cieli,
la Reggina di li celi (tre volte) Quando l‟Angelo scese quaggiù
Quannu l‟Angilu scinni jusu e guardò quel bel viso,
e guardau ddu beddu visu, restò tutto confuso
arristau tuttu cunfusu si scordò il paradiso.
si scurdau lu Paradisu. (tre volte) Le comparve d‟improvviso
Ci cumparsi intra nenti e là c‟era un pellegrino,
e dda c‟era un pellegrinu, con questa neve e freddo
cu sta nivi e friddurati dove andate buona gente.
unni iti bona genti. (tre volte) Andate in quella contrada c‟è una
Itivinni a dda contrada grotta addossata, (al monte)
c‟è na grutta arriddussata, c‟è la paglia e le date fuoco
c‟è la paglia e l‟addumati riscaldate questa nottata.
risturati sta nuttata. (tre volte) San Giuseppe camminava
San Giuseppi caminava tra montagne e boschi oscuri
tra muntagni e voschi oscuri, San Giuseppe e la Madonna
San Giuseppi e la Madonna ridotti al freddo.
arriddutti alli fridduri. (tre volte) San Giuseppe camminava
San Giuseppi caminava e le redini (del somarello) tirava
e la redina tirava le tirava corte, corte
la tirava curta, curta ed entrarono nella grotta.
e traseru nda la grutta. (tre volte) Essendo Maria arrivata lì
Sennu dda Maria arrivata vide un bue ed un asinello
vitti un voi e na mangiatura due animali verso il tramonto
du armaluzzi alla scurata poco fieno e paglia.
pocu fenu e pagliatura. (tre volte) Partorì una gran Signora
Parturiu na gran Signura senza doglie e dolori
senza dogli e né dulura andate da Gesù Bambinello
iti a Gesù bammineddu, in mezzo al bue ed all‟asinello
„nmezzu u voi e l‟asineddu (tre volte)

da “Giuseppe Pitrè, La musica


popolare ed il carteggio col
maestro F. P. Frontini”
di Carmelina Naselli, Palermo (a pag. 44)
Testi e partiture delle canzoni 328
Testi e partiture delle canzoni 329

SUTTA 'NPEDI SOTTO UN ALBERO


(tradizionale religiosa)

Sutta 'npedi di nucidda, Sotto un albero di nocciole,


c'è na naca picciridda c‟è una culla piccolina
ci si curca lu Bambinu , ci si corica il Bambinello Gesù,
San Giuseppi e San Iachinu San Giuseppe e San Gioacchino
e susi pasturi, nun dormiri cchiù, e alzatevi pastori, non dormite più,
lu vidi ch'è natu lo vedete che è nato
u Bambinu Gesù! il Bambinello Gesù !
Sutta 'npedi di lumia, Sotto un albero di limone,
c'è na fimmina ca cusia c‟è una donna che cuciva
e cusia lu 'nfasciaturi, e cuciva i pannoloni,
pi 'nfasciari a lu Signuri per fasciare il Signore
e susi pasturi, nun dormiri cchiù, e alzatevi pastori, non dormite più,
lu vidi ch'è natu lo vedete che è nato
u Bambinu Gesù! il Bambinello Gesù !
Sutta 'npedi di cirasa, Sotto un albero di cirasa,
San Giuseppi fa la casa San Giuseppe fa la casa
fa la casa pi lu Signuri. fa la casa per il Signore
senza petri ma cu l'amuri senza pietre ma con l‟amore
e susi pasturi, nun dormiri cchiù, e alzatevi pastori, non dormite più,
lu vidi ch'è natu lo vedete che è nato
u Bambinu Gesù! il Bambinello Gesù !
E nasciu lu Bambineddu, Ed è nato il Bambinello,
senza un filu di capiddu senza un filo di capelli
quarchi filu ca n'avia, qualche filo che ne aveva,
comu l'oru ci stralucia luccicava come l‟oro
e susi pasturi, nun dormiri cchiù, e alzatevi pastori, non dormite più,
lu vidi ch'è natu lo vedete che è nato
u Bambinu Gesù! il Bambinello Gesù !
Testi e partiture delle canzoni 330
Testi e partiture delle canzoni 331

AVO‟ NINNA NANNA


(tradizionale)

Avò, l‟amuri miu, ti vogghiu beni Fai la vò, amore mio, ti voglio bene,
l‟ucchiuzzi di me figlia, su sireni. gli occhietti di mia figlia sono sereni.
Oh… Oh…
Chi avi la figghia mia, Cosa ha la figlia mia,
ca sempri cianci, che sempre piange,
voli fattu la naca, vuole che le facciamo la culla,
menzu l‟aranci. Oh… in mezzo agli aranci. Oh…
Specchiu di l‟occhi mia, Specchio dei miei occhi,
facci d‟aranciu, faccia d‟arancio
ca mancu „ppun tesoru che nemmeno per un tesoro
iu ti cangiu. Oh… io ti cambio. Oh…
Sciatu di l‟arma mia, Respiro della anima mia,
facciuzza bedda, faccetta bella.
la mamma t‟ava la mamma ti vuole
fari munachedda. Oh… fare monachella. Oh…
E munachedda di lu Sarvaturi, E monachella (del monastero) del
unni ci stannu i nobili e i signori. Salvatore, dove stanno i nobili
Oh… e i signori. Oh…
Ora s‟addummisciu, Ora s‟addormenta,
la figghia mia, la figlia mia,
guardatimilla vui, Matri Maria. guardatemela voi, Madre Maria
Oh… Oh…

A mio parere una delle più belle canzoni di Rosa Balistreri. E‟ l‟accorato canto di una
mamma che addormenta la sua bimba. Ancora oggi viene cantata dalle mamme siciliane e dalle
note dolci vengono fuori i sentimenti più intimi di una mamma, l‟amore tenero e totale per la
propria creatura. Anche Rosa Balistreri è stata madre: ha avuto un figlio morto appena nato ed
una figlia, Angela, ancora viva, ha adottato il nipote Luca e lo ha trattato come un figlio. La
dolcezza della voce della cantante in questa ninna nanna fa contrasto con molte canzone in cui la
voce è aspra, dura, a volte roca. Le parole sono bellissime: “Specchio dei miei occhi, faccia
d‟arancio, che nemmeno per un tesoro io ti cambio.”, “Respiro della anima mia, faccetta bella”,
e poi il desiderio di un futuro tranquillo e sicuro come quello di farla “munachella” monaca nel
convento dove crescono i figli dei nobili e dei signori, scelta di vita condivisa da molte ragazze
di una volta. L‟ultima strofa, un grido accorato alla Madre di Dio di farla crescere sotto la sua
protezione, coinvolge totalmente l‟ascoltatore e fa comprendere come sulla terra non c‟è un
amore più grande di quello che ha una mamma verso la propria creatura.
Testi e partiture delle canzoni 332

Da Raccolta amplissima “Canti della Val di Noto”, 1959


di canzoni siciliane, 1857, Vigo al n. 2276 Antonino Uccello”, al n: 126
Testi e partiture delle canzoni 333
BAMBINEDDU PICCILIDDU BAMBINELLO PICCOLINO
(tradizionale religioso)
Bambineddu, picciliddu, Bambinello, piccolino,
lù me' cori ù voli Iddu; il mio cuore lo vuole Lui;
Iddu cianci ca lu voli, Lui piange che lo vuole,
Bambineddu arrobba cori; Bambinello ruba cuore;
Iddu cianci ca lu voli, Lui piange che lo vuole,
Bambineddu arrobba cori Bambinello ruba cuore;
Bambuneddu balla balla Bambinello balla, balla,
ca lu cianu è tuttu tò, che il cortile è tutto tuo,
unni posi lu to piduzzu dove posi il tuo piedino
nasci gigliu e basilicò; nasce giglio e basilico;
unni posi lu to piduzzu dove posi il tuo piedino
nasci gigliu e basilicò. nasce giglio e basilico;
Lu Bambinu mentri juvaca Il Bambino mentre giocava
si chiamava li picciliddi si chiamava i bambini
e firriavunu „ntunnu ntunnu e giravano intorno intorno
e jucava tuttu lu munnu. (2 volte) e giocava tutto il mondo
Mariuzza si 'nni iu a sidiri Mariuccia (1) se n‟è andata a sedere
ni la casa di Sant'Anna nella casa di Sant‟Anna
lu bambinu si misi a cianciri il bambino si mise a piangere
“Matri mia vogliu la nanna” “Madre mia voglio la nanna”
lu bambinu si misi a cianciri il bambino si mise a piangere
“Matri mia vogliu la nanna” “Madre mia voglio la nanna”
Mentri figliu vuliti viniri Mentre figlio, volete venire
vi cci portu vulenteri vi ci porto volentieri
là va trovi lu circu tunnu Là vai a trovare il circo tondo
e la nanna ti fa jucari e la nanna ti fa giocare.
là va trovi lu circu tunnu Là vai a trovare il circo tondo
e la nanna ti fa jucari. e la nanna ti fa giocare
1) Maria, la madre di Gesù
Questo canto natalizio, cantato anche come ninna è cantato anche oggi in molti paesi.
E‟ presente nelle raccolte di canzoni siciliane di diversi autori e viene rimodellato da Rosa
Balistreri prendendolo da diversi fonti; la voce della Balistreri è dolcissima.
Un tempo, ma anche oggi, era consuetudine dondolare “annacari i picciriddi”.
L‟ “annacata” veniva fatta in questo modo: la mamma teneva in braccio il bambino e, stando
seduta su una sedia ben solida con il fondo di paglia o di corda, tipica di quel tempo, si
dondolava battendo ritmicamente prima i piedi davanti e poi i piedi di dietro della sedia,
accompagnando la cadenza con un lieve “oooh! oh!”, o sussurrando ninne nanne il cui motivo,
sempre lo stesso, induceva al sonno al bambino. Vedi copia a pag. 458 al n. 2318
Testi e partiture delle canzoni 334
Testi e partiture delle canzoni 335
DIU VI MANNA L'AMBASCIATA DIO VI MANDA L‟AMBASCIATA
(tradizionale religioso)

Diu vi manna, vi manna l'ambasciata Dio vi manda, vi manda l‟ambasciata


fu di l'angilu, di l'angilu purtata: fu dall‟angelo, dall‟angelo annunziata:
Ah ca lu figghiu, lu figliu di Diu Patri Ah che il figlio, il figlio di Dio Padre
e Maria, Maria fu fatta matri. e Maria, Maria, fu fatta madre.
Vergine e casta fusti Maria Vergine e casta, fosti Maria.
iu mi cunsolu assai ccu tia. (2 volte) io mi consolo assai con te.
E pi la gioia partistivu ccu fretta E per la gioia siete partita in fretta,
p'annunziarlu a Santa Elisabetta. per annunziarlo a Santa Elisabetta.
E San Giuanni ancora unn'era natu E san Giovanni ancora non era nato
fu ppi vui, ppi vui santificatu. fu per voi, per voi santificato.
Vergine e casta fusti Maria Vergine e casta, fosti Maria
iu mi cunsolu assai ccu tia. (2 volte) io mi consolo assai con te.
Chi bellu fruttu Maria aviti a fari Che bel frutto Maria dovete fare,
lu Verbu eternu incarnatu ccu vui il Verbo Eterno incarnato con voi.
Tu parturisci comu na gran signura Tu partorisci come una gran Signora
senza aviri né dogli e né dulura senza avere né doglie né dolori.
Vergine e casta fusti Maria Vergine e casta, fosti Maria.
iu mi cunsolu assai ccu tia. io mi consolo assai con te.
Vergine e casta fusti Maria Vergine e casta, fosti Maria.
iu mi cunsolu assai ccu tia. io mi consolo assai con te.
Diu ti manna l'ambasciata Dio vi manda, vi manda l‟ambasciata
fu di l'angilu, di l'angilu purtata fu dall‟angelo, dall‟angelo portata
Ah ca lu figghiu di Diu Patri Ah che il figlio, il figlio di Dio Padre
e Maria, Maria fu fatta matri. e Maria, Maria, fu fatta madre.
Vergine e casta fusti Maria Vergine e casta, fosti Maria.
iu mi cunsolu assai ccu tia. io mi consolo assai con te.
Vergine e casta fusti Maria Vergine e casta, fosti Maria.
iu mi cunsolu assai ccu tia. io mi consolo assai con te.

Il testo della canzone “Diu vi mamma l'ambasciata” risale a moltissimi anni addietro e fa
parte delle preghiere che le nostre mamme e nonne, specie nel periodo freddo invernale, attorno
al “tancino” (braciere con carbonella) recitavano ogni sera all'imbrunire, spesso riunendosi con
varie famiglie viciniore e con tutti i bambini. Finito il rosario, (e questa canzone recita i cinque
misteri gaudiosi: annuncio dell'Angelo, visita a S. Elisabetta, nascita di Cristo, presentazione al
tempio, e ritrovamento di Gesù fra i dottori del tempio) i bambini venivano accompagnati a letto
aiutandoli a fare il segno della croce e facendo recitare loro una antica preghiera “Ia mi curcu
„nni stu lettu / ccu Maria supra lu pettu./ Ia dormu e Idda viglia, / si c'è cosa m'arrusbigghia. Ccu
Gesu mi curcu, ccu Gesu mi staiu, si sugnu ccu Gesu paura nun haiu”. Vedi copia del Pitrè a
pag. 459 “O gran Virgini Maria”
Testi e partiture delle canzoni 336
Testi e partiture delle canzoni 337

FILASTROCCA A LU BAMMINU FILASTROCC A GESU‟ BAMBINO


(tradizionale religioso)
La bedda Matri quannu ia a lavari La Madonna quando andava a lavare
li panniceddi di nostru Signuri i panni di nostro Signore,
ci dava un stricuneddu e li vasava dava una strofinata e li baciava,
'nmezzu di rosi e ciuri li stinniva. in mezzo a rose e fiori li stendeva.
E San Giuseppi mentri travagliava E San Giuseppe mentre lavorava
sintia Gesuzzu che forti chiancia, sentiva Gesù che forte piangeva
San Giusippuzzu chiamava a Maria, San Giuseppe chiamava Maria:
vidi ca voli minna u Sarvaturi. guarda che il Salvatore vuole il seno.
Zittu, la mamma, ca ora ti pigliu Zitto, o mamma, che adesso ti prendo
ti dugnu la nennè ca pani nun ci n'è. ti do il seno perché pane non ce n‟è.
La Madunnuzza quannu ia a la fera Quando la Madonna andava alla fiera
u bammineddu ciancia pi la bannera il bambinello piangeva per la bandiera,
sona, ci à cattai lu tamburinu suona, gli ho comprato il tamburino;
„ndi trizzi d'oru „ndi lazza d'argentu nelle trecce d‟oro, nei lacci d‟argento
ni mazzuledda di cristallu finu, un mazzolino di cristallo fino,
l'Angilu ci dissi bambineddu sona l‟Angelo gli disse: bambinello suona,
quantu sintemmu stu sonu divinu: quando sentiamo questo suono divino.
Ci eru li tri re misi a cavaddu, Sono venuti tre re a cavallo,
ci dissiru di cui è stu picciliddu gli dissero di chi è questo bambinello,
lu figliu di Maria il figlio di Maria
taliatilu ch'è beddu, guardatelo quanto è bello,
lu figliu di Maria il figlio di Maria
taliatilu ch'è beddu. guardatelo quanto bello.

“Corpus di musiche popolari siciliane”, 1957 Alberto Favara al n: 725


E‟ un bellissimo quadretto di vita familiare della Sacra Famiglia, ma in questo
quadro tutte le famiglie si riconoscono; niente di soprannaturale, la madre che lava i
panni e li strofina, San Giuseppe che lavora, il bambinello che piange, la madre che
allatta al seno. Come tutte le filastrocche l‟intento non è di raccontare qualcosa, ma di
divertirsi con le parole ripetute e con le rime, mentre la musica si fa sempre più veloce e
il ritmo insistente.
Testi e partiture delle canzoni 338
Testi e partiture delle canzoni 339
LA CIARAMEDDA LA CORNAMUSA
(tradizionale religioso)
Sona sona ciaramedda, Suona, suona, cornamusa,
suspirusa so cumpagna sua compagna che da sospiro,
veni a fari la nuvena viene a fare la novena
lu pasturi di muntagna il pastore di montagna.
binidittu lu pasturi Benedetto il pastore
chi va e canta a lu Signuri che va e canta al Signore.
Ciaramiddaru, O suonatore di cornamusa,
ciaramiddaru fai na sunata o suonatore, fai una sonata
supra l'artari, ca lu Signori, sopra l‟altare, perchè il Signore,
quannu nasciu, tutti li casi binidiciu. quando è nato, tutte le case
Rit. E falla bedda la ninnaredda, ha benedetto. E falla bella la ninnarella
la ciaramedda sona accussì la cornamusa suona così.
E falla bedda la ninnaredda, e falla bella la ninnarella
la ciaramedda sona accussì la cornamusa suona così.
Oh! Oh! Oh! Oh! Oh! Oh! Oh! Oh!
Coma sciuscia tramuntana Come soffia la tramontana
e la nivi e na biancura. e la neve è un biancore.
Fici tutta la campagna (Dio) ha fatto tutta la campagna,
o che bedda la natura o che bella la natura,
porta sempri lu pasturi porta sempre il pastore
'nda la nivi lu splinduri nella neve lo splendore.
Ciaramiddaru, O suonatore di cornamusa,
ciaramiddaru fai na sunata o suonatore fai una sonata
supra l'artari ca lu Signuri sopra l‟altare, perchè il Signore,
quannu nasciu tutti li casi binidiciu. quando è nato, tutte le case ha benedetto.
Rit. E falla bedda la ninnaredda, Rit. E falla bella la ninnarella
etc… etc…
Oh! Oh! Oh! Oh! Oh! Oh! Oh! Oh!
La nuvena quanti è duci La novena (di Natale) quanto è dolce
duna paci all'infilici dona pace agli infelici,
si la senti lu Signuri, se l‟ascolta il Signore
si l'abbrazza lu pasturi la abbraccia il pastore,
si la senti lu Bambinu se la sente il Bambino
binidici lu caminu benedice il cammino.
Oh Ciaramedda sona ca sona O cornamusa suona e poi suona
ca l'arma nostra si fa cchiù bona che l‟anima nostra si fa più buona,
mentri ca sona sutta li stiddi mentre che suoni sotto le stelle
inchi lu cori a li picciriddi riempi i cuori dei bambini
Rit. E falla bedda la ninnaredda,, Rit. E falla bella la ninnarella,
Testi e partiture delle canzoni 340

E‟ Natale, da lontano si sentono le cornamuse, che suonano la novena, si preparano i


dolci, si dice il rosario, seduti attorno allo scaldino. E‟ il classico quadretto natalizio. Il
canto natalizio è molto dolce e porta veramente serenità e pace. La voce della Balistreri
si fa dolcissima nel ricordo dei Natali vissuti a Licata, periodo in cui tutti i vicini si
riunivano vicino ad un altarino (fiuredda) mentre i suonatori di cornamuse
“ciaramiddari” portavano allegria nel quartiere annunciando la vicina nascita di Gesù.
Testi e partiture delle canzoni 341

COLLECTION
(Lucky Planets 2004)
COLLECTION 1,
(La raggia, lu duluru, la passione)
A virinnedda ……………………………………………….. pag 236-237
Buttana di to' ma„…………………………………………... pag 260
Ciuriddi di lu chianu ………………………………………. pag 347-348
La pampina di l'alivu ……………………………………… pag 240
Lu muccaturi ………………………………………………. pag 244-246
Matri ch'aviti figli …………………………………………. pag 198-199
Mi votu e mi rivotu …………………………………………pag 221-223
Rosa rosa ……………………………………………… pag 358
Terra ca nun senti …………………………………………. pag 253-254
La Sicilia avi un patruni ………………………………….. pag 280-281
Stanotti 'nzonnu……………………………………………. pag 286
Amuri luntanu …………………………………………….. pag 385-387
La piccatura ……………………………………………….. pag 388-389
'O cori di 'stu cori …………………………………………. pag 284
Amuri senza amuri …………………………………………pag 345-346
COLLECTION 2
'Nta la Vicaria ……………………………………………... pag 272
E lu suli 'ntinni 'ntinni …………………………………….. pag 276-277
L'amuri ca v'haju ………………………………………….. pag 278-279
Lu rispettu, (Mamma vi l‟aiu persu lu rispettu) ………… pag 196-197
Ntra viddi e vaddi …………………………………………. pag 224-226
Amici amici chi 'nPalemu jiti, ……………………………. pag
Carzari ca si fattu cruci cruci ……………………………. pag 270
Chista e' la vuci mia ………………………………………. pag 261-262
Cuteddu ntussicatu, ………………………………………. pag 261
La me liti ………………………………………………….. pag 264
Lassarimi accussì ………………………………………… pag 265-266
M‟arrusicu li gradi ……………………………………… pag 267-268
'Nfamità …………………………………………………… pag 270
Cu ti lu dissi ………………………………………………. pag 274-275

Ninna nanna di la guerra …………………………………pag 283


Nivuru carinusu ………………………………………….. pag 285
Vinni a cantari all'ariu scuvertu …………………………pag 287-288
Testi e partiture delle canzoni 342

AMURI SENZA AMURI


(2007 Lucky Planets)

A riti …………………………………………………. pag 343-344


Amuri senza amuri (Belfiore - Balistreri) ………… pag 345-346
Ciuriddi di lu chianu (Belfiore - Balistreri) ……… pag 347-348
E vui durmiti ancora……………………………….. pag 348-349
Cristu sinnannau …………………………………… pag 350-351
Lu muttu anticu, …………………………………… pag 352-353
Non criditi amuri ………………………………….. pag 354-355
Quattru tarì ……………………………………….. pag 356-357
Rosa rosa (Belfiore - Balistreri) …………………… pag 358
Un mortu ca chianci ……………………………….. pag 359-360
U pumu …………………………………………… pag 361-362
Testi e partiture delle canzoni 343

A RITI LA RETE

Chi sorti i cosa è sta vita pazza Che cosa è questa vita pazza
ti rudi t‟assuttigghia e poi ti lassa, ti rode, ti assottiglia e poi ti lascia,
la vera vita è u ventu u mari e u focu; la vera vita è il vento, il mare e il fuoco;
chistu nun avi fini u restu e jocu. questo non ha fine, il resto è gioco.
Jocu di giuvintù, jocu d‟amuri, Gioco di gioventù, gioco d'amore,
ma joca megliu cu nun avi cori, ma gioca meglio chi non ha cuore,
acchiana scinni, acchiana senza meta, sale, scende, sale senza meta,
t‟accatu a „n filu comu na cometa. attaccato a un filo, come ad una cometa.
Scinni, acchiani e scinni, Scende, sale e scende,
scinni, acchiani e scinni. scende, sale e scende.
Na riti cu li magli troppu ranni Una rete con le magli troppo grandi
si strincinu quannu poi passanu l‟anni, si stringono poi, quando passano gli
ti fermi stancu e cridi che è la siti anni, ti fermi stanco e credi che è la sete
t‟adduni ca si chiusu „ntra la riti. ti accorge che sei chiuso dentro la rete.
Riti di giuvintu, riti d‟amuri, Rete di gioventù, rete d'amore,
sta riti nun è rosi e mancu ciuri questa rete non è rosa e nemmeno fiore
acchiana, scinni, acchiana senza meta, sale, scende, sale senza meta,
t‟accatu a „n filu comu na cometa. attaccato a un filo, come ad una cometa.
Scinni, acchiani e scinni, Scende, sale e scende,
scinni, acchiani e scinni, scende, sale e scende.
Ddu jornu ca si ferma sta bannera, Quel giorno che si ferma questa
va cercu a veru vita unni si trova, bandiera,vado a cercare la vera vita
scrissi ca vogliu misu a stu tabbutu dove si trova, ho scritto che voglio
„n drappu russu focu di villutu. messo sulla mia bara, un drappo rosso
Ddu jornu ca si ferma sta bannera fuoco di velluto. Quel giorno che si
va cercu a veru vita unni si trova, ferma questa bandiera, vado a cercare la
scrissi ca vogliu misu a stu tabbutu vera vita dove si trova, ho scritto che
„n drappu russu focu di villutu voglio messo sulla mia bara un drappo
scrissi ca vogliu misu a stu tabbutu rosso fuoco di velluto, ho scritto che
„n drappu russu focu di villutu. voglio messo sulla mia bara,
un drappo rosso fuoco di velluto.
Testi e partiture delle canzoni 344

Accordi per chitarra: Fa#- = F#-; Sol#- = G#-; Do#7 = C#7; Fa#+ = F#+;
Testi e partiture delle canzoni 345

CHI VOLI DIRI AMURI COSA VUOL DIRE


SENZA AMURI AMORE SENZA AMORE

Chi voli diri amuri senza amuri Cosa vuol dire amore senza amore
vulari senza ali „ncontru o suli volare senza ali incontro al sole
scurà na gioventù cusennu tila è trascorsa una gioventù cucendo tela
na vita ca è un pocu di cannila. una vita che sa un pò di candela
E va facinnu sempri na filagna, E fai sempre un filare (1)
stu suli nun ti coci e nun ti vagna questo sole non ti brucia e nemmeno ti
acqua nun ci nn‟è a mari „pi l‟arsura bagna, acqua non c'è ne a mare per gli
siti d‟amuri sinu ca vivi cura assetati, sete d'amore che cura fin
Chi voli diri amuri si lu senti quando vivi. Cosa vuol dire amore se
d‟un cori cummattutu cu la menti senti il cuore in contrasto con la mente
comu lu Mungibeddu sempri vivi vivi sempre come l'Etna
dintra c‟hai lu focu, fora la nivi. dentro hai il fuoco, fuori la neve.
Ti dissi di lu celu si la luna, Ti dissi del cielo tu sei la luna,
di li risurrezioni idda s‟adduna, le stagioni essa scopre
comu contenta pi la to prisenza come contenta per la tua presenza
stu viaggiu ca inchìu un‟esistenza. questo viaggio che ha riempito
Chi voli diri amuri ora si sapi l'esistenza. Cosa vuol dire amore ora si
pigliari u ciuri ciuri comu l‟api, conosce prendere il fior fiore come le
rutti su li catini e li tinagli, api, rotte son le catene e le tenaglie
finiu lu tempu ca p‟amuri squagli. è finito il tempo che per l'amore
Pirdisti la firmizza ca ti staglia, squagli. Hai perso la fermezza che ti
vistutu e niuru è, l‟arma di paglia, connota, il vestito è nero, l'anima di
sulu la morti sciogli li turturi paglia, solo la morte scioglie le torture
quannu si viri amuri, senza amuri. quando si vede amore senza amore.
Pirdisti la firmizza ca ti staglia Hai perso la fermezza che ti connota
vistutu e niuru è, l‟arma di paglia il vestito è nero, l'anima di paglia
sulu la morti sciogli li turturi solo la morte scioglie le torture
quannu si viri amuri, senza amuri. quando si vede amore senza amore.

