LE ORIGINI DELLA RELIGIONE CRISTIANA Nel I secolo solo una piccola comunità ebraica sviluppa una religione che predica un messaggio di uguaglianza e fratellanza: il cristianesimo. Questa fede nasce in Palestina, una regione compresa fra la costa del Mediterraneo, il fiume Giordano, l'Egitto e il Mar Morto. I Romani la controllano indirettamente dal 63 a.C., poi nel 6 a.C. la trasformano nella provincia di Giudea, affidandola al prefetto di Cesarea e sottoponendola al legato imperiale di Siria. Nella società ebraica la casta sacerdotale dei sadducei controlla il sinedrio (assemblea) e collabora con Roma. I farisei e qli zeloti sono invece ostili ai dominatori e attendono la venuta del Messia, l'Unto del Signore, per rinnovare l'alleanza tra Dio e il popolo ebraico: i primi, rigidi interpreti della Bibbia, manifestano pacificamente il proprio dissenso; i secondi ammettono invece la violenza, Gesù nasce a Betlemme durante il principato di Augusto,negli ultimi anni del regno di Erode il Grande (6-4 a.C.). Il suo nome ebraico è Yeshua, che significa "YHWH (Dio) è salvezza*. Cresciuto a Nazareth, a trent'anni si proclama il Messia, giunto sulla Terra per realizzare il regno di Dio: inizia dunque a predicare l'amore e la fratellanza verso tutti gli uomini. In un periodo di spinte autonomistiche e ostilità nei confronti dei Romani, Gesù viene visto anche come un leader politico, pronto a liberare qli ebrei dai dominatori. I sadducei e i farisei ritengono tuttavia una “bestemmia* la sua autoproclamazione come Messia e nel 30 d.C. lo consegnano al procuratore romano Ponzio Pilato. Gesù viene allora processato e condannato a morte, ma fino alla metà del I secolo i suoi discepoli trasmettono oralmente gli insegnamenti ricevuti. Le vicende di Gesù sono poi raccolte nei Vangeli, testi in greco che ne raccontano la vita e la predicazione. Sono concepiti come testimonianze di fede, dunque vanno utilizzati con cautela sul piano storico, ma costituiscono comunque le principali fonti per ricostruire la vita di Gesù. La Chiesa cattolica accetta i quattro Vangeli di Marco, Luca, Matteo e Giovanni, definiti canonici, mentre respinge i Vangeli apocrifi, considerandoli falsi o dubbi. Di Gesù parlano anche il Talmud e il Corano, testi sacri rispettivamente dell'ebraismo e dell'Islam. La vita delle prime comunità cristiane e la diffusione della nuova fede nel Mediterraneo sono invece narrate nelle Lettere (50-60 d.C.), scritte in gran parte da Paolo di Tarso, e negli Atti degli apostoli, composti da Luca. Gli apostoli (in greco "inviati") sono i discepoli più legati a Gesù, che si impegnano nell'evangelizzazione per diffondere il cristianesimo nel mondo mediterraneo. Pietro, guida spirituale della prima comunità cristiana, viene ucciso a Roma fra il 64 e il 67. Stessa sorte subisce Paolo di Tarso, che evangelizza i non ebrei fra Corinto, Efeso, Gerusalemme e la capitale dell'Impero. Il messaggio salvifico di Gesù si rivolge a tutti, promettendo un riscatto dopo la morte. Questa religione universale ribalta i valori dominanti nel mondo romano: privilegia gli umili, i poveri, i malati e gli indifesi, predicando la pace, la carità, l'aiuto disinteressato dei bisognosi e l'importanza del perdono. L'ORGANIZZAZIONE DEI PRIMI CRISTIANI Tra il le il Il secolo si diffondono le prime comunità cristiane, organizzate stabilmente e in modo gerarchico. L'assemblea dei fedeli (ecclesia) è quidata dagli anziani (presbiteri). Tra questi vengono scelti gli episcopi (vescovi), posti a capo di circoscrizioni territoriali (diocesi) spesso corrispondenti alla suddivisione amministrativa dell'Impero. Le riunioni e i riti avvengono in clandestinità: le prime chiese vengono costruite infatti soltanto nell'età dei Severi, quando si diffonde un clima di tolleranza religiosa. I vescovi definiscono la dottrina cristiana riunendosi in assemblee, chiamate concili. Notevole è l'autorità del vescovo di Roma, erede dell'apostolo Pietro: dal V secolo, con il crollo dell'Impero d'Occidente, assume il titolo di papa e si pone come la massima guida spirituale della Chiesa cristiana cattolica ("universale"). All'inizio Roma tollera il cristianesimo in quanto religione simile all'ebraismo e non sovversiva. I cristiani non si ribellano neppure contro l'istituto della schiavitù, che non condividono, limitandosi a sostenere i poveri e i sofferenti. Rifiutano, tuttavia, di considerare la religione come una prerogativa dello Stato e di esprimere la lealtà verso Roma attraverso il culto imperiale. Per il loro rigido monoteismo, che divide la sfera religiosa da quella politica, i cristiani sono dunque accusati di oltraggio alle istituzioni. Nel 64 Nerone li incolpa di un grave incendio e scatena una repressione. Al di là di questo episodio, tuttavia, fra il le il Il secolo si riscontra una tolleranza di fondo, testimoniata dal rescritto che nel 112 Traiano rivolge al governatore della Bitinia Plinio il Giovane. La situazione muta dopo il 250, quando Decio e Valeriano impongono ai cristiani di offrire un sacrificio pubblico agli dei, per dimostrarsi fedeli all'Impero: chi si rifiuta viene condannato a morte. Nel 303 Diocleziano fa distruggere chiese e libri sacri, destituendo anche i cristiani dalle cariche pubbliche. Le comunità perseguitate venerano qli uccisi come martiri "testimoni della fede" e riescono a rafforzare la coesione della Chiesa. I cristiani si avviano così a diventare sempre più importanti per la società e le istituzioni romane.