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Conclusione
Roma
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1.- Sotto l’ombra di Carlo Magno
La liturgia era allora anche l’espressione più viva dell’unità civile, perché nel culto
iniziava o terminava ogni azione importante civile della comunità. Ed era anche la
scuola di vita, veramente aperta a tutti ed alla quale tutti aderivano per un comune
impegno assunto nel battesimo: vi alludeva Carlo Magno nella formula di
giuramento stabilita nell’802 per tutti i cittadini dell’impero: “Ex utriusque ordinis
coniunctione et dilectione una domus Dei construitur, unum corpus Christi efficitur,
cunctis membris officiorum suorum fructus mutuae utilitate conferentibus” 1.
Per questo stabilì che tutto - liturgia e diritto - fosse regolato dai libri della Roma
papale.
Nei secoli VIII-IX si arriva ad una produzione coraggiosa e di alta capacità creativa
senza per questo dover supporre una creatività in senso moderno.
Un esempio di creatività liturgica dell’epoca carolingia sono i riti legati alla morte: gli
elementi tramandati, cioè penitenza in articulo mortis, viatico, messa per il defunto e
funerale, formano ormai una lunga catena rituale, a cominciare dalla visita del
sacerdote al malato per concludersi con l’ultima benedizione della salma e della
tomba. Da questo momento è la Commendatio animae, che appare per la prima
volta nel sacramentario di Gellone, a raccomandare il moribondo a Dio e per
ottenere che il viaggio dell’anima fosse favorevole. Fino al tardo medioevo tutto
questa rituale cerimoniale si sviluppa in un'ars moriendi che si sviluppava
nell’aumento delle messe che alla fine ammontavano a migliaia3.
Pasquale I, sulla linea di Leone III, cerca di instaurare con l'Imperatore Ludovico il Pio
buoni rapporti. Durante suo pontificato vengono redatti i manuali liturgici più
significativi della produzione carolingia.
In questo periodo si incominciano a scrivere i libri usati per il buon andamento della
liturgia, cioè gli Ordines Romani. Sono di solito libretti o libelli che si limitano a
2
A. ANGENENT, Liturgia e storia. Lo sviluppo organico in questione, Assisi 2005, p. 145.
3
Ibidem, 146.
4
HRABANUS MAURUS, De institutione clericorum, a cura di D. ZIMPEL, (Fontes Christiani 61/1-2), Turnhout 2006
3
descrivere una singola azione liturgica. Gli Ordines romani pubblicati da Andrieu
sono gli esempi conosciuti di questo tipo di libro. I primi Ordines compaiono alla fine
del secolo VII e inizio del secolo VIII 5. La storia della Messa e quella in genere della
prassi sacramentaria non si può scrivere seriamente senza tener conto degli Ordines
relativi che, di secolo in secolo, ci fanno conoscere non solo la parte strettamente
rubricale, ma spesso le concezioni di quell’epoca intorno alla natura, l’azione, l’ufficio
dei sacramenti. Quando siano cominciati questi libri cerimoniali è difficile precisare;
probabilmente sono apparsi insieme coi primi Sacramentari dei quali erano un
complemento indispensabile6.
Nell’ 821 Amalario di Metz pubblica il Liber officialis e nell’ 823 compone il De
ecclesiasticis officiis7 (tra le fonti liturgiche cf. Ordo romanus... pp. 356-358); anche
un’altra opera molto importante,8le Eclogae de ordine Romano et de quattuor
orationibus in missa.
I manuali di Amalario e Rabano Mauro sono un esempio esplicito del ruolo giocato
in questo momento dagli Ordines Romani nella riforma della disciplina ecclesiastica,
tema centrale dei concili tra l’811-813 e l’818-819; ciò spiegherebbe anche il ricorso
all’ordo/ritus Romanus nello scontro tra Floro e Amalario. Mi sembra che questa sia
la parte più innovativa della ricerca su Pasquale I.
Un altro autore di questi momenti sarebbe Pascasio Radberto nato verso il 790 e
verso il 843 e 849 fu abate di Corbie. Gli studi di Pascasio hanno seguito il
programma dell’Admonitio generalis del 789. Pascasio si è trovato a essere tra gli
anni 800-810 tra i grandi beneficiari del grande sforzo di rinnovamento intellettuale
voluto da Carlo Magno e realizzato dai suoi consiglieri, soprattutto Alcuino.
Alla sua elezione al soglio petrino si trova sulla cattedra di Torino il vescovo Claudio
[con lui si apre la parentesi iconoclasta della chiesa latina, a cui reagiscono nell’827
5
LES “ORDINES ROMANI” DU HAUT MOYEN AGE, a cura di M. ANDRIEU ,5 voll, ( Spicilegium Sacrum Lovaniense 11,
23, 24, 28, 29), Leuven, 1931-1961.