1) filare di alberi: in senso figurato “vai sempre


diritto per la tua strada senza curarti di niente”
Testi e partiture delle canzoni 346
Testi e partiture delle canzoni 347

CIURIDDI DI LU CHIANU FIORELLINI DI PIANURA

Ciuriddi di lu chianu Fiorellini di pianura


crisciti crisciti, crescete, crescete,
ciuriddi di lu chianu fiorellini di pianura
l‟autunnu si „nni va, l'autunno se ne va,
l‟autunnu si „nni va. l'autunno se ne va.
La pampina di l‟autunnu La foglia d'autunno
ca u ventu si purtò che il vento si portò
firriannu „ntunnu „ntunnu girando tutt'intorno
„ntagnuni s‟aggiuccò, in un angolo si fermò,
ntagnuni s‟aggiuccò. in un angolo si fermò.
Castagna „nta lu voscu Castagna del bosco
si apri, si apri, si apre, si apre,
castagna „nta lu voscu castagna del bosco
lu pedi miu scacciò, il piede mio scacciò,
lu pedi miu scacciò. il piede mio scacciò.
La pampina di l‟autunnu La foglia d'autunno
ca u ventu si purtò che il vento si portò
firriannu „ntunnu „ntunnu girando tutt'intorno
„ntagnuni s‟aggiuccò, in un angolo si fermò,
„ntagnuni s‟aggiuccò. in un angolo si fermò.
Stu cantu a lu me cori Questo canto al mio cuore
suspira, suspira: sospira, sospira:
stu cantu a lu me cori questo canto al mio cuore
malincunia mi fa, malinconia da,
malincunia mi fa. malinconia da.
Stu cantu a lu me cori Questo canto al mio cuore
malincunia mi fa, malinconia da,
malincunia mi fa. malinconia da.
Testi e partiture delle canzoni 348
Testi e partiture delle canzoni 349

E VUI DURMITI ANCORA E VOI DORMITE ANCORA


musica: Gaetano Emanuele Calì testo: Giovanni Formisano
Lu suli è già spuntatu n'tra lu mari Il sole è già spuntato in mezzo al mare
e vui bidduzza mia durmiti ancora, e voi dolcezza mia dormite ancora,
l'aceddi sunu stanchi di cantari gli uccelli sono stanchi di cantare
e affriddateddi aspettunu 'cca fora; e presi di freddo vi aspettano quà fuori,
supra stu barcuneddu su pusati sopra il vostro balcone sono poggiati
e aspettunu quann‟è 'ca v'affacciati. e aspettano quando voi vi affacciate!
Li ciuri senza vui non ponnu stari I fiori senza di voi non possono stare
su tutti cu li testi a pinnuluni sono quasi tutti appassiti,
ognunu d'iddi nun voli sbucciari ognuno di essi non vuole sbocciare
si prima non si grapi stu barcuni; se prima non si apre il balcone
intra lu buttuneddu su ammucciati dentro il bocciolo sono nascosti,
e aspettunu quann‟e' ca v'affacciati.... e aspettano quando vi affacciate !
Lassati stari, non durmiti 'cchiui Lasciate stare, non dormite più,
ca n'menzu a iddi d'intra a sta vanedda che in mezzo a loro dentro questo vicolo ci
ci sugnu puru iu 'c‟aspettu a vui sono pure io che vi aspetto
pi vidiri 'sta facci, accussi bedda. per vedere il vostro bellissimo viso
Passu 'cca fora tutti li nuttati passo qui fuori tutte le notti
e aspettu sulu quannu v'affacciati.... aspettando solo quando vi affacciate...
Lu suli è già spuntatu n'tra lu mari Il sole è già spuntato in mezzo al mare
e vui bidduzza mia durmiti ancora e voi dolcezza mia dormite ancora,
l'aceddi sunu stanchi di cantari e gli uccelli sono stanchi di cantare
affriddateddi aspettunu 'cca fora e presi di freddo vi aspettano quà fuori,
Supra stu barcuneddu su pusati sopra il vostro balcone sono poggiati
e aspettunu quann‟è 'ca v'affacciati e aspettano quando voi vi affacciate !
Lassati stari, non durmiti 'cchiui Lasciate stare, non dormite più,
ca „nmenzu ad iddi d'intra a 'sta vanedda che in mezzo a loro dentro questo vicolo ci
ci sugnu puru iu c' aspettu a vui sono pure io che vi aspetto
pi vidiri 'sta facci accussi bedda. per vedere il vostro bellissimo viso
Passu 'cca fora tutti li nuttati e passo qui fuori tutte le notti
aspettu sulu quannu v'affacciati...... aspettando solo quando vi affacciate...
Una delle più belle serenate siciliane: eccellente poesia, bellissima musica per fare affacciare
la propria amata; tutto il mondo gira ed esiste per lodare le bellezze della propria donna,
lo stesso sole, gli uccellini, i fiori tutti aspettano che lei apra il balcone, ma soprattutto c‟è
l‟amato che passa le sue nottate con la chitarra in mano allietando il sonno dell‟amata
e brama aspettando di vederla affacciata al balcone.
Testi e partiture delle canzoni 350

CRISTU SINNANNAU CRISTO E‟ ANDATO VIA

Sona campana, batti marteddu Suona campana, betti martello


un c‟è cristiani, un rispunni nuddu. non c‟è gente, non risponde nessuno.
Na vota Cristu di cca passau, Una volta Cristo di qui è passato,
ma pirchì Cristu ca nun ristau. ma perché Cristo qui non è rimasto.
Cristu si, ‟nnannau, Cristu si, ‟nnannau Cristo è andato via, Cristo è andato via,
si, ‟nnannau si, ‟nnannau si, ‟nnannau è andato via, è andato via,
si, ‟nnannau si, ‟nnannau si, ‟nnannau. è andato via, è andato via.
Sunati campani a ghiocu Suonate campane a festa,
'ppi li chiesi vacanti, per le chiese vuote,
ma la terra è di focu ma la terrà è infuocata,
si apri comu nenti, si spacca facilmente,
ma Cristu si, ‟nnannau, ma Cristo è andato via,
Cristu si, ‟nnannau Cristo è andato via,
si, ‟nnannau si, ‟nnannau si, ‟nnannau è andato via, è andato via,
si, ‟nnannau si, ‟nnannau si, ‟nnannau è andato via, è andato via.
Nun servi travagliari, Non serve lavorare,
nun servi la ricchizza non serve la ricchezza
„nsangati su li mani‟, nsangati su li cori grondanti di sangue sono le mani;
e Cristu si, ‟nnannau, grondanti di sangue sono i cuori, ma
Cristu si, ‟nnannau Cristo è andato via,
si, ‟nnannau si, ‟nnannau si, ‟nnannau Cristo è andato via, è andato via,
si, ‟nnannau si, ‟nnannau si, ‟nnannau è andato via,è andato via, è andato via.
Batti marteddu, sona campana Batti martello, suona campana
lu suli è stancu, la morti „nta li stradi il sole è stanco, la morte nelle strade
è sempri chiù vicina è sempre più vicina
e a martoriu sona la campana e a morto suona la campana.
Campana nun sunari, Campana non suonare,
marteddu un martiddiarim martello non martellare,
la terra si grapiu la terra s‟è spaccata
e Cristu si, ‟nnannau, e Cristo è andato via,
Cristu si, ‟nnannau Cristo è andato via,
si, ‟nnannau si, ‟nnannau si, ‟nnannau. è andato via, è andato via,
si, ‟nnannau si, ‟nnannau si, ‟nnannau. è andato via, è andato via.
Testi e partiture delle canzoni 351
Testi e partiture delle canzoni 352

LU MUTTU ANTICU IL PROVERBIO ANTICO

Cangianu tempi, cangianu stasciuni, Cambiano tempi, cambiano stagioni,


ma è sempri amaru u pani di furmentu ma è sempre amaro il pane di frumento
pi chiddu ca travaglia a la buccuni , per colui che lavora a schiena curva,
all‟acqua, all‟aria, a lu suli e a lu ventu. all‟acqua, all‟aria, al sole e al vento.
Cangianu tempi, cangianu stasciuni, Cambiano tempi, cambiano stagioni,
ma no pi cu è custrettu a lu siccaru ma no per chi è costretto a tirare la
poviru corvu vola all‟ammucciuni cinghia, povero corvo, vola di nascosto
e a tutti i banni cerca lu riparu. e dappertutto cerca il riparo.
Lu muttu anticu mai a nuddu „nganna, Il proverbio antico non inganna mai
comu lu sciauru ca nill‟aria senti, qualcuno, come l‟odore che nell‟aria
ceusi russi finocchi di montagna, senti, gelsi rossi e finocchi di montagna,
di pani friscu e vinu di sarmenti. di pane fresco e vino di vigneti,
di gersuminu e marva e nipitedda di gelsomino e malva e …..
e un carritteri di vespiri ca passa e un carrettieri che al vespro passa
mentri assicuta di notti la luna mentre rincorre la luna di notte
l‟amuri canta pi la to vanedda. canta l‟amore per le stradine.
Di gersuminu e marva e nipitedda Di gelsomino e malva e …..
e un carritteri di vespiri ca passa e un carrettieri che al vespro passa
mentri assicuta di notti la luna mentre ricorre la luna di notte.
l‟amuri canta pi la to vanedda. canta l‟amore per le stradine.
Cangianu tempi, cangianu stasciuni. Cambiano tempi, cambiano stagioni,
ma è sempri amaru u pani di furmentu ma è sempre amaro il pane di frumento
pi chiddu ca trravaglia a la buccuni per colui che lavora a schiena curva,
all‟acqua, all‟aria, a lu suli e a lu ventu. all‟acqua, all‟aria, al sole e al vento.

Bella canzone che riafferma la validità dei proverbi antichi che non sbagliano mai:
cambiano i tempi, le stagioni, gli anni, ma non cambia la vita del povero contadino,
amaro e duro è infatti il pane di frumento per il povero che deve guadagnarlo. Bello il
quadretto del carrettiere che cammina col carretto di notte, inseguendo la luna, mentre
canta dolci canzoni d‟amore.
Testi e partiture delle canzoni 353
Testi e partiture delle canzoni 354

NON CRIDITI, AMURI NON CREDETE, AMORE

Amuri, amuri e nun criditi amuri Amore, amore e non credere amore
li fimmini su tutti i „na manera; che le donne sono tutte uguali;
poviru figghiu i mamma chi ci cadi povero figlio di mamma che ci cade
o nesci pazzu o mori o va „ngalera. o diventa pazzo o muore o va in galera.
Amuri amuri e chi m‟amavi a fari Amore, amore per qual motivo mi amavi
quannu chi tu m‟avevi abbannunari; se poi tu dovevi abbandonarmi;
iu mi cridia chi l‟amuri è ghiocu io credevo che l'amore è gioco
l‟amuri è focu ohimè l‟amuri è focu. l'amore è fuoco ohimè! l'amore è fuoco.
Amuri amuri e nun criditi amuri Amore, amore e non credere amore
li fimmini su tutti i „na manera che le donne sono tutte uguali;
poviru figliu i mamma chi ci cadi povero figlio di mamma che ci cade
o nesci pazzu o mori o va „n galera. o diventa pazzo o muore o va in galera.
Giuvini chi v‟aviti a maritari Giovani che dovete sposarvi
viniti ca nni mia ca vi cunsigliu venite da me che vi do un consiglio
nun vi faciti di donni ingannari non vi fate da donne ingannare
comu „ngannaru a mia, poviru figliu. come hanno ingannato me, povero
Amuri amuri e nun criditi amuri figlio. Amore, amore e non credere
li fimmini su tutti i „na manera amore che le donne sono tutte uguali;
poviru figghiu i mamma chi ci cadi povero figlio di mamma che ci cade
o nesci pazzu o mori o va „ngalera, o diventa pazzo o muore o va in galera,
o nesci pazzu o mori o va „ngalera. o diventa pazzo o muore o va in galera.
Testi e partiture delle canzoni 355

Accordi per chitarra: Fa+ = F+;


Sol- = G-; Do7= C7
Testi e partiture delle canzoni 356

QUATTRU TARI‟ QUATTRO TARI‟

Pirchì l‟amuri Perché l‟amore


ammiscatu cu l‟odiu diventa sarbaggiu. mischiato con l‟odio diventa selvaggio.
Luna poi suli, ti mittisti „ncaminu Luna poi sole, ti sei messo in cammino,
e nun canta lu jaddu quando ancora non canta il gallo
ma pirchì preja nun ti potti firmari ma perché preghiera non ti potè
e nun sappi pirchì fermare e non ho saputo perché
vai ammazzari vai ad ammazzare
pi n‟offisa di quattru tarì. per un‟offesa di quattro tarì.
Zoccu „n „pettu ti brucia nun è gilusia, Quel che ti brucia in petto non è gelosia
ma du occhi scasati ca nun hannu pietà, ma due occhi sgranati non hanno pietà,
tribunali assitati di coppuli tisi, tribunali seduti con baschi in testa,
quannu taglia un cristianu quando parlano di un cristiano
nni fannu mità lo tagliano a metà,
e in frunti ti mettunu u bullu ed in fronte ti mettono il bollo
di quacquaraquà. di quacquaraquà.
Sempri c‟è un luttu Sempre c‟è un lutto,
passa tutta la vita ma senza stasciuni, passa tutta la vita ma senza stagioni,
comu firmari come fermare
quannu l‟acqua du ciumi l‟acqua che dal fiume
curri a ciumari, corre velocemente,
nascennu ancora nascendo di nuovo,
rifacissi dd‟erruri rifarei quegli errori e non sarei capace
e nun fussi capaci a pirdunari di perdonare per un‟offesa
pi „n offisa di quattru tarì. di quattro tarì.
Zoccu „n „pettu ti brucia nun è gilusia, Quel che ti brucia in petto non è gelosia
ma du occhi scasati ca nun hannu pietà, ma due occhi sgranati non hanno pietà,
tribunali assittati di coppuli tisi, tribunali seduti con baschi in testa,
quannu taglia un cristianu quando parlano di un cristiano
„nni fannu mità lo tagliano a metà,
e in frunti ti mettunu u bullu ed in fronte ti mettono il bollo
di quaquaraqua, di quacquaraquà,
e in frunti ti mettinu u bullu ed in fronte ti mettono il bollo
di quacquaraquà. di quacquaraquà.
Testi e partiture delle canzoni 357
Testi e partiture delle canzoni 358

ROSA, ROSA ROSA, ROSA

Furria, furria, furria li strati chini i suli, Gira, gira, gira per le strade piene di
pi vui fimmini beddi, sole, per voi belle donne
ca dintra v‟ammucciati; che dentro vi nascondete;
ma è sulu „ppi rispettu, ma è solo per rispetto,
e no! no! pi veru amuri e no per vero amore
di l‟omini ca sunnu, ca sunnu tanti „ngrati. degli uomini, che sono tanto ingrati.
Vinnennu spagnuletti, Vendendo rocchetti di filo,
a cipra e lu shampoo, cipria e shampoo l‟ago e il ditale poron
la vugghia e li ritali poron poron pon pò poron pon po‟e cento e cento cose grida
e centu e centu cosi vannia di cà e di ddà, di qua e di là in questa valigia piccola
„nta sta valiggi nica sta merci nun ci sta. questa merce non ci sta. Diceva, diceva,
Dicia, dicia, dicia, accattammi na cosa diceva, comprami una cosa e triste mi
e tristi mi talia vussia nun è na rosa guarda voi non siete una rosa e
e st‟omu ca tiniti vi teni cunnannata quest‟uomo che tenete vi tiene
e mancu sidici anni du patri maritata. condannata e nemmeno a sedici anni
Oh Rosa, Rosa tu pirchì nun ti nni vai, dal padre sposata.
oh Rosa Rosa tu, tu ca nun parli mai Oh Rosa, Rosa tu perché non te ne vai
oh Rosa Rosa tu si sula „nto duluri oh Rosa, Rosa tu, tu che non parli mai
si nun t‟aiuti tu pirchì preji u Signuri. oh Rosa, Rosa tu, sei sola nel dolore se
Chiuvia chiuvia, chiuvia e iu vosi partiri, non t‟aiuti tu, perché preghi il Signore.
lassari lu paisi è cosa d‟impazziri Pioveva, pioveva, pioveva ed io volli
c‟haiu sempri nta l‟aricchi soccu mi dicia: partire lasciare il paese è cosa da
“è caru chiddu beni ca dopu mali veni”. impazzire, perché ho sempre dentro le
Vinnennu spagnuletti, a cipra e lu orecchie quel che mi diceva “ è caro il
shampoo, la vugghia e li ritali poron bene se dopo viene il male”.
poron pon pò e centu e centu cosi vannia Vendendo rocchetti di filo, cipria e
di cà e di ddà, nta sta valiggi nica shampoo l‟ago e il ditale poron poron
sta merci nun ci sta. pon po‟ e cento e cento cose grida di
Oh Rosa, Rosa tu pirchì nun ti nni vai, qua e di là in questa valigia piccola
oh Rosa Rosa tu, tu ca nun parli mai questa merce non ci sta.
oh Rosa Rosa tu, si sula „nto duluri Oh Rosa, Rosa tu perché non te ne vai,
si nun t‟aiuti tu, nuddu ti po‟ aiutari. oh Rosa, Rosa tu, tu che non parli mai,
Furria, furria, furria, furria, furria. oh Rosa, Rosa tu sei sola nel dolore
se non t‟aiuti tu, nessuno ti può aiutare.
Gira, gira, gira, gira, gira.
Testi e partiture delle canzoni 359

UN MORTU CA CHIANCI UN MORTO CHE PIANGE

Di quannu idda partiu Da quando Lei è partita


iu vaiu sempri o portu io vado sempre al porto
ad aspittari a navi e mi „nni tornu mortu ad aspettare la nave e me ne ritorno
chi ciuri „mmanu. morto con i fiori in mano.
Cu l‟occhi d‟Adamu Con gli occhi d‟Adamo
la cercu e nun c‟è la cerco e non c‟è
„nto celu, „nta terra, „nto funnu du mari in cielo ed in terra in fondo al mare
la cercu e nun c‟è. la cerco e non c‟è.
E‟ a morti ca passa E‟ la morte che passa
„nta un tronu di re in un trono di un re,
è a morti ca passa è la morte che passa
„nta un tronu di re. in un trono di un re.
Li jorna li cuntava supra na manu sula I giorni li contava con un sola mano
comu li picciriddi li primi jorna a scola come i bambini i primi giorni di scuola
pi nun sbagliari. per non sbagliare.
Cu l‟occhi d‟Adamu la cercu e nun c‟è, Con gli occhi d‟Adamo la cerco
„nto celu „nta terra „nto funnu du mari e non c‟è, in cielo ed in terra
la cercu e nun c‟è. in fondo al mare la cerco e non c‟è.
E a morti ca passa E‟ la morte che passa
„nta un tronu di re, in un trono di un re,
e a morti ca passa è la morte che passa
„nta un tronu di re. in un trono di un re.
Di quannu idda partiu Da quando lei è partita
iu vaiu sempri o portu io vado sempre al porto
ad aspittari a navi ad aspettare la nave
e mi „nni tornu un mortu e me ne ritorno morto
chi ciura „mmanu. con i fiori in mano.
Cu l‟occhi d‟Adamu Con gli occhi d‟Adamo
la cercu e nun c‟è la cerco e non c‟è
„nto celu „nta terra „nto funnu du mari in cielo ed in terra in fondo al mare
la cercu e nun c‟è. la cerco e non c‟è. E‟ la morte che
E a morti ca passa „nta un tronu di re passa in un trono di un re, è la morte
e a morti ca passa „nta un tronu di re. che passa in un trono di un re.
Testi e partiture delle canzoni 360
Testi e partiture delle canzoni 361

U PUMU LA MELA

Quannu me matri mi fici vattiari, Quando mia madre mi fece battezzare


comu na zita mi vosi „nfasciari; come una fidanzata mi volle vestire;
la so ricchezza era sulu ddu velu, la sua ricchezza era solo quel velo,
a mia lassau „n pizzuddu di celu. a me ha lasciato un pezzetto di cielo.
Pani e cipudda cunsatu cu nenti, Pane e cipolla condito con niente,
chistu e lu piattu di la me genti; questo è il piatto della mia gente;
sulu a li festi si mancia la carni solo nelle feste si mangia la carne
disiu d‟un pumu il disio di una mela
crisciva cu l‟anni. cresceva con gli anni.
Tanti cristiani sutta lu munti Tante persone sotto il monte
„ccu la fatica scritta „nta frunti con la fatica scritta in fronte
ad aspittari la terra prumissa ad aspettare la terra promessa
sempri „n parrinu ca dici la missa. sempre un prete che celebra la messa.
Terra scurdata di Diu e di santi Terra dimenticata da Dio e dai santi
sulu cci resta chiddu chi chianci solo resta colui che piange
tutta la vita sempri aspittari tutta la vita sempre ad aspettare
aspetta sempri a cu nun veni mai. aspetta sempre chi non viene mai.
Gira sta rota, gira stu munnu Gira questa ruota, gira questo mondo
o arrivi „n celu o resti „n funnu o arrivi in cielo o resti in fondo
chi sorti amara ristari sulu che sorte amara restare solo
senza putiri manciari ddu pumu. senza poter mangiare quella mela.
Quannu me matri mi fici vattiari Quando mia madre mi fece battezzare
comu na zita mi vosi fasciari come una fidanzata mi volle vestire;
la so ricchezza era sulu ddu velu la sua ricchezza era solo quel velo,
a mia lassau „n pizzuddu di celu. a me ha lasciato un pezzetto di cielo.
Gira sta rota, gira stu munnu Gira questa ruota, gira questo mondo
o arrivi „n celu o resti „n funnu o arrivi in cielo o resti in fondo
chi sorti amara ristari sulu che sorte amara restare solo
senza putiri manciari ddu pumu, senza poter mangiare quella mela,
chi sorti amara ristari sulu che sorte amara restare solo
senza putiri manciari ddu pumu. senza poter mangiare quella mela.
Testi e partiture delle canzoni 362
Testi e partiture delle canzoni 363

ROSA CANTA E CUNTA


(Teatro del Sole, 2007 )

Cu ti lu dissi ………………………………………… pag 274-275


L'anatra …………………………………………………pag 234-235
I pirati a Palermu ……………………………………… pag 206-208
Ffaccia 'ffaccia Maria………………………………….. pag 367-368
La sacra santa notti di Natali ………………………… pag 364-365
Lamentu di un servu a un Santu Crucifissu …………. pag 365-366
Lu muccaturi …………………………………………… pag 244-246
Mamà chi tempu fa a lu paisi …………………………. pag 367
Passa Maria ……………………………………………. pag 368
Rosa canta e cunta …………………………………….. pag 303-304
Ti vogliu beni assai …………………………………… pag 369-370
Nustalgia ……………………………………………….. pag 371-372
Tu si bedda ……………………………………………. pag 321-322
Vitti na bedda …………………………………………. pag 319-320
Vurria di lu to sangu cincu stizzi …………………….. pag 373-376
Testi e partiture delle canzoni 364

LA SACRA SANTA NOTTI LA SACRA SANTA NOTTE


DI NATALI (tradizionale religiosa) DI NATALE
La sacra santa notti di Natali La sacra notte di Natale
accumpariu na stidda all‟orienti, comparve una stella all‟oriente,
nisciru li Re Magi orientali uscirono i Re Magi orientali
è natu lu Missia, semu cuntenti, è nato il Messia, siamo contenti,
nisciru li Re Magi orientali uscirono i Re Magi orientali
è natu lu Missia, semu cuntenti. è nato il Messia, siamo contenti.
Tridici jorna caminaru a pedi Tredici giorni camminarono a piedi
parteru cu la stidda di l‟Orienti, partirono con la stella dell‟Oriente,
arrivaru alla grutta e a la campia arrivarono alla grotta e in mezzo alla
truvaru a Gesù „mbrazza di Maria campagnatrovarono Gesù in braccio a
arrivari alla grutta e a la campia Maria,arrivarono alla grotta e in mezzo
truvaru a Gesù „mbrazza di Maria. alla campagna trovarono Gesù in braccio a
Prima trasiu Gaspari e ci dicia Maria. Prima entrò Gaspare e gli diceva: o
o veru figliu di l‟Eternu Patri vero figlio dell‟Eterno Padre
comu t‟arriducisti a la campia, come ti sei ridotto in mezzo alla campagna,
Tu ca guverni l‟Angili biati, Tu che governi gli Angeli beati, come ti sei
comu t‟arriducisti a la campia. ridotto in mezzo alla campagna, Tu che
Tu ca guverni l‟Angili biati. governi gli Angeli beati. Sono venuto da
Sugnu vinutu di luntana via lontana via
sugnu arrivatu cu sta cumpagnia sono arrivato con questa compagnia
pirdunami purtai na massa d‟oru perdonami ho portato molto oro
pi salvarmi l‟arma quannu moru, per salvarmi l‟anima quando muoio,
pirdunami purtai na massa d‟oru perdonami ho portato molto oro
pi salvarmi l‟arma quannu moru. per salvarmi l‟anima quando muoio.

“Corpus di musiche
… popolari siciliane”,
1957 Alberto Favara
al n: 637
Testi e partiture delle canzoni 365

“Canti siciliani 2 volume 1870, Giuseppe Pitrè”, al n: 955

LAMENTU DI UN SERVU AD UN LAMENTU DI UN SERVO AD UN


SANTU CRUCIFISSU SANTO CROCIFISSO
(tradizionale) (Malarazza)

Un servu tempu fa ni chista piazza, Un servo, tempo fa, in questa piazza,


accussì priava a Cristu: ci dicia: così pregava Cristo: gli diceva:
Signuri, lu me patruni mi strapazza; Signore, il mio padrone mi strapazza; (1)
mi tratta comu un cane pi la via, mi tratta come un cane per la strada,
si mi lamentu, se mi lamento,
chiù peju m‟amminazza, è peggio, mi minaccia,
cu ferru e cu catini „mprigunia; con ferri e catene mi tiene in prigione; tutto
tuttu si piglia cu la so manazza, si prende con le sue manacce,
la vita mia, dici, che mancu è di mia. la stessa vita mia, dice, che nemmeno è
Undi vi preiu a chista malarrazza mia. Perciò vi prego: questa malarazza
distruggila vui, Cristu, pi mia. distruggetela voi, Cristo, per me.
E Cristu c‟arrispunni E Cristo gli rispose:
E tu chi l‟hai ciunchi li vrazza, E tu, forse hai rattrappite le braccia, oppure
oppuri l‟hai inchiuvati coma a mmia, le hai inchiodate come me,
cu voli la giustizia, si la fazza, chi vuole giustizia se la faccia,
e nun spirari chi autru la faza pi tia. e non sperare che un altro la faccia per te.
Si tu si omu e un si testa pazza Se tu sei un uomo e non sei testa pazza
metti a prufittu sta sintinza mia. approfitta di questa sentenza mia.
Ia nun saria supra sta cruciazza Io non sarei sopra questa brutta croce
si avissi fattu quantu dicu a tia, se avessi fatto quanto dico a te,
si, si avissi fattu quantu dicu a tia. si, se avessi fatto quanto dico a te.
Chi inchiuvatu in cruci un saria Perché inchiodato in croce non sarei
s‟avessi fattu quel chi dicu a tia. se avessi fatto quel che dico a te.

1) mi fa angherie
Testi e partiture delle canzoni 366

In questo antico canto siciliano un servo si rivolge a Cristo, dicendogli di essere


maltrattato dal padrone, gli chiede di sterminare questa “malarazza”; Cristo dalla croce
gli risponde che il servo non ha i chiodi alle mani e ai piedi come lui e quindi è libero di
farsi giustizia da se.
Il testo di questa canzone sotto il titolo “Nu servu e nu Cristu” fu pubblicato da
Lionardo Vigo nel 1857. Le autorità di allora scandalizzate fecero ritirare tutte le copie
dell‟opera con la causale che la canzone invitava alla violenza. In seguito lo stesso Vigo,
per permettere la pubblicazione del suo libro, “Raccolta di canti siciliani” cambiò la
risposta di Cristo con un‟altra più rassegnata e meno rivoluzionaria e l‟opera fu
ripubblicata con i seguenti versi:
Rispusta di lu Cristu: ”E tu chi ti scurdasti, o testa pazza, / chiddu ch‟è scrittu 'nta la
liggi mia? Sempri in guerra sarà l'umana razza / si cu l'offisi l'offisi castija!
A cu l'offenni, lu vasa e l'abbrazza / e in Paradisu sidirai ccu mia:
m‟inchiuvaru l‟ebrei 'nta sta cruciazza: / e Cielu e Terra disfari putia!"
Diversi cantanti, tra cui Modugno, e molti gruppi musicali hanno interpretato questa
canzone con l‟aggiunta: “Tu ti lamenti, ma chi ti lamenti, / pigghia lu vastuni e tira fora
li denti”. La risposta di Cristo nella prima versione è veramente rivoluzionaria, lontana
dai dettami evangelici di porgere l‟altra guancia, mentre nella seconda versione, per
motivi di censura, viene annacquata e risulta più accetta ai governanti di allora.

da Canti Siciliani, 1857 Vigo


al n. 13, 14 di pag 303 e 304
nella prima e nella seconda versione del 1870
al n. 5420 di pag 375
Testi e partiture delle canzoni 367

MAMA‟ CHI TEMPU FA MAMMA, CHE TEMPO FA


A LU PAISI AL PAESE?

Mama‟ chi tempu fa a lu paisi Mamma, che tempo fa al paese?


ca chiovi chiovi qui piove, piove
e ca un scampa mai; e non smette di piovere mai:
ti vogliu diri ca su quattro misi ti voglio dire che son quattro mesi
ca chiovi chiovi che piove, piove
e un c‟ha finisci chiù. e non finisce più.
Mammà quannu ci pensu Mamma, quando ci penso
t‟haiu davanti all‟occhi siddiata ti ho davanti agli occhi infastidita
ju ca un ci stassi io qui non ci starei
mancu na jurnata nemmeno una giornata
scappu di cursa scappo di corsa
e mi nni vaiu di ca. e me ne vado di qua.
M‟accogliri lu suli Debbo cogliere il sole
chiddu ca m‟ha mancatu, quello che mi è mancato,
quannu sugnu arrivatu quando sono arrivato
mi l‟haiu a stringiri ca me lo debbo stringere al cuore.
Chistu è lu pani mamà Questo è il pane mamma,
ca s‟ha sguttari accussì che si deve guadagnare così,
pi chista genti ca un ti dici cusì. per questa gente che non sa chi sei.
Chistu è lu pani mamà Questo è il pane mamma,
ca s‟ha sguttari accussì che si deve guadagnare così,
pii chista genti ca un ti dici cusì. per questa gente che non sa chi sei.

