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IL PAPATO NEL MEDIOEVO

C. Azzara
In seno alla giovanissima chiesa cristiana, già dal II secolo, alla sede episcopale di Roma veniva conferita una posizione di preminenza fra le diverse diocesi.
Autori come Tertulliano e Cipriano, facendo perno sulla figura di San Pietro, primo tra gli apostoli e primo vescovo di Roma, avevano attribuito alla chiesa
romana un primato morale e un ruolo di guida per quanto riguardava le questioni dottrinali. Con l’Editto di Milano del 313 d.C. promulgato da Costantino, tutte
le comunità cristiane che fino a quel momento avevano subito persecuzioni e martirio, sono ora libere di professare la propria fede al pari di tutti gli altri credo
religiosi. Ora la chiesa cristiana diviene addirittura persona giuridica fisica secondo la legge dello stato, conseguendo quindi diritti in ambito patrimoniale e
privilegi dal punto di vista fiscale. A Roma sotto Costantino si ebbe anche un forte impulso edilizio in relazione alle esigenze del culto, che comportò tra le altre
cose anche la costruzione di una nuova chiesa accanto al palazzo del Laterano. La basilica lateranense trovò posto all’interno della cinta muraria innalzata a suo
tempo dall’imperatore Aureliano a protezione delle scorrerie di barbari; al di fuori delle mura Costantino avviò anche i lavori per un’altra basilica, quella
Vaticana, e i due edifici divennero in breve tempo il centro della topografia cristiana di Roma. L’Urbe nella seconda metà del IV secolo completò il suo processo
di cristianizzazione; Costantino donò alle chiese della città diversi arredi sacri ma soprattutto notevoli proprietà fondiarie. All’inizio il vescovo di Roma era solo
l’amministratore dei beni a lui concessi dall’impero ma dal V – VI secolo egli seppe progressivamente acquisire la piena disponibilità di tali ricchezze.

CONCILIO DI SERDICA del 343 → riconobbe a sua volta una funzione primaziale del vescovo di Roma, in quanto si considerava che egli perpetuasse la
memoria di San Pietro essendo suo successore nella medesima sede. Su questo motivo della discendenza dall’apostolo avevano iniziato a insistere gli stessi papi
almeno a partire dai pontificati di Callisto I (217-222) e Stefano I (254-257). Costantino intanto, pur spostando il baricentro dell’impero a Oriente, non negava la
speciale autorità della chiesa romana.

EDITTO DI TESSALONICA del 380 → emanato da Teodosio, perfezionò l’ascesa della fede cristiana, il quale proclamò il cristianesimo unica religione
ammessa, avviando persecuzioni verso tutte le altre. La chiesa si trovò quindi a godere di una posizione inedita e di grande favore, potendo proseguire nella sua
predicazione e soprattutto accrescendo i suoi patrimoni, frutto delle continue donazioni dei fedeli e ora protetti dalla legge. Nel nuovo quadro politico ed
ecclesiastico generale, i vescovi di Roma a partire dal IV secolo e fino alla metà del V, si impegnarono in una vasta opera di consolidamento istituzionale e
organizzativo delle proprie strutture e, allo stesso tempo, mettendo a punto il proprio ruolo e le proprie prerogative. La sede romana si dotò in primo luogo di
scrinia ovvero di uffici, modellati sull’esempio di quelli imperiali, dove lavoravano notarii specializzati, con archivi che conservavano tutta la documentazione in
entrata e in uscita. Un simile sviluppo burocratico fu la base per imporre il successivo potere temporale dei papi. Contestualmente avanzò l’opera di precisazione
teorica del ruolo dei pontefici. Papa Damaso (366-384) fu il primo a indicare la chiesa di Roma come sedes apostolica in quanto fondata dagli apostoli Pietro e
Paolo che a Roma avevano trovato il martirio, facendo discendere da ciò il primato della propria sede episcopale.

Con questi argomenti, durante un concilio tenuto a Roma nel 382, viene assunta e ufficializzata in seno alla dottrina ufficiale della sede romana la tesi
petrologica a sostegno del preteso primato di Roma, come già diversi autori cristiani avevano puntualizzato, ad esempio Cipriano che sarà il primo a indicare la
chiesa romana come cathedra Petri. Damaso si fece anche promotore della traduzione della Bibbia in latino, affidando il compito a San Girolamo. L’esito fu la
Vulgata, che rese i contenuti del testo originale attraverso l’utilizzo del lessico giuridico romano e divenne in questo modo una solida base d’appoggio sul piano
giuridico-istituzionale per le rivendicazioni del papato. Sulla scia della Bibbia latina, per i cristiani fra IV e V secolo, si consolidò il principio secondo cui il papa
era il successore di diritto di San Pietro. Allo stesso tempo si ponevano in risalto l’enunciato del passo evangelico di Matteo 16, 18-19 (ed ego dico tibi quia
tu es Petrus et super hanc petram aedificabo ecclesiam mea…) insieme alla versione in latino operata da Rufino di Aquileia di un anonimo testo greco della fine
del II secolo, interpretato allora come una lettera di Clemente I, a San Giacomo, che pretendeva che Pietro avesse lasciato la potestas ligandi et solvendi(*)
ricevuta dal Redentore allo stesso Clemente. Si affermava quindi che Cristo aveva conferito in termini giuridici a Pietro dei poteri che passavano poi diritto ai
suoi unici successori, ovvero i vescovi di Roma. (*ovvero la facoltà di permettere e proibire una cosa, nelle Legge il potere di emanare leggi, espressa
anche dalle due chiavi).

Il successore di Damaso, Siricio (384-399), per poter comunicare con le autorità ecclesiastiche situate al di fuori di Roma, introdusse l’uso di una lettera chiamata
“decretale” (perché modellata sui decreta o responsa che l’imperatore inviava ai funzionari provinciali) con la quale forniva giudizi di autorità definitiva sui casi
che man mano gli venivano sottoposti. La più antica decretale → del 385 ai vescovi della penisola iberica, nella quale Siricio si dichiarava erede di Pietro; il
primo consistente nucleo → pontificato di Innocenzo I (401-417) dove rivendica alla sede di Roma tutte le cause maggiori della chiesa. Un’altra metafora di
questo periodo: il papa, erede di Pietro, stava alla chiesa universale come la testa sta al corpo umano.

Il lungo processo di definizione concettuale del primato del papa tuttavia ebbe il suo perfezionamento con Leone I, o Magno (440-461), fu egli infatti a coniare
la formula per cui il pontefice era “l’indegno erede di San Pietro”, quindi erede nella totalità dei suoi poteri, anche se non nello status personale che era
ovviamente irriproducibile. Sede romana → aggettivo apostolicus , apostolico. Venne anche introdotta la distinzione fra l’ufficio, oggettivo, e il suo detentore,
soggettivo, di modo che l’eventuale indegnità morale del pontefice non incidesse con l’istituzione. L’insieme di poteri di derivazione petrina = plenitudo
potestatis.

Il papato quindi attraverso una lunga elaborazione teorica sempre più consapevole e articolata, avanzava la pretesa di essere l’organo di governo supremo
dell’intera comunità cristiana. Questo primato giurisdizionale era definito principatus, come un potere monarchico di origine divina, diverso da quello
dell’imperatore che era frutto del divenire storico e delle azioni umane: quello del papa scaturiva infatti da un atto divino unico e irripetibile, posto al di fuori
della Storia. Questo però non avvenne senza contrasti, soprattutto sul fronte Orientale l’autorità del papa faticava a imporsi vista la concorrenza di Costantinopoli.
Scontro tra Roma e il patriarca di Costantinopoli per il ruolo di primato → nel 484, in occasione della reciproca scomunica del pontefice Felice II (483-492)
e del patriarca Acacio, in seguito al suggerimento di quest’ultimo all’imperatore Zenone di un documento, l’ Henotikon (o “editto di unione”) utile a fermare il
dibattito cristologico per ingraziarsi i Monofisiti. Lo scisma venne superato nel 519 con il pontificato di Ormisda, grazie alla mediazione dell’imperatore Giustino
ma lasciando vari risentimenti. Anche in Occidente comunque non mancavano episcopati che si ponevano quali concorrenti di Roma, come nel caso di Aquileia
che pretendeva di essere stata fondata dall’evangelista Marco.

L’incremento delle risorse economiche della chiesa da questo momento dipese sempre più dalle donazioni delle famiglie senatorie, le quali però cercavano in
qualche maniera di mantenere il controllo di tale complesso di beni anche dopo averli ceduti. Intervento di papa Simmaco (498-514) che fece passare il principio
secondo cui spettava al solo pontefice stabilire le regole per la gestione del patrimonio ecclesiastico. VI secolo → papato coinvolto nelle lotte tra le varie fazioni
delle famiglia senatorie; il vescovo di Roma infatti, come tutti i vescovi, veniva eletto “dal clero e dal popolo” e questo fa comprendere come il ruolo delle
famiglie aristocratiche fosse preponderante tanto da portare allo scontro tra più favoriti dalle diverse fazioni: scisma laurenziano (498-506) quando si
fronteggiarono due papi, Lorenzo e Simmaco, espressi da partiti opposti. Alla fine prevalse Simmaco e Lorenzo finì per essere iscritto nel catalogo dei
cosiddetti antipapi, cioè quei candidati non eletti in modo canonico in opposizione al papa leggittimo. I pontefici dei primi sei secoli → per la maggior parte
romani o comunque italici. Simmaco fu il primo a risiedere in Vaticano apportando ulteriori modifiche a livello costruttivo. Interventi edilizi del papa → riportati
in maniera dettagliata nel cosiddetto Liber Pontificalis.

Altro sforzo per il pontificato tardoantico fu relazionarsi con l’imperatore, finché rimase in Occidente, per poi misurarsi con l’unico avente sede in Oriente. A
questo proposito è necessario prendere in esame lo Speculum di Costantino, scritto da Eusebio di Cesarea, che postulava la possibilità per l’imperatore di
intervenire in ambito religioso ogniqualvolta lo ritenesse necessario per salvaguardare l’unità dell’impero e la Pax. In questa modo è evidente che risulta molto
complicato scindere le aree di competenza del potere laico e del potere religioso in quanto non vi era nessuna separazione: l’imperatore e i sacerdoti erano
chiamati a collaborare per la comunità cattolica e la sede migliore per farlo era il concilio, che veniva convocato dal princeps, sottoponendo poi ai padri lì
radunati i vari argomenti da trattare, salvo poi preoccuparsi di mettere in pratica le decisioni sinodali. La chiesa intanto, ancora priva di elementi d’imposizione, si
avvaleva del sostegno dell’impero. Con papa Gelasio I (492-496), introdusse una nuova definizione destinata a durare nei secoli ovvero una “collaborazione
alla pari” tra papato e impero. Solo Cristo infatti era stato re e sacerdote e dopo di lui nessuno avrebbe potuto tenere entrambe le autorità concentrate tra le mani,
di conseguenza i due officia dovevano necessariamente dividersi in due figure distinte e chiamate a cooperare. Tuttavia, nell’XI secolo, una interpretazione
estensiva del concetto tese a esaltare la superiorità del papato con la sua auctoritas, rispetto alla potestas dell’imperatore.

