I.

;EPICLESI EUCARISTICA*
Proposta per una soluzione "ortodossa"
della controversia tra Oriente e Occidente

Tutò sanno che la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse restano uni-

te quando professano la loro fede nella realtà della presenza eucaristica,
ma sono purtroppo divise quando disquisiscono sul momento in cui la
presenza avviene. Mentre la tesi cattolica - una tesi purtroppo esaspera-
ta dall'apologetica del proprio sistema - rivendica in maniera assoluta
ed esclusiva l'efficacia consacratoria alle parole istituzionali, la tesi or-
todossa - storicamente non meno esasperata dalla contrapposizione
polemica - ha finito per attribuirla in maniera altrettanto assoluta ed
esclusiva alle parole dell'epic!esi. Impostata così, la questione pro o contro
l'uno o l'altro elemento anaforico diventa un problema insolubile.
La Chiesa del III millennio non può rassegnarsi ad avallare una con-
troversia così poco edificante a proposito deI sacramento che "edifica"
la Chiesa. Abbandonando perciò le diatribe legate alla considerazione
dì ciò che per gran parte del II millennio ha diviso le Chiese, dobbiamo
preoccuparci di tornare alla comprensione che al tempo dei Padri le
univa.

1 LUCI E OMBRE SUI.l!EPICLESJ EUCARISTICA

Quando leggiamo il trattato sull'eucaristia di Ambrogio, siamo presi

da viva ammirazione per l'equilibrio col quale il vescovo mistagogo illu-
stra la complessa e delicata materia. Egli non ha timore di impostare il
suo insegnamento proprio sulla base del rapporto tra le parole istituzio-
nali e l'epidesi. Alla domanda ..Vuoi sapere in qual modo con le parole
celesti si consacra?.., risponde dicendo; "Prendi in considerazione quelle
che sono le parole! Dice il sacerdote; " .l>. A questo punto il misragogo
rime mora ai suoi neofitì la porzione centrale del canone romano, quella
cioè che tra l'epic1esi sulle obIate e l'epidesi sui comunicami inserisce il
racconto istituzionale e la successiva anamnesi l • In tal modo lascia inten-

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'Il contenuto di 'luesro articolo r,prociuçc unaçonferenza tenuta presso il Pontificio
Istituto Orientale di Rom" in occasione dell'apertura dell'anno accademico 1999-2000.
l Cf A>.'.&OG10, De sacramenti. 4,21-27.
·------------r==r
Il.dT 'II tlOQQ) 5-24 C. Gll\AUDO
dere c~e le parole del Signore pronunciate dal sacerdote, pur essendo
già piene in se stesse quanto a efficacia consacratorial, dfu1gono in pie-
nezza allorché sono comprese nel quadro della supplica congiunta per la
trasformazione delle oblate e per la trasformazione dei comunicanti.
Con l'avvento della metodologia delle "idee chiare e distinte» l'ap-
proccio patristico al mistero dell'eucaristia subisce un profondo muta-
mento. Pietro Lombardo (t 1160), ad esempio, nel rìprendere la do-
manda di Ambrogio circa il modo con cui sì produce il sacramento,
risponde con una lettura riduttiva del passo ambrosiano;
.Perciò Ambrogio [dice]: "È con la parola di Cristo che sì fa questo sacra-
mento, poiché la parola di CristO trasforma la creatura; e così dal pane si fa
il corpo di Cristo, e il vino messo nel calke con l'acqua diventa sangue per
mezzo della consacrazione della parola celeste. La consacrazione, con qua-
li parole avviene? Presta attenzione a quelle che sono le paroLe: Acdpite et
edite ex eo om,.,es: hoc est corpus me1'm; e così pure: Acdpite et bibite ex
hDc omnes: hic est sanguis meus. Attraverso tutte le altre cose che si dicono,
si rivoLge a Dio la lode, si premette la supplica per il popolo, per i re"_J.
Evidentemente, in questo utilizzo dci resto ambro'siano, non è più
possibile riconoscere l'ampiezza e la ricchezza della metodologia di
Ambrogio. Prese singolarmente, le parole citate sono ancora di Ambro-
gio. Ma il Lombardo, da incauto esegeta del testo che pure presume di
citare, le ricompone liberamente, passandole al vaglio impietoso della
propria concenualizzazione, scegliendo e trasponendo liberamente quelle
che si accomodano al sistema ed espungendo di conseguenza le altre.
Pietro Lombardo, al pari dei suoi futuri epigoni, è lungi dall'immagina-
re che si possa presentare ex professo il mistero eucaristico a partire da
quella preghiera con la quale da sempre la Chiesa fa l'eucaristia.
Stiamo riassumendo a grandi linee e rìcondncendo idealmente al
padre della scolastica quel complesso percorso teologico che ha finito
per proiettare un pesante cono d'ombra sulla dimensione epicletica
dell'eucaristia. Tuttavia, per essere esatti, dobbiamo riconoscere ancora
una certa qual percezione deU'epiclesi nell'argomentazione che Lom-.
bardo adduce contro la validità della messa celebrata da un sacerdote
scomunicato o eretico. Cosl egli scrive:
«Si chiama "messa" (mi:;:;a} per il fatto che si chiede che il "messo" (missus)
celeste venga a consacrare Il corpo vivificante, secondo quanto dice ìL sa-
cerdote: Omnipotens Deus, iube haec perferri per manus sancti angeli tui in
sublime altare tuum etc. Ne consegue cbe, se i"angelo non sarà venuto,
questa giuridicamente in nessun modo può essere. chiamata "messa"'. Ora,
1 Sull"efficacia assoluta delle parole istitu2ionali Ambrogio si è ampiamente soffermat"
in De sacramenr;' 4, 14-20 e continua a soffermarsi nelle postille alla porzione anaforica
che in De sacramentis 4,21-28 è intento a riferire.
, ?iF-IRO LoMBARDO, Sementiae in N ]ibri.. d;.tinctae, 4,S,4, in Spìcilegium Bonaven-
turianum 5, Grottaferrata 1981, lSZ (cf PL 192., 856).
C.GIRAUDO
._-,.,.,..,.,,.,,.--
·~~,·i
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Rtrf 41 (2000) 5-24
ne! caso che un [sacerdote} eretico abbia osato celebrare abusivamente questo
mistero, manda forse Dio un angelo dal cielo per consacrare la sua ablazio-
ne? •.. Da ciò consegue che un eretico, tagliato fuori daLla [Chiesal cattoli-
ca, non può produrre questo sacramento, poiché i santi angeli, che assisto-
no alla celebrazione di questo mistero, non sono presenti nelmomenro in
cui l'eretico o il simoniaco osa profanare questo mistero»'.
n meno che si possa dire è che qui, dal puntO di vista della teologia
cattolica, il Lombardo rasenta la spregiudicatezza, poiché non ha timo-
re di submdinare l'efficacia stessa delle parole istituzionali all'epidesi
consacratoria, da lui riconosciuta nel Supplices te Togamus dei canone
romanos . Mentre ravvisiamo in questo riferimento alla [ex orandi un
tassello ermeneutico che ci consente di cogliere una certa continuità tra
la metodologia dei Padri e la metodologia dei medievali, avvertiamo
che sì tratta pur sempre d'una continuità allumicino.
Possiamo anzi dire che nel Lombardo - come del resto nei pre-scola-
stici - convivono due tesi eucaristiche. Vi è anzitutto la tesi principale,
che convoglia sempre più ['attenzione sull'efficacia assoluta delle for-
mule istituzionali, peraltro ridotte alle parole necessarie e sufficienti
perché la consacrazione avvenga. lÌ1ttavia accamo a questa sussiste, a
modo di tesi secondaria, una costante attenzione alla domanda epideti-
ca, spesso intesa in chiave pneumatologica", Il guaio fu che codesta tesi
secondaria morì, per così dire, con i padri della scolastica, né passò mai
nella manualistica che dalla grande scolastica trae origine. Infatti, con la
sistematica che si prodigava a sostenere la validità di una consacrazione
compìuta da un sacerdote il quale si limitasse a pronunzìare le sole paro-
le istituzionali';, l'eclissi della dimen.<;ìonc epicletica poteva dirsi totale.