FFACCIA FFACCIA MARIA DAVANTI A MARIA

Ffaccia ffaccia Maria, Davanti, davanti a Maria,


to figghiu passa, tuo figlio passa,
cu na grossa catina con una grossa catina
o ciuri vrazza. ed un fiore in braccia.
Testi e partiture delle canzoni 368

PASSA MARIA(tradizionale religioso) PASSA MARIA


Passa Maria Passa Maria
di na strada nova per una strada sconosciuta
la porta d‟un firraru aperta era la porta del fabbro ferraio era aperta.
O caru mastru chi faciti a st‟ura? Oh caro mastro che fate a quest‟ora?
Fazzu na lancia Faccio una lancia
e tri pungenti chiova. e tre pungenti chiodi.
O caru mastru nun li fari a st‟ura Oh caro mastro non li fate a quest‟ora
ti pagu la nuttata ti pago la giornata
e la mastria. e la bravura di mastro
O cara donna nun lu pozzu fari O cara donna, non lo posso fare
unni c‟è Gesù ci mettunu a mmia, dove ora c‟è Gesù, (1) mettono me,
o cara donna nun lu pozzu fari o cara donna non lo posso fare,
unni c‟è Gesù ci mettunu a mmia. dove ora c‟è Gesù, mettono me.
1) in croce

“Corpus di musiche popolari siciliane”, 1957 Alberto Favara al n: 659 e 666


Testi e partiture delle canzoni 369

TI VOGLIU BENI ASSAI TI VOGLIO BENE ASSAI


(tradizionale)

Ti vogliu beni assai chi c‟hai a fari, Ti voglio bene assai, cosa posso farci
ca chiù putissi fari, chiù faria. che più potessi fare e più farei.
Si voi stu cori ti lu pozzu dari, Se vuoi questo cuore te lo posso dare,
l‟arma un ti la dugnu, ca unn‟è mia. l‟anima non te la do, perché non è mia.
Si voi stu cori ti lu pozzu dari, Se vuoi questo cuore te lo posso dare,
l‟arma un ti la dugnu, ca unn‟è mia. l‟anima non te la do, perché non è mia.
Bedda quantu mi piaci stu to fari Bella, quanto mi piace il tuo modo di fare,
si tutta moda e tutta puisia, sei tutta moda e poesia.
statti cuieta e nun ti dubitari, Stai quieta e non dubitare,
sta in sirviziu tò la vita mia, sta a tuo servizio la vita mia,
statti cuieta e nun ti dubitari, Stai quieta e non dubitare,
sta in sirviziu tò la vita mia. sta a tuo servizio la vita mia,

“Corpus di musiche popolari siciliane”, 1957 Alberto Favara al n: 330


Testi e partiture delle canzoni 370
Testi e partiture delle canzoni 371

NUSTALGIA NOSTALGIA
(Giuseppe Nicola Ciliberto)

Pensu a sta terra ca mi sta luntana, Penso a questa terra che è lontana,
sta terra prufumata sutta „u suli, questa terra profumata sotto il sole,
ca iu lassai pi ghiri a travagliari, che io lasciai per andare a lavorare,
cu gran duluri e granni dispiaciri. con gran dolore e grande dispiacere.
Pensu a la me casuzza chi lassai, Penso alla mia casetta che lasciai,
a li biddizzi di sta terra mia, alle bellezze di questa terra mia,
iu ccà li viu io qua la vedo
„nta „u sonnu e m‟adduluru, in sogno e mi addoloro,
e pensu notti e jornu di turnari. e penso notte e giorno di tornare.
E‟ „na „nfilicità luntanu stari, E‟ una infelicità lontano stare,
luntanu di sta terra di Sicilia, lontano da questa terra di Sicilia,
lassai la mamma lasciai la mamma
e tutti li me cari, e tutti i miei cari,
lassai l‟oduri di la primavera. lasciai l‟odore della primavera.
Iu cantu pi putirimi scurdari, Io canto per potere scordarmi,
ca sugnu fora di la casa mia, che sono fuori dalla mia casa,
cu stu distinu ccà nun c‟è chi fari, con questo destino qua non c‟è che fare,
e pensu notti e jornu di turnari. e penso notte e giorno di tornare.
Lassatimi un raggiu di lu suli, Lasciatemi un raggio di sole,
„na guccitedda di l‟azzurru mari, una goccina dell‟azzurro mare,
lassati di la zagara l‟oduri, lasciate della zagara l‟odore,
ca quannu tornu la vogliu truvari. che quando torno lo voglio trovare.
E‟ „na „nfilicità luntanu stari, E‟ una infelicità lontano stare,
luntanu di sta terra di Sicilia, lontano da questa terra di Sicilia,
lassai l‟amuri e tutti li me cari, lasciai l‟amore e tutti i miei cari,
lassai l‟oduri di la primavera. lasciai l‟odore della primavera
La canzone nasce con il titolo di “nostalgia di Ribera” nel 1964 in seguito viene
trasformato in canto di emigrati. Si sente nel canto tutto il dolore, anche fisico, della
lontananza dalla terra, dalla mamma, dall‟amore. E‟ tangibile il senso d‟impotenza e di
fatalità per questa situazione, ma non di rassegnazione, nello stesso tempo viene esaltato il
senso poetico della terra di Sicilia, vista come terra promessa, “l‟odore della zagara, il mare
azzurro, il sole con i suoi raggi infuocati, l‟odore della primavera” Sono odori che ubriacano
e lasciano una sola speranza: “ritornare alla propria casetta, alla mamma, alla donna amata,
ai propri cari”. Un‟ottima interpretazione è stata data da “Nico dei Gabbiani, dal riberese
Nenè Fortunato e da Rosa Balistreri.
Testi e partiture delle canzoni 372
Testi e partiture delle canzoni 373

VURRIA DI LU TO SANGU VORREI CINQUE GOCCE


CINCU STIZZI DEL TUO SANGUE
Parole e musica di Marilena Monti
Cu fici amuri fici cosi assai Chi ha creato l‟amore, fece una cosa grande,
fici na turri curazzata e forti, fece una torre corazzata e forte,
prima „nvintau l‟amuri e poi li guai prima inventò l‟amore e poi i guai
e pi spartenza ci misi la morti. e per divisione mise la morte.
Un fari comu a mmia ca c‟incappai Non fare come me che c‟incappai
amuri m‟hai purtatu a malasorti amore, mi hai portato a malasorte
amuri, amuri chi m‟ha fattu fari amore, amore, che mi hai fatto fare
lu sonnu m‟arrubbasti ni la notti. mi hai tolto il sonno della notte.
Si bianca e russa comu na castagna Sei bianca e rossa come una castagna,
e manni oduri priziusu e vanu, e sprigioni odore prezioso e forte
na vota ti tuccai che era vicinu una volta, ti toccai, perché ero vicino
l‟oduri mi lassasti nda li manu. l‟odore mi lasciasti nella mano.
Pensa se ti tuccassi di cuntinuu Immagina se ti toccassi di continuo
saria comu lu pisci „mpintu all‟amu sarei come un pesce preso all‟amo
e s‟iu fussi malatu, lu mischinu, e se io fossi malato, io meschino
bedda vidennu a tia ritornu sanu bella, vedendo te tornerei sano.
Vurria di lu to sangu cincu stizzi Vorrei del tuo sangue cinque gocce
e di la to cammisa du sfilazzi, e della tua camicia due sfilacci
vurria du fili di sti biunni trizzi vorrei due fili di queste bionde trecce
pi farini catini, magli e lazzi. per farne catene, maglie e lacci.
M‟incatininasti tu ccu li to trizzi M‟incatenasti tu con le tue trecce
m‟incatinasti ccu sti duci lazzi m‟incatenasti con questi dolci lacci
cunfusu sugnu di li to billizzi confuso sono delle tue bellezze
sugnu lu megliu capu di li pazzi. sono il migliore capo dei pazzi
Rosa ca si na rosa di jardinu Rosa, sei vera rosa di giardino
agri e duci comu na lumia agre e dolce come un limone
quanti biddizzi ti desi to mamma quante bellezze ti diede tua mamma
e ti li desi pi ciammari a mia. e te li diede per infiammare me.
Un fari comu a mmia ca c‟incappai Non fare come me che c‟incappai
e sulu ora mi trovu alla strania e solo ora mi trovo come uno straniero
ma chi ti cridi ca ti dugnu l‟arma? ma cosa credi che ti do l‟anima?
l‟arma la dugnu a Diu lu cori a ttia. l‟anima la do a Dio, il cuore a te.

Bellissima canzone d‟amore che Marilena Monti compose nel 1974 e che ancora
oggi canta nei suoi spettacoli riscuotendo grandi consensi. Il testo, autenticamente
popolare, si ritrova nel libro del Pitrè “Canti siciliani”
Bellissime le parole che s‟incatenano tra di loro in modo armonioso e forte.
L‟amore per l‟amata è così forte e pieno che l‟amato desidera cinque gocce del suo
sangue, due sfilacci della sua camicia e due fili delle sue trecce dai quali si sente legato e
incatenato. Conclude donando all‟amata il suo cuore, ma riservando l‟anima a Dio.
Testi e partiture delle canzoni 374
Testi e partiture delle canzoni 375

cambiata

“Corpus di musiche popolari siciliane”, 1957 Alberto Favara al n: 198, e 39


Testi e partiture delle canzoni 376

da Canti Popolari Siciliani, 1940 Roma riedizione delle opere del Pitrè
vol. l° al n. 83 di pag. 205, al n. 67 di pag. 205

Salomone Marino

Salomone Marino
Salomone Marino

“Raccolta amplissima di canti popolari siciliani” 1870 Lionardo Vigo


al n: 641, 638, 665 e 845, e n 41 pag 143-144 dei Canti popolari siciliani 1857
Testi e partiture delle canzoni 377

CANZONI VARIE

In questa sezione vi sono canzoni rinvenute in vari dischi, oppure in


registrazioni audio o video di concerti effettuati in varie parti d‟Italia
da Rosa Balistreri.

O contadinu sutta lu zappuni ……………………………… pag 378-379


Addiu bedda Sicilia …………………………………………. pag 380-381
Picciriddi unni iti ……………………………………………. pag 382-384
La ballata del prefetto Mori ………………………………. . pag 384
Amuri luntanu ………………………………………………. pag 385-387
Vola palumma, vola ………………………………………… pag 387
La piccatura …………………………………………………. pag 388-389
Ah curri cavaddu miu……………………………………….. pag 390
Alivi scacciati ……………………………………………….. pag 391-392
Binidittu lu jornu e lu mumentu…………………………… pag 392-393
La turturedda ………………………………………………. pag 394-395
Viaggiu o „nfernu …………………………………………… pag 396-397
Sintiti chi successi a Racalmutu…………………… ……….. pag 397-398
Barbablù ……………………………………………………… pag 399-400
I babbaluci …………………………………………………… pag 400-401
Cu ti l‟ha fattu stu sciallinu…………………………………. pag 402-403
Cantu pi‟ diri ………………………………………………… pag 403-404
Unu dui e tri ……………………………………………………pag 405-406
La viddanedda ………………………………………………. pag 407
Com‟haiu a fari cu sta licatisa …………………………….. pag 408-409
Cuvernu „talianu ……………………………………………… pag 409-410
Ballata pi Peppi Fava ………………………………………… pag 411-412
La canzuni dill‟emigranti …………………………………… pag 413
A me vita……………………………………………………… pag 414
Testi e partiture delle canzoni 378

O CUNTADINU O CONTADINO
SUTTA LU ZAPPUNI, SOTTO LA ZAPPA

O cuntadinu sutta lu zappuni, O contadino con la zappa,


passi la vita stanca e assai mischina; trascorri la vita stanca e meschina,
quanti latri ci su, quanti patruna quanti ladri ci sono, quanti padroni
misi a cavaddu di la to carina. messi a cavallo delle tue spalle.
Afflittu di sti peni, a vita ci duni, Afflitto da queste pene, la vita doni,
trisoru a cui ti scarna e ti ruvina tesoro che ti strappa la carne e ti rovina
e tu sinceru je va bonu e per te, sincero, ciò ti va bene
un t‟adduni c‟abbrusci notti e non t‟accorgi che bruci notte e
e gghiornu a la catina. giorno alla catena.
Tu cu la zappa, tu cu amari stenti Tu con la zappa, tu con amari stenti
duni a principi, duca e „mperaturi dai a principi, duca e imperatori,
pani, ricchizzi, sfarzi e vistimenti pane, ricchezze, sfarzi e vestimenti,
susteni un munnu cu li to lavuri. sostieni il mondo con il tuo lavoro.
Si nun travagli tu Se non lavori tu
lu munnu è nenti, il mondo è niente,
lu munnu vivi cu li to lavuri; il mondo vive con il tuo lavoro;
si nun travagli tu se non lavori tu
lu munnu è nenti, il mondo è niente,
lu munnu vivi cu li to lavuri. il mondo vive con il tuo lavoro.

La civiltà nella quale Rosa trascorre i primi anni della vita a Licata è prettamente
contadina, e benchè nata nel quartiere della Marina, Rosa conosce bene la vita dura dei
contadini, fatta di sacrifici, di schiena ricurva per il continuo zappare la terra ed essere
piegati per levare erbacce, raccogliere i frutti della terra. Ma la terra su cui lavora non è
del contadino ed allora lavora a mezzadria, o a giornata, per cui più di metà di quello
che produce non gli appartiene, è del proprietario della terra, del barone, del principe,
che può condurre una vita agiata, può vestirsi con preziose stoffe grazie al lavoro umile
di tanti contadini che lavorano per lui, per cui è giusta l‟affermazione “se non lavori tu il
mondo è niente” perché la struttura economica, sociale si basa sul lavoro dei contadini e
“quanti patruna misi a cavaddu di la to carina” perché il suo lavoro è l‟asse
portante dell‟economia.
Testi e partiture delle canzoni 379

accordi per chitarra: Do- = C-; Fa- = F-; Sol7 = G7


Testi e partiture delle canzoni 380

ADDIU BEDDA SICILIA ADDIO BELLA SICILIA

Addiu bella Sicilia, Palermu capitali, Addio, bella Sicilia, Palermo capitale,
ah! ci stannu brava genti, ah, ci abitano brave persone
e i cchiù carogna e 'nfami. e le più carogna ed infami.
Addiu, bella Sicilia, Addio, bella Sicilia,
o terra di ricchizzi, o terra di ricchezze
e un sannu ca si provanu e non sanno che si provano
puri li dibulizzi. pure le ristrettezze.
E' bella la Sicilia E‟ bella la Sicilia
di sciuri e di giardini, di fiori e di giardini,
guvernu di parrini governo di preti
ni fa muriri 'i fami. che ci fa morire di fame.
'Na poca 'i carugnuna Alcuni carognoni
ca stannu a lu putiri che stanno al potere
aprunu li canteri ccu setticentu liri. aprono i cantieri con settecento lire.
O carugnuna e vili O carognoni e vili
comu si po‟ campari come si può vivere
travagliu notti e giornu lavorando notte e giorno
cchiù peggiu di l‟armali, peggio degli animali,
li figli e li muglieri i figli e le mogli
chiancinu ppi lu pani piangono per il pane,
e su custritti a partiri e sono costretti a partire
l‟omini siciliani. gli uomini siciliani.
Su chini d'emigranti Son pieni d‟emigranti
li varchi e li vapuri, le barche e i vapori,
si porta l'operai lu trenu di lu suli. si porta gli operai il treno del sole.
Addiu bella Sicilia, Addio bella Sicilia,
o terra mia nativa o terra mia nativa
partiri iu vurria e nun turnari cchiù, partire io vorrei e non tornare più.
Addiu bella Sicilia, Addio bella Sicilia,
o terra mia nativa o terra mia nativa
… iu vurria e nun turnari cchiù.
partiri partire io vorrei e non tornare più
partiri iu vurria e nun turnari cchi. partire io vorrei e non tornare più.
Testi e partiture delle canzoni 381

accordi per chitarra: Mib+ = Eb+; Lab+ = Ab+; Sib7 = Bb7

E‟ una delle prime canzoni che Rosa cantò, all‟inizio della carriera, nelle piazze
della Toscana. Racchiude tutti i temi che Rosa svilupperà nella sua canzoni:
lavoro ed emigrazione, amore per le bellezze della terra siciliana e nostalgia per
gli emigrati, sfruttamento del lavoro da parte dei padroni, contrasto allamafia e
alla malavita organizzata, fame e povertà, amore per la cultura siciliana.
Sono tutti temi che insieme ad amici e collaboratori svilupperà singolarmente in
molte canzoni del suo repertorio.
Testi e partiture delle canzoni 382
PICCIRIDDI UNNI ITI? BAMBINI DOVE ANDATE?
(tradizionale)
Picciriddi, unni iti Bambini dove andate
cu sta' bedda matinata? con questa bella mattinata?
“emu a cogghiri ciuriddi “andiamo a raccogliere i fiorellini
i chiù beddi ca ci su”. i più belli che ci sono”.
Gesuzzu lu beddu, ca è ,‟ncarzarateddu O Gesù, il bello, che è incarcerato
è sulu suliddu, ca nuddu ci va. è solo soletto, perché nessuno va da lui.
Ci va la so parrina, Con lui va la sua padrina,
ci cogghi un mazzittinu gli coglie un mazzettino di fiori
e ci lu metti in pettu, chi sciauru ca fa. e glielo mette in petto, che odore che fa.
Sona sona „manziornu Suona suona, mezzogiorno
e la tavula è misa intornu, e la tavola è messa intorno,
e lu pani arranciteddu, e il pane è un po‟ rancido,
ora veni lu bammineddu; ora viene il bambinello;
ora ora lu vitti passari ora, ora lo vidi passare
cu na cruci longa longa con una croce lunga lunga
e passava di la Badia, e passava dalla Badia,
sangu russu ci curria; sangue rosso gli colava;
ci curria riolu riolu, gli colava a rivoli, a rivoli,
comu l‟acqua di lu cannolu, come l‟acqua di una fontana,
Maria carmelitana, Maria carmelitana,
veni e vidi sta funtana; vieni e vedi questa fontana;
e trovava lu so figghiolu e trovava il suo figliuolo
tuttu vistutu di sita e d‟oru; tutto vestito di seta e d‟oro;
ci mancava la cammisedda gli mancava la camicetta
faccila tu Mariuzza bedda, fagliela tu Mariuccia bella,
ci mancava la cammisedda gli mancava la camicetta
faccila tu Mariuzza bedda. fagliela tu Mariuccia bella.
È una filastrocca di bambini e come tutte le filastrocche non hanno un senso logico, il
divertimento è verbale, cioè nel ripetere cantando delle parole spesso collegate tra loro in
modo che una parola finale diventi iniziale nella strofa successiva (vedi ad esempio la strofa
“e passava di la Badia, sangu russu ci curria”; e la successiva: ”ci curria riolu riolu, comu
l‟acqua di lu cannolu”,) la parola finale della prima “curria” diventa iniziale della seconda
strofa “ci curria” Le filastrocche sono cantate dai bambini con il solo intento di gioco e la
ripetività è la base di questo gioco linguistico. Le finalità e l‟utilità delle filastrocche in
pedagogia sono il miglioramento del linguaggio, lo stare insieme iniziando così una vita
sociale e di relazione, il giocare spesso imitando le attività degli adulti, con movimenti
sincroni e ripetuti come i girotondi ecc, effettuando così ginnastica e quindi anche una
crescita armonica del corpo.
Testi e partiture delle canzoni 383

accordi per chitarra: Mib+ = Eb+; Lab+ = Ab+;


Testi e partiture delle canzoni 384

“Corpus di musiche popolari siciliane”, 1957 Alberto Favara al n: 641

LA BALLATA
DEL PREFETTO MORI
Testo Ignazio Buttitta
musica Ennio Morricone
Mi chiangi u cori Mi piange il cuore
ora ca terminau di cantari ora che ho terminato di cantare
sta storia vera questa storia vera
se pensu ca la mafia è nda l‟artari. se penso che la mafia è sugli altari.
Addisonura sta terra onesta e povira Disonora questa terra onesta e povera
ca voli pani e travagliu, che vuole pane e lavoro,
la libertà, giustizia e li …. la libertà, la giustizia e li……
E no a mafia e no E no la mafia e no
la liggi infami da lupara la legge infame della lupara,
e no onuri, onuri e gloria e no onore, onore e gloria
cu arrobba e spara per chi ruba e spara.
Chistu gridamu, Questo gridiamo,
è a nostra vuci c‟arrisbigghia i morti è la nostra voce che risveglia i morti
ca stanchi semu perché stanchi siamo
e vulemu cangiari vita e sorti. e vogliamo cambiare vita e sorte.
Testi e partiture delle canzoni 385

AMURI LUNTANU AMORE LONTANO


Otello Profazio

Amuri, amuri quantu si luntanu Amore, amore quanto sei lontano


cu ti lu conza lu lettu a la sira; chi ti rassetta il letto la sera;
cu ti lu conza nun lu sa cunzari, chi te lo rassetta non lo sa rassettare
malateddu ti levi la matina, malaticcio ti alzi la mattina,
cu ti lu conza ti lu conza mali, chi te lo rassetta lo rassetta male
malateddu ti levi la matina. malaticcio ti alzi la mattina.

Vuliva iri comu va la nigghia Volevi andare come va la nebbia,


ti viu lu cappeddu unni travagghia vedo il cappello dove lavori
ti viu se ti bolli lassi e pigghia ti vedo se ti bolle, lascia e piglia
o puramenti la fevri lu taglia o puramente la febbre lo taglia
no nun lu taglia no ca l‟assutiglia non, non la taglia, nemmeno l‟assottiglia
comu ferru filatu a la tinaglia come il ferro filato con la tenaglia.
Giuvanutteddu quantu si baggianu Giovanottino quando sei cretino
comu l‟appogi ssu pulitu pedi dove l‟appoggi questo pulito piede
quannu nesci quando esci per le strade
„ppi Castelvetranu di Castelvetrano
tutti li donni fa vutari arreri tutte le donne vai voltare indietro
quannu nesci „ppi quando esci per le strade
Castelvetranu di Castelvetrano
tutti li donni fa vutari arreri. tutte le donne vai voltare indietro.
Amuri, amuri quantu si luntanu Amore, amore quanto sei lontano
cu ti lu conza lu lettu a la sira, chi ti rassetta il letto la sera,
cu ti lu conza lu lettu a la sira. chi ti rassetta il letto la sera.

Lionardo Vigo riporta questa canzone al n. 2755 della sua Raccolta amplissima di canzoni
siciliane. Anche Alberto Favara la segnala riportando di averla conosciuta da Benedetto
Fecarotta che l'aveva a sua volta ascoltato da alcuni carrettieri nel Corso Tukory di Palermo.
E‟ il canto di una donna che ricordando la lontananza del suo amore, emigrato per lavoro,
esprime la sua gelosia verso una eventuale rivale lontana.
Testi e partiture delle canzoni 386

“Canti siciliani 2 volume 1870, Giuseppe Pitrè”, al n: 6 melodie musicali


Testi e partiture delle canzoni 387

“Corpus di musiche popolari siciliane”, 1957 Alberto Favara al n: 62

VOLA PALUMMA, VOLA VOLA COLOMBA, VOLA


Vola palumma, vola, pi l‟aria ti nni vai, Vola colomba, vola, per l‟aria te ne vai
iu sugnu cacciaturi ti vegnu a cacciari. io sono cacciatore, ti vengo a cacciare.
Siddu si cacciaturi mi veni a cacciari, Se tu sei cacciatore mi vieni a cacciare
iu mi fazzu pisci „nda l‟acqua di lu mari io mi faccio pesce nell‟acqua del mare.
Siddu ti fai pisci „nda l‟acqua di lu mari Se tu ti fai pesce nell‟acqua del mare
iu sugnu piscaturi ti vegnu a pischiari. io sono pescatore, ti vengo a pescare.
Siddu si piscaturi mi veni a pischiari Se tu sei pescatore mi vieni a pescare
iu mi fazzu vigna „ncampagna mi nni vaiu. io mi faccio vigna, in campagna me ne vado.
Siddu ti fai vigna, ncampagna ti nni vai Se tu ti fai vigna, in campagna te ne vai,
iu sugnu cuntadinu ti vegnu a vinnignari. io sono contadino ti vengo a vendemmiare.
Si tu si cuntadinu mi veni a vinnignari Se tu sei contadino mi vieni a vendemmiare,
iu mi fazzu monaca „ncunventu mi nni vaiu. io mi faccio monaca in convento me ne vado.
Siddu ti fai monaca ncunventu ti nni vai Se tu ti fai monaca, in convento te ne vai,
iu sugnu cunfissuri ti vegnu a cunfissuri. io sono confessore ti vengo a confessare.
Siddu si cunfissuri mi veni a cunfissari Se tu sei confessore mi vieni a confessare
iu mi levu a tonaca n‟avimmu a maritari. io mi levo la tonaca dobbiamo sposarci.
Siddu si cunfissuri mi veni a cunfissari Se tu sei confessore mi vieni a confessare
iu mi levu a tonaca n‟avimmu a maritari. io mi levo la tonaca dobbiamo sposarci.
È un canto inedito che non si trova nella discografia ufficiale, v‟è una registrazione
effettuata a Licata in occasione di una premiazione a Rosa Balistreri.
Testi e partiture delle canzoni 388

LA PICCATURA LA PECCATRICE
Fichera, Bixio, Frizzi, Tempera

All‟alba si nni va lu surfataru All‟alba se ne va il solfataro (1)


si „nchiudi „tra lu pettu da minera si chiude dentro la miniera
è chinu di sudura finu a sira è pieno di sudore fino a sera
travagghia, la so vita è sempri dda. lavora, la sua vita è sempre la.
Ma cu l‟aspetta non ci „mporta nenti Ma a chi l‟aspetta (2) non importa niente
pirchì li jorna fa li passa chini perchè trascorre tutti i giorni
cu ddr‟omu ca lu sangu a li mischini con quell‟uomo che il sangue ai poveretti
ci tira jornu e notti e sempri „chiu. tira giorno e notte e sempre di più.
E batti, batti batti surfataru E batti, batti, batti solfataro
ca lu pani è troppu amaru perché il pane è troppo amaro
e lu ventri da minera ed il ventre della miniera
ti po‟ dari chistu cca. ti può dare solo questo.
E batti batti batti surfataru E batti, batti, batti solfataro
ca lu scrusciu t‟accumpagna che il rumore ti accompagna
poi cancella li to peni poi cancella le tue pene
finu a quannu, quannu?… fino a quando, quando?
Fu l‟occhi di na bedda piccatura Furono gli occhi di una bella peccatrice
ca levanu la paci a la minera che levano la pace nella miniera
li fimmini ci fannu la sintenza le donne danno la sentenza
cunnanna a morti si voli accussì. condanna a morte, il cielo vuole così.
Poi la svintura scinni ndo paisi Poi la sventura scende nel paese
lu ventu è lamintusu do passari il vento diventa lamentoso nel passare
adduma l‟oliu, abbruscianu li casi si accende una lucerna, bruciano case
la morti ridi e poi giustizia fa. la morte ride e poi giustizia fa.
E batti, batti batti surfataru E batti, batti, batti solfataro
ca lu pani è troppu amaru perché il pane è troppo amaro
e lu ventri da minera ed il ventre della miniera
ti po‟ dari chistu cca. ti può dare solo questo.
E batti batti batti surfataru E batti, batti, batti solfataro
ca lu scrusciu t‟accumpagna che il rumore ti accompagna

poi cancella li to peni poi cancella le tue pene
fino a quannu, quannu… fino a quando, quando?
… li fimmimi ci fannu la sintenza … le donne danno la sentenza
la morti grida e poi giustizia fa. condanna a morte, il cielo vuole così.

