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La crisi dell’Occidente

Già negli ultimi secoli dell’impero, l’Occidente aveva attraversato una crisi economica; in seguito, le
invasioni barbariche causarono stragi, carestie ed epidemie, pertanto vi fu un calo demografico che nemmeno il
numero di barbari giunti in Europa riuscì a compensare. La mortalità infantile era altissima e l’aspettativa di vita si
aggirava intorno ai quarant’anni per gli uomini e i 30 per le donne. Le città furono abbandonate, le attività
commerciali e artigianali subirono un tracollo. Nelle campagne devastate dalle guerre, la produzione agricola era
ostacolata dall’arretratezza tecnologica e dalla scarsità di manodopera dovuta alla crisi demografica.
Il monachesimo
A partire dalla fine del III secolo, alcuni cristiani del Medio Oriente e dell’Egitto cominciarono ad
allontanarsi dalle città e dai luoghi abitati e ad isolarsi in eremi, come grotte e caverne ubicate in zone desertiche,
dove pregavano e praticavano la penitenza e il digiuno, mirando ad un ideale di ascesi, cioè di annullamento delle
passioni terrene e di esercizio dello spirito. Chi intraprendeva tale percorso di allontanamento dal mondo era
chiamato monaco oppure anacoreta. Ma fu nel corso del IV secolo che il monachesimo cenobitico, cioè basato
sulla vita in comunità, si diffuse anche in Europa.
Il fondatore del primo cenobio, ovvero della prima comunità di monaci, viene considerato Pacomio, che,
dopo alcuni anni di vita eremitica, costruì per i monaci, lungo il Nilo, un edificio fornito di celle e circondato da un
muro. Nacque così il primo monastero. Al suo interno i monaci vivevano in comunità rispettando una regola di vita
che lo stesso Pacomio aveva elaborato e che prevedeva particolari norme per la preghiera, la penitenza, la
disciplina e l’abito. Facevano inoltre voto di castità e di povertà, ma anche di obbedienza al superiore del
monastero, l’abate.
In particolare, nel VI secolo il monachesimo occidentale trovò in Benedetto da Norcia il suo principale
esponente. Nato nel 480, Benedetto fondò nel 529 un monastero a Montecassino, che presto divenne un modello
per gli altri monasteri. Il mondo antico disprezzava il lavoro come un’attività da schiavi, Benedetto, invece, fondò
il suo monastero sulla regola dell'ora et labora (prega e lavora), poiché “è nell’ozio che il demonio si impadronisce
delle anime“. Ai monaci veniva chiesto il rispetto dei tre voti tradizionali della vita cristiana (povertà, castità e
carità), ma erano evitati gli eccessi delle mortificazioni corporali, delle penitenze estreme, delle rinunce al sonno e
ai pasti che caratterizzavano il monachesimo orientale. Inoltre, era richiesto di svolgere tutte le attività in forma
comunitaria: insieme essi dovevano mangiare, dormire, pregare, studiare e lavorare. Non potevano possedere nulla
individualmente e ogni proprietà doveva essere messa a disposizione del monastero. I monaci dovevano risiedere
nel monastero dal momento in cui rientravano fino alla morte: infatti disponevano anche di un cimitero.
Così, mentre ovunque vi era decadenza, i monasteri benedettini furono, dal punto di vista sociale, un
rifugio per poveri e derelitti; dal punto di vista economico, un luogo di produzione e trasformazione di beni
alimentari; dal punto di vista culturale, un luogo di conservazione dei testi antichi e di ricopiatura e abbellimento
dei codici attraverso le miniature, cioè piccole splendide illustrazioni.
Il potere temporale dei pontefici
Con lo spopolamento, in molti centri urbani, il vescovo era l’ultima autorità rimasta: fu così che i vescovi
cominciarono ad assumere poteri pubblici nella vita civile. A partire dal IV secolo, la Chiesa cominciò ad acquisire
possedimenti terrieri non solo in Italia, ma anche nel resto d’Europa e in Africa. Con Papa Gregorio Magno si
crearono le basi per la nascita del potere temporale dei pontefici: oltre al potere spirituale i papi acquisirono il
diritto di esercitare il potere politico sui territori della Chiesa. 
Perduto il ruolo di capitale politica, Roma acquisì quello di centro della Chiesa: tra il V e il VII secolo,
Papa Leone Magno e Papa Gregorio Magno affermarono il primato della Chiesa di Roma sulle chiese locali. Roma
divenne la Santa sede apostolica, il centro della Chiesa cattolica universale, il cui vescovo, il Papa, è a capo di tutti
i cristiani.
Ormai, in mancanza di un’autorità statale, la Chiesa non svolgeva soltanto funzioni politiche, ma anche
educative e per secoli rimase l’unica istituzione educativa dell’Occidente. Vennero aperte le scuole episcopali, cioè
organizzate dai vescovi, nei centri urbani, invece, le scuole presbiteriali furono collocate presso le parrocchie.
L’istruzione era basata sui testi religiosi, ma anche sui classici; il latino divenne la lingua della Chiesa. Ormai solo i
membri del clero sapevano leggere e scrivere, perché questa era una condizione indispensabile per accostarsi alle
Sacre Scritture. La società era bilingue, poiché nella quotidianità le persone usavano le lingue volgari, sorte
dall’incontro tra genti romane e germaniche.

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