• PlETRO LoMllAlmO, Sententìae, 4,13,1 ìn Spicj!egjum Bont1vent"rian",;; 5, 312-313
(cf ['L 192, 868). Attravetso la sua esegesi del Supl'lj~e5 che menziona l'Angelo e: ['alta-
te celeste, Pietro Lombardo, insieme ai pre-scolastici, si propone: di spie:gare: la modali-
tà della traSforma2ione sacramentale, evitando sia di sminuire l'efficacia delle parole
istitllzionali sia soprattutto di moltiplicate materialmente la reale presenza del corpo
del Signore. 11 ragionamento è semplice: siccome Cristo è asceso al cielo quale pontefi·
ce del santuario vero {cf Eb 9, il-H} e siccome l'altare ce!<ste non è altro che il suo
corpo, il sacerdote chiede che il corpo e: il sangue posti suWaltare terreno siano mistica·
mente trasportati lassù, affinché in virtù del sacerdozio di Cristo giungano a identifìcar~
si con il suo corpo clle: là. risiede.
s S~ noti: nella conC'zione del Lombardo, nonché d'un buon numero di teologi
me<Jievali e moderni, si avre:bbe un'epicIesi susseguente anche a Roma.
'l'er i .esti di Radberto e: di Floro di Lione cl C. GIRAUDo,.11 sudore del volto di Dio.
La tiscoperta dello Spirito Santo a partire dalla preghiera eucaristica-, in S. TANZARELLA
(ed.), La personalità dello Spirito Salllo. In dialogo con Bem..rd Sesbolié, San Paolo,
Cinis<'lIo Balsamo 1998, 166·173.
' •... se Un sacerdote pronunzias>e solo le parole in questione l= le parole "Questo
è ii mio corpo' e "Questo è il calice del mio sangue"l con l'intenzione di produrre
---------_._--..,..".,--,.,.,--- ------_._-- -_.-
RdT 41 (2000) $-24 C.CIRAUDO
 Intanto, suno scorcio del XlII secolo, per una convergenza di circo-
stanze storiche, cominciava a delinearsi la controversia sull'epiclesi8•
Da Una parte, l'avvento in Oriente dci missionari cattolici faceva sco-
prire ai Latini la presenza - ai loro occhi - ingombrante deU'epiclesi
susseguente. Dall'altra, la traduzione delle opere di san Tommaso face-
va conoscere ai Bizantini la tesi degli scolastici, una tesi tendente a im-
porsi in maniera sempre più esclusiva.
Nicola Cabàsilas (t non prima del 1391) è il primo bizantino che in-
terviene per difendere [a Chiesa ortodossa dall'accusa di eterodossia, mos-
sale appunto dai Latini9 • Nella sua opera Spiegazione della divina lituT-
gia lo l'Autore presenta il quadro teologico della preghiera eucaristica, su-
bordinando l'efficacia delle parole istituzionali alla domanda epiclctica:
,,(Il sacerdote1, in· prima persona, porta dinanzi a Dio l'azione di grazie.
Lo glorifica, lo 103a con gli angelì e confessa le grazie dovute a tutti i
benefici che da lui ci sono pervenuti fin dall'origine. Infine fa memoria
deli'ineffabile e indicibile economia del Salvarore verso di noi. Quindi
consacra i preziosi doni, e tutto il sacrificio è compiuto. Ma in che modo?
{II sacerdote] racconta quella cena che incute timore, e come [il Signore1
prima della passione affidò ai suoi discepoli santi proprio ciò [che in essa
era stato istituito]; e come prese il calice e come prese il pane e, dopo aver
reso grazie, {lil consacrò; e come disse le parole per mezzo delle quali
manifestò il sacramento; e dopo aver proclamato quelle sresse parole si
prostra, e prega e supplica perch6 quelle divine parole dell'unigeniro Fi-
glio e Salv:l.tore (nostrol si armonizzino anche con i doni presentari, cosic-
ché, avendo riccyuto il santissimo e onnipotente suo Spirito, siano tra-
sformati, il pane nel prezioso e santo suo corpo, e il vino J1ell'immacolato
e santo suo sangue. Dopo queste preghiere e quesre parole tutta l'azione
sacra è conclusa e compiuta, i doni sono consacrati, il sacri l icio è comple-
to, la grande e sacra vittima, immolata per il mondo, giace là sulla sacra
mensa alla vista [di tutti)"ll.
questo sacrame::nto, realizzerebbe: davvero questo sacramento, poiché l'intenzione fa-
rebbe intendere queste parole come proferire ex ~rsona C!tristi, anche se ciò non ve-
nisse:: espresso datle parole precedenti [intendi; 10 dalle precedenti parole dci racconto
istituzionale; 2" dalle restanti parole:: del canone}. Tutlavià peccl],erebbe gravemente il
saçe::rdote che producesse il saçramento in tal modo, in quanto non rispe::t!erebbe il rito
della Chiesa» (IoMMA50, Summa Tb.ologiae 3,78,l,4m).
• Per una presenta;;ione rapida de\la questione dM. GoaDILLo, .Vepidesi eucaristica.
Controversie con l'adente bizantino-slavo», in A. l'tOU\N1"1 (ed.), Eucaristia, Desdée &
C., Roma 1957, 425-439.
• In dò Cabàsibs era stato preceduto, drca nn secolo prima., dall'armeno Van..no il
Grande (t 1271), con uno scrirto intirol..to libro di avvisi agli Armeni. 1.0 si può con-
siderare come il primo polemista .mi-latino circa la questione dell'epiclesi
'o N. C~BÀSllAS, ErplitAtion de /.. divine liturgie, traduction et notes de 5. SA1.AVTllE,
2' édition revue et augmentée par R. BORNEElT - J. GOlJTl.LARD -l~ PEll.1CHO:-r, in Sources
Chrlriet<nes 4bis, Paris 1967.
.. lo., E;cplj,arion 27, in Sources Chrétienne;s 4bis, 174-175.
C.GIRAUDO RdT 41(1.000) 5·:).4
Lo stile di questa riflessione ancora pacata, ma che già rivela una ben
precisa visione dell'eucaristia, si fa aggressivo non appena il nostro teo-
logo entra in polemica con i Latini. Lasciamo a lui la parola:
«Alcuni Latini se la prendono contro i nostri. Infatti essi dicono che, dopo
la parola del Signore Prendete, mangiate ecc_, non c'è più bisogno di alcuna
preghiera per consacrare i doni, dal momento che sono resi perfetti dalla
parola del Signore» \"l.
Cabàsilas prosegue elencando tutte le argomentazioni dei Latini e
confutandole a una a una. Siccome poi i Latini argomentavano contro i
Bizantini in casa di questi ultimi, cioè adducendo alcune espressioni di
Giovanni Crìsostomo13, Cabàsilas, dopo aver mostrato l'infondatezza
delle accuse mosse al "divino Giovanni"I., s'industria a sua volta ad
argomentare contro i Latini in casa loro, cioè a partire dal canone ro-
mano. Nell'esegesi cabasiliana del canone romano si legge:
"Ciò che chiude loro del tutto la bocca è ìl fatto che anche la Chiesa dei
Latini, alla quale essi credono di riferirsi, non si dispensa, dopo la parola
del Signore, dal pregare sui doni. Sfugge loro il fatto che essi non pregano
subito dopo la parola [del Signore] e inoltre non chiedono esplicitamente
Il \0., f.xplit;atiòn 29,1, in Sources Chrérienne. 4bis, 178-181-
,. Così viene Tiassunta l'obiezione dei Latin;, .Che sia questa parola [del SigIòore]
che consacra le oblate - dicono essi -, lo anesta il beato Crisostomo quando dichiara
che, come k1 parola creatrice ·Crescete e moltiplicatcvi" [G." 1,22; cf Gen 8,17; 9,7]
è sta.ta dt:tta da Déo una volta pe-T tutte) ma conlinua sempre ad essere opc.rantci C'osi
anche questa par"la pronunciata dii Salv;l1orc una volra per 11Itte continua sempre ad
essere "peranre. Perciò coloro che si fidano della propria preghiera più che della parola
del Signore, anzirutto accusano di debolezza questa parola, inoltre dimostrano di fidar-
5i più di se stessi, e infine:: fanno dipendere il sacramento da nnacosa in<:erta, cioè dalla
preghier:1 umana, e di rimando presentano come piena di incerte= una realtà cO$l
grande e alla quale si de::ve accorciare la fede più ferma~ (N. CABI.s~.AS, Explieation 29,1,
in So"rces ChrltienlU~ 4bis, 180-181).