1) lavoratore nella miniera di zolfo 2) Padrone della miniera


Testi e partiture delle canzoni 389
Testi e partiture delle canzoni 390

AH CURRI CAVADDU MIU AH CORRI CAVALLO MIO


Ah! curri cavaddu miu, Ah! corri cavallo mio,
ah curri e camina Ah! corri e cammina
ca la strata è longa perché la strada e lunga
e la via è luntana. e la via è lontana
Ah! lu scrusciu di la rota Ah! il rumore della ruota
e la catina e della catena
Ah! n‟accurda sta Ah! ci accorda questa
canzuna paisana canzona paesana
Ah! accà Ah! accà (1)
Ah! quantu vali un capiddu Ah quando vale un capello
ah di sta scrina di questo crine
Ah! nun vali la fatica Ah! non vale la fatica
di na carumara di una caricata (2)
Amuri, amuri Amore, amore
chi m‟hai fattu fari cosa mi hai fatto fare
ahi m‟haiu fattu fari Ahi m‟hai fatto fare
na granni pazzia una grande pazzia
Ah! lu Patri Nostru Ahi il Padre Nostro
mai ati a scurdari mai dovete dimenticare
Ah! la meglio parti Ah! la migliore parte
di l‟Ave Maria dell‟Ave Maria.
1) verso del carrettiere che incita il cavallo
2) sul carretto

“Corpus di musiche popolari siciliane”, 1957 Alberto Favara al n: 68


ritroviamo la stessa canzone col nome “Amuri, amuri” cantilena dei mulattieri in
“Eco della Sicilia”, 1893, Ricordi al n: 31
Testi e partiture delle canzoni 391

Canti popolari siciliani”, 1857


Lionardo Vigo al n: 4 di pag 159

ALIVI SCACCIATI OLIVE SCHIACCIATE


A passu notti e ghiornu Trascorro notte e giorno
sempri scacciannu alivi sempre schiacciando olive
e c‟acitu, agliu e ogliu e con aceto, aglio e olio
e di quantu si ci vidi. fin quando c'è giorno.
L‟haiu cunzati st‟alivi scacciati Li ho conditi queste olive schiacciate
cu si l‟avi accattari chi se li deve comprare
ca lu fazzu scialari. che lo faccio scialare.
Nu vi scantati Non vi spaventate
ca iu cuscienza n‟haiu, che io coscienza ne ho
alivi scacciati, olive schiacciate,
senz‟ossa haiu. senza ossa ho.
Cu un granu vinn‟ha dari, Con un grano (1) ve ne darò
quattro cincu cucchiarati quattro o cinque cucchiaiate
di st‟alivi ben cunzati di queste olive ben condite
ca lu vinu si „nni va. così il vino scende volentieri.
L‟haiu cunzati st‟alivi scacciati Li ho conditi queste olive schiacciate
cu si l‟avi accattari chi se li deve comprare
ca lu fazzu scialari. che lo faccio scialare.
Nu vi scantati Non vi spaventate
ca iu cuscienza n‟haiu che io coscienza ne ho
alivi scacciati, olive schiacciate,
senz‟ossa haiu senza ossa ho.
Antichissima canzone popolare cantata in coro tra amici; schiacciare le olive,
metterle in salamoia con peperoncino, e prezzemolo in Sicilia è cosa che anche
oggi molte persone fanno in casa, si ottengono dei saporiti contorni; da notare
che nella canzone il pagamento delle olive viene fatto con grano, una
antichissima moneta usata nel meridione durante l'occupazione spagnola intorno
al 1450, per cui la canzone verosimilmente può essere datata nella metà del
quattrocento.
Testi e partiture delle canzoni 392

accordi per chitarra: La- = A-; Re- = D-;


Mi7 = E7; La+ = A+; Re+ = D+;
Testi e partiture delle canzoni 393

BINIDITTU LU JORNU SIA BENEDETTO IL GIORNO ED IL


E LU MUMENTU MOMENTO
(ninna nanna)

Binidittu lu jornu e lu mumentu Sia benedetto il giorno e il momento


quannu tò matri, a latu ti truvò; quando tua madre, a lato ti trovò;
dopu di novi misi, ccu grandi stentu dopo nove mesi con gran fatica
mamma chiamasti e „nfrunti ti vasò. mamma hai chiamato, e in fronte ti baciò.

Dormi nicuzzu ccu l‟angiuli tò... Dormi piccolino con gli angeli tuoi
dormi e riposa, ti cantu la vò... dormi e riposa, io ti canto la vò…

Si di lu celu calassi la fata, Se dal cielo scendesse una fata,


nun li putissi fari 'sti splinduri non potrebbe fare questo splendore
ca stà facennu tu, bidduzza amata, che stai facendo tu, bellezza amata,
„ndi sta nacuzza di rosi e di ciuri. dentro questa culla di rose e di fiori.

Dormi figliuzzu ccu l'angiuli tò... Dormi piccolino con gli angeli tuoi
dormi e riposa, ti cantu la vò... (2) dormi e riposa, io ti canto la vò…
vò... vò... vò... vò...vò...vo...
dormi figghiu e fai la vò... dormi, figlio e fai la vò...

Antichissima ninna nanna cantata in molte parti della Sicilia, la datazione di


questa canzone si perde nei tempi, bellissimo il movimento armonico
musicale, dolcissime le parole, che solo dalla bocca di una mamma possono
uscire; il bambino fin dalla nascita riceve informazioni verbali ascoltando
parole semplici come la lallazzione vo, vo o altre ripetute ritmicamente, in
seguito cercherà di imitare i fonemi ascoltati mettendo le basi per il
linguaggio verbale; ascoltando la melodia musicale dalla voce della mamma
formerà le prime lallazioni musicale; parole e musica sono i tasselli
fondamentali della musica popolare; tempo ternario caratteristico delle ninne
nanne. Tonalità musicale: Mi minore
Testi e partiture delle canzoni 394
LA TURTUREDDA LA TORTORELLA

La turturedda quannu si scumpagna La tortorella quando perde la compagna,


jetta suspiri e lacrimi di focu, getta sospiri e lacrime di fuoco,
si va a pusari supra a „na muntagna si va a posare sopra ad una montagna
„un fa pusari a nuddu virdi locu, non fa posare nessuno in quel verde luogo,
si va a pusiri supra a „na muntagna si va a posare sopra ad una montagna
un fa pusari a nuddu virdi locu. non fa posare nessuno in quel verde luogo.
Passa di l‟acqua e lu pizzu si vagna, Si avvicina all‟acqua e si bagna il becco,
ci pari frisca e si nni vivi un pocu, le sembra fresca e se ne beve un poco,
„mara cu perdi la prima cumpagna, guai a chi perde la prima compagna,
perdi lu spassu piaciri e jocu; perde lo spasso, il piacere e il gioco;
mara cu perdi la prima cumpagna, guai a chi perde la prima compagna,
perdi lu spassu piaciri e jocu. perde lo spasso, il piacere e il gioco.

“Corpus di musiche popolari siciliane”, 1957 Alberto Favara al n: 432

“Canti popolari siciliani”, 1857


Lionardo Vigo al n: 30 di pag 236
Testi e partiture delle canzoni 395

Dolce la melodia di questa canzone nella quale emerge il forte amore e legame che
si stabilisce tra le tortore e che dura tutta la vita ed il contemporaneo dolore
quando muore uno dei due partner, in quel momento è preponderante il bisogno di
stare soli, di isolarsi e di non permettere ad alcuno di stare vicini; anche nella
specie umana succede questo quando forte e duraturo il legame tra due innamorati.
Testi e partiture delle canzoni 396

VIAGGIU O 'NFERNU VIAGGIO ALL’INFERNO


(Lillo Catania)
Chi mi sunnavu vi vogliu cuntari. Cosa ho sognato vi voglio raccontare,
iu mi sunnavu di jri a lu nfernu, io ho sognato di andare all‟inferno,
e lu diavulu ch'era 'nfacciu a porta, ma il diavolo ch'era sulla porta,
mi dissi:" A tia, 'ca, cu ti ci porta?" mi disse: "A te, quaggiù, chi ti ci porta?
"Picchì si' 'ca? Chi vinisti a fari? Perchè sei qua? Cosa sei venuto a fare?
Mi vo' purtari la paci ni lu 'nfernu! Mi vuoi portare la pace nell'inferno!
'Ca nun c'è postu pi' chiddi ca nu munnu, Qua non c'è posto per quelli che al mondo,
appiru 'nfernu pirsinu ni lu sonnu. hanno patito l'inferno persino durante il sonno.
Vatinni, scappa, nun t'avvicinari, Vattene, scappa, non t'avvicinare,
chist'è lu postu di l'eterni guai, questo è il posto degli eterni guai,
'ca nun ci sunnu poviri e garzuna, qua non ci sono poveri e garzoni,
c'è postu sulu pi' ricchi e pi' patruna". c'è posto solo per ricchi e per padroni.
Ci dissi: "Senti lassami parlari, Gli dissi: "Senti, lasciami parlare,
iu nun sapia ca 'ca c'era 'sta liggi, io non sapevo che qua c'era questa legge,
avia purtatu cu mia la chitarra, avevo portato con me la chitarra,
pi' cunsulari sti' mischineddi a sbarra. per consolare questi poveretti alla sbarra.
Avia pinsatu ca lu paradisu, Avevo pensato che il paradiso,
si l'accattaru li ricchi e li parrini, l‟hanno comprato i ricchi e i preti,
la genti povira dannata pi' l'eternu, la gente povera dannata per l'eterno,
l'avia pinsatu jttata 'nfunnu 'o 'nfernu. l'avevo pensata gettata in fondo all‟inferno.
Ma chista genti nun apparteni a mia, Ma questa gente non mi appartiene,
chista è la genti ca 'na 'ruvinatu, questa è la gente che ci ha rovinati,
'ncapu la terra si pigliaru un ternu, sopra la terra hanno preso un terno,
ed ora chiangi dannata pi l‟eternu". ed ora piange dannata per l‟eterno".
Mentri parlava 'ntisi 'na gran vuci, Mentre parlavo udii una gran voce,
mi dici: "Omu! Acchiana e nun parlari! mi dice :"Uomo! Sali e non parlare!
Mancu a lu 'nfernu li vo lassari 'npaci, Neanche all'inferno li vuoi lasciare in pace,
„sti mischineddri jttati ammoddu a pici". questi poveretti gettati a mollo nella pece".
M'arrivigliavu troppu assai scantatu, Mi sono svegliato troppo spaventato,
e chistu suonnu nun mi fa durmiri, e questo sogno non mi fa dormire,
iu nun vulissi nè poviri nè ricca io non vorrei nè poveri nè ricchi
e genti o 'nfernu ci 'ni fussi picca. e gente all'inferno ne vorrei poca.
Un canto di Lillo Catania che ribadisce un concetto caro alla Balistreri: non vi può essere un
buon rapporto tra gente povera e ricchi, tra lavoratori e padroni, neanche all‟inferno che è il
luogo idoneo dei ricchi e dei padroni dove non vi possono stare servi e garzoni;
Cristo parlava del ricco Epulone all‟inferno e del povero Lazzaro, di certo c‟è un paragone
col tema di questa canzone.
Testi e partiture delle canzoni 397

“Raccolta amplissima di canti


siciliani” Lionardo Vigo n 4258

Canto brioso e scanzonato, cantato dalla Balistreri nelle feste dell‟Unità o tra amici,
vien fuori l‟animo anticlericale del partito comunista e dei suoi simpatizzanti che mettono
alla berlina preti e suore che a loro dire inciuciano beati.
Testi e partiture delle canzoni 398
SINTITI CHI SUCCESSI SENTITE COSA E„ SUCCESSO A
A RACALMUTU RACALMUTO

Sintiti chi successi a Racalmutu: Sentite cosa è successo a Racalmuto:


truvarunu un tabutu scupirchiatu han trovato una cassa da morto scoperchiata
e dintra c‟era „nu sbirru curnutu e dentro c'era uno sbirro cornuto
ca purtava lu diavulu attaccatu. che portava un diavolo attaccato.
Lu diavulu gridava “aiutu, aiutu” Il diavolo gridava aiuto, aiuto
stu sbirru a mia mi porta carzaratu, questo sbirro mi porta carcerato
sintiti chi successi a Racalmutu sentite cosa è successo a Racalmuto
truvarunu un tabutu scupirchiatu. trovarono una cassa da morto scoperchiata.

Aiutu, aiutu lu munnu è pirdutu Aiuto, aiuto il mondo è perduto


li monachi si vonu maritari le monache si vogliono sposare
e la badissa sona lu liutu, e la Badessa suona il liuto,
li munacheddi scinnunu a ballari. le monachelle scendono a ballare.
Lu cappillanu cu lu parautu Il cappellano il piffero
a li novizi ci lu fa sunari alle novizie fa suonare
e quannu po è scoppiu lu palluni e quando poi è scoppio il pallone
li picciliddi porta a suttirrari. i neonati porta a sotterrare.
Zum zum zum zum

Sintiti chi successi a la Licata Sentite che è successo a Licata


'nda lu cunventu di li cappuccini nel convento dei cappuccini
c‟era na donna mala maritata c‟era una donna maritata male
c‟avia la casa china di parrini: che aveva la casa piena di preti:
quattru davunu focu alla pignata quattro davano fuoco alla pentola
e quattru ca spinnavanu jaddrini e quattro che spennavano galline
e lu priori sutta la frazzata ed il priore sotto la grande tonaca
facia la cuva di li puddicini. faceva la cova dei pulcini.

“Raccolta amplissima di canti popolari siciliani”, 1870 Lionardo Vigo al n: 3192, 4259
Testi e partiture delle canzoni 399
BARBABLU‟ BARBABLU’

Nu paisi di Petralia Nel paese di Petralia


c'era un vecchiu cu varba blu, c‟era un vecchio con la barba
quannu c'era china la luna blu, quando la luna era piena
iddu parlava cu Gesù, lui parlava con Gesù.
Ma u Signuri nun canusciva Ma il Signore non conosceva
li turmenti di Barbablù i tormenti di Barbablù
ca a lu venniri matinu tanto che il venerdì mattino
mancu a Diu cridiu cchiu'. non credette neanche a Dio.
Iu canusciu la so svintura Io conosco la sua sventura
e la cantu accussi comè e la canto così com'è
troppu beni vosi a Maria troppo bene volle a Maria
e sta svintura pazzia nunn‟è e questa sventura pazzia non è.
Cu li picuri a la muntagna Insieme alle pecore in montagna
caminava tuttu lu jornu camminava tutto il giorno
e alla sira quannu turnava ed alla sera quando tornava
c‟era Maria ca l‟aspittava. c‟era Maria che lo aspettava.
Quannu scinni 'ntra lu paisi Quando scende in paese
iddu passa senza taliari lui cammina senza guardar persona
e la genti dici ca è pazzu e la gente dice che è pazzo
picchi porta la varba blu. perchè porta la barba blu.
Poi ci nasci lu picciriddu Poi gli nasce un bambino
c‟era notti di Natali, c'era ventu e c'era era la notte di Natale, c'era vento e c'era
friddu „nda lu cori di Barbablù freddo dentro il cuore di Barbablù.
La so fimmina ci muriu La sua donna morì
e lu figgliu ci chiangia ed il figlio piangeva
un ti pozzu ia lassari e vulau di Petralia non ti posso lasciare e se ne andò da
Iddu vulissi pirdunari Petralia. Lui vorrebbe perdonare
ma ingiuria macari a Diu, a Maria ma bestemmia anche Dio e Maria
chiama forti, guarda la luna e sbarra chiama forte, guarda la luna e sbarra
l'occhi, a Maria chiama forti gli occhi, e Maria chiama forte
guarda la luna e sbarra l'occhi guarda la luna e sbarra gli occhi.
Antichissima canzone siciliana, cantata da vari gruppi musicali, sulla figura di un pecoraio
di Petralia, che vive isolato con il suo gregge e che ha una barba blu, con un aspetto che
incute paura in chi lo incontra, ma con un cuore di bambino ed innamorato della sua donna,
che purtroppo per una malattia muore lasciandolo solo con un bambino. Da notare come
l‟anonimo cantautore descrive l‟animo nobile di questa persona che fa da contraltare alla
sua figura di uomo rozzo nelle forme, nei vestiti e nella noncuranza della propria persona.
Testi e partiture delle canzoni 400

accordi per chitarra: Re- = D-; Sol- = G-; La7 = A7

accordi per chitarra: Mi+ = E+;


La+ = A+; Si7 = B7
Testi e partiture delle canzoni 401

I BABBALUCI LE LUMACHE

Vidi chi dannu ca fannu i babbaluci Vedi che danno fanno le lumache
ca cu li corna spingiunu balati, che con le corna spingono lastre di marmo,
su unn„era lestu a jittarici na vuci se non ero svelto a gridargli
vidi chi dannu ca facianu i babbaluci. vedi che danno fanno le lumache.
C‟era na vota. na vota un muraturi C'era una volta, una volta un muratore
ca lu travagliu ah nun putia truvari che il lavoro non poteva trovare
e priava sempri a Santu Cuttufatu e pregava sempre a Santo Cuttufato
truvau u travagliu e cadiu do fabbricatu trovò il lavoro e cadde dal fabbricato.
C‟era na vota, na vota un surdatu C'era una volta, una volta un soldato
aviu l‟ugnu du pedi „mpussunatu aveva l'unghia del piede infezionato
e priava sempri a Santu Gabrieli e pregava sempre a Santo Gabriele
ci guariu l‟ugnu e ci cadiu lu pedi. gli guarì l'unghia e gli tagliarono il piede.
C‟era na vota na vota un vicchiareddu, C'era una volta, una volta un vecchietto
ca avia lu sceccu „anticchia attuppateddu che aveva l'asino un pò stitico
e priava u disgraziatu „nginucchiuni e pregava il disgraziato in ginocchio
si stuppa u sceccu e s‟attuppau u patruni. si liberò l'asino e divenne stitico il padrone.
Lu tavirnaru di l‟Abbaddarò Il tavernaro di Ballarò
avia tri giorni ca un putia pisciari eran tre giorni che non poteva urinare
e priava a Santu Cuttufatu e pregava a Santo Cuttufato
pisciò vintitrì litri di moscatu. urinò ventitre litri di moscato.

“Canti siciliani” 1 volume 1870,


Giuseppe Pitrè”, al n: 595

Antica canzone siciliana, cantata con varie strofe in molti paesi siciliani;
accomuna però in tutti i paesi la preghiera ad un Santo o al Signore con un risultato
disastroso per il povero orante, invece della grazia ottiene il risultato opposto cioè una
disgrazia maggiore e le disgrazie altrui, come si sa, mettono allegria in chi le racconta.
Testi e partiture delle canzoni 402

CU TI L‟HA FATTU CHI TE LO HA FATTO


STU SCIALLINU OHINÈ! QUESTO SCIALLINO OHINE‟!

Cu ti l‟ha fattu stu sciallinu ohinè! Chi ti ha fatto questo sciallino ohinè!
cu ti l‟ha fattu stu sciallinu ohinè. chi ti ha fatto questo sciallino ohinè!
eh mi l‟ha fattu cu beni mi voli me lo ha fatto chi bene mi vuole
tochitichitichitollallà, tochitichitichitollallà,
tochitichitichitollallà tochitichitichitollallà
tochitichitichitollallà, tochitichitichità. tochitichitichitollallà, tochitichitichità.
Cu ti l‟ha l‟ha fattu sta vistina ohinè! Chi ti ha fatto questa veste ohinè!
cu ti l‟ha l‟ha fattu sta vistina ohinè! chi ti ha fatto questa veste ohinè!
eh mi l‟ha fattu cu beni mi voli me l‟ha fatta chi bene mi vuole
tochitichitichitollallà, etc tochitichitichitollallà, etc.
Cu ti l‟ha fattu sti scarpuzzi ohinè! Chi ti ha fatto queste scarpette ohinè!
cu ti l‟ha fattu sti scarpuzzi ohinè. chi ti ha fatto queste scarpette ohinè!
eh mi l‟ha fattu cu beni mi voli me li fatti chi bene mi vuole
tochitichitichitollallà, tochitichitichità. Tochitichitichitollallà, tochitichitichità.

“Corpus di musiche popolari siciliane”, 1957 Alberto Favara al n: 169

Canto allegro senza un tema ed un significato specifico, cantato in compagnia


degli amici col solo scopo del puro divertimento, da notare il ripetersi delle strofe
col solo cambiamento dell‟oggetto: sciallino, veste, scarpine collegate all‟amore di
chi ha confezionato l‟oggetto.
Testi e partiture delle canzoni 403
Testi e partiture delle canzoni 404

CANTU PI‟ DIRI CANTO PER DIRE


Lillo Catania
Si a milli, a milli m‟hannu cunnannata Se a mille, a mille m‟hanno condannata
a milli, a milli s‟annu a vriugnari, a mille, a mille devono vergognarsi,
nun cantu pi tri sordi o pi‟ piaciri, non canto per tre soldi o per piacere,
iu cantu picchì haju soccu diri. io canto perchè ho tanto da dire.
A li picciotti di tuttu lu munnu Ai ragazzi di tutto il mondo
ci dicu di ìmpignarisi ad amari, io dico di impegnarsi nell‟amore,
e l‟omu farsu avitilu a scansari e l‟uomo falso cercate di scansare
picchì è chiddu ca voli sfruttari. perché è quello che vuole sfruttare.
A cu di tempi antichi va parlannu, A chi dei tempi antichi va parlando,
diciticcillu ca c‟era schiavismu diteglielo che c‟era schiavismo
li ricchi n‟un niscivanu da tana i ricchi non uscivano dalla tana,
a travagghiari i figli di buttana. a lavorare i figli di puttana.
Si a milli, a milli m‟hannu cunnannata Se a mille, a mille m‟hanno condannata
a milli, a milli s‟annu a vriugnari, a mille, a mille devono vergognarsi,
nun cantu pi tri sordi o pi‟ piaciri, non canto per tre soldi o per piacere,
iu cantu picchì haju soccu diri. io canto perchè ho di che dire.
E dicu a tutti i fimmini du munnu: E dico a tutte le donne del mondo:
“Facitivilla bona la famiglia, “Fatevi una buona famiglia,
tinitivi pulita la cuscenza tenete pulita la coscienza
tincitila di rosa a vostra vita. tingetela di rosa la vostra vita.
A chiddi ca vi parlanu di Diu A quelli che vi parlano di Dio
diciticcillu ca vui ci criditi, diteglielo che voi ci credete,
ma „u „ne lu stissu Diu di patruna ma non è lo stesso Dio dei padroni
ma chiddu di la genti senza luna.” ma quello della gente senza luna.”
Si sti‟ paroli nun ti dannu paci Se queste parole non ti danno pace
e abbruscianu la menti e la sustanza e bruciano la mente e la sostanza
miseria ni sta terra ci „ne tanta, miseria nella terra ce ne tanta,
picchì? critichi la vuci mia chi canta. perchè? critichi la voci mia che canta.

Bellissimo canto nato dalla collaborazione di Lillo Catania con la Balistreri da cui
traspare parte della vita della Balistreri condannata dalla gente del suo paese per la sua
indipendenza ma anche l‟invito all‟emancipazione femminile con il consiglio a cambiare
abbigliamento, basta il nero, indossate vestiti colorati detto metaforicamente: colorate di rosa
la vostra vita, cioè un invito alle donne ad appropiarai del loro corpo, del loro futuro,
del loro destino.
Testi e partiture delle canzoni 405

UNU DU‟ E TRI UNO DUE E TRE


Lillo Catania
Unu, du e tri, nun si campa d‟accussi, Uno, due e tre, non si vive più così,
quattru, cincu e sei, nun canciati li banneri quattro, cinque e sei, non cambiate le
setti, ottu e novi, s‟un truvati li paroli bandiere, sette, otto e nove, se non trovate
vui mittitivi d‟impegnu le parole, voi mettetevi d‟impegno
c‟havi cadiri u guvernu. che deve cadere il governo.
Diputatu voli u votu? Deputato vuole il voto?
si scurdau du tirrimotu, si è scordato il terremoto,
nui mangiamu pani e sardi, noi mangiamo pane e sarde,
vi futtistivu i miliardi, vi siete fottuti i miliardi,
vi facistivu lu cuntu vi siete fatti il conto
di truvari a stessa genti di trovare la stessa gente
di truvari la „gnoranza di trovare l„ignoranza
pi inghirivi la panza. per riempirvi la pancia.
Unu, du e tri, nun si campa d‟acussi, Uno, due e tre, non si vive più così,
quattru, cincu e sei, nun canciati li banneri quattro, cinque e sei, non cambiate le
setti, ottu e novi, nun ci vonnu cchiù paroli bandiere sette, otto e nove, se non trovate
vui mittitivi d‟impegnu, le parole, voi mettetevi d‟impegno
c‟havi a cadiri u guvernu. che deve cadere il governo.
Sinaturi quali „mpegnu Senatore quale impegno
mantinistivu o guvernu, avete preso nel governo,
vi pigliastivu l‟appaltu avete preso l‟appalto
di la mangiaria a sbaffu, del mangiare a sbafo,
vi favistivu lu cuntu, vi siete fatti il conto
di truvari a stessa genti, di trovare la stessa gente,
di truvari picuruna, pi futtirivi i miliuna. di trovare pecoroni, per fottervi i milioni.
Unu, du e tri, nun si campa d‟acussi, Uno, due e tre, non si vive più così,
quattru, cincu e sei, nun canciati li banneri quattro, cinque e sei, non cambiate le
setti, ottu e novi, nun ci vonnu cchiù paroli bandiere, sette, otto e nove, se non trovate
vui mittitivi d‟impegnu le parole, voi mettetevi d‟impegno
c‟havi a cadiri u guvernu. che deve cadere il governo.
Altro canto inedito gradito alle feste dell‟Unità con tematica cara al partito comunista:
via il governo corrotto, giustizia sociale; da una parte la povera gente che mangia pane
e sarde dall‟altra i deputati imbroglioni e ladroni, così non va e deve cambiare il governo.
Il canto uscito dalla fervida fantasia di Lillo Catania ben si adatta alla voce della Balistreri,
ma soprattutto alla sua filosofia politica e di vita.
Testi e partiture delle canzoni 406
Testi e partiture delle canzoni 407
LA VIDDANEDDA LA VILLANELLA
U jornu mi „nni iva „ppi la chiana Un giorno me ne andavo per la piana
quannu „ncuntrai na bedda viddanedda quando incontrai una bella villanella,
quannu „ncuntrai na bedda viddanedda quando incontrai una bella villanella,
iva a pigghiari l‟acqua a la funtana. andava a prendere l'acqua alla fontana.
Iu mi avvicinai tuttu cuntenti Io mi avvicinai tutto contento
ci dissi figghia mia chi si baggiana le dissi figlia mia come sei luminosa,
ci dissi figghia mia chi si baggiana le dissi figlia mia come sei luminosa
ca ni la faccia mi pari la luna che nella faccia tu mi sembri la luna.
Ma idda un si fa parlari la preputenti Ma lei non si fa parlare la prepotente,
e mi tirau una bedda tumbulata e mi tirò un bello schiaffone,
e mi tirau una bedda tumbulata e mi tirò un bello schiaffone
ca nun ma scordu no pi tutta a vita. che non dimentico no, per tutta la vita.
Ma si la scontru „mezzu a li vadduna Ma se la incontro nel vallone
tutti li Santi ci fazzu chiamari tutti i santi le faccio chiamare.
tutti li Santi ci fazzu chiamari tutti i santi le faccio chiamare
a costu di la vita l‟haiu a vasari. a costo della vita la debbo baciare.
Testi e partiture delle canzoni 408

COM‟HAIU A FARI COME DEBBO FARE


CU STA LICATISA CON QUESTA LICATESE

Com‟haiu a fari cu sta licatisa, Come debbo fare con questa licatese
chi la matina m‟ivu a la so casa che la mattina sono andato a casa sua
e si „sta sira „nci la portu tisa e se questa sera non gliela ritorno
ci sunu i testimoni e mi v‟accusa. ci sono i testimoni e poi m‟accusa.
Vogliu cantari ca n‟haiu a ragiuni Voglio cantare perché ne ho ragione
pi „mmia un ci „nni fu cannaluari per me non c‟è stato mai carnevale,
e mi maritau p‟un vidiri guai mi son sposata per non vedere guai
e maritatu ccu tia vitti chiù „ssai e sposata con te ne ho visti di più.
Amici amici chi „n Palermu jti Amici, amici, che a Palermo andate
mi salutati dda bedda citati, salutatemi quella bella cittadina,
mi salutati li frati e l‟amici salutatemi i fratelli e gli amici
puru ddà vicchiaredda ed anche quella vecchietta
di me matri. di mia madre.
Buttana di to mà, ngalera sugnu Puttana di tua madre, in galera sono
ah senza fari un milèsimu di dannu ah! senza fare un millesimo di danno
ah quannu arristaru a mia ah! quanto mi hanno arrestato,
era „nnucenti. io ero innocente.
Ah era lu jornu di tutti li santi Ah! era il giorno di ognissanti
Ah tutti li amici me‟ ah! tutti i miei amici,
nfami e carogna infami e carogna
ah chiddu ca si mangiàu la castagna ah! maledetto il delatore
Tutti li amici me‟ cuntenti foru Tutti i miei amici son rimasti contenti
ah quannu ncarzareteddu ah! quando in carcere
mi purtaru mi portarono
Judici ca la liggi studiati Giudici, che la legge studiate
nun sapiti lu „nfernu unni si trova, non sapete l‟inferno dove si trova,
va jiti nni li vecchi carzarati andate dai vecchi carcerati
ca iddi vi nni ponnu dari nova; che loro possono darvi notizie;
Hannu a finiri sti vintinov‟anni, Debbon finire questi venti nove anni
ùnnici misi e vintinovi jorna undici mesi e ventinove giorni
Testi e partiture delle canzoni 409