L’autorità universale dei pontefici romani comunque fatica a imporsi in Oriente, dove continuano a esistere sostanziali autonomie, usi, credenze, tradizioni. In
mancanza di nessi formalizzati tra le diverse chiese, l’unità della chiesa risiedeva soltanto nella fede professata.

I papi di fronte ai barbari → in seguito al declino dell’autorità imperiale, nel V secolo, i vescovi di Roma e di tutte le diocesi dovettero farso carico delle
comunità di cui avevano la responsabilità pastorale. Nel 410 io capo goto Alarico saccheggiò Roma. Il papa allora in carica era Innocenzo I, assente durante
l’avvenimento, quando rientrò in città si impegnò a prestare immediato aiuto alla popolazione. Sacco di Roma = incapacità dell’impero di tutelare la sua capitale
storica. Creato pontefice Leone I nel 440 → figura leggendaria in quanto affrontò Attila sulle rive del Mincio convincendolo ad arretrare; in questa chiave
agiografica si consolidò la posizione e la percezione dei pontefici romani, non solo per la città di Roma ma per tutta la penisola. Sempre Leone I, nel 455,
affrontò anche Genserico → mitigò solo la violenza del saccheggio con ricostruzione successiva → esaltazione figura del pontefice.

Il papato nel regno dei Goti → post deposizione di Romolo Augustolo nel 476 la situazione politica appare molto complessa per i pontefici: il potere
dell’impero veniva rimpiazzato da una pluralità di regni retti da monarchi barbari. Panorama ecclesiastico molto variegato che pone problemi differenti a Roma;
la chiesa viene spogliata di gran parte dei suoi bene mentre nei regni in cui c’è una conversione al cristianesimo nascono chiese locali che diventano punti di
riferimento. Penisola Italiana → con il regno del goto Teodorico, insediatosi nel 493, i papi si trovarono inseriti in un regno con un capo barbaro di fede ariana
che governa indistintamente la compagine romana e cattolica e la tribù d’origine, anche se i due gruppi si mantengono separati. L’equilibrio dura poco: politica
aggressiva nei confronti dell’aristocrazia romana che aveva mostrato sostegno al nuovo imperatore Giustiniano, il quale prospettava una riconquista
dell’Occidente. Papa Giovanni I → ambasciatore presso Costantinopoli non riuscì a scongiurare la guerra: venne accusato di tradimento. Guerra greco-gotica
durò dal 535 al 553 in uno scenario ampiamente devastato e si concluse con la Prammatica Sanzione (554) che ripristinò il potere imperiale in Italia e assegnò
un potere di spicco alla sede pontificia per l’interessamento di papa Vigilio (537-555).

Regno di Giustiniano: il papato dovete affrontare diverse umiliazioni. Un episodio in particolare vide papa Vigilio essere trascinato a Costantinopoli nel 547 per
sottoscrivere l’editto imperiale di condanna dei cosiddetti Tre Capitoli (gli scritti di tre teologi invisi ai Monofisiti e perciò vietati da Giustiniano che a quegli
ereti voleva riavvicinarsi per calcolo politico). Il clero non vide di buon occhio il cedimento di papa Vigilio. Alla sua morte venne eletto Pelagio I, voluto da
Giustiniano, anch’egli poco convinto sulla condanna dei Tre Capitoli alla fine cedette e in seguito venne relegato e esiliato. Breve restaurazione di Giustiniano
→ lascia un papato in seria difficoltà profondamente scosso dallo scisma dei Tre Capitoli.

Assetto dato da Giustiniano decade tra 568-569, i Longobardi si inseriscono in ampie porzioni di centro-nord con anche una buona porzione di Mezzogiorno.
Presenza longobarda → tutta l’Italia centro-settentrionale oltre ai due ducati di Spoleto e Benevento, questi due particolarmente minacciosi per Roma. I saccheggi
dei Longobardi non risparmiarono nemmeno i territori e gli edifici ecclesiastici, innescando la fuga di tanti vescovi e quindi provocando una disarticolazione del
tessuto diocesano nonostante la spinta del papato a non mancare nel sostegno delle comunità. Viene inserita la pratica di visitatores transitori per le comunità
sguarnite e in attesa di procedere con nuove elezioni canoniche. I papi si trovarono in una situazione molto delicata in cui dovevano mediare tra aristocrazia
romana e longobardi: papa Gregorio I, o Magno, eletto nel 590 ebbe un ruolo da protagonista → si profuse immediatamente in un’azione di protezione nei
confronti della comunità e della città di Roma dai Longobardi. Negoziando coi nemici convinse Agilulfo a non attaccare la città dietro pagamento di un riscatto.
La cosa non piacque all’imperatore Maurizio e all’esarca che la videro come una scelta autonoma fuori dall’autorità imperiale, tuttavia Gregorio si sentiva
legittimato a operare anche in campo politico per poter proteggere la comunità di fedeli. Gregorio cercò anche di tessere relazioni con i principali regni cristiani
d’Occidente in modo da essere un intermediario con il potere orientale, ma i rapporti con la Spagna dei Visigoti restarono abbastanza freddi nonostante la recente
conversione mentre si mostrarono immediatamente più amichevoli con il regno dei Franchi. Eccezionale apertura nei confronti delle isole britanniche →
conversione del re anglosassone del Kent Etelberto fu considerata una delle imprese più famose di Gregorio; va comunque considerato che il regno del Kent
aveva già legami con quello franco e rafforzare le alleanze tramite lo stesso credo poteva essere cosa positiva. Il papa dovette fronteggiare anche la questione
degli scismatici tricapitolini la cui roccaforte stava ad Aquileia e verso i quali il pontefice prevedeva una dura repressione che l’impero non riusciva a mettere in
pratica per mero calcolo politico. Ulteriore scontro con il patriarca di Costantinopoli → utilizzo del termine oikumenikos in modo da porsi al di sopra di tutta
la chiesa in virtù della sua vicinanza al potere imperiale.

Papa Gregorio → sistemazione dei patrimoni della chiesa romana, molto eterogenei a causa della provenienza diversificata delle donazioni. Cerca di favorire la
concentrazione del complesso patrimoniale, definito in questo periodo patrimonium sancti (o beati) Petri, nelle regioni centro-meridionali della penisola italiana,
pur mantenendo singole proprietà anche in Gallia, Africa, Balcani. VIII secolo: riorganizzazione e concentrazione ulteriore del patrimonio; a ogni singola
proprietà corrispondeva un rector, un amministratore di nomina pontificia, questo per evitare abusi ma soprattutto per garantirsi un gettito adeguato dei beni in
questione.
In seguito alla morte di Gregorio si ebbe un grave periodo di discontinuità in quanto si successero ben venti papi diversi in circa un secolo a cui si deve
sommare un ulteriore intervento del princeps su questioni dogmatiche. Imperatore Eraclio (610-614) → cerca di riassorbire il dissenso monofisita; patriarca di
Costantinopoli Sergio, 638 → propone Ekthesis al princeps, in cui cerca di aggirare la formula calcedoniana della doppia natura di Cristo, introducendo il
concetto di un’unica volontà (thelema) del Redentore. Roma si oppose immediatamente e condannò le posizioni cosiddette monotelitiche. 649 → convocazione
di un sinodo in Laterano dove venne respinto l’atto di Costante II di non discutere più dell’argomento; per risposta l’imperatore fece deportare papa Martino I in
Crimea dove morì. VI concilio ecumenico di Costantinopoli del 680-681: superamento della controversia monotelita con accettazione della formula
calcedoniana. Papa Sergio I (687-701) rifiutò di accettare i deliberati del concilio avvenuto in Oriente detto Quinisesto, Giustiniano prontamente volle
intervenire come per Martino ma l’esercito dell’esarcato si attivò in difesa del pontefice. Questo episodio mostra come aver spostato il baricentro dell’impero a
Oriente abbia dato modo all’Occidente di sperimentare una crescente autonomia. Nuovi equilibri = maggiore identificazione delle élite imperiali italiche con il
papato che al contempo addossano anche responsabilità politiche.

VIII secolo, regno di Liutprando → pressione longobarda sui territori centrali della penisola; 750-751 → un suo successore, Astolfo, prende Ravenna; il papa
Stefano II (752-757) preoccupato che potessero spingersi fino a Roma sia appella al re dei Franchi Pipino chiedendogli di intervenire per riprendere Ravenna e
tutti i centri appartenenti all’esarcato ma di non renderli a Costantinopoli, bensì alla chiesa romana che si presentava ormai come sostituto dell’impero in Italia. Il
papato in alleanza coi Franchi punta a una nuova entità politico-territoriale incardinata su Roma, in funzione antilongobarda: per la dinastia franca intervenire
significava in qualche modo legittimare il proprio potere, preso con il rovesciamento del re Merovingio.
Nel rapido mutare degli equilibri peninsulari l’obiettivo del papato sembra essere quello di dare vita, attraverso i Franchi, una nuova entità politico-territoriale incardinati su
Roma e in funzione antilongobarda. Tale progetto ebbe sviluppo in divenire: il papato si rivolse ai Franchi e alla loro superiorità militare per scongiurare il pericolo di venire
inglobato in un grande regno longobardo, dall’altro lato per la dinastia dei Pipinidi intervenire significava ottenere una legittimazione necessaria considerata la deposizione
dell’antica famiglia dei Merovingi per ottenere il trono. Pipino ricevette l’unzione regia, gesto considerato di altissimo valore.

