Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Alcune famiglie romane possedevano in casa un archivio familiare, dato dalla necessità di contare i propri averi
[schiavi, bestiame, ecc.]; a redigere i loro atti privati, i documenti, ci pensava la figura del tabellones, degli scribi
professionisti pagati per svolgere questo tipo di lavoro. I documenti redatti dai tabellones per il diritto romano
non avevano pubblica fede (validità), non potevano essere portati davanti a un magistrato per attestare i propri
diritti – a meno che non fosse sottoposto a un procedimento stabilito dalla legge e chiamato “insinuazio”:
operazione di deposito presso un ufficio pubblico incaricato di ricevere atti privati. In seguito, sotto l’imperatore
Giustiniano (482 - 562 d.C.) primo imperatore d’Oriente, il quale introduce la legislazione giustinianea, è dato
ordinamento giuridico ai tabellones, che vengono regolati l’ufficio e la funzione. Sebbene Giustiniano riconosca
i tabellones e stabilì una sorta di formulario per i contratti (ovvero dà indicazioni precise su quali dovesse essere
la forma dei contratti), essi continuarono a non avere pubblica fede. Nel frattempo, i tabelliones si erano riuniti
in collegi, i quali nell’Italia bizantina, sopravvivono molto più a lungo rispetto ad altre zone dell’Italia, dove
comincia a prevalere la figura del notaio (all’inizio sono comunque degli scribi).
La deposizione di Romolo Augusto da parte di Odoacre segna la fine dell’Impero romano d’Occidente, nel 476
d.C. Quadro socio-storico di questo periodo: nell’alto Medioevo, si ha un declino iniziale delle istituzioni
politiche e sociali dell’impero. Si consolidano i regni romano-barbarici e rimane invece il periodo di splendore
dell’impero bizantino. Suddetto periodo di declino, che va dal 4/5 secolo fino all’8/9 sec d.C., cioè fino a Carlo
Magno, corrisponde a un crollo della produzione documentaria scritta, sia amministrativa sia privata lessicale e
contabile, a causa della quale perdono importanza gli archivi pubblici e ne acquistano quegli ecclesiastici.
In questo periodo, nonostante il paganesimo continui a esistere, la Chiesa di Roma diventa un’autorità politica ed
economica, e si fa depositaria della cultura grazie agli ecclesiastici, che scrivevano e leggevano in latino
(ritenuto un potere enorme). Dunque, la produzione, la trasmissione e la conservazione di opere e documenti
scritti, erano a opera esclusiva della chiesa. Non esiste documentazione (anche libraria) anteriore al XII secolo
che non ci sia stata tramandata da un ente religioso.
Gli archivi familiari tanto diffusi nella Roma tardo-repubblicana e imperiale sono ora rarissimi per una questione
di scarsa istruzione, persino nelle famiglie di rango elevato. I documenti laici in nostro possesso erano comunque
conversati all’interno di archivi ecclesiastici per vari motivi.
Archivio vaticano: le carte più importanti dell’archivio vaticano erano conservate sotto l’altare di San Pietro,
affidate a Dio. Poi sotto l’arco di Tito, fu costruito un luogo in cui era conservato una parte dell’archivio
vaticano. Anche quest’ultimo ha subito delle perdite e della dispersione, due in particolare: l’incendio durante la
lotta per le investiture, il trasferimento dei papi ad Avignone.
Archivi imperiali e regi: da un certo punto in poi, nell’alto Medioevo, vengono detti “scrignia”, questo perché
molto spesso le carte più importanti erano contenute all’interno di scrigni. presso i regnanti di varia natura
esistevano anche le cancellerie: dei veri e propri uffici, che fungevano sia da luogo di conversazione sia da luogo
di trascrizione dei documenti.
Già nel periodo di Carlo Magno i regnanti si spostano in varie parti dell’impero, portando con sé la parte più
importante degli scrignia; le parti più preziose rimangono fisse sul territorio, altre viaggiano con chi governa -
tant’è vero che questi archivi vengono definiti diatolia e statolia:
- diatolia: archivi che viaggiano insieme all’imperatore
- statolia: archivi che rimangono nel luogo in cui è insediato il podere imperiale
Gli stessi Normanni, nell’Italia meridionale avevano grande cura degli archivi; il problema non era riconoscerne
l’importanza, ma la permanenza degli archivi stessi. L’imperatore Federico II aveva due archivi: uno nel palazzo
reale di Palermo e l’altro nel palazzo reale di Messina. Egli vieta di prelevare i documenti pesanti dagli scrignia,
era solo concesso in determinate condizioni solo di estrarne copia.
Queste informazioni ci interessano perché chi deve fare ricerche in determinati periodi deve sapere che questi
fondi oggi sono negli archivi di stato.