I. Dopo "ver ricordato che l'efficacia della parola divina "Crescete e moltiplicatevi.
(Get< 1,22) prevede, per la procreazione dei figl~ la ne::cessaria mediazione dei genitori
nell'unione coniugale, CAllAsIl.A5 àggiunge; -Cosi pure, anche qui, noi crediamo che è
proprio la parola del Signore quella che compie il mistero [eucaristico], ma atttaverso
la mediazione del sacerdote::, attraverso la sua. preghiera c la '\la supplk"a~ (Expliaztiol'
29,4, in Souras Chnftiennes "bis, 182-183). In riferimento a questo (e::sto, R.l2. ThFT
conclude; .Dunque, per Cabàsilas, come per Giovanni Crisostomo e Giovanni
Dama.ceno, né l'epicle.i sta da sola né sta da solo il racconto d'istituzione: oggi po·
rremmo dire che nd qumro anaforico i due elementi sono interdipendenti. 5e si pre-
scinò" dal COnleGlo polemico di alcune espressioni strappare a Cabàsilas dagli altaCdli
latin; contro l'cpiclcsi consacratoria bizantina, si dovrà scorgere una concezione equili·
brata ddl'anafora e dell'interdipendenza delle sue parti costitutive; "La parola tistitu-
:Lionale], prosegue Cahàsilas, non agisce in maniera automatica ni' in ogni caso, ma si
richiedono molte condizioni, in assenza delle quali non produce l'effetto SIlO proprio"
(cap. 29,4). (.Ecumeniça] Scholarship and the Carholic-Orthodox Epide-'is Dispute.,
in Ostkircblicbe Studie.. 45 [1996] 201-226; qui 217).
R.dT 'II (2000) 5-2-\
--------r.,-,.,,,,..,..-.---------
~~ .?:~:
----
C.C1RAUDo
 la consacrazione e la trasformazione [dei doni] nel corpo del Signore; ma
usano altre espressioni che portano al medesimo fine e ~an[J? ~o stesso
significato. Qual è allora la preghiera? Comanda che questi dOni siano POT-
tati ;;L:lla mano ~/I'(l.Il?celo sul t~o .altate cele~t:. Dicar:<! dunque che cosa
sigl1lfica !'espresslOne • che 1 don! Siano portatI ? O ess!, my?can? p.e~ que-
sti {doni] una rrasposizione locale dalla terra e dalle regioni mfenoe! f}no al
cielo oppure [invocano] una dignità in certo modo più grande, CIOè la
trasf~rmazione da una condizione umile a una condizione elevatissima"lS.
Al dilemma messo sul conto dei Latini, Cabàsilas risponde con ir-
ruenZa e, interpellandolì direttamente, conclude:
-I vostri sacerdoti, considerando Cristo come vittima sacrificale, chiedono
che i doni siano posti in lui; [cioèl con parole ed espressioni diverse chiedo-
no esattamente la stessa cosa. Per questo i nosrri sacerdoti, dopo aver chie-
sto che i doni siano trasformati nel corpo e nel sangue divino, avendo fatto
menzione dell'altare celesre, non chiedono piCl che i doni siano trasportati
là [su quell'altare]; ma, siccome già sono stati trasportati e accolti lassù, essi
chiedono che di rimando ci sia mandata giù la grazia e il dono dello Spirito
Santo. "Preghiamo, dice [il diacono], per i doni consacrati". Perché siano
consacrati? Assoluramente no, poiché sono consacrati. Ma perché diventi-
no santificanti per noi: affinché Dio, che li ha santificati, santifichi noi stes-
si per mezzo loro. Pw:iò è chiaro che disprezzare la preghiera sui doni che
interviene dopo la parola ~eI Sigt:0rc, 110.n è .affare della Ch}e~a dei.L~tini in
generale, ma solo di alculIl pochi [1..:ltllll] PIUttosto recenti, ! quah I hanno
screditata su alrri punti ancora: sono individui che ad altro non prendono
gusto "se non a dire e ascoltare qualcosa di ntlOVO" (At 17,21}.! .
È verosimile pensare che, tra questi ultimi, Cabàsilas includesse pro-
prio Tommaso d'Aquino 1? Con le sue argomentazioni stringenti, i] no-
stro polemista non dà tregua agli avvcrsarì. Anche se non riesce a scor-
gere nella domanda lube haec perfeTTi l'esplicita menzione dello Spirito
Santo, egli è riuscito a dimostrare ai Latini che pure il loro canone
possiede un'epidesi, e per giunta un'epic1esi susseguente, la quale con-
cerne la sanrificazione e dei doni e dell'assemblea.
li N. CA8À$!1.tI'i, Explicatiot< 30,1-4, inSource. Chriei.nne. 4bis, 190-193. Dicendo
.sfugge loro il fatto dle questa preghiera, essi oon lo. fanno subito dopo lo. parola Idei
Signore]., Cabàsilas immagina che lo. corposit1l delle formule comprese tra te parole
iSlituzionali e la .upplica in questione impedisca ai sacerdoti latini di comprendere la
portata epidetica dell'espressione Iube hae. perfero. Dicendo queSlo, Cabàsilas ha pre-
sente l'epidesi bizantina, che segue a breve dislaI1za le parole 's,imziooali. Ma era ben
a1tw cbe impediva ai L"tiI1i di pensare all'epide.i!
16ID., ExpIit:Llliot< 30,16'17, in Soura. Chréliennes 4bis, 196·199. La fornmla -l're-
ghiamo... per i doni consacrati. si riferisce alla litania diaconale cbe interviene dopo lo.
conclusione dell'anafora e che, in qualche misura, riprende e prolunga te intercessioni.
Il reSlo che ci riguarda è il seguente: .Per i prezios' doni offerti e consacrali, preghiamo
il Signore. Mfinché il nostro Dio filantropo, che ha ricevuto queste offerte sul suo
altare santo, cdeste e spirituale in odore di soavi,à .pirinlale, ci mandi giù in contrac-
cambi", lo. divina grazia e il dono del santissimo Spirito, preghiamo il Signore. U. GOAl<,
Eucbologion sive Rituale Graecorum, Venetii. 1730~, 64l.
l7 Cf supTa nota 7.
CGIRAUDO
Dopo Cabàsilas scende in campo contro i Latini anche Simeone di
Tessalonica (t 1429), allo scopo di fare, «contro quanti ci accusano in
modo blasfemo, una perorazione {per spiegare] in qual modo crediamo
che i doni divini sono resi perfetti attraverso la supplica"Hi, Al pari di
Cabàsilas anche Simeone argomenta in casa altrui, affermando l'esi-
, 11 .
stenza di un'epiclesi consacratorìa pure nel canone romano. UttaVla,
mentre Cabàsilas l'aveva individuata nel SUf1P!ices, egli invece la scorge
nel Quam oblationem. Nel suo commento intìtolato Spiegazione del
divino tempio, così Sìmeone scrive:
"Coloro poi che si contrappongono [al~a nostr~ li~rgia], anche dalla 10l:~
stessa liturgia ~ov~ann? ess.cre confut~t!. InfattI e~' p1;1re pregano ~erche ~
doni presenrati dlventmo Il ~0;rP0 e Il. sangue, dl çr~sto, e b~ne~iconp !
doni e alitano se<:ondo la dlvma tradIZIone (&J.I.'l'\X)"lOOl. 1t~po: 't1'jV eeto:v
1!o:pMoow), non comentandosì delle sole parole del Signore,,1~.
l:espressione da noi tradotta con «alitano secondo la divina tradi-
zione» può essere compresa alla luce di due diverse prassi ugualmente
attestate nella Chiesa latina; cioè: o in riferimento all'usanza medievale
che prescriveva ai celebranti di baciare le immagini della maestà del
Padre c dci Crocifisso, rispettivamente al prefazio e al1è igiturO; oppu-
re in rapporto all'uso, da parte di taluni celebranti, di ansimare mentre
pronunciavano le parole della consacrazione2!.
Pertanto, se consideriamo l'espressione di Simeone in base alla com-
prensione immediata che ne potevano avere i lettori occidentali, dicia-
mo che essi la intendevano, o nel senso di ubaciano" le immagini del
messale, oppure nel senso di "alitano" durante le parole della consacra-
zione. Se invece la consideriamo dal punto di vista di Simeonc, possia-
mo immaginare che egli, trovandosi in un caso come nell'altro davanti
a una prassi a lui poco nota, abbia inteso molto di più. Siccome il verbo
ÈIlQroo-5;v, che significa propriamente "soffiare, alitare", designa tecni-
camente il conferimento dello Spirito Samo nell'azione liturgica - in
dipendenza da Gv 20,2222 -, è assai verosimile che Simeone abbia visto
"S[MEONE Dr TE'ShWNICA, &:posi/io de divina tempio &8, in PC 150,733-734_
.. Ib., 739·740b; dM. lUCI!!, ne%gia dogmatica Christianorum Orietualium, Parisii,
1930,3, p. 287.