Papa Paolo I (757-767) e papa Stefano III (768-772) → ripeterono l’invito ai Franchi; in particolare Stefano III pretese i territori imperiali della Venetia e dell’Histria. Ai vari
appelli dei papi comunque i Franchi risposero in questo periodo con interventi militari limitati che portarono a negoziare coi Longobardi. Intanto si facevano sempre più precari i
rapporti tra Roma e Costantinopoli → disinteresse di quest’ultima alle questioni politiche occidentali insieme a svariate polemiche religiose (monoteliti e questione iconoclasta);
726, Leone III Isaurico si pronuncia pubblicamente contro le immagini sacre e le fa rimuovere → decisione in aperto conflitto con il papa Gregorio II (715-731) e con lo stesso
patriarca di Costantinopoli, Germano.

730 → il culto delle immagini venne proibito per editto e fu avviata la persecuzione degli iconoduli, il patriarca Germano venne deposto e la stessa minaccia arrivò al papa, ma in
Italia il sostegno a quest’ultimo era ben radicato tant’è che gli eserciti imperiali e gli stessi Longobardi si schierarono in difesa del papa. La crisi arrivò con Costantino V che,
dotato di una profonda conoscenza teologica, condannò definitivamente il culto delle immagini sacre → sinodo, 754: assenza della delegazione romana, decisione categorica
dell’imperatore, massima severità dei deliberati. Con Leone IV si notano posizioni più moderate, con un tentativo successivo di reintroduzione delle immagini sacre dato
dall’imperatrice Irene (reggente per conto del figlio Costantino VI). 787 → VIII concilio ecumenico tenuto a Nicea: ripristinò il culto delle immagini, tuttavia la spaccatura tra
Occidente latino e Oriente greco appariva ormai completamente insanabile.

Timore dei pontefici per la pressione longobarda → il nuovo re Desiderio, nel 756, rinforzò il proprio controllo sui ducati di Spoleto e Benevento e giunse a intromettersi
nell’elezione papale in seguito alla morte di Paolo I, proponendo con forza come candidato un certo Filippo. La situazione portò a un intervento del re dei Franchi Carlo (futuro
Carlo Magno) che decise di intervenire alle svariate richieste di aiuto del papato e discese in Italia, sconfisse Desiderio e inglobò nei propri regni i territori dei Longobardi
( tranne ducato di Benevento che restò indipendente). Carlo non mantenne la promessa di cedere al papa, che allora era Adriano I (772-795) la sovranità dei territori appartenuti
all’Esarcato (Ravenna, Ventia, Histria e l’ex ducato longobardo di Spoleto). Diritti di sovranità del papa → solo su un ambito che corrispondeva, circa, all’odierno Lazio.

Formazione del vasto dominio carolingio = punto d’appoggio fondamentale per il papato in modo da poter promuove l’evangelizzazione e continuare a ribadire il suo ruolo
di guida della cristianità, soprattutto ora che la crisi iconoclasta con l’Oriente era all’apice. 25 dicembre 800 → il papa Leone III (795-816) incoronò Carlo imperatore con una
cerimonia solenne; attraverso questo atto il papato si fece tramite del ritorno del potere imperiale in Occidente creando quindi un concorrente nei confronti di Bisanzio. Impero
Franco → legato a doppio filo con il papato si pose come erede dell’impero romano cristiano. Questa rinascita del potere imperiale in Occidente richiese anche una
rielaborazione del rapporto tra autorità pontificia e potere imperiale: il papa divenne il mezzo per definire il concetto di translatio imperii, ovvero la duplicazione dell’autorità del
princeps di Costantinopoli trasferita in Occidente e affidata al re dei Franchi, il quale divenne il nuovo imperatore dei romani. Alleanza tra papato e franchi → risolvere a proprio
favore l’antichissimo dualismo con il princeps in termini di autorità.

Impero di Carlo Magno → viene riprodotto il tradizionale modello di una chiesa imperiale. Ne risulta un equilibrio complicato e ambiguo tra potere laico e potere ecclesiastico.
Nonostante Carlo fosse convinto che le istituzioni ecclesiastiche dovessero sottostare al suo controllo, fu il papato ad assumere sempre maggiore controllo sulla chiesa
occidentale. Età carolingia → produzione del falso noto come Constitutum Costantini (la donazione di Costantino), ampiamente sfruttato dai pontefici per legittimare interessi
e pretese, secondo cui Costantino aveva donato a papa Silvestro I il palazzo in Laterano, la città di Roma e tutta la Pars Occidentalis dell’impero.
Rafforzamento della posizione del papa = contributo notevole alla politica dei franchi: VIII secolo, opera di azione missionaria nel cuore della Germania e processo di
romanizzazione di tutte le chiese locali dove venne imposto il modello romano per riti e regole; per i monasteri venne imposta ovunque la regola benedettina. Scopo
dell’imperatore: normalizzare la fede, le attività pastorali e l’organizzazione interna di chiese e monasteri; i papi ebbero un ruolo marginale in questo caso ma ricevettero discreti
vantaggi → intero corpo ecclesiastico occidentale si andò così coordinando attorno alla sede di Pietro; anni sessanta del X secolo: influenza di Roma anche nelle aree slave e
est europeo; XI secolo: cristianizzazione dell’area scandinava che si legò a Roma. I Carolingi intanto diedero ampi poteri ai propri arcivescovi che li esercitavano sui loro
suffraganei, i quali però preferivano svicolarsi da tale autorità preferendo far direttamente capo alla protezione di Roma, considerando preferibile dipendere da un’autorità simile.
Proprio in tale prospettiva nacque in questo periodo la raccolta chiamata Pseudo Isidoro o Decratali pseudo isidoriane: si trattava di documenti giuridici falsi creati ad hoc per
difendere l’autonomia dei singoli vescovi dal potere laico e dei metropoliti, sottoponendoli piuttosto all’autorità del papa. Lo Pseudo Isidoro fu una grande arma nelle mani dei
pontefici per affermare la propria volontà di accentramento a danno delle chiese locali. Niccolò I (858-867) fu il primo papa ad avvalersi delle pseudo isidoriane → riuscì
nell’intento di definire ancora di più il primato papale e soprattutto accelerò quel processo di distacco di Roma dalla sfera greco-orientale e quindi da Costantinopoli.

Il legame tra pontefice e imperatore si fece sempre più stretto e carico di aspetti simbolici → nell’846 i Saraceni riuscirono a invadere Roma, il papa Leone IV (847-855) →
cinta muraria attorno al Vaticano. Papa Giovanni VIII (872-882) → sconfisse i Saraceni guidando personalmente una flotta.

In seguito alla nomina di Niccolò I → nuovo scontro che la chiesa di Costantinopoli: l’imperatore Michele III aveva imposto il patriarca Fozio, deponendo il suo
predecessore Ignazio. Il papa intervenne immediatamente per il suo reintegro. Fozio rispose convocando un concilio a Costantinopoli, nell’867, dove scomunicò il pontefice
romano e lo dichiarò deposto dando il via a una situazione di scisma tra chiesa occidentale e chiesa orientale. Lo scisma venne ricomposto grazie a un concilio tenuto
nell’869-870, ma lasciò comunque una ferita aperta. A inasprire la polemica tra Roma e Costantinopoli fu poi la questione sull’evangelizzazione delle genti slave, in particolari
bulgari. Questi infatti vennero avviati al cristianesimo dalla chiesa greca ma si rivolsero a Roma nel momento in cui il patriarca costantinopolitano non permise loro di fondare un
patriarcato bulgaro. Niccolò I ne approfittò per inviare in Bulgaria missionari che potessero porre le basi per strutturare la nascente chiesa ma Fozio lo vide come una minaccia
alla propria giurisdizione → chiesa bulgare passa nuovamente sotto la sfera orientale, come anche quella russa e serba.

Età postcarolingia → la condizione del papato soffrì della crisi dell’ordinamento carolingio. La debolezza degli ultimi esponenti della dinastia franca lasciò Roma in balìa
delle prepotenze dell’aristocrazia romana. Per lunghi decenni si susseguirono sul soglio di Pietro innumerevoli papi imposti con la forza dalle famiglie più potenti e in vista,
molto spesso indegni e incapaci (episodio di Stefano VI). Malgrado i vari scandali di questo periodo il papato riuscì a conservare il proprio prestigio in Occidente grazie alla
distinzione che si faceva tra l’ufficio del papa e la persona che lo ricopriva, la cui indegnità non macchiava l’istituzione. Inoltre la Cancelleria si manteneva efficiente per quanto
riguarda la gestione amministrativa. Stagione nuova per il papato → 962, conquista del titolo di imperatore da parte di Ottone I della casa di Sassonia, che restaurò la potestà
imperiale in Occidente. Iniziale accordo tra imperatore e papa Giovanni XII (955-964) → durò poco e Roma venne travolta prima dalla lotta tra Giovanni XII se
l’antipapa Leone VIII, poi dalle ingerenze della famiglia dei Crescenzi che controllò le nomine papali per oltre un quarantennio in aperta competizione con
l’imperatore e infine con il susseguirsi di violenze e omicidi. Ottone III cerca di intervenire → 996 , impose come pontefice Brunone di Carinzia, che prese il nome di
Gregorio V, difendendolo con forza dai tentativi dei Crescenzi di imporre l’ennesimo antipapa. Latitanza dell’impero da Roma = ingerenze sempre più gravi da parte delle
famiglie locali → tra il 1044 e il 1046 si ebbe addirittura la contemporanea presenza di tre papi, Benedetto IX, Silvestro III e Gregorio VI. 1046 → discesa a Roma
dell’imperatore Enrico III che, tramite sinodo, riuscì a sbarazzarsi dei tre papi e imporre Clemente II, primo di una serie di pontefici tedeschi con indicazione imperiale che
per provenienza e formazione sarebbero stati liberi da qualsiasi condizionamento locale romano. In questo periodo inizia a sentirsi la necessità di una riforma etica e istituzionale
della chiesa.
Commistione di ruoli e funzioni tra ordinamenti ecclesiastici e laici, tipica dell’impero carolingio → fattore fondamentale del degrado istituzionale e morale della
chiesa.

Clero di questo periodo → privo della necessaria formazione teologica e dello spessore morale necessario ai pontefici; spesso persistevano in stili di vita tipici
dell’aristocrazia laica (attività politica, svaghi, concubinaggio). Clero di rango inferiore: inadeguato e incolto → necessaria immediata riforma dei costumi del
clero affinché si presentasse degno e attrezzato a svolgere il proprio ruolo e soprattutto ponesse fine alle ingerenze dei laici.