CUVERNU „TALIANU GOVERNO ITALIANO


(anonimo)
Cuvernu 'talianu si veru buttanu Governo italiano sei un vero puttano
ci suca lu sangu a lu poveru omu. tu succhi il sangue al povero uomo.
Li tassi chi mendi su cosi trimenti Le tasse che mette son cose tremende
ci fannu arrizzari li spaddri a li genti. e fanno rizzare le spalle alla gente.
Ma semu ridutti comu l‟animi santi Ma siamo ridotti come le anime sante
na manu darreri e l‟autra davanti, una mano dietro e l‟altra davanti,
ma semu ridutti comu l‟animi santi ma siamo ridotti come le anime sante
na manu darreri e l‟autra davanti. una mano dietro e l‟altra davanti.
Cuvernu „talianu ti ringraziu Governo italiano ti ringrazio
ca pi pisciari nun si paga daziu perché per pisciare non si paga dazio
e chi pi fari na ca... ca... ca... cantata e per fare una ca… ca… ca… cantata
nun c'è bisognu di carta bullata. non c‟è bisogno di carta bollata.
Cuvernu „talianu ti ringraziu Governo italiano ti ringrazio
ca pi pisciari nun si paga daziu perché per pisciare non si paga dazio
e chi pi fari na ca... ca... ca... cantata e per fare una ca… ca… ca… cantata
nun c'è bisognu di carta bullata. non c‟è bisogno di carta bollata.
Testi e partiture delle canzoni 410

Questa canzone è stata portata alla ribalta del grande pubblico da Otello
Profazio ma risale al periodo delle prime rivolte socialiste in Sicilia nei
primi anni dell'unità d'Italia allorquando le tasse imposte dai piemontesi
furono percepite come vessatorie ed ingiuste ed uno dei modi oltre agli
scioperi per dissentire era quello di farci una canzone. Venne utilizzata dalla
Balistreri in molte feste dell‟Unità come pezzo forte che trovava ampi
consensi nel pubblico di sinistra.
Testi e partiture delle canzoni 411

BALLATA PI PEPPI FAVA BALLATA PER PEPPE FAVA


E per l‟ultima ammazzata E per l'ultima ammazzata
e per l‟ultima cunnanna che la mafia e per l'ultima condanna che la mafia
o putiri a Sicilia ci manna. al potere la Sicilia manda.
Oh sintinza studiata Oh sentenza studiata
ca la vita unn‟è scummissa perchè la vita non e una scommessa
quannu ammazzannu un nemicu quando ammazzano un nemico
a matina vannu a missa. la mattina vanno a messa.
Si sapiva che Peppi Fava era acerrimu Si sapeva che Peppe Fava era un
nemicu e fu giusta la sintinza acerrimo nemico e fu giusta la sentenza
se a Catania facia spicu. se a Catania si metteva in risalto.
Prima d'iddru cintinaia ci ni sunnu dintra Prima di lui centinaia ce ne sono dentro
i fossi, arristaru „nda memoria le tombe e son rimasti nella memoria
di cu campa e di cu morsi. di chi campa e di chi è morto.
Vi facissi u nomi e tutti sunn‟avissi Vi farei il nome di tutti se non avessi
u chiantu a gula pi ta terra ca ogni il pianto in gola per questa terra che
ghiornu perdi un figliu e resta sula. ogni giorno perde un figlio e resta sola.
Cuminciassi cu l‟Alongi cuntadinu Comincerei con L'Alongi contadino di
prizzitanu e cu Bernardinu Verru, Prizzi, e con Bernardino Verro, aveva
aviva u cori quantu un chianu, il cuore grande quanto una pianura,
cu La Torri e cu Chinnici abbracciati con La Torre e con Chinnici abbracciati
cu la gloria, ca pi seculi e pi seculi nella gloria che per secoli e per secoli
sunnu vivi e fannu storia. sono vivi e fanno storia
Pi Turiddu Carnivali, Panepintu Per Salvatore Carnevale, Panepinto
e Terranova e li figli senza patri e Terranova ed i figli senza padri
ammazzati cu la droga. ammazzati con la droga.
Sta Sicilia che è un‟isola puviredda Questa Sicilia che è un'isola povera in
„nmezzu u mari ma „nda un munnu mezzo al mare ma nel mondo per
p‟accattarla un c‟è oru e un c‟è dinari. comprarla non bastan oro né denari.
Peppi Fava ci cridiva e parlava Peppe Fava ci credeva e parlava con il
o popolinu, un c‟è terra comu a nostra, popolino non c'è terra come la nostra,
ci nasciu e ci caminu. qui son nato e qui cammino.
Na lupara ni dda notti c‟abbrusciau li Una lupara in quella notte gli bruciò le
pinni e l‟ali e nun sacciu se è miraculu penne e le ali e non so se è miracolo
siddu perdi e un po‟ vulari. se perde e non può volare.
La Sicilia e la Mafia diffirenti La Sicilia e la Mafia sono cose
su sti cosi, differenti pi natura differenti, per natura differenti
comu diri spini e rosi. come dire spine e rose.
Testi e partiture delle canzoni 412
Testi e partiture delle canzoni 413

LA CANZUNI DILL‟EMIGRANTI LA CANZONE DELL‟EMIGRANTE


(Otello Profazio)
Oh, chi spartenza dulurusa e amara! Ah, che partenza dolorosa e amara!
chiángiunu puru i petri di la via! piangono anche le pietre sulla strada!
chiángiunu l‟occhi mêi, fannu funtana... piangono i miei occhi, come una fontana…
chiángiunu ca si spàrtunu di tía! piangono perché si separano da te!
La navi 'nta lu portu si prepara... La nave dentro al porto si prepara...
‟spetta la me‟ partenza ura pe‟ ura... aspetta la mia partenza ora dopo ora...
cu li làgrimi tôi la navi vara... con le tue lacrime la nave parte...
cu li suspiri mêi si ferma n‟ura... con i miei sospiri si ferma un‟ora...
„Mèrica, chi ti vija arsa di fôcu! America, che ti vedevo bruciare di fuoco!
comu di fôcu fai „ddhumari a mia... come di fuoco fai accendere me...
ió partu, e lassu „stu felici lôcu, io parto e lascio questo felice luogo
ma lu me‟ cori resta „cca ccu tia... ma il mio cuore rimane insieme a te...
Partu, ca sù costrettu di partìri... Parto, perché sono costretto a partire...
ca non la pozzu cchiù „sta vita fari! perché non posso più fare questa vita!
li chianti, li lamenti e li suspiri i pianti, i lamenti e i sospiri
nun mi fannu di vui licenziari... non mi aiutano ad andare via da te...
„Mèrica, chi ti vija arsa di fôcu! America, che ti vedevo bruciare di fuoco!
comu di fôcu fai „ddhumari a mia... come di fuoco fai accendere me...
ió partu, e lassu „stu felici lôcu, io parto e lascio questo felice luogo
ma lu me‟ cori resta „cca ccu tia... ma il mio cuore rimane insieme a te...
Oh, chi spartenza dulurusa e amara! Ah, che partenza dolorosa e amara!
chiángiunu puru i pêtri di la via! piangono anche le pietre sulla strada!
chiángiunu l‟occhi mêi, fannu funtana... piangono i miei occhi, come una fontana…
chiángiunu ca si spàrtunu di tía! piangono perché si separano da te!
Ió partu, ma però „sta vita mia Io parto; non però la vita mia
si parti e si ndi vaci a la strania... si divide e se ne va verso l‟ignoto...
o mamma, binidìcimi li panni! oh mamma, benedici i miei vestiti!
ca staju partendu di li to‟ cumanni... perché mi allontano dai tuoi comandi...
O mamma, binidìcimi li panni! oh mamma, benedici i miei vestiti!
ca staju partendu di li to‟ cumanni... perché mi allontano dai tuoi comandi...
„Mèrica, chi ti vija arsa di fôcu! etc America, che ti vedevo bruciare di fuoco!
Canto d‟emigrazione: si denota il pianto e il dolore dell‟emigrante che lascia la sua
terra, la sua casa ma nello stesso tempo si evidenziano le speranze risposte nella nuova
terra d‟emigrazione, il ricordo straziante della mamma e dei cari per gli emigranti che
andavano nel nuovo continente, America del Nord o del Sud, e che spesso non
avrebbero rivisto più.
Testi e partiture delle canzoni 414

A ME VITA (Lillo Catania) LA MIA VITA


Quann‟era picciridda cu me patri Quand‟ero piccolina con mio padre
mi‟ni jva a fari spichi, me ne andavo a raccogliere spighe
e mi ricordu ca lu suvrastanti, ruffianu e mi ricordo che il sovrastante, ruffiano
du patruni, „ni mannava all‟istanti. del padrone, ci mandava all‟istante.
Patri miu! Ora ca ti putissi addifinniri, Padre mio! Ora che ti potrei difendere,
di pani ed acqua „chiù nun pò campari di pane ed acqua non puoi più vivere
e li gammuzzi mia chini di sangu, e le gambette mie piene di sangue,
nill‟occhi ti purtasti „o campusantu. negli occhi ti sei portato al camposanto.
Quann‟era picciridda m‟allisciava li capiddi Quand‟ero piccolina mi lisciava i capelli
a matri mia, e mi parlava di li cosi tinti, la madre mia, e mi parlava delle cose brutte
ca ponnu capitari, a li „nuccenti. che possono capitare, agli innocenti.
Figlia mia, lu sangu è sangu e nun si po‟ Figlia mia, il sangue è sangue e non si può
tradiri, ma l‟omu è tintu e nun si fa scupriri, tradire, ma l‟uomo è cattivo e non si fa
a spisi tua sulu po‟ „mparari scoprire, a spese tue solo puoi imparare
ca l‟omu è farsu „nsinu nill‟amuri. che egli è falso persino nell‟amore.
Crisciennu ni la vita mi trovai maritata Crescendo nella vita mi trovai sposata
a un tradituri, dudici aborti e cu figlia ranni, a un traditore, dodici aborti e una figlia
di corpu mi lassò „nmenzu la strata. grande, di colpo mi lasciò in mezzo la strada.
Matri mia! Lu sacciu matri chi vuliatu diri Madre mia! Lo so madre che volevi dire
ma sulu ora ti pozzu capiri, ma solo ora ti posso capire,
lu sacciu mi vuliatu sarvari lo so mi volevi salvare
ma a vita è chista e nun si pò scappari. ma la vita è questa e non si può scappare.
Di ferru su li cordi da chitarra ca m‟aiutanu Di ferro sono le corde della chitarra che
a cantari, mi fannu cantari contra i cosi storti, m‟aiutano a cantare, mi fan cantare contro le
li guai di la genti, contra tutti i prepotenti. cose storte, i guai della gente, contro tutti
Chitarra mia! Tu sula sai quantu aju chiantu, i prepotenti. Chitarra mia! Tu sola sai
ca l‟omu giustu m‟ha mancatu tantu, quanto ho pianto, perchè l‟uomo giusto mi è
tu sula si‟ l‟amanti, amica e patri, mancato tanto, tu sola sei l‟amante, amica e
tu sula ha la ducizza di „na matri. padre, tu sola hai la dolcezza di una madre.

Canto autobiografico: L‟autore Lillo Catania, avendo ascoltato dalla viva voce di Rosa
Balistreri la storia della prima parte della vita della cantante nel paese natio ha dipinto quei
momenti in una canzone dove Rosa si immerge nei ricordi di bambina mentre la mamma la
pettina e la mette in guardia dai brutti incontri, e gli sovviene in mente il ricordo del padre
con il quale andava, per sfamare la famiglia, a raccogliere le spighe rimaste a terra dopo la
mietitura e del sovrastante, ruffiano del padrone che caccia padre e figlia fuori dai campi
come fossero dei cani. Questi ricordi rimarranno indelebili nella mente di quella bimba e
riaffiorano dopo tanti anni, ora che è donna matura, con tutto il loro carico di dolore e
sopraffazione.
Testi e partiture delle canzoni 415

Ulteriori canzoni presenti in registrazioni audio o video di concerti


effettuati da Rosa Balistreri in tutta Italia

A livanti affaccia lu suli ………………………………….. pag 416-417


Canto della pesca del corallo……………………………… pag 418
Canto della pesca del tonno……………………………… pag 419
Cialoma (dalla ballata del sale)…………………………… pag 420-421
La Primavera …………………………………………….... pag 422
Mi nni vaiu nda la luna …………………………………… pag 423-424
Sebben che siamo donne…………………………………… pag 424-425
Uguaglianza …………………………………… pag 426
I briganti neri ………………………………………………. pag 427
Ahi partu e su custrittu di partiri ………………………… pag 427-428
Lucia, Lucia ……………………………………………….. pag 429-430
Mani manuzzi ……………………………………………… pag 431-432
Dumani è duminica ……………………………………….. pag 431-432
Tirapatà …………………………………………………… pag 432
Abballati, abballati, (Chiovu) …………………………… pag 433-434
Giuvani beddu …………………………………………… pag 433-434
C‟eranu tri surelli…………………………………………. pag 435
Testi e partiture delle canzoni 416

A LIVANTI AFFACCIA LU SULI A LEVANTE AFFACCIA IL SOLE


Assummata di lu corpu di la tunnara Venuta a galla del corpo della tonnara

A livanti affaccia lu suli A levante s‟affaccia il sole


ailamò, ailamò ailamò, ailamò
e lu Raisi cu li ciuri. e il Rais con i fiori.
ailamò, ailamò ailamò, ailamò
I capuvardia cumannaturi I capiguardia comandanti
i marinara guardaturi, i marinai sorveglianti.
i farati chi massuruna. gli arpionatori che sgobbano.
I muciari guardaturi. I barcaioli bricconi
mettunu u pisci sutta u bagnuni. mettono il pesce in coperta.
Dispinseri bon latruni, L‟oste briccone,
metti l‟acqua ad ammucciuni. aggiunge l‟acqua di nascosto
U furnaru bon latruni Il fornaio briccone
ca si leva lu pizzuluni che ci leva un pizzicotto.
u purtaru bon 'nfamuni Il portinaio infamone
ch‟arriporta a lu patruni. che riferisce al padrone.

“Corpus di musiche popolari siciliane”, 1957 Alberto Favara al n: 605


Testi e partiture delle canzoni 417

Il Favara riporta questa canzone tra le canzoni del mare col titolo “Assummata di lu
corpu di la tunnara” ovverossia “Venuta a galla del corpo della tonnara”.
La tonnara, un tempo diffusa in Sicilia, specie nel trapanese serviva alla cattura di interi
branchi di tonno che convogliati nelle varie camere formate dalle reti venivano spinti
fino alla camera della morte dove avveniva la mattanza dei tonni finiti nelle reti per
essere rivendute al mercato alle industrie conserviere A capo della pesca del tonno c‟è il
Rais o comandante cheda gli ordini ai tonnaroti. Il canto e le parole non hanno un senso
logico, serviva solo a scandire i tempi di lavoro della tonnara.. Il Rais intonava:
“A livanti s‟affaccia lu suli” e i tonnaroti rispondevano ainavò oppure ajlamò tirando le
reti o il tonno tutti insieme.
Questa canzone viene cantata dalla Balistreri nell‟operetta musicale “La ballata del sale”
Testi e partiture delle canzoni 418
CANTO DELLA PESCA
DEL CORALLO

Ohè Nicò, ohè Nicò


metti u curaddu russu coppa
u bascul.
Ohè Nidà, ohè Nidà
e vidi comu assuma lu currà.
Ohè Nidà, ohè Nidà
e comu sunnu belli i maccarruni
Ohè Nicò, ohè Nicò
metti u curaddu russu coppa
u bascul.
Ohè Nicò, ohè Nicò
e comu sunnu belli i maccarruni
Ohè Nidà, ohè Nidà
e vidi coma assuma lu currà.
Ohè Nicò, ohè Nicò metti
il corallo rosso nel cappello
Ohè Nidà, ohè Nidà
e vedi come aumenta il corallo
Ohè Nidà, ohè Nidà
e come sono buoni i maccarroni “Corpus di musiche popolari siciliane”, 1957
Alberto Favara al n: 580
Testi e partiture delle canzoni 419
CANTO DELLA PESCA DEL TONNO
Jamuninni cu Maria E andiamo con Maria,
e amola, e amola, e amola, e amola, e amola, e amola,
San Giuseppi „pi ncumpagnia con San Giuseppe in compagnia
e amola, e amola, e amola, (4 volte) e amola, e amola, e amola, (4 volte)
E lu tunnu è veru beddu Ed il tonno e veramente bello
e amola, e amola, e amola, e amola, e amola, e amola,
carricamulu stu vasceddu carichiamolo questo vascello
e amola, e amola, e amola, (4 volte) e amola, e amola, e amola, (4 volte)
E di Genova e Portufinu E di Genova e Portofino
e amola, e amola, e amola, e amola, e amola, e amola,
e Livornu signurinu e Livorno signorino
e amola, e amola, e amola, (4 volte) e amola, e amola, e amola, (4 volte)
E assumamula sta safina E tiriamola questa rete
e amola, e amola, e amola, e amola, e amola, e amola,
e sparamula sta tunnina e prendiamola questa tonnina
e amola, e amola, e amola, (4 volte) e amola, e amola, e amola, (4 volte) $

“Corpus di musiche
popolari siciliane”,
1957 al n: 607
Alberto Favara
Testi e partiture delle canzoni 420
CIALOMA dalla "Ballata del sale" CIALOMA dalla “Ballata del sale”
E li muschi di Scupeddu E le mosche di Scopello
ailamò, ailamò ailamò, ailamò
ca si tiranu lu vasceddu che si tirano il vascello
ailamò, ailamò ailamò, ailamò
n'acchianamu nni lu patruni e saliamo dal padrone
ailamò, ailamò ailamò, ailamò
n‟assittamu nni lu saluni ci sediamo in salotto
ailamò, ailamò ailamò, ailamò
'aspittamu lu patruni aspettiamo il padrone
ca li beddi dinari nni duna che ci dà i bei denari
ailamò, ailamò ailamò, ailamò.
Poi di cazza (1) e porta l „allocu Poi di cazza e portatelo di là
ailamò, ailamò ailamò e ailamò
megghiu lu piru ca lu varcocu meglio il pero dell'albicocco
ailamò, ailamò ailamò, ailamò.
ai li cazza e l' arripigglia ahi li cazza e riprendila
ailamò, ailamò ailamò, ailamò.
prima la matri e poi la figghia prima la mamma e poi la figlia
ailamò, ailamò. ailamò, ailamò.
1) cazza dal verbo Cazzare: è il termine marinaresco che significa tesare una vela.

“Corpus di musiche
popolari siciliane”,
1957 al n: 600
Alberto Favara
Testi e partiture delle canzoni 421
Testi e partiture delle canzoni 422

LA PRIMAVERA LA PRIMAVERA

La prima, la primavera vinni, La primavera è venuta,


caudu ca si misi a fari caldo sta facendo,
vaiu circannu l‟ummira, vado in cerca di ombra,
vaiu circannu l‟ummira vado in cerca di ombra
e nun la pozzu asciari. e non la posso trovare.
E di luntanu e di luntanu vitti E di lontano, di lontano ho visto
ora caddi na rama che è caduto un ramo
idda facia l‟ummira, questo faceva ombra,
idda facia l‟ummira e ia m‟arriparava. questo faceva ombra e io mi riparavo.
E iu ci addumannu un favuri Ed io gli chiesi un favore
ed iu ci addumannai, ed io gli chiesi,
ciatu ch‟aiu n‟cori, con tutto il fiato che ho in cuore,
rama dammi na pampina, ramo, dammi una foglia,
rama dammi na pampina, ramo, dammi una foglia,
m‟asciucu li suduri. con questa mi asciugo il sudore.
Ed iddra ed iddra m‟arrispunni Ed esso, esso mi risponde
cu sti duci paroli con queste dolci parole
pampina un ti nni dugnu, foglia non te ne do,
pampina un ti nni dugnu, foglia non te ne do,
ti dugnu lu me cori. ti do il mio cuore.
Ed iddra ed iddra m‟arrispunni Ed esso, esso mi rispose
cu sti duci paroli con queste dolci parole
pampina un ti nni dugnu, foglia non te ne do,
pampina un ti nni dugnu, foglia non te ne do,
ti dugnu lu me cori. ti do il mio cuore.
Testi e partiture delle canzoni 423

MI NNI VAIU „NDA LA LUNA ME NE VADO SULLA LUNA

Vi salutu cari amici, Vi saluto cari amici,


vaiu „ncerca di furtuna, vado in cerca di fortuna,
haiu pronti li valigi, ho già pronte le valigie,
mi nni vaiu „nda la luna. me ne vado sulla luna.
„Nda la luna, nda la luna, Sulla luna, sulla luna,
„nda la luna si travaglia, sulla luna si lavora,
nun c‟è nuddu ca sbadiglia non c‟è alcuno che sbadiglia
e i dinari fazzu ciù. e faccio più denari.
Cianciu quannu tuttu cianci Piango quando tutto piange
di la bedda terra mia della terra mia
ma su tutti poesia ma son tutte poesie
e li fazzu pazziari. e li faccio divertire.
Nda la luna, nda la luna, Sulla luna, sulla luna,
nda la luna si travaglia, sulla luna si lavora,
un ci sunu sti latruna non ci sono questi ladroni
unn‟esisti la cunnanna. non esiste la condanna.
Nun ci suunu li rignanti, non ci sono i regnanti,
nun ci sunnu li ministri, non ci sono i ministri,
un c‟è carta né registri, non c‟è carta né registri,
tutti uguali semu „drà. tutti uguali siamo là.
Semu dra tutti patruna Siamo lì tutti padroni
pirchì è libbera la terra, perché è libera la terra,
nun c‟è nuddu ca fa guerra non c‟è alcuno che fa guerra
c‟è la vera libbertà. c‟è la vera libertà.

L‟unica canzone con un ritmo moderno: cha cha cha; la canzone, cantata in molte feste
dell‟Unità, ripercorre la tematica cara alla sinistra, niente più re, ministri, niente padroni
e ladroni, siamo tutti uguali, ma dove trovare questo posto? La risposta è “Me ne vado
sulla luna” dove l‟uguaglianza domina, né padroni né lavoratori, senza guerre e dove c‟è
la vera libertà. E‟ stata cantata da molti artisti tra i quali spicca l‟interpretazione di
Cuccio Busacca.
Testi e partiture delle canzoni 424

SEBBEN CHE SIAMO DONNE


Sebben che siamo donne
Sebben che siamo donne paura non abbiamo,
paura non abbiamo, per amor dei nostri figli, per amor
abbiam delle belle buone lingue dei nostri figli.
abbiam delle belle buone lingue. Sebben che siamo donne paura non
Sebben che siamo donne abbiamo, per amor dei nostri figli
paura non abbiamo in lega ci mettiamo.
abbiam delle belle buone lingue
e ben ci difendiamo. E la libertà non viene perché non c‟è
A oilì oilì oilà e la lega crescerà l‟unione, crumiri col padrone,
e noi altri lavoratori, crumiri col padrone; e la libertà non
e noi altri lavoratori, ah oilì oilì oilà viene perché non c‟è l‟unione.
e la lega crescerà e noialtri lavoratori crumiri col padrone
vogliam la libertà. son tutti da ammazzar.
Testi e partiture delle canzoni 425

Copertina del doppio LP “Storia del partito


comunista disegnata da Renato Guttuso

Il rapporto tra Rosa e il partito comunista è strettissimo, vedi capitolo Rosa e la politica.
Rosa cantò in molte feste dell‟Unità ed incise alcune canzoni del repertorio di protesta
della sinistra. Tra queste c‟è la canzone i “Briganti neri”, Uguaglianza, e “Sebben che
siamo donne”. Tutte e tre canzoni sono in italiano e sono molto famose nell‟ambito
della sinistra di una volta in cui il partito comunista era all‟opposizione e convogliava
tutta la protesta dei contadini, dei lavoratori mentre l‟Italia era governata dalla
Democrazia Cristiana. Le tre canzoni sono presenti nel doppio LP: “Storia del partito
comunista”, 1973 insieme ai cantautori della sinistra quali Ivan della Mea, Mikis
Theodorakis ed altri.
Testi e partiture delle canzoni 426
UGUAGLIANZA uguali davanti a chi,
Ti ho visto lì per terra uguali perché e per chi.
al sole del cantiere E‟ comodo per voi
le braccia, le gambe rotte dal dolore; dire che siamo uguali
il giovin che eri matto davanti a una giustizia partigiana,
ha ringraziato poi la tua pazzia. cos‟è questa giustizia
Ti ho visto un sol momento se non la vostra guardia quotidiana.
poi ti han coperto il viso, Ci dicono siete uguali,
la giacca del padrone ma io vorrei sapere
che ti ha ucciso, uguali davanti a chi,
t‟hanno nascosto subito, uguali perché e per chi.
eri per loro ormai E‟ comodo per voi che avete in mano tutto
da buttar via. dire che siamo uguali
Ci dicono siete uguali, è un Dio che è tutto vostro,
ma io vorrei sapere è un Dio che non accetto e non conosco.
Testi e partiture delle canzoni 427

I BRIGANTI NERI
E quei briganti neri mi hanno arrestato /
in una cella scura m‟hanno portato.
Mamma non devi piangere per la mia triste sorte
piuttosto di parlare vado alla morte.

AHI PARTU E SU AHI PARTO E SON


CUSTRITTU DI PARTIRI, COSTRETTOA PARTIRE

Ahi! partu e su custrittu di partiri, Ahi parto e son costretto a partire,


ciatu ti lassu stu cori custanti. anima mia, ti lascio questo cuore costante.
Ahi partu e su custrittu di partiri, Ahi parto e son costretto a partire,
ciatu ti lassu stu cori custanti anima mia, ti lascio questo cuore costante.
ohi nella tò noh! ohi nella tò nah! na ohi nella tò noh! ohi nella tò nah! na
Ahi! ti lu lassu e nun mi l‟ha tradiri, Ahi ti lascio e non me lo devi tradire,
un fari ca lu figghiu ha n‟autru amanti. non fare che il figlio ha un altro amante.
Ahi! ti lu lassu e nun mi l‟ha tradiri, Ahi ti lascio e non me lo devi tradire,
un fari ca lu figghiu ha n‟autru amanti. non fare che il figlio ha un altro amante.
ohi nella tò noh! ohi nella tò nah! na ohi nella tò noh! ohi nella tò nah! na

Ritroviamo questa canzone nel vinile “Ci ragiono e canto”. In “Eco di Sicilia” il Frontini
scrive la partitura. Fa parte delle canzoni di emigrazioni dove si denota la tristezza
comune a chi deve lasciare l‟amata, i suoi figli e la sua casa.
Testi e partiture delle canzoni 428

Canzuna di carritteri “Eco di Sicilia, 1893, Ricordi, Francesco Paolo Frontini al n: 2.


Testi e partiture delle canzoni 429

LUCIA, LUCIA LUCIA, LUCIA

Lucia, Lucia, chi c‟hai Lucia, Lucia, Lucia, cosa hai Lucia,
sunnu tri notti ca patu cu st‟occhi; sono tre notti che soffro per questi occhi;
ti li copri chi finocchi, te li copri con i finocchi,
ti li frichi supra l‟occhi li strofini sopra gli occhi
e lu mali dunni vinni sinni va. ed il male da dove è venuto se ne andrà.
N‟tra na camera c‟è Lucia, Nella camera c‟è Lucia
n‟tra na camera c‟è Lucia. nella camera c‟è Lucia.
Campanedda nanna nanna Campanella nanna nanna
e c‟è l‟Angilu chi la sona, e c‟è l‟Angelo che la suona,
Sarvaturi chi la canta, Salvatore che la canta,
unni s‟assettanu li Santi dove si siedono i Santi
e li Santi su rosi e sciuri ed i Santi sono rose e fiori
unni s‟assetta nostru Signuri. dove si siede nostro Signore
Nostru Signuri ha lu muntiaffari Nostro Signore ha molto da fare
pi sunari li tri campani, per suonare le tre campane,
tri campani su sunati tre campane son suonate
viva viva la Trinitati. viva viva la Trinità.
Trinitati dintra u cummentu Trinità dentro ad un convento
viva viva lu Sacramentu, viva viva il Sacramento,
Sacramentu a la Badia viva viva Sacramento a la Badia viva Rosalia,
Rusulia, Rusulia palermitana Rosalia palermitana
acchiana e scinna da la funtana sale e scende dalla fontana
e truvau un bellu figliolu e trovò un bel figliolo
tuttu vistutu d‟argentu e d‟oru; tutto vestito d‟argento e d‟oro;
ci mancava la cammisedda gli mancava la camicina
faccilla tu Mariuzza bedda, fagliela tu Mariuccia bella,
ci la vogliu arraccamari, gliela voglio ricamare,
ci la vogliu arrigalari. gliela voglio regalare,
ca s‟annunca quannu è festa perche allora, quando è festa
setti balati supra la testa, sette balate sopra la testa.
Divertente filastrocca senza alcun significato specifico, ma con l‟unico intento
ludico; l‟inizio di una strofa si rifà all‟ultima parola pronunciata nella strofa
precedente risultando così una concatenazione fonetica ma non logica, fatta solo per
divertimento. Le figure che appaiono sono religiose: Santa Lucia, La Trinità, il
Signore, la Madonna ad indicare che nei bambini v‟è una forte religiosità.
Testi e partiture delle canzoni 430
Testi e partiture delle canzoni 431

MANU MANUZZI CHE VENI PAPA‟ MANI MANINE CHE VIENE PAPA‟
Filastrocca
Mani manuzzi ca veni papà, Mani, manine che viene papà,
porta i cosi e sinni va, porta tante cose e se ne va,
porta mennuli e nuciddi, porta mandorle e noccioline,
pi ghiucari li picciriddi, per far giocare i piccolini,
porta mennuli e fasoli, porta mandorle e fagioli,
pi li matri e li figghioli. per la madre e i figlioli.