'" Per tale prassi cf C. GrRtou>o, PreghieTe eucari.tit:be per la Chiesa di oggi. Riflessio-
ni itl margine al commento del canone svizzero-romano (Aloisiana 23), Gregori",n
Univenity Press-Morcellian"" Roma-Brescia 1993,210.
" Per questo uso cf C. GlRAUDD, Eucaristia per Il! Chiesa. Prospenive teol"giche
suU'eucari,tia a partire dalla .lex orandi. (Al()isiana 22), Gregurian University Presso
Morce!liana, Roma·Urescia 1989, 55! '-'.
11 Il verbo usato in Gv 20,22 l"... e dicendo questo, alitò [è\IE'PI>a-r)crEV] e disse loro:
Ricevere lo Spirito S""to.) è lo stesso che si trova Èn Gen 2,7 (LXX). Riferendosi a Gv
nell'una o nell'altra "insufflazione" una precisa allusione al dono dello
Spirito Santo.
Questa nostra ipotesi è accreditata dal fatto che, pur scrivendo in
contesto polemico, Simeone riferisce la prassi latina tramite una nota-
zione particolarmente solenne. Infatti, oltre a sottolineare la pregnanza
del rito, l'espressione "alitano secondo la divina tradizione" lascia tra-
sparire tutta l'ammirazione di colui che scrive. Inoltre va tenuto pre-
sente che, come per Cabàsilas, il contesto in cui Simeone organizza la
difesa della propria liturgia è dominato dalla considerazione ddl'epi-
clesi pneumatologiea quale elemento normativo dell'azione liturgica.
A tutt'oggi bisogna riconoscere che dall'una e dall'altra parte le po-
sizioni restano sostanzialmente immutate. Da parte cattolìca non va
tuttavia dimenticato che la dottrina contenuta negli enunciati del magi-
stero si è sempre limitata a definire l'efficacia assoluta delle parole isti-
rozionali, senza peraltro apportare alcuna ulteriore precisazione intesa
a escludere l'importanza e l'efficacia dell'cpidesi:!3. Ne! Decretum pro
Armenis (J 439), ad esempio, così si legge:
-La forma di questo sacramento sono le parole con cui il Salvatore istiruì
questo sacramento: infatti il sacerdote, parlando in perwna Chnsti produ-
ce questo sacramento. Petciò, in forza di quelle stesse parole la sostanza dci
pane è trasformata nel corpo di CriSto e la sostanza del vino nel [suo J
sangue... {DS 1321),,'·,
Tuttavia la speculazione dei teologi andò oltre e finì per aggiungere
quell'esclusione che i concili si erano premUtati di evitare. Per farci
un'idea della rigidità da cui oggi la parte cattolica è chiamata ad affran-
carsi - cioè a convertirsi -, basterà aprire un qualsiasi manuale di teolo-
gia scolastica di qualche anno fa, e vi ttoveremo puntualmente una tesi
con la quale ìJ manualista si fa il dovere di negare aU'epic1esi qualsiasi
efficacia. Così, ad esempio, recita la tesi 34 che figura nell'opera Myste-
rium {idei di Maurice de La Taille (t 1933);
•11 sacrificio si compie (perficitur) attraverso la sola consacrazione. Ai fini
della consacrazione l'epiclesi non possiede nessuna efficacia e non e in al-
cun modo necessaria (nu/la gaudet efficacia aut necessitate epiclesis), seb-
20,22, Gregorio Nnianzeno elenca tra i nomi con cui la Scrittura designa lo Spirito Santo
anche tÒ Èfl'l'Ù07Jj.la [il.offio] (Dis<:orsi 31,30, in Souree, Chrétie71~ 250, 336-337).
>l Solo in akuni documenti minoti, redatti a partire dal XVlII secolo, si incontra una
positiva pre.a di posizione contro l'epidesi da parte di Clemente Xl (1716}, di Bene-
detto XIU {1729}, dì Pio VI! (18n) e di Pio X (1910). Si tratta di lenere ind'rizzate a
vescovi orientali e dettatI' dalla preoccupazione pastorale di evitare che qualcuno possa
attribuire dfieada consacratoria anche all'epicle.i.
,. Lo $lesso dicasi del conci[jo ai Trento, che nella definizione circa la permanenza della
presenza reale si lilflita a precisare che -subito dopo la c011Saerazione il vero corpo e il vero
sangue di Nostro Signore esistono..• sottO le specie dci pane e del vino...• (DS 1640).
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C. GllWJlJO RclT 41 (2001l) 5-24
bene sia stata istituita secondo un disegno sapiente e abbia una collocazIO-
ne appropriata. n .
Propriamente parlando, l'enunciato riguardante l'epiclesi non è una
tesi, ma è piuttosto un corollario di tesi. Infatti dopo la tesi, che profes-
sa l'efficacia assolUta ed esclusiva delle parole della consacrazione inte-
se come "forma" del sacramento, interviene il corollario che nega al-
l'epidesi ogni valore consacratorio,
Dinanzi a simile enunciato verrebbe da chiedere al suo estensore: "Se
l'epic!esi non è necessaria, in che cosa consiste il sapiente disegno che ha
portato al suo inserimento in tutte le tradizioni anaforiche?". Dal tenore
delle argomentazioni a sfavore dell'epic1esi, questa finisce per vedersi
ridotta a un ruolo puramente decorativo, non essendo altro agli occhi
del manualista che un'invocazione puramente cerimoniale'6, Non è esa-
gerato dire che tutti i manualisti latini sono costretti -loro malgrado - a
riconoscerne l'esistenza. Personalmente sarebbero ben lieti, e il loro sforzo
sistematico risulterebbe enormemente agevolato, qualora riuscissero -
con una bacchetta magica - a cancellare di colpo rotte le epiclesi da tutte
le anafore. Purtroppo sanno di non possedere tale strumento. Per que-
sto si industriano a giustificarne in qualche modo la presenza.
Se la manualistica latina appare monolitica nel professare una dot-
trina determinata e rigida, non meno rigida e determinata è turtora la
posizione ortodossa, considerata sopratrntto nell'ambito di talune Chie-
se. Come spiegare tale determinazione e rigidità? Si tratta di una con-
vinzione veramente tramandata, oppure di una contrapposizione alla
posizione cattolica? Difficile dirlo. Propenderei per la seconda alterna-
tiva. Infatti i teologi bizantini, oltre ad affermare l'efficacia consacraro-
ria dell'epic1esi, spesso si prodigano a suttolineame intenzionalmente
l'assolutezza, quasi a voler contrapporre alla tesi esclusivistica dei cat-
tolici - nonché di quegli ortodossi che storicamente l'hanno seguita l1 -
un'esclusivistica tesi ortodossa.
>s M. DE LA TAlLLE, Mysterium fitki. Dc augustissimo Corpori. et Sanguinis Christi
sacrificio atque sacramento, Paris!is 1921,432-453.
2< DE LA TAtlll: parla di -eaerimoniaria itwocatio seu epidesis. (Jof:yslerium (idei 453).
~, La Chiesa russa del tempo di Pietro Moghil:l (XVll secolo) s<:guiva la posizione
cattolica <:irea la sola suffidenza delle parole del Signore.
RtlT 41 {2000} 5-24 C.ClIlAODO
 PER UNA SOLUZIONE "OlITODOSSA"
2 DELlA CONTROVERSIA SUll:EPICLESI:
DUE PROPOSTE COMPLEMENTARi
2.1. La formula ambrosiana «$Uperest ut perfectio fiat» come esplica-
tiva del rapporto tra le parole della consacrazione e Fepiclesi con-
sacratoria
Nel commentare la tesi cattolica Pierre Batiffol (t 1929) così si espri-
me:
.... le parole dell'i?tìtuzione sono per n?i t~ologi la forma che cons~cra:
esse sono necessane ed esse sono suffICIentI per operare la conversione:
perciò, in bllona logica, l'epidesi non aggiunge nulla alia loro virtù, né
saprebbe portare a compimento ciò che è già perfetto.".
Dinanzi all'evidenza dell'ultima asserzione ci possiamo tuttavia do·
mandare se la logica qui invocata sia quella corretta, o non sia piuttosto
quella che presiede all'esame delle cose che si vedono c si toccano~ e
che sono pertanto suscettibili di misurazione fisica. Per questo prefena-
ma abbandonare l'insegnamento del fisicista e rimetterci ancora una
volta alla scuola del mistagogo.