Spinta al rinnovamento → nacque spontaneamente e in luoghi diversi e venne ampiamente contrastato da chi, nella chiesa e tra i laici, si preoccupava di
conservare la situazione attuale in modo da non perdere gli innumerevoli privilegi di cui godevano. Furono comunque tanti i vescovi autorevoli che diedero il
loro contributo alla causa della riforma, anche se il contributo maggiore lo diedero alcuni ambienti del monachesimo che auspicavano a una trasformazione
dell’organizzazione della chiesa in senso monastico, abbracciando quindi un ideale di vita di assoluta purezza incentrato sulla preghiera. In particolare
un’elaborazione del genere venne dal monastero di Cluny, fondato nel 910 dal duca d’Aquitania Guglielmo e presto capace di acquisire una certa autonomia →
oltre a proporre un modello fondato sul primato della preghiera, Cluny fu in grado di sviluppare una peculiare forma di organizzazione generando una rete di
monasteri, detti priorati, collegati fra loro e dotati di una base economica resa cospicua dalle donazioni e sottoposti direttamente la controllo papale.

Nello stesso periodo → rilancio della vita eremitica, riprendendo le esperienze e i modelli orientali. Da questo nacque l’ordine dei certosini, le cui abbazie (le
Certose) si diffusero in maniera capillare, analogamente ai cistercensi che ebbe origine dall’abbazia di Citeaux, ispirandosi ai primordi del movimento
benedettino. X e XI secolo → spinta al necessario rinnovamento delle istituzioni ecclesiastiche anche da parte dei ceti popolari, che condannavano la ricchezza
accumulata dalla chiesa e proponeva come soluzione un ritorno alla cristianità delle origini, semplice nei costumi e caratterizzata da povertà evangelica. I vari
movimenti laicali di ispirazione pauperistica erano presenti soprattutto nelle città, dove il tessuto sociale era più solido e dinamico: rispetto alle posizioni degli
ordini monastici quelli laici risultavano molto più radicate, indicando la necessità di abbandonare ogni bene materiale e quindi postulando una totale
trasformazione della struttura ecclesiastica. Il clero riformatore dovette quindi intervenire per smussare gli eccessi di tali movimenti

Priorità assoluta → estirpare i comportamenti più diffusi, ovvero la simonia (la compravendita di cariche ecclesiastiche per vantaggi materiali) e il
nicolaismo (l’uso di molti preti di avere presso di sé delle concubine). Il celibato del clero restava infatti largamente inosservato e prima ancora di prestarsi a
censure morali, destava problemi di tipo patrimoniali nel momento in cui la procreazione di figli da parte dei sacerdoti comportava il rischio di disperdere il
patrimonio della chiesa. Imporre il celibato ai preti → distinguere nettamente lo stile di vita dei laici da quello dei sacerdoti. Misure contro la simonia e il
nicolaismo: deposizione di tutti i preti giudicati simoniaci e prescrizione di astenersi dalla comunione a quelli concubinari. Allo stesso tempo si cercò di
ridare vigore alla funzione pastorale del clero attraverso esperienze di vita comune attorno alle grandi chiese cattedrali.

In seguito all’elezione di Clemente II per volontà dell’imperatore Enrico III, nel 1046, il papato aveva potuto avviare una stagione di consolidamento
istituzionale, protetto dall’influenza dell’aristocrazia romana. Nuova alleanza tra papato e impero → diede via a un’opera di grande rinnovamento con il
recupero della tradizione giuridica canonica. I papi tedeschi (cinque da Clemente II a Stefano IX, fino al 1058) seppero circondarsi di personaggi molto validi
(Pier Damiani, Anselmo da Baggio). Il collegio cardinalizio fu rinnovato soprattutto ad opera di Leone IX (1049-1054); i pontefici convocarono e presiedettero a
diversi concili, infine venne potenziata la rete dei legati pontifici in modo da assicurare un collegamento tra Roma e le aree geografiche più remote. Il papato
dalla metà dell’XI secolo riuscì a guadagnarsi una posizione di rilievo pur dovendo gestire forti contrasti. Questa azione graduale portò il papato ad affermare in
modo sempre più consapevole il proprio primato: al pontefice romano venne attribuito il termine apostolicus, nel senso di unico successore degli apostoli e di
disciplinare poco per volta l’intera chiesa occidentale sotto la propria autorità. Irrobustimento posizione primaziale della sede di Roma → strappo decisivo
con Costantinopoli durante il pontificato di Leone IX, tra il 1053-1054. I rapporti precipitarono nel momento in cui il patriarca Michele Cerulario non solo
fece chiudere le chiese e i monasteri latini a Costantinopoli, ma avanzò anche contestazioni circa la validità del rito dell’eucarestia impartita in Occidente: ne
seguì uno scontro gravissimo in cui la cancelleria romana mise in atto tutte le argomentazioni giuridiche e dottrinali elaborate nel tempo. Una legazione latina
inviata a Costantinopoli non riuscì a riavviare il dialogo con il patriarca e il 16 luglio 1054 si giunse alla rispettiva scomunica che terminò con la separazione
definitiva tra la chiesa cattolica e quella ortodossa, ancor oggi esistente. Fu questo l’inizio di un lunghissimo processo di divaricazione di molte componenti e
aspetti. Sul piano puramente ecclesiastico palese la volontà del pontefice di vedersi riconosciuto il primato sulla chiesa universale.

Pontificato di Leone IX → significato rilevante anche dal punto di vista politico: il confronto con i Normanni in Italia meridionale, che da semplici guerrieri
mercenari al soldo delle forze locali erano riusciti a farsi strada nella regione a danno dei principati longobardi e dei bizantini, avviando una nuova dominazione
in un’area strategica per il papato. Leone IX → spedizione antinormanna in accordo con il catapano bizantino Argiro che però si risolse in una sconfitta. Il
papa comprese che era necessario cambiare atteggiamento nei confronti dei Normanni del Mezzogiorno intuendone la valenza militare a sostegno della propria
causa; i pontefici a seguire legittimarono la creazione prima di formazioni politiche e in seguito di un potente regno, fondato nel 1130 da Ruggero II e
comprendente tutta l’Italia meridionale inclusa la Sicilia strappata agli arabi, che si legò vassallaticamente a Roma.

Morte di Enrico III, 1056 → l’aristocrazia romana ne approfitta per recuperare controllo sulla nomina papale. Ultimo pontefice di nomina imperiale: Vittore II,
al quale successe Stefano IX a sua volta legato alla grande aristocrazia vicina all’impero. Morte di Stefano IX → conte Gregorio di Tuscolo, con l’aiuto dei
Crescenzi, provò a far eleggere suo fratello Giovanni, ma i cardinali riuniti a Siena con il benestare dell’imperatrice Agnese, regnante per il piccolo Enrico IV,
scelsero il vescovo di Firenze Gerardo di Borgogna. Il nuovo pontefice, Niccolò II, rimase in carica dal 1059 al 1061 e diede un grande supporto all’azione di
riforma della chiesa.

Niccolò II → convocò in Laterano un concilio di grandissima importanza nel quale venne introdotto il principio, ratificato poi nel Decretum in electione papae, che da
allora in avanti l’elezione del papa non si sarebbe più svolta secondo l’antica formula episcopale “per clero e popolo”, ma fosse riservata per via esclusiva ai cardinali,
ovvero agli ecclesiastici titolari delle basiliche delle città di Roma e suburbicarie, dette “chiese cardine”. Al clero e al popolo restava la possibilità di acclamare il nuovo
eletto. Con tale innovazione si preclude al popolo, quindi ai laici aristocratici romani, di esercitare pressioni e influenze nella scelta e nella nomina del pontefice e allo
stesso modo si limita anche il raggio d’azione dell’imperatore che, non a casa, respinse i deliberati del concilio. Decreto conciliare → conteneva un cenno sulla necessità
di salvaguardare honor e reverentia dell’imperatore ma restando di fatto ambiguo sulla possibilità per l’imperatore di dare assenso al candidato proposto. Fu proprio
questo a creare ulteriore scompiglio quando, alla morte di Niccolò II, venne eletto con il nuovo sistema il vescovo di Lucca Anselmo da Baggio, che assunse il nome di
Alessandro II (1061-1073) e fu un deciso sostenitore della riforma. Al nuovo papa l’impero oppose il presule di Parma Cadalo (Onorio II), costui riuscì
momentaneamente a scacciare il suo avversario da Roma ma in seguito fu abbandonato dai suoi stessi sostenitori e condannato da un sinodo che si pronunciò per
Alessandro II. In occasione di questo scisma si pronunciò Pier Damiani continuando a portare avanti l’idea di ridurre al minimo le prerogative imperiali e di
conseguenza anche quelle dei laici, i quali erano ben decisi a dare battaglia su questo punto. Nella ridefinizione degli assetti il papato strinse ulteriormente un vincolo
coi i Normanni: Niccolò II concesse a Roberto il Guiscardo i ducati di Puglia e Calabria in cambio di aiuto militare a tutela del Decretum in electone papae e di tutti gli
altri decreti conciliari che avevano stabilito apertamente la condanna della simonia e del concubinaggio.

Alessandro II → agì in maniera incisiva per il successo del moto riformatore; il papato seppe intensificare la propria influenza sui paesi in cui era più debole,
mostrando di saper utilizzare a proprio vantaggio tutti gli strumenti che il periodo metteva a disposizione (es. rapporto vassallatico). Papato → l’impeto
riformatore non doveva sconvolgere la radice della gerarchia ecclesiastica: prioritario fissare il proprio primato in maniera indiscutibile al di sotto del quale
potevano legittimarsi i vari movimenti.

1065 → Enrico IV raggiunge la maggiore età e per cercare di rafforzare la propria posizione distribuì varie cariche ecclesiastiche di moda da circondarsi da
vescovi e abati fidati; questo agli occhi del papato era apertamente simonia e il conflitto fu inevitabile. 1073, sale al soglio pontificio Gregorio VII → la
trasformazione delle istituzioni ecclesiastiche ebbe modo di esprimersi nella maniera più matura e incisiva, sia nelle manifestazioni interne sia nei rapporti con il
potere politico. Gregorio VII → elaborazione dell’assoluto concetto di primato del papa di Roma, tanto da disegnare un modello piramidale e gerarchico
dove il papa stava al vertice unico e indiscusso, assetto che avrebbe poi caratterizzato la chiesa cattolica rispetto a tutte le altre chiese cristiane. XI secolo → tali
procedimenti si risultò funzionale poiché in questo periodo si riuscì a disciplinare sotto un’unica guida tutte le diverse spinte riformatrici. Gregorio VII →
rivendicò il principio della libertas ecclesiae, cioè la libertà delle istituzioni da qualsiasi ingerenza del potere laico. Questo fu il punto di arrivo di un lunghissimo
processo di costruzione teorica in cui ora il papato arriva a pretendere la propria supremazia anche sull’imperatore, aprendo la strada a tutta una serie di conflitti.
Chiesa → in difesa della propria autonomia era arrivata a rovesciare i termini del rapporto con l’impero, rivendicando per sé un ruolo egemone sull’intera
cristianità.

