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Gesù nacque in Palestina, sotto il regno del re Erode, e fu crocifisso a Gerusalemme, sotto

Ponzio Pilato. Le notizie che abbiamo su di lui provengono da un corpus di opere che
cominceranno a comparire un quarantennio dopo la sua morte, dove Gesù viene descritto
come rabbi, cioè un maestro che dava degli insegnamenti a un gruppo di discepoli, come
l’amore per il prossimo, proclamando l’imminenza dell’avvento del regno di Dio. Siccome si
autodefiniva il figlio di Dio e il Messia, cioè colui che Dio ha mandato per salvare il popolo
eletto, venne processato e crocifisso. Secondo la religione che nacque in suo nome, dopo 3
giorni risorse, salì al cielo dal padre.

Egli era un giudeo, e in suo nome nacque la religione ebraica, un insieme di pratiche e di
culti che assumevano la firma di un sistema rigoroso vincolante di obblighi comportamentali.
E’ una religione enoteista, cioè che impedisce che si venerino altri dèi, basata sul testo
scritto e che obbliga a comportamenti precisi. Si dichiarava valida per tutti gli esseri umani, e
prevedeva l’esistenza di un solo Dio, Jahvè (monoteismo).

All’interno dell’Impero romano gli ebrei godevano di una certa libertà, come per esempio gli
era concesso riposare il sabato.
Il culto di Gesù si diffuse dopo la sua morte: nel I secolo d.C da Gerusalemme si divulgò in
tutta l’Asia occidentale, nelle grandi città dell’Impero e a Roma. Questo in particolare grazie
all’opera di Paolo di Tarso, un ex persecutore di cristiani che successivamente si convertì
alla fede in Gesù Cristo (“unto”). Egli visitò diverse ecclesiae, le prime comunità cristiane,
sparse soprattutto nel Mediterraneo orientale, e a loro indirizzò le sue lettere, dove sottolinea
che la grazia deriva solo dalla fede.

Mentre in Asia la devozione per Gesù si diffondeva sempre di più, a Roma entrò in conflitto
con il nuovo culto dell’imperatore che si era sviluppato nella dinastia di Giulio Claudio:
l’imperatore assumeva un carattere di divinità, e ciò entrò in conflitto con la triade. Giudei,
seguaci dei culti egizi e cristiani vennero più volte cacciati dalla capitale: vennero addirittura
incolpati da Nerone di aver appiccato l’incendio della città nel 64 d.C., e iniziò contro di essi
una violenta persecuzione che portò alla morte di Paolo e dell’apostolo Pietro. Talvolta, i
cristiani che non seguivano le pratiche religiose romane, come la venerazione
dell’imperatore, venivano sottoposti a delle pene.
Nel 70 d.C i Romani rasero al suolo il Tempio di Gerusalemme. Ciò provocò la diaspora
degli ebrei, cioè la disseminazione dei discendenti del popolo che professava la religione
ebraica, i quali venivano considerati pericolosi e accusati di deicidio (cioè di aver ucciso
Dio).

Il Cristianesimo si distingueva per alcune caratteristiche. Prima di tutto era una religione
fortemente esclusiva: non ammetteva nessun altro Dio e prevedeva delle pratiche di culto in
maniera rigorosa. Si rivolgeva indifferentemente a tutti, senza distinzioni di etnie o ceto, e
forniva un insieme di risposte convincenti sull’origine dell’universo, sulle ragioni del male, sul
comportamento immorale degli uomini, sull’aldilà. Aveva una miscela di concretezza umana
e di mistero e si basava su una doppia gerarchia:

- il clero secolare: è il clero immerso nel secolo; vive e affronta le difficoltà della società
- Clero secolare: è il clero che vive di preghiera, si basa sull’abbandono a Dio che si
nutre nell’isolamento e c’è un rapporto intimo con Dio. Ne prendono parte frati e
suore.

Nei primi due secoli dopo la morte di Cristo, la religione cristiana si precisò adottando una
serie di testi considerati canonici, cioè che formano il canone della Sacre Scritture del
cristianesimo. Questi testi sono i 4 vangeli, Matteo, Marco, Luca e Giovanni, di cui i primi tre
sono sinottici. Tuttavia rimaneva difficile da comprendere perché tardasse così tanto la
parusia, il ritorno di Cristo sulla terra alla fine dei tempi, che i discepoli e coloro che li
avevano conosciuti ritenevano imminente.

Un primo passaggio fondamentale nella storia si ebbe a metà del III secolo, quando
l’imperatore Decio impose a tutti la prassi del sacrificio agli dèi. Questo ebbe come
conseguenza il diffondersi dei martiri, uomini e donne che per professare la loro fede sono
disposti a subire sofferenza inumane e a morire. Il martirio fu considerato segno della
potenza di Dio e favorì il proselitismo (conversione/coinvolgimento di nuovi individui).
Il successivo passaggio decisivo è legato alla figura dell’imperatore Costantino. Secondo la
tradizione, mentre scendeva verso Roma per la battaglia decisiva contro Massenzio,
Costantino vide in cielo una croce con la scritta "in questo segno vincerai" che gli
preannunciò la vittoria. Così Costantino aderì al cristianesimo, pubblicamente al
cristianesimo, aprendo una nuova fase che oggi si suol chiamare “tarda antichità”. Egli, in
qualità di capo della religione, convocò nel 325 a Nicea il primo concilio ecunemico, cioè
universale, che aveva come obiettivo di rafforzare la dottrina delle chiese. Innanzitutto viene
risolta una controversia già esistente, contestualizzando che Gesù è contemporaneamente
uomo e Dio. Venne inoltre stabilita la data della Pasqua, che non doveva sovrapporsi con
quella ebraica, e venne introdotta la festa della domenica. A metà del IV secolo iniziò a
diffondersi anche il Natale.