6
M, RIGUETTI, Storia liturgica. Vol 1. Introduzione Generale, Milano, 1964, p. 332.
7
AMALARII EPISCOPI OPERA LITURGICA OMNIA, (Studi e Testi 140), a cura di M. HANSSESNS, Città del Vaticano, 1967.
8
AMALARII EPISCOPI OPERA LITURGICA OMNIA, Eclogae de ordine Romano et de quattuor orationibus in missa, (Studi
e Testi 140), a cura di M. HANSSENS, Città del Vaticano, 1967, pp. 229-265.
4
Dungal con i Responsa, Agobardo di Lione con il De picturis et imaginibus, e nell’828
Giona d’Orleans con il De cultu imaginum].
A questo periodo con ogni probabilità si deve ricollegare un rinnovato culto dei
martiri, che ha caratterizzato in oriente il periodo iconodulo e il secondo
iconoclasma9.
In questi anni lavora il vescovo Amalario, cresciuto nell’ambiente liturgico della corte
di Aquisgrana e al servizio dell'Imperatore negli anni 813-814.
Amalario è senza dubbio il più grande e fertile liturgista del secolo IX e i suoi scritti
diffusi per tutta l’Europa ebbero un’influenza decisiva sino alla fine del secolo XI.
La nota caratteristica dei suoi studi liturgici sono un grande amore per la liturgia
romana studiata anche nella sua evoluzione storica.
Amalario si colloca proprio nel punto in cui la liturgia aveva raggiunto la sua
condizione di irrigidimento e ora, nel contesto della renovatio carolingia aveva
bisogno di nuove interpretazioni. Una novità fu portata da lui nel teorizzare, anche
per la Liturgia, i quattro sensi della Scrittura. Amalario considera l’azione liturgica
come un fatto globale: ogni singolo rito partecipa della natura dell’azione liturgica di
cui fa parte.
In merito al primo punto, gli eventi della passione sono gli eventi della redenzione.
La stessa messa è vista come presentazione della redenzione di Cristo, dalla sua
predicazione alla sua passione e da questa alla risurrezione e ascensione al cielo.
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In questo sistema simbolico ogni rito o elemento della liturgia non è legato a un solo
significato. I significati non sono mai precisi e univoci, dato che ogni gesto liturgico
può avere varie corrispondenze con gli eventi della redenzione.
Da questo particolare sistema si ricava, dunque, che i riti e gli elementi della liturgia
hanno un significato altro rispetto a quello che appare; è interessante pertanto non
l'interpretazione in se stessa, ma il criterio adottato. E' vero che la liturgia ha un
valore oggettivo, valido in sé, ma noi dobbiamo constatare che, nel sistema
ermeneutico di Amalario, ciò vale per l'intera celebrazione eucaristica, vista come
fatto globale, e non per le singole parti che la compongono; per queste ultime, è il
criterio ermeneutico adottato volta per volta, ciò che fa scaturire un significato
piuttosto che un altro.
L’origine e la spiegazione di un tale realismo viene posta nella persona del vescovo
che celebra l’eucaristia. Il vescovo, infatti, è inteso come vicario di Cristo e questa
funzione sacramentale viene giustamente collegata con l’imitazione di Cristo
quantunque venga espressa in momenti rituali che appartengono all’esteriorità della
celebrazione. Dato che il vescovo è successore e vicario di Cristo, i riti ed i gesti della
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messa sono imitazione vera e reale della passione. Ne segue che la simbologia che
esprime il rapporto tra il rito della messa e la passione di Cristo non può essere
intesa come pura allegoresi dal momento che esprime un rapporto reale, dotato di
valore ontologico, anche se non è più basata su quella concezione filosofica che fu
caratteristica dell’epoca patristica. Ora, invece, ci si basa su di una concezione
giuridica che, da questo momento, sarà la chiave di volta della teologia della messa.
In relazione all’ultimo punto («Triforme corpus Christi»), Amalario non si occupa mai
della sacramentalità in quanto tale, ossia non apre mai una trattazione ex professo
su come e perché il pane è corpo di Cristo. Lui è sempre preoccupato per spiegare la
Messa alla luce della passione de Cristo. L’argomento sacramentale viene affrontato
occasionalmente quando viene commentato il rito della frazione del pane, ossia
quando l’ostia viene spezzata in tre parti; in questa occasione Amalario elabora la
concezione del «triforme corpo di Cristo».
La concezione del corpus triforme non è una dottrina vera e propria: è solamente
l’interpretazione del rito liturgico della fractio, fatta con il solito metodo allegorico di
Amalario con il quale si possono dare vari significati ad uno stesso rito, dato che lo
scopo che si prefigge è il significato spiritualmente utile in quel momento.