Gregorio VII → primo scontro con Enrico IV: emanazione, nell’ambito di un concilio romano del 1075; di un decreto che condannava ogni investitura, cioè
ogni concessione di diritti pubblici a un ecclesiastico da parte di laici; questo andava a minare la rete di solidarietà che l’imperatore si era creato tra vescovi e
abati e per tutta risposta rifiuta il decreto e ne sfida il contenuto facendo eleggere arcivescovo di Milano un proprio candidato in disaccordo con il papa. In due
assemblee di vescovi a lui fedeli tenue a Worms e a Piacenza nel 1076, Enrico IV accusa il papa di tradimento e lo dichiara deposto; il pontefice pronunciò
subito la scomunica. Di fronte alle prime ribellioni, Enrico dovette piegarsi al pontefice per indurlo a ritirare il provvedimento → nell’inverno del 1076-77
Enrico IV scende in Italia verso il castello di Matilde di Canossa dove il papa era ospite, il quale si rifiutò di incontrarlo. L’imperatore restò in mezzo alla neve
per tre giorni in atteggiamento da penitente fino a quando il papa decise di proscioglierlo dalla scomunica.

1076 → celeberrimo documento pontificio noto come Dictatus Papae → ventisette proposizioni piuttosto corte (quasi dei titoli) esplicativi della nuova
consapevolezza acquisita dal papato: affermava la totale dipendenza delle cariche ecclesiastiche dal pontefice; il papa è il solo a poter essere chiamato universale,
è sanctus per i meriti di San Pietro se eletto in modo canonico; il pontefice romano poteva usare anche le insegne imperiali.

Concordia tra Gregorio VII e Enrico IV fu di breve durata in quanto l’imperatore riprese quasi subito gli attacchi al papa, sostenuto dai vescovi contrari alla
riforma. 1080 → sinodo a Bressanone, i vescovi e l’imperatore dichiarano di nuovo deposto il papa opponendogli l’antipapa Clemente III. In entrambi i campi
ci furono defezioni, a riprova del fatto che le compagini non erano così compatte e tendevano a prevalere sempre gli interessi sulle idealità. Vi fu chi cercò la
strada della mediazione ma senza risultati, tanto più che Gregorio stava già preparando la guerra contro l’antipapa e i suoi sostenitori. 1081 → Enrico IV pone
sotto assedio Roma e tre anni dopo riesce a entrarvi e imporre Clemente III, il quale lo incoronò imperatore; quindi si ritirò proprio nel momento in cui arrivarono
i Normanni chiamati da Gregorio VII, i quali però approfittarono dell’assenza di difese dandosi al saccheggio e conducendo il papa nei loro territori tenendolo in
ostaggio. Gregorio VII morì a Salerno nel 1085.

Morto Gregorio VII, chi intendeva proseguirne l’azione affrontò incertezze che tardarono l’elezione di un successore, scelto infine in Vittore II che però restò in
carica pochi mesi e a cui successe Urbano II (1088-89). Urbano II adottò una politica di mediazione rispetto ai suoi predecessori ma questo non garantì a evitare i
contrasti. Roma → sempre più preoccupata di evitare lo sconvolgimento dell’organizzazione ecclesiastica, pur restando salda nella necessità di una riforma
morale, fece emergere lo scrupolo di porre al riparo i sacerdoti dalle contestazioni e dal giudizio dei laici revocando tutte le aperture concesse al laicato
precedentemente. Urbano II → allarga a Francia e Inghilterra la questione delle investiture, dando inoltre un forte contributo al consolidamento dell’autorità
pontificia: rimarca il principio della capacità papale di dispensa cioè di prendere decisioni in deroga dalle norme in situazioni particolari. Sempre a Urbano II
viene attribuita l’allocuzione secondo cui si esortavano i cavalieri a partire per un pellegrinaggio a Gerusalemme, armato per potersi difendere dai turchi
selgiuchidi che da poco avevano occupato la città. I turchi dal canto loro non avevano mai limitato l’ingresso di pellegrini nella città ma lo avevano reso più
complesso inserendo una nuova tassa d’ingresso a Gerusalemme. L’invito di Urbano II venne poi interpretato come bando della prima crociata, cioè della prima
spedizione militare che partì nel 1096 e finì con il prendere Gerusalemme tre anni dopo e creare un regno latino che sopravvisse per circa un secolo, prima della
rivincita musulmana con il sultano Salah ad-Din. L’idea della crociata nascondeva comunque ben altri obiettivi di natura politico-economici, legittimati
dall’argomento religioso, fino a indicare il conflitto contro l’Islam per la Terrasanta. Papi del XII-XIII secolo → i principi avevano l’obbligo di partecipare e
organizzare alla crociata, pena la scomunica.

Pasquale II (1099-1118), successore di Urbano → fronteggia il nuovo imperatore Enrico V che fa 1110 e 1111 cercò di chiudere il discorso sulle investiture in un
primo momento si mostrò concorde con il papa, successivamente visto il disaccordo di gran parte dell’episcopato, costrinse il papa tenuto in ostaggio a dare il suo
consenso. Un concilio tenutosi in Laterano dichiarò nullo tale accordo e costrinse Pasquale II a difendersi ribadendo gli stessi principi visti con Gregorio VII.
Pasquale II → rafforza la posizione centrale del papato con strumenti istituzionali e organizzativi, legando ancora più saldamente a sé il collegio dei cardinali.
Egli morì tentando di rientrare in Vaticano, occupato dai suoi nemici favorevoli a Enrico V disceso in Italia. Gelasio II gli successe per breve tempo, a sua volta
obbligato a fuggire per le pressioni della famiglia dei Frangipane e dell’imperatore. 1119 → eletto pontefice Callisto II (in carica fino al 1124) con il quale il
lunghissimo dibattito delle investiture si concluse con un compromesso messo a punto nel cosiddetto Concordato di Worms del 1122. La formula distingue
l’investitura spirituale dei vescovi da quella temporale lasciata all’imperatore: nei territori tedeschi quest’ultimo poteva presenziare alle elezioni episcopali ed era
sua facoltà investire il vescovo di cariche e beni temporali prima della consacrazione; in Italia invece l’investitura doveva seguire la consacrazione. A questo
punto la posizione del papato appare ben irrobustita e saldamente al vertice di una chiesa tutta ridisegnata in funzione della sua centralità romana.

XII secolo → ulteriore consolidamento della posizione papale, nonostante le pressioni continue ricevute dalle famiglie aristocratiche. La discussione maggiore
avveniva ovviamente in sede di collegio cardinalizio, deputato all’elezione del pontefice. Morto Callisto II nel 1124 la famiglia dei Frangipane portò all’elezione
Celestino II che però fu costretto a dimettersi immediatamente per essere sostituito da Onorio II. Intorno al 1130 sedici cardinali legati ai Frangipane, riuniti per
conto loro, elessero Innocenzo II senza però coinvolgere gli altri quattordici cardinali, che replicarono l’elezione scegliendo Anacleto II con il sostegno di dieci
che prima avevano sostenuto Innocenzo II. Anacleto morì lasciando campo libero al suo avversario, questo per far intendere quante forze intervenivano
sull’elezione del pontefice.

Innocenzo II → legame stretto con il regno di Francia, sottolineato dall’incoronazione del re Luigi VII a Reims nel 1131: Roma e Francia, rapporto di reciproco
vantaggio politico e ideologico. Innocenzo II → dovette affrontare diverse forme di dissenso: le dottrine di Pietro Abelardo, infine dichiarate eretiche, insieme
alla predicazione di Arnaldo da Brescia che si scagliava contro la ricchezza del clero. Il papa condannò Arnaldo come eretico costringendolo all’esilio in Francia;
successivamente però egli tornò in Italia dando luogo a una violenta contestazione delle gerarchie ecclesiastiche: nel 1155 l’imperatore Federico I lo catturò e lo
consegnò a papa Adriano IV (1154-1159) che lo fece impiccare.

Bernardo di Chiaravalle → esercitò notevole influenza sul papato di questo periodo, teorizzando il governo del pontefice sul mondo intero in quanto vicario di
Cristo sulla terra. Il papa deteneva infatti, avendole ricevute da Dio, le spade evocate dall’evangelista Luca, quella del potere spirituale che brandiva in prima
persona e quella del potere temporale, che affidava ai principi secolari. Pontefice → doveva porsi come speculator, supervisore e guida di tutti i cristiani. La
formula vicarius Christi entra regolarmente nell’uso della cancelleria pontificia sovrapponendosi a quella di successore di Pietro: Cristo aveva confermato a
Pietro dei poteri delegati e il papa li esercitava in quanto erede dell’apostolo. Papato XII secolo → funzione di governo sulla chiesa occidentale, in virtù di una
riconosciuta capacità giurisdizionale. Strumento di fondamentale importanza → Decretum, 1140, raccolta di diritto canonico compilata dal monaco camaldolese
Graziano.

Ascesa al trono di Federico I Barbarossa nel 1152, della famiglia degli Hihenstaufen → nuova stagione di aspra lotta politica e ideologica con il pontefice
Adriano IV. Federico I, attraverso il recupero del diritto romano, andava riappropriandosi delle sue prerogative, riaffermando la propria natura di monarca
universale completamente autonomo da ogni altra autorità, che riceveva il potere direttamente da Dio. 1158 → entra in uso la denominazione di Sacrum
Imperium Romanum, a indicare l’eredità romano-cristiana e la missione divina dell’impero di contenere al suo interno le stesse istituzioni ecclesiastiche. Tutto
questo appare in forte contrasto con quanto elaborato nel tempo dal papato. Le teorie di Federico I spingono Adriano IV a proteggersi, data anche la sua presenza
in armi in Italia settentrionale, rafforzando in primis la sua alleanza con il re normanno di Sicilia Guglielmo che nel 1156 diventa vassallo del papa.