Nella mistagogia del terzo giorno, venendo a parlare della crisma-
zione, l'Autore del De sacramentis afferma:
.Segue il sigillo spirituale.. " poiché, dopo il fonte, resta d4 p.ortaTI! a pienez-
za [quanta già è pienam«nte compi~tI:J (superest. ut /n;rfectlo fW!li quando
al1'itlVocazione del sacerdote lo SpJr1to Santo viene Infuso, Spirito di sa-
pienza e d'intelletto, Spirito di consiglio e di fortezza" Spirito di CI:'I~oSCen:ll1
e di pietà, Spirito del samo timore. che sono le sette VIrtù dello SPlCltO... »".
Il ragionamento di Ambrogio si muove sul piano della dinamica sa-
cramentale, dove i parametri fisici non hanno nulla da dire. Mentre
nell'ambito delle realtà fisiche, cioè commensurabili in termini di quan-
tità, di qualità, di tempo e di spazio, niente si può aggiungere a ciò che
è pieno e perfetto, come del resto sarebbe assurdo prospettare l'avven-
to di ciò che già è avvenuto, invece sul piano della realtà sacramentale
le cose stanno diversamente.
Nessuno dubita dell'efficacia santificante del battesimo, che ci ren·
de, non certo cristiani a metà, bensì cristiani perfetti. La fede insegna
che il battesimo è tutto, che al battesimo non manca nulla. Eppure,
dopo il battesimo, superest ut perfectio fiat, cioè resta ancora da porta·
re a perfezione ciò che già è perfetto, resta da portare a pienezza quella
-,; p. BATlf;OL, .NoLlvelles études documentaire; sur la sainte eucharistie", in RelJue
du C/ergi Françal~ 55 (1908) 524.
" AMnl\oGlo, De sacramemis 3,8.
-.-.--.----rwr---.---
C. C'RAUCO I:S)::1 .- MT 41 (2000) .5-24
grazia trasformante che ha già pienamente trasformato il catecumeno
in neofita.
Se il sostantivo perfectio, insieme ai suoi paralleli linguistici, è diven-
tato in molte tradizioni ecclesiali una designazione della crismazione, il
verbo greco "tEh.ElOUV [portare a pienezza] - che corrisponde al latino
perficere - figura nel1'epic1esi sulle ohiate dell'anafora di san Marco.
Ecco la porzione che ci interessa:
"... manda sopra guestì pani e sopra questi calici lo Spirito U;'0 san:-o, per·
ché li santifichi e llpo~ia pienezza (i\ia..:.1~h.etOJo"nl quale DIO onnJ8,0ten.
te, e faccia del pane Il corpo, e del calice li satlgue della. n~ova. a ean;;
dello stesso Signore e Dio e salvatore e sommo re nostro Cesu Cnsto.... .
Ispirandoci pertanto alla formula ambrosiana superest ut pefectio
fiat, proviamo a rifcdrla all'eucaristia. Essa infatti è in grado di gettare
una luce nuova sull'interazione dinamica tra le parole istituzionali e la
domanda epidetica, qualunque sia la struttura anaforica.
È certo - come del resto la lex credendi, cioè la "fede creduta", ha
sempre professato - che le parole isrituzionali operano efficacemente la
transLlstanziazione del pane nel corpo e del vino nel sangue del Signo-
re. Tutravia è altrettanro certo che la lex orandi, ossia la "fede pregata",
non le ha mai fatte intervenire in maniera autonoma. Nel riconoscere
la loro efficacia assoluta nei confromi della trasformazione delle ohla-
te, essa le ha sempre accoite in modo tale da lasciare spazio alla voce
insistente della Chiesa che per bocca dci suo ministro chiede al Padre di
inviare lo Spirito Santo petché trasformi le oblate, ossia perché porti
misticamente il pienezza la transustanziazione.
Se ci riferìamo alle anafore provviste di epic1esi susseguente, diremo
che il loro racconto istituzionale si apre naturalmente sull'epic1esi. In-
fatti, dopo che la transustanziazione si è prodotta attraverso la procla-
mazione delle parole istituzionali, rimane da portare a pienezza ciò che
è già pienamente compiuto (superest ut perfectio fiat). Se vogliamo,
possiamo dire che l'epic1esi susseguente interviene a trasformare il pro
vobis delle parole del Signore (cf «Hoc est enim corpus meum quod pro
vobis tradetun> ... ) nel nobis·o pro nobis delia supplica ecclesiale, nel
senso che riferisce dinamicamente la già avvenuta produzione del coro
po sacramentale all'edificazione del corpo mistìco.
Cf tesco
- ... lO ,n A. HANGGI -1. l'ARI. (ed.), Prex eucharisrica, Fribourg (Sui;,e) 1968,
114-115. Nelle anafoee siriache la n02ione "perfezione" è affidata al verbo gamàl.
Nl>tiamo l'espressione .perché rendo perfetti [questo pane e questo calice]. nene anafore
di Dioscoro I, di Cirillo, di Giov.nni Saba e di Tommaso Apostolo (cf AnaphoTae
Syrlacae,.. "UTa fu>ltifid; Instituri Studiorum Orientalium editae et Lil/ine versae, Romae
19395', I, 280-281.344·345; II, %·97_340-341). Inoltre il grupp" semantìco gamàTI
,"1I.no"vlperficere ricorre abitualmente nelle rispettive lingue per esprimere la nozione
di çon$acrazionc eucaristka.
RdT 4t (2000) 5·24 C. C1RAUDO
 Se invece ci riferiamo alle anafore romane che comportano l'epiclesi
antecedente, diremo che la loro epidesi si apre naturalmente sul raç-
conto. Infatti la voce autorevole della Chiesa, rappresentata in misura
eminente dal presbitero, dopo essersi impegnata a chiedere l'intervento
della potenza dìvina su quc<sto pane e su questo calìce perché diventino
il corpo e il sangue del Signore Gesù, procede immediatamente alla
proclamazione di quelle parole che operano la transustanziazione. An-
che qui, astenendoci dal volei qualificare o quantificare l'entità della
transustam:iarione in rapporto all' epidesi antecedente, diremo che dopo
di essa "resta da portare a pienezza" (superest ut perfectio fiat) dò per
cui già è stata impegnata la potenza divina. Parafrasando e rileggendo
l'epiclesi Quam oblationem in chiave pneumatologica, come un tempo
facevano i pre-scolasticP', possiamo dire: «... manda il tuo Spirito su
questa offerta perché la porri a pienezza, cosicché diventi per noi (no-
bis) quel corpo del quale, nel consegnarcelo la vigilia della sua passio-
ne, il Signore ebbe a dire: quod pro vobis tradetur». Ancora una volta: il
nobis dell'epìc!esi non può esimersi da quell'ulteriore accredito teolo-
gico che è il pro vobis delle parole istituzionali. Quest'ultima asserzione
è ampiamente corroborata dalla dinamica orazionale embolistica3Z •
Nell'uno e nell'altro caso non dobbiamo poi dimenticare che nel-
l'anafora - come del resto in tutti i formularì orazionali -la modalità
della supplica prevale. È infatti essa a I:iferire a sé, sia l'azione di grazie
globalmente intesa, sia soprattutto quanto nel racconto istituzionale,
culmine dell'azio.ne di grazie, si configura come parole operacìve di ciò
che significano. E a partire dall'epidesi che si comprende la funzione
dinamica dci racconto istituzionale; non vìcevetsa. Se invece continuia-
mo a partire dal racconto istituzionale - più ancora: dalle parole istitu-
zionali previamente ridotte a "parole necessarie e sufficienti" perché la
consacrazione avvenga -, come ha fatto tutta la teologia del II millen-
nio, noi continueremo a chiuderci entro una visione cosificante e mor-
tificante della presenza reale, dimenticando che essa è pro nobis. E sa-
rebbe questo un peccato, un grave peccato.
Jl Tak è, ad e.empio, la lettura che 11e fa FlORO: .Quam oblationl!ffl tu, ecc. fino a
dilectissimi Filiì tui lesu Cbris,; Domini nostri. Si prega Dio onnipotente perché egli
slesso, in forza dello Spirito che disce"de [dall'alto], trasformi in eucaristia spirituale e
perfetta l'oblazione che è stata posta sui .uoi sacri allari ed è stala raccomandata con
tante preghiere, in modo tale che sia del tulto annoverala, cioè aCCettala nel nulnero
dei doni a lui graditi... E inoltre, perché nella for:.a trasformante dello stesso Spirito
Santo sia resa spirituale...• (Exp(JSliio Missae 59,1-2 in PL t 19, 51bc). Per un'inquadra-
tura dell'esegesi liturgie.1 di Fluro cf articolo cirato supra alla nota 6.
n Sulla nO"lione tecnica di embolismo - dal termine greco ~llPo)..ov, che significa
l'innesto dell'albero - e sulla dinamica ora:l;Ìonale embolistica cf C. G[!lAlJ1)O, Eucarisria
pe,- '"' Chiesa..., dr., 293-298.