DUMANI E‟ DUMINICA DOMANI E‟ DOMENICA


Dumani è duminica, Domani è domenica
tagliamu la testa a Minica, tagliamo la testa a Domenica,
Minica un c'è, Domenica non c‟è,
tagliamu la testa o re, tagliamo la testa al re,
u re è malatu , il re è malato,
la tagliamu a lu surdatu, tagliamo la testa al soldato,
lu surdatu è alla guerra il soldato è in guerra
n'assittamu cu culu 'nterra. ci sediamo col sedere a terra.

“Raccolta amplissima di canti popolari


siciliani”, 1870 Lionardo Vigo al n: 2293

“Canti siciliani 2 volume 1870,


Giuseppe Pitrè”, al n: 1043

Antichissime filastrocche per bambini, che ancora oggi si possono ascoltare in


qualche cortile di paese. Le filastrocche sono un patrimonio culturale presente in
ogni nazione, spesso sono un‟insieme disordinato di parole, frutto spesso di rime
baciate e senza alcun significato, che venivano recitate come accompagnamento
ritmico mentre si saltava e si giocava. Lo scopo era il puro divertimento fonetico.
Testi e partiture delle canzoni 432
Testi e partiture delle canzoni 433
ABBALLATI (Chiovu) ABBALLATI
Abballati, abballati! Ballate, ballate!
fimmini schetti e maritati; donne nubili e sposate;
e s'un abballati bonu, e se non ballate bene,
mancu vi cantu e mancu vi sonu. non vi canto e nemmeno vi suono.
Sciù! sciù! sciù! Sciù! sciù! sciù!
quantu fimmini chi ci sù! quante femmine che ci sono!
Sciù! sciù! sciù! Sciù! sciù! sciù!
quantu masculi chi ci sù! quanti uomini che ci sono!
Ci nn'è quattru scafazzati, Ce ne son quattro schiacciati,
ni facemu cu' 'i patati; ce li facciamo con le patate;
ci nn'è quattru ammaccateddi, ce ne son quattro ammaccatelli,
ni facemu cu' 'i piseddi ce li facciamo con i piselli.

“Corpus di musiche
popolari siciliane,
1957, al n 740
Alberto Favara

GIUVANI BEDDU GIOVANE BELLO


Giuvani beddu, longu e dilicatu Giovane bello, lungo e delicato
pirchì nun ci passasti perché non sei passato
ma di nni mia, ah ah oh ah! da me, ah ah oh
Nun c'ha passatu ca „ha statu malatu Non ci sei passato perché sei stato malato
e pi nun dari sta gran pena a tia. e per non dare questa gran pena a te.
Comu mi lassi e ti nni vai Come mi lasci e te ne vai?
ora cu li cunorta li peni mia ora chi li conforta le mie pene.

“Raccolta amplissima di canti


popolari siciliani” 1870 Lionardo
Vigo al n 653

La canzone “Giuvani beddu e dilicatu” è stata inserita dal maestro Mario Modestini
nell‟operetta musicale “Ballata del sale” nella quale Rosa Balistreri riveste un ruolo da
protagonista Raisi Rosa.
Testi e partiture delle canzoni 434
Testi e partiture delle canzoni 435
C'ERANU TRI SURELLI C'ERANO TRE SORELLE

C‟eranu tri surelli, c'eranu tri surelli C'erano tre sorelle, c'erano tre sorelle
chi ghivanu a navigà, che andavano a navigare,
la soru la chiù nica l‟anellu ci ha a cascà, alla sorella più piccola l'anello cascò in
l‟anellu ci ha cascatu „e menzu di lu mar. mare, alla sorella più piccola l'anello
E isa l'occhi 'ncelu e isa l'occhi 'ncelu cascò in mare. Ed alza gli occhi in cielo
e vitti un piscatùri. e alza gli occhi in cielo, vide un pescatore.
O piscatùri di l‟unna tu veni a piscà ccà, O pescatore dell'onda vieni a pescare qua,
si pischirai l'anellu ti vogghiu arrialà. se pescherai l‟anello, ti farò un regalo.
Ti dugnu centu scudi, ti dugnu centu scudi, Ti darò cento scudi, ti darò cento scudi
„na borza arraccamà; nun vogghiu centu e una borsa ricamata; non voglio cento
scudi nè burza arraccamà. scudi né borsa ricamata. Voglio un bacio
Vogghiu un baciu d‟amuri si mi lu vòi dà. d‟amore se tu me lo vuoi dare.
Vattini tu briccuni, vattini tu briccuni Vattene briccone, vattene bricccone
va 'mparati a parlà, impara a parlare, se lo sanno i miei
si 'u sannu i me fratelli ti farianu 'mpiccà, fratelli ti faranno impiccare, se lo sanno
si 'u sannu i me fratelli ti farianu 'mpiccà. i miei fratelli ti faranno impiccare.

“Corpus di musiche popolari siciliane”, 1957 al n: 502 Alberto Favara


436
LE DEDICHE A ROSA BALISTRERI

Questo capitolo è dedicato alle dediche che scrittori famosi e scrittori


meno importanti hanno scritto sui libri regalati a Rosa Balistreri e che sono
raccolti nella donazione “Rosa Balistreri” presso la biblioteca comunale di
Licata.
L‟importanza di queste dediche sta nel fatto che di per se stesse sono un
documento dell‟amicizia e degli ottimi rapporti personali tra gli scrittori in
questione e la cantante licatese, infatti vi sono dediche impersonali in cui
lo scrittore mette la sola firma in un suo libro allorchè questo viene
presentato al pubblico, nel caso di una stretta amicizia lo scrittore inserisce
alcuni pensieri che a volte sintetizzano la personalità di chi riceve il libro, a
volte esprimono un‟emozione, uno stato d‟animo finendo per potersi
definire uno speciale conciso epistolario tra chi scrive il libro e la persona a
cui è regalata una copia. Sono queste emozioni che porgo al lettore di
questo libro
“Lu trenu di lu suli”, di Ignazio Buttitta,
introduzione di Leonardo Sciascia, edizioni
Avanti!, Milano 1963
“A Rosa c‟adduma lu focu e sinni va, e
nautri semu tutti pruvuli: abbrusciamu”
( Ignazio Buttitta)

“Io faccio il poeta” di Buttitta Ignazio, Feltrinelli,


1972 Premio Viareggio “A Rosa ca cadiu nterra
e nuddu a vitti cadiri, si nn‟acchianò ncelu e
tutti a vittiru” (Ignazio Buttitta) Napoli 15/9/972

“Pietre nere”,di Ignazio Buttitta,


Editore Feltrinelli, Milano 1983
“A Rosa pi chiddu che duna a so
terra cu a vuci e u cori “(Buttitta
Ignazio) 16/05/1983
Le dediche a Rosa Balistreri 437
“La piccola valle di Alì”, di Giuseppe Battaglia, 1972, Editore S. F. Flaccovio (Palermo)
A Rosa 01/05/974, Villafrati “Nda li terri persi: la vitti; tanti voti nda li me campagni
pinsava a lu so focu a lu cocciu di …. di la so vuci, a tutti li voti c‟amai li so vrazza jsati e
lu duluri di li so manu.”
“Rosa, maidda di crisciuti unni s‟impastanu li megliu sciuri. Rosa sapuri di massarii e li
fimmini ca cantanu nda lu bagghiu e cusunu li vistini di mullittuni. Rosa chiantu di
puzzi nda la campagna, Rosa t‟abbrazzu e ti vasu” sempre tuo (Giuseppe Battaglia)

13 luglio 1985“Villa Eumenidi - L'Orestea di Gibellina da Eschilo” di Isgrò Emilio,


Feltrinelli 1985 “A Rosa Balistreri voce della Sicilia antica, canto del futuro” (Emilio Isgrò)
Ghibellina “A Luca Torregrossa il marinaio che viene da lontano e va lontano” (Emilio
Isgrò) Gibellina, 13 luglio 1985
“Irene della Collina” di Giuseppe
Tripolino, Editrice Dellanca
“Un giorno osservando attento il
panorama grandioso della nostra
Palermo, udii lontano la voce di Rosa
Balistreri, per un momento mi chiesi da
dove venisse, poi capii che veniva dalle
case, dalla terra, dal mare. Auguro a
tutti una sensazione tanto bella come
quella provata da me e ti dico “Grazie
Rosa” continua a cantare la nostra terra
che è la più bella del mondo”. Il tuo
ammiratore ed amico “Beppe Tripolino”
Le dediche a Rosa Balistreri 438

“Poesie” di Bruno Vilar


“Cara Rosa, la tua casa è un‟isola con
giorni di mare, parla del tuo cuore a
questa voce di poeta”.
Il mio affetto e gli auguri più belli per il
tuo compleanno (Bruno Vilar)

“Omaggio a Gramsci” di Levita Guerino,


(Poesie). Editrice Cultura, Firenze 1973
“A Rosa - Possa divenire l‟inizio di un
incendio la tua voce” (Guerino Levita)

“Feste religiose in Sicilia” di Leonardo


Sciascia “A Rosa Balistreri con gli
auguri di Leonardo Sciascia”

“Ora dispari nona” di Pino Valenti,


Edizione Delfino, Napoli
“Alla mia cara dolcissima Rosa, unica
ineguagliabile interprete delle mie canzoni
con tanta sicula amicizia”
(Pino Valenti), gennaio 1974

“Isula” di Maria Emanuele Alioto


“Alla magnifica artista Rosa Balistreri,
anima della nostra terra, con sincera
stima e grande amicizia”
(Maria Emanuele Alioto) Palermo 1984
Le dediche a Rosa Balistreri 439

“Usi e costumi del popolo siciliano” (Giuseppe


Pitrè) a cura di Giuseppe Lisi. 1971, Cappelli
(Bologna)
“A Rosa , cori di lu me cori, anticu amuri”..

“Perché i Consultori”, Vincenzo Borruso


Editore Ila Palma, Collana Educazione e
Medicina, Palermo, 1980
“A Rosa Balistreri che ha illustrato la
Sicilia con il sentimento, il sacrificio , il
canto, con devozione ammirazione ed
amore” Vincenzo Borruso 12/ 09/80

“Casa museo Palazzolo Acreide” di


Antonino Uccello, 1972 .
Il tuo primo regalo di questo Natale
“A Rosa il tuo più grande ammiratore ma
che non ti può ascoltare a lungo perché mi
viene un nodo alla gola”
tuo Antonino Uccello

“Lettere a Titta”, Vincenzo Borruso,


Editore Ila Palma
“A Rosa Balistreri, la donna che ho
amato… la mia terra siciliana “
(Vincenzo Borruso ), aprile 1981

“Il pazzo e il suo grillo” di Anna Cartia


Buongiorno
“A Rosa Balistreri l‟artista più vera e
l‟amica più cara” Palermo, marzo 1973
(Anna Cartia Buongiorno)
440

ROSA POETESSA

Rovistando tra le carte di Rosa che ha lasciato alla biblioteca comunale


ho ritrovato delle poesie scritte di Rosa Balistreri, forse per farne delle
canzoni, sicuramente Rosa ne ha scritte tante, ho trovate solo queste e le
pongo all‟attenzione del lettore, perché ritengo che Rosa Balistreri oltre che
artista cantante la si può definire anche poetessa; considerando in premessa
che Rosa non frequentò alcuna scuola e che imparò a leggere e a scrivere da
grande posso affermare con certezza che le poesie scritte da Lei e riportate
nelle seguenti pagine sono di una bellezza lirica eccezionale, uscite dal
cuore di una madre (Poesia a Luca) o di una attivista di partito (Quando lo
sciopero è gia compatto).
Per meglio apprezzare le poesie riporto l‟originale.

A Luca A Luca

Nicu, ciuriddu crisciutu p‟amari Piccolo, fiorellino cresciuto per amare


Dimmi: - Pirchì dimmi: - Perché
mi trasìsti 'ntr‟‟a lu cori mi sei entrato dentro al cuore
ca t'haju crìsciutu giacchè t‟ho cresciuto
'n menzu di lì ciuri, in mezzo ai fiori
„n menzu li rosi russi e lì violi. in mezzo alle rose rosse e alle viole.
Mancu di l‟acqua ti fazzu tuccari nemmeno dall‟acqua ti faccio toccare,
ca puru d'idda provu gilusìa, perchè pure di essa provo gelosia
e si ti manca l'acqua pi bivirì e se ti manca l‟acqua per bere
ti dugnu lu sangu miu di li vini, ti do il mio sangue dalle vene,
e si ti manca pani pi' manciari e se ti manca pane per mangiare
cu‟ la me‟ carni ti fazzu saziari, con la mia carne ti faccio saziare,
e siddu senti friddu l'arma tua e se per caso sente freddo la tua anima
ti dugnu l'ossa di la vita mia, ti do le ossa della vita mia,
lu lettu ti lu conzu cu' li ciuri il letto te lo adorno con i fiori
e pi‟ cuscinu ti dugnu 'stu cori e per cuscino ti do questo cuore
Rosa Balistreri

Bellissima poesia dedicata al nipote Luca, che ha allevato come un figlio.


441

DIU MI FICI…

Diu! mi facisti li pedi „pi caminari,


e mi jttasti supr‟a „na strata
china di petri… li scarpi
si spirtusaru e l‟ossa si spardaru
…. e ancora caminu.
Diu! mi facisti li manu p‟accarizzari
un picciriddu senza patri,
picchì li manu mi sirveru
p‟ammazzallu e arrubbaricci lu pani.
Diu! mi dèsi la vuci e la parola
„pi cantari li cumannamenti
e prijari a tia e la tò liggi
e nun vasari comu Giuda.
Diu! mi facisti l‟occhi nivuri e lucenti
Tosti e duci, sicuri e amari.
Su mill‟anni ca li tegnu „nchiusi
p‟un vidiri l‟omu mentri mori.
DIO MI FECE
Dio! mi hai fatto i piedi per
camminare, e mi hai gettato
su una strada piena di pietre…
le scarpe si son bucate
e le ossa si sono consumate
… ed ancora cammino.
Dio mi ha fatto le mani per accarezzare
un bambino senza padre,
perché le mano mi son servite Questa poesia inviatami da Felice Liotti
per ammazzarlo e rubargli il pane. con dedica della Balistreri con tutto il suo
Dio! mi ha dato la voce e la parola affetto, l‟ho ritrovata anche tra le carte
per cantare i comandamenti lasciate da Rosa alla biblioteca di Licata
e pregare Te e la tua legge con qualche piccola variazione,
è intrisa di profondo spirito religioso
e non baciare come Giuda.
e di una straordinaria consapevolezza della
Dio mi ha fatto gli occhi neri e lucenti,
cattiveria umana. La scrittura sovrastante
forti e dolci, sicuri e amari. è di Felice Liotti sotto dettatura di Rosa.
Sono mille anni che li tengo chiusi La dedica è autentica e firmata da Rosa.
per non vedere l‟uomo mentre muore.
442

LA VITA E‟ COM‟UN CIURI LA VITA E‟ COME UN FIORE

La vita è com‟un ciuri La vita è come un fiore


spunta, crisci e mori. spunta cresce e muore.
E‟ liggi di natura, amuri miu E‟ legge di natura, amore mio
la fici un sulu Judici Divinu. la fece un solo Giudice Divino.
Ascutami, prima ca mori un ciuri Ascoltami, prima che muore un fiore
nascinu milli ciuri, nicuzzu miu nascono mille fiori, piccolino mio;
lu jocu di la vita e di l‟amuri. è il gioco della vita e dell‟amore.
Amuri tu mi rridi e mi talji, Amore, tu mi ridi e mi guardi,
comu „na farfalletta scappi e voli come una farfalletta scappi e voli
e vò aggarrari li stiddi, lu venti e lu suli. e vuoi prendere le stelle, il vento ed il sole.
Ma tu hai l‟aluzzi priziusi e fini, Ma tu ha le ali preziosi e fini
cerca lu meli supra li ciuri, cerca il miele sopra i fiori,
li spini puncinu lu cori le spine pungono il cuore
lu ciumi lava l‟arma e li pinzeri il fiume la va l‟anima e i pensieri
li ciuri dunanu lu duci di lu meli i fiori donano il dolce del miele
a tia, armuzza nuda, tu dugnu lu mè cori, a te, anima nuda, ti do il mio cuore.

ME‟ MATRI MIA MADRE


E‟ comu n‟arvulu carricatu di pampini, E‟ come un albero carico di foglie,
è comu lu ventu chi camina silinziusu, è come il vento che cammina silenzioso,
è comu lu cantu duci di l‟aceddi, è come il canto dolc e degli uccelli,
è comu lu girsuminu chi profuma l‟aria è come il gelsomino che profuma l‟aria
è comu lu suli ca spunta all‟arba, è come il sole che spunta all‟alba.
è comu „na picciridda cu‟ la stistuzza janca!
è ome una bambina con la testa bianca
Così è mia madre: grande grande e
Accussì è mè matri:granni granni e nica nica,
na vota allegra, na vota stanca. piccola piccola, una volta allegra, a volte
E p‟un diri ch‟avi sittant‟anni, stanca. E per non dire che ha settant‟anni
mi dici ca è me figghia, la nica nica. mi dice che è mia figlia, la piccolina.
Ju m‟abbrazzu la so tistuzza janca Io mi abbraccio la sua testa bianca
e cci cantu: - Oh picciridda e le canto: - O piccolina
tu si lu ciatu di chist‟arma; tu sei l‟anima della mia anima;
Dormi, figghiuzza mia, facci d‟aranciu, Dormi, figlia mia, faccia d‟arancio
ca mancu p‟un tisoru iu ti canciu. che nemmeno per un tesoro io ti cambio.
Tu si l‟arbulu di la vita, Tu sei l‟albero della vita,
e chist‟è me matri, questa è mia madre,
ch‟aiu ancora nutrica tutt‟ora mia nutrice.
443

“PARRAMU N‟ANTICCHIA”

“Diu, ca prima mi dasti


ed ora mi levi lu curaggiu
e mi voti li spaddi.
S‟è veru ca cci si,
scinni e veni a tavulinu
pi‟ fari „n toccu
c‟un bicchieri di vinu russu.
Dimmillu, pirchì, Tu, mai ti fai vidiri?
e ti stai „ntr‟o tò jardinu
chinu di ciuri e pampini…
iu ancora aspettu „cca!
Nuddu m‟ascuta,
e allura a cu l‟ha‟ cuntari
chiddu ca provu e viju!
Si tu ci si daveru
dimmillu unni ti trovi
nun mi lassari sulu a lu caminu.
Dimmi cu ti vattiau e ti desi lu nomu
“Diu divinu” e Spiritu binignu
Nun si vidi comu squagghiu
a picca a picca
e abbrusciu
comu‟un vecchiu lignu!
Scinni Spiritu Santu
si tu nun godi di lu me turmentu”
Bellissima poesia scritta dalla Balistreri come
dimostra la copia con dedica a Felice Liotti ed
alla moglie Lia con argomento religioso.
Dio non è visto lontano, anzi lo si invita a
scendere da lassù per bere un bicchiere di vino
rosso. Si denota l‟angoscia di una persona
sfiduciata e abbandonata, che chiede aiuto
“Nun mi lassari sulu a lu caminu”, di una
persona piena di dubbi ed in cerca di risposte,
di certo non un‟atea, come qualcuno ha voluto
descriverla.
La scrittura a lato è di Felice Liotti sotto
dettatura di Rosa. La dedica è autentica e
firmata da Rosa.
Rosa poetessa 444

Quando lo sciopero è già compatto


ecco gli aggenti le camionetti
chi lia mantati sono i Patroni
la nostra lotta vogliono spezzar
i Pugni in faccia i calci al ventre
non danno treguo son dei fascisti
giù come ossessi ti danno addosso
ti portan dentro senza pietà
insieme a noi una compagna
a quattro figli li manta a casa
se ai famiglia vai al lavoro
perchè ti metti a scioperare
anche per loro o scioperato
non siamo schiavi abbiam ragioni
mi tenea pure prigione
Si stai lintentro come bantiti
firma cua sopra
se ti va bene esci in serata
se ti va male vai in tribunale
la nostra rabbia non per questo
e che al governo ci son compagni
cambierà tutto ti…. Detto
ora mi dicono non scioperar
non scioperare tira la cinghia
porta pazienza non sopportare
dicono questo anche i Patroni
va bene alloro ma non a me
anno mantato la polizia
perché ti vogliono chiuder la bocca
contro il governo che e dei Patroni
forza compagni scientiamo in lotta
Rosa Balistreri

(n.d.a.) è stato riportato il testo, così come


scritto da Rosa con tutti gli errori
grammaticali, per essere fedeli alla copia
manoscritta presente alla destra.
E‟ una poesia scritta da Rosa che doveva servire da testo per una canzone.
Si denota l‟indottrinamento avuto dagli ambienti di sinistra che frequentava.
445

CANZONI SCRITTE PER ROSA BALISTRERI DA VARI AUTORI


Riporto qui sotto altri testi di cantautori ritrovati tra le carte di Rosa
Balistreri, da costoro lasciati a Rosa, anche con la partitura, per farle
visionare a Rosa per una probabile inclusione tra i suoi canti.
Cantannu iu vi voghiu parrari Cantando vi voglio parlare
pi li braccianti e pi li iurnateri; per i braccianti e per i giornalieri;
li sacrifici fannu pi campari: i sacrifici fanno per vivere:
travaghiari a la terra nun cummeni lavorare la terra non conviene
picchi i frutti chi raccoghi perché per i frutti che raccogli
sordi picca tu ni pighi, soldi pochi ne prendi,
tuttu l'annu ci travaghi tutto l‟anno lavori
pi campari a li 'to fighi. per far vivere i tuoi figli.
A lu mircatu la frutta la porti; Al mercato porti la frutta
mircata a tia ti l‟hannu a pagari; al mercato te la debbono pagare;
ma si la stessa frutta vai accatari ma se la stessa frutta vai a comprare
certamenti chiù cara l'ha pagari. certamente più cara la compri.
Picchi i sordi l'hannu a fari Perché i soldi li debbono fare
tutti li rivinnitura tutti i commercianti
e tu poviru a campari e tu povero, per vivere,
travagghiannu cu surura. lavori con sudore.
A li disoccupati non mi scordu Non dimentico i disoccupati
ca 'nta la chiazza stannu a passiari, che in piazza stanno a passeggiare,
veni lu 'mernu e veni lu friddu viene l‟inverno e viene il freddo
aspettanu l'assegni pi manciari. aspettano gli assegni per mangiare.
La crirenza ci hannu a fari Il credito debbono fargli
pi la pasta e pi lu pani per la pasta e per il pane
ma cu cu l'hannu a pagari? ma come debbono pagarli?
cu l'asegni familiari? con gli assegni familiari?
Ci sunnu chiddi chi vannu 'nto voscu: Ci sono coloro che vanno al bosco
a turnu u travaghiu hannu a fari a turno il lavoro debbono fare
ma dura picca e poi stannu o friscu ma il lavoro dura poco e poi sono
ca mancu fannu chiddi pi manciari. in bolletta perché non riescono a
Pirchì dura pocu tempu guadagnare quello che mangiano.
e li turni sunnu assai Perché il lavoro dura poco tempo
travaghiannu u primu turnu e i turni sono assai, lavorando al
u secunnu un veni mai. primo turno il secondo non viene mai.
Canzoni scritte da vari autori per Rosa 446

Si li capiti boni sti paroli Se li comprendete bene queste parole


parru cu vuatri tutti parchitani parlo con voi tutti lavoratori del parco
se è necessariu fari rivoluzione: se è necessario fare la rivoluzione:
facemula si sangu c'è dintra i vini facciamola se sangue abbiamo
Pirchì lu cuvernu oggi dentro le vene. Perché il governo oggi
va a fauri a li padruna va a favore dei padroni
e li peri 'nta li aggi ed i piedi sotto al collo
a lu poviru ci runa. al povero mette.
Rintra la vostra menti Dentro la nostra mente
vannu a stari tutti debbono entravi tutte
paroli ri chista canzuna le parole di questa canzone
pirchì su cosi veru; perché son cose vere
emu a pinsari dobbiamo riflettere
la vita è dura pi lavuratura. che la vita è dura per i lavoratori.
Pirchì lu cuvernu oggi va Perché il governo oggi
a fauri a li patruna: va a favore dei padroni
e li peri 'nta li aggi ed i piedi sotto al collo
a lu poviru ci runa. al povero mette.

Salvatore Marfia

Salvatore Marfia fece ascoltare questa canzone a Rosa Balistreri che la


inserì nei suoi concerti nelle feste dell‟Unità, come lo stesso autore ricorda
nella testimonianza a pag 141-142, purtroppo non è stata fatta nessuna
registrazione di questa canzone.
Il tema dello sfruttamento del lavoratore stava molto a cuore a Rosa
Balistreri e lo ha espresso in molti canti del lavoro. Anche Rosa ha fatto
diversi umili lavori e ha conosciuto sulla sua pelle le prepotenze di alcuni
padroni.
Canzoni scritte da vari autori per Rosa 447

PRIMA RINGRAZIU A DIU PRIMA RINGRAZIO DIO


(Tanino Gaglio)

Prima ringraziu a Diu Prima ringrazio Dio


e poi a me matri, e poi mia madre
di la so vita, vita desi a „mia, della sua vita, vita che diede a me,
e se mi trovu ancora „pi lu munnu e se mi trovo ancora per il mondo
mi tocca caminari petri petri. mi tocca camminare in mezzo
Ah, ah, ah, alle pietre. (1 ) Ah, ah, ah,
Mancu un „ciuri cugghivi Nemmeno un fiore ho raccolto
a primavera, a primavera (2)
liggera caminava supra l‟unni, leggera camminava sopra le onde,
lu ventu mi tirava „ppi li manu, il vento mi tirava per la mano,
sulu lu mari „ccu „mmia solo il mare con me
era sinceru. era sincero.
Ah, ah, ah, Ah, ah, ah,
Diu, dimmillu tu unni mi trovu, Dio dimmelo tu dove mi trovo,
o è sbagliatu „zoccu m‟insignaru? o è sbagliato quel che mi hanno insegnato?
e vidi siddu tu mi lu poi diri, e vedi tu se me lo puoi dire,
pirchì la vita mia perché la vita mia
è appisa a un chiovu. è appesa ad un chiodo.
Levami „anticchia di sta prigiunia, Levami un po‟ di questa prigionia,
fammi vulari luntanu luntanu; fammi volare lontano, lontano;
forsi la paci mia „nta l‟arma trovu, forse la pace mia nell‟anima trovo,
unni si trova lu cielu sirenu. dove si trova il cielo sereno.
Forsi la paci mia „nta l‟arma trovu, Forse la pace mia nell‟anima trovo,
unni si trova lu cielu sirenu dove si trova il cielo sereno

1) vita piena di difficoltà


2) nella giovinezza

Questa canzone di Tanino Gaglio si trova tra le carte di Rosa regalate alla
biblioteca comunale di Licata. Rosa la apprezzò e intendeva farne una canzone del
suo repertorio, glielo impedì soltanto la morte.
Canzoni scritte da vari autori per Rosa 448
U LUPU E L'AGNEDDU IL LUPO E L‟AGNELLO
(testo di Santrone Carmelo)
Amici cari, vi vogghiu raccuntari Amici cari, vi voglio raccontare
la storia di lu lupu e di l‟agneddu. la storia del lupo e dell‟agnello.
Lu lupu un jornu niscìa di la so tana Il lupo un giorno usciva dalla sua tana
'ccu li so denti aguzzi e na gran fami, con i suoi denti aguzzi
currìa 'ppi la campagna 'ccu lu suli e una gran fame. Correva per le campagne
truvannu l'agnidduzzi e con il sole trovando
ch'eranu smarriti. gli agnellini che si erano smarriti.
Avivanu pirdutu la matri Avevano perduto la madre
„ppi la strata per la strada
circannu unni putiri stari beni. cercando un luogo dove poter star bene.
Lu lupu, amici mia, è lu guvernu Il lupo, amici miei, è il governo
e l'agnidduzzi l'omini d'affannu. e gli agnellini gli uomini lavoratori.
Mentri lu lupu arrobba Mentre il lupo ruba
e va arricchennu, e si va arricchendo
'ppi seculi l'agneddu va emigrannu per secoli l‟agnello va emigrando
e mentri straniatu è a travagghiari, e mentre l‟agnello è a lavorare
lu riccu i porci comodi pò fari. il ricco i porci comodi può fare.
Ni sta Sicilia acqua nun'avemmu, In questa Sicilia acqua non ne abbiamo
mancu 'ppi fari pani e „ppi lavari. nemmeno per impastare il pane e
La mafia, amici mia, unn'è „n Sicilia per lavarci. La mafia, amici miei,
ma 'ntra i palazzi di la capitali. non è in Sicilia, ma nei palazzi della
A vita 'ncara e rumpa li pinzeri, capitale. La vita rincara e riempie
sulu n'autri avemmu i nostri pensieri, solo noi dobbiamo
a téniri lu frenu. tirare la cinghia.
E lu guvemu ca ci teni schiavi E‟ il governo che ci tiene schiavi
e ci custringia a fàrini muriri e ci costringe a morire
pirchì si nun si zappa chista terra perché se non si zappa questa terra
ni tocca stari 'nfunnu di lu 'nfernu. ci tocca stare in fondo all‟inferno.
Amici mia, ora v'haju a lassari, Amici miei, ora vi debbo lasciare,
ma ancora dò paroli v'haju a diri: ma ancora due parole voglio dirvi:
se nun vuliti fari l'agnidduzzi, se non volete fare gli agnellini
lu lupu 'ppi lu coddu il lupo per il collo
ha'ta aggarrari. dovete afferrare.
Questa è una canzone fatta a 4 mani da Carmelo Santrone e Rosa Balistreri a Roma,
come racconta nella sua testimonianza Carmelo Santrone a pag. 162-163. La canzone risente
moltissimo delle idee che Rosa respirava nelle feste dell‟Unità con la contrapposizione
tra lavoratori, padroni e governo.
Poesie dedicate a Rosa 449
POESIE DEDICATE A ROSA BALISTRERI
Sono solo alcune delle tante poesie presentate nel Concorso di poesie e
canzoni siciliane “Memorial Rosa Balistreri”. Le porgo ai lettori perché sono
pervase da affetto e da riconoscenza verso questa grande cantante siciliana.