Seconda metà del XII secolo → ulteriore scontro a causa dell’imperatore Michele Comneno che cercò di intervenire in Occidente, mirando a riconquistare anche i
territori del Mezzogiorno. Tale politica si rivelò fallimentare ed espulse Costantinopoli da questo ambito. Elezione di papa Alessandro III → Federico I prese
posizione non riconoscendolo e proponendo un altro candidato, Vittore IV. Federico I convocò un sinodo a Pavia per risolvere la cosa ma le delibere vennero
accettare solo nei territori dell’impero. Alessandro III → scomunicato l’imperatore, fu costretto a vivere lontano da Roma per diverso tempo, idem Vittore IV in
Italia Settentrionale sotto la protezione di Federico. Morto quest’ultimo gli successe Pasquale III, nominato dall’imperatore; 1167, alla sua morte venne nominato
un altro antipapa Callisto II. Intanto Alessandro III riuscì a garantirsi anche l’appoggio della lega delle città comunali e, quando questa riuscì a sconfiggere
l’imperatore nella battaglia di Legnano nel 1176, seppe trarne il giusto vantaggio: pace stipulata a Venezia nel 1178 servì a sanare il contrasto con l’imperatore,
Alessandro III venne riconosciuto come pontefice e ritirò la scomunica emessa contro Federico I → breve momento di tregua.
Alessandro III → contenzioso con il regno d’Inghilterra: pretesa di sostituire la propria giurisdizione in alcune materie a quella ecclesiastica. Il re Enrico IV,
attraverso le costituzioni di Clarendon, fissò i diritti della Corona sul clero inglese, tra i quali vi era la limitazione dell’immunità ecclesiastica e l’obbligo
dell’elezione episcopale sotto il controllo regio. A questo si oppose fermamente l’arcivescovo di Canterbury Thomas Becket, sostenuto dal papa, il quale venne
però ucciso. Enrico II → cerca di negoziare con il pontefice fino a revocare una parte delle costituzioni contestate: Roma esce formalmente vincitrice da questo
scontro, tuttavia il rapporto tra potere autoritas pontificia e potestas regia resta irrisolto. Tempo di Alessandro II → ulteriore perfezionamento del meccanismo di
elezione del pontefice: in primo luogo, l’assemblea di cardinali doveva scegliere il nuovo papa con una maggioranza di due terzi, in modo da ottenere un
consenso maggiore e di conseguenza radicare meglio il suo potere; venne inoltre eliminato qualsiasi ruolo del popolo mentre i cardinali, oltre a eleggere il papa,
diventano i principali collaboratori nell’attività amministrativa e di governo del pontefice.

Matrimonio tra Enrico, figlio di Federico I e Costanza, principessa normanna, figlia di Ruggero → possibile minaccia per il papato preoccupato per una
riunificazione dei possessi imperiali con il regno d’Italia meridionale, principale vassallo di Roma. Enrico VI → incoronato imperatore nel 1191 da papa
Celestino II, propose immediatamente dei negoziati con il pontefice per ottenere il riconoscimento della propria successione nella persona del figlio Federico
(futuro Federico II) per il quale chiese l’unzione come re dei romani, un titolo che ne avrebbe legittimato il potere in Italia. Celestino II si mostra riluttante ma tra
il 1197-98 morirono a distanza di pochi mesi sia il papa che l’imperatore e al soglio di Pietro salì una delle figure più importanti del papato medievale, Innocenzo
III (1198-1216).

Morte di Enrico → Federico ancora bambino; lotta fra Filippo di Svevia, fratello di Enrico e Ottone di Brunswick. Intanto Innocenzo III → posizione di assoluta
centralità nel panorama politico in quanto era diventato tutore di Federico. Innocenzo III → in questo periodo si dedica al perfezionamento della macchina
burocratica riorganizzando gli uffici della curia; si preoccupò di recuperare le terre appartenenti al patrimonio di San Pietro in modo da definire in maniera più
chiara i confini del patrimonio della chiesa di Roma (all’incirca odierne regioni del Lazio, Umbria, Marche e in un secondo tempo anche Romagna); strinse una
rete di relazioni che lo portarono ad avere una posizione centrale e preminente; aumentò le proprie risorse finanziarie e per amministrare al meglio questo flusso
di ricchezze venne istituito un ulteriore ufficio chiamata Camera Apostolica. Innocenzo III, 1210 → primo papa a pubblicare una raccolta di diritto canonico a
integrare quella di Graziano.

Innocenzo III → dopo un iniziale momento di cautela decise di sostenere Ottone di Brunswick, che aveva rinunciato a qualsiasi diritto sull’Italia. Il nuovo
monarca venne però meno agli accordi occupando i territori papali: Innocenzo III mette di nuovo in campo Federico, che era stato già eletto re di Sicilia e poi re
di Germania impegnandosi a non trasmettere entrambi i regni al momento della successione e garantire i territori del patrimonio romano. Battaglia di Bouvines,
1214 → Federico II, aiutato da Filippo II Augusto re di Francia, riuscì a sconfiggere Ottone e il re d’Inghilterra Giovanni Senza Terra. 1220 → venne incoronato
imperatore nella basilica di San Pietro dal successore di Innocenzo, Onorio III. Innocenzo III → aspra contesa con il re d’Inghilterra Giovanni Senza Terra, il
quale voleva avocare a sé la scelta dell’arcivescovo di Canterbury: il papa intervenne con una scomunica e sollecitò un’invasione dell’isola da parte della Francia
per piegare il monarca, il quale alla fine si fece vassallo del papa. Innocenzo III → portavoce dell’impegno di una crociata che finì per aggredire l’impero di
Bisanzio, eretico per la chiesa cattolica in seguito allo scisma del 1054: un esercito diretto in Egitto venne poi deviato verso Costantinopoli che venne
saccheggiata. Gli occidentali si spartirono i territori dove venne fondato un impero latino d’Oriente che comunque durò poco, permettendo tuttavia l’esportazione
di modelli e strutture romani su territori ortodossi. Innocenzo III → durissima repressione di qualsiasi forma di dissenso; movimenti più o meno organizzati in
questo periodo contro la ricchezza della chiesa e il suo esercizio del potere temporale, l’indegnità morale del clero e la pretesa di essere unico interprete della
parola di Dio → istituzioni ecclesiastiche condannarono tali posizioni; i papi si preoccuparono di considerare eretiche tutte le credenze e le condotte non conformi
a quanto stabilito finora dal papato. Innocenzo III → esplicito esercizio del potere temporale e accumulo di enormi ricchezze >> accese contestazioni con chi
opponeva allo stutus quo un modello ecclesiale ispirato alla povertà apostolica. Per debellare questi moti ereticali furono attuate forme sempre più stringenti di
repressione → obbligo, dal 1215, alla confessione e comunione annuali per i fedeli; allestimento delle strutture del tribunale dell’Inquisizione, incaricato di
individuare e condannare gli eretici per poi consegnarli alle autorità politiche. XIII secolo, tribunale dell’Inquisizione → uso regolare della tortura per estorcere
confessioni. Innocenzo III → da un lato cercò di recuperare l’ortodossia, dall’altro approvò anche progetti di vita come quello di Francesco D’Assisi ma solo
dopo aver ricevuto da costui il giuramento di fedeltà assoluta al papato. Onorio III → istituzionalizzò la comunità dei seguaci di Francesco in un ordine e ne
accolse successivamente la regola e la stessa cosa fece anche con il nuovo ordine dei Dominicani, fondato dal castigliano Domenico di Guzman: il papato ebbe
quindi l’accortezza di comprendere le potenzialità di queste nuove espressioni e saperle sfruttare, anche se in altri casi la reprimenda fu molto più dura (crociata
contro gli Albigesi, appartenenti alla confessione catara, condannata come eretica).

Innocenzo III → 1215, grande concilio a Roma, il IV del Laterano. Al vertice il papa quale vicario di Cristo che rivendicava per sé una giurisdizione universale
che gli permetteva di intervenire anche in campo temporale. Ribadito anche il rapporto tra potere regio e potere papale: il conferimento dell’ufficio temporale era
infatti un favore “apostolico”, cioè concesso dal papa, il quale aveva il diritto di creare l’imperatore e farne il suo braccio secolare. 1216, morte di Innocenzo III
→ il papato mostrava di essere al culmine della supremazia universale.

Successivi pontificati >> Onorio III (1216-1227) e Gregorio IX (1227-1241) → nuovi conflitti tra Roma e l’imperatore. Primo scontro → scarso zelo di Federico
II nel procedere a una crociata, cosa che gli costò la scomunica; nel giro di qualche anno l’imperatore riuscì a guadagnare il controllo di alcuni territori della
Palestina e il libero accesso dei pellegrini cristiani ma non tramite la guerra, bensì attraverso un accordo con il sultano. Altro contrasto → elezione a re di
Germania del figlio di Federico, Enrico, già re di Sicilia = unione dei due regni tanto aberrata dal papa. Gregorio IX → si prepara alla guerra dichiarando sciolti
dal giuramento di fedeltà i vassalli imperiali e inviò un esercito contro i territori di Napoli; questo venne sconfitto e Gregorio dovette accettare, nel 1230, una
pace che prevedeva il suo ritiro dal Mezzogiorno e la revoca della scomunica nei confronti dell’imperatore. Federico II → cercò di sottoporre al proprio controllo
tutta la penisola italiana e per questo si batté contro le città comunali che sconfisse nella battaglia di Cortenuova. 1239: nuova scomunica.

Lo scontro con il papato ormai non si svolgeva solo in campo ma anche a livello propagandistico → Federico, riappropriandosi di tutti gli strumenti teorici e
retorici della tradizione imperiale romana, rovesci i termini della formulazione pontificia asserendo che era l’imperatore a ricevere direttamente il potere da Dio,
mentre il pontefice lo riceveva dalla Chiesa, intesa come unione di tutti i cristiani, ed era quindi responsabile davanti ad essa. Morte di Gregorio IX, 1241 → il
prefetto di Roma rinchiuse i cardinali in un monastero tenendoli segregati fino all’elezione del nuovo pontefice, Celestino IV che restò in carica per soli
diciassette giorni prima di morire >> fu la prima esperienza inconsapevole di “conclave”, cioè di chiusura “sotto chiave” del collegio cardinalizio durante
l’elezione del pontefice, istituto che si sarebbe poi formalizzato nel tempo.