--'-- ._---,,-----~~~.
C.CIRAUDO ,~., ..
~i.:J)~?, - - . - - - --w~1 (ZOOOI5-Z'I
~M
2.2. IJistante della consaa'azione come «tempo sacramentale»
Tra le tesi che figurano nei manuali di teologia scolastica ve n'è una
che afferma l'istantaneità della transustanziazione. La possiamo leggere
nella formulazione stessa di san Tommaso, che così si esprime:
•... questa trasformazione si compie per mezzo delle parole di Cristo pro-
nunciate dal sacerdote, di modo che l'ultimo istante in cui sono pronuncia-
te le parole è il primo istante in cui il (;orpo di Cristo è presente nel sacra-
mento. [...1è allora infatti che si completa il significato delle parole, che è
efficaçe nelle forme dei sacramenti. Da dò consegue che questa trasforma-
zione non avviene in maniera sucçessiva. i '.
Potremmo dire che qui san Tommaso è preoccupato di mettere in
guardia contro la tentazione di concepire la transustanziazione sulla faI·
sariga di un'eclissi, dove a misura che un corpo celeste svanisce - perlo-
meno ai nostri occhi -, un altro ne prende il posto. Se così avvenisse per
la trasformazione eucaristica, codesta progressiva sostituzione tra due
sostanze comporterebbe inevitabilmente, sia pure per un breve momen-
to, la compresenza di entrambe, con il conseguente rischio di vederci
ricadere nella teoria della consustanziazìone. Ma' non è così per la pre-
senza eucaristica. Questa infatti si compie in un istante, che san Tomma-
so, coerente con l'assolutizzazione dell'efficacia delle parole istituzionali,
fa collimare con l'ultimo istante in cui si compie la loro proclamazione.
Un'analoga riflessione sull'istante della trasformazione eucaristica,
ma anteriore di vari secoli a quella di san Tommaso, già si trova presso
lo scrittore nestoriano Rabai il Grande (t 628). Anche se a qualche
teologo odierno l'ortodossia eucaristica di Babai sembra offuscata da
una non soddisfacente chiarezza, è tuttavia degno di nota quanto egli
scrive a proposito dell'istante in cui si realizza la presenza eucaristica_
Nel sUo trattato di cristologia nestoriana così egli afferma:
«E come all'invocazione del sacerdote, nella supplica sopra i misteri della
nostra salvezza, quando il sacerdote dice: Venga la grazia dello Spirito San·
to e dimori sopra questo pane e sopra questo calice, e li faccia corpo e san·
gue del Signore nostro Gesù Cristo, allora alla voce del sacerdote, subito, in
un batter d'oççhio, crediamo che il sacramento esiste, e che la grazia dello
Spirito Santo dimora e porta a pienezza i misteri della nostra salvezza
affinçhé siano il çorpo e il sangue di Cristo, un solo corpo attraverso un;
sola discesa e la potenza purificante e santificante; e un solo corpo di Cri-
sto, non due corpi, sebbene altra cosa sia il pane secondo natura e altra
cosa sia il corpo secondo natura e sebbene qui le nature siano separate
l'una dall'altra, tuttavia attraverso la virtù c !'intervento della consacrazio-
ne è nn solo corpo e un solo pane; wsì anche lì bisogna che noi compren-
diamo che, insieme alla voce dell'angelo che dìce: "Lo Spirito Santo verrà
e la porenza dell'Altissimo dimorerà su di te" [Le 1,35], subiro, alla sua
" TOMMASO D'AQUINO, Sum>na Theologiae 3 ,75 ,7,lm er 3m.
----- ,,---- - - - -
RdT 'II (lOOO) 5·2'l C.CIRAUDO
 voce, in un batter d'occhio, fu fatta l'assunzione [del corpol e con l'assun-
zione l'unione [ddla divinità con l'umanità}.'·.
Rispetto alla posizione divenuta classica nella teologia eucaristica
d'Occidente, va tenuto presente che al nestoriano Babai manca la preoc-
cupazione di una sistematica propriamente eucaristica. Si~con:e il su~
interesse riguarda l'unione delle due nature nella persona di Cnsto, egli
non trova di meglio che disporre l'istante dell'assunzione della natura
umana da parte della divinità in parallelo con l'istante della consacra-
zione. Entrambe le presenze, per opera dello Spirito Santo, avvengono
"subito in un batter d'occhio": quella sacramentale, alla voce del sacer-
dote; q~ella del corpo storico, alla voce dell'angelo. Puro senza co~figu­
rarsi come riflessione sistematica sull'epiclesi, la teologia di Babal pre-
lude di fatto a quella che sarà la posizione della teologia bizantina dal
XlV secolo in poi. . riconoscere che entrambe le teorie sbagliano allo stesso modo, in quan-
Come conciliare le teorie contrapposte della Chiesa d'Occidente e
delle Chiese d'Oriente circa l'istanre in cui avviene la transustanziazione?
Qui dobbiamo far intervenire, rispetto alla categoria "tempo", una
considerazione analoga a quella che, in riferimento alla categoria "spa-
zio" il concilio di Trento fa intervenire per spiegare i due modi della
p res~nza di Cristo, sempre assiso alla destra del Padre e nondime~o
realmente presente sui nostri altari (cf DS 1636). Al fisìcista, che In
nome della sua logica sarebbe tentato di ribellarsi all'idea di due distin-
te presenze reali di un medesimo corpo, la fede tridentina r.ispond~
dicendo che la categori.t di spazio fisico è inadeguata per spIegare 1\
mistero, giacché in questo caso non si tratta di due presenze fisiche,
bensi di due diversi modi dell'unica presenza.
Analogamente, se vogliamo comprendere come l'effìcada assoluta
delle parole della consacrazione si componga con l'efficacia dell'epicie-
si consacratoria e viceversa, dobbiamo riconoscere che qui non si tratta
di due trasformazioni successivamente distinte nel tempo, bensì dei due
momenti congiunti e reciprocamente ordinati della transustanziazione
unica. In altri termini; come la categoria di spazio fisico è inadeguata
per spiegare la presenza del corpo sacramentale, eosì pure la categoria
di tempo fisìco è inadeguata per spiegare la produzione del corpo sa-
cramentale.
Perciò in analogia con Tremo, che respinge l'alternativa "o tutto in
ciclo o tutto sull'altare", diremo: non vi è alcuna contraddiziune nel-
l'affermare che il mistero della transustanziazione si compie tUlto quanto
nel momento delle parole istituzionali e tuttO quanto nel momento del-
l'epicIesi, giacché il tempo sacramentale non è un tempo fisico, bensì
,. A. VASHAWE (ed.), Tractatus Ma, Babaf de divinitate et de hl'manit"te et de persona
l'nitati, (eSCO 61), Romae 1915,95 (siriaco], 87-88 ("".d latina).
ZGlAAI.:D-;:;-'·-- - - t:~:~l '----~dT4112UOOI5-2~
- per dirla con un'espressione di ispirazione aristotelica - è «tempo
IlE't"à 'tè/. <p\JerlKa.», un tempo cioè che sfugge alle misurazioni del crono-
metro. Inoltre, sempre in analogia con Trento, diremo: anche se a sten-
to possiamo esprimere con parole questo tempo sacramentale, tuttavia
con una riflessione illuminata dalla fede possiamo riconoscerlo come
possibile a Dio e dobbiamo fermamente crederlo (cf DS 1636)".
Sbaglia dunque per eccesso di limitazione la teoria cattolica quando
vuoI fissare l'istante della transustanziazione unicamente ed esclusiva-
mente nelle parole istituzionali. Sbaglia ugualmente, per un opposto
eccesso di limitazione, la teoria ortodossa quando fissa l'istante della
transustanziazione unicamente ed esclusivamente nell'epiclesi, la quale
- stando a Cabàsilas - applica alle obiate l'efficacia delle parole istitu-
zionali precedentemente considerata come ancora sospesa. Dobbiamo
to considerano l'istante della transustanziazione alla stregua di un istante
fisico, e pertanto cronometrabile.