Nel 380 Teodosio stabilì la religione cristiana come religione ufficiale dell’impero,
confermando la definitiva affermazione del cristianesimo in area mediterranea. Cominciò a
diffondersi il termine pagano, colui che seguiva le vecchie religioni politeiste. Nel frattempo,
la condizione dei giudei cominciò a peggiorare, in quanto incolpati di aver ucciso Gesù.

Un nuovo popolo barbaro si scontrò con l’impero, a sud della frontiera. I goti, suddivisi in
orientali (ostrogoti) e occidentali (visigoti), erano un popolo comparso a nord del Danubio, ed
erano stati parzialmente cristianizzati, grazie anche a un’opera di traduzione della Bibbia
nella loro lingua. L’imperatore Valente li affrontò ad Adrianopoli, e subì una grave sconfitta. Il
suo successore, Teodosio, per risolvere la questione diede loro delle terre in Tracia: i Goti
vennero federati all'interno dell’impero come popolazione autonoma; potevano mantenere le
proprie leggi e i propri capi. Il loro unico compito era quello di fornire soldati in caso di
emergenza.

Chi erano quindi i barbari per i romani?


Fino alle Campagne di Cesare, i barbari per antonomasia erano stati considerati i galli.
Venuto meno questo Cesare individuò un nuovo pericolo etnico, i germani. Si stabilì
simbolicamente che la terra dei Barbari stava oltre il Reno e oltre il Danubio.
Gli europei del nord e dell’est, chiamati con il termine popoli, erano gruppi di origini culturali
e linguistiche diverse che si riunivano a scopi di scorreria e di guerra. Questi popoli avevano
una economia fondata sull'allevamento, stanziale o nomade, o sull'agricoltura ed erano
società guerriere. Si sviluppò un duplice processo: romanizzazione dei Barbari e di
barbarizzazione dell'esercito romano: i generali romani si appoggiarono sempre più a truppe
barbariche e ai loro capi, ede vvero luogo ripetute assegnazioni di terre ai barbari anche in
Italia. Questo processo fu favorito da altri elementi: per es. dalla perdita del significato di
termine di cittadino romano, dalla diffusione del Cristianesimo tra molti popoli barbari, dalla
lenta disintegrazione della costruzione Imperiale...

I nemici erano diversi. Mentre l'impero d'Oriente dovete guardarsi soprattutto dai persiani, a
partire dal 406 una serie di migrazioni di popolazioni germaniche e dall' Asia centrale
sconvolse la geografia dell'Europa Occidentale. Il collasso del sistema statale Romano
occidentale e il vuoto di potere che causò l’arrivo di popolazioni Barbare nel territorio
dell’Impero, determinando la formazione dei nuovi regni romano-barbarici.
Con la morte dell’imperatore Romolo Augustolo nel 476, cadde l’impero ormano
d’Occidente.

L’Europa del V e VI secolo apparì un continente disarticolato: scomparvero le strade,


crollarono i ponti e le città romane, venne a mancare una capitale.
Un passaggio fondamentale fu dato dalla nuova fisionomia che assunsero le città: al centro
sorsero la basilica e il palazzo vescovile, e i vescovi acquistarono un’importanza inaspettata.
Seguono quindi secoli noti come età dei padri della Chiesa. Per risolvere le questioni
filosofiche e dottrinali a cui il cristianesimo era soggetto, il concilio ecunemico era
fondamentale, in quanto stabiliva il confine tra la Chiesa, che iniziò ad autodefinirsi cattolica,
e l’eresia.
Nel Concilio di Costantinopoli 381 vennero ribaditi il credo niceno (antiariano) e la dottrina
della Trinità.

A partire dal IV secolo in Europa cominciarono a diffondersi comunità di uomini e donne che
iniziarono a vivere isolati da tutto il mondo, gestite da regole, come per esempio “ora et
labora”. Un valore che prese sempre più spazio fu quello della castità: le vergini si
avvicinavano molto all’idea di santità.
Queste comunità monastiche nel VII secolo erano ormai elemento caratterizzante
dell’Europa centro-occidentale.
In questi secoli iniziò a diffondersi il culto delle reliquie e dei santi: oltre ai martiri,
cominciarono ad essere venerati uomini di fede dediti alla loro missione, vergini e dottori
della Chiesa, il cui esempio di vita (o di morte) rappresenta una sorta di ponte verso Dio.

Nel VI secolo l’imperatore Giustiniano impose il battesimo a tutti i pagani dell’impero e vietò
ogni insegnamento non cristiano. Ordinò ad una squadra di esperti di stillare il "codice
giustinianeo", base delle legislazioni civili moderne europee e americane. Con il Concilio di
Costantinopoli II, condanna nuovamente il monofisismo, ma nei sortì nuove spaccature
anche con i vescovi occidentali.
Cominciò a diffondersi un’idea “economia del peccato”: era possibile espiare i propri peccato
attraverso pene temporali o liturgiche. Dal VII secolo il clero comincia a controllare i rituali di
morte e sepoltura, per esempio richiedendo preghiere per favorire il viaggio ultraterreno del
defunto.

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