Viene eletto Innocenzo IV (1243-1254) → riparò in Francia sotto la protezione di Luigi IX. A Lione, nel 1245, si tenne un concilio dove Federico II venne
scomunicato per l’ennesima volta per eresia >> il papa organizzò una crociata contro l’imperatore che subì due pesanti sconfitte in Italia per mano dei comuni di
Parma e Bologna. 1250 → Federico II morì e dopo quattro anni del regno del figlio Corrado IV, deceduto a sua volta anche lui, poiché l’erede Corradino era
ancora un bambino, assunse il potere un altro figlio di Federico, Manfredi, la cui autorità effettiva riguardava ora la sola Italia meridionale. Urbano IV (1261-64)
→ nell’ambito di una sempre maggiore alleanza antisveva tra papato e corona francese, affidò il regno di Sicilia a Carlo d’Angiò, fratello di Luigi IX. 1266 >>
Carlo d’Angiò a Benevento sconfisse e uccise Manfredi e due anni dopo anche Corradino venne sconfitto a Tagliacozzo → fine della dinastia degli
Hohenstaufen, il Mezzogiorno passa ai nuovi dominatori Angioini ma sotto la regia del papato che usciva trionfatore.

XIII secolo → periodo di forte crisi per il papato che in questo periodo (1254-1294) vide avvicendarsi ben undici pontefici, compresi sette anni di vacanza del
ruolo e la vergognosa presenza di tre papi contemporaneamente fra il 1267 e il 1277. Tutto questo, oltre a creare discontinuità, aumentò il potere dei cardinali.
Nonostante tutto i papi riescono a consolidare la propria posizione a capo della chiesa >> vescovi costretti a recarsi a Roma saltuariamente = vittoria
sull’episcopato. XIII secolo → perfezionamento della Curia Romana: organo centrale di questa è la cancelleria, incaricata della enorme mole di documentazione
papale; attorno a questa crebbe moltissimo anche la Camera Apostolica >> tra Duecento e Trecento il gettito era assicurato in particolare dalle decime, insieme a
tantissime altre forme d’entrata. Fondamentale anche il Tribunale Pontificio, organizzato in due uffici, la penitenzieria e la corte (audientia) del Sacro Palazzo. La
prima si occupava di casi di coscienza e riservati, mentre invece la seconda parte era il tribunale vero e proprio. Nel 1331, durante il pontificato di Giovanni
XXII, questa corte divenne la Rota Romana dove venivano sottoposte al concistoro cause di particolare importanza, mentre erano riservare al papa quelle
maggiori.

Duecento e Trecento → si mise mano alla codificazione del diritto canonico: Liber Extra, del 1234, voluto da papa Gregorio IX, un codice ufficiale e universale
di diritto ecclesiastico, frutto del lavoro di un’apposita commissione. 1274, papa Gregorio X (1271-76) convocò un concilio a Lione nel quale, tra le cose, sancì
l’unione della chiesa latina con quella greca incontrando però l’opposizione di quest’ultima, infatti l’iniziativa andò a vuoto. Pontefice → chiedeva un atto di
riconoscimento della sua autorità anche in Oriente in cambio della tolleranza latina nei confronti della liturgia greca, cosa inaccettabile per gli ortodossi. Concilio
di Leone → rese obbligatorio il conclave per l’elezione del pontefice e, con la costituzione Ubi Periculum, Gregorio X stabilì che questo doveva svolgersi in
tempi brevi. Scenario politico internazionale → vicinanza del papato alla corona di Francia, sostenendo la presenza Angioina nel Mezzogiorno. Sicilia → 1282,
in seguito alla guerra del Vespro, si diede a Pietro d’Aragona in chiave antiangioina >> il papa Martino IV (1281-85) scomunicò il re Pietro e lo dichiarò deposto.
Restano inoltre inascoltati gli appelli a una crociata, in quanto i principi occidentali non avevano né interessi né risorse sufficienti.

Seconda metà del XIII secolo → papato risentì dei mutamenti della società >> per la prima volta l’universalismo pontificio dovette confrontarsi con una
molteplicità di monarchie nazionali in via di consolidamento, più piccole ma maggiormente coese al loro interno. In queste società, accanto all’aristocrazia,
emersero anche nuovi ceti di origine “borghese” che avevano favorito anche un processo di laicizzazione e di diffusione della cultura → papato in ritardo
nell’attuare modelli interpretativi adatti alle nuove realtà, indietro di fronte ai grandi cambiamenti politici e sociali. 1292, morte di Niccolò IV, la carica restò
vacante per due anni fino all’elezione di Celestino V, personaggio totalmente inesperto e inadatto al ruolo che fu infatti costretto ad abdicare; a succedergli fu un
esponente di una famiglia aristocratica molto importante, Benedetto Caetani, che scelse il nome di Bonifacio VIII (1294-1303). Il nuovo pontefice → situazioni
complesse che minavano gli interessi romani. Problemi più gravi → Filippo IV il Bello, re di Francia, rivendicava il diritto di tassare il clero francese e di
esercitare la sua giurisdizione sugli ecclesiastici del regno, facoltà che Bonifacio nega categoricamente. Federico IV → espelle gli esattori fiscali papali e blocca i
flussi di oro e d’argento diretti a Roma. 1300 → Bonifacio VIII proclamò un grande Giubileo, il primo della Storia, concedendo l’indulgenza plenaria a quanti in
quei mesi si sarebbero recati a Roma in pellegrinaggio >> gesto del papato per celebrare il proprio fasto, riproponendosi come centro della cristianità.

Cardinali legati alla famiglia Colonna → chiesero un concilio generale che processasse Bonifacio, accusato di varie nefandezze, tra cui anche quella di aver
costretto con la forza Celestino V ad abdicare. Bonifacio VIII → per tutta risposta rase al suolo Palestrina, la città dei Colonna; questi si rifugiarono nel regno di
Francia ormai acerrimo nemico del papa, dove si diffondeva una nutrita polemica nei confronti delle pretese temporali del pontefice e in particolare accusava
Bonifacio VIII di simonia e di aver ucciso Celestino V. Bonifacio VIII → emise una prima bolla nei confronti di Filippo IV (Ausculta fili, 1302) e
successivamente con un’altra bolla, l’Unam Sanctam del 1302, sintetizzò di nuovo il principio del pontefice come capo unico e supremo della società cristiana:
il papa non poteva essere giudicato da nessuno, mentre aveva la facoltà di sottoporre a giudizio chiunque. Unam Sanctam → Filippo IV fece deliberare a
un’assemblea del suo regno la convocazione di un concilio generale per processare il papa, mentre quest’ultimo era pronto a scomunicarlo >> 1303, il re invia in
Italia una spedizione guidata da Guglielmo di Nogaret, che fece arrestare Bonifacio VIII nel suo palazzo ad Anagni e ne chiese l’abdicazione (*oltraggio di
Anagni); il pontefice riuscì a fuggire e rifugiarsi a Roma dove morì poco dopo.

Benedetto XI, successore di Bonifacio → si adoperò pe ricucire lo strappo con il regno di Francia, ritirò la scomunica e trovò nuovi accordi con i Colonna. Gli
successe Clemente V (1305-14), un francese → Filippo IV lo coinvolse nel suo progetto di rovina dell’ordine dei cavalieri Templari che stava accrescendo in
potenza: 1311, il papa decise lo scioglimento dell’ordine. Clemente V → pur dichiarando di volersi stabilire a Roma, restò nella sua residenza ad Avignone >>
scelta che non aveva particolari motivi politici, sta di fatto che Avignone resterà sede papale per bene sessantacinque anni, fino al 1374.

Periodo Avignonese dei papi → accentrarono molti poteri nelle loro mani e in quelle dei cardinali; elezione di Innocenzo VI, 1352, vennero introdotti i Patti
Capitolari, ovvero delle condizioni giurate che il pontefice neoeletto doveva impegnarsi a osservare e che ne limitavano le prerogative. Papi di Avignone →
risultò palese una ridotta visione strategica del papato del Trecento. Curia avignonese >> diffuse accuse di corruzione e avidità. Papa Giovanni XXII → conflitto
con l’imperatore Ludovico il Bavaro che, senza attendere la conferma papale della propria elezione, aveva ricevuto la corona ferrea a Milano da un vescovo
scismatico e quella imperiale a Roma da un laico → Giovanni XXII scomunica Ludovico, mente Ludovico accusa il papa di essere eretico. 1328 → l’imperatore
accusa il papa di eresia e lesa maestà, creando un antipapa, Niccolò V che fuggì subito dopo una rivolta romana, chiedendo perdono a Giovanni XXII. 1356 →
Carlo IV di Boemia, incoronato imperatore dal cardinale di Ostia >> Bolla d’Oro: principio secondo cui il re di Germania, dal momento stesso della sua elezione
aveva il diritto di essere incoronato anche re dei romani, negando ogni ruolo significativo del pontefice.

Roma >> ridotto prestigio, soprattutto sul piano materiale con il trasferimento del papa in Francia. Recupero del passato classico tipico di questi anni, alimenta
una profonda rielaborazione della storia della città → Cola di Rienzo, un notaio >> 1347, incitò il popolo a sollevarsi contro l’aristocrazia e prendere il potere.
Condannato dai papi di Avignone e attaccato dagli aristocratici Cola cercò rifugio presso Carlo IV, il quale però lo fece arrestare e portare davanti a Innocenzo
VI; quest’ultimo lo rimandò a Roma come suo emissario ma, una volta entrato in città, ormai inviso a tutti venne assassinato. Innocenzo VI → promotore di un
tentativo di riordino dei territori patrimonio di San Pietro affidato al cardinale Egidio Albornoz >> questi discese in Italia per ristabilire il controllo del papato
nell’area in questione e riuscì a disciplinare numerosi particolarismi nelle regioni centroitaliane, diede loro una nuova costituzione detta Egidiana che rimase in
vigore per diverso tempo.
Rientro del papa a Roma >> molte forze impegnate. 1377, definitivo reintegro a Roma con Gregorio XI (1370-78) incalzato dalla situazione di disordine: rivolte
scoppiate nelle regioni pontificie, alimentate dalle maggiori città d’Italia (Milano, Firenze, Napoli) che miravano a gettare instabilità per ampliare la propria
egemonia su questi territori. 1378 → Urbano VI (1378-89) fu il primo papa a essere rieletto a Roma >> iniziò correggendo i tantissimi abusi di cui la chiesa si era
gravata nel tempo, scatenando immediatamente l’antipatia dei cardinali francesi che vollero procedere a una nuova elezione, dichiarando quella di Urbano nulla. I
cardinali elessero Clemente VII che si trasferì ad Avignone: papa e antipapa si scomunicarono a vicenda e questo provocò una nuova spaccatura. Gli stessi regni
sovrano si schierarono: Francia, Lorena, Savoia, Scozia, Spagna e Napoli sostennero Clemente mentre gli altri appoggiarono Urbano = situazione di scisma nella
chiesa.