RACCONTO ISTITUZIONALE ED EPICLESI:
3 l DUE CENTRI DINAMICI
DELLA PREGHIERA EUCARISTICA
Si dice abitualmente che ìI racconto istituzionale, ossia la consacra-
zione, è il cuore della preghiera eucaristica. Ciò è assolutamente vero.
Oggi però, 'llla scuola della [ex orandi, dobbiamo aggiungere: anche
l'epiclesi - o, più esattamente, la duplice epiclesi - è il cuore della pre-
ghiera eucaristica. A questo puma però dobbiamo abbandonare !'im-
magine del cuore, dal momento che l'idea di due cuori compresenti e
cooperanti in un medesimo organismo ripugna. Per questo preferiamo
parlare di centri dinamici.
Il racconto istituzionale, che si prolunga nell'anamnesi ad esso inse-
parabilmente congiunta, e l'epidesi per la trasformazione delle obiate,
che si prolunga ncll'epiclesi per la trasformazione dei comunicanti e a
sua volta si allarga nelle successive intercessioni, costituiscono i due centri
dinamici della preghiera eucaristica. Il magistero autorevole della /ex
orandi ci invita a riconoscerli entrambi come provvisri di efficacia con-
sacratoria assoluta. Riferita alle parole della consacrazione e all'epiclesi
consacratoria, la nozione di «efficacia consacratotia assoluta" non sop-
----
H Si potrebbe appIccare alle disquisizioni circa l'istante della translls,anziazionc il
monito -ne curiosius illquirant", che il Catechismo Tridentino rivolge a coloro che
amano disquisire troppo su! modo della transustanziaziolle (cf E RODRlGt:EZ ET AUT [ea.],
CatechlSmus Rom">lU5, LEY, Città del Vaticano 1989, pars 2, cap. 4, p. 263).
RdT 41 (ZOQOl 5-24 C.GlRAUDO
porta né conflittualità né esdus~vismi. Ispi.randoci dunque alla formula
ambrosiana superest ut perfectlO fiat, diciamo che tra le ~aro~e de!l~
consacrazione è 1'epic1esi consacratoria corre un rapporto di recrproclta
perfettìva, giacché i due elementi sono l'uno la perf~ctio dell'a!tro. .
Il farto che in tutte le anafore della grande tradiZione, con 1ecceziO-
ne unica del canone romano, l'epidesi per la trasformazi~nedelle obla-
te sussegua al racconto istituzionale36, non do!r~ essere nguardato con
l'occhio miope di chi, a livello di efficaciarea~stlco-sacra:n~nta~e,teme
l'insorgere di un conflitto di competenza tra il racconto lStltl1'ZlOn~l~ e
l'epidesi. La lex orandi lo rassicura. Essa infatti, attraverso la sua VISIO-
ne globale e precisa, sa affermare l'efficaci~a~soluta e total~ delle par?-
le istituzionali che operano la transustaoZIaZlOne, pur laSCiando spazIO
alla domanda impellente a Dio Padre, perché attraverso l'invio ~ello
Spirito Santo porti a pienezza la transustanziazione; e viceversa, r~esc.e
a sottolineare tutta l'importanza dell' epiclesi sulle oblate, sen7.a smmuI-
re minimamente l'efficacia delle parole istituzionali.
Giovanni il Teutonico, intorno al 1215, nel rispondere a quanti di-
squisivano troppo sul momento della consacrazione già de~iniva "pi~ci­
nerie» le preoccupazioni dei teologi del cronometro. R~fer:ndo.sl al
Supplices çui riconosce la duplice fisio~omia co~giuJ.lta d: epldesl per
la trasformazione sia delle oblate sia del comUnIcantI, COSI egh annota
nella sua Clossa ordinaria al Decretum Cratiani:
.1ubl' lcomanda], cioè fa': r,erfl'Tri,lche sia p~rtatol, cio~ che s~a transustan-
tiato. Oppure: perferTi, CIOC che sIa portata m alto, c:oe çhe Sia trasP?rtato.
sopra il mo santo altare" tuo corpo, esalrato. al d. sOJ'ra del con degh
Angeli. SCIllbra tu~avia che questa o!"a<:lOne sia super~u~, dal m.0l!le~to
che viene pronunziata dopo le parole In ~orza delle quah s!.produce Il cor:
pa di Cristo, sicché una preghiera che nchlede clò.che gl~ è.a.vv~n:,to,.e
superflua. Risposta: Il testo scritto non p~esta anenZlOne a.slmI!I plccl,;etle
riguardanti la concezione del tempo (~cTlptura nan at!endlt hulll.5mod. an-
gustia. temporis); ma il sacerdote, sl.ccome non puo pronunZIare molt~
cose in una sola volta, parla come se Il t;~p,? restas~e fermo, e come se SI
dovessero ancora fare quelle cose che ali IniZIO del dIscorso non erano a~­
cara state fane ... Opp.ure in.tendi {la ~manda} in rapport~ al cor~o SPlIl-
tuale della Chiesa, affinché m forza di questo sacr~m,:nto sIa assoclato.alla
Chiesa trionfante. Perciò nel seguito del canone Si dIce: tlt quotquot mde
sumpserimus, caefesti gratia rqJleamuro;1.
In piena sintonia col pensiero di Giovanni il Teutonico, cosi si espri-
merà più tardi Jacques-Bénigne Bossuet (t 1704):
, . Per la silUa"Zio~e pwpria alla cosiddetta prima epidesi alessandrina, cf C GlRAUDO,
Eucaristia per la Chiesa , cit, 469-471A84-485.494101 •
17 Decretum Gratiani I<na cum gfossi.s, Lu&dulli 1584, p. 1952 (De cOf7ucrarione
2,72).
._--_.------
c. GlRAUDO lùlT 4l (2000) S-24
.... lo spirito dell,: liturgie, ~ in g~~erale di tutt~ le C'~nsacrazi.~n~ non è di
attaccarci a talUni momenti preCISI, ma dI farCI conSIderare l ms~eme del-
l'azione, così da comprenderne anche tuttO quanro l'effeno.. : E dunque
per rendere la cosa più sensibile che la Chiesa parla, in ognI momento
[dell'azione Iiturgical, lasciando intendere che la sta facendo In quell'istan-
te peraltro senza troppo considerare se essa è fatta, o se essa forse è alleora
eh fare molto contenta che il tuno si trovi nell'insieme dell'azione... E per
qnesto'che la Chiesa non si stanca mai di sl?ieg~re in vari modi la grande
cosa che è stata appena fatta; e, prelj\ando DIO dI f,lTla ancora, ~fferrna ch~
egli la fa semr,re, conservandola e Impedendo con la sua grazia che resti
senza effetto. B.
Attraverso il suo linguaggio altamente equilibrato, la ie:c orandi ci
ricorda dunque che l'istante in cui avviene la consacrazione non è -
come abbiamo visto - quello del nostro cronometro, bensì è l'istante di
Dio, che ammette due momenti forti, entrambi da considerare assoluti
quasi fossero autonomi.
Per ribadire l'importanza teologica dell'epidesi e per precisarla me-
glio in rapporto al caso delicato che rappresenta l'epidesi antecedente
romana, prestiamo ancora attenzione alla casistica rubricale che fino a
pochi decenni fa accompagnava l'anafora della Chiesa di Roma.
1':ella trattazione De defectibus in celebratione Missarum occurrenti-
bus, quale figurava nei lIlessali anteriori alla riforma IiturgicaJ9, si ipo-
tizza il caso di un sacerdote che sia colto da un improvviso grave malo-
re, o muoia prima della consacrazione oppure durante la medesima. A
ogni ipotesi casistica il canonista-teologo40 dà la risposta adeguata. Pas-
siamo in rassegna i casi e consideriamo le risposte.
1° caso: «Qualora il sacerdote prima della Consacrazione div'enti
gravemente ammalatO, o sia colto da una sincope, o muoia, si tralascia
la Messa (praetermittitur Missa),,<l.
2° caso; «Se ciò avviene solo dopo la Consacrazione del Corpo e
prima della COnsacrazione del Sangue, oppure dopo la consacrazione
di entrambi, la Messa sia conclusa da un altro sacerdote (Missa per
alium sacerdotem expleatur) a partire dal momento in cui quello è ve-
~B. BoSSUET, .Explication de quelques difficultés sur les prières dc la Messe 45.,
in Oeuvrescomplètes, a cura di F.lACMI, Vivès éd., Paris 1864, t. 17, p. 74-75.