La concezione del corpus triforme deve essere valutata all’interno del metodo
esplicativo di Amalario, come interpretazione di un rito. D’altra parte già la liturgia
mozarabica, detta anche visigotica, conosce qualcosa di simile dato che spezza l’ostia
in nove parti, le dispone sulla patena in forma di croce e le interpreta come nove
misteri della vita di Cristo, dall’incarnazione alla venuta del regno.
L’origine remota della concezione del triforme corpus Christi si trova in Agostino che
però non avrebbe mai potuto dire «triforme» perché per questo autore c’è un solo
corpo di Cristo, che ha una sola forma. Sia l’Eucaristia sia la Chiesa partecipano del
corpo fisico di Gesù e, a causa di ciò, si identificano con esso pur restando differenti.
Questa è la concezione della sacramentalità che troviamo in Agostino e che non può
essere trasferita nel sistema allegorico di Amalario senza essere completamente
snaturata: cosa che è puntualmente avvenuta per il fatto che Amalario non è in
possesso del quadro culturale e filosofico di Agostino.
Quasi negli stessi anni di Amalario, Pascasio Radberto dà una spiegazione molto
importante della presenza sacramentale del corpo di Cristo. Questa teologia non
nasce né da un commento alla messa (Expositio missae) né da una trattazione
generale sulla liturgia (De officiis). Egli ha prodotto una spiegazione della presenza
eucaristica talmente realistica da sfociare nel fisicismo. Nella sua opera giovanile, che
si colloca al termine del grande periodo segnato dai sinodi celebrati tra il 816 e 819, i
quali imposero una radicale riforma della vita intellettuale e morale del clero
carolingio, Rabano Mauro scrisse sul tema eucaristico e sacramentale.
Nella sua opera De institutione clericorum libri tres12 torna sul tema eucaristico ma
tocca anche temi sacramentali in genere, specialmente al tema battesimale. Nel libro
I, 29 dedicato all’abito battesimale e all’uso di coprire con un velo il capo del
12
HRABANUS MAURUS, De institutione clericorum libri tres, a cura di D. Zimpel (Fontes Christiani 61/1-2) Turnhout,
2006.
9
cresimato dedica un ampio spazio all’eucaristia: «Poi ogni sacramento precedente è
confermato in lui dal corpo e dal sangue del Signore, perché deve ricevere questi
sacramenti proprio per meritare che Dio abiti in lui e diventare membro di quel Capo
che per noi patì e risorse»13
Seguendo Isidoro di Siviglia Rabano Mauro impone suo discorso partendo dell’idea
di subtegumentum, e cioè sotto la copertura dei sacramenta opera nel segreto la
“virtus divina”, che”dall’interno di un involucro di realtà corporee” opera
efficamente nei fedeli. Il sacramento non è dunque solo mera copertura, ma il
complemento di mezzo, e cioè strumento della grazia divina.
Nel libro I Rabano Mauro dedica un intero capitolo, il 31, al sacramento del corpo e
sangue del Signore, dando forma ad un breve opuscolo che sembrerebbe
ripercorrere molte delle linee tracciate da Ireneo di Lione circa il sacramento
eucaristico: “dopo aver trattato, come il Signore ci ha concesso, dei due sacramenti
del battesimo e della cresima, rimane che ci occupiamo degli altri due, cioè del
corpo e del sangue del Signore, con un’indagine ancor più diligente, per quanto il
Signore consentirà…..ci si può inoltre chiedere perché, tra tutti i frutti della terra,
abbia preferito scegliere a questo scopo il frumento e il vino, quasi che siano
superiori in dignità a tutti i prodotti del suolo e di tutti diventino i più preziosi” 14.
È evidente che Rabano Mauro in continuità con il lavoro di Amalario di Metz non
cerca una sovrapposizione tra il corpo sacramentale di Cristo e quello storico, ma in
qualche misura rimane legato al binomio sacramento-memoriale, corpus et sanguis
Christi. Lui considera la celebrazione eucaristica come una memorata coena.
“Di segno completamente opposto sembra essere l’opera sul sacramento eucaristico
redatta da Pascasio Radberto. Due possono essere considerati i segnali di una
precisa volontà di escludere aprioristicamente l’interpretazione allegorica di
Amalario e quella mistica di Rabano Mauro: il primo è la diretta citazione nella
Epistola ad Fredugardum della dottrina del triforme corpo di Cristo di Amalario come
già eterodossa, il secondo è la mancanza di qualsiasi riferimento all’opera
13
Ibidem, I, 29, p. 323.
14
Ibidem I,31, pp. 328-329.
10
disciplinare ed esegetica di Rabano Mauro, il quale lo aveva da tempo preceduto
nelle considerazioni intorno al sacramento eucaristico, tanto nel manuale per i
chierici che nel commento al vangelo di Matteo”15.
Conclusione
17
ANGENENDT, op. cit. 178.
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