Concilio generale quale strumento per ricomporre la frattura, ma questo doveva essere indetto dal papa e in quel momento i pontefici erano due, uno a Roma e
uno ad Avignone e non si capiva a chi sarebbe toccata la prima mossa. Scisma d’Occidente >> si protrasse ben oltre la morte di Clemente e Urbano. A Clemente
successe, nel 1394, Benedetto XIII mentre a Urbano fece seguito Bonifacio IX (fino al 1404), Innocenzo VII (fino al 1406) e infine Gregorio XII (in carica fino al
1417). Alla fine tutti i cardinali capirono che era necessario procedere con un concilio che si riunì a Pisa nel 1409, in assenza dei due pontefici, che furono
dichiarati entrambi scismatici, ereti e quindi deposti. L’assemblea procedette con l’elezione di un nuovo papa, Alessandro V, il quale fu riconosciuto dalla
maggior parte dei principi ma non dai due pontefici che infatti non abdicarono → tre papi simultaneamente in carica.

Morte di Alessandro V dopo un solo anno di pontificato; gli successe Giovanni XXIII che convinse il re di Germani Sigismondo a convocare l’ennesimo concilio
generale. 1414, a Costanza → il concilio affermò solennemente il principio secondo cui il potere risiedeva non nella figura del papa “monarca”, ma nella chiesa
rappresentata dal concilio generale stesso. Il pontefice era solo un rappresentante, una sorta di “funzionario” della chiesa anche se il più importante di tutti: era la
chiesa ad attribuirgli il potere, avendo facoltà di limitarlo e di revocarlo. Natura “ascendente” del potere → conferita quindi a un soggetto dal basso e non
discendente dall’alto, dalla divinità, come era stato teorizzato per anni da pontefici che si erano elevati al rango di vicario di Cristo. Concilio di Costanza → ottica
“conciliarista”: collocava nel concilio, espressione della chiesa universale, la fonte del potere secondo il modello tardoantico, precedente alla riforma dell’XI
secolo che aveva gettato le basi per la cosiddetta “monarchia papale”. Concilio di Costanza, chiuso nel 1418, riuscì a sanare lo scisma; acquisite le dimissioni di
Gregorio XII, l’assemblea depose anche Giovanni XXIII e Benedetto XIII procedendo all’elezione di un nuovo e unico pontefice, Martino V (1417-31). Venne
ribadito che il concilio rappresentava la chiesa universale, derivando i suoi poteri da Cristo e tutti, compreso il papa, avevano l’obbligo di sottostarvi. Decreto
Frequens → obbligo di convocare concili generali con una cadenza regolare; si colpirono inoltre le principali eresie del momento, quella di Johon Wyclif e
quella di Jan Hus → tratto dominante di questi dissensi sempre la polemica contro la ricchezza della chiesa.

Visione religiosa di John Wyclif → Inghilterra, seconda metà del XIV secolo: contestazione della ricchezza della chiesa ma anche accesso diretto dei fedeli alla
Bibbia senza la mediazione del clero; negazione della validità dei sacramenti in quanto tutti “predestinati” in anticipo dalla volontà di Dio >> aspra condanna da
parte di Roma. Jan Hus → Praga, principio del XV secolo: esaltò la povertà di Cristo e degli apostoli quale modello a cui ispirarsi >> condannato al rogo, ma il
movimento Ussita riuscì a espandersi e ispirò moti popolari come quello di Praga del 1419, strutturandosi militarmente sbaragliò l’esercito dell’imperatore
Sigismondo.
Nel 1420 papa Martino V poté fare ritorno a Roma, trovando una città impoverita e spopolata, mentre le prerogative papali sui territori pontifici erano state quasi
del tutto usurpate da varie forze signorili locali. Primo passo: ricostruire la base territoriale; grande sforzo di Martino V per lo sviluppo edilizio ed economico di
Roma mentre rimasero aperte le questioni legate alla monarchia papale e le nuove teorie conciliariste. Martino V → convocò il concilio generale di Basilea che
però si aprì solo dopo la sua morte, nel 1433, sotto il pontificato di Eugenio IV (1431-47), per chiudersi nel 1449. Tra i numerosi argomenti: proposta di unione
tra la chiesa cattolica e quella ortodossa avanzata dall’imperatore bizantino Giovanni VIII Paleologo, preoccupato dall’avvicinarsi dei Turchi. Tale unione
avrebbe significato riconoscere il primato di magistero di Roma, quindi sciogliere l’annoso problema creatosi con lo scisma dell’XI secolo. Basilea → emersero
contrasti vari tra il concilio e il papa; questo propose di spostare l’assemblea a Ferrara per indebolirla ma la maggior parte dei padri conciliari si oppose. Eugenio
respinse poi la superiorità del consiglio e venne dichiarato deposto; aprì ugualmente il concilio a Ferrara e dopo lo spostò a Firenze, dove fu discusso il tema
dell’unione tra le due chiese cristiane. 1439 → un decreto sancisce l’unione tra le due chiese ma fu subito contestato in Oriente e comunque la conquista di
Costantinopoli da parte dei Turchi nel 1453 cambiò ancora la situazione e rese superate le ragioni dell’accordo.

Elezione del nuovo papa da parte del concilio di Basilea: Felice V, ben visto dal re di Francia. Il concilio intanto finì per disgregarsi → i singoli membri
preferirono trattare accordi separati con Roma, cosa che fu possibile grazie a un’alleanza del papato con i principi dei vari territori occidentali, nel segno della
comune ostilità verso le teorie ascendenti di governo. Papato e principi >> arginare qualsiasi allargamento del potere; la società perde fiducia nella possibilità di
cambiare davvero le istituzioni ecclesiastiche. Mondo cristiano → sviluppo di una nuova dimensione del sentimento religioso, più intimo e diretto con Dio =
mettere in discussione la funzione del papato. Sede romana → mira a ripristinare la propria centralità nella chiesa universale, consolidando la propria funzione di
governo in accordo con le autorità laiche. Impegno del papato nella politica italiana con altre realtà coinvolte (Milano, Venezia, Firenze e Napoli insieme ai regni
stranieri interessati) → si smarrisce quella dimensione di respiro universale che lo aveva contraddistinto >> “italianizzazione” del papato del Quattrocento.

Papato quattrocentesco → impegnato a riprendere controllo dei propri territori sia reprimendo rivolte a Roma, sia assicurandosi l’integrità del territorio e una
effettiva autorità sul patrimonio di San Pietro. XIII secolo → comunità dei domini pontifici potevano distinguersi dalle cosiddette mediate subiectae, cioè rette da
un signore senza un intervento diretto dei papi, e quelle immediate subiectae, governate in concorso dalle istituzioni locali e da rappresentanti pontifici. Tra
queste ultime vi erano quasi tutte le grandi città. Pontefici: mirano a rafforzare i legami all’interno di un quadro così composito. Papi del XV secolo →
protagonisti di investimenti nello sviluppo urbano. Problema fondamentale → contrazione complessiva delle rendite, essendosi drasticamente ridotte soprattutto
quelle provenienti dalle regioni extraitaliane; l’Italia restava comunque la principale fonte di reddito >> indispensabile rafforzare la propria presenza in questo
scenario anche attraverso campagne militari, al fine di consolidare i possessi papali. Si escogitarono inoltre nuove forme di finanziamento e tassazione: in
particolare sotto Sisto IV si moltiplicarono le cariche venali, chiamate vacabilia perché rese di nuovo disponibili per essere rivendute dopo la morte o la
promozione del loro titolare; a tal proposito si crearono anche nuovi uffici completamente inutili in modo da avere maggiori vacabilia da vendere.

I papi del Quattrocento rimasero a Roma, dando quindi una stabilità all’Urbe e alla parte amministrativa. Sfida impegnativa per il papato → confronto con i due
organismi che fino a poco tempo prima erano stati i loro interlocutori/antagonisti per eccellenza, ovvero il concilio e il collegio dei cardinali. Martino V e tutti i
suoi successori accettarono in linea teorica il decreto Frequens, ma svuotandolo di fatto rimandando le assemblee ecclesiastiche. Pontefici → controllo del
collegio dei cardinali; promozione dei parenti: non avveniva solo in ambito cardinalizio, nelle alte cariche ecclesiastiche e anche nelle istituzioni secolari. Politica
familiare nota con il nome di “nepotismo” assicurava al pontefice una base d’appoggio e rafforzava la sua famiglia; nel collegio in questo periodo infatti stavano
tutte le famiglie di maggior spicco. Nepotismo → fenomeni negativi e di corruzione e nemmeno papi di grande spessore come Pio II (1458-64) riuscirono a
risollevare l’istituzione dal declino morale. Azione politica → in questo periodo i papi non si dimostrano particolarmente capaci di ottenere risultati di ampio
respiro. L’invito alla crociata contro i Turchi avviato da Callisto III (1455-58) e in seguito da Pio II vide una scarsissima partecipazione di principi e si chiuse
senza risultati.

Cancelleria pontificia → in questo periodo inizia a utilizzare il termine <<Europa>> nel nuovo senso di insieme di stati cristiani da contrapporsi all’Islam turco.
Politica internazionale del papato nel Quattrocento si impegnò contro l’avanzata turca, anche se in maniera improduttiva. Per il resto i pontefici agirono solo sul
contesto italiano. Roma → naturalmente coinvolta nelle vicende che portarono alla pace di Lodi del 1454, giunta al termine di una lunga stagione di guerre che
avevano interessato Venezia, Milano e Firenze. Con questi tre stati e insieme a Napoli e Ferrara, il papato si accordò per garantire equilibrio politico alla penisola
→ qualsiasi tipo di espansionismo sarebbe stato contrastato dall’intervento congiunto di tutti gli altri riuniti in una Lega. Papato >> riuscì a estendere la propria
egemonia su buona parte della Romagna; Giulio II → recuperò i territori nelle Marche e in Romagna, quindi ridimensionò Venezia e per questo si unì alla Lega
di Cambrai, antiveneziana. Sconfitta di Venezia ad Agnadello >> il papa rovescia le alleanze e si schiera con la sua vecchia nemica per arginare la presenza
francese nella penisola. Pontefice → organizza una Lega Santa, con Venezia, Spagna e Inghilterra sempre contro i francesi ma morì prima di vedere i risultati-
Giulio II → lavori di rifacimento della Basilica di San Pietro, ingaggiò Michelangelo e Raffaello per la Cappella Sistina.

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