" Nei mes~ali pre'condliari la dettagliata normativa cui stiamo per accennare va
sotto il titolo .De de/cctibus in ministerio ipso occurrentibus-. l'ultimo rnc~sale in clli
la leMiamo nella formulazione divenuta classica è il Messale Romano La~ino-lta[jan()
per le domeniche e le feste, Daverio, Milano 1965, p. XVlIl-XIX, S X,33.
4n Per molti di questi casi il canonista-reologo è nientemeno che san Tommaso (Summa
Theologiae rn,!l3,6).
" .Se il sacerdote viene colto da morte o da infermità grave prima della consacrazio-
ne del corpo e del sangue del Signore, nOll è necessario che sia ~upplito da un alrro (non
opaTter ut peT alium suppiearur). rrOMMASO, Sllmn1l1 Theologiae 1Il, 83,6,lm}.
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fiuto meno, e in caso di necessità anche da uno che non è digiuno»<l. La
normativa canonico-rubricale menziona quindi l'assoluta convenienza,
al momento della comunione, di far comunicare anche il sacerdote che
ha iniziato la celebrazione, qualora egli sia ancora in vita e sia in grado
di comunicare.
]0 caso: "Se poi il sacerdote muore dopo aver pronunciato a metà la
forma re1atìva al Corpo (semiprolata forma Corporis), poiché la Consa-
crazione non è avvenuta, non è necessario che la Messa sia completata
da un altro (quia non est {acta Consecratio, non est necesse ut Mìssa per
alium suppleatur),,13.
4° caso: "Se infine questi muore dopo aver pronunciato a metà la
forma relativa al Sangue (semiprolata forma Sanguinis), allora un altro
prosegua la Messa, e sopra lo stesso calice ripeta la forma integrale a
partire dalle parole Simili modo, postquam cenatum est; oppure po-
trebbe pronunciare la formula integrale su un altro calice preparato, e
[al momento della comunione} prendere l'ostia del primo sacerdote, e
il Sangue da lui stesso consacrato, e quindi [prendere} il calice che è
stato lasciato semìconsacrato».
Tralasciando di disquisire in merito al calice «semiconsacraro", sulla
validità o meno della cui consacra:lione lo stesso canonista rubricale
evita di impegnarsi, vorremmo invitare il lettore a riflettere su un 5°
caso che potrebbe ugualmente verificarsi. Lo formuliamo a modo di
domanda: «Che cosa si farebbe se il sacerdote fosse colto da improvvi-
so grave malore o morisse dopo aver pronunciato la formula dcll'epì-
clesi di transustanziazione?». Proviamo a rilq;gerla - ad esempio - nella
n preghiera eucaristica:
.Perciò ti preghiamo: santifica questi dont con la rugiada del tuo Spirito,
perché diventino per- noi il corpo e i[ sangue del Sig7lore nostro Gesù Cristo».
Oggi, chiunque sia minimamente sensibile alla teologia del mistero
eucaristico quale emerge dalla lex orandi, avverte tutta l'inadeguatezza
della risposta implicita nella normativa precedente. Infatti, aUa doman-
da che abbiamo appena formulato, il canonista rubricale avrebbe rispo-
sto: «Siccome la consacrazione non ha avuto luogo, si tralasci la mes-
sa». AI che il discepolo della lex orandi non potrebbe fare a meno di
ribattere: «Ma come? Dopo che la potenza santificatrice di Dio è stata
solennemente impegnata ai fini della transustanziazione, con quale ani·
U -Se poi ciò acc;la" dopo che la consacrazione è illiziata, ad esempio, quando è
slato già collsaCrato il corI''' lO prima della consac,azione del sangue, o anche dopo la
cOllsacrazione di entrambi, la celebrazione della messa deve essere condusa da un altro
{Jebet miSSile celebritas pet a/ium explen). rrOMMASO, Summa TheologiadIl, 83,6,1m}.
.
., San lommaso no" giunge a questa e alle successive finczze casistiche.
~.GI~~--- - - - - - - T~~A --·----R-dT-41-(2-0-0~-S--;t4
mO si potrà abbandonare il proseguimento della celebrazione?». Pur
astenendoci dal far intervenire la nozione di "semiconsacrazione" o dal
parlare di elementi "semiconsacrati", diciamo che, sotto il profilo teo-
logico, l'epidesi di transustanziazione non è meno impegnativa del rac-
conto istituzionale,
Forse non sarebbe male se la normativa rubricale tornasse a riconsi-
derare, certo in maniera più sobria di quanto non sia stato fatto in
passato, la casistica relativa ai De{ectulf<, prendendo in considerazione
anche il riferimento all' epiclesi antecedente romana. Ciò, più ancora
che a chiarire la prassi da seguire nei casi suaccennati e per formna non
frequenti - nei quali al limite «supplet Ecclesia» -, servirebbe soprattut-
to a ridestare una sensibilità teologica da tempo sopita e a rìchiamare
l'attenzione sull'importanza deU'epiclesi di transustamiazione,
È urgente oggi che il teologo latino, e con lui il canonista rubricale,
sì pongano alla scuola della /ex orandi,.per apprendere da essa l'equili-
brio legato alle formulazioni tramandate, Pertanto, mentte per un ver-
so dobbiamo continuare ad affermare l'efficacìa assoluta e tOtale delle
parole istituzionali che operano la transustanziazione, per altro verso
siamo invitati a riscoprire la pregnanza teologica della domanda impel-
lente al Padre, perchi: in virtù dello Spirito Santo operi la transustanzia-
zione. 1: equilibrio della lex orandi ci rassicura sul fatto che riconoscere
l'importanza e l'efficacia dell'epiclesi di transustanziazione non sminui-
sce minimamente il riconoscimento dell'efficacia assoluta delle parole
istituzionali.
È questa la convetsione che si impone all'inteliectus [idei tanto delle
Chiese cattoliche quanto delle Chiese onodosse in questo IU millenniu.
'lanto il teologo cattolico quanto il teologo ortodosso, allorché riflettu-
.. Attualmente il legislatore si limita a riprendere dalla precedente trattazione rubricalc
-De defeetU vini. (cf Messale Romano Latino-Tra/iana, p. XVII-XVIlT, S IV) unicamen-
te il ca.o di un sacerdote che sì açcorge di avere nd calice deWacqua al postO del vino.
In tal çaso egli dovrà ripetere la cOllS3crazione dd calice (cf E'rinc/pi e norme per l'uso
del Messille Romano n. 286}. Pur affermando <ohe la normadva vigente, allorcbé doves-
se presentarsi il caso, va seguita, ritengo tuttavia - a livello di ipotesi di studio - che
sarebbe meglio toHerare una già avvenuta eonsacra:>ione sul:> una, piutlosto che rifare
mezza consacrazione al di fuori dd contesto della preghiera eucaristica. In ogni caso
sarebbe bene che il legislatore in.istesse, più allcora dì tjuanto già fa (cf ib., n. 2;85),
circa la necessità d, vogliate scrupolosamente .ulla preparazione del vino, sulla sua
gen,\inità e .ui segni idollei a farlo riconoscere tome vino. t'er csperien~a sappiamo che
a "olte si usa del vioo [almenle incolore da sembrare acqua. Si tratta di negligenze
gravi. E poi, perché continuare a escludere nella prassi ComUne l'uso del villo rosso, il
quale peraltro è attesta n> da un'antica tradizione che ci riporta fino alla celebrazione
della pasqua ebraica1 Qui, soprattutto con i detersivi che si Irovano oggi sul mercato,
00" devono essere i lavandai di sacrestia a dirimere la questiolle e a proferire vini
sempre più incolori, bensì la verilà dci segno, la quale esige çhe il colore del vin() sia
ben disti"w da quello dell'acqua.
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no sul sacramento dell'eucaristia, devono rinunciare a ragionare secon-
do il dettato dei patametri fisicistici rappresentati dall'alternativa del
«tutto qui o tutto là» o del "tutto prima o tutto dopo». Entrambi devo-
no aderire senza riserve a un tìpo di ragionamento superiore, quello
appunto che in nome deUa dinamica sacramentale trascende le comuni
coordinate di spazio e dì tempo.
I:attenzione crescente che, nella formulazione delle nuove preghie-
re eucaristiche romane, la Chiesa post-conciliare è tomata a prestare
al1'epic1esì rassicura le Chiese d'Orienre che finalmente anche la Chiesa
d'Occidente sta procedendo nella direzione giusta, quella cioè che la
[ex orandi non s'è mai stancata di addìtare.

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