A GUERRA DI ROSA LA GUERRA DI ROSA (Balistreri)


Camillo Vecchio
Quannu nascisti tu, Rusidda mia Quando sei nata tu, Rosa mia,
u munni trimava e carcariava. il mondo tremava e ribolliva.
Viniva a guerra Veniva la guerra
e lu sangu scuriva viola,viola e il sangue scorreva con veemenza
'nmezzu i stratuna in mezzo alle strade e alle
e nmezzu a li trizzeri. vie secondarie di campagna.
N‟omunu i nenti, nu sguazza vertuli, Un uomo di niente, un quaqquaraquà,
ccu mustazzeddu niuru, arrancidusu con i baffetti neri, rancido (1)
piglià tutti i nazioni du criatu prese tutte le nazioni del creato
e jittà dintra un carcaruni e li gettò dentro un calderone
ca vuddiva. Era a guerra che bolliva. Era la guerra
Erumu nichi e u sapi Ddiu, Eravamo piccoli e sa solo Dio,
a fami ca pruvammu la fame che provammo
quantu bummardamenti quanti bombardamenti
suppurtammu, sopportammo,
u sbarcu di niuri e di marocchini lo sbarco dei neri e dei marocchini.
E tu cantavi; E tu cantavi;
A to vuci sbraccà dda banni o munnu La tua voce arrivò fin all‟altra parte
e tu tinn‟accianasti del mondo e tu te ne sei salita
„mparadisu, in paradiso,
i licatisi erunu prijati. i licatesi erano soddisfatti e contenti.
Quann‟eri puviredda e mortifami Quando eri poveretta e nullatenente
tutti ciciuliavinu contra i tia tutti sparlavano contro di te
pirchì eri na fimminazza di curtigliu perché eri una donnaccia di cortile
cca vuci i carcarazza. con la voce di cornacchia.
E sulu i furisteri ti caperu; E solo i forestieri ti capirono;
ora si „mparadisu ccu Sigmuri ora sei in paradiso con il Signore
e canti ppi d‟iddu e ppi li piscaturi e canti per Lui e per i pescatori.
E, finiu a guerra. Ed è finita la guerra.

1) Hitler
Poesie dedicate a Rosa 450

A RUSIDDA, A ROSA,
CANTATRICI LICATISA CANTAUTRICE LICATESE
(Alfonso La Licata)
La to‟ vuci arraspusa, La tua voce ruvida,
Rusidda suspiranti Rosa sospirante
e cu cori senza paci, e con il cuore senza pace,
m‟annaca l‟uri di la malincunia mi culla le ore della malinconia
e m‟allima lu ddisiu e mi affina il desio
di li passati anni, dei passati anni,
di quannu, di quando
carusu e minchiunazzu, ragazzo e semplicione,
mi scurreva la vita tra li iita mi scorreva la vita tra le dita
e „nta lu cavaddu di li causi, e nel cavallo dei pantaloni,
ciumareddu di muntagna ruscello di montagna
ca mancu sapi che nemmeno sa
ca a curriri nun cunveni, che non conviene correre
ca poi si mori „nta lu mari perché poi si muore nel mare
e di tia e di lu to‟ scrusciu, e di te e del tuo clamore
nun resta mancu „na rasta. non rimane neanche una traccia.
“Si nni eru li me‟ anni, “Se ne sono andati i miei anni,
e nun sacciu unni”, e non so dove”
e tu, ca si‟ fimmina all‟antica, e tu che sei femmina all‟antica
m‟aiuti a rrisittari cu cori granni, mi aiuti a rassettare con generosità
li scaffiati di li me ricordi, gli scaffali dei mie ricordi,
chiddi amari, ca sunnu tanti, quelli amari, che sono tanti,
ma chi ficiru austusi ma che hanno fatto gustosi
dd‟annticchia di anni duci quei pochi anni dolci
ca la sorti sarbau pi mia. che la sorte serbò per me.
Canta e cunta, cunta e canta” “Canta e racconta, canta e racconta”
Rusidda sempri „n cruci Rosa, sempre in croce
comu sta terra nostra, come questa nostra terra
antica amanti, antica amante, che ci lasciò
chi nni lassò pi‟ lassitu per eredità soltanto il sapore
sulu lu sapuri della polvere e della paglia,
di lu pruvulazzu e di la pagghia, a noi, figli amorosi,
a nuantri, figgi amurusi, che le sue crepe abbiamo saputo
ca li so‟ cripiati sappimu abbrivirari irrigare con l‟acqua santa
cu l‟acqua santa di lu nostru suduri. del nostro sudore.
Poesie dedicate a Rosa 451

Hai raggiuni, cantatrici licatisa, Hai ragione, cantautrice licatese,


te purtari “un ciuri, debbo portarti “un fiore
granni e russu”, grande e rosso,
ca tu suli nun ni lassi, perché tu sola non ci lasci”,
a nuantri, figghi di un Diu a noi, figli di un Dio
ca forsi è chiù nicu di l‟antri, che forse è più piccolo degli altri,
o forsi chiù spinsiratu, o forse più spensierato,
a la catina comu semu alla catena come siamo
di patrigni patruni di patrigni padroni
e lupunara sancisuchi, e lupi mannari e sanguisughe
cu tantu passatu con tanto passato
e senza futuru. e senza futuro.

Dumani, nuantri, Domani, noi,


nun n‟amu mai avutu. non ne abbiamo mai avuto.

“ROSA BALISTRERI” ROSA BALISTRERI


Salvatore Marfia
Tu eri, Rosa Balistreri,
Tu eri, Rosa Balistreri, regina del canto siciliano
rigina ru lu cantu sicilianu e ci hai dato più delle bandiere
inni rasti chiù ri li banneri anima e cuore tutto intero.
amima e cori tuttu sanu sanu. Io l‟ho conosciuta nel settantadue,
Io, a canuscivu o settantarui, Rosa di forza ne aveva quanto sabbia
Rosa „nnavia quanto rina o mari; ha il mare; di queste donne, no,
ri chisti fimmini, nò „nci „nnè chiù non ce ne sono più o quanto meno
o quanto menu „mmodu ri cantari. nel modo di cantare.
Rintra i cori ‟nni muvia li chianti Dentro ai cuori ci faceva piangere.
cu li paroli e cu fatti viventi, con le parole e con fatti vivi.
u canto so, cu voci spasimanti, il suo canto, con voce spasimante,
trasia rintra i cori senza stenti. entrava dentro i cuori senza stenti.
Li tò canzuni ri sta terra cara Le tue canzoni di questa terra cara
sunnu „ccha rintra i cori ri la genti; sono dentro i cuori della gente;
Siciliana „nneri „rraricata, Siciliana eri radicata,
a lu parrari un tinia stenti. nel parlare non teneva stenti.
Ora u cerco io purtallu avanti Ora cerco io di portalo avanti
chistu carrettu carricu r‟amuri questo carretto carico d‟amore
sennu „nca tu ti trovi „ntra i santi ora tu ti trovi in cielo
„cca „nterra „nni ristò u to caluri. qua in terra ci restò il tuo calore.
Poesie dedicate a Rosa 452

ROSA BALISTRERI ROSA BALISTRERI


Angelo Carrubba

Dintra na casa vascia Dentro una casa bassa


vicinu o cimiteru vicino al cimitero
tant‟anni fa nasciva tant‟anni fa nasceva
Rosa a Balistreri. Rosa Balistreri.
Cantaunu l‟aceddi in volu Cantavano gli uccelli in volo
ssu jornu a la marina quel giorno alla marina
ppi la vinuta o munnu per la venuta al mondo
di sta povira riggina. di questa povera regina.
Crisciuta o suli e o ventu Cresciuta al sole e al vento
e o rumuri di carretti e ai rumori dei carretti
ppi ttutta la so vita per tutta la sua vita
nun appi mai rizzettu. non ha avuto mai tranquillità.
Cantava ppi li strati Cantava per le strade
in tutti li stasciuni in tutte le stagioni
e ppuri a li vattii ed anche ai battesimi
e a li matrimoni. ed ai matrimoni.
Pruvau la miseria Provò la miseria
e macari umiliazioni ed anche l‟umiliazione
ppi lu distinu avversu per il destino avverso
e un tintu matrimoniu. e un brutto matrimonio.
Ppi lu maritu „ngratu Per il marito ingrato
fu ppuri carcirata fu pure carcerata
e tristi e scunzulata e triste e sconsolata
lassau la so Licata. lasciò la sua Licata.
Circau allura attrovi Cercò allora altrove
di fari la furtuna di fare fortuna
truvannu lu cunfortu trovando il conforto
na figlia e ni canzuni. nella figlia e nelle canzoni.
Ma lu distinu „ngratu Ma il destino ingrato
cci aviva risirvatu le aveva riservato
peni d‟amuri e cciantu pene d‟amore e pianto
ancora dispiratu. ancora disperato.
Poesie dedicate a Rosa 453

L‟incontru d‟un pitturi L‟incontro di un pittore


distintu e raffinatu distinto e raffinato
cangiau lu so distinu cambiò il suo destino
raprennucci li strati. aprendogli le strade.
Ccu la chitarra mmanu Con la chitarra in mano
si guadagnò la fama si guadagnò la fama
cantannu ppi li ciazzi cantando per le piazze
li canti siciliani. i canti siciliani.
La morti la cuglju La morte la colse
sula e „mpriparata sola e impreparata
dopu nu maluri dopo un malore
a fini di l‟estati. a fine estate.
Ora na targa Ora una targa
nu cori da marina nel cuore della marina
conserva lu ricordu conserva il ricordo
di sta povira riggina. di questa povera regina.
Sempri presenti Sempre presente
sarà ni li pinzeri sarà nei pensieri
e ppi li strati e per le strade
comu se fussa ieri. come se fosse ieri.
Purtava l‟alligria Portava l‟allegria
ni casi da marina nelle case della marina
ccu lu so cantu con il suo canto
la povira riggina. la povera regina.
Ccu canti e poesii Con canti e poesie
sarà sempri ricurdata sarà sempre ricordata
riggina e vantu regina e vanto
di la so Licata. della sua Licata.
Poesie dedicate a Rosa 454

“A TTIA RUSIDDA” “A TE, ROSINA”


(Vecchio Antonella)

Ah! Rusidda mia, Ah! Rosina mia,


ni chista terra in questa terra
quanti ni vidisti! quante cose brutte hai visto
quanti iangarii quante angherie
di patruna avisti! di padroni hai subito
Sula ti sintivi, Sola ti sentivi,
nuddu t‟aiutava, nessuno t‟aiutava,
mancu i paisani tua neanche i tuoi concittadini
ca foru tinti e lavati che sono stati cattivi e menefreghisti
cchi tua e ccu tia. con i tuoi parenti e con te
Spurtunata daveru fusti; Sei stata davvero sfortunata;
eppuri a tutti ha pirdunatu eppure hai perdonato a tutti
e, comu se nenti avissa statu e, come se non fosse successo niente,
libbra e canzoni ni lassasti ci hai lasciato i tuoi libbri
ppi ricurdarini sempri di tia. e le tue canzoni affinchè
ci ricordassimo sempre di te
Nu to cantu cci mittisti Nel tuo canto hai messo
tuttu u to duluri tutto il tuo dolore
tuttu u to amuri tutto il tuo amore
ca prima tinivi che prima tenevi
ciusu nu to cori. chiuso nel tuo cuore.
Sulu cca morti Solo con la morte
a paci truvasti, hai trovato la pace
sulu ora affurtunata fusti, soltanto ora sei stata fortunata,
sulu ora si parla di tia. soltanto ora si parla di te.
Sulu accusì arrivasti a mmia Solo così sei arrivata a me
Poesie dedicate a Rosa 455

A ROSA BALISTRERI A Rosa Balistreri


(Mariano Tricoli)

Maestra di versetti e di battuti…. Maestra di versetti e di battute


ccù la chitarra fatti strati strati, con la chitarra fatti per strada
fimmini, uomini, viecchi e carusi, donne, uomini, vecchi e ragazzi
ccù piaciri t'ascutaru con piacere ti hanno ascoltato
tanti voti. tante volte.

Donna di vita tantu 'ntelliggenti Donna di vita tanto intelligente


giravatu la Sicilia… giravate la Sicilia…
pp'ì putiri campari per poter vivere
tanti iurnati in tante giornate
nun pigliavatu nenti non raccoglievate niente
e tanti atri... facivatu passi avanti. e in tante altre…
facevate passi avanti.
Ppì tia ci fu sempri tantu affettu… Per te ci fu sempre tanto affetto…
Tu, ca di li cantastori fusti lu pilastru. Tu che dei cantastorie fosti il pilastro.
Ppì li to versi… tantu rispiettu Per i tuoi versi… tanto di rispetto
e unna arrivavate… e dove arrivavate…
tagliavatu lu nastru. eravate la prima.

Licata ti ricorda ccù tanta armunia Licata ti ricorda con tanta armonia
'nnidda ca si festeggia lu tò natali, qui dentro si festeggia il tuo natale
all'atri paisa ccì fa dispettu... agli altri paesi questo fa dispetto
e parlannu di Tia… e parlando di Te…
affaccia lu suli. affaccia il sole.

UNA BALLATA PER ROSA che è impossibile a dirlo


(Melo Freni) che c'è sbaglio.
Dalla Sicilia mi scrivono Di Rosa ce n'è stata un sola
tante donne che cantano e non era una donna borghese
e mi mandano di quelle che si alzano un mattino
le loro voci registrate . si guardano allo specchio
Sono l'erede, mi dicono, "vorrei cantare" si dicono
di Rosa Balistreri ma non sanno e lo inventano.
Poesie dedicate a Rosa 456

Non basta dare fiato alle corde a una canzuna ?


e cominciare con E' l'aria che respiri
i " Pirati a Palermu " è il pane che mangi
senza sapersi preda dei ladroni l'acqua che ti disseta ,
senza sputare sangue nella stiva gli altri, sono fatti di ossa
dei barconi infuocati. di carne , di pensieri,
Rosa era nata tu, solamente musica e dolore.
avvinta di catene Cosi prese le strade del mondo
ogni nota una tenaglia con una chitarra scordata,
e le spezzava gli altri credevano
con la furia succhiata che lei cantava
dal petto di sua madre: lei invece viveva,
un impasto di terra con una voce tanto martoriata
come il destino voleva da far dimenticare
in un campo di fiori la chitarra stonata.
e di spine di grano e di gramigna Cercò di domandarsi
fra tempeste donde veniva mai
di sole e di mare. quel gran prodigio
Cantavano le quaglie ma risposte non ce n'era,
a primavera ? avrebbero dovuto rispondere
Lo scirocco i vulcani,gli abissi del mare
svuotava le sorgenti ? ma i vulcani, il mare
Così Rosa cresceva non hanno parole
fra le spighe si esprimono come la
spigolava miseria voce di Rosa che saliva
scontrosa con l'aria dai misteri del mare
con gli anni, con l'amore e dei vulcani .
perché aveva le viscere ingombrate Un‟altra Rosa
da un figlio sconosciuto ormai non nasce più,
un figlio le lettere le getto un cestino,
che non sapeva partorire. ritorno al giradischi
Era gravida di antiche canzoni e mi commuovo
e manco lo sapeva mentre riascolto
ma non erano canzoni da cantare. "Amuri senz'amuri".
E allora che ci faccio ?
chiese alla levatrice marzo 2007
- E' la tua vita, si può ridurre la vita 1) vedi notizie su Melo Freni
a pag. 112-113
457

Da Canti Siciliani, Vigo,1857 al n. 2244, 2266, 2318, 72

“Canti siciliani 2 volume 1870, Giuseppe


Pitrè”, al n: 3635

“Raccolta amplissima di canti popolari


siciliani”, 1870 Lionardo Vigo al n: 3418
Poesie dedicate a Rosa 458

da “Giuseppe Pitrè, La musica popolare ed


il carteggio col maestro F. P. Frontini”
di Carmelina Naselli, Palermo al n. 738
pag. 6, a pag. 44, al n. 987 a pag. 442,
al 988 pag. 443 e 768

“Raccolta amplissima di canti popolari siciliani”, 1870 Lionardo Vigo al n: 2292, 2298
459

“Corpus di musiche popolari siciliane”, 1957 Alberto Favara al n: 542

“Corpus di musiche popolari siciliane”, 1957 Alberto Favara al n: 654

“Corpus di musiche popolari siciliane”, 1957 Alberto Favara al n: 508


460

“Corpus di musiche popolari


siciliane”, 1957
Alberto Favara al n: 164

“Raccolta amplissima di canti popolari siciliani”, 1870 Lionardo Vigo al n 2239

“Corpus di musiche popolari siciliane”, 1957 Alberto Favara al n: 562


Indice alfabetico delle canzoni 461

INDICE ALFABETICO DELLE CANZONI


pag
Abballati abballati (Chiovu) (Canzoni varie)…………………… 433-434
Acidduzzu (di me cummari) (Rari e inediti) …………………… 292-293
A curuna (Amore tu lo sai la vita è amara )…………………….. 210-211
Addiu bedda Sicilia (Canzoni varie)…………………………….. 380-381
Ahi! partu e su custrittu di partiri (Canzoni varie)……………… 427-428
A livanti s‟affaccia lu suli (Canzoni varie)……………………… 416-417
Alivi scacciati (Canzoni varie)…………………………………. 391-392
Amici amici chi n Palermu jti (Noi siamo nell' inferno carcerati) 258
Amici, amici, quarari! quarari! Noi siamo nell' inferno carcerati) 259
Amuri luntanu (Amuri senza amuri)…………………………… 385-387
Amuri senza amuri (Amuri senza amuri, 2007)………………... 345-346
A pinnula (Rari e inediti)..………………………………………. 294-295
A riti (Amuri senza amuri, 2007)………………………………. 343-344
A tirannia (Amore tu lo sai la vita è amara) (Canti Siciliani)… 212-213
A virrinedda opp. La virrinedda (Terra che non senti) ……….. 236-237
Avò (Canti Siciliani) …………………………………………… 331-332
Ballata pi Peppi Fava (Canzoni varie)…………………………... 411-412
Barbablù (Canzoni varie)………………………………………… 399-400
Bbammineddu picciliddu (2003 Canti Siciliani) ………………. 333-334
Binidittu lu jornu e lu mumentu (Canzoni varie)………………. 392-393
Buttana di to mà (Noi siamo nell' inferno carcerati)…..………. 260
Caltanissetta fa quattru quartieri (La cantatrice del Sud) ……… 186
Ch'è autu lu suli opp. Sant‟Agata che autu lu suli ……………... 213-214
Canto della pesca del corallo (Canzoni varie)…………………… 418
Canto della pesca del tonno (Canzoni varie)……………………. 419
Canto di caccia (Terra che non senti), …………………………. 238-239
Canto di pesca SR (1973 Terra che non senti), ……………….. 232-233
Cantu pi‟ diri (Canzoni varie)…………………………………. 403-404
Càrzari ca si fattu cruci cruci (Noi siamo nell' inferno carcerati) 270
Càrzari Vicaria (Noi siamo nell' inferno carcerati)..…………… 272
C‟eranu tri surelli……………………………………………….. 435
Cialoma (dalla ballata del sale) (Canzoni varie)………………… 420-421
Ciuriddi di lu chianu (Amuri senza amuri, 2007)……………… 347-348
Chiovi, chiovi, o Ciovi, ciovi (Canti Siciliani) ………………… 314-315
Chi m‟insunnai (Viaggiu o „nfernu) (Canzoni varie)…………… 396-397
Chista è la vuci mia (Noi siamo nell' inferno carcerati) ………… 261-262
Indice alfabetico delle canzoni 462

Com‟ haiu a fari cu sta licatisa (Canzoni varie)…………………. 408-409


Cristu sinn‟annau (Amuri senza amuri, 2007)…………………... 350-351
Cummari Nina cummari Vicenza (1969 La cantatrice del Sud)... 187-188
Cuteddu ntussicatu (Noi siamo nell' inferno carcerati) ………… 261
Curri cavaddu miu (Canti Siciliani) …………………………….. 390
Cu ti l‟ha fattu stu sciallinu ohinè (Canzoni varie)……………… 402-403
Cu ti lu dissi (Vinni a cantari all'ariu scuvertu) ……………….. 274-275
Cuvernu „talianu (Canzoni varie)………………………….......... 409-410
Ddu palummi (1969 La cantatrice del Sud) …………………… 189-190
Diu vi la manna l'ambasciata (Canti Siciliani) ………………… 335-336
Dumani è duminica (Canzoni varie)……………………………. 431-432
E la pampina di l'aliva (Terra che non senti)……………………. 240
E lu suli ntinni ntinni (1978 Vinni a cantari all'ariu scuvertu)….. 276-277
E vui durmiti ancora (Amuri senza amuri, 2007)……………….. 348-349
Ffaccia 'ffaccia Maria…………………………………………… 367
Filastrocca a lu bamminu (2003 Canti Siciliani) ………………. 337-338
Giuvani beddu (Chiovu) (Canzoni varie)……………………… 433-434
Guarda chi vita fa lu zappaturi (1969 La cantatrice del Sud)…. 191
Guvernu „talianu (Canzoni varie)………………………….......... 409-410
I babbaluci (Canzoni varie)…………………………………….. 400-401
I briganti neri (Canzoni varie)………………………………….. 427
I pirati a Palermu (1969 La cantatrice del Sud ) ………………. 206-208
Judici ca la liggi studiati (1974 Noi siamo nell' inferno carcerati) 263
L'amuri ca v'haju (1978 Vinni a cantari all'ariu scuvertu)……… 278-279
L'anatra (1973 Terra che non senti) (2003 Canti Siciliani)……. 234-235
La ballata del prefetto Mori (Canzoni varie)…………………… 384
La barunissa di Carini (1997 Rari e inediti)…………………… 296
La canzuni dill‟emigranti (Canzoni varie)…………………….. 413
La ciaramedda (2003 Canti Siciliani) ………………………….. 339-340
La cursa di li cavaddi (2003 Canti Siciliani) …………………….. 316
La me liti (1974) Noi siamo nell' inferno carcerati……………. 264
Lamentu d‟un servu a un Santu Crucifissu (Rosa canta e cunta 07) 365-366
La notti di Natali (1969 La cantatrice del Sud) (2003 Canti Siciliani)183-185
La pampina di l‟alivu (1973 Terra che non senti)……………… 240
La piccatura (Canzoni varie)……………………………….…… 388-389
La primavera (Canzoni varie)…………………………………… 422
La sacra santa notti di Natali (Rosa canta e cunta 2007 )………. 364-365
La Sicilia havi un patruni (1978 Vinni a cantari all'ariu scuvertu) 280-281
Indice alfabetico delle canzoni 463

La siminzina (1969 La cantatrice del Sud).……………………… 192-193


Lassarimi accussì (1974) Noi siamo nell' inferno carcerati) ……. 265-266
La tarantula (2003 Canti Siciliani) …………………………….. 317-318
La trabia opp. Canto di pesca (2003 Canti Siciliani)…………… 232-233
La turturedda (Canzoni varie)…………………………………… 394-395
La viddanedda (Canzoni varie)………………………………….. 407
La virrinedda (1973 Terra che non senti) ………………………. 236-237
Levatillu stu cappeddu (Terra che non senti), (1997 Rari e inediti) 242-243
Liggenna du friscalettu (1997 Rari e inediti) …………………… 297-298
Lu basilicò o Vitti na bedda (La cantatrice del Sud) …………… 319-320
Lucia, Lucia (Canzoni varie)…………………………………….. 429-430
Lu focu di la paglia (1971 Amore tu lo sai la vita è amara) …….. 215-216
Lu libru di li nfami o „Nfamità (Amore tu lo sai la vita è amara).. 270
Lu muccaturi (1973 Terra che non senti) ……………………….. 244-246
Lu muttu anticu (Amuri senza amuri, 2007)……………….…….. 352-353
Lu rispettu o Mamà vi l‟haiu persu lu rispettu ………………….. 196-197
Lu venniri matinu (1969 La cantatrice del Sud -
I luoghi e la memoria) ………………........ 194-195
Lu verbu (1971 Amore tu lo sai la vita è amara) ……………….. 217-219
Mani manuzzi (Canzoni varie)………………………………………431-432
Mafia e parrini (1997 Rari e inediti) …………………………….. 299-300
Mamà chi tempu fa a lu paisi (Rosa canta e cunta 2007 )………… 367
Mamma vi l'aiu persu lu rispettu (1969 La cantatrice del Sud)… 196-197
M'arrusicu li gradi (1974) Noi siamo nell' inferno carcerati) …… 267-268
Maria di Gesù (1971 Amore tu lo sai la vita è amara) ………….. 229-230
Matri chi aviti li figghi a la badia (1969 La cantatrice del Sud) 198-199
(1974 Noi siamo nell' inferno carcerati)………………. 198-199
Me muggheri unn'avi pila (pi lavari) (1997 Rari e inediti) ……… 301-302
Mi nni vaiu „nda la luna (Canzoni varie)…………………………. 423-424
Mirrina (1971 Amore tu lo sai la vita è amara) …………………. 220
Mi votu e mi rivotu (1971 Amore tu lo sai la vita è amara)
(1997 Rari e inediti)…………………………. 221-223
Morsi cu morsi (1969 La cantatrice del Sud)
(1974) Noi siamo nell' inferno carcerati)………… 202-203
Nfamità (1974) Noi siamo nell' inferno carcerati …..…………… 270
Na varcuzza banneri banneri o La virrinedda (1997 Rari e inediti). 236-237
Ninna nanna di la guerra (1978 Vinni a cantari all'ariu scuvertu) .. 283
Indice alfabetico delle canzoni 464

Nivuru carinusu (1978 Vinni a cantari all'ariu scuvertu)……….. 285


Nni la notti triunfanti. (2003 Canti Siciliani) ……………………… 323
Non criditi amuri (Amuri senza amuri, 2007)………………………. 354-355
Nta la Vicaria (1971 Amore tu lo sai la vita è amara) …………… 219
Ntra viddi e vaddi (1971 Amore tu lo sai la vita è amara) ………… 224-226
Nustalgia ………………………………………………… 371-372
O contadinu sutta lu zappuni (Canzoni varie) …………………… 378-379
O cori di stu cori (1978 Vinni a cantari all'ariu scuvertu)………… 284
Olì olì olà (1969 La cantatrice del Sud) …………………………. 200-201
Ora veni lu picuraru (2003 Canti Siciliani) ………………………. 323-326
O Patri Manueli (1973 Terra che non senti) …………………….. 247-248
Passa Maria (Rosa canta e cunta 2007 )…………………………… 368
Picciriddi unni iti (Canzoni varie)……………………………….. 382-384
Proverbi siciliani (1973 Terra che non senti),……………………. 249-252
A me vita (Canzoni varie)…………………………………………. 414
Quannu Diu s'avia ncarnari (2003 Canti Siciliani) ……………….. 327-328
Quannu moru (1997 Rari e inediti) ……………………………… 305
Quantu basilicò (1969 La cantatrice del Sud), (Canti Siciliani) … 203-204
Quattru tarì (Amuri senza amuri, 2007)…………………………… 356-357
Rosa, rosa (Amuri senza amuri, 2007)……………………………. 358
Rosa canta e cunta (1997 Rari e inediti) …………………………. 303-304
Sant‟Agata che autu lu suli oppure Ch'è autu lu suli
(1971 Amore tu lo sai la vita è amara)……………… 213-214
S.Antoninu calati calati (1969 La cantatrice del Sud) ……………. 205
Sebben che siamo donne (Canzoni varie)………………………… 424-425
Signuruzzu, chiuviti chiuviti (1971 Amore tu lo sai la vita è amara) 226-228
Sintiti chi successi a Racalmutu (Canzoni varie)………………….. 397-398
Spartenza amara (1997 Rari e inediti) …………………………… 306-308
Stanotti nzonnu 1978 Vinni a cantari all'ariu scuvertu)…………… 286
Storia di Lorenzu Panepintu (1978 Vinni a cantari all'ariu scuvertu) 282
Sugnu comu un cunigliu (1974) Noi siamo nell' inferno carcerati). 269
Sutta n'pedi (2003 Canti Siciliani) …………………………………. 329-330
Testa di mortu (1974) Noi siamo nell' inferno carcerati) …………. 271
Terra ca nun senti (1973 Terra che non senti) .................................. 253-254
Indice alfabetico delle canzoni 465

Ti nni vai (1973 Terra che non senti)……………………………… 241


Ti vogghiu beni assai (Rosa canta e cunta 2007 )……….…………. 369-370
Tirapatà (Canzoni varie)……………………………………………. 432
Tu si bedda (2003 Canti Siciliani) ………………………………… 321-322
U cunigghiu (1997 Rari e inediti) …………………………………. 308-310
Uguaglianza (Canzoni varie)…………………………………………. 426
Un mortu ca chianci (Amuri senza amuri, 2007)…………………… 359-360
Unu dui e tri (Canzoni varie)………………………………………… 405-406
U pumu (Amuri senza amuri, 2007)………………………………… 361-362
Venniri santu (1973 Terra che non senti) …………………………. 255-256
Viaggiu o „nfernu …………………………………………… 396-397
Vinni a cantari all'ariu scuvertu (Vinni a cantari all'ariu scuvertu)… 287-288
Vitti na crozza (1997 Rari e inediti) ……………………………… 311-312
Vitti na bedda. (1969) La cantatrice, (2003 Canti Siciliani) ……… 319-320
Vola palumma vola ………………………………………………… 387
Vurria di lu to sangu cincu stizzi (Rosa canta e cunta 2007 )………. 373-376
Vurria fari un palazzu (1978 Vinni a cantari all'ariu scuvertu)…… 289-290
Indice per argomento 466

INDICE PER ARGOMENTO

Amore (Canti d‟amore)


Amuri luntanu (Amuri senza amuri)………………………………… 385-387
Amuri senza amuri ………………………………………………… 345-346
A riti …………………………………………………………….. 343-344
A virrinedda opp. La virrinedda (Terra che non senti) …………….. 236-237
Cu ti lu dissi (Vinni a cantari all'ariu scuvertu) …………………… 274-275
E vui durmiti ancora (Amuri senza amuri, 2007)……………….. 348-349
Giuvani beddu (Chiovu) (Canzoni varie)…………………………… 433-434
L'amuri ca v'haju (1978 Vinni a cantari all'ariu scuvertu)………….. 278-279
La turturedda (Canzoni varie)………………………………………. 394-395
Lu focu di la paglia (1971 Amore tu lo sai la vita è amara) ………. 215-216
Lu basilicò o Vitti na bedda (La cantatrice del Sud) ……………… 319-320
Mi votu e mi rivotu (1971 Amore tu lo sai la vita è amara)
(1997 Rari e inediti) …………………………… 221-223
Na varcuzza banneri banneri o La virrinedda (1997 Rari e inediti)… 236-237
Nivuru carinusu (1978 Vinni a cantari all'ariu scuvertu) ………….. 285
O cori di stu cori (1978 Vinni a cantari all'ariu scuvertu)………….. 284
Ti vogghiu beni assai (Rosa canta e cunta 2007 )……….………….. 369-370
Tu si bedda (2003 Canti Siciliani) ………………………………… 321-322
Vinni a cantari all'ariu scuvertu (Vinni a cantari all'ariu scuvertu)… 287-288
Vitti na bedda. (1969) La cantatrice, (2003 Canti Siciliani) ……… 319-320
Vurria di lu to sangu cincu stizzi (Rosa canta e cunta 2007 )………. 373-376
Vurria fari un palazzu (1978 Vinni a cantari all'ariu scuvertu) ……. 289-290

Canti tradizionali (canzoni allegre e spensierate – senza tema specifico)


Abballati abballati (Chiovu) (Canzoni varie)……………………….. 433-434
Acidduzzu (di me cummari) (Rari e inediti) ………………………… 292-293
A curuna (Amore tu lo sai la vita è amara )………………………….. 210-211
Alivi scacciati (Canzoni varie)………………………………………. 391-392
A pinnula (Rari e inediti), …………………………………………… 294-295
Barbablù (Canzoni varie)……………………………………………. 399-400
Canto di caccia …………………………………………………… 238-239
C‟eranu tri surelli…………………………………………. 435
Ciuriddi di lu chianu (Amuri senza amuri, 2007) ……………… 347-348
Com‟ haiu a fari cu sta licatisa (Canzoni varie)…………………….. 408-409
Cummari Nina cummari Vicenza (1969 La cantatrice del Sud) ….. 187-188
Indice per argomento 467

Curri cavaddu miu (Canti Siciliani) ………………………………… 390


Cu ti l‟ha fattu stu sciallinu ohinè (Canzoni varie)…………………. 402-403
Dumani è duminica (Canzoni varie)………………………………... 431-432
Ddu palummi (1969 La cantatrice del Sud) ……………………….. 189-190
E la pampina di l'aliva (Terra che non senti)……………………….. 240
I babbaluci (Canzoni varie)…………………………………… 400-401
L'anatra (1973 Terra che non senti) (2003 Canti Siciliani)………… 234-235
La barunissa di Carini (1997 Rari e inediti)………………………… 296
La cursa di li cavaddi (2003 Canti Siciliani) ……………………… 316
La pampina di l‟alivu (1973 Terra che non senti)………………....... 240
La primavera (Canzoni varie)………………………………………. 422
La tarantula (2003 Canti Siciliani) ……………………………....... 317-318
La trabia opp. Canto di pesca (2003 Canti Siciliani)………………. 232-233
La viddanedda (Canzoni varie)……………………………………… 407
Levatillu stu cappeddu (Terra che non senti), (1997 Rari e inediti)… 242-243
Liggenna du friscalettu (1997 Rari e inediti) ……………………… 297-298
Lu muccaturi (1973 Terra che non senti) ………………………….. 244-246
Lu rispettu o Mamà vi l‟haiu persu lu rispettu …………………….. 196-197
Lucia, Lucia (Canzoni varie)……………………………………….. 429-430
Mani manuzzi (Canzoni varie)……………………………………… 431-432
Me muggheri unn'avi pila (pi lavari) (1997 Rari e inediti) ………… 301-302
Non criditi amuri (Amuri senza amuri, 2007)…………………… 354-355
Ntra viddi e vaddi (1971 Amore tu lo sai la vita è amara) …………. 224-226
Olì olì olà (1969 La cantatrice del Sud) …………………………… 200-201
Proverbi siciliani (1973 Terra che non senti),……………………… 249-252
Quantu basilicò (1969 La cantatrice del Sud), (Canti Siciliani)…… 203-204
Quattru tarì (Nun criditi amuri, 2007) …………………………… 356-357
Rosa, rosa (Amuri senza amuri, 2007) …………………………. 358
Signuruzzu, chiuviti chiuviti (1971 Amore tu lo sai la vita è amara). 226-228
Sintiti chi successi a Racalmutu (Canzoni varie)………………….. 397-398
Stanotti nzonnu 1978 Vinni a cantari all'ariu scuvertu)…………….. 286
Tirapatà (Canzoni varie)…………………………………………….. 432
U cunigghiu (1997 Rari e inediti) …………………………………… 308-310
Vitti na crozza (1997 Rari e inediti) ………………………………… 311-312
Vola palumma vola …………………………………………………… 387
Indice per argomento 468

Canti marinareschi
A livanti s‟affaccia lu suli (Canzoni varie)………………………… 416-417
Canto della pesca del corallo (Canzoni varie)………………………. 418
Canto della pesca del tonno (Canzoni varie)………………………. 419
Cialoma (dalla ballata del sale) (Canzoni varie)……………………. 420-421

Carcere (canti di carcere)


Amici amici chi n Palermu jti (Noi siamo nell' inferno carcerati)...... 258
Amici, amici, quarari! quarari! Noi siamo nell' inferno carcerati) …. 259
A tirannia (Amore tu lo sai la vita è amara) (Canti Siciliani) ……... 212-213
Buttana di to mà (Noi siamo nell' inferno carcerati), ……………… 260
Càrzari ca si fattu cruci cruci (Noi siamo nell' inferno carcerati), … 270
Càrzari Vicaria (Noi siamo nell' inferno carcerati)..……………….. 272
Chista è la vuci mia (Noi siamo nell' inferno carcerati) ……………. 261-262
Cuteddu ntussicatu (Noi siamo nell' inferno carcerati) ……………. 261
Judici ca la liggi studiati (1974 Noi siamo nell' inferno carcerati)… 263
La me liti (1974) Noi siamo nell' inferno carcerati………………… 264
Lassarimi accussì (1974) Noi siamo nell' inferno carcerati) ……….. 265-266
Lu libru di li nfami o „Nfamità (Amore tu lo sai la vita è amara)….. 270
M'arrusicu li gradi (1974) Noi siamo nell' inferno carcerati) ……… 267-268
Matri chi aviti li figghi a la badia (1969 La cantatrice del Sud)
(1974 Noi siamo nell' inferno carcerati) ……. 198-199
Morsi cu morsi (1969 La cantatrice del Sud)
(1974) Noi siamo nell' inferno carcerati)………….. 202-203
Nfamità (1974) Noi siamo nell' inferno carcerati …..…………….. 270
Nta la Vicaria (1971 Amore tu lo sai la vita è amara) …………….. 219
Sugnu comu un cunigliu (1974) Noi siamo nell' inferno carcerati).. 269
Testa di mortu (1974) Noi siamo nell' inferno carcerati)………… 271

Emigrazione
Ahi! partu e su custrittu di partiri (Canzoni varie)………………….. 427-428
La canzuni dill‟emigranti (Canzoni varie)………………………….. 413
Mamà chi tempu fa a lu paisi (Rosa canta e cunta 2007 )………….. 367
Nustalgia …………………………………………………. 371-372
Spartenza amara (1997 Rari e inediti) ……………………………. 306-308
Ti nni vai (1973 Terra che non senti)……………………………… 241
Un mortu ca chianci (Amuri senza amuri, 2007) ……………….. 359-360
Indice per argomento 469

Filastrocche
Chiovi, chiovi, o Ciovi, ciovi (Canti Siciliani) …………………….. 314-315
Picciriddi unni iti (Canzoni varie)…………………………………. 382-384

Ninne nanne
Avò (Canti Siciliani) ………………………………………………… 331-332
Binidittu lu jornu e lu mumentu (Canzoni varie)……………………. 392-393
La siminzina (1969 La cantatrice del Sud).………………………….. 192-193
Ninna nanna di la guerra (1978 Vinni a cantari all'ariu scuvertu) …. 283
S.Antoninu calati calati (1969 La cantatrice del Sud) ………………. 205

Religiosi (canti religiosi e di Natale)


Bbammineddu picciliddu (2003 Canti Siciliani) …………………… 333-334
Diu vi la manna l'ambasciata (Canti Siciliani) …………………… 335-336
Ffaccia 'ffaccia Maria……………………………………………… 367
Filastrocca a lu bamminu (2003 Canti Siciliani) …………………. 337-338
La ciaramedda (2003 Canti Siciliani) ……………………………… 339-340
La notti di Natali (1969 La cantatrice del Sud) (2003 Canti Siciliani 183-185
La sacra santa notti di Natali (Rosa canta e cunta 2007 )………….. 364-365
Lu venniri matinu (1969 La cantatrice del Sud,
I luoghi e la memoria) ………………............ 194-195
Lu verbu (1971 Amore tu lo sai la vita è amara) …………………. 217-219
Maria di Gesù (1971 Amore tu lo sai la vita è amara) ……………. 229-230
Nni la notti triunfanti. (2003 Canti Siciliani) ……………………… 323
Ora veni lu picuraru (2003 Canti Siciliani) ……………………….. 323-326
Passa Maria (Rosa canta e cunta 2007 )……………………………. 368
Quannu Diu s'avia ncarnari (2003 Canti Siciliani) ………………… 327-328
Sutta n'pedi (2003 Canti Siciliani) …………………………………. 329-330
Venniri santu (1973 Terra che non senti) …………………………. 255-256

Ribellione e lavoro
Addiu bedda Sicilia (Canzoni varie)……………………………….. 380-381
Ballata pi Peppi Fava (Canzoni varie)…………………………...... 411-412
Caltanissetta fa quattru quartieri (La cantatrice del Sud) ………….. 186
Ch'è autu lu suli opp. Sant‟Agata che autu lu suli …………………. 213-214
Chi m‟insunnai (Viaggiu o „nfernu) (Canzoni varie)……………… 396-397
Indice per argomento 470

Cristu sinnannau (Amuri senza amuri, 2007)……………… 350-351


Cuvernu „talianu (Canzoni varie)…………………………............... 409-410
E lu suli ntinni ntinni (1978 Vinni a cantari all'ariu scuvertu)……… 276-277
Guarda chi vita fa lu zappaturi (1969 La cantatrice del Sud)……… 191
I briganti neri (Canzoni varie)………………………………………. 427
I pirati a Palermu (1969 La cantatrice del Sud ) ……………………. 206-208
La ballata del prefetto Mori (Canzoni varie)………………………… 384
Lamentu d‟un servu a un Santu Crucifissu (Rosa canta e cunta 2007) 365-366
La piccatura (Canzoni varie)……………………………….………… 388-389
La Sicilia havi un patruni (1978 Vinni a cantari all'ariu scuvertu)….. 280-281
Lu muttu anticu, (Amuri senza amuri, 2007)…………………… 352-353
Mafia e parrini (1997 Rari e inediti) ……………………………….. 299-300
Mi nni vaiu „nda la luna (Canzoni varie)……………………………. 423-424
Mirrina (1971 Amore tu lo sai la vita è amara) ……………………. 220
O contadinu sutta lu zappuni (Canzoni varie) ……………………… 378-379
O Patri Manueli (1973 Terra che non senti) ……………………….. 247-248
A me vita (Canzoni varie)…………………………………………… 414
Sant‟Agata che autu lu suli oppure Ch'è autu lu suli
(1971 Amore tu lo sai la vita è amara)………………… 213-214
Cantu pi‟ diri (Canzoni varie)…………………………………. 403-404
Sebben che siamo donne (Canzoni varie)………………………… 424-425
Storia di Lorenzu Panepintu (1978 Vinni a cantari all'ariu scuvertu).. 282
Terra ca nun senti (1973 Terra che non senti) ................................... 253-254
Uguaglianza (Canzoni varie)…………………………………………. 426
Unu dui e tri (Canzoni varie)………………………………………… 405-406
U pumu (Amuri senza amuri, 2007)………………………………. 361-362
Viaggiu o „nfernu …………………………………………… 396-397

Testamento di Rosa
Quannu moru (1997 Rari e inediti)………………………………… 305
Rosa canta e cunta (1997 Rari e inediti) ……………………………. 303-304
Indice alfabetico dei personaggi 471

INDICE ALFABETICO DEI PERSONAGGI

Anelli Alfredo e Letizia 92, 102, 147-148


Angelo (cugino di Rosa) 13, 36, 50, 71-72, 111, 128, 156
Avanzato Tano 158-159,
Balistreri Angela (sorella di Rosa) 13, 66, 68, 75
Balistreri Emanuele 10, 13, 63, 65-66, 71, 75
Balistreri Maria (sorella di Rosa) 10, 13, 32, 66, 67- 68, 71, 75, 79, 86, 99, 111
Balistreri Mariannina (sorella di Rosa) 13, 66, 68, 75
Balistreri Vincenzo (fratello di Rosa) 13, 66, 74
Bilotta Antonio 159-160
Botto Rita 51, 99, 146,
Busacca Ciccio, 11, 17, 33, 43, 59, 76, 80, 92, 93, 95, 96, 99-100, 101, 102, 110,
118, 119,120, 122, 123, 137, 147, 169
Buttitta Ignazio 7, 11, 17, 22, 32, 33, 39, 40, 43, 45, 46, 53, 58, 59-60, 77, 78, 79,
85, 95, 99, 100, 101, 102, 109, 110, 112, 117, 119, 120, 121, 122, 123,
130, 137, 144, 148, 151, 154,175,179, 181, 206, 207, 253, 280, 299, 384
Cantavenere Giuseppe 9, 17, 32-34, 41, 47, 49, 58, 61, 62, 63, 79, 81, 120, 121,
128, 144, 170, 176, 217
Cappello Sara 93,
Carapezza Marcello 33, 122
Carapezza Paolo Emilio 17, 32, 58, 117, 122
Carità Calogero 9-12, 34-35, 52, 63,
Cartia Anna 137-140, 151, 439
Catania Lillo, 93-94, 127, 130-136, 304, 305, 397, 404, 405, 414
Consoli Carmen, 7, 51, 53, 69, 98-99, 143, 146, 177
Comito Agostino 92, 102, 104, 137, 150
Correnti Santi, 22,
Costanzo Fifo 79, 115, 169, 173, 174,
Cottone Antonio 161,
Dalfino Salvo 170-171,
Favara Alberto 10, 15, 17, 18, 21-22, 26, 27, 39, 58, 76, 81, 95, 97,108, 119,122, 146,
153, 165, 177, 183, 187, 191, 205, 224, 247, 271, 283, 285, 286, 297, 316, 324, 385
Fo Dario 11, 32, 37, 44, 53, 61, 76, 77, 78, 80, 91, 100, 117, 120, 122, 133, 149, 152
Freni Melo 34, 100, 112-113, 121, 453
Frontini Francesco Paolo 11, 15, 18, 20, 183,187, 221, 240, 258, 324, 427
Indice alfabetico dei personaggi 472

Gaglio Tanino 79, 115, 169, 173-175, 445


Ganduscio Giuseppe 17, 58, 76, 116, 122, 152, 154, 191, 283
Gibaldi Vincenza, (“‟Za Vicinzina”, madre di Rosa) 13, 63, 66-67, 78, 111, 137,
152, 164, 173
Giorgi Rocco, 59, 81, 103, 104, 106, 124, 137, 173
Giunta Francesco 53, 94,
Guttuso Renato 11, 33, 46, 59, 62, 117, 119, 130, 144, 176, 287
Iachinazzu (Torregrossa Gioacchino) 9, 13, 32, 35, 36, 37, 38, 41, 50, 56, 72-73, 128,
155, 156-157, 160, 179
La Mantia Mimmo 59, 81, 102-103, 104, 150-152, 173
Lao Serena 38, 94, 135, 164-168,
Lauricella Enza 95, 102, 110
Licata Salvo 11, 59, 81, 82, 83, 84, 94, 103, 106, 107, 110, 116, 120, 121, 122, 127
137, 149
Liotti Felice 9, 54, 79, 114-115, 123, 174, 291
Lions Club Licata 7, 10, 51, 143, 144, 180,
Manfredi Lombardi 10, 32, 43, 54, 75, 76, 77, 112, 122, 132, 152, 153
Marfia Salvatore 141-142, 444, 449
Marino Salomone Salvatore, 11, 18, 19, 20-21, 58, 97, 165, 203, 208, 221, 224
Marrali Vincenzo 37, 38, 58, 79, 128-129, 145
Modestini Mario 59, 79, 81, 83, 84, 96, 103, 106-108, 110, 117, 119, 121, 148, 149, 433
Mollica Laura 79, 95-96, 127, 148
Monti Marilena 79, 96, 174, 373-374
Perina Emiliana 117, 148-149
Pira Francesco 34, 50, 129, 143-144,
Pitino Cecilia 96-97,
Politi Matilde 97,
Pitrè Giuseppe 11, 15, 18, 19-20, 39, 58, 97, 146, 177, 183, 223, 224, 226, 237, 244, 245
250, 259, 269, 296, 314, 319, 325, 327, 335, 365, 373, 439
Profazio Otello 92, 99, 100-101, 112, 119, 145, 147, 269, 385, 410
Salamone Nonò 17, 92, 99, 101, 102, 140-141
Salvo Clara 97,
Santamaria Gino 172,
Santrone Carmelo 162-162, 446
Sciascia Leonardo 11,17, 33, 39, 46, 59, 60-61, 113, 117, 121, 130, 138, 207, 436, 438
Scollo Etta, 7, 51, 98, 99, 110
Scrimizzi Biagio 108-110,
Sindoni Fortunato 17, 99, 101-102, 111-112,
Indice alfabetico dei personaggi 473

Sorce Armando 53,144, 175-178,


Strincone Salvatore 179-180,
Iachinazzu (Torregrossa Gioacchino) 9, 13, 32, 35, 36, 37, 38, 41, 50, 56, 72-73, 128,
155, 156-157, 160, 179
Torregrossa Angela 10, 13, 43, 52, 68, 69, 73, 331
Torregrossa Luca 7, 12, 13, 52, 68-69, 78, 79, 81, 99, 139, 173, 174, 331, 437,440
Vaccaro Tobia 59, 81, 102, 103-104, 106, 173
Vecchio Camillo 10, 32, 35-37, 63, 72, 155-158, 447
Vigo Lionardo Calanna 10, 15, 16, 17, 18-19, 21, 39, 58, 95, 97, 110, 146, 165,
177, 183, 196, 198, 203, 223, 233, 247, 267, 366, 385
Indice alfabetico dei personaggi 474

INDICE GENERALE

Note alla seconda edizione………………………………………… pag 6


Introduzione dell‟autore…………………………………………… pag 7
Presentazione a cura di Calogero Carità…………………………… pag 9
Albero genealogico della famiglia Balistreri……………………… pag 13
Il canto popolare …………………………………………………… pag 14
Le fonti del canto popolare………………………………………… pag 17
Il canto siciliano e la struttura poetica………….…………………… pag 23
La struttura musicale della canzone popolare ……………………... pag 26
Gli strumenti musicale e la danza …………………………………. pag 31
I libri editi su Rosa Balistreri……………………………………….. pag 32
Rosa e il fenomeno religioso……………………………………… pag 39
Rosa e la politica…………………………………………………….. pag 43
Rosa e il fenomeno mafioso………………………………………… pag 46
Rosa e Licata……………………………………………………… pag 49
Rosa la multimedialità ed i giornali………………………………… pag 52
Rosa e la condizione femminile…………………………………….. pag 55
Rosa e la cultura…………………………………………………….. pag 58
La vita di Rosa Balistreri:
la fanciullezza e la famiglia……………………………………. pag 63
vita girovaga della famiglia……………………………………. pag 70
gli amori di Rosa………………………………………………. pag 71
il matrimonio con Iachinazzu…………………………………. pag 72
vita palermitana……………………………………………….. pag 73
vita fiorentina………………………………………………… pag 74
il ritorno in Sicilia…………………………………………….. pag 77
Rosa e il teatro…………………………………………………….. pag 80
Discografia: la produzione artistica in dischi, musicassette e cd…. pag 85
I figli d‟arte di Rosa Balistreri…………………………………….. pag 92
Rosa e i cantastorie………………………………………………… pag 99
Musicisti che hanno accompagnato Rosa Balistreri ………………. pag 102
Indice generale 475

Testimonianze su Rosa
Mario Modestini………………………………………… pag 106
Biagio Scrimizzi……………………………………… pag 108
Fortunato Sindoni …………………………………… pag 111
Melo Freni…………………………………………… pag 112
Felice Liotti …………………………………………… pag 114
Salvo Licata …………………………………………… pag 116
Salvatore Di Marco ………………………………… pag 118
Paolo Emilio Carapezza …………………………… pag 122
Rocco Giorgi …………………………………………… pag 124
Laura Mollica………………………………………… pag 127
Vincenzo Marrali………………………………………… pag 128
Lillo Catania …………………………………………… pag 130
Agostino Comito …………………………………….. pag 137
Anna Cartia…………………………………………… pag 138
Nonò Salamone ……………………………………… pag 140
Salvatore Marfia………………………………………… pag 141
Francesco Pira…………………………………………… pag 143
Rita Botto………………………………………………… pag 146
Alfredo e Letizia Anelli……………………………… pag 147
Emiliana Perina ……………………………………… pag 148
Mimmo La Mantia……………………………………… pag 150
Francesco Giuffrida …………………………………… pag 152
Camillo Vecchio………………………………………… pag 155
Tano Avanzato………………………………………… pag 158
Antonio Bilotta………………………………………… pag 159
Antonio Cottone…………………………………………… pag 161
Carmelo Santrone……………………………………… pag 162
Serena Lao…………………………………………………. pag 164
Fifo Costanzo………………………………………………. pag 169
Salvo Dalfino………………………………………………. pag 170
Gino Santamaria…………………………………………… pag 172
Tanino Gaglio ……………………………………………… pag 173
Armando Sorce……………………………………………... pag 175
Salvatore Strincone………………………………………… pag 179
Indice generale 476

Testi e partiture di tutte le canzoni di Rosa Balistreri……………… pag 181

La voce della Sicilia (Tauro Record, 1969) ……………… pag 182


La cantatrice del sud (RCA, 1973 riedizione)
Rosa Balistreri (Teatro del sole dicembre 1996 riedizione)

Amore tu lo sai la vita è amara ……………………………… pag 209


(Cetra Folk 1971)
(Teatro del sole, dicembre 2000 riedizione)

Terra che non senti ………………………………………… pag 231


(Cetra Folk 1973)
(Teatro del sole 2000 riedizione)

Noi siamo nell' inferno carcerati…………………………… pag 257


Cetra Folk 1974 (Teatro del sole maggio 2000 riedizione)

Amuri senza amuri (Cetra Folk 1974, )…………………… pag 273


Vinni a cantari all'ariu scuvertu
(Cetra Folk 1978 riedizione)
(Teatro del sole, maggio 2000 riedizione

Rari e inediti (Teatro del Sole, 1997)……………………… pag 291

Canti della Sicilia (PDR 2000 Ed Vivaio due CD (2003) …… pag 313

Collection (Lucky Planets 2004) …………………………… pag 341

Amuri senza amuri (Lucky Planets 2007)……………… pag 342

Rosa canta e cunta (Teatro del Sole, 2007 )………………… pag 363

Canzoni varie……………………………………………… pag 377

Ulteriori canzoni (da concerti o registrazioni audio-video) pag 415

Dediche nei libri a Rosa ………………………………… pag 436


Indice generale 477

Rosa poetessa ……………………………………………… pag 440

Canzoni scritte per Rosa Balistreri da vari autori……..... pag 445

Le poesie dedicate a Rosa Balistreri ……………………… pag 449

Indice alfabetico delle canzoni…………………………….. pag 461

Indice per argomento ……………………………………… pag 466

Indice alfabetico dei personaggi………………………….. pag 471

Indice generale……………………………………………… pag 474


Rosa Balistreri e Dodi Moscati
dipinto di Manfredi Lombardi

Casa della famiglia Balistreri a Licata in via Martinez (quartiere Marina)


Targa sulla casa in cui ha vissuto
Rosa Balistreri
via Martinez (quartiere Marina – Licata -

Certificato di Matrimonio (a lato)


di Rosa Balistreri
si ringrazia Pierangelo Timoneri per avere
estrapolato dall‟archivio parrocchiale della
Chiesa Madre di Licata i due certificati

Certificato di Battesimo (sotto)


di Rosa Balistreri
Rosa Balistreri

Foto scattate presso Calamonaci, casa prof. Peppe Filippone


per gentile concessione di Emilio Accursio Guarisco
Rosa Balistreri foto estrapolate da filmati
Costo del libro € 5,00
2° edizione finita 23/10/2012 –Licata –
Per contatti con l‟autore Nicolò La Perna e-mail: niclap@alice.it

Potrebbero